Caselle Torinese

AutoriProvero, Luigi
Anno Compilazione1998
Provincia
Torino.
Area storica
Torinese settentrionale.
Abitanti
13.740 (censimento 1991).
Estensione
2869 ha (ISTAT 1991); 2884 ha (SITA 1991).
Confini
A nord San Maurizio Canavese, a est Leinì, a sud-est Settimo Torinese, a sud Borgaro Torinese, a sud-ovest Venaria, a ovest Robassomero. a nord San Maurizio Canavese, a est Leinì, a sud-est Settimo Torinese, a sud Borgaro Torinese, a sud-ovest Venaria, a ovest Robassomero.
Frazioni
Mappano. Vedi mappa.
Toponimo storico
«Casella» «Casellis», «Caselle»; nel 1862 ha cambiato nome da «Caselle» a «Caselle Torinese» (L. 1083, del 21-12-1862).
Diocesi
Torino.
Pieve
Dipende da S. Martino di Liramo (luogo scomparso, corrispondente alla località La Piè, tra Ciriè e Nole), antica pieve trasformata in Prevostura dell’Ordine dei Canonici Regolari probabilmente già nel secolo XII, sicuramente nel XIV. Nonostante la trasformazione in prevostura, mantiene tutte le prerogative della pieve (Casiraghi 1979, pp. 65-68, pp. 71-72 e pp. 85-86).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Chiese di S. Giovanni (dal 1174: Documenti inediti, p. 35, doc.38), S. Vittore (dal 1185: Gabotto, Barberis 1906, p. 83, doc.78), S. Lorenzo dal 1354 (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis) e S. Pietro (dal 1386: Casiraghi 1979, p. 86). Un testamento del 1273 (Documenti inediti, p. 301, doc. 292) segnala anche la presenza di una chiesa di S. Maria, di una «confraria» della chiesa di S. Giovanni, di una «confraria» della chiesa di S. Maria e di una «consorcia» della chiesa di S. Vittore. Il lascito al monastero di S. Maria di Brione, contenuto in questo documento, potrebbe far pensare piuttosto a Casellette, ma la corrispondenza dell’intitolazione delle due chiese di S. Vittore e S. Giovanni induce a ritenere che si tratti di Caselle. Beni di S. Solutore di Torino (Cognasso, 1908: 64, doc.39) e di S. Giacomo di Stura (Gabotto, Barberis 1906, p. 89, doc.85; p. 105, doc.105; p. 142, doc.136).
Luoghi Scomparsi
Non sono attestati significativi insediamenti al di fuori del borgo.
Comunità, origine, funzionamento
Il comune di Caselle è uno dei beneficiari del testamento del 1273 citato alla voce precedente, in cui si ricorda l’esistenza di una bandiera del comune (Documenti inediti, p. 301, doc.292). Il comune è poi attivo (senza articolate strutture istituzionali) soprattutto nelle liti relative al controllo delle acque, nel corso del secolo XIV (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis).
Statuti
1307 Copia capitolarum casellarum (copia del sec. XV in AC Caselle; Fontana 1907, vol. I, p. 256); 1310 privilegi e franchigie concesse da Amedeo V di Savoia, a nome anche della figlia Margherita (Fontana 1907, vol I, p. 256); 1337 franchigie di Aimone di Savoia (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 8, Caselle T.se, n. 2); 1391 franchigie di Bona di Bourbon (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 8, Caselle T.se, n. 3); 1719 Bandi campestri (AST, Corte, Paesi per A e B, C, m. 29, Caselle, n. 1).
Catasti
Nessuna notizia.
Ordinati
Dal 1582 in avanti, con lacune per gli anni 1587-1593, 1615-1623, 1625-1626, 1629, 1683-1685, 175, 1867-1871, 1923 (AC Caselle, Serie Ordinati e deliberazioni, voll. 1- 43).
Dipendenze nel Medioevo
Non è conosciuta una locale dinastia signorile; i «De Casellis» attestati alla fine del secolo XII (Gabotto, Barberis 1906, p. 89, doc. 85; p. 105, doc.105; p. 142, doc.136) non sembrano infatti controllare la giurisdizione del luogo. Nel 1296 passa, per dote, dai Savoia ai Monferrato (Guasco 1911, p. 427), ma già nel 1209 è attestata la presenza di un «castellanus de Casellis» i cui beni confinano con la «cassena marchionis» (Carte superstiti, p. 172, doc. 42): constatiamo una presenza patrimoniale dei Monferrato, confinante con un «castellanus», termine che in questa fase può indicare un funzionario dei Savoia (o dei Monferrato?), ma può anche essere sinonimo di «dominus», ovvero indicare un signore locale. Nei primi anni del secolo XIV Savoia e Monferrato convivono e si alternano nel controllo di Caselle (cfr. l’attestazione di un castellano sabaudo di Caselle nel 1310: I protocolli di Tedisio, p. XLV), fino a che nel 1330 Teodoro di Monferrato concede Caselle in dote alla figlia Violante, per il matrimonio con Aimone di Savoia (AST, Corte, Monferrato Ducato, m. 3, n. 10). Da questo momento Caselle passa stabilmente sotto il controllo dei Savoia.
Feudo
Non si afferma in Caselle una dinastia titolare a lungo del feudo; i Savoia ne infeudano successivamente Giacomino Provana (1408), Pietro Goffo (1441), Castagno Canale (1514), Gio. Freilino del Carretto (1532), per poi donarlo a Claudio di Savoia (1562), da cui passa a Beatrice Langosco (1579) e a Isabella Grilliet di Savoia (1582). Dato in appannaggio a Tommaso di Savoia (1620), è da questi infeudato a Pietro Filiberto Roncas (1640), per poi passare a Carlo Gerolamo del Carretto (1679) e infine essere riscattato dai Savoia (cfr. Guasco 1911, pp. 427-428).
Mutamenti di distrettuazione
Nel secolo XIX è capo di mandamento; nel 1838 dipendono da Caselle «Leynì, Settimo T.se e il comune di Borgaro diviso in due parti, cioè Borgaro capoluogo ed Altessano» (Casalis 1837, p. 36). Nei decenni successivi perde Altessano inferiore, unita nel 1847 al comune e al mandamento di Venaria (AST, Corte, Paesi per A e B, A, m. 20, Altessano superiore, nn. 13-15) e Settimo, che nel 1880 è trasferita al mandamento di Volpiano (Arc. Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 9).
Mutamenti Territoriali
Nel 1953 perde le borgate Colombé, Cavaliera e Piccono in favore del comune di Robassomero (DPR, n. 513, del 9-5-1953; Arc. Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 38).
Comunanze
Il CLUC registra 22.0139 ha di usi civisi di categ. A; il comune non dichiara usi civisi. Atti di vendita e affitto di beni comunali nel corso del secolo XIX (AST, Paesi per A e B, C, Caselle, nn. 13 e 15).
Liti Territoriali
1354 lite tra il comune di Caselle e i signori di Leinì per la palude di Caselle (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis); 1447 lite tra il comune di Caselle e i signori di Leinì per il controllo delle acque (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis); 1623-1759 lite tra le comnità di Caselle e Leinì per una pezza di terreno di 90 giornate e acque presso il bosco dell’Olmo (AC Caselle, serie liti, vol. 205, nn.1 e 2); 1992 lite, consultazione popolare e referendum per il controllo della frazione di Mappano (Documentazione presso Regione Piemonte, Settore Enti locali; cfr. seconda parte della scheda).
Fonti
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Caselle Torinese).
A.C.C., Serie Ordinati e deliberazioni, voll. 1-43.
A.C.C., Serie liti, vol. 205, nn.1 e 2.
A.P.T. (Archivio Storico della Provincia di Torino).
A.P.T., , cat. 14, cl. 02, fald. 9.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Catasti, Torino, Mappa 186-194, ff. 1-3.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa..
A.S.T., Corte, Monferrato Ducato, m. 3, n. 10; Corte, Paesi per A e B, A, Mazzo  20, Altessano superiore, nn. 13-15.
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, C, Caselle, nn. 13 e 15.
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, m. 29, Caselle, nn. 1 e 15.
A.S.T., Corte, Provincia di Torino, m. 8, Caselle T.se, nn. 2-3 e nn. 10-11.
A.S.T., Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis.
Bibliografia
Calza C., Voglia di comune, in «La Stampa», 13 luglio 1989, p. 6 della Cronaca.
Cartario della abazia di san Solutore di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1908 (BSSS 44).
Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, a cura di F. Gabotto, G.B. Barberis, Pinerolo 1906 (BSSS 36).
Carte superstiti del monastero di S. Pietro di Torino, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1914 (BSSS 77/3).
Casalis G., Dizionario storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino 1837, vol. IV.
Casiraghi G., La diocesi di Torino nel Medioevo, Torino 1979 (BSS 196).
Colombatto M.G., Caselle Torinese: problemi prosopografici e territoriali fra X e XIV secolo, Torino 1982, dattiloscritto presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino, Sezione di Medievistica e Paleografia.
Documenti inediti e sparsi sulla storia di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1914 (BSSS 65).
Fontana L., Bibliografia degli Statuti dei comuni dell’Italia superiore, Torino 1907.
Guasco F., Dizionario feudale degli antichi Stati sardi e della Lombardia (dall’epoca carolingica ai nostri tempi) (774-1909), Pinerolo 1911 (BSSS 54).
I protocolli di Tedisio vescovo di Torino, a cura di B. Fissore, Torino 1969 (BSS 187).
Descrizione Comune

Caselle Torinese

          Un filo conduttore unitario lega gran parte delle dinamiche e dei conflitti territoriali del comune di Caselle, dal XIII al XX secolo: l’interesse per l’area che in diversi periodi è stata chiamata «la Stersa», «paluda Casellasca», «Fangum» e, dal secolo XIX, Mappano. Qui si concentrano gli interessi dei comuni e dei signori di Caselle, Borgaro e Leinì, oltre che dell’abbazia di S. Giacomo di Stura, mentre del tutto marginali appaiono le presenze delle comunità di Settimo e Torino. Se il conflitto per il controllo della borgata di Mappano è una vicenda pienamente compresa nel secondo dopoguerra (e la stessa borgata è nata nel secolo XX e si è sviluppata solo negli ultimi decenni), il convergere di diversi interessi territoriali ha radici profonde. Elemento predominante del territorio casellese nel medioevo è l’acqua, con la Stura, le sue derivazioni in canali e bealere, e l’ampia palude che da Caselle si estendeva in direzione di Settimo e Leinì (Colombatto 1982, pp. 91-99). Il primo ente che vediamo specificamente interessato all’area è l’abbazia di S. Giacomo di Stura, che a partire dal 1191 acquisisce ampi beni nell’area delle due «braide» dette «de Stersa» (Gabotto, Barberis 1906, p. 89, doc. 85; p. 105, doc. 105). È del 1207 il primo documento che ci mostra la convergenza in quest’area di diversi distretti, con le connesse tensioni: in una lite tra l’abate di S. Giacomo e Anselmo di Caselle, quest’ultimo richiede terre «in braida de Extersa» e vuole che sia vietato alle bestie del monastero di «pascare in curiam de Caselle nec de Bulgaro»; rinuncia poi alle sue richieste in cambio di una somma di denaro (Gabotto, Barberis 1906, p. 142, doc. 136). Constatiamo quindi la compresenza e la tensione tra l’abbazia di S. Giacomo e un’importante famiglia di Caselle (forse di signori locali), e vediamo al contempo come le brayde della Stersa si collochino ai confini dei territori di Caselle e Borgaro e sfruttino le risorse (i pascoli) di entrambi i territori. Il quadro si arrichisce di nuovi protagonisti già nel 1209, quando la badessa di S. Pietro di Torino accensa a tal Giovanni di Banna terre «in territorio Ledenici» (ovvero Leinì): tra di esse troviamo un prato confinante con la «paluda Casellasca» (Carte superstiti, pp. 171 sg., doc. 42). Su quest’area paludosa e incolta insiste quindi anche il territorio di Leinì. L’interesse per quest’area è confermato nelle franchigie concesse da Aimone di Savoia nel 1337, in cui il conte concede al comune il controllo di 2/3 della terra comune posta «loco ubi dicitur ad Fangum», che possiamo identificare con un’area prossima a Mappano, dato che la cascina Fanghi è tuttora presente poche centinaia di metri a ovest di Mappano (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 8, Caselle T.se, n. 2). Ma soprattutto le tensioni relative al controllo della zona (e la corrispondenza tra la Palude e l’area detta il Fango) sono confermate da due importanti atti di lite del 1354 e del 1447, che oppongono la comunità di Caselle ai Provana, signori di Leinì, che dichiarano di agire anche a nome della propria comunità (i due documenti sono entrambi conservati, in copia autentica cartacea, in AST, Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis). Non si tratta propriamente di una lite territoriale, poiché oggetto del contendere sono le acque e la loro gestione; ma appare evidente come la tensione per il controllo di questa risorsa abbia evidenti cause e risvolti territoriali, poiché nasce e si riflette sulla convergenza in quest’area di diversi distretti comunali e giurisdizioni, di cui si definiscono i confini. Nel 1354 si pongono i termini della questione: da un lato gli uomini di Caselle hanno «quodam comune, quod vocatur Pallutum seu Fangum», da cui non traggono frutti, se non per la possibilità di «bealeras, rugias et fossata ipsius excolare» (AST, Camera dei Conti, Catasti, Torino, Mappa 186-194, f. 1v); dall’altro i Provana intendono sfruttare parte di queste stesse acque. Si definiscono quindi i confini tra Caselle e Leinì, e il primo termine di confine è per noi illuminante: «primo enim sit quidam terminus quatuor finium, et fine facit de fine Septimi, hospitalis Sturiae, Lainici et Casellarum, et est subter fangos Casellarum, deversus orientem» (f. 3r). Si individua quindi un punto, posto in corrispondenza dell’attuale Mappano (che è appunto poco più in basso della cascina Fanghi, verso oriente), in cui convergono i territori di Settimo, Leinì e Caselle, oltre a quelli dell’abbazia di S. Giacomo di Stura, ente ecclesiastico il cui patrimonio ampio, compatto e immune era percepito come un vero e proprio distretto, analogamente a quelli definiti attorno ai villaggi (cfr. la scheda dedicata a Settimo Torinese). È la fotografia di una realtà non molto diversa dall’attuale, con la convergenza dei diversi territori comunali pressapoco nello stesso punto in cui tuttora convergono. Due differenze importanti di questo documento rispetto alla situazione attuale: la presenza dell’abbazia di S. Giacomo di Stura, che in questa fase non è solo un ente ecclesiastico, ma un vero centro organizzatore del territorio; l’assenza di Borgaro, che tuttavia è ricordata già nel 1207 come interessata all’area della Stersa. Il fatto che qui Borgaro non sia citata è forse dovuto al fatto che il suo attuale territorio comunale era forse in parte compreso nel dominio di S. Giacomo di Stura. Nella lite del 1354, dopo aver definito una linea confinaria, si definiscono forme di convivenza sui punti di tensione: si consente quindi lo scavo da parte dei Provana di una bealera derivante dalla Palude di Caselle, purché da questa bealera possano derivare acqua anche gli uomini di Caselle (ff. 5r-6v); poiché i Provana hanno terra «super finibus Casellarum», nei pressi della chiesa di S. Lorenzo, non lontano da Leinì (cascina S. Lorenzo, circa 2 Km a ovest-nordovest di Leinì), se ne garantisce l’esenzione dalle imposte casellesi, pur riaffermando la sua dipendenza dalla giurisdizione di Caselle (f. 4). La questione si riapre nel 1447, quando gli arbitri eletti attribuiscono a entrambi i comuni il controllo delle acque della bealera che da Caselle fluisce verso Leinì. In questa fase la lite non ha quindi un diretto ed esplicito significato territoriale, ma lo assume se la si connette alla complessiva conflittualità tra i comuni della zona, conflittualità nella quale territorio e acque sono due aspetti di una tensione comune. È una conflittualità che tuttavia non porta mai a profondi stravolgimenti dell’assetto territoriale: se già nel 1354 abbiamo visto delinearsi nell’area di Mappano un quadro dei confini non dissimile da quello attuale, anche nel 1532, nell’atto di investitura a Giovanni Freilino del Carretto, si ricorda che il territorio di Caselle confina con «fines Burgarii, fines Lenicii, fines sancti Mauricii, fines Robasomirii et fines Altesani» (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 8, Caselle, n. 10). Se ricordiamo che le due parti di Altessano costituiscono ora il comune di Venaria Reale, constatiamo come l’elenco dei comuni confinanti corrisponda in pieno a quello attuale, se si eccettua Settimo Torinese, con cui tuttavia Caselle confina per poche centinaia di metri in Mappano. Gli atti tra XIII e XV secolo hanno quindi posto le basi per un assetto non privo di tensione ma sufficientemente equilibrato da consentire una ridotta conflittualità e una relativa stabilità di confini. Solo nel secolo XX, con lo sviluppo della borgata di Mappano, il conflitto si riapre. Il toponimo Mappano compare a partire dal secolo XIX, a indicare un «tenimento imboschito» all’interno del territorio comunale di Caselle (AST, Paesi per A e B, C, m. 29, Caselle, n. 15). Con la crescita demografica e insediativa del XX secolo, il toponimo passa a indicare una frazione in rapida espansione, che nel corso dei decenni acquisisce una crescente identità. Risale alla metà degli anni Settanta la formazione di un Comitato per i servizi, finalizzato prima di tutto a ottenere dai diversi comuni i servizi necessari alla vita di Mappano, e in prospettiva più ampia a promuovere la trasformazione di Mappano in comune autonomo (una breve storia si trova in Calza 1989). Ma è soprattutto l’abbondante documentazione relativa alle consultazioni popolari del 1992 a permetterci di cogliere i punti di tensione e le richieste della comunità di Mappano (tutta la documentazione si trova presso la Regione Piemonte, Settore Enti Locali). La vicenda di tale anno è piuttosto semplice: constatate le dimensioni troppo ridotte per trasformare Mappano in comune, la Regione Piemonte indice per il 17-5-1992 una consultazione popolare tra gli elettori di Mappano, per decidere se i diversi elementi della frazione debbano essere unificati e riuniti a uno dei comuni confinanti, e se sì a quale comune (delibere regionali n. 317-832 del 22-1-1992 e 341-3319 dell’11-3-1992); la consultazione dà esito ampiamente favorevole sul primo punto (95,42%), indicando in Borgaro il comune preferito (1.432 voti, contro i 1.241 di Caselle, i 67 di Leinì e i 7 di Settimo). Si indice quindi per il 15-11 un referendum per decidere se accettare la riunione delle quattro parti di Mappano e la loro unificazione a Borgaro (delibera regionale n. 395-CR-8446 del 23-6-1992); il referendum ha però esito negativo, lasciando inalterata la situazione. All’interno di questa vicenda si colgono tuttavia elementi interessanti relativi alla formazione di un’identità di Mappano, alla sua delimitazione territoriale e alle esigenze che spingono la popolazione locale a mutare la situazione presente. Il periodico Il risveglio dà notizia, in data 16-7-1992, della creazione di un progetto di stemma municipale di Mappano. Sebbene questo progetto non abbia avuto sviluppi (e sebbene la volontà di trasformare Mappano in comune non abbia al momento possibilità di essere attuata), cogliamo qui con grande chiarezza un processo di costruzione di un’identità comunitaria, destinato a rafforzare anche un’identità politica della comunità di Mappano, come ente identificabile, dotato di una volontà e di una capacità di pressione politica nei confronti delle comunità vicine e dei poteri sovralocali. Questo tipo di identità trova espressione anche nella formazione prima del Comitato per i servizi, poi nel Comitato promotore unificazione Mappano, che riunisce il Comitato per i Servizi con le forze politiche del centro-sinistra. In parallelo all’elaborazione dell’identità della comunità, si precisa la sua delimitazione territoriale. Se infatti sono noti e consolidati i confini tra i diversi comuni, che tagliano l’abitato di Mappano, appare indefinito il confine che delimita la stessa Mappano, ovvero la linea che separa la frazione dal resto dei territori comunali di Settimo, Leinì, Borgaro e Caselle (la quota di territorio dipendente da Torino è del tutto minoritaria e priva di insediamenti, e resta quindi estranea alla consultazione del 1992 e in genere alle tensioni territoriali). Vediamo quindi che, su delibera regionale del 22-1-1992, i quattro comuni coinvolti definiscono i confini con quattro delibere dei primi giorni di febbraio. È una definizione non priva di contrasti (come risulta dalla delibera del comune di Caselle del 7-2), e che segue criteri diversificati: la densità abitativa per Borgaro, i confini naturali per Leinì e Settimo, sono gli elementi esplicitamente ricordati nelle delibere come fattori utili per definire i confini. Ma è importante sottolineare come questa non sia un’operazione naturale, di pura certificazione di confini esistenti: qui si crea e si definisce un’identità e una configurazione territoriale prima assenti. Se infatti l’identità di Mappano (come collettività in grado di organizzarsi e di agire in modo coordinato) è una progressiva elaborazione spontanea che si realizza lungo i decenni del dopoguerra, la sua espressione territoriale è una creazione del 1992. Costruzione dell’identità e definizione dei confini esprimono ben precise esigenze degli abitanti di Mappano, che hanno trovato vivace espressione nella campagna elettorale delle due consultazioni del 1992. Dobbiamo partire dal quadro demografico ed elettorale locale: in Mappano nel 1992 sono registrati 2.708 elettori del comune di Caselle, 1.087 di Borgaro, 141 di Leinì e nessuno di Settimo. Appare quindi evidente come il confronto sia tra i primi due comuni, e sul confronto tra queste due possibilità ruota la campagna elettorale. Da un lato possiamo vedere un volantino elettorale del Comitato promotore unificazione Mappano, che si dichiara favorevole a Borgaro. I promotori riconoscono che Caselle è il comune più coinvolto in Mappano, ma non ha trasporti regolari verso Mappano ed essendo in seconda cintura difficilmente potrà essere compresa nella rete ATM; inoltre legarsi a Caselle rappresenterebbe uno spostamento del centro di gravità verso le Valli di Lanzo, mentre gli interessi dei Mappanesi sono prevalentemente indirizzati verso Torino; infine Caselle non è compresa nel distretto telefonico di Torino. A favore di Borgaro giocano quindi la maggiore vicinanza alla città, la migliore rete di trasporti e infine (dato di notevole importanza), le piccole dimensioni, che permetterebbero alla comunità di Mappano di far valere un notevole peso politico all’interno del comune. Sul piano dei servizi si colloca la risposta dal comune di Caselle che, in un volantino di propaganda per la consultazione del 17 maggio, elenca i servizi offerti da Caselle a Mappano: scuole, anagrafe, ufficio postale, oltre a una serie di ulteriori progetti già approvati. Lo scontro tra i due orientamenti ha impedito il raggiungimento di una soluzione, lasciando la situazione immutata e tutte le tensioni ancora vive. La vicenda di Mappano si scinde quindi in due fasi ben distinte. Tra medioevo ed età moderna vediamo un conflitto per il controllo e la regolamentazione dell’uso di determinate risorse (soprattutto acque e pascoli); questo conflitto ha come esito un assetto sufficientemente equilibrato, in grado di funzionare fino al XX secolo, quando lo sviluppo insediativo della zona rompe ogni equilibrio: ora l’area in cui convergono diversi territori comunali non è più un insieme di risorse divisibili, ma una borgata che cresce ed elabora una propria identità sufficientemente definita, che difficilmente può convivere con una frammentazione amministrativa. La convergenza di diversi distretti comunali sull’area di Mappano non è di per sè sufficiente a determinare il conflitto: questo nasce quando le risorse non sono spartite in modo equilibrato (tra XIV e XV secolo) o quando nasce una nuova unità insediativa e sociale costretta all’interno di una maglia amministrativa divisa (nel XX secolo). La questione della palude e di Mappano non costituisce certo l’unico elemento di moblità e di tensione del territorio di Caselle, che vive una fondamentale articolazione in due parti, sulle due sponde della Stura. Anche in questo caso possiamo prendere spunto da un atto di contenuto non propriamente territoriale. Nel 1750 la comunità di Caselle chiede l’approvazione del progetto di un nuovo ponte sulla Stura, al guado delle Cannete (l’intera documentazione è in AST, Provincia di Torino, m. 8, Caselle, n. 11). Tra le ragioni indotte per sostenere l’utilità di questa costruzione, due passi ci interessano particolarmente: si dichiara infatti che, «essendo quel territorio diviso da detto fiume, ne nasce, all’occasione d’escrescenza, che ogni terrazzani restano impossibilitati a traghettarlo per portarsi alla coltura de loro beni»; inoltre, «perché la parrocchia d’esso luogo, sotto il titolo di S.ta Maria, estendendosi oltre detta Stura, accade sovente che il parroco è necessitato, dovendo somministrare i sacramenti, di andar a passar al porto di Altessano, indi alla Venaria, e successivamente ai cascinali di detta parrocchia», con un viaggio di 5 miglia che diverrebbero una e mezza con il nuovo porto. Il territorio di Caselle appare quindi articolato, con una parte principale sulla sinistra della Stura, e i cascinali sulla destra. Se nel XVIII secolo questa bipartizione non dà vita a vistose tensioni e conflitti, due secoli dopo è alla base di un’importante modifica del territorio comunale. Il 9-5-1953 il D.P.R. n. 513 decreta lo spostamento della frazione Colombé dal comune di Caselle a quello di Robassomero. Si tratta della stessa area cui faceva riferimento il documento del 1750 come «i cascinali», e che tuttora ha una struttura insediativa dispersa. Si tratta infatti di tre cascine (Cavaliera, Colombé e Piccono), unite in modo un po’ forzato a formare una frazione. Nel verbale del consiglio provinciale di Torino del 30-6-1952 (Arch. Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 38) leggiamo infatti: «le tre cascine [...] sono costituie da grossi aggruppamenti di costruzioni in muratura, abitate da numerose famiglie e formano un agglomerato sufficientemente organico di abitanti (oltre 70 persone), sì che l’insieme delle tre cascine può essere assimilabile a borgata o frazione» Tre unità insediative, economiche e sociali distinte, tre «cascinali», secondo la definizione del 1750, sono riunite a costituire una frazione fittizia, per rientrare nelle possibilità offerte dalla legge (art. 34 del T.U. 3-3-1934, n. 38), che consente il trasferimento di frazioni più che la rettifica di confini. È quindi un’unità fittizia, ma è indubbio che questi tre nuclei insediativi (per un totale di 89 persone al momento del trasferimento) condividono un insieme di esigenze cui il comune di Caselle non appare in grado di dare adeguata risposta. La domanda presentata dagli abitanti delle cascine (15-4-1946) insiste essenzialmente su due motivi, che sono i temi ricorrenti in ogni richiesta di spostamento di una frazione: strade e servizi. I due temi sono ripresi nel consiglio provinciale che il 30-6-1952 dà parere favorevole, sottolineando che la strada dalle cascine a Robassomero è molto più breve di quella per Caselle, e che gli abitanti della borgata già fruiscono dei servizi e dell’acqua per irrigazione del comune di Robassomero.