Perosa Argentina

AutoriTron, Daniele
Anno Compilazione1996
Provincia
Torino.
Area storica
Pinerolese.
Abitanti
3929 (ISTAT 1991).
Estensione
2631 ha (ISTAT 1991); 2657 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Coazze e Giaveno, a est Pinasca e Inverso Pinasca, a sud Pomaretto e Perrero, a est Roure.
Frazioni
2 centri: Jartonsiere, Perosa Argentina (sede del municipio) e 10 nuclei.
Toponimo storico
«Petrosa» (1064), «Petruxia» (1148); «La Perosa» (1227); «Perusia», «Peruxia» (1239); («Perata» nel 1064 secondo Casalis). Il determinante «Argentina» fu attribuito per regio decreto dell’ 11 gennaio 1863. Il nome di Perosa o meglio, «Perata» o «Petrosa», compare per la prima volta nella donazione della celebre esponente della dinastia arduinica Adelaide del 1064 (Il gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 323-332). Tuttavia da documenti anteriori è possibile appurare che questo non risulta essere il nome più antico relativo a questo territorio. Nel 726, infatti, Abbone, fondatore del monastero della Novalesa, aggiunge agli altri possedimenti un piccolo monastero nel villaggio di «Tollatectus» (oggi Talucco) nell’alta valle del Lemina, e inoltre «Colonica in valle Diubiasca infra fines Longobardorum» (Pittavino 1886, p. 16). Da questo piccolo monastero, durante il sec. X, scesero i monaci che fondarono allo sbocco delle valli del Chisone e del Lemina il borgo di San Verano, là dove sorgerà l’abbazia di Santa Maria di Pinerolo. Si noti che Dubbione e Gran Dubbiane sono tuttora due località della val Perosa ora facenti parte del comune di Pinasca. Nel secolo XI, il nome di valle Diubiasca è sostituito da quello di valle «Pinairasca» o «Pineirasca», e con tale nome si trova nel documento con cui Landolfo, vescovo di Torino, fonda nel 1037 l’Abbazia di Cavour e in quello di conferma delle donazioni del vescovo Guido del 1041 (Il cartario di Pinerolo, p. 18). In un antico documento, redatto circa nel 1020, che descrive tutte le chiese pievane della diocesi di Torino, si parla di «plebs S. M. de Pinoasca» (Caffaro 1903, pp. 87-88) e nelle donazioni al costituendo monastero di Cavour del vescovo di Torino Landolfo del 1037 della «plebem in valle Pinairasca» (Il cartario di Pinerolo, p. 18); nel 1064 riscontriamo nuovamente la forma «medietatem [...] de Villareto Pinoasca» (Il gruppo dei diplomi adelaidini, p. 319); La forma «villare Pinnasca» appare nel 1072, peraltro unitamente alle altre forme sopra citate (Caffaro 1903, p. 89). Nel 1131, il conte Amedeo III di Savoia riconferma all’abate Dalmazzo i possedimenti fino a Perosa, aggiungendo alcune riserve (Il cartario di Pinerolo). Qui sono nominati: «in Portis, in Turina, in Villa nova Sancti Germani, in Pratomollo, in Villani, in Pinoascha, in Petrossa». L’abbazia era «nullius Dioecesis», malgrado ciò aveva contrasti col vescovo di Torino. La villa antica corrisponde all’attuale Perosa alta, mentre l’attuale Perosa bassa è una villanuova che appare già nel 1244 (Caffaro 1903, p. 60).
Diocesi
Pinerolo (prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese: Torino). Va però sottolineato che, per un lungo periodo, l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto alla fine del sec. XI, l’intera valle del Chisone era stata sottomessa alla giurisdizione dell’abbazia di S. Maria del Verano, presso Pinerolo (Carutti 1893, p. 67).
Pieve
La vasta parrocchia di Perosa, che estendeva la sua giurisdizione sull’attuale comune di Pomaretto e su parte dell’ex comune di Meano, venne smembrata nel 1688 con l’erezione dell’attuale parrocchia di Pomaretto e, nel 1698, con la creazione della parrocchia di Meano (Caffaro 1903, 82). Un’antica chiesa di S. Genesio appare nel 1239 in un atto rogato «in burgo podii odonis in ecclesia Sancti Genesii». Un’altra chiesa detta di S. Nicolao appare pochi anni dopo, nel 1255, in un altro atto rogato «apud sanctum nicholaum de petrosia». Le vediamo poi comparire entrambe in alcuni documenti del secolo XIII (Caffaro 1903, p. 53). Probabilmente S. Nicolao era situata all’inverso della valle, nei confini dell’attuale Pomaretto, allora non esistente come comunità autonoma. La visita del 1584 di mons. Angelo Peruzzi, delegato apostolico, oltre a constatare la prevalenza schiacciante dei Riformati, che utilizzavano anche le due chiese per i loro culti e che la chiesa di S. Genesio era ridotta «ad instar tugurii», rilevava in quest’ultima chiesa la presenza di una quantità di altari laterali: di S. Antonio, della Madonna della Consorzia, della B. Vergine e di S. Pietro (appartenenti ai de’ Broardi), di S. Maria de Podio, di S. Giovanni Battista (spettante a Francesco Tesserlo), della Natività di Gesù Cristo. La Parrocchia di S. Genesio (25 agosto) fu riedificata a spese del governo francese al tempo della soggezione a quello stato (1630-1696); a Meano è segnalata la parrocchia di S. Giuseppe. La chiesa parrocchiale di Perosa, nel 1835, aveva due altari laterali, del Rosario e di S. Giorgio (Caffaro 1903, p. 82).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Cappella in onore di S. Sebastiano costruita, dalla comunità di Perosa in seguito a un voto durante la peste del 1630. Ma già nel 1518 esistevano le rovine di una cappella campestre in onore di S. Sebastiano. Nel 1847 la si chiamava de’ SS. Rocco e Sebastiano e veniva interdetta dal vescovo, che ordinava al comune di circondarla da un fosso esterno oppure di demolirla, e di celebrare la messa annuale, a carico dello stesso comune, in parrocchia (Caffaro 1903, p. 57). Nel 1545 risultano due confratrie, o confrarie, a Perosa, una «confratria del borgo» (probabilmente sita in Perosa alta, dove tuttora una via è detta «della Frairia»), e un’altra detta «della Losa»; entrambe avevano vari possedimenti che davano in affitto. Nel 1552 ne compare una terza, chiamata «dell’Albona» (Caffaro 1903, p. 57). «Evvi una congregazione di carità che soccorre i poveri a domicilio» (Casalis 1846). Due templi riformati: al Podio e a La Chapelle. La compagnia della B. V. dell’Anunziata, già accennata nel 1518, venne rieretta nel 1596, e in quest’ultimo anno fu pure istituita un’altra del Rosario, fusa con la prima nel 1642 (Caffaro 1903, p. 80). Nella visita pastorale del 1835 si rileva la compagnia del Sacramento (Caffaro 1903, p. 83). Poco prima del 1847 la s. religione del ss. Maurizio e Lazzaro acquistava in Perosa varie giornate di terreno col fine di valersene per l’erezione d’un albergo di virtù a benefizio dei valligiani, ma poi vi fondava invece un asilo infantile. Inoltre lo stesso ordine mauriziano vi erigeva una scuola elementare superiore, coll’obbligo dell’insegnamento del francese (Caffaro 1903, pp. 83-84).
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
«Nella valle del Chisone, tra Pinerolo e Fenestrelle, dicesi che in antico esistesse un’ampia borgata chiamata Argentina, la quale estendeasi fino a Pomaretto, e per le frequenti inondazioni del Chisone, si ritirassero a poco a poco i suoi abitanti sul poggio in cui trovasi ora Perosa, detta anche al dì d’oggi con altro nome La Ridotta» (Zuccagni-Orlandini 1837, p. 742).
Comunità, origine, funzionamento
Nel 1325 il principe Filippo di Acaia concede al monastero di Pinerolo «il pagamento annuo di 47 moggia e 3 emine di frumento che le comunità della valle di Perosa avevano accettato di pagare, secondo questa ripartizione: Perosa 28 moggia, Pinasca 8 moggia e 6 staja, Villar 15 staja e 1 emina, Pramollo 6 moggia e 5 staja, San Germano 5 staja e 1 emina, Porte 9 staja e 1 emina» (Statuta Vallis Perusiae 1568; Giolito 1964, p. 46). Quindi, a questa data, vediamo le comunità della valle già pienamente operanti. Il documento conservato nell’Archivio di Stato di Torino (AST, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia [il Conte Verde, che per circa 3 anni governa le terre degli Acaja] a favore della Comunità della Valle di Perosa [13 aprile 1360] è il primo ad essere conservato in copia manoscritta dell’epoca), ci da la piena conferma che forme di organizzazione delle comunità di valle fossero a quell’epoca non solo presenti, ma già pienamente consolidate. Durante questo secolo e i due successivi verranno poi stipulati alcuni altri affrancamenti; grazie a questi «affranchimenti», le «communitates hominum» - in genere al termine di lunghe o lunghissime trattative –, convocatesi in presenza di un notaio, sancivano con i loro signori la liberazione da determinate servitù, pedaggi, gravami, diritti, ecc. mediante un compenso in denaro: esso veniva liquidato generalmente con una somma una tantum, e con l’erogazione annuale perpetua di un censo in denaro, e talvolta in natura (ad esempio grano, quando si trattava di mulini). Gli affrancamenti non erano generali, non riguardavano cioè tutte le servitù e gli obblighi, ma solamente quelli in oggetto della specifica transazione: e poiché i diritti signorili da cui ci si voleva emancipare potevano interessare più signori o più soggetti, ognuno con una propria quota percentuale, era necessario iterare più volte l’atto con le relative porzioni di pagamento. Cosi vediamo, il 25 novembre 1400, Amedeo d’Acaia vendere alle comunità della valle di Perosa tutti i suoi redditi, cioè: taglie, banni, fitti di prati, censi dell’affrancamento del borgo di Perosa, decima della canapa, ecc. in cambio di 3300 fiorini d’oro (Giolito 1964, p. 50; Statuta Vallis Perusiae 1568). Ma si deve giungere ad un affrancamento del secolo XVI per vedere le comunità liberarsi, almeno parzialmente, dal peso delle decime ecclesiastiche: il nome della nostra compare tra le altre comunità della valle nel documento datato 11 aprile 1585: «Affrancamento del cardinale Guido Ferrero abate commendatario di S. Maria di Pinerolo delle terze vendite, successioni etc., alle quali siano soggetti i beni della Perosa, Pomaretto, Pinasca, Inverso Pinasca, Porte, Inverso Porte, Pramollo, Villar Perosa e S. Germano» (AST, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11). La dinamica di questo affrancamento è esemplare: gli uomini della valle (a quell’epoca in gran maggioranza professanti la «Pretesa Religione Riformata», come si diceva all’epoca), contestavano i diritti abbaziali relativi alla riscossione delle decime, censi e canoni enfìteutici, di cui rifiutavano il pagamento all’agente dell’abate, adducendo anche l’imposizione fatta loro di recente da Emanuele Filiberto di versare nelle casse ducali annualmente mille scudi d’oro. Le comunità si erano dichiarate disposte a pagare tributi o al duca o all’abate, ma non più ad entrambi. L’abate allora le trascinò in giudizio dinanzi al Senato di Torino, la più alta magistratura del Ducato di Savoia, ottenendo una sentenza a lui favorevole, ma gli abitanti ricorsero al duca Carlo Emanuele I, il quale emanò lettere patenti, in data 22 febbraio 1584, che non solo confermavano i diritti e i privilegi abbaziali, ma ne accordavano di nuovi. Le comunità presentarono allora al cardinale Ferrero un progetto di affrancamento che prevedeva il versamento di una somma in denaro, comprensiva delle annualità arretrate, poi stabilita a 12000 scudi d’oro, più la corresponsione di un canone fisso ripartito fra le varie comunità; in cambio l’abbazia rinunciava ad ogni diritto presente e futuro sugli uomini della val Perosa. Questa transazione, accettata dall’abate, fu successivamente approvata e omologata dal Duca il 7 febbraio 1586 e dal papa Sisto V con bolla del 30 aprile 1587 (Croset-Mouchet 1845; Giolito 1964, pp. 57-62). Essa resse per più di due secoli: ancora a fine Settecento le comunità versavano regolarmente la loro quota del canone annuale alla Mensa vescovile di Pinerolo, subentrata all’abbazia nel godimento dei suoi antichi diritti e prerogative (Manno 1895, alla voce delle varie comunità).
Statuti
Degli statuti della valle di Perosa sono rimaste ben tre edizioni a stampa – del 1568, 1610, 1738 – e una copia manoscritta del 1451: in tutti i casi, però, il testo che possediamo è il risultato di modifiche più o meno profonde apportate agli statuti originali, perduti; probabilmente essi erano anteriori al 1246, data del passaggio di Perosa sotto casa Savoia (almeno secondo l’ipotesi di Pittavino: Pittavino 1963, p. 41), e in ogni caso anteriori alla lettera patente di Amedeo VI del 1360, che confermava antichi statuti, privilegi, usi, convenzioni, franchigie ed immunità con l’aggiunta di altre concessioni, tra cui quella che gli abitanti non potessero essere tratti in giudizio fuori della loro valle (Giolito 1964, p. 71). Nel 1451 gli statuti venivano riformati, e portati dai precedenti 65 capitoli ad 89: lo si apprende da una sentenza del 1737 «in causa Comitis Aloysii Piccon Locorum Perusie et Vallis Vassallis contra Comunitate Perusie et Vallis» in cui si parla di una concessione del 4 aprile 1443 in 65 «capitula statutorum» e di un’altra del 21 maggio 1451 «in qua pro confìrmatione novorum statutorum supplicaverunt» (Fontana 1907, pp. 237-38); così modificati vennero approvati dal duca Ludovico di Savoia con patenti del 25 maggio 1451. Sotto la Francia, il re Carlo IX, nel marzo 1567, li confermò e, «con lettere del 2 maggio dello stesso anno, gli confermò pure tutte le franchigie ed immunità di cui già esso godeva» (Casalis 1846). Subito dopo, senza dubbio in connessione con la conferma regia, gli statuti di Val Perosa vennero pubblicati a Pinerolo da De Rubeis nel 1568 (Statuta Vallis Perusiae) e poi ancora ripubblicati nel 1610 (Statuti, Privileggi, e Concessioni delle Communita di Valle Perosa; con le confirmationi, e approbationi loro, fatte dalli Serenissimi Duchi di Savoia, esemplare conservato presso la Biblioteca Civica di Pinerolo), una volta ritornata la valle sotto i Savoia. La terza ristampa, fatta in Torino ad opera dello Zappata nel 1738 (col medesimo titolo della prima), è senza dubbio da mettere in relazione con la causa svoltasi l’anno precedente (già sopra citata) fra il conte Piccon (detentore dei diritti signorili) e le comunità della valle. Un’approfondita analisi del contenuto degli statuti è stata fatta da Giolito (Giolito 1964).
Catasti
Il primo libro di catasto è conservato nell’archivio comunale risale al 1772 (AC Perosa Argentina, mazzo 10), insieme ad altri tre volumi databili rispettivamente al sec. XVII (AC Perosa Argentina, mazzo 12), agli inizi del sec. XIX (AC Perosa Argentina, mazzo 12b) ed infine al sec. XIX (AC Perosa Argentina, mazzo 13). Sempre ivi esiste un Numerico relativo al libro in mappa del 1822 (AC Perosa Argentina, mazzo 15). Nell’archivio comunale di Perosa Argentina è conservato un solo catasto relativo all’ex comunità di Meano della fine del sec. XVIII (AC Perosa Argentina, Archivio dell’ex comune di Meano, mazzo 6). Sempre ivi si ritrova anche per la sola ex comunità di Meano una mappa topografica del territorio del sec. XVIII.
     Presenza del catasto Rabbini [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario di Pinerolo, Mappe, rete poligonali e linee territoriali Perosa , Mazzo 59, Abitato del Comune di Perosa (1859-1860)]. Vedi mappa..
Ordinati
La serie documentaria completa per Perosa Argentina è attualmente presente nell’archivio comunale a partire solo dal 1799. Per l’ex comune di Meano invece dal 1755 fino al 1928.
Dipendenze nel Medioevo
Comitato di Torino fino al sec. XI, Abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo (dal 1064), Conti di Savoia (dal 1246), Principato di Acaia (1295-1418) e poi Ducato di Savoia.
Feudo
Abbazia di Santa Maria di Pinerolo dal 1064 (Il gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 323- 332). Per transazione fatta nel 1246 tra questa abbazia e i conti di Savoia, rimase a questi conti tutta la valle Perosa. Sotto i Principi di Acaja, fu munita di un forte castello e di un governatore con un presidio, contro i Delfini di Vienne. «Gli stessi principi nel 1360 vendettero Perosa e la sua valle ai Provana di Carignano, dai quali, indi a non molto, ne passò la signoria ad Andreone e Pietro, fratelli de’ Solari di Asti. Il duca Carlo Emanuele I onorò questa valle del titolo di contado, e la vendette ad Emanuele Filiberto Goveano presidente della Regia Camera» (Casalis 1846), di cui vediamo infatti l’investitura in data 7 maggio 1619 (Manno 1895, p. 305). Non sappiamo esattamente che cosa si verificò al passaggio del versante orografico sinistro della valle alla Francia nel 1631: è possibile che i diritti signorili siano rimasti nelle mani della famiglia Goveano, se non erra Manno nel datare al 27 agosto 1682 l’investitura di Antonio Giacinto Goveano. Il 16 luglio 1700 Vittorio Amedeo II concesse a Francesco, Giuseppe, e Luigi fratelli Piccon alcuni feudi della val Perosa, tornata sotto il dominio sabaudo nel 1697 dopo il lungo intermezzo francese, a compensazione dei beni confiscati in val Luserna ai Valdesi e poi restituiti ai medesimi dopo la Glorieuse Rentrée, «e questo fu il primo titolo di nobiltà di cui venne insignita quella famiglia» (Casalis 1846; AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 24, fasc. 1); i feudi erano Perosa, Pinasca, Villar, Porte e Gran Dubbione. A questo punto c’è una complessa operazione all’interno della famiglia Piccon, così riassunta dal Manno: il 15 giu. 1701 Giuseppe rinuncia a favore del fratello Luigi, e Luigi a favore del fratello Francesco. 2 luglio 1708 atto di divisione per il quale i feudi di Perosa, Pinasca, Porte e Gran Dubbione spettano al conte Francesco e Villar al conte Giuseppe; 9 mag. 1723 Patenti di licenza al conte Giuseppe, di scambiare il feudo di Porte con quello di Gran Dubbione e di rimetterlo, cogli altri, al fratello Luigi; 3 giu. 1723 istrumento di dimissione fatta dal conte Giuseppe del feudo di Porte a favore del vassallo Gozio dal quale riceve Gran Dubbione come permuta, e cessione al conte Luigi, suo fratello dei feudi di Perosa, Pinasca, Gran Dubbione e Villar; permuta approvata con declamatoria camerale il 9 set. 1723; il 13 gen. 1724 investitura al conte Luigi Piccon, generale di battaglia e colonnello del reggimento dei dragoni, dei feudi di Perosa, Pinasca, Villar e Gran Dubbione col titolo comitale per ciascuno e per maschi e femmine. «La nobile famiglia dei Gamba di Roatto ebbe da ultimo l’investitura di questo paese con titolo comitale» (Casalis 1846); questa informazione viene confermata da quanto si ricava in Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, ff. 7 e 17: Parere sulla vendita dal conte Piccon al barone Gamba dei suoi feudi nella Perosa e Valle [16 giugno 1758]), nonché da quanto dice Manno: «13 gen. 1724 inv. di Porte col titolo comitale per ciascuno e per maschi e femmine al conte Gaspare Francesco Gozio; 8 gen. 1730 testamento di quest’ultimo che lega il suo feudo al conte e generale Piccon; questi vendette al conte Giangiacomo Marcello Gamba il 2 luglio 1758 per £. 150.000 Perosa, Pinasca, Villar, Porte e Gran Dubbione (Manno 1895, p. 305).
Mutamenti di distrettuazione
Il comune, passato ai Savoia dopo la dominazione francese del 1536-1574, venne assegnato alla Provincia di Pinerolo; quando Pinerolo venne nuovamente conquistato dalla Francia nel periodo 1630-1697, Perosa continuò a far riferimento a questa città all’interno della distrettuazione francese che interessò tutto il versante orografico sinistro della val Perosa (mentre tutto l’Inverso rimase ai Savoia), la frontiera essendo definita dal percorso del torrente Chisone. Durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, il comune venne aggregato al Cantone di val Perosa e, con la Restaurazione, fece quindi parte del Mandamento di Perosa (compreso nel Circondario di Pinerolo), rimanendovi fino al 1923, anno di aboli­zione di questa circoscrizione amministrativa (Casalis 1854, p. 518). Il comune, durante l’amministrazione francese, faceva parte del Cantone della Perosa, e con la Restaurazione divenne capoluogo di Mandamento.
Nel 1905 l’allora comune di Meano, ora compreso nel territorio di Perosa, chiese la separazione dal Mandamento di Fenestrelle per essere aggregato a quello di Perosa Argentina, ma la cosa non sembra essere andata a buon fine (AC Pe­rosa Argentina, Archivio ex comune di Meano, mazzo 5, f. 4).
Mutamenti Territoriali
Va segnalato che il riordino sabaudo del secolo XVI, pur non introducendo per questa località alcun mutamento territoriale – in quanto il trattato di Cavour del 1561 tra i Savoia e i Valdesi prese implicitamente atto dei confini originali –, tracciò una delimitazione interna relativa alle proprietà dei «religionari» valdesi, che dovevano limitarsi alle zone collinari del comune. Infatti nella zona di Perosa e Pomaretto, ove pure i nuclei valdesi erano assai consistenti, l’accordo non autorizza il culto pubblico nelle località di fondo valle, ma ne limita l’esercizio ad un minuscolo borgo di montagna come il Podio (986 m slm), a monte di Perosa, sulla riva sinistra del Chisone (Balmas 1972). A Perosa Argentina, nel 1928, vengono aggregati come frazioni i comuni di Meano e Pomaretto, il secondo dei quali ritornerà ad essere indipendente nel 1955, mentre per il primo perdura tuttora l’accorpamento.
Comunanze
Usi civici (superficie in ha): tot. 1387,0626; categoria «A»: 1387.0626; categoria «B»: 0 (CLUC, Prov. di Torino, cartella 183: Perosa Argentina). Elenco delle terre di uso civico classificate nelle due categorie dell’art. 11 della Legge sul riordinamento degli usi civici 16 giugno 1927 N. 1766 (datato 27 novembre 1934): categoria «A» (boschi-pascoli): capoluogo: 1103 ha, 65 are, 73 centiare; ex Comune di Pomaretto: 243 ha, 26 are, 49 centiare; ex comune di Meano: 283 ha, 42 are, 53 centiare; superficie globale 1630.34,75 ha.
Liti Territoriali
Causa della comunità di Perosa, Pinasca, Villar Perosa, Porte, Pomaretto contro la città di Pinerolo del 1794 (AC Perosa Argentina, mazzo 2, f. 4).
Fonti
A.C.P. (Archivio Storico del Comune di Perosa Argentina).
A.C.P.., mazzi 2, 10, 12, 12b, 13 e 15;
A.C.P., Archivio ex comune di Meano, mazzo 5, f. 4; mazzo 6.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Provincia di Pinerolo, Mazzo  11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia [il Conte Verde, che per circa 3 anni governa le terre degli Acaja] a favore della Comunità della Valle di Perosa [13 aprile 1360]; f. 17: Parere sulla vendita dal conte Piccon al barone Gamba dei suoi feudi nella Perosa e Valle [16 giugno 1758].
A.S.T., Corte, Provincia di Pinerolo, Mazzo 24, fasc. 1.
A.S.T., Sezioni Riunite, Finanze, Catasti, Catasto Antico (17729, Allegato A, pf. n. 54.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario di Pinerolo, Mappe, rete poligonali e linee territoriali Perosa , Mazzo 59, Abitato del Comune di Perosa (1859-1860). Vedi mappa.
 
 
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France, Paris). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE D-13120 Le Duché de Milan et les Estats du duc de Savoye partie de ceux de Mantoue et de la république de Gênes avec les diverses routes ou passages de France et d'Allemagne en Italie par les Alpes... / par N. de Fer ; Jacqueline Panouse, sculp. 30 milles [Auteur: Guérard, Nicolas (1648?-1719); Auteur: Panouse, Jacqueline. Graveur; Auteur: Fer, Nicolas de (1647?-1720). Cartographe.Éditeur, s.n.; Date d'édition: 1703]. Vedi mappa.
 
 
Bibliografia
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Descrizione Comune

Perosa Argentina

La comunità di Perosa conobbe una significativa mutazione dei suoi confini con perdita territoriale di tutta la parte alla destra orografica del Chisone – quello che verrà chiamato Pomaretto – qualche tempo dopo che le truppe di Richelieu occuparono Pinerolo e tutto il versante sinistro della val Chisone. La divisione della valle fra due stati che sembrava, nel 1630, dover essere provvisoria, si rivelava essere invece duratura, ciò che costrinse il territorio rimasto piemontese a organizzarsi in comunità autonoma, staccandosi, ma – si noti – solo per l’aspetto “civile”, non per quello ecclesiastico. La situazione particolare della bassa val Chisone di metà Seicento, ci è ben rappresentata da Jean Léger (Léger 1669, I, p. 10), quando descrive le chiese riformate de Villar & de S. Germain, jointes ensemble en la Vallée de Peyrouse [...], celle de Pinache & celle de la Chapelle, comprenant les Communautés du Pomaret & du Mean: en ces 3. Églises les Pasteurs demeurent sous le domaine du Roy, quoy que partie de leurs Églises soient sur les terres du Due de Savoye; par ce que par l’accord fait par ce Prince avec le Roy de France l’an 1633 qu’il s’est retenu la moitié de cette Vallée-là, pour avoir le passage libre en sa Ville de Pinerol, fut arresté que l’on n’innoveroit rien pour ce qui regarde l’Écclesiastique: de sorte que les 3. Pasteurs qui les servent, ne laissent pas d’estre membres du Synode des Vallées, & ne peuvent méme estre du Synode du Dauphiné qui est de France. Questa situazione perdurerà fino al 1697, quando Pinerolo e l’intera la val Perosa ritorneranno ai Savoia: il fatto che questo avvenimento non abbia comportato la riunificazione amministrativa del comune è cosa che non può essere spiegata unicamente con il notevole intervallo temporale trascorso (64 anni), che pure indubbiamente aveva consolidato poteri e gerarchie locali interessate a mantenere la separazione. Per quanto la questione non sia mai stata studiata, possiamo ipotizzare che anche la struttura della distribuzione spaziale degli insediamenti abbia svolto un ruolo in tal senso. Siamo di fronte infatti a un’evoluzione degli insediamenti del territorio comunale in cui non emerge con chiarezza un centro principale, e diversi nuclei tendono a restare in sostanziale equilibrio tra loro; l’importanza politico-amministrativa delle diverse località che costituivano i vari territori comunali può essere variata nel tempo, ma senza che questo abbia comportato forti egemonie. La dispersione di gran parte della popolazione fra diversi centri e vari nuclei sta in genere a indicare un processo storico di segmentazione politica, amministrativa e religiosa tra diverse istituzioni non disposte gerarchicamente, e che non insistono sul territorio di un unico comune. E così in effetti è stato per il nostro territorio e per tutta la val Chisone. A partire dalla seconda metà del secolo XVI, interviene un fattore strutturale profondo: l’avvento della Riforma protestante, in un territorio già fortemente pervaso nei due secoli precedenti da fermenti eterodossi ed ereticali, quali il movimento valdese (Merlo 1977). Questo fenomeno si manifesta in contemporanea alla crisi di rappresentanza dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo, che continuava a esercitare prerogative giurisdizionali e signorili sulla valle: per compensare la diminuzione delle rendite dovuta alla svalutazione monetaria ricorreva al cumulo degli incarichi: a un unico titolare venivano assegnati più benefici ecclesiastici. Il titolare, che non risiedeva sul posto e si limitava a riscuotere e amministrare la rendita delle decime, nei casi migliori si faceva sostituire da vicari, in genere salariati con prebende miserevoli, e aventi una formazione e preparazione culturale piuttosto rudimentale. Essi venivano a costituire una sorta di “proletariato ecclesiastico”, incapace di far fronte ai nuovi ministri di culto calvinisti preparati e motivati. Fu questa non l’ultima delle cause che favorirono l’impetuoso affermarsi della Riforma verso la metà del Cinquecento, unitamente alla prospettiva per gli abitanti di liberarsi dalle decime e dagli altri balzelli ecclesiastici. Non c’è bisogno di sottolineare la portata delle conseguenze che questo fatto ha comportato sul piano della competizione e del conflitto tra istituzioni differenti (tra le due diverse strutture ecclesiastiche, tra queste e quelle civili a carattere locale e sovralocale, con forze esterne che potevano inserirsi negli equilibri interni, ecc.), a cui ha corrisposto una frammentazione territoriale: basterà qui solo accennare al fatto che l’avvento della Riforma non solo segna una frattura tra Valli valdesi e pianura cattolica, ma interviene anche nei processi di definizione dei singoli territori comunali. Punto di partenza è senza dubbio l’accordo di Cavour del 1561, concluso coi Savoia dopo un fallito tentativo di repressione militare: esso, oltre a porre fine alla prima guerra di religione sancendo una tolleranza di diritto e non solo di fatto per i valdesi, definì anche i limiti territoriali nei quali era consentito ai sudditi «religionari» possedere beni ed esercitare il loro culto. Tale trattato mirava a confinare la popolazione valdese nelle parti alte delle valli Pellice, Chisone e Germanasca, a volte incapsulando l’intero territorio comunale, oppure tracciando limiti e confini all’interno di una stessa comunità, come appunto nel caso di Perosa: «sarà permesso [...] a quelli della Parrocchia di Perosa, li quali al presente sono fugitivi per causa della detta religione, et solevano far congregationi, prediche e altri Ministerii, secondo la loro religione nel luogo chiamato il Puzzo, purché non si accostino ad altri luoghi et confini della detta Parochia» (Balmas 1972, p. 129). Nel 1925 e nel 1927 il sindaco e podestà dichiarano: «non si esercitano né si pretendono usi civici» (CLUC, Provincia di Torino, fasc. 183 [Perosa Argentina]). Nel 1930 il perito Grosso lamenta le riserve che il podestà di Perosa fa affermando che il comune di Perosa è assoluto proprietario del suo patrimonio, e che nessun privato vanta diritti nelle proprietà comunali. Il commissario risponde al podestà che non è così con motivi storici. L’elenco delle terre di uso civico classificate nelle due categorie dell’art. 11 della Legge sul riordinamento degli usi civici 16 giugno 1927 N. 1766 (datato 27 novembre 1934) sono, rispettivamente: categoria A (boschi- pascoli): capoluogo: 1103 ha, 65 are, 73 centiare; ex Comune di Pomaretto: 243 ha, 26 are, 49 centiare; ex comune di Meano: 283 ha, 42 are, 53 centiare; superficie globale 1630.34,75 ha. Secondo la elazione del perito, il geom. G. Grosso: le terre in parola sono tutte situate in mezza montagna, con scomode strade di accesso, in località lontane da centri rurali abitati, terreno di natura rocciosa, di scarsa produttività, non suscettibile di più utile destinazione. Ridurre se non tutte, almeno una parte di queste terre a coltura agraria è cosa praticamente inattuabile, in quanto occorrerebbero ingenti spese per dissodamenti, costruzione di nuove strade, ripari, concimazioni, con un cumulo di spese ingentissime che non sarebbero poi in alcun modo compensate dalla produzione. In sostanza la natura del terreno non riducibile a coltura agraria dipende oltre che dall’attualità anche ed essenzialmente dalla attitudine del suolo che non si presta a destinazione diversa da quella attuale. Queste terre sono per la loro totalità pascoli, incolti e boschi cedui che vengono amministrati direttamente dal Comune con tagli periodici questi e concedendo il pascolo estivo ai pastori del luogo che pagano una tassa pascolo per ogni capo di bestiame. Per i suddetti motivi tutte quante le terre descritte nell’elenco che segue vennero classificate nella cat. A art. 11 Legge come terre essenzialmente utilizzabili a bosco e pascolo permanente. Non risulta che la popolazione eserciti attualmente o abbia per il passato esercitato usi civici di qualsiasi specie sulle terre in questione. Pinerolo, 10 Ottobre 1934. Esistono cinque ferriere ed un molino a due ruote, proprio del comune [...]. In questo territorio esiste una cava di gneis totalmente simile a quello del Malanaggio, scevro com’esso di piriti. Da questa cava furono escavati i massi che servirono a formare le colonne che ornano e sostengono i terrazzi della contrada Po in Torino (Casalis 1846). Negli anni Quaranta del XIX secolo a Perosa era in attività una tintoria (De Bartolomeis 1843, III, p. 480). Ancora nel secolo XIX, «si tengono due annue fiere, una il 30 settembre e l’altra il 29 d’ottobre: sono assai frequentate dai terrazzani delle valli di Pragelato e di S. Martino, come pure da quelli dei varii paesi della provincia: il maggiore traffico che si fa in esse è quello delle bestie bovine e lanute. In virtù di Regie patenti dell’anno 1831 vi si fa un mercato in ogni venerdì pel commercio de’ cereali, del bovino bestiame e de’ latticini» (Casalis 1846). Nel 1777 la popolazione di Perosa assommava a 1038 anime, quella di Meano a 459 (Caffaro 1893, p. 660). Nel 1853 si sale a 1841 abitanti in totale (Caffaro 1893, p. 648) e nel 1881 si tocca la quota di 2339 e a 615 anime, rispettivamente, per Perosa e Meano (Caffaro 1893, p. 660).