Cortazzone

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2005
Provincia
Asti
Area storica
Contado di Asti. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
Abitanti
539 [censimento 1991] / 626 [censimento 2001].
Estensione
Ha. 1037 [ISTAT] / ha. 1011 [SITA].
Confini
Camerano Casasco, Cortandone, Maretto, Montafia, Roatto, Soglio, Viale.
Frazioni
Le fonti ISTAT segnalano la presenza di un “centro” insediativo, che raccoglie circa il 40 per cento della popolazione, di sette “nuclei”, che ne raccolgono complessivamente circa la metà, e di una limitata presenza di “case sparse”. Vedi mappa.
Toponimo storico
Curtis Uncionis, attestato nel 910, 938 e 941 [Gabotto 1904, docc. 41, 54, 56]. In seguito, troviamo: nel 1194, Cortansonus e Curtaxonus [Milano, I, doc.131]; nel 1195, Cortasono [Milano, I, doc. 149]. Nelle fonti in lingua italiana dell’età moderna e ancora nel secolo XIX è assai diffusa la forma “Cortanzone” [vd. per esempio Casalis 1833-1856].
Diocesi
Asti
Pieve
Nel Registrum Ecclesiarum dioecesis astensis, redatto nel 1345, la ecclesia de Cortasono figura tra le chiese dipendenti dalla plebs de Monteclaro, a sua volta elencata nella stessa fonte tra le ecclesiae subditae della cattedrale, ossia del suo capitolo (la villanova astese di Montechiaro assorbì, all’atto della sua fondazione, nel 1200, il luogo, oggi scomparso, di Pisenzana, documentato nel 905 come sede di chiesa plebana intitolata a Santa Maria [Eydoux 1978; Gabotto 1904, n. 27, p. 60; Romanello 1991, pp. 12, 18]), con un “registro” del valore di 12 lire astesi [Bosio 1894, p. 525; vd. anche scheda Montechiaro d'Asti].
     Dopo l’istituzione dei vicariati foranei nella diocesi, avvenuta nel 1578, Cortazzone compare, negli atti del terzo sinodo Panigarola e del terzo sinodo Aiazza, pubblicati rispettivamente nel 1593 e nel 1605, sotto la giurisdizione del vicariato foraneo di Monale. Nel 1805, all’indomani della riorganizzazione delle diocesi piemontesi promossa dal governo napoleonico, Cortazzone fu assegnata al vicariato di Bagnasco. Nel 1817, dopo che la bolla Beati Petri ebbe nuovamente operato un riassetto complessivo delle circoscrizioni diocesane subalpine, passò al vicariato di Maretto [Bosio 1894, pp. 133, 135, 140; vd. anche schede Maretto, Monale e Montafia].
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa di San Secondo, sorta probabilmente in un epoca compresa tra il 1070 e il 1140 circa, fu la primitiva parrocchiale di Cortazzone. Attorno al 1300 era di patronato dei signori del luogo (i di Montiglio e i Pelletta). Recava ancora il titolo parrocchiale al tempo della visita apostolica Peruzzi (1585), nella quale è descritta come distante dall’abitato, campestris et incommoda. Le funzioni di cura d’anime facevano perciò capo, “per comodità degli abitanti”, all’oratorio di San Siro, situato nel castello del luogo, politicamente dipendente dal vescovo di Pavia. Significativamente, il santo titolare della chiesa castrense è il patrono della diocesi pavese.
     Nell’antica parrocchiale, ancora in discrete condizioni di conservazione, ma ormai “adibita piuttosto a cimitero”, si celebrava la messa solo una volta l’anno, in occasione della festa di San Secondo. Questa sia pure saltuaria officiatura si mantenne comunque a lungo. Nel 1688, per esempio, la chiesa era stata da poco fornita di una nuova campana per richiamare i fedeli, mentre l’edificio fu sottoposto a operazioni di rifacimento ancora alle soglie del secolo XIX. La visita pastorale del 1839 rilevava tuttavia una drastica riduzione del patrimonio fondiario della chiesa, a beneficio della locale Compagnia del Corpus Domini. Secondo l’opinione di alcuni studiosi, San Secondo di Cortazzone avrebbe costituito una tappa sulla via del pellegrinaggio a San Giacomo di Compostella. Nel 1660, tuttavia, anche il titolo parrocchiale era stato ufficialmente trasferito alla chiesa presso l’abitato.
     La visita Peruzzi menziona inoltre una ecclesia simplex et campestris dedicata a San Genevesio, angusta e in cattive condizioni di conservazione e di arredo, nella quale si celebrava “di quando in quando” la messa per devozione al santo titolare. Nel territorio di Cortazzone è attestata fino al 1223 una presenza patrimoniale del priorato benedettino di San Secondo della Torre Rossa di Asti, dipendente dall’abbazia di Fruttuaria, acquistata dai signori di Cortazzone od ottenuta dal vescovo di Pavia, signore “eminente” del luogo [Bordone 1976, p. 80; Bordone 1984, p. 9; Casartelli 1959; Eydoux 1984, p. 31; Pittarello 1984, 104-05; A.C.V.A., Visitatio apostolica, cc. 182v-85v (pp. 168-71)].
Assetto Insediativo
L’insediamento trasse origine da un’azienda agraria signorile (curtis), presente già nei secoli IX e X, intesa sia come insieme di possedimenti sia come centro di conduzione, una tipologia insediativa particolarmente frequente nell’area, caratterizzata da un diffuso stanziamento di stirpi franche, compresa fra i torrenti Triversa e Rilate, a ovest e a nord della conca di Asti [Bordone 1980, p. 92].
     Dal centro curtense si sviluppò con il tempo un villaggio, più tardi fortificato. Nel 1228 si trova infatti attestazione di una villa seu receto Curtazonis, situata sull’altura del mons de Airalis, dove già sorgevano le abitazioni contadine. La presenza del castello è invece documentata dal 1293, ma è probabile che la sua costruzione risalisse al secolo XII, quando nelle fonti appaiono signori che si intitolano de Cortazono [Bordone 1976, p. 79].
     Nell’età moderna, l’insediamento risulta articolato in più nuclei. Nel 1753, per esempio, è descritto dall’intendente provinciale di Asti come “luogo situato in collina, diviso in borgate” [B.R.T., Relazione generale, c. 103v (p. 83)]. Alcuni decenni prima, i funzionari incaricati della Perequazione generale del Piemonte segnalavano, oltre al capoluogo, Bricarello, Valmezana e giare, Mongiliese e Valpitora, Varoccino, Cadenegri, Aijasse, “tutti cantoni dispersi per il territorio” [A.S.T., Registro delle notizie, c. 56v].
     Anche nei censimenti otto- e novecenteschi sono talvolta menzionate più unità con propria denominazione all’interno del comune. Nel 1881, si tratta del capoluogo e delle “frazioni” di Briccarello e Valmezzana, entità pressoché equivalenti come peso demografico: il capoluogo, per il 60 per cento composto di popolazione “agglomerata”, le frazioni completamente costituite da un abitato disperso. I censimenti successivi, fino al 1931, non rilevano nuclei distinti all’interno del comune, ma classificano la popolazione complessiva come residente per oltre l’80 per cento in modo “sparso”. Il censimento del 1937, torna a segnalare diverse “frazioni” e “centri”: gli stessi presenti nel 1881, più Vanara. La rilevazione del 1951 organizza la popolazione censita in un’unica entità a livello delle “frazioni geografiche”, ossia lo stesso capoluogo, e in cinque “località abitate”, demograficamente molto minori (raccolgono insieme circa il 45 per cento degli abitanti del comune): Bricchetto, Casale, Cascine Mattiet, Collina del Negro, Mongiglietto. La popolazione residente in “case sparse”, censita a parte, risulta ammontare a circa il 9 per cento [Bordone 1977, p. 285; Informazioni 1839, p. 27; Istituto Centrale 1956; Ministero 1883 e successivi; Presidenza 1927 e successivi].
Luoghi Scomparsi
Non si hanno attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
Una comunità organizzata, dotata di propri statuti, è attestata almeno dal 1512. Gli abitanti del luogo sembrano tuttavia disporre, per gran parte della prima età moderna, di uno spazio alquanto limitato di autonomia nei confronti dei loro signori.
     Le istituzioni comunitarie appaiono poco sviluppate. L’autorità del consiglio comunitativo, sottoposta alla preponderante influenza degli agenti di nomina signorile, anzitutto quella, qui non solo giudiziaria, del podestà. Gli abitanti sono inoltre soggetti alle pesanti prerogative economiche “bannali” esercitate dai feudatari -- quali il pedaggio per l’uso di ponti e strade, i monopoli di vendita del vino e di macellazione attestati nel 1485 -- e agli oneri connessi con la natura cosiddetta “enfiteutica” di parte dei loro possessi.
     Ciò non significa che non riescano a sviluppare forme durevoli di azione collettiva, incentrate sul consiglio generale dei capi di casa, e di impegnare a più riprese i feudatari in lunghi confronti attorno alle norme statutarie, soprattutto in tema di amministrazione della giustizia, e alla classificazione delle terre come “feudali ed enfiteutiche”, oppure allodiali. Il contenzioso fu particolarmente vivace negli anni Settanta del secolo XVI e nuovamente tra la seconda metà del secolo successivo e il primo trentennio del Settecento [Vanara 1968-1969, pp. 22-31].
Statuti
Dei primi statuti comunali, risalenti al 1512, si ha notizia soltanto grazie ai documenti relativi alla loro riforma, avvenuta nel 1573, per intervento di arbitri pavesi eletti dai signori e dalla comunità. Questa prima riforma sembra avere riguardato essenzialmente la materia penale, mentre nel 1577 una successiva transazione fra signori e comunità sancì una revisione più generale. I testi dei capitoli riformati nelle due occasioni furono allegati rispettivamente alla sentenza arbitrale del 1573 e alla transazione del 1577 (documenti pervenutici in copie del secolo XVII e conservati presso l’A.O.M.).
     Nel 1669, i feudatari e la comunità siglarono un compromesso per dirimere nuove controversie sorte attorno alle norme statutarie, appellandosi all’autorità del vescovo di Pavia. Il testo degli statuti tornò in tal modo a essere parzialmente riformulato (lo si trova unito all’atto di compromesso in A.O.M.) [Vanara 1968-1969, pp. 25, 37-57].
Catasti
Il più antico catasto giunto fino ai nostri giorni risale al 1563 [A.C.C., Catasto (1563)]. Al secolo XVII appartiene invece un registro dei mutamenti di proprietà degli appezzamenti [A.C:C. Catasto: registro dei trasporti].
     Più numerosi risultano i materiali del secolo XVIII, tra i quali: un catasto del 1712 [A.C.C., Catasto (1712)]; documenti inerenti alla nuova “misura generale del territorio” e alla delimitazione dei confini comunali, attuate tra il 1757 e il 1767 [A.C.C, “Relazioni... sulla misura”; “Relazione per la misura”; “Atti della formazione”]. Al secolo XVIII datano inoltre un elenco di beni feudali [A.C.C., Accertamento di beni feudali] e un altro relativo a beni ecclesiastici fiscalmente immuni [A.C.C., “Ricavo de beni ecclesiastici”]. Vedi mappa.
     La documentazione ottocentesca comprende abbondante materiale sui mutamenti di proprietà avvenuti tra il 1819 e il 1897 [A.C.C., Libro dei trasporti; Domande di voltura]. Si segnalano inoltre alcune relazioni concernenti particolari categorie di terreni, redatte nel 1858 [A.C.C., “Quadro particolare”; “Quadro dei terreni censibili”; “Quadro dei terreni che risultano allibrati”].
     Per il Novecento, l’A.C.C. conserva, in particolare, volture e pratiche diverse risalenti agli anni 1897-1936, oltre a un Registro catastale del 1942-1945 [A.C.C., Finanze]. E’ inoltre presente materiale catastale in A.S.A., Catasti antichi (1501-1937).
Ordinati
Per quanto riguarda l’Antico Regime, si conservano presso l’A.C.C. gli ordinati dal 1634 al 1799, con una sola lacuna, corrispondente agli anni 1725-1730. La serie riprende nel 1814 e continua senza interruzioni fino al 1898 (dal 1845 sotto la denominazione di “deliberazioni del Consiglio”). [A.C.C., Ordinati e deliberazioni]. La documentazione novecentesca depositata presso l’A.C:C comprende infine le deliberazioni del Consiglio Comunale per i periodi 1897-1924 e 1946-1950 e le deliberazioni del podestà dal 1925 al 1945 [A.C.C., Amministrazione].
Dipendenze nel Medioevo
Le enclave astigiane di Cortazzone e di Tigliole pervennero sotto la signoria temporale del vescovo di Pavia in epoca ignota. Studi recenti suggeriscono tuttavia di collocare la data di tale evento in un periodo compreso tra la metà del secolo XI e la metà del secolo successivo. Seguendo una notizia, apparentemente attendibile, riportata in una compilazione erudita pavese del secolo XVII, Cortazzone, Tigliole e la pieve di Ponte (a sud del Tanaro, con centro nell’odierno territorio di Costigliole d’Asti) parrebbero infatti essere state donate al vescovo pavese da re Corrado, figlio dell’imperatore Enrico IV, probabilmente nel contesto della lotta con il padre per conquistarsi l’appoggio dei vescovi del regno italico, con un diploma databile al 1094 o al 1095.
     Lo stesso ambito parentale, al quale, sino alla fine del secolo XII, è riconducibile tanto la signoria su Cortazzone che quella su Tigliole, possedeva beni nel territorio corrispondente alla pieve di Ponte, sulla quale Corrado vantava diritti di successione, come parte della marca arduinica in via di disgregazione dopo la morte della contessa Adelaide nel 1091.
     Mentre nei territori meridionali, dall’inizio del secolo XII, s’impose rapidamente l’autorità dell’aleramico Bonifacio del Vasto -- all’origine, nell’area, di quella dei marchesi di Monferrato --, riducendo la giurisdizione episcopale pavese alla sola sfera spirituale, Cortazzone e Tigliole restarono soggette all’autorità politica del vescovo, pur risentendo, attraverso i secoli, dell’influenza esercitata dal comune di Asti e dai potentati che successivamente si affermarono nella regione [Forzatti Golia 2002, pp. 126-131; Settia 1992, pp.190-198; vd. anche schede Costigliole d'Asti e Tigliole].
     La prima attestazione riguardante la giurisdizione temporale della chiesa pavese su Cortazzone risale però solo al 1198, quando Alberto di Cortazzone stipulò con il comune di Asti il contratto di cittadinanza, riservandosi l’osservanza della fedeltà dovuta al vescovo di Pavia, mentre investiture feudali da parte di quest’ultimo sono documentate per un epoca ancora più tarda [Bordone 1976, p. 79; Settia 1992, p. 188 e note].
     Dalla seconda metà del secolo XIV, la sede pontificia iniziò ad affermare più direttamente sui feudi ecclesiastici la propria supremazia, cosicché, a partire da quest’epoca, investiture e devoluzioni furono talvolta disposte dalla Camera apostolica, esautorando di fatto il vescovo [Bordone, La Provincia, p. 4]. Allo stesso tempo, Cortazzone figura tra i loca et villae appartenenti al posse et districtus astensis elencati negli statuti cittadini del 1379, ossia tra le località dipendenti dalla giurisdizione astese al momento della sua massima espansione territoriale, raggiunto verso la fine del secolo precedente.
     Gli stessi statuti istituiscono in effetti una distinzione (formulata sullo scorcio del Duecento da cronisti municipali come Ogerio Alfieri, quindi rimasta sostanzialmente alla base dell’assetto territoriale dello “stato” cittadino per tutta l’epoca della contea visconteo-orleanese, tra il 1379 e il 1531, e ancora valida nei primi tempi del governo sabaudo) tra le località che fanno direttamente parte del “dominio” del comune e i luoghi, come Cortazzone, infeudato a cittadini astesi, dove “il comune o suoi cittadini possiedono un qualche diritto di giurisdizione”, sui quali la città esercita una forma più indiretta di controllo politico [Rubrice statutorum, pp. 59-60].
Feudo
Dal secolo XII è attestata la presenza di signori che recano il predicativo “di Cortazzone”. Si tratta di un ramo della casata che s’intitolava “di Cortandone”, padrona del castello di quella località, limitrofa a Cortazzone. Entro il primo quarto del secolo XIII, i signori originari sembrano ormai sostituiti da esponenti della nobiltà astese emergente, arricchitasi con l’attività finanziaria e profondamente radicata nel tessuto politico urbano, quali i due Cazio e Solaro, ai quali, nel 1223, un Gismondo di Cortandone alienò fondi e diritti che possedeva a Cortazzone. I Cazio acquistarono nello stesso anno altri possessi dai monaci del priorato della Torre Rossa. Qualche tempo dopo, nel 1228, i Cazio e i Solaro alienarono a loro volta tutti i loro recenti acquisti a Oberto Pelletta e a Gavarro di Montiglio, compreso il diritto a ricevere il giuramento di fedeltà da una parte dei capi di casa del luogo.
     Con quest’atto ebbe inizio a Cortazzone la lunga signoria dei Pelletta, potente famiglia di banchieri astigiani, i cui domini giunsero a comprendere, tra i secoli XIII e XV, diversi luoghi dell’Astigiano, situati in particolare lungo le valli del rio Cortazzone e del Rilate, percorse da importanti diramazioni stradali collegate all’asse principale Asti - Chieri - Torino. Entro il 1314, il feudo di Cortazzone si trovò in effetti completamente nelle mani di vari esponenti dell’estesa famiglia, all’interno della quale avvennero perciò le transazioni che, attorno alla metà del secolo, portarono a una maggiore concentrazione dei possessi e della giurisdizione.
     Tornati in possesso del feudo dopo esserne stati temporaneamente spodestati da Gian Galeazzo Visconti, i Pelletta ne furono nuovamente privati da papa Sisto IV nel 1472, in seguito all’accusa di omicidio caduta su alcuni di loro, con un provvedimento che riguardò anche gli altri loro feudi dipendenti dall’alto dominio della Chiesa (Cisterna e Belriguardo, Cortanze). I feudatari, appellatisi contro la sentenza pontificia, raggiunsero alla fine un compromesso con la sede romana, in forza del quale ricuperarono Cortazzone. Da questo momento, il loro dominio su Cortazzone durò ininterrottamente sino alla fine del secolo XVIII.
     A partire dalla prima metà del secolo, in seguito a successioni per linea femminile, si delinea tuttavia il prevalere di signori appartenenti a lignaggi imparentati per matrimonio e a rami collaterali della famiglia, pur fieramente osteggiato da altri membri della parentela. Nel 1790, uno dei consignori, Vittorio Amedeo Solaro di Govone, erede della madre Irene Pelletta, legò i suoi possedimenti allodiali in Cortazzone e nel limitrofo Cortandone all’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Questa decisione è all’origine del deposito e della conservazione fino ai nostri giorni di una parte rilevante della documentazione storica riguardante il feudo e il luogo di Cortazzone negli archivi dell’ordine. Il castello e il recinto, in quanto beni di natura feudale, tornarono al vescovo di Pavia [Bordone 1976, pp. 79-82; Guasco 1911; Vanara 1968-1969, pp. 1-20].
Mutamenti di distrettuazione
Il feudo di Cortazzone continuò a dipendere dall’alta giurisdizione del vescovo di Pavia e della sede pontificia fino alla caduta dell’antico regime [Bordone 1976, p. 82], nonostante le rivendicazioni di sovranità avanzate nel corso dell’età moderna dai duchi di Savoia in nome della loro autorità di vicari imperiali e di signori di Asti, nel cui contado intendevano compreso il territorio di Cortazzone e degli altri feudi delle chiese di Pavia e di Asti.
     Oltre che con un’abbondante produzione di argomentazioni giuridiche, i Savoia sostennero il loro punto di vista compiendo ripetuti “atti di possesso” della giurisdizione sui luoghi controversi, consistenti principalmente nell’imposizione di contribuzioni fiscali, lungo tutto il corso dell’età moderna [cfr. per esempio A.S.T., Copia d’Instruzione, c. 13r; A.S.T., Atti della Città d’Asti; A.S.T., Relazione del Capitano Bottis; A.S.T., Parere de’ Delegati; A.S:T., Rimostranza sopra le ragioni Corona di Savoja; A.S.T., Parere del Presidente; A.S.T., Parere delli Presidenti]. Cortazzone fu perciò coerentemente inserito nella distrettuazione provinciale piemontese come membro della provincia di Asti dal 1620, una collocazione ribadita dagli ordinamenti settecenteschi relativi alle intendenze, alle prefetture e alle assise dei giudici (1723, 1724, 1729, 1730, 1749 e 1750) [Cassetti 1996; Duboin 1818-1869, III, pp. 58, 72, 79, 98, 133, 160]. Il luogo figurava inoltre, almeno dal 1733, tra le località compresa nel Dipartimento (o Regolamento) di Asti delle Gabelle unite del Piemonte [A.S.T., Billancj per le Regie Gabelle]. L’imposizione delle gabelle fu tuttavia, anche sulla carta, parziale, al pari di quella della fiscalità gravante sulla terra.
     Sebbene, nel quadro della Perequazione generale del Piemonte conclusasi ufficialmente nel 1731, avesse sperimentato fino dal 1709 la “misura generale” del suo territorio [A.S.T, Nota Alfabetica, c. 1r], Cortazzone, come altri feudi ecclesiastici, fu infatti lasciato “tacitamente immune” dal “tasso” (l’imposta prediale ordinaria sabauda), sia pure non interamente, ottenendo comunque l’attribuzione di un carico inferiore a quello teoricamente determinabile in base al “Conto di Perequazione” [A.S.T., Stato delle Terre... tacitamente immuni, c. 23v; A.S.T., Stato d’altre Terre; A.S.T., Stato delle Terre del Vicariato Pontificio, c. 21r].
     All’interno della maglia amministrativa francese, Cortazzone seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia sabauda, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di livello dipartimentale o circondariale, avente per capoluogo Asti. Si trattò inizialmente del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, con il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1805, del dipartimento di Marengo (capoluogo: Alessandria), circondario (arrondissement) di Asti.Vedi mappa.
     Al termine della parentesi napoleonica, Cortazzone tornò, nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo alcune instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria nel 1859 [Cassetti 1996; Sturani 1995; Sturani 2001]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba 2002]. Attualmente, Cortazzone aderisce, nel quadro della Provincia di Asti, alla Comunità, quindi Unione,  collinare “Val Rilate”.
Mutamenti Territoriali
Non attestati.
Comunanze
Alla metà del secolo XVIII, il territorio di Cortazzone era coperto per circa il 20 per cento da boschi e per poco più del 5 per cento da incolti. Di questi ultimi, solo una minima frazione era di proprietà comunale e utilizzata per il pascolo comune, sebbene situata “in alpestri colline ed in terreo arido, tenace e sterile”. I boschi fornivano legna da ardere e sostegni per la viticoltura, di gran lunga la principale produzione del luogo. La legna da ardere e i legni minuti venivano anche venduti nella città di Asti [B.R.T., Relazione generale, c. 103v (p. 83), (p. 219)].
     Attorno alla stessa epoca, la titolarità di parte di questi e di altri beni risultava contenziosa. Dal 1729, infatti, la comunità denunciava l’usurpazione da parte dei feudatari di beni che considerava di sua spettanza, quali il “cerchio del castello”, alcuni appezzamenti ortivi e terreni boschivi con alberi di noce [A.S.T., Notizie informative]. Per una descrizione del patrimonio boschivo presente sul territorio di Cortazzone nel periodo della Restaurazione si veda A.C.C., “Stato generale dei boschi” .
Liti Territoriali
Non attestate. Una fonte sabauda del 1717 registra l’assenza di contenziosi pendenti tra la comunità e altri soggetti [A.S.T., Stato delle liti].
Fonti
A.C.C. Archivio comunale di Cortazzone
A.C.V.A. (Archivio della Curia Vescovile di Asti), Visitatio apostolica episcopi Sarsinatensis 1585, cc. 182v-185v (pp. 168-171).
A.S.A. (Archivio di Stato di Asti). Vedi inventario.
A.S.A., Catasti antichi (1501-1937).
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa.
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino). Vedi catalogo.
B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, cc. 103v-104v (pp. 83-84), (pp. 219, 241).
Bibliografia
Bordone, Renato, Proposta per una lettura della Corografia Astigiana dell’avvocato G. S. De Canis, Asti, Edito a cura della Cassa di Risparmio di Asti, 1977, pp. 129-131.
Bordone, Renato, “Già parrocchiale, ora campestre e minacciante rovina…”. Tracce romaniche per una storia del popolamento dell’Astigiano medievale, in Pittarello 1984, 7-11.
Bordone, Renato, La dominazione francese di Asti: istituzioni e società tra Medioevo ed età moderna, in Romano, Giovanni (a cura di), Gandolfino da Roreto e il Rinascimento nel Piemonte meridionale, Torino, Fondazione CRT, Banca CRT, 1998, pp. 16-45.
Bordone, Renato, “Loci novi” e “villenove” nella politica territoriale del comune di Asti, in Bordone 2003.
Casalis, Goffredo, Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, Torino, G. Maspero, 1833-1856, vol. V (1839), pp. 446-450. Vedi testo.
Claretta, Gaudenzio, Sulle principali vicende della Cisterna d’Asti dal sec. XV al sec. XVIII, in “Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino”, s. II, XLVIII, Torino, Carlo Clausen, 1899, pp. 165-238.
Eydoux, Ermanno, Dalla “curtis” di Azo al villaggio di Cortazzone, in “Rivista di Storia Arte e Archeologia”, a. CV (1999), pp. 31-46.
Gabotto, Ferdinando (a cura di), Le piu antiche carte dell’Archivio capitolare d’Asti, Pinerolo, Società Storica Subalpina, 1904 (BSSS XXVIII).
Guasco, Francesco, Dizionario feudale degli antichi stati sabaudi e della Lombardia. Dall’epoca carolingia ai nostri tempi (774-1901), Pinerolo, Tipografia già Chiantore e Mascarelli, 1911 (BSSS LIV-LVIII), pp. 644-645.
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Istituto Centrale di Statistica, Variazioni di territorio e di nome avvenute nelle circoscrizioni comunali e provinciali del Regno, Roma, Tipografia Operaia Romana, 1930.
Istituto Centrale di Statistica, Variazioni territoriali e di nome delle circoscrizioni amministrative e delle zone agrarie dal 1 gennaio 1939 al 31 dicembre 1949, Roma, Tipografia Fausto Failli, 1950.
Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 31 Dicembre 1881, Volume I, Parte I, Popolazione dei Comuni e dei Mandamenti, Roma, Tipografia Bodoniana 1883.
Ministero per l’Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale di Statistica, Censimento della Popolazione del Regno d’Italia al 10 Giugno 1911, Volume I, Roma 1914.
M.G.H. (Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, V, Berlino, 1957).  Vedi testo.
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Centrale di Statistica, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 24 Aprile 1931-IX, Volume II, Popolazione nei Comuni e nelle Frazioni di Censimento, Volume I, Italia Settentrionale, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1933.
Ragioni della Sede Apostolica nelle presenti controversie colla Corte di Torino, 4 voll., Roma. 1732. Vedi testo.
Rubrice statutorum Civitatis Ast per F. Garonum de Liburno, Asti 1534.
Sturani, Maria Luisa, Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Id. (a cura di), Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di geografia amministrativa, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2001, pp. 89-118.
Sturani, Maria Luisa, Il Piemonte, in Gambi, Lucio, Merloni, Francesco (a cura di), Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 107-153.
Vanara, Natale, Ricerche storico-giuridiche sul feudo e sul comune di Cortazzone, Università di Torino, Facolta di Giurisprudenza, Tesi di laurea in Storia del diritto italiano, a.a. 1968-1969.
Descrizione Comune
Cortazzone
          Come per altri feudi controllati dalla potente casata astigiana dei Pelletta, l’inquadramento sovralocale di Cortazzone fu anzitutto quello di una rete signorile che si estese tra i secoli XIII e XV su diversi luoghi dell’Astigiano, in particolare sulle valli dei torrenti Cortazzone e Rilate. Indubbiamente, i Pelletta non pervennero a costruire una signoria territoriale paragonabile a formazioni politiche autonome, con potenzialità quasi-statuali, quali il contado di Cocconato e il marchesato di Incisa. L’impronta del lungo dominio signorile, scarsamente controbilanciato dai poteri con sede nella città di Asti - dapprima quello del comune e, in seguito, quello della contea visconteo-orleanese e sabauda -, dei quali Cortazzone, feudo ecclesiastico, subì solo in maniera esterna e assai indiretta la supremazia regionale, condizionò tuttavia durevolmente gli sviluppi politici locali, contribuendo a differenziarli da quelli sperimentati da centri vicini, direttamente soggetti alla città e organizzatisi tra il XII e il XIII secolo secondo i modelli pubblicistici promossi dal regime comunale [cfr. Bordone, “Loci novi”].
        Il rapporto degli abitanti di Cortazzone con i loro signori si riassume in un secolare confronto, che, dal secolo XVI al secolo XVIII, alternò momenti accesamente conflittuali e momenti di provvisorio accordo negoziale, intorno alle onerose condizioni e restrizioni del possesso non nobile, largamente gravato da vincoli definiti come “enfiteutici”. Poiché la giurisdizione feudale era sottoposta soltanto alla lontana supremazia del vescovo pavese e del papa - puntigliosa ed efficace nel respingere i tentativi d’ingerenza compiuti dai duchi di Savoia, ma debole sul piano del controllo interno, dove si limitava perlopiù ad assumere un ruolo arbitrale - gli esiti di tale confronto erano pressoché interamente demandati al gioco delle forze interne. Le istituzioni comunitarie, in primo luogo il Consiglio di comunità appaiono poco sviluppate e manipolabili dagli agenti del feudo, in particolare dal podestà. Ancora nel secolo XVIII i consiglieri erano vitalizi e appartenevano alle famiglie più saldamente inserite nella clientela dei feudatari e cointeressate allo sfruttamento delle loro pesanti prerogative bannali [A.S.T., Notizie informative]. Quanto al contenuto delle riforme statutarie del 1573-1577 e del 1669, esso non riguardò il potenziamento e l’autonomia degli organi della comunità, ma un limitato alleviamento dell’esercizio dei poteri giudiziari e coattivi dei signori. Le richieste e le rivendicazioni dei possessori di Cortazzone si esprimevano attraverso rappresentanze negoziate di volta in volta con i signori, quasi sempre espresse dal Consiglio generale dei capi di casa [Vanara 1968-1969, pp. 23-24, 30-31, 37-57].
     Il tentativo di arrivare quanto meno a una chiara distinzione tra i beni tenuti dagli abitanti in piena proprietà allodiale e quelli tenuti a titolo “enfiteutico” emerse già nel 1576, in corrispondenza con le prime riforme statutarie, quando “gli uomini di Cortazzone” sollecitarono la formazione di un “registro” separato dei beni definiti “enfiteutici” [Vanara, 1968-1969, pp. 73-74]. La contesa raggiunse il suo acme durante i primi decenni del secolo XVIII, quando la causa dei possessori non nobili trovò un sostegno nella parrocchia e nei rappresentanti dell’autorità sabauda, ansiosa di affermare la propria sovranità sul luogo, promuovendo atti di giurisdizione e indebolendo l’arbitrio signorile. I rappresentanti della comunità e lo stesso feudatario cercarono entrambi a quest’epoca legittimazione presso le magistrature torinesi, in primo luogo, il Senato. Da parte sua, l’intendente di Asti intervenne ordinando nel 1725 la sospensione del pagamento degli onerosi censi dovuti dai supposti “enfiteuti” ai signori [A.S.T., Notizie informative; Vanara 1968-1969, pp. 25-26]. Attraverso le carte dell’intendenza si colgono gli abitanti di Cortazzone mentre denunciavano anzitutto il carattere recente e abusivo di alcune imposizioni, quali il divieto di dividere tra fratelli i beni paterni, se non con il permesso dei signori e mediante un arbitrario aumento dei canoni di “ricognizione enfiteutica”, o l’usurpazione delle comunaglie. Sembra di assistere, in questa prima metà del Settecento, a una sorta di “reazione signorile”, in cui l’ottimizzazione dei meccanismi dell’economia del prelievo si appoggiava alla riesumazione antiquaria degli antichi titoli del possesso e della giurisdizione sul luogo. I feudatari produssero infatti concessioni denominate “enfiteutiche” risalenti al 1359 e investiture del primo Trecento, in cui i loro antenati riconoscevano dinanzi al vescovo di Pavia lo statuto feudale di tutti i beni posseduti nel territorio di Cortazzone [Vanara 1968-1969, p. 76]. Per contro, gli uomini della comunità si sforzavano ormai di dimostrare la natura allodiale di tutte le terre di Cortazzone: da un lato, cercando di documentare il fatto che i feudatari avevano sempre fatto libero “commercio” dei loro beni dominicali; dall’altro, argomentando in favore di un’equiparazione con la piena proprietà del secolare godimento dei propri fondi [A.S.T., Notizie informative; Vanara 1968-1969, p. 74].
     Il contenzioso locale era potenzialmente produttore di mutamenti in direzione di un progressivo assorbimento di Cortazzone nelle maglie dello stato regionale sabaudo. Ma la scelta dell’arena delle magistrature piemontesi non era esente da ambiguità: come adombrano nel 1729 alcune osservazioni dell’intendente di Asti, se la popolazione era pronta ad attivarla per contrastare le prepotenze signorili, si rivelava assai meno disposta a sopportare il peso della fiscalità e dell’ingerenza amministrativo-contabile delle nuove autorità [A.S.T., Risposte alle Notizie]. I protagonisti locali avrebbero raggiunto un parziale compromesso, prima della fine della caduta dell’antico regime, in forza del quale, nel 1739, il principale feudatario, la contessa Irene Pelletta Solaro di Favria, acconsentì a una riduzione di un terzo dell’ammontare dei censi e a partecipare al pagamento dei carichi fiscali addossati alla comunità [Vanara 1968-1969, p. 77].