Sardigliano

AutoriLeggero, Roberto
Anno Compilazione2002
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
21 (1991).
Estensione
1262 ha (ISTAT); 1332 ha (SITA).
Confini
A nord Gavazzana, Sant'Agata Fossili e Castellania, a nord-est Garbagna, a est Borghetto di Borbera, a sud Stazzano, a ovest Cassano Spinola.
Frazioni
Cuquello, Malvino, Bavantore, Bavantorino, Giusolanella. Tra le attuali frazioni di Sardigliana particolare importanza hanno, per il loro passato, Cuquello, Malvino e Bavantorino. Vedi mappa.
Toponimo storico
Sardelanus [Le carte dell’Archivio capitolare, vol. I, doc. 210, p. 245 del 1203]; Sardiglianus (Le carte dell’Archivio capitolare, vol. II, doc. 258, p. 297 del 1210); Sardelianus (Le carte dell’Archivio capitolare, vol. II, doc. 682, p. 402 del 1251).
Diocesi
Tortona. La diocesi di Tortona, nel corso del XIX secolo, fu soppressa per alcuni anni. Nel 1803 la diocesi veniva eliminata e conferita a quella di Alessandria (costituita ex novo nel XII secolo durante la lotta contro Federico I e a cui Tortona aveva dovuto cedere una parte dell’antico distretto ecclesiastico). Nel 1805, però, la diocesi di Alessandria (e dunque anche quella di Tortona) passava alla sede episcopale di Casale. Nel 1817, infine, «previo accordo» con Vittorio Emanuele III, papa Pio VII ricostituì la diocesi di Tortona, distaccandola dalla provincia ecclesiastica di Milano e inserendola in quella di Genova (Goggi 1973).
Pieve
San Pietro di Cassano.
Altre Presenze Ecclesiastiche
A Sardigliano la chiesa di S. Maria (parrocchiale dal 1675 dopo il distacco da Cuquello [Guida del Tortonese 1977, p. 315]); a Cuquello la chiesa di S. Secondo e S. Bernardo abate (parrocchiale), dalla quale nel 1800 fu separata la parrocchia di Vargo (Guida del Tortonese 1977, p. 315); la chiesa di S. Fedele e oratorio di S. Antonio a Malvino, la cui giurisdizione si estendeva anche su Bavantore e Bavantorino; monastero benedettino di Bavantore (scomparso in epoca imprecisata, probabilmente già nell’XI secolo.
     Sembra improbabile, alla luce delle ricerche di Settia sulla presenza saracena in Piemonte l’ipotesi di Merloni che suppone il cenobio distrutto dalle incursioni saracene) e oratorio di S. Rocco (Disciplinati).
Assetto Insediativo
Adagiato nei pressi del torrente Predasso, Sardigliano si articola nei tre centri (un tempo autonomi) di Sardigliano, Cuquello e Malvino. A 19 Km di distanza da Tortona Sardigliano si trova nella zona meridionale del Vescovato, un’area di confine che divideva, in età moderna, lo stato di Milano dalla repubblica di Genova. L’altitudine del territorio è compresa tra i 210 e i 528 m (246 m l’altezza media).
     Tra le frazioni Cuquello, posta com’era al limite meridionale delle terre del Vescovato, fu uno dei possessi dei Rampini (1408; Goggi 1973, p. 203), potente famiglia originaria di S. Alosio. Cuquello si trovava in una posizione di confine tra le terre del ducato di Milano e quelle della repubblica di Genova. Nel 1557 il principe Andrea Doria chiese al Senato di Milano di installare una commissione per regolare i confini tra il territorio di Vargo, suo feudo, e il territorio di Cuquello, feudo del vescovo di Tortona (AST, Paesi di nuovo acquisto, Tortonese, mazzo 21, n. 1 [1176-1714]). Cuquello compare nella grande inchiesta dello stato di Milano del 1723, quando i rappresentanti del comune si recano a testimoniare a Serravalle circa lo stato della comunità, davanti al «delegato cesareo» (ASM, Confini, Parti cedute, 16). Anche Malvino fu uno dei possessi dei Rampini (ed anch’esso incastellato), ad essi conferito come Cuquello ed altre località, nel 1408. Malvino confinava, nel 1723 con Bavantore, Sorli, Cuquello e Giusolana (ASM, Confini, Parti cedute, 16, fasc. Malvino). Di grande interesse sono anche le comunità di Bavantore (l’antico «castrum Bavantoris») e Bavantorino. I nomi delle località, la presenza di strutture difensive, lasciano supporre che si sia determinato il caratteristico fenomeno medievale di duplicazione dell’abitato. Generalmente la località indicata con il diminutivo è quella nata per ultima e raramente tali fenomeni si producevano spontaneamente. Il fatto che a Bavantore esistesse una cella del monastero di Bobbio, divenuta il «magnum coenobium Bavantoris» (Guida del Tortonese 1977, p. 316; Goggi 1973, p. 203) lascia supporre un complesso intreccio di forze locali e una dialettica tra la sede episcopale tortonese, le comunità, e il monastero che avrebbe portato ad una precisa scelta strategica: quella della costituzione di un nuovo insediamento, appunto. Si può solo azzardare l’ipotesi che motore dell’operazione possa essere stato il presule tortonese. Anche Bavantore e Giusolanella compaiono nella documentazione settecentesca relativa alla ricognizione dei beni dello stato di Milano del 1723 (ASM, Confini, Parti cedute, 16).
Luoghi Scomparsi
Nessuno rilevabile dalla documentazione esaminata.
Comunità, origine, funzionamento
Le prime attestazioni della presenza della comunità sono riferibili al XIII secolo (Le carte dell’Archivio capitolare, vol. I, doc. 210, p. 245). Anche Sardigliano disponeva, come ogni comunità del Vescovato, di una credenza elettiva annuale composta, in genere, da tre consoli (Merloni 1993, p. 128). Secondo quanto afferma Merloni «per le questioni di interesse generale, riguardanti tutto il territorio dell’Episcopato o quando si trattava di difendere i diritti comuni minacciati, si riuniva in Carezzano o in altra località di quel dominio, un’assemblea generale dei credenziari. In quella sede, talvolta, veniva eletto un procuratore speciale nella persona di un uomo di legge, al quale veniva affidato l’incarico di trattare con la controparte nell’interesse del Vescovato» (Merloni 1993, p. 128). La consistenza demografica di Sardigliano – inteso nel senso del comune attuale – era notevole.
     Secondo le informazioni raccolte da Merloni per il 1655, tra Sardigliano, Cuquello, Malvino, Bavantore e Giusulana, i «fuochi» ammontavano a 112 (Merloni 1993, pp. 130-131). Nel 1723, il solo comune di Sardigliano aveva 223 abitanti.
Statuti
Sono perduti gli statuti del Vescovato, dove peraltro si ricorreva non solo agli Statuti che regolavano l’intera enclave vescovile ma si utilizzavano anche quelli di Tortona per certe particolari procedure (Statuta civitatis Derthonae, Mediolani 1573; A.V.T.,, Volumi Privilegi-Statuti, nn. 6 e 9).
Catasti
ASM, Confini, Parti cedute, 11, fasc. Catastro del Perticato Ecclesiastico del Contado di Tortona estratto dall’Archivio della Regia Camera; molto interessante la vertenza che occorre, nel 1727, tra le «terre piccole» e le «terre grosse» (tra le quali era compreso il Vescovato) circa il problema del pagamento delle tasse relative al «censimento» da farsi (le terre piccole vogliono pagare per quota e quelle grosse per perticato (ASM, Confini, Parti cedute, 18, fasc. Inter diversas Communitates Comitatus Derthone super diversa methodo Repartiendi Impositionis). Interessanti sono anche i Processi di seconda stazione per il bobbiese il tortonese e il vigevanasco (ASM, Confini, Parti cedute, 31) che presentano un resoconto dei livelli e delle proprietà comuni, i censi pagati dalle comunità e le entrate dei «particolari» delle comunità stesse. Dalla documentazione risulta che i comuni del Vescovato – e segnatamente Sardigliano – non disponevano tutti, all’inizio del XVIII secolo, di catasto: «il perticato del territorio non si puole accertarre per non esservi catastro ma solo il libro delestimo [...] imperfetto di somma» (ASM, Confini, Parti cedute, 16 bis., fasc. Sardigliano).
     Nel 1723 i rappresentanti del comune di Malvino si recano a testimoniare circa lo stato della comunità. In quell’occasione il delegato accertò che il «libro» (dell’estimo) presentato al suo ufficio era vecchio poiché riportava le misure eseguite nel 1645 e dunque non si poteva stabilire il perticato del territorio comunale.
    Catasto teresiano (1723) [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto teresiano, Allegato A. Mappe catastali teresiane, Circondario di Tortona, Mandamento di Villavernia,  Sardigliano, Mazzo/Portafoglio 120/2, Territorio di Sardigliano pieve di Sarzano contado di Tortona misurato dal geometra Giovanni Triebl in occasione della misura generale del novo censimento dello Stato di Milano, principiata il giorno 14 luglio e terminata il giorno 29 medemo. Coll'assistenza di Carl'Antonio Quata, Domenico Cremonte in vece del Console, Tomaso Cremonte, Antonio Casale e Matteo Gatto. Copiata dalli dissegnatori Francesco Pichinino, Giovanni Battista Moltino e Giuseppe Plodes in fogli 8. Anno 1723, Fogli 1-8]. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3. Vedi mappa 4. Vedi mappa 5. Vedi mappa 6. Vedi mappa 7. Vedi mappa 8.
Ordinati
Nessuna notizia.
Dipendenze nel Medioevo
Sardigliano era inserito nel territorio del Vescovato, comprendente quindici «terre» e dipendente direttamente dal vescovo di Tortona fin dal XII secolo.
Feudo
Sardigliano apparteneva al Vescovato di Tortona e come tale l’alta signoria sul comune spettava all’ordinario diocesano tortonese. Localmente si sviluppò, secondo quanto afferma Merloni, la signoria territoriale dei de Sardigliano. Il vescovo Giacomo Calcinara (1295-1311 e non 1313 come ritiene Merloni) investì la sua stessa famiglia della località anche se è possibile che, come accade a S. Alosio con i de S. Alosii-Rampini, i de Sardigliano siano un ramo dei Calcinara, cosa che confermerebbe la potenza del gruppo familiare. Fino al 1413 Sardigliano rimane salda proprietà dei Calcinara; sarà il vescovo Enrico Rampini a investire della località nel 1425 il fratello Urbano. Nel XVII secolo estinti i Rampini Sardigliano passerà ai Gambarana (Merloni 1989, p. 162) Dai Gambarana passò poi alla famiglia Carbonara (Goggi 1973, pp. 367-368).
Mutamenti di distrettuazione
Sardigliano apparteneva al distretto territoriale del Vescovato (l’antica enclave, ricavata all’interno del contado urbano), sul quale il vescovo di Tortona esercitava l’alta signoria. Tale appartenenza rimase pressoché immutata nel corso del tempo tranne quando, tra il 1597 ed il 1613, Sardigliano ed altre località del Vescovato vennero temporaneamente affidate al vescovo di Lodi, ritornando infine nella disponibilità dell’ordinario diocesano di Tortona. Soltanto nel XVIII secolo (9 gennaio 1784) il Vescovato, e Sardigliano con esso, passerà al Regio Patrimonio di Casa Savoia, essendo stato ceduto dal vescovo di Tortona, Carlo Maurizio Peiretti, contro il titolo di principe di Cambiò. Durante l’occupazione francese il comune, si trovava inserito nel dipartimento di Genova.
Mutamenti Territoriali
Le trasformazioni del territorio di Sardigliano sono dovute agli accorpamenti che, nel corso del tempo, hanno interessato questa comunità originariamente assai più piccola e il cui territorio era notevolmente diverso dall’attuale. Un punto fermo della ricostruzione del territorio del comune è la grande inchiesta promossa dallo stato di Milano nel 1723; secondo tale inchiesta, il territorio di Sardigliano era, a quel tempo, «confinante a matina con Cuquello e Vargo mediante termini dividenti a mezzogiorno Stazano a sera con Cassano Spinola et a niuna ora con Gavazzana e Giusolana mediante termini come sopra». Secondo il teste che parla a nome della comunità, Andrea Felorio figlio del fu Joseph di 50 anni, Sardigliano non ha controversie con altre comunità per questioni di confine, anche se egli segnala che la comunità non ha «cassine […] da sé divise fuor che una che è di ragione di Angelo Maria Vaccari e di Giacomo Andrea Ferrari abitanti nella terra di Giuslana, ma tal cassina di presente non è abitata». Come si può notare dalla dichiarazione riportata, la linea espansiva del territorio comunale punta decisamente verso nord-est; essa, però, si determina soltanto con l’accorpamento di Cuquello e Malvino (a cui seguono Bavantorino e Bavantore), che si trovano, poi, lungo lo stesso rio Predasso che scorre accanto a Sardigliano. Ma questi accorpamenti sono estremamente recenti e riferibili alle decisioni prese in epoca fascista. In particolare l’unione di Malvino a Sardigliano risale al regio decreto del 1926 (Goggi 1973, p. 203) mentre quella di Cuquello sarebbe di poco successiva (1928, Guida di Tortona 1977, p. 199). All’inizio del XVIII secolo il territorio del comune di Sardigliano non è quantificabile perché la documentazione non presenta alcuna stima. Dalle stesse fonti però sappiamo che Cuquello aveva 2876,8 pertiche di territorio, Bavantore (ancora comune autonomo) con Bavantorino pertiche 6803,23 e Malvino 4107,8 (Merloni 1993, pp.131-132).
Comunanze
Secondo quanto dichiarato da Andrea Felorio, rappresentante della comunità di Sardigliano, al «delegato cesareo» nel 1723: «il comune non possiede né beni né veruna entrata» (ASM, Confini, Parti cedute, 16 bis, fasc. Sardigliano). Il comune di Malvino, invece, nella medesima occasione dichiarava, per bocca di Andrea de Comitibus, «la nostra comunità possiede molti pezzi di terreno ma sterile [...] vi sono dei livelli [...] vi sono due mulini» (ASM, Confini, Parti cedute, 16, fasc. Malvino).
Liti Territoriali
Nel 1557 il principe Andrea Doria chiese al Senato di Milano di installare una commissione per regolare i confini tra il territorio di Vargo, suo feudo, e il territorio di Cuquello (allora comune autonomo ma dal XX secolo facente parte di Sardigliano) feudo del vescovo di Tortona [A.S.T., Paesi di nuovo acquisto, Tortonese, Mazzo 21, n. 1 (1176-1714)]. Liti analoghe tra i Doria e le comunità del Vescovato che si trovavano ai confini dei possedimenti del presule tortonese, sono registrate anche per Castellania che nel 1723 aveva probabilmente appena definito una controversia con Garbagna (feudo dei Doria) o Stazzano che invece aveva ancora in corso, nel 1723, una lite con la comunità di Vargo.
Fonti
Fonti edite
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Cronaca di Tortona, a cura di L. Costa, Torino 1814 (rist. anast. a cura di Rozzo U., Tortona 1986).
 
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Fonti inedite
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B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
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Descrizione Comune
Sardigliano
     Le parole di Berruti illuminano la situazione di Sardigliano sia per il momento stesso in cui Berruti scrive (alla fine del secolo XVI ) sia per ciò che attiene il passato:
 
Sardilliano, qual in gran preiudicio dila serenissima madama et di la città il reverendissimo vescovo non mancha procurare voler sij membro et una dile terre di lo Episcopato, et già lo usurpa, et li feudatarij di esso loco li aderiscono per le ragione sopra adute contra Santo Alosio, ma se ingana, poi che esso luoco non ha che far col vescovato, me è tuto e per tuto diviso et segregato da esso, quantunque confini.
 
Egli infatti desidererebbe dare maggior forza alle pretese della città di Tortona di essere la vera detentrice dell’alto dominio su Sardigliano ma, mentre nel caso di S. Alosio (a cui, come riportato poco oltre, Berruti accenna) potevano esserci i motivi per una rivendicazione, il caso di Sardigliano non lo consente, e tuttavia Berruti tenta lo stesso di dimostrare la dipendenza di Sardigliano dalla città:
 
[V]a, vedi ale tavole de cavali che troverai esso loco, como comune separato, essere taxato da per sé cum il resto de li luochi destrictualli, et si regulla cum li altri luochi dil distreto; et li patroni l’hano habuto da la città cum le debite reserve. Et in tasa uno cavallo et uno quarto, et fori di la tassa de li 32 cavali dil vescovato. Li stessi patroni hano sempre reconosciuto la città. Et le loro cause, activamente et passivamente, si cognoscono per li iudici et magistrati di la città, como per molti processi civili e criminalli in canzelaria, et etiam dio rispetto al civile presso di me in causa agitate de carichi tra li homini et li patroni de li anni 1562 et 1563, a quali mi rimeto.
 
Tuttavia, neppure l’esperienza personale di Berruti è sufficiente a provare l’alto dominio di Tortona su Sardigliano, tant’è vero che lo scrittore tortonese è costretto ad ammettere:
 
anco che da pochi anni in qua il vescovo habij severamente procesato uno dei patroni per certe ferite date a uno del vescovato, et li iudici di Sua Alteza, anchor che io intesi chiodesero gli ochi per non dispiacer al vescovo; tutavia uno fior non fa prima vera, né uno solo ato po’ aportar pregiudicio la città né a sue ragioni» (Berruti 2001, p. 143).
 
     Nonostante quanto scrive Berruti alla fine del XVI secolo, la città di Tortona non aveva alcuna possibilità di contestare l’alta signoria del vescovo sul comune di Sardigliano che, infatti, si trovava pienamente inserito nel Vescovato. A Sardigliano, del resto, si era sviluppata la potente famiglia dei de Sardigliano che da quel territorio trarranno la propria forza politica, arrivando, all’inizio del XIV secolo, ad occupare la cattedra episcopale di Tortona con un loro familiare. Se su tutte comunità del Vescovato la cattedra episcopale tortonese non “mollava la presa”, tentando anzi, se possibile, di estendere il proprio territorio (come testimoniato anche da Berruti nel caso di Carezzano Maggiore), sull’area meridionale dell’enclave episcopale (comprendente, oltre a Sardigliano, anche Malvino, Cuquello, Bavantore e Stazzano) si esercitava una particolare attenzione del presule. Correvano lungo questa zona, infatti, i limiti del Vescovato mentre, di fronte ad esso, stavano comunità sulle quali esercitavano la signoria locale le potenti famiglie genovesi. Ed infatti tutti i comuni del Vescovato che abbiamo citato (e che oggi, con l’eccezione di Stazzano, sono inseriti nel comune di Sardigliano) erano località incastellate. Ciò indica certamente lo sviluppo di poteri signorili locali, ma risponde anche ad un intento di fondo della cattedra episcopale tortonese la quale ha bisogno di mantenere intatto il prestigio della sua presenza sulle popolazioni locali e ciò era ottenibile anche attraverso l’incastellamento. Perciò l’appoggio alle signorie locali rientra nel preciso disegno di vescovi di Tortona i quali, infatti, come ci dice Berruti, sono decisissimi a difendere gli uomini del Vescovato.
     Gli accenni che Goggi fa alla struttura antica del comune di Sardigliano («gli abitanti di questo luogo dicono che l’antico paese era più ad est dell’attuale, sopra un’area divisa da questa da un profondo non antico fosso. Mostrano ancora un palazzo che dicono essere stato di una contessa Gambarana, ed assicurano che sulla collina a sud del paese vi era una torre detta la Reguardata, la quale essendo rovinata fu distrutta pochi anni orsono» [Goggi 1973, p. 367]) e le considerazioni di Merloni circa la sopravvivenza del toponimo «castello» (Merloni 1989, p. 162) inducono a ritenere che l’abitato di Sardigliano fosse esso stesso dotato di strutture di fortificazione ancorché oggi non più evidenti.
     La differenza d’importanza tra Sardigliano ed altri luoghi del Vescovato si mostra anche dalla «apprensione» fatta dagli ufficiali che per volere dell’amministrazione spagnola, nel novembre del 1596, di trasferiscono la comunità di Carezzano e altre «terre» del presule tortonese al vescovo di Lodi. Juan Ferdinando de Velasco, conestabile di Spagna, scrive agli ufficiali incaricati di procedere all’«apprensione da farsi» in nome della Regia Camera, onde riaffermare la supremazia della corona spagnola sulle pretese del vescovo di Tortona. In tale occasione la burocrazia produce un documento specifico per il giuramento degli homines capifamiglia di Sardigliano e di Stazzano mentre gran parte delle altre comunità del Vescovato giurano assieme (Aprehensio possessionis loci Sardiliani (…) et cum iuramento fidelitatis hominum dicti loci in ASM, Feudi Camerali, Parte antica, 138).
     Se vogliamo dare ascolto di nuovo a Berruti, Sardigliano poteva vantare una produzione agricola notevole dal punto di vista qualitativo: «fa bonissimo vino di ogni sorte, formenti boni, castagne et il miglior formagio pecorino che si mangi» e, anche se non è possibile determinare con precisione il perticato del comune, dalla testimonianza del 1723 di Andrea Felorius sappiamo che esso era tutto in collina («non so in quanto perticato consista il territorio […] so bene che la situazione dei terreni rimane tutta in collina» ASM, Confini, Parti cedute, 16 bis, fasc. Sardigliano) e, sulla base delle coerenze espresse nella medesima testimonianza, possiamo immaginare che esso si aggirasse intorno alle 3000 pertiche. Merloni infatti stima in 3557,15 pertiche il territorio di Sardigliano nel 1723 mentre la consistenza demografica dell’abitato si aggirerebbe sui 223 abitanti (Merloni 1993, p. 135). Le riflessioni di Merloni, però, sembrano in contrasto con quanto affermato da Berruti per ciò che attiene alla bontà dei terreni e dei prodotti agricoli di Sardigliano poiché, dalle riflessioni dello studioso tortonese, emerge piuttosto un’immagine negativa del territorio del Vescovato e delle sue capacità produttive.
     È vero che tali considerazioni sono state sviluppate sulla base della documentazione del XVIII secolo mentre Berruti scrive ben prima, tuttavia sembra strano che il territorio comunale abbia perduto le sue capacità produttive. Per quanto riguarda, poi, la consistenza demografica per le diverse comunità del Vescovato componenti l’attuale comune di Sardigliano, secondo i dati di Merloni per il 1592, Malvino disponeva di 184 ab., Bavantore e Bavantorino di 165, Giusolanella di 20, Cuquello di 333 e Sardigliano di 138. Nel XIX secolo, comunque, anche Sardigliano compare tra i comuni in deficit tra quelli dell’ormai ex Vescovato. Le sue spese ordinarie ammontano a 178,02 franchi e le entrate a 147 franchi. Purtroppo per Sardigliano l’amministrazione francese che, nel 1809, distribuisce gli aiuti alle comunità in difficoltà, non ritiene di dover appianare completamente il deficit di Sardigliano e concede soltanto 26 franchi all’amministrazione comunale.
     Vale, infine, la pena di soffermarsi sul momento nel quale veramente il territorio comunale cambia aspetto e cioè durante il ventennio fascista: le aggregazioni di età fascista e gli accorpamenti decisi dall’alto dalla burocrazia dell’epoca non raggiunsero, nella stragrande maggioranza dei casi, l’effetto voluto di consolidarsi nel tempo, dando spesso vita, invece, a liti sotterranee e ripicche. L’aggregazione di Malvino e Cuquello a Sardigliano, invece, riesce molto bene e non svanisce con la fine del regime: evidentemente le tre comunità erano veramente coerenti dal punto di vista territoriale e amministrativo.