Berzano di San Pietro

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2003
Anno RevisioneIn aggiornamento
Provincia
Asti
Area storica
Contado di Cocconato; Basso Monferrato. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3.
Abitanti
354 [censimento 1991] / 406 [censimento 2001].
Estensione
Ha. 742 [ISTAT] / ha. 723 [SITA].
Confini
Albugnano, Aramengo, Casalborgone, Cinzano, Moncucco Torinese.
Frazioni
Le fonti ISTAT segnalano la presenza di un unico “centro” insediativo, che raccoglie i due terzi della popolazione, con il restante terzo distribuito in “case sparse”. Vedi mappa.
Toponimo storico
E’ documentata, nel 1148, la voce Brisianum [Durando 1908, doc. 6]. Il comune ha assunto la denominazione “Berzano di San Pietro” dal 1863 [Ministero 1889, p. 3].
Diocesi
Almeno dal secolo XIV, risulta essere Ivrea. Nel 1803, Berzano venne incorporato nella diocesi di Torino [Vd. Pieve]
Pieve
Dal Liber decimarum della diocesi di Ivrea per gli anni 1368-1370  si desume che la Ecclesia Breczani dipendeva allora dalla plebs S.ti Sebastiani (San Sebastiano da Po), dedicata ai Santi Maria e Cassiano, nota anche come “pieve d’oltre Po”, in quanto comprendeva le chiese della diocesi eporediese situate sulla riva destra del fiume.
     Dopo il tramonto dell’ordinamento plebano, queste chiese furono organizzate nel vicariato d’Oltre Po, avente per capoluogo la parrocchiale di Casalborgone. Nel 1803, nel quadro della complessiva ridefinizione territoriale delle diocesi piemontesi imposta dal governo napoleonico, vennero scorporate dalla diocesi di Ivrea e aggregate a quella di Torino [Vignono, Ravera 1970, p. 27, 63 e 94-97]. Alcuni studiosi hanno congetturato che la pieve di San Sebastiano, non attestata prima del secolo XIV, fosse il frutto di uno smembramento, avvenuto probabilmente nel corso del secolo precedente, dalla pieve vercellese di Industria (nell’odierno territorio di Monteu da Po), a favore della diocesi di Ivrea. Secondo questa ipotesi, la cessione delle chiese dell’Oltre Po da Vercelli a Ivrea potrebbe essere caduta negli anni (1209-1249), in cui la sede vescovile eporediese era controllata da esponenti della famiglia dei San Sebastiano, signori del territorio poi assegnato alla pieve omonima [Settia 1970, p. 73, nota 475 e pp. 98-99; Savio 1899, p. 581]. Ricerche più recenti inducono tuttavia a far ritenere non sufficientemente suffragata e poco plausibile questa ipotesi [Settia 1991, p. 280; vd. anche schede Casalborgone, Monteu da Po e San Sebastiano da Po].
Altre Presenze Ecclesiastiche
La ecclesia Breczani attestata intorno al 1370 [Vd. Pieve] corrisponde probabilmente alla ecclesia parochialis antiqua S.ti Petri menzionata, ad esempio, nella visita pastorale condotta dal vescovo Ottavio Asinari alla metà del secolo XVII. A quest’epoca, la chiesa appariva ubicata in posizione collinare, a poca distanza dall’abitato [Vignono e Ravera 1970, p. 64].
     Nel Liber decimarum del 1368-1370 figura anche la ecclesia Romaneti [Vignono, Ravera 1970, p. 27], sita nel luogo scomparso di Romaneto. Dedicata a San Giovanni Battista, nella visita pastorale citata era anch’essa definita parochialis antiqua. Entrambe le chiese risultavano allora associate a luoghi di sepoltura per i parrocchiani di Berzano. In seguito all’abbandono, prima della fine del secolo XIII, di Romaneto e del primitivo insediamento di Berzano a favore di una nuova localizzazione dell’abitato, era stata in effetti edificata una nuova chiesa, dedicata a entrambi i santi titolari delle vecchie parrocchiali. Alla metà del Seicento, benché risultasse insignita della dignità di “prevostura” e vi si amministrassero regolarmente i sacramenti e le altre funzioni parrocchiali, essa non era ancora stata consacrata. Inoltre, per consuetudine, i nuovi prepositi di Berzano solevano prendere possesso della loro cura nella chiesa antica di San Giovanni, una circostanza che testimonia del perdurante prestigio del luogo di culto [Bordone 1984, 10; Settia 1975b, p. 284; A.C.B., Convenzione tra la Comunità ed il Signor Don Lorenzo Viariglio; B.R.T., Relazione generale, (p. 236)].
     La dedicazione della parrocchiale ai Santi Pietro e Giovanni Battista, documentata almeno dalla metà del secolo XVI, appare più tardi sostituita da quella ai Santi Carlo e Grato, invalsa in coincidenza con una risistemazione dell’edificio operata nel 1754, a spese della comunità, del prevosto e del feudatario di Berzano e di Castelvaio, il conte Giuseppe Maurizio Turinetti. Tra il 1815 e il 1830 circa, essa riassunse tuttavia l’originaria denominazione, che ha mantenuto fino ai giorni nostri [Bordone 1977; Bosio 1872, pp. 169-70; Casalis 1833-1856].
     La cappella campestre intitolata a San Grato, “nel luogo di Castelvaio”, è ricordata nella visita Asinari come sottoposta alla giurisdizione della parrocchia di Berzano [Bordone 1977, p. 72; Settia 1975b, p. 270]. Nel territorio di Berzano, infine, la canonica di Santa Maria di Vezzolano possedette beni o diritti non specificati almeno dal 1148 (come attesta la bolla indirizzatale in quell’anno da papa Eugenio III). La presenza fondiaria vezzolanese a Berzano, in particolare nella forma di terre cosiddette “enfiteutiche”, risultava ancora rilevante nel secolo XVI, mentre nel 1753 è documentato il possesso di terre “feudali” [Motta 1933, pp. 159, 168; Settia 1975a, pp. 152-58, 160].
Assetto Insediativo
L’odierna localizzazione del centro abitato di Berzano di San Pietro è il risultato dell’abbandono e della confluenza in un luogo intermedio, fortificato, di due precedenti insediamenti, Berzano e Romaneto, avvenuti prima della fine del secolo XIII, nel contesto dei conflitti che opposero i signori di Berzano e il comune di Chieri [Bordone 1984, p. 10; Settia 1975b, p. 284; vd. anche scheda Chieri].
       L’assetto insediativo rimase stabilmente accentrato fin verso il
secolo XIX , nonostante la comparsa, nel corso della prima età moderna di masserie isolate nel territorio [Vd. per esempio A.C.B., Instrumento di vendita dalla Comunità; A.C.B., Scritti d’affittamento di massaria]. Nel 1753, secondo quanto scriveva l’intendente di Asti, Berzano era “luogo situato in collina e non diviso in borgate” [B.R.T., Relazione generale, c. 47r (p. 24)]. Analoga la situazione rilevata dai funzionari incaricati della Perequazione generale del Piemonte (conclusasi nel 1731), che non avevano omesso di segnalare però la presenza nel territorio del complesso di Castelvaio:
"Bersano è luogo unito a risalva solamente d’alcuni fuochi dispersi per il Territorio, e una Torre, con una Cassina, e diversi beni, detta la Torre di Castel Vaijo” [A.S.T., Registro delle notizie].
    
     Alcuni dei censimenti otto- e novecenteschi elencano invece una località più unità con propria denominazione all’interno del comune. Nel censimento del 1881, accanto al capoluogo, Berzano, figurano le “frazioni” Madonna e Castelvaio (comprendenti circa il 54 per cento dell’intera popolazione comunale), mentre quello del 1955 elenca, oltre al capoluogo, tre piccole “località abitate”, Balegno, Falletto e Vercelli (che, insieme, raccolgono il 12,5 per cento dei residenti nel comune). Consistente sembra il peso dell’insediamento sparso (“popolazione sparsa” o in “case sparse”, secondo la terminologia di volta in volta adottata) in tutti i censimenti in cui si trova la corrispondente indicazione (1881, 1901, 1911, 1937, 1951), oscillando tra il 45 per cento e il 60 per cento circa della popolazione totale.
     I dati dei censimenti sollecitano rappresentazioni non omogenee dell’articolazione del territorio comunale. Mentre, infatti, le “frazioni” elencate nel 1881, Madonna e Castelvaio, integralmente composte di popolazione “sparsa” (a differenza del capoluogo, dove essa è classificata come tutta “agglomerata”), alludono evidentemente ad aree o regioni storicamente delineatesi come dotate di una propria riconoscibilità all’interno del territorio di Berzano, indipendentemente dalla loro specifica tipologia insediativa, quelle menzionate nel 1955 individuano singoli nuclei agglomerati di dimensioni assai modeste, che, insieme con il capoluogo, si distinguono dalle “case sparse”, censite separatamente e comprendenti il 45 per cento della popolazione comunale. In particolare, l’immagine del territorio comunale proposta dal censimento del 1881 evidenzia l’individualità storica di Castelvaio.
      Menzionato per la prima volta, come Castrum Vairum, nel 1278, quello che nella prima età moderna sarebbe diventato un “cantone” aggregato alla comunità di Berzano, corrispose infatti per lungo tempo a un luogo distinto da Berzano, un insieme di beni, diritti e “pertinenze” dipendenti da una “torre”, in quanto centro generatore di prerogative giurisdizionali. Dal punto di vista insediativo, questo territorio, sbiadita la sua funzione militare, emerge dalle fonti dei secoli XVI e XVII come il complesso delle “terre et cassine di Castelvaijo” [Bosio 1872, p. 172; Bordone 1977, pp. 72, 285; Casalis 1833-1856, II; Casalis 1833-1856, vol. IV; Informazioni 1839, p. 27; Istituto Centrale 1956; Ministero 1883 e successivi; Presidenza 1927 e successivi; Settia 1975b, pp. 270-71; vd. anche Liti territoriali]. 
Luoghi Scomparsi
Castelvaio: gli ultimi resti dell’abitato scomparvero nel corso del secolo XIX. Romaneto, abbandonato prima della fine del secolo XIII; il toponimo, ancora associato alla chiesa di San Giovanni Battista nella seconda metà del secolo XIV, risulta obliterato nelle visite pastorali secentesche alla stessa chiesa [Bordone 1984, 10; Settia 1975b, pp. 270-271, 284; Vignono, Ravera 1970, p. 27].
Comunità, origine, funzionamento
Si possiedono scarse notizie dirette sul primitivo assetto istituzionale di Berzano. Verso la fine del secolo XV, la comunità era comunque in grado di negoziare l’acquisto e l’investitura feudale di Castelvaio, riconfermata più volte nel corso del secolo successivo per mezzo dei suoi sindaci [Vd. Feudo].
     Nel Settecento, il “consiglio ordinario” della comunità era composto di tre membri, scelti all’interno di una ristretta rosa di famiglie. Erano normalmente previste forme più allargate di consultazione, tanto che un decreto emanato dal duca di Monferrato nel 1617 autorizzava il comune a deliberare in casi di emergenza, limitando a sei il numero dei “capi di casa” chiamati a intervenire [A.C.B., Decreto del 2 gennaio 1617; B.R.T., Relazione generale, c. 47v (p. 24)].
Statuti
Non ci sono giunti gli “statuti antichi” del comune. Ci è invece nota una conferma dei “privilegi” della comunità da parte del duca di Mantova e di Monferrato Vincenzo I Gonzaga, risalente al 1589 [A.C.B., Confermazione dei privileggi].
Catasti
Il più antico catasto conservato risale al 1580. Un successivo registro, compilato nel 1703, riporta i dati della “misura generale del territorio” realizzata nel contesto della Perequazione generale del Piemonte [A.C.B., Libro di cadastro formato anteriormente al 1580; A.C.B., Copia in carta libera; A.S.T., Nota Alfabetica]. Esiste inoltre un catasto particolare di Castelvaio, redatto nel 1700 [A.C.B., Libro intitolato registro di Castelvajo]. Agli anni del governo francese data invece un “registro dei trasporti”, ossia dei mutamenti di proprietà degli appezzamenti [A.C.B., Registro dei trasporti in carta libera]. Un analogo documento riguarda gli anni dal 1819 al 1838 [A.C.B., Stati diversi delle mutazioni]. Risulta infine presente materiale catastale otto- e novecentesco in A.S.A., Catasti.
Ordinati
Sono presenti in serie pressoché continua dal 1599 al 1801 [A.C.B., Registri degli ordinati]. Assai più frammentaria risulta invece la conservazione dei verbali del consiglio comunale per il secolo XIX [A.C.B., Registro delle copie degli ordinati; A.C.B., Registro delle deliberazioni e pratiche approvate; A.C.B., Delberazioni e pratiche approvate]. Per quanto riguarda il Novecento, presso l’Archivio Storico del Comune sono conservate deliberazioni del Consiglio e della Giunta (1921-1926; 1945-1960) [A.C.B., 1921-1926, Registro Deliberazioni della Giunta e del Consiglio; A.C.B., 1946-1956, Registri Deliberazioni del Consiglio; A.C.B., 1950-1956, Registro Deliberazioni della Giunta] sostituite, durante il periodo fascista, dalle deliberazioni del Podestà (1926-1945) [A.C.B., 1926-1946, Registri Deliberazioni del Podestà].
Dipendenze nel Medioevo
Nel quadro della distrettuazione carolingia, il territorio corrispondente a Berzano era probabilmente compreso nella Iudiciaria torrensis, un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. In particolare, testimonianze del tardo XIII secolo riferiscono a un’area designata come Turrexana luoghi e formazioni signorili - come quelli che facevano capo alle “case” di Radicata e di Cocconato - che risultano profondamente intrecciati con la storia di Berzano. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli [Settia 1974]. Berzano compare tra i castra, possessiones et villae confermati dall’imperatore Federico I al marchese Guglielmo V di Monferrato, in uno dei due diplomi indirizzatigli da Belforte il 5 ottobre 1164 [Settia 1975a, p.237; M.G.H., doc. 467], mentre nella carta di mutuo rilasciata dal marchese Guglielmo IV all’imperatore Federico II nel 1224, il marchese dichiara di possederlo interamente pro allodio suo, benché, dallo stesso documento risulti come nel luogo fossero presenti beni o diritti in mano a milites del marchese [Cancian 1983, pp. 734, 736 e tabella dei toponomi allegata].
      Nel 1291, le forze del comune di Chieri occuparono il castello del luogo e imposero la dedizione della comunità [Settia 1975b, p. 284]. Berzano è tra i luoghi elencati nel diploma di conferma dell’investitura imperiale concesso ai marchesi di Monferrato dall’imperatore Carlo IV nel 1355 [A.S.T., Diploma dell’Imperatore Carlo IV].
Feudo
Dal 1224 è attestato il possesso di diritti su Berzano da parte dei domini de Sancto Sebastiano [Cancian 1983, p. 736], ai quali appaiono inoltre legati i domini de Castro Vayro, documentati dal 1278. In effetti, le investiture dei signori di San Sebastiano, da parte dei marchesi di Monferrato, tra il secolo XIV e il XVI, menzionano anche loro diritti su Castelvaio, mentre, nel 1377, Castelvaio figura in un elenco di possessi dei signori di Cocconato [Settia 1975b, p. 270; A.S.T., Investitura Marchese Gio. di Monferrato... del Castelvajro (1368); A.S.T., Investitura Marchese Gio. Giorgio di Monferrato (1532)].
     Berzano e Castelvaio entrarono dunque, attraverso i signori di San Sebastiano, nell’orbita della compagine signorile che, per successive aggregazioni di famiglie legate da rapporti di vicinanza e comunanza di interessi, tra la fine del secoli XIII e la metà del secolo XIV, si organizzò nel consortile dei conti di Radicata e di Cocconato.
     Il consortile, quale si venne configurando tra i secoli XIV e XVI, controllava territori e giurisdizioni, sui quali i marchesi di Monferrato vantavano antichi diritti di superiorità. Il primo riconoscimento documentato di una dipendenza vassallatica, risalente al 1340, non nomina i singoli luoghi infeudati. Berzano compare tuttavia nelle successive investiture del 1365, 1386 e 1399 [Settia 1975a, p. 140, nota 120; A.S.T., Investitura Marchese Giovanni di Monferrato (1340); A.S.T., Investitura Marchese Giovanni di Monferrato (1365); A.S.T., Investitura Marchese Teodoro di Monferrato (1386); A.S.T., Investitura Marchese Teodoro di Monferrato (1399)]. All’origine dei loro possessi, tuttavia, i membri del consortile dei conti di Radicata e di Cocconato vantavano una diretta dipendenza dall’impero. Tra i diplomi di sicura autenticità che enumerino distintamente i luoghi confermati dagli imperatori al consortile, Berzano figura tra i feuda et possessiones confermati da Enrico VII del 1310; non risulta invece nel diploma di Massimiliano I del 1512, ricomparendo in quello successivamente emanato da Carlo V nel 1530. Il luogo è inoltre menzionato nella convenzione negoziata nel 1485 tra i duchi di Milano e di Savoia in previsione di una possibile crisi di successione nel Monferrato. La sua presenza è documentata anche nell’atto di dedizione dei di Cocconato al duca di Savoia del 1446 e nel successivo atto di aderenza, stipulato nel 1458 con lo stesso duca sabaudo e con il duca di Milano, contestualmente allo scioglimento del legame vassallatico stabilito con il primo. Compare, infine, nell’aderenza prestata nel 1499 dai di Cocconato al Trivulzio, in qualità di luogotenente del re di Francia a Milano [Daviso, Benedetto 1965, pp. 19-29, 131, 134, 136; A.S.T., Dedizione spontanea; A.S.T., Rinovazione d’aderenza; A.S.T., Patti e Convenz.ni; A.S.T., Aderenza fatta da Ottobone di Passerano].
     Nel 1487, la comunità di Berzano acquistò dai fratelli de Rota, dei signori di Valmacca, la vicina “torre di Castelvaio”, con la giurisdizione e i beni da essa dipendenti (turris Castrivairi cum jurisdictione, pertinentiis et juribus ad ipsam turrim spectantibus). Il passaggio di proprietà fu poi legittimato dall’investitura feudale concessa dal marchese di Monferrato alla comunità nel 1488 e più volte riconfermata lungo il corso del secolo successivo. Nel 1597 i consoli di Berzano alienarono il loro feudo di Castelvaio a favore del conte Camillo Castiglione, signore, oltre che della stessa Berzano, di Isola e di Cimena. Già vassalli monferrini per gli altri loro possedimenti, i Castiglione furono investiti del feudo di Castelvaio dal duca di Mantova e Monferrato nel 1589 (investitura riconfermata nel 1608). Nel 1623, succedette nei loro feudi di Cimena, Castelvaio e Berzano il cardinale Bonifacio Bevilacqua per sé e i suoi eredi, con titolo baronale per Berzano e comitale per Castelvaio [A.C.B., Giuramento di fedeltà; A.C.B., Atto di investitura feudale; A.C.B., Atto di investitura con giuramento di fedeltà; A.S.T., Atti sulle differenze]. Nel 1635, Berzano e Castelvaio pervennero ad Alfonsino Trotti e nel 1665 a Giorgio e Giovanni Turinetti dei Conti di Pertengo, restando nelle mani di questa famiglia anche nel secolo successivo [Guasco 1911; B.R.T., Relazione generale, c. 47r (p. 24)].
Mutamenti di distrettuazione
Berzano fu tra i luoghi appartenenti al ducato di Monferrato ceduti al duca di Savoia con il trattato di Cherasco del 1631. Berzano entrò allora a far parte della provincia di Asti (istituita nel 1560), alla quale rimase aggregato nell’ordinamento provinciale settecentesco relativo alle intendenze, alle prefetture e alle assise dei giudici (1723, 1724, 1729, 1730 e 1749) [Cassetti 1996; Duboin 1818-1869, III, pp. 58, 72, 79, 98, 133, 160].
     All’interno della maglia amministrativa francese, Berzano seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di livello dipartimentale o circondariale, avente per capoluogo Asti. Inizialmente, si trattò del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799). Berzano, insieme con altri comuni dell’area a nord ovest di Asti (Albugnano, Bagnasco, Capriglio, Castelnuovo, Cinzano, Moncucco e Mondonio) colse l’occasione della fine del vecchio ordine, presentando immediatamente ricorso per entrare invece a far parte del dipartimento dell’Eridano, vale a dire optando per una gravitazione amministrativa su Torino, anziché su Asti [A.S.T., Ricorso del Comune di Castelnuovo d’Asti]. Con il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1805, Asti fu a capo di un circondario (arrondissement) compreso nel dipartimento di Marengo (capoluogo: Alessandria). Vedi mappa.
     Al termine della parentesi napoleonica, Berzano tornò, nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo alcune instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria nel 1859 [Cassetti 1996; Sturani 1995; Sturani 2001]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba 2002]. In anni recenti Berzano di San Pietro ha aderito alla Comunità Collinare Alto Astigiano.
Mutamenti Territoriali
All’inizio del secolo XVIII, i funzionari sabaudi incaricati della Perequazione generale del Piemonte inclusero Castelvaio nella “misura generale” del territorio di Berzano, rilevando il carattere allodiale delle sue terre e l’insignificanza giurisdizionale del luogo, non menzionando neppure la presenza del castello, in quanto “senza beni feudali, sendo come dicesi una semplice torre” [A.S.T., Ricavo de’ Cantoni, cc. 5r, 45].
Comunanze
Dalle carte conservate nell’Archivio Storico comunale, risulta che, tra i secoli XVI e XVIII, la comunità possedeva alcuni boschi, di cui affittava il taglio periodico a privati [A.C.B., Membrotto d’atti d’affittamento; A.C.B., Scrittura d’affittamento dei boschi e gerbi; A.C.B., Libro in cui si trovano descritti gli affittamenti dei boschi; A.C.B., Nota dei boschi del 1739; A.C.B., Decreto del 1731; A.C.B., Registro delle relazioni di periti].
     Intorno alla metà del secolo XVIII, secondo i boschi e gli incolti (“gerbidi”) rappresentavano, rispettivamente, circa il 12 per cento e il 7 per cento della superficie comunale in uno paesaggio agrario dominato per quasi la metà della sua estensione dalla vigna. La relazione dell’intendente provinciale che accompagna questi dati riferisce che i “gerbidi” erano destinati al pascolo comune, per quanto presenti in quantità ritenuta scarsa rispetto al fabbisogno degli abitanti e piuttosto sterili (“puoco fecondi d’erbaggio”). I boschi, cedui, venivano utilizzati per ricavarne legna da ardere destinata al fabbisogno locale e sostegni per le viti [A.S.T., Rellazione dello Stato, e coltura de’ beni c. 2v; B.R.T., Relazione generale, cc. 47r-47v (p. 24)].
Liti Territoriali
All’indomani della cessione di Berzano al duca di Savoia, in forza del trattato di Cherasco concluso con il Monferrato nel 1631, sorse immediatamente tra i due stati che l’avevano negoziato una questione territoriale concernente l’assegnazione di Castelvaio, luogo non nominato nel testo del trattato.
     Le autorità monferrine consideravano Castelvaio, come feudo autonomo, acquistato e successivamente alienato dalla comunità di Berzano, “un luogo da sé e non cantone di Berzano”, poiché appunto “Berzano possedeva Castelvaio in feudo e non come cantone” e quindi non compreso fra i territori ceduti. All’opposto, da parte sabauda si sottolineava la partecipazione delle proprietà e degli abitanti di Castelvaio al pagamento dei carichi fiscali gravanti sulla comunità di Berzano, proseguita anche dopo l’alienazione del feudo al conte Castiglione, e anzi esplicitamente prevista sia nell’atto di vendita sia in un accordo particolare stipulato direttamente con gli “uomini di Castelvaio”. Anche infeudati separatamente, proseguiva l’argomentazione sabauda, “cassine et membri” appartenenti ai “finaggi delle terre” non cessavano di essere “membri de’ luoghi principali”. Castelvaio non figurava dunque nel testo del trattato di Cherasco, semplicemente perché in esso era sembrato sufficiente menzionare “li capi delle terre et non li membri”.
     Sul terreno, la logica concreta dell’amministrazione feudale sembra giocare a favore dei nuovi principi. Lo schieramento dei signori di Berzano e Castelvaio, pur legati da parentela con i duchi di Mantova e titolari di interessi di orizzonte molto più vasto, appare localmente filosabaudo. La strategia impiegata è quella, consueta nei conflitti giurisdizionali di antico regime, degli atti possessori. Così, nel 1634, il “curatore” e affittuario dei beni posseduti a Berzano e a Castelvaio dal feudatario Antonio Bevilacqua Gonzaga, sfidando la giurisdizione monferrina, rappresentata a Castelvaio dal podestà nominato dal gran cancelliere di Casale, invade, in compagnia del podestà di Berzano e di un gruppo di armati, il territorio di Castelvaio, cercando di costringere il sindaco e gli abitanti a giurare fedeltà al duca di Savoia e a impegnarsi a concorrere al pagamento dei tributi comunitativi, distruggendo gli ordini inviati da Casale e il “libro della tratta” monferrina.
     Il conflitto ha tuttavia certamente radici preesistenti al suo intreccio con la ridefinizione del confine interstatuale, visto che, ad esempio, tensioni riguardanti la ripartizione del carico fiscale e la catastazione delle proprietà fondiarie tra i due luoghi risultano già documentate tra la fine del secolo XVI e gli inzi del secolo XVII [A.C.B., Atti di lite tra la Comunità di Berzano e li particolari di Castelvajo; A.C.B., Lista di imposizione della taglia; A.S.T., Informazioni prese dal Consiglio Sup.mo di Casale; A.S.T., Una lettera con tre allegati].
     La definizione dei confini tra la comunità di Berzano e quella di Cinzano, protrattasi dalla seconda metà del secolo XVII alla fine del secolo XVIII, non risulta tuttavia avere dato luogo a nessun contenzioso di rilievo [A.C.B., Scrittura di convenzione; A.S.T., Stato delle liti]. Le principali tensioni tra Berzano e le comunità limitrofe o vicine, verificatesi intorno alla metà del secolo XVII, riguardarono le ripartizioni del carico della fiscalità straordinaria, in particolare, degli alloggiamenti militari [A.C.B., Atti di lite tra la Comunità di Cinzano e quelle di Albugnano, Berzano..].
Fonti
A.S.A. (Archivio di Stato di Asti). Vedi inventario.
A.S.A., Catasti dei terreni e dei  fabbricati (1874-1960).

B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino). Vedi catalogo.
B.R.T., Relazione generale dell’Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, cc. 47r-49v (pp. 24-25), (pp. 218, 236) [Relazione generale].
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
Bibliografia
Bordone, Renato, “Già parrocchiale, ora campestre e minacciante rovina…”. Tracce romaniche per una storia del popolamento dell’Astigiano medievale, in Pittarello, Liliana (a cura di), Le chiese romaniche delle campagne astigiane. Un repertorio per la loro conoscenza, conservazione, tutela, Asti, Amministrazioe Proviciale di Asti, Ministero per i beni culturali e ambientali. Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici del Piemonte, 1984, pp. 7-11.
Cancian, Patrizia (a cura di), La carta di mutuo di Guglielmo VI di Monferrato a favore di Federico II. Un contributo paleografico alla toponomastica piemontese, in “Bollettino Storico Bibliografico Subalpino”, a. LXXXI (1983), 2, pp. 729-749.
Cassetti, Maurizio, Guida dell’Archivio di Stato di Asti, Vercelli, Ministero per i Beni culturali e ambientali, 1996.
Di Ricaldone, Aldo, Castelvairo, il paese scomparso, in “Asti. Informazioni economiche”, XXIV (1969).
Durando, Edoardo (a cura di), Carte varie relative a Casale e al Monferrato in Cartari minori, I, Pinerolo, Società Storica Subalpina, 1908 (BSSS XCII, III).
Giorcelli, Giuseppe (a cura di), Le città, le terre, ed i  castelli del Monferrato descritti nel 1604 da Evandro Baronino, Alessandria, Tipografia Piccone, 1905.
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Vignono, Ilo e Ravera, Giuseppe, Il Liber decimarum della Diocesi di Ivrea: (1368-1370), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1970.
Descrizione Comune
Berzano di San Pietro
     La prima tappa nella formazione del territorio dell’odierno comune di Berzano di San Pietro -- come del resto l’origine della sua stessa denominazione -- risale al tardo secolo XIII. Nell’area compresa tra la collina torinese e la piana di Villanova, si scontravano allora le ambizioni territoriali di potenze di scala regionale, quali i comuni di Asti e di Chieri, i conti di Biandrate e i marchesi di Monferrato.
     La guerra innescò mutamenti tanto negli assetti insediativi quanto nella configurazione dei poteri locali, in particolare, negli equilibri interni tra signori e comunità. I due aspetti sono correlati, entrambi indotti dalle necessità difensive o dalla strategia politica e militare dei maggiori contendenti, imposta attraverso le condizioni che accompagnavano i patti di alleanza e le sottomissioni.
     Fu precisamente in tale contesto che si attuò la confluenza degli abitanti di Berzano e di Romaneto in un nuovo insediamento. Quest’ultimo si configurò come castrum et villa, una designazione che, qui come altrove, rimanda forse a strutture differenziate, anche se, in questo caso, quasi certamente contigue. L’accentramento degli abitati primitivi attorno ai castelli o in luoghi fortificati, talvolta, come nel nostro caso, accompagnato da un più complesso riassetto territoriale che coinvolgeva più centri, rappresenta in effetti un fenomeno diffuso nelle campagne dell’Italia centrosettentrionale del basso medioevo. Esso si manifesta con tipologie differenti e una periodizzazione variabile secondo le aree considerate, ma è comunque spesso riscontrabile entro un arco cronologico assai lungo: sulla collina torinese, ad esempio, si estende dal secolo XII alle soglie del secolo XVI.
     Tanto i soggetti che promossero questo profondo rimaneggiamento dei quadri territoriali, quanto le sue cause, sono diversi. Durante la fase iniziale del processo, corrispondente approssimativamente ai secoli XII e XIII, si assiste perlopiù a iniziative signorili volte a rendere più efficiente il controllo e la protezione militare delle popolazioni sottoposte, oppure legate alla fondazione di “villenove” da parte delle repubbliche cittadine di Asti e Chieri. Nel caso di Berzano, tuttavia, la fusione dei nuclei demici originari e l’edificazione di un castello a difesa del nuovo insediamento va di pari passo con la costruzione di una comunità rurale autonoma, che si apprestava a organizzare un proprio territorio, come si esprime il Settia, finalmente “libera da inframmettenze signorili”.
     Gli eventi del conflitto tra il comune di Chieri e i marchesi di Monferrato, dei quali i signori, imparentati, di Berzano e di Castelvaio si riconoscevano vassalli, aprirono, per gli “uomini” di Berzano e di Romaneto, la possibilità di unirsi in un progetto a un tempo di difesa nei confronti delle milizie che avevano fatto della regione il proprio teatro di battaglia e teso a consolidare la capacità di resistenza alle pressioni del regime signorile.
     Il sorgere, presso il castello, di una nuova parrochia, che riuniva le dedicazioni santoriali delle antiche chiese, la destinazione di queste ultime a chiese cimiteriali sono complementi tipici del trasferimento degli abitati, ma che nel concreto esprimono logiche locali di articolazione tra unità e segmentazione rituale, di gerarchizzazione simbolica degli spazi, che, senza una ricerca approfondita, di scala “topografica”, sono destinate a sfuggirci [Settia 1973]. Nel 1291,  ai rappresentanti della comunità, riuniti nell’antica chiesa di Romaneto, i Chieresi, dopo la presa del castello, imposero la dedizione del luogo. L’evento sottolinea l’autonomia recentemente conseguita dalla comunità, un dato che il successivo ritorno sotto l’alto dominio monferrino non avrebbe annullato. Si consolidò, insomma, a Berzano, come probabile conseguenza del coinvolgimento del luogo e dei suoi signori nei conflitti in corso tra potentati regionali, un significativo bilanciamento della presenza signorile da parte di poteri esterni, che apriva ampi spazi di iniziativa politica alla comunità.
     Tale evoluzione differenziò nettamente Berzano da altri luoghi controllati da famiglie che, come i suoi signori della casata dei San Sebastiano, si andavano organizzando nel consortile dei Radicata e spiega la sua collocazione marginale, apparentemente erratica, nel Contado di Cocconato, tra i secoli XIV e XVI. La comunità avrebbe in tal modo avuto, in particolare, la possibilità di riconfermare il proprio ruolo protagonistico nei processi di costruzione del territorio. Nel 1487, infatti, essa acquistò la torre di Castelvaio con le sue “pertinenze” fondiarie e giurisdizionali, ottenendo l’approvazione e l’investitura feudale dal marchese di Monferrato.
     L’inquadramento feudale di Castelvaio si configurò presto come uno strumento con cui il comune di Berzano tendeva, di fatto, a realizzare una piena assimilazione amministrativa e fiscale del nuovo territorio. Castelvaio cominciò infatti presto a essere riclassificato a Berzano come una partizione del proprio territorio, più o meno precisamente delimitabile, attorno a un nucleo insediativo distinto, un “cantone”, piuttosto che come un feudo separato, ancorché dipendente.
     A poco più di un secolo di distanza, nel 1597, la cessione di Castelvaio a un cortigiano dei duchi Gonzaga, il conte Camillo Castiglione, già signore di Isola, di Cimena e investito dello stesso feudo di Berzano, fu accompagnata da clausole che prevedevano la piena partecipazione dei possessori e degli abitanti di Castelvaio agli oneri imposti a Berzano dalle finanze statali: il tasso ordinario, gli accordi, la gabella del sale. D’altra parte, il ritorno di Castelvaio nell’orbita di una stirpe nobiliare operò nuovamente una revisione complessiva dei riferimenti territoriali, per cui il ricupero della sua dimensione di luogo a sé stante, sottolineata dall’elevazione a contea, assunse concretamente il significato di una “smembrazione” fondatrice dalla giurisdizione comunale, e addirittura, dell’integrazione, attraverso la persona del suo feudatario, insieme con il feudo di Berzano, in una compagine inedita, il “Contado di Cimena e Berzano”, come adombrava nel 1604 la Descrizione del senatore casalese Evandro Baronino [Giorcelli 1905, p. 91].
     La questione acquistò nuovo rilievo dopo il trattato di Cherasco del 1631, quando si intrecciò con la definizione di un confine di stato. I Gonzaga sostenevano la tesi della separatezza di Castelvaio, facendovi nominare un podestà dal grancancelliere di Casale e promuovendovi l’impianto di un embrione di organizzazione comunale, con un proprio sindaco. Ma ormai, contro le eccezioni monferrine, la logica della comunità di Berzano e quella del feudatario, unico per i due luoghi, convergevano nell’appoggiare localmente la tesi sabauda che rivendicava la sovranità su Castelvaio in quanto “membro” del “luogo principale” di Berzano.
     Per ricostruire la successiva evoluzione dell’assetto locale, è anzitutto la Perequazione generale del Piemonte, promossa da Vittorio Amedeo II di Savoia, a offrire un terreno d’indagine che si annuncia particolarmente propizio. Agli inizi del secolo XVIII, i funzionari sabaudi non rilevavano più, intorno alla “torre rovinata” di Castelvaio, alcun residuo di elementi giurisdizionali, ma soltanto terreni “allodiali”, inclusi nella “misura generale” di Berzano, dove il sito non si trova neppure menzionato. Il carattere omogeneo dello spazio racchiuso nel perimetro della misura generale è però tutt’altro che ovvio. E’ anzi presumibile che la diffusione dell’abitato sparso, in atto dal secolo XVI, si accompagnasse all’applicazione di criteri di catastazione difformi e quindi a una ripartizione del carico fiscale fortemente sperequata tra diverse sezioni del territorio.
     Il problema della separatezza giurisdizionale di Castelvaio si trasformava in tal modo in quello della più articolata discontinuità territoriale introdotta dalle “cassine” sorte nel raggio della dipendenza dall’antica fortezza.