Fubine

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria
Area storica
Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3.
Abitanti
1701 (censimento 1991), 1708 (dati comunali 1999).
Estensione
2552 ha (ISTAT); 2512 ha (SITA).
Confini
A nord Vignale Monferrato, a est Cuccaro Monferrato e Quargnento, a sud Felizzano, a ovest Altavilla Monferrato.
Frazioni
Nani, Valle. In età contemporanea l’ISTAT censisce un «centro», che raccoglie circa i tre quarti della popolazione, e sette «nuclei», quasi tutti noti come «cascine», che raccolgono meno del 10 per cento della popolazione; il resto della popolazione (circa il 15 per cento) risiede in «case sparse». Vedi mappa.
Toponimo storico
La forma di più antica attestazione (1041) è «Fibline». Dal 1112 appare la forma «Fibine» (Gasca Queirazza 1997, p. 289; Olivieri 1965, p. 167; Cartari minori, p. 211; Cartario alessandrino, vol. II, doc. 207).
Diocesi
Casale dalla sua fondazione nel 1474. La situazione precedente appare piuttosto confusa. La documentazione storica relativa ai secoli XII-XIV rimanda infatti contraddittoriamente alla giurisdizione dei vescovi di Asti, Vercelli e Acqui (Il libro verde, doc. 309; Monumenta Aquensia, vol. I, coll. 159 e 707, linn. 52 e 60; Cartario alessandrino vol. II, doc. 306; Bosio 1894, p. 103; Savio 1899, p. 589).
Pieve
Forse ciò che restava verso la fine del Medioevo di una originaria pieve può essere identificato con la chiesa parrocchiale di San Pietro, dipendente, nella seconda metà del secolo XIV, dal vescovo di Acqui (Monumenta Aquensia, vol. I, col. 707, lin. 57 e col. 358, n. 342 [anni 1368-69]). Verso il 1377, gli atti di maggiore rilievo del rettore di San Pietro appaiono sottoposti al vaglio e alla conferma dell’arcidiacono di Alessandria (Monumenta Aquensia, vol. I, col. 367, n. 351).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La parrocchia antica, ubicata fuori della cinta muraria in località San Pietro, viene sostituita in data incerta, ma successiva alla seconda metà del Trecento, da quella dell’Assunzione della Beata Vergine, o Santa Maria Assunta. La chiesa, dotata di un proprio patrimonio fondiario piuttosto cospicuo, stimato, durante l’età moderna, sufficiente per fornire un reddito di oltre £700 l’anno, è sede, a partire dal 1631, di una Collegiata, composta dal prevosto e da otto canonici, tutti quanti di nomina delle famiglie fondatrici.
     La collegiata è dotata a sua volta di un ampio patrimonio fondiario (in particolare, i benefici di San Gottardo, San Nicolao, Santo Stefano e San Carlo). Nella parrocchia, anzi strettamente dipendente dalla Collegiata, la Compagnia del Santissimo Sacramento è di gran lunga la maggiore associazione devozionale, con oltre 50 moggia di terra fiscalmente immuni e un reddito stimato in oltre un terzo di quello proprio della parrocchia. Si aggiungono, con patrimoni fondiari minori, la Compagnia del Rosario e le confraternite della Concezione, della Trinità, di San Michele e di San Sebastiano (comprendente la cappellania della Santissima Annunziata). La parrocchia include anche, durante l’età moderna, la chiesa di Sant’Eusebio, di patronato della Santa Sede e del vescovo di Alessandria, appare non officiata in corrispondenza della decadenza del castello (AST, Sezioni Rinite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]; Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], cc. 30r-32v e 171v-172r).
     Lo sviluppo delle istituzioni ecclesiastiche nel corso dell’età moderna comprende, fino alle soppressioni napoleoniche, due fondazioni regolari dei primi due decenni del Seicento: il convento dei Cappuccini e quello dei Carmelitani, quest’ultimo dotato di un centinaio di moggia di beni fondiari fiscalmente immuni, un patrimonio integrato da qualche ulteriore donazione fino a fine secolo, mentre si spegne quasi sul nascere il tentativo tardo-settecentesco dei padri dell’Oratorio di San Filippo Neri di Casale di utilizzare il «sacello» ubicato alla casina Bordona come fondamento di una nuova chiesa [AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tabb. 1-2 e testo corrispondente; AST, Sezioni Rinite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]; Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], cc. 30r-32v e 171v-172r; Sergi 1986, pp. 435 e sgg; Fubine, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia Sito web (2013)].
Assetto Insediativo
Tendenzialmente polarizzato tra il concentrico e una rosa di nuclei minori sviluppatisi soprattutto durante l’età moderna grazie ai processi di appoderamento.
Luoghi Scomparsi
La corte incastellata di «Castrum Burgari», in località Borghi, o Cascine Fugassa.
Comunità, origine, funzionamento
Sulla base di notevoli risorse in termini di estensione territoriale, capacità di controllo dei transiti e mobilitazione di flussi finanziari, vi sono molti indizi di uno sviluppo forte e precoce, a partire forse dallo scorcio del secolo XII, di istituzioni comunitarie e di autonomia amministrativa e politica, coltivate dapprima entro i conflitti tra le giurisdizioni di Asti e Alessandria prima, quindi tra il marchesato del Monferrato e lo Stato di Milano. Dai patti di dedizione stipulati dai sindaci di Fubine nel 1325 circa con il marchese del Monferrato Teodoro I emerge in primo luogo il forte profilo della giurisdizione consolare, equiparata a quella del podestà (la cui nomina spettava al marchese all’interno di una terna di candidati proposti dalla comunità), e suppletiva della prima in caso di assenza o impedimento. Il marchese manteneva il mero e misto imperio, nonché l’esercizio dell’alta giustizia penale. Queste franchigie furono riconfermate dai marchesi nel 1373, 1378 e 1381. Gli statuti di Fubine non contemplavano l’esistenza di una forma assembleare che desse voce ai «boni homines» della comunità: l’unico organo deliberativo previsto era il consiglio o credenza, di cui si stabiliva il rinnovo annuale, per mezzo di una procedura a doppio grado. La presenza dei consoli era prescritta come indispensabile per la validità delle assemblee e delle deliberazioni, mentre manca nel testo statutario alcun cenno a un vincolo di maggioranza (Gentile 1963a, pp. 92 e sgg.; Gentile 1963b). Agli inizi del secolo XVII, la comunità aveva perso ormai la facoltà di proporre candidati ai suoi sovrani, i duchi Gonzaga, per l’elezione del podestà, conservando solamente tale diritto per la nomina del «pratico» incaricato di dirimere le cause civili, in precedenza un’attribuzione della carica consolare, quindi una funzione del tutto autonoma dal potere centrale e pienamente interna alla giurisdizione comunale (Giorcelli 1904-1905, p. 94).
Statuti
Verosimilmente del primo quarto del secolo XIV, esistenti in copia del 1530. Da segnalare inoltre: Carta pactorum del 12 gennaio1325 (di cui v’è copia negli atti di un processo intentato nel 1565 contro la comunità da Federico Alberigi, feudatario del luogo, per ottenere il pagamento dei dazi da lui pretesi); Carta pactorum del 1373, concessa dal marchese di Monferrato Secondotto; Carta pactorum del 1379 di Giovanni III (AST, Corte, Monferrato feudi, Mazzo 32); Confirmatio pactorum dell’ 11 ottobre1381 di Teodoro II (ms. perg. in AC Fubine); Confirmatio pactorum del 12 marzo 1483 (l’originale manca, una copia autentica del 5 febbraio 1590 è in AST, Corte, Monferrato feudi, Mazzo 32, unitamente a un’altra copia cinquecentesca non autentica, anteriore alla precedente). Esistono poi alcune lettere di concessioni marchionali del 1464, 1466 e 1472 cui si fa riferimento nella conferma del 1483 (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 32. Giuramento di fedeltà della comunità e uomini di Fubine al Marchese Bonifacio di Monferrato, con confirmazione de’ privilegj, franchiggie, ed immunità accordategli da’ suoi predecessori, 12 Marzo 1483; Conferma del Duca Vincenzo di Mantova, e Monferrato alla comunità di Fubine de’ suoi privilegj, statuti, franchiggie ed immunità, 12 Kal. Ottobre 1589; Relazione de’ privilegj ottenuti dalla comunità di Fubine di non esser infeudata [s.d. ma sec. XVII]; Memoriale della Comunità, e Uomini di Fubine per ottenere dal Duca di Monferrato la riconfermazione de’ loro Statuti, e Privilegj alla forma di quella stata a’ medesimi accordata dal Duca Ferdinando sotto li 6 Febbrajo 1620 ivi annessa, 10 febbrajo 1627. Con Decreto favorevole; Gentile 1963a, pp. 105-7).
Catasti
Attorno al 1780, la comunità disponeva di un catasto, di un libro dei trasporti e di una «vacchetta continente li rispettivi estimi» dei terreni (senza misura né mappa). Il catasto appariva allora «scritto in buona parte di carattere antico e quasi gotico, molto difficile a leggersi, in parte con lettere e scrittura corrente, in parte logoro, con diverse parole abrase e consonte per la sua antichità». Il carico fiscale ricadente sulla comunità si ripartiva sui terreni «ad estimo». Quanto ai criteri che ispiravano l’estimo dei terreni, gli amministratori della comunità dichiaravano: «l’estimo è antico e desunto da detto catasto e vacchetta, quale è distribuito in quattro circoli, e le pezze boschive sono considerate un quinto circolo indistintamente. In detti riparti ed estimi non sono comprese le case del recinto, ma bensì diverse case, abitazioni e sedimi situati fuori di detto recinto e tutte le cassine di questo finaggio sono catastate» (AST, Camera dei conti II archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 135r-138v; Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale [s.d. ma dopo il 1782]; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s.d. ma 1784/ 1789); Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro [s.d. ma 1786]; AST, Camera dei conti II archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 135r-138v; Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale [s.d. ma dopo il 1782]; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro [s.d. ma 1786]). Al 2002 la serie documentaria dei catasti conservati presso l’Archivio storico comunale del comune di Fubine è in attesa di riordino.
Ordinati
Al 2002 la serie documentaria degli ordinati conservati presso l’Archivio storico comunale del comune di Fubine è in attesa di riordino.
Dipendenze nel Medioevo
Una dipendenza relativamente poco vincolante dai vescovi di Asti e dalla sfera di influenza di Alessandria. A cominciare dal tardo medioevo immediato dominio dei marchesi del Monferrato. L’assunzione di una individualità politica da parte di Fubine si risolse dapprima all’interno della politica di costruzione territoriale del comune alessandrino: infatti, la sottoscrizione, nel 1224, di patti giurati con Alessandria prevedeva il pagamento del fodro al comune, segno di sottomissione non solamente fiscale (Annales, col. 183). Tale sottomissione potrebbe però essere vista come un tentativo di sottrarsi a poteri signorili locali. Anche se in presenza di una forma autonoma e robusta di organizzazione comunale, nel Trecento il luogo era sottoposto all’immediato dominio dei marchesi di Monferrato. Tuttavia, nel corso dei secoli Fubine appare segnata da diversi poteri signorili: sappiamo infatti che negli anni Trenta del Duecento esistevano dei «domini de Fibinis» (Il libro verde, doc. 249). Nella carta di mutuo con la quale, nel 1224, Guglielmo VI del Monferrato impegnò all’imperatore Federico II tutti i suoi possessi feudali e allodiali, fra i «milites» legati al marchese da un rapporto di vassallaggio figuravano un «Iacobus de Fibin» per i suoi possessi «in Bulgaria» e un «Albertus de Cellis» per una decima di cui era titolare in Fubine (Cancian 1983, pp. 736-737). Si trattava dunque di una situazione politica assai intrecciata, che coinvolgeva lo stesso comune di Alessandria nel controllo del luogo. Con questa base territoriale, della quale facevano inoltre parte Felizzano, Quattordio e Refrancore, la repubblica alessandrina contrastava le pressioni di Asti, in un momento in cui fra le due città si stava riaccendendo il conflitto placatosi con il trattato del settembre 1223. Negli anni successivi l’intervento dell’impero alleato degli astesi e, dopo il 1236, l’iniziativa del vescovo di Asti misero in crisi l’intesa tra la comunità di Fubine e Alessandria. Il vescovo di Asti avviò infatti una politica di recupero e difesa dei possessi episcopali, rinnovando tra il 1237 e il 1238 le investiture ed esigendo un nuovo giuramento di fedeltà dai vassalli e dai comuni dipendenti (Gentile 1963b). Così il suo nunzio nel 1238 era a Fubine per notificare i precetti per una cavalcata (Il libro verde, doc. 249). La situazione politica di Fubine è alquanto oscura fino agli anni Venti del Trecento: i cronisti alessandrini narrano che nel 1316, alla ripresa della guerra contro gli Angiò, questi approfittarono dell’inerzia del marchese di Saluzzo e del principe di Acaia per una serie di rappresaglie contro Alessandria, nel corso delle quali Fubine venne semidistrutta. Negli anni seguenti, le sponde del Tanaro e le terre circonvicine appaiono contese tra Asti e Alessandria, fino a quando, nel 1322, Alessandria passò sotto il controllo degli Angioini (Gentile 1963b). Pochi anni dopo (1325), Teodoro I Paleologo riuscì a riportare Fubine sotto il dominio dei marchesi del Monferrato, attraverso un negoziato condotto con i sindaci del comune; un tale tentativo veniva legittimato sulla base dell’antica appartenenza «de iure» della terra di Fubine al consortile di Cella (Manno 1893). Gli accordi del 1325 sancirono la rottura di ogni rapporto di Fubine con il comune di Alessandria.
Feudo
Signori di Celle dal secolo XII (Cane, Marescalco, Pocaparte, de Monteoriolo, Manasco, Scuca, Clerico, Guglielmengi, Guardengi, Rossi); Guttuari secolo XIV; Valperga 1375; di Mazzé 1448; Alberigi 1560; Beroldo 1606; Fontanella 1624; Natta 1658. La stratificazione dei poteri insistenti sul territorio di Fubine venne acquisendo un ordinamento di tipo feudale negli ultimi secoli del Medioevo, soprattutto con l’affermazione del dominio sulla regione da parte dei marchesi del Monferrato. Fubine si situava prima di allora al confine delle giurisdizioni temporali dei due episcopati di Asti e di Vercelli: in questa zona del basso Monferrato tra XI e XII secolo si intersecavano infatti diversi altri possessi dei vescovi di Asti e Vercelli, a volte confondendosi con quelli di altri enti ecclesiastici e di vari signori laici come i Cani (Gentile 1963b). Nel 1116, l’imperatore Enrico V confermò a Girardo e Guidone Cani tutto il distretto e gli uomini abitanti nella corte dei castelli di Cella, Frassinello e Fubine (Cartari minori, p. 211; Monumenta Aquensia, vol. I, col. 45, n. 33). Tali donazioni sarebbero state a loro volta confermate nel 1220 da Federico II. Tuttavia, i diritti del vescovo di Asti non erano affatto estinti, poiché nel 1238 un suo nunzio poteva impartire un precetto militare a certi «domini de Fibinis» (Il libro verde, doc. 249). Nel 1355 i marchesi del Monferrato ottennero dall’imperatore Carlo IV la conferma di tutti i possessi e feudi tenuti o pretesi in base alle concessioni precedenti; la lista include molte terre fra cui Fubine (Gentile 1963b). Tuttavia, già nel 1375 il castello risultava in possesso (forse per pegno) della famiglia astigiana dei Guttuari, in occasione di una sua cessione ai canavesani Valperga, vassalli dal marchese. Le formule dell’infeudazione contrastavano con le franchigie e il patto con la comunità, che prevedeva una diretta dipendenza dal marchese, richiesta e ribadita, con l’impegno a non alienare o dare in pegno il luogo, dai sindaci di Fubine nel 1378, in occasione del rinnovo del giuramento di fedeltà. La presenza dei Guttuari come titolari del feudo risulta in ogni caso anche da una carta coeva concernente certi loro acquisti immobiliari nel luogo. E gli stessi Valperga non vennero privati del feudo, benché siano documentati conflitti con la comunità. Nel 1448 il marchese Giovanni VI infeudò Fubine ad alcuni esponenti dei nobili di Mazzè, a risarcimento dei danni seguiti alla perdita del loro feudo: tutto ciò che era in precedenza feudo dei Valperga passò in quel momento a loro, fatta però salva la fedeltà al marchese degli uomini. Il luogo si trovava dunque in una posizione giuridica intermedia tra quella dei comuni esclusivamente dipendenti dai marchesi e quella delle comunità infeudate. Nel 1451 Bernardo Valperga Mazzè vendette la sua parte del feudo al vicario marchionale, da cui però venne reinvestito qualche anno dopo (Gentile 1963b; Guasco 1911, vol. II, pp. 772-773; Giorcelli 1904-1905, p. 94; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale [1753]; AST, Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarède [s.d. ma attorno al 1710]).
Mutamenti di distrettuazione
Ai confini della giurisdizione temporale dei vescovi di Asti nel secolo XI; nella sfera di potere del comune di Alessandria nel secolo XIII. Dal secolo XIV appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, dapprima con debole valenza in termini di ordinamento amministrativo (al di là cioè della designazione dell’area di competenza, prevalentemente militare, dei governatori delle principali piazzeforti) e poi, dal 1560 circa, con più saldo profilo istituzionale, era classificata fra le terre dello stato «al di qua del Tanaro» o della provincia di Casale (Raviola 2001, pp. 103 e 359). Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 (riconosciuta internazionalmente con il trattato di Utrecht del 1713) entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) (Sturani 1995). Entro la maglia amministrativa francese, Fubine seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Fubine non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001; ANP, F2 I 863 [Montenotte]). Dopo la parentesi napoleonica, Fubine rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 (Sturani 1995). A livello subprovinciale fece parte del mandamento di Vignale (Casalis 1840, p. 903).
Mutamenti Territoriali
Irrilevanti nel lungo periodo.
Comunanze
Fortemente erose a partire dalla prima età moderna. Nel 1990 il territorio gravato da usi civici è calcolato in circa 0,79 ha dal comune e in circa 0,8 ha dal Commissariato Usi Civici (Gentile 1963b, p. 115; AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 135r-138v; CLUC).
Liti Territoriali
Non rilevanti. Nella seconda metà del Settecento vengono ricomposte per transazione con la comunità di Quargnento due liti riguardanti l’attribuzione di «pezze di terra» a Valli e a Valgattone di proprietà del conte Avellano (AST, Camera dei conti, II Archiviazione, Capo 13, nn. 24-25).
Fonti
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ACVC (Archivio della Curia Vescovile di Casale Monferrato).
 
ANP (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804).
 
ABPT (Archivio della Biblioteca della Provincia di Torino), Documenti storici Monferrato, I, 1, 9, Raggionamento sopra l’antiche strade militari del Monferrato fatto dal C. F. M. di Casale già A. P. di questo D. [secolo XVIII], ms.
 
ARMO (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris).
 
A.S.A. (Archivio di Stato di Alessandria)
A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite.
 
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5042), Estats du duc de Savoye ...sous le nom de Piémont...le duché de Montferrat.... par le Sr Sanson d'Abbeville, chez Pierre Mariette (Paris), 1665 [Sanson, Nicolas (1600-1667). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
 
CLUC (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
Bibliografia
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Cancian P. La carta di mutuo di Guglielmo VI di Monferrato a favore di Federico II, in «BSBS», 81 (1983), pp.729-748.
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Descrizione Comune

Fubine

           La storiografia ha segnalato la posizione strategica di Fubine nel secolo XI, ai margini orientali e meridionali del basso Monferrato e ai confini della giurisdizione temporale dei vescovi di Asti. Fubine appare analoga ad altri luoghi fortificati, quali Viarigi, o Frassinello, nella sua collocazione di confine e, più in particolare, nel suo ruolo difensivo lungo una linea di insediamenti fortificati che comprendono il «Castrum Burgari» e il castello di Grana lungo il torrente omonimo, sul quale Fubine si affaccia. Non meno importante, però, fin dall’epoca della sua appartenenza, insieme con Frassinello, Celle e Cuccaro, al consortile dei signori di Celle, è la tendenza di Fubine a emergere, attraverso la documentazione storica, come svincolato da rapporti di dipendenza esclusiva da un unico centro di dominio: i confini lungo cui si situa appaiono, in questo senso, tutt’altro che rigidi, ma fanno anzi parte di «un assetto politico e territoriale minutamente composito» (Gentile 1963b, pp. 75-76). La capacità di Fubine e della sua popolazione di sviluppare sostanziali spazi di autonomia politica, economica e amministrativa entro giurisdizioni concorrenti si manifesta appieno a partire dall’inizio del secolo XIII in un precoce rapporto di alleanza con la città di Alessandria, sancito dai patti del 1224. Nei primi decenni del secolo successivo, un rapporto di dipendenza dal marchesato di Monferrato, destinato a segnare profondamente la storia dei secoli successivi, viene inaugurato dal riconoscimento di ampi e consistenti privilegi e franchigie con la Carta pactorum del 1325, probabilmente ampliata nel 1379 (Gentile 1963a; Sergi 1986, pp. 433-43 e 463).
          Per numero di abitanti, per estensione e per struttura urbanistica e insediativa, Fubine è a lungo una delle comunità più importanti del Monferrato (Giorcelli 1904-1905, p. 94). Durante i secoli centrali della sua storia, tra il tardo medioevo e l’età moderna, l’elevata produttività del territorio, coltivato per quasi i due terzi a vigna, fanno di Fubine un centro di raccolta di rendite agricole, con una presenza verosimilmente crescente, nel corso dell’età moderna, di grandi proprietari fondiari sia laici sia ecclesiastici e l’affermarsi di processi di appoderamento che non hanno ricevuto a tutt’oggi un’attenzione di studio sistematica. Forse ancora più importante è la posizione strategica di Fubine nei rapporti commerciali lungo una direttrice nord-sud tra alto e basso Monferrato, in particolare, durante la prima moderna, come tappa del percorso della cosiddetta «strada franca».
          Il nome di strada franca chiama in causa un diritto di transito di merci (esenti dal pagamento del cosiddetto dazio di Alessandria) fra due sezioni dello Stato del Monferrato, quella situata a nord del Tanaro e quella posta a sud del fiume, prive di continuità territoriale perché separate dall’incunearsi del territorio milanese. Fubine è ultima terra monferrina a nord del Tanaro dell’importante asse di comunicazione che unisce Casale alla riviera genovese transitando per Bergamasco, prima terra monferrina a sud del fiume. Quest’area comprende importanti centri agricoli situati a Nord del Tanaro, a Ovest e a Est rispetto all’asse della strada, nello Stato di Milano, come Annone, Quargnento, Quattordio, Solero e, nel Monferrato, come Montemagno, Altavilla, Cuccaro e soprattutto San Salvatore. Da queste località si dipartono strade e cammini che convergono radialmente su Felizzano e sul grande asse di comunicazione Nord-Sud. Il mezzo principale di attraversamento del Tanaro era, per chi segue questa strada, il traghetto che unisce le sponde in un punto variabile  secondo le condizioni delle acque, ma approssimativamente in corrispondenza dell’abitato di Felizzano, situato sulla riva sinistra del fiume.
          La rete dei traffici si interseca con quella delle giurisdizioni signorili. A differenza di Felizzano e, per lungo tempo, di Fubine, quasi tutte le altre terre dell’area sono infeudate. Ai signori appartengono la maggior parte dei pedaggi riscossi lungo i cammini, anzitutto la strada per il Genovese, oltre che luoghi di sosta e di deposito per gli uomini, gli animali e le merci che transitano sulle lunghe distanze. Alcuni esponenti delle famiglie signorili della zona appaiono direttamente impegnati ad accompagnare i convogli. Si tratta di famiglie che appartengono a configurazioni potenti, estese e ramificate, quali gli Incisa, gli Scarampi, i Faà. Le merci che transitano sono frumento, riso, tele acquistati nel Monferrato, nell’Alessandrino, a Vercelli, nel Canavese e portati ad Acqui, Ovada, Sassello, ai passi dell’Appennino e alla Riviera; di qui giungono olio, sale, pesce salato, diretti a Moncalvo, Pontestura, Casale, Trino, Vercelli, Ivrea (Giorcelli 1919).
          Attorno ai traffici di diverso raggio che lungo la via per la costa genovese si svolgono o dalla quale si irradiano, si innestano interrelazioni di scala locale che hanno un ruolo fondamentale nel compensare gli squilibri produttivi anzitutto dell’area immediatamente circostante e nel consentirle di affrontare un carico fiscale di perdurante pesantezza, a causa soprattutto delle vicende belliche che ripetutamente la interessano. Il ruolo di contribuente collettiva all’erario dello Stato del Monferrato in virtù di flussi commerciali emerge come tema costante nella cronaca politica dell’età moderna. I suoi risvolti più visibili consistono nella lunga resistenza della comunità e della sua élite a uno stillicidio di tentativi di infeudazione, più volte avviati a partire dalla presenza dei Valperga nell’ultimo quarto del secolo XIV e ripetutamente revocati o ridimensionati, a partire dalla cessione dei diritti dei Valperga agli Alberigi di lì a pochi anni, o dalla conquista, sia pure effimera, di promesse di inalienalbilità dei diritti comunitativi a qualsiasi feudatario ottenuta nel 1590.
          Molti episodi sottolineano il lungo successo dei rifiuti della comunità di Fubine di sottoporsi a infeudazioni: così, per esempio il ripiegamento degli Alberighi sul feudo di Quaranti a fine secolo XVI; così ancora la lunga, violenta e famosa resistenza all’infeudazione dei Natta nella seconda metà del Seicento, culminata in episodi di aperta rivolta e in un processo intentato negli anni settanta all’intera popolazione della comunità.
         Spesso i funzionari dello stato del Monferrato dichiarano l’esistenza di un legame diretto tra l’assenza di feudatari il carico fiscale, considerato straordinario, che Fubine sopporta (in compagnia di San Salvatore, Pontestura e Bergamasco), ma sottolineano altresì, come per esempio nel 1649, la volontà persistente, quasi indomita, della comunità, di interpretare la propria posizione di «immediato dominio» dal Marchesato come localmente vantaggiosa (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 19, Relazione del Presidente Mossoni della qualità e reddito delle città, e terre del Monferrato, che erano in quel tempo immediate, consistenti nelle seguenti, cioè San Salvatore, Moncalvo, Pontestura, Monteglio in parte, Fubine, Nizza, Ponzono, Altare, Incisa, Bergamasco, Castelnuovo. Con diverse altre Memorie, 25 Settembre 1648 in 1649).
        La posizione giurisdizionale di Fubine è stata inquadrata in questo senso come intermedia tra quella dei comuni esclusivamente dipendenti dai marchesi e quella delle comunità infeudate:
la fedeltà è giurata ai marchesi che confermano i privilegi e le franchigie, approvano gli statuti e le loro riforme, nominano il podestà per la giurisdizione civile e criminale (Gentile 1963a, p. 102).
In più, la comunità conserva lungamente il controllo su cespiti tangibili: innanzitutto i pedaggi, nonostante gli scontri su questa risorsa con gli Alberigi; la gabella del sale; il mulino, costruito nella valle Grana nel 1491; il diritto a un mercato settimanale a partire del 1550; l’obbligo di iscrizione a catasto e di assoggettamento alle imposte dei beni fondiari e il divieto di concessione di sgravi sulle imposizioni fondiarie (Gentile 1963a, pp. 89, 98, 102-9).
          In realtà, al disotto, per così dire, della tendenza alla difesa di un simile assetto politico e giurisdizionale “tradizionale”, è impossibile, allo stato attuale delle conoscenze, ricostruire più compiutamente il quadro degli interessi in gioco sulla scena locale. Così, per esempio, se è attestata l’importanza del patrimonio fondiario localmente posseduto da famiglie, quali gli Alberigi, desiderose di dotarsi di diritti signorili, non sono a tutt’oggi conosciuti i rapporti tra questi e altri aspiranti signori e gli strati superiori del notabilato o élite locale di Fubine, né altri aspetti della stratificazione sociale locale. Non mancano indizi di una forte presenza, nel corso dell’età moderna, di famiglie prive di diritti signorili, ma detentrici di ricchi patrimoni fondiari fiscalmente immuni, nonché di notevoli interessi finanziari consolidati nei rapporti tra la vita economica locale, i prelievi fiscali locali e quelli centrali. Gli amministratori statali rilevano, in questo senso, a Settecento inoltrato, un gettito del 10 per cento circa delle imposte fondiarie – una delle cifre più alte del Monferrato – «alienato» a titolo permanente nelle mani della famiglia Nazari (AST, Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede [s.d. ma attorno al 1710]). Devono essere probabilmente considerati segni di una marcata differenziazione sociale nel corso del Settecento la elevata produzione di «cochetti» per l’industria serica e la presenza di flussi migratori di manodopera agricola stagionale verso il Vercellese e la Lomellina (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale [1753]).
          Nell’attesa di studi sistematici, possiamo segnalare qualche traccia delle attività della élite locale sulla scorta delle inchieste retrospettive condotte dagli amministratori statali in occasione della grande riforma fiscale settecentesca nota come Perequazione. Qui troviamo, per esempio, nella gestione seicentesca dei patrimoni ecclesiastici legati alla erezione della Collegiata di Fubine, una notevole espansione di patrimoni fondiari fiscalmente immuni abbinati a carriere locali di potere e di prestigio. La collegiata possiede beni per oltre 269 moggia (che compongono un registro di circa 6 lire). Questi beni provengono da un’eredità istituita con testamento del 17 ottobre 1630, rogato dal notaio Cavagnolo, da Bartolomeo Cavagnolo, il quale la destinò all’erezione e alla dote della collegiata (nei catasti o consegne dei beni, la collegiata appare infatti subentrata integralmente al testatore, in quanto sua erede universale, nella sua «colonna»). La nomina del prevosto e di sei canonici spetta, secondo l’inchiesta svolta nel 1728 dall’intendente Petitti, alla «casa» Cavagnolo; per quanto riguarda gli altri due Canonicati, tale diritto spetta, per uno, alla monaca Clivia Ferraris e l’altro alla «casa» Avite. La moltiplicazione dei benefici prosegue fino agli inizi del Settecento.
        Con strumento 20 Agosto 1629, ancora rogato Cavagnolo, il fondatore aveva inoltre acquistato dalla comunità, con l’assenso del senato di Casale, l’esenzione perpetua dai carichi d’una lira di registro, mediante il pagamento di 80 doppie d’Italia, effettivamente versate a quell’epoca. Nel testamento «d’istituzione», lo stesso testatore aveva ingiunto alla collegiata di esentare i beni che le assegnava dalle taglie verso la comunità, mediante il pagamento una tantum di 1500 scudi. In un’altra scrittura del 25 marzo 1631, un certo Pietro Antonio Novello dichiarava d’aver ricevuto 20 doppie d’oro, a conto delle «piazze» dovutegli dalla comunità di Fubine, per conto di Antonio Suardo, in quanto esecutore testamentario del Cavagnolo. A fronte della collettazione dei suoi beni, ordinata nel 1728 dall’intendente, la Collegiata reclama la restituzione di tutte queste partite. Inoltre, argomenta di non essere realmente in possesso di tutti i beni ereditati da Bartolomeo Cavagnolo, poiché una parte di questi, corrispondenti a 10 soldi di registro, sono rimasti nelle mani di diversi proprietari, o «particolari»: alcuni, destinatari di legati del Cavagnolo e loro successori, altri sconosciuti (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], cc. 30r-32v e 171v-172r).