Chialamberto

AutoriGaroglio, Eugenio
Anno Compilazione2014
Provincia
Torino
Area storica
Valli di Lanzo
Abitanti
362 (ISTAT Censimento 2001)
Estensione
3516 ha (ISTAT)
Confini
Noasca, Locana, Cantoira, Ceres, Groscavallo
Frazioni
Breno, Candiela, Gabbi, Volpetta, Vonzo, case sparse (ISTAT 2001) Balmavenera, Breno, Bussoni, Cadrò, Candiela, Casa Bianca, Casa Trucco, Case Michiardi, Chialambertetto, Cossiglia, Fragnè, Gabbi, Inverso, Mottera, Neiretto, Pianardi, Pianetto, Prati della Via, Pratolungo, Valnera, Volpetta, Vonzo (Comune di Chialamberto).
Toponimo storico
Nella permuta del 1341 il luogo è indicato con il toponimo “Chamlamberti” (AST, Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°3). Il termine è composto da Chià, casa, e Lamberto, nome proprio. In alcuni atti notarili casa è stato interpretato come campo, così, in un documento del 1308, troviamo Campi Lamberti (Bonci 2012, pp. 20-21).
Diocesi
Torino
Pieve
La parrocchia di Chialamberto fu istituita nel 1596, in precedenza questo luogo, insieme ai centri di Bonzo e Vonzo, faceva parte della Parrocchia di Cantoira, che dipendeva anticamente della Pieve di Santa Maria di Ceres (Casiraghi, 1979, p. 83).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Parrocchia: Santi Filippo e Giacomo. L’edificio sorge nell’attuale centro di Chialamberto. Il campanile romanico, alto 28 metri, è datato all’XI secolo e messo in relazione con la presenza in loco di monaci benedettini di San Mauro di Pulcherada. La parrocchia fu istituita nel 1596 staccandosi da quella di Cantoira. Fu descritta a partire dalla visita pastorale del 1653. (Chiariglione et alii 2000, pp. 94-98)
 
Cappelle: Madonna della Neve. L’edificio sorge a Breno. Registrata nella visita pastorale del 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 70-71).
Madonna della Consolata. L’edificio sorge a Missirola. Fu edificata tra il 1703 e il 15 agosto 1723. (Chiariglione et alii 2000, pp. 72-73).
Chiesa San Bartolomeo. L’edificio sorge a Bussoni. Nella visita pastorale del 1752 è descritta una chiesa dedicata a San Bernardo, mentre nella visita del 1769 aveva cambiato dedicazione diventando di San Bartolomeo. L’attuale edificio risale alla riedificazione degli anni 1836-1837 (Chiariglione et alii 2000, pp. 74-77)
Assunzione della Beata Vergine Maria. L’edificio sorge a Mottera. Registrata nella visita pastorale del 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 78-79)
Madonna delle Grazie. L’edificio sorge in località Frassa. Eretta nel 1812 e visitata nel 1843 (Chiariglione et alii 2000, pp. 80-81)
San Giuseppe. L’edificio sorge a Chialambertetto (Chiariglione et alii 2000, pp. 82-83)
San Pancrazio. L’edificio sorge a Pinardi. Visitata nel 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 84-85). San Matteo. L’edificio sorge a Balmavenera inferiore. Visitata nel 1752. (Chiariglione et alii 2000, pp. 86-87).
San Secondo. L’edificio sorge presso Casa Bianca. Visitata nel 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 88-89).
San Filippo Neri. L’edificio sorge a Urterei. Eretta forse nella seconda metà del XVIII secolo. (Chiariglione et alii 2000, pp. 90-91).
San Barnaba. L’edificio sorge a Inverso. Citata nella visita pastorale del 1653 come contenente una icona di San Innocenzo, è successivamente visitata nel 1752, quando la dedicazione è mutata passando ai santi Barnaba e Innocenzo (Chiariglione et alii 2000, pp. 92-93).
Visitazione della Beata Vergine Maria. L’edificio sorge a Candiela. Visitata nel 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 99-101).
San Vito. L’edificio sorge a Chiappilli. Visitata nel 1752. (Chiariglione et alii 2000, pp. 102-103).
Santuario della Madonna del Carmine. L’edificio sorge in località Ciavanis. Visitata nel 1769 (Chiariglione et alii 2000, pp. 104-106).
San Bernardo. L’edificio sorge a Vonzo. Visitata nel 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 107-109).
San Giovanni. L’edificio sorge a Vonzo. Visitata nel 1752. A fianco sorgeva un edificio dove vivevano degli eremiti che si curavano del suo mantenimento (Chiariglione et alii 2000, pp. 110-111).
Natività della Beata Vergine Maria. L’edificio sorge a Valnera. Visitata nel 1653 (Chiariglione et alii 2000, pp. 112-113). San Antonio da Padova. Riedificata attorno al 1790 (Chiariglione et alii 2000, pp. 114-115).
Santa Cristina. L’edificio sorge a Gabbi. Visitata nel 1752 (Chiariglione et alii 2000, pp. 116-117). San Giorgio. L’edificio sorge a Prati della Via. (Chiariglione et alii 2000, pp. 118-119).
 
Confraternite. Confraternita del Santo Spirito, presente almeno dal XVIII secolo ed eretta presso l’altare di San Vito nella parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo (Chiariglione et alii 2000, p. 96) Congregazione di Carità, esistente a Chialamberto e riportata dal Casalis nel 1836. Si occupava di sostenere i più poveri (Casalis 1837).
Assetto Insediativo
La comunità di Chialamberto era formata da un insieme di borgate, principalmente collocate lungo i pendii esposti a sud di questa porzione della Val Grande. La parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo, il cui campanile risale forse all’XI secolo, è posta su un ripiano lungo il fianco della montagna. Nel piazzale antistante si trova un grosso masso inglobato dagli edifici dell’attuale centro di Chialamberto, testimone della natura tormentata del terreno su cui sorse la chiesa, collocata probabilmente nel punto maggiormente riparato da frane e valanghe e allo stesso tempo al riparo dalle piene. L’antica struttura dell’insediamento è ancora leggibile nella carta della Val Grande datata alla seconda metà del XVIII secolo (AST, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche Segrete, Groscavallo, 17 A II Rosso) Vedi mappa.
Nel documento cartografico è possibile constatare come la comunità vera e propria fosse formata da diverse piccole borgate, a volte distanti tra loro, poste nella parte più pianeggiante del fianco della montagna. La parrocchiale si trovava all’incirca al centro di questo insediamento sparso. L’ingegnere topografo che redasse la carta pose il toponimo a coronamento di questo insieme di piccoli nuclei abitativi, al punto da rendere impossibile, a prima vista, l’individuazione di un centro vero e proprio e restituendo l’idea di una comunità disseminata su un ampio territorio. Completamente diverso il caso di Vonzo, che fu comunità autonoma, probabilmente già esistente nel XIV secolo, posta a circa 400 metri di dislivello a monte di Chialamberto e caratterizzata da una struttura compatta e ben riconoscibile. La carta della val grande evidenzia poi una mulattiera che salendo dalle borgate di Chialamberto raggiungeva Vonzo per poi puntare al Colle della Paglia, dove è indicata la dicitura Strada di Locana. Questa via probabilmente ricopriva una certa importanza nella vita economica delle popolazioni locali. L’altra comunità che fu indipendente da Chialamberto, Mottera, nella carta della Val Grande è rappresentata in modo compatto e risulta quasi unita a Bussoni, mentre poco oltre, sempre lungo la via principale, sorge Breno, ultima comunità facente riferimento a Chialamberto prima di Bonzo. Lo stato di queste comunità nella seconda metà del XIX secolo è descritto nello studio del Clavarino (Clavarino 1867, pp. 107-111). Vonzo, unito a Chialamberto nel 1831, possedeva le borgate di Candiela, Chiapili, Volpetta e Casa Cordero. Mottera, anch’essa riunita a Chialamberto nel 1831, possedeva le borgate di Breno, Bussoni, Pratolungo, Balmavenera e Rocco Bianco. Chialamberto si divideva tra le borgate Casa bianca, Chialambertetto, Casa dei Truc, Casa Micchiardi, Casa Ferrere, Campetto ed Eremo. La costruzione della strada tra Lanzo e Forno Alpi Graie negli anni ’70 del XIX secolo diede un forte impulso al turismo e ai traffici della valle. La costruzione stessa della strada spesso sconvolse intere borgate, dove molti edifici furono tagliati o demoliti per rispettare la larghezza della carrozzabile (Teppati 1980). Durante il XX secolo Chialamberto crebbe unendo tra loro le varie borgate di valle. Oggi Il centro dell’abitato si presenta compatto e ben delimitato, mentre le frazioni Mottera, Busoni e Breno formano quasi una sola entità. Questo elemento spiega le discrepanze tra il numero di frazioni censite dall’ISTAT e quelle segnalate dal Comune, dove risulta ormai difficile, in alcuni casi, leggere delle soluzioni di discontinuità tra borgate ormai saldate tra loro e tali storiche differenze sono percepibili ormai solo più dalla memoria locale.
Luoghi Scomparsi
Attualmente non sono documentate località scomparse.
Comunità, origine, funzionamento
Una delle prime citazioni del luogo è quella del 1286, quando Chialamberto risulta retto da due consoli (AST, Corte, Materie Ecclesiastiche, Abbazie, Pulcherada San Mauro, m. 1, Chiariglione et alii 2000, p. 10).
Nel 1359 il Conte di Savoia impose una tassa al fine di poter acquistare i paesi del Vaud e Valromey, a quel tempo era console di Chialamberto Giovanni Cubito (Sesia 1978-1979, pp. 81-82). Tra il 1360 e il 1361 Gioanni Cubito è nuovamente citato come console del luogo nei documenti della Castellania di Lanzo (Solero 1955, p. 38). La comunità seguiva le sorti giuridico-amministrative della Castellania di Lanzo ed era retta dagli statuti della stessa. L’autorità era rappresentata dai due consoli, poi ridotti ad uno, e dai Consigli di Credenza, cha avevano il compito di rappresentare la comunità di fronte al castellano e di mandare due rappresentanti alla Credenza Generale tenuta a Lanzo. Ogni comunità doveva poi presentare annualmente i conti del luogo al castellano, conti che venivano compilati da tre uomini eletti annualmente (Traffano 1979-1980, p. 46, p. 65-66). Le autorità locali esercitavano il controllo sull’ordine pubblico, mentre per tutte le altre questioni si faceva riferimento al Castellano e ai suoi funzionari. L’ordine pubblico era assicurato da una ronda, detta scaravaita, dove erano a turno impegnati gli abitanti (Traffano 1979-1980, pp. 66-67).

 

Statuti
Il 9 Novembre 1351 Amedeo VI conte di Savoia accordò privilegi e franchigie alla comunità e agli uomini di Lanzo e terre della sua castellania con riforma delle antecedenti concesse dai suoi antecessori, unitamente agli statuti formati in seguito di detti privilegi e franchigie che dovevano servire per Lanzo e le terre della sua castellania e altri per Forno di Lemie, Lemie, Usseglio et altre terre di sua valle. (Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°7). Si trattava della conferma di un preesistente corpus di franchigie concesse da Margherita di Savoia dopo il 1305. Le franchigie riguardano in particolare Lanzo, ma non mancano i riferimenti ad altre comunità specifiche. Ciò nonostante, non tutti i luoghi vengono menzionati, e dunque tali normative finivano per essere applicate anche agli altri centri. Questo spiega l’assenza di statuti specifici per comunità quali Chialamberto, che di fatto seguivano la normativa espressa negli Statuti di Lanzo. (AST, Provincia di Torino, Mazzo 16, Cibrario 1982, Usseglio 1887, Fontana 1907, pp 92-94, Gros Pietro 1963-1964, Garelli 1963-1964, Traffano 1979-1980 39-71, Guglielmotto Ravet, 1996, pp. 75-108, Frua 2002-2003).
Catasti
Nell’Archivio Storico del Comune di Chialamberto è conservato un catasto degli anni 1700-1710 (ASC, fald. 101, fasc. 1). Altra documentazione inerente il catasto è presente per gli anni compresi tra il 1861 e il 1920 (ASC, fald. 101- 106). Il catasto di Vonzo è datato 1700 (ASC, Vonzo, fald. 2, fasc. 4). Nella documentazione di Mottera si trovano ordinati legati al catasto negli anni 1786-1798 (ASC, Mottera, fald. 4, fasc. 1).
AST, Sezioni Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, Chialamberto, Cart. N° 58-59, Mappa originale del Comune di Chialamberto, Allegati A, B, C, D, E, F, G della mappa originale del Comune di Chialamberto, Quadro d’unione dei fogli e delle sezioni componenti la mappa del Comune di Chialamberto. N° 37, Matrice, Sommarione E 37.
Ordinati
Nell’Archivio Storico di Chialamberto sono conservati ordinati di Chialamberto a partire dal 1742 e coprono gli anni 1742-1755, 1766-1799, 1787-1794, 1814-1817, 1814-1829, 1826-1831, 1832-1834, 1835, 1836-1838, 1843-1845 (ASC, fald. 71 fasc. 1-5, fald. 72 fasc. 1-3, fald. 73 fasc. 1-2). Sono poi presenti i verbali di deliberazione del Consiglio Comunale tra gli anni 1849 e 1960 (ASC, fald. 73-79). Sono poi conservati gli indici delle deliberazioni tra il 1893 e il 1952 (ASC, fald 80) e i verbali di deliberazione in copia dal 1862 al 1961 (ASC, fald 81-91). Altra documentazione simile è conservata in AST inerente la riunione dei Comuni di Vonzo e Mottera a Chialamberto il 1° Ottobre del 1831 (Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°1) e la conservazione dei pesci, 25 Novembre 1832, (Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°5). Sempre nell’Archivio Storico di Chialamberto sono conservati gli ordinati di Vonzo e Mottera. Gli ordinati di Vonzo coprono gli anni 1726-1767, 1767-1794, 1814-1825, 1826-1829 (ASC, Vonzo, fald. 1, fasc. 1-2, fald. 2, fasc. 1-2), quelli di Mottera gli anni 1770-1784, 1786-1794, 1794-1800, 1799-1801, 1826-1829, 1829-1831, 1820-1830, (ASC, Mottera, fald. 1, fasc. 3-9). Si trovano poi ordinati legati al catasto negli anni 1786-1798 e alla nomina di soldati negli anni 1795-1800 (ASC, Mottera, fald. 4, fasc. 1 e 10).
Dipendenze nel Medioevo
Il 9 luglio 1030 Chialamberto, insieme a numerosi altri centri delle Valli di Lanzo, fu donato dal marchese Olderico Manfredi e sua moglie Berta e da Ulrico, vescovo di Asti, all’abate del Monastero di San Mauro di Pulcherada (Mola di Nomaglio 2006, p. 455). Il 26 Gennaio 1159 l’imperatore Federico I confermava, tra altri privilegi, il dominio dei Vescovi di Torino su Lanzo. I conti di Savoia, lesi da questa conferma, iniziarono una lunga disputa con i Vescovi di Torino per il possesso di Lanzo e delle sue valli, nella quale si inserì anche il Marchese di Monferrato. Nel 1262 Guglielmo VII di Monferrato occupò Lanzo. Il marchese iniziò ad acquisire quote giurisdizionali del luogo e offrì di prestare omaggio di fedeltà al Vescovo di Torino. (Mola di Nomaglio, 2006, pp. 526-528). Il 2 Agosto 1286 Guglielmo VII fu investito da Raimondo, abate di Pulcherada, di quanto l’abbazia possedeva nelle Valli di Lanzo (Casiraghi, 1979, p. 86). Nel 1286 Chialamberto risultava spettare per metà ai monaci benedettini di Pulcherada e per metà ai signori di Lanzo e ai visconti di Baratonia (Chiariglione 2000, p. 10). Il 23 marzo 1296 si cercò di comporre la disputa tra Savoia e Monferrato con il matrimonio tra Giovanni I di Monferrato e Margherita di Savoia, figlia di Amedeo V. Dopo la morte di Giovanni I, Manfredo di Saluzzo reclamò le terre di Monferrato tra le quali vi era anche Lanzo. La disputa tra il Vescovo di Torino e i Savoia intanto continuavano. Tra il 1306 e il 1309 Teodisio, vescovo di Torino, scomunicò gli abitanti di Lanzo per aver giurato fedeltà a Margherita e Amedeo di Savoia. Le trattative intanto continuavano e presto si giunse ad un accordo, secondo il quale il Vescovo cedeva i suoi diritti sulle valli ai Savoia ottenendo in cambio le decime delle parrocchie di numerose località, tra le quali Cantoira, che all’epoca comprendeva anche Chialamberto e le sue borgate (Gros Pietro 1964, Mola di Nomaglio 2006, p. 530). Il 1° Maggio 1330 con la stipulazione del contratto di matrimonio tra Aimone di Savoia e Jolanda di Monferrato, tutte le spettanze di Lanzo vengono incluse nella dote. Il passaggio definitivo di tutti i diritti ai Savoia è sancito il 22 gennaio 1341, con la “Permuta seguita tra il conte Aimone di Savoia e Padre Valfredo di Castiglione vicario amministratore sindico e procuratore del Monastero di San Mauro al di là del Po con cui il Conte cede al Monastero una pezza di terra, vigna e bosco di giornate 4 nelle fini di Castiglione al Podio della Ficcia, altra pezza di terra di giornate 3 situata in dette fini ove si dice in Montiglio et in controcambio detto Monastero cede al Conte le montagne et Alpi che si trovano dalla croce di Rovetto territorio di Lanzo superiore sino alla sommità dei monti eccetuata l’alpe di Adrito, più li villaggi della Forzore, Claves, Monastero, Mecca, Gizola, Cepinetto, Bollano, Bollanetto, Mezzenile, Ceres, Pons, Brusaello, Almese, tutta la valle d’Ales, Porecaria, Faietto, valle di Cantoira, Forno di Gros Cavallo, Chialamberto e generalmente tutto ciò che il detto Monastero teneva nei confini ivi specificati, in Coazzolo e Viù con la ragione del vassallaggio, giurisdizione e altri redditi che spettavano al monastero”. Il 26 Gennaio 1341 vi fu la “Ratificanza del capitolo del Monastero della predetta permuta”. Il 28 Gennaio 1341 troviamo le “Lettere del Vescovo di Torino d’approvazione come diocesano del detto monastero della suddetta permuta et ratificanza con interposizione di decreto”. (AST, Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°3) Da questo momento la Castellania di Lanzo passò sotto il controllo dei Savoia, il cui dominio fu interrotto solo dall’occupazione francese del Dicembre 1551, quando le comunità e gli uomini di Lanzo, Monastero, Coazzolo, Mezenile, Cantoira, Germagnano, Ceres, Groscavallo e Ala prestarono giuramento al Maresciallo di Brisac Luogotenente Generale per il Re di Francia Enrico II, al quale restano unite le Procure delle rispettive comunità (Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°8). La guerra portata dalle armate di Francia causò danni materiali ed economici a numerose località delle valli e comportò la distruzione del Castello di Lanzo. Con il ritorno di Emanuele Filiberto la Castellania tornò sotto il controllo dei Savoia.
Feudo
Il luogo di Chialamberto è compreso tra le comunità donate nel 1030 al Monastero di San Mauro di Pulcherada, che ne detenne i diritti sino al 22 Gennaio 1341, quando li permutò con i conti di Savoia (Mola di Nomaglio 2006, p. 455). In seguito a tale acquisizione, si susseguirono investiture ai Visconti di Baratonia. Il 16 Aprile 1341 il Conte Aimone di Savoia investe Martino fu Faccio di Balangero dei beni posseduti nelle valli di Ales e di Lanzo precedentemente ottenuti dalla permuta del 22 Gennaio 1341 con il Monastero di San Mauro. (Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°4). Il 18 Aprile 1341 il Conte Aimone di Savoia investe Giacobino figlio di Tomaso Visconte di Baratonia dei beni posseduti nella valle di Lanzo precedentemente ceduti dal Monastero di San Mauro. (Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°5). Il 4 Maggio 1341 il Conte Aimone di Savoia investe Bartolomeo consignore di Baratonia dei beni posseduti nelle valli di Lanzo precedentemente ottenuti dalla permuta con il Monastero di San Mauro. (Provincia di Torino, Mazzo 16, Lanzo e Valle n°6).
Il 14 Aprile 1577 Filippo d’Este acquisisce da Emanuele Filiberto di Savoia il Marchesato di Lanzo (AST, Sez III, Art. 746 par. 2, 1577 in 78, foglio 45). La famiglia d’Este manterrà il feudo sino al 24 Luglio 1723, quando dovette cederlo dietro la corresponsione di 75.973 lire, 18 soldi e 4 denari. Nel settembre dello stesso anno le valli tornarono sotto il diretto controllo del Re di Sardegna (Traffano, 1979-1980, p. 114) In seguito allo smembramento del Marchesato di Lanzo, Chialamberto fu infeudata alla famiglia Ambrosio, nella figura di Domenico Andrea, il 29 gennaio 1724. Il titolo comitale fu concesso il 21 febbraio 1724. (Mola di Nomaglio, 2006, p. 472). A Domenico Andrea Ambrosio succedette Aleramo Domenico e in fine Domenico Simone, che ricevette l’ultima investitura prima della soppressione dei titoli feudali seguita all’invasione francese. Mottera, sino al 1765, apparteneva a Bonzo e con questa località era infeudata, nel 1654, agli Amoretti. Il 29 gennaio del 1728 i luoghi furono infeudati con titolo comitale a Tommaso Bernardino Valfrè, a cui seguì Giuseppe Antonio di Tommaso Valfrè il 5 settembre 1770 e Giovanni Giuseppe Lorenzo Valfrè il 9 agosto 1776 (Chiariglione et alii 2000, pp. 10-11).
Mutamenti di distrettuazione
La comunità di Chialamberto faceva parte, con Bonzo, Vonzo e Mottera, della parrocchia di Cantoira, a sua volta legata all’Abbazia di San Mauro di Pulcherada. Dopo il 1341 le valli di Lanzo passarono completamente sotto il controllo dei conti di Savoia e Chialamberto e frazioni passarono nella Castellania di Lanzo, eretta in Marchesato nel 1577 e concessa alla famiglia d’Este. Nel 1723 il feudo, inserito nella Provincia di Torino, tornò ai Savoia e fu smembrato e re infeudato a singoli soggetti. Con la sconfitta nella Guerra delle Alpi e la conseguente occupazione francese, Chialamberto entrò a far parte dell’Arondissement, circondario, di Lanzo, a sua volta compreso nel Dipartimento dell’Eridano (Santacroce 2002). Con la restaurazione tornò sotto la provincia di Torino. Con l’editto del 10 novembre 1818 il territorio entrò a far parte della Divisione di Torino, Provincia di Torino, Mandamento di Ceres. Nel 1927 furono aboliti i mandamenti. (Santacroce 2002, pp. 68-70).
Mutamenti Territoriali
Nel 1596 Chialamberto, Bonzo e Vonzo si divisero dalla Parrocchia di Cantoira erigendo Chialamberto come parrocchia comune, con un solo albo pretorio. La borgata di Mottera faceva parte della comunità di Bonzo (per le questioni religiose e sociali antecedenti il 1596 vedere anche la Scheda di Cantoira). Attorno al 1760 gli abitanti di Bonzo vollero per proprio conto l’albo pretorio, gli abitanti di Mottera si opposero, ma Bonzo riuscì ad ottenerlo. Mottera allora decise di erigersi a comunità propria e lo divenne nel 1765. Come risposta gli abitanti di Bonzo eressero nel 1768 la loro cappella a prepositura, staccandosi dalla parrocchia di Chialamberto. (ASC, Mottera, fald. 1, fasc. 1, Milone 1911, pp. 318-319). La comunità di Mottera e le sue frazioni, restarono indipendenti dal 1765 al 1831. Si possono poi segnalare diverse verifiche dei confini. Nel 1709 vi fu una ricognizione dei limiti tra le comunità di Chialamberto e Bonzo (ASC, fald 100, fasc. 10). Nel 1772 Chialamberto e Mottera stipularono una convenzione per la definizione dei confini della borgata di Chialambertetto, come annotato in un documento del 1795 (ASC, fald 100, fasc. 11). Tra il 1859 e il 1882 troviamo altra documentazione sui confini tra Cantoira e Chialamberto, mentre tra il 1887 e il 1888 furono divise delle promiscuità territoriali tra Chialamberto e Bonzo (ASC, fald 100, fasc. 12-13). Il maggior mutamento territoriale in epoca moderna risulta però essere quello del 1° ottobre 1831, quando il Comune di Chialamberto, come stabilito da relative Regie Patenti, incorporò i comuni di Vonzo e Mottera (Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°1).
Comunanze
Quando, il primo ottobre del 1831, le comunità di Vonzo e Mottera si unirono a Chialamberto mantennero i diritti sui pascoli “per le sole bovine, capre o lanute”. (Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°1). I beni comuni e le rendite precedentemente appartenute a Vonzo e Mottera, salvo che per una contribuzione versata per le spese comuni, dovevano essere trattenute dalle rispettive comunità. Ciò nonostante sorsero subito diverse dispute, in quanto gli abitanti dei due centri accorpati volevano trattenere la totalità delle rendite (ASC, fald. 92, fasc. 5). Una lite simile si era verificata già prima dell’accorpamento, quando nel 1828 Mottera contestò a Chialamberto la vendita di legname che riteneva di propria spettanza (ASC, Mottera, fald. 2 fasc. 5). Un’altra questione fu quella relativa alla conservazione della fauna ittica. In un ordinato del 25 Novembre 1832 viene descritta la pratica della pesca indiscriminata nei torrenti e fiumi sia della comunità sia del mandamento di Ceres e dei mandamenti vicini. La pesca, una voce importante nell’economia del luogo, avveniva tramite nasse in legno “reti di bosco dette volgarmente nasce”, posizionate al centro di piccole dighe di pietra. In questo modo si impediva il transito del pesce, pratica particolarmente nociva durante il periodo della riproduzione. Altri sistemi prevedevano di costruire deviazioni delle acque “dette volgarmente storte” e tramite l’impiego di calce far morire i pesci. La comunità chiese l’intervento delle Guardie Forestali, al fine di estendere i loro compiti di sorveglianza oltre che ai boschi anche alle acque della Stura. (AST, Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°5). Il 29 Marzo del 1836 il Comune di Chialamberto concesse in enfiteusi a privati dei terreni precedentemente usurpati, la cui condizione era mutata da gerbido a coltivo. (AST, Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°7). Tra il 1829 e il 1895 furono effettuate ricognizioni al fine di vendere beni comuni, in parte usurpati (ASC, fald. 96). Tra il 1882 e il 1895 si registrano altre vendite di beni comuni (SSC, fald. 97) e tra il 1882 e il 1898 furono estratti i lotti dei beni comuni in esecuzione della precedente delibera di vendita (ASC, fald. 98). Tra il 1932 e il 1961 si registrano altre liquidazioni di beni ad usi civici (ASC, fald. 99). Nella documentazione della comunità di Vonzo sono indicati i fitti dei beni comunali e lo stato degli utenti dei pascoli comunali per gli anni 1805-1807, e 1808 (ASC, Vonzo, fald 3, fasc. 3-4).
Liti Territoriali
Tra il 1774 e il 1779 si registrarono diverse liti tra le comunità di Mottera e quella di Bonzo, legate alla divisione delle due comunità nel 1765. (ASC, Mottera, fald. 2, fasc. 8).
Fonti
Archivio Storico Comunale di Chialamberto (ASC).
L’archivio raccoglie documenti dal 1629 al 1961, e incorpora gli archivi di Vonzo e Mottera, comunità accorpate a Chialamberto nel 1831. L’archivio non presentava alcun ordinamento e i documenti più antichi erano mescolati tra loro mentre i più recenti erano in ordine cronologico. Si presentano numerose lacune sia tra i documenti antichi che tra quelli moderni. L’archivio è stato riordinato e inventariato nel 2004 da Enrica Pilleri (ASC, inventario).
 
Archivio di Stato di Torino (AST)
Biblioteca Reale di Torino (BRT)
Bibliografia
Bonci Attilio, Toponomastica delle Valli di Lanzo, Società Storica delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese 2012.
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Descrizione Comune
Chialamberto
L’area territoriale facente riferimento a Chialamberto e alle sue borgate è storicamente legata alla castellania di Lanzo. Le comunità appartenenti alla Castellania del XIV secolo erano già accomunate dai precedenti vincoli che le legavano all’Abbazia di San Mauro di Pulcherada, dalla quale furono dipendenti tra l’XI secolo sino al 1341, anno della permuta avvenuta tra il Monastero e i conti di Savoia. Nel 1359 il conte impose una tassa al fine di poter acquistare i paesi del Vaud e Valromey. In questa circostanza i fuochi censiti a Chialamberto furono 17 (Solero 1955, p. 15). La popolazione era occupata nell’agricoltura e nella pastorizia. Le estese foreste ospitavano numerosi animali selvatici, tra cui lupi, cervi, orsi e cinghiali, che venivano ampiamente cacciati. Ad integrare le attività agricole vi erano le estrazioni minerarie e relative lavorazioni. La specializzazione posseduta da molti abitanti di queste valli nello scavare gallerie ed estrarre metalli fu utilizzata, in ambito militare, per reperire operai e minatori da impiegare in guerra. Dalla Castellania di Lanzo si passò, il 14 Aprile 1577, al marchesato di Lanzo, concesso a Filippo d’Este da Emanuele Filiberto. (AST, Sez III, Art. 746 par. 2, 1577 in 78, foglio 45). La gestione feudale degli Este non portò a cambiamenti significativi, fatta eccezione per alcune agevolazioni del commercio locale a scapito del mercato di Lanzo. L’8 Gennaio del 1702, le comunità del Marchesato di Lanzo, tra cui Chialamberto, si affrancano dai redditi feudali e pattuirono con la casa d’Este il versamento di un canone annuale. Chialamberto versava lire undici, soldi tre e denari quattro, più lire cinque e soldi dieci di fitti minuti (AST, Sezioni Riunite, Insinuazioni di Lanzo, registro 90, 1694-1702, fogli 463-470 e 530-533, Mola di Nomaglio, 2006, pp. 351-353). Con lo smembramento del Marchesato di Lanzo, Chialamberto fu infeudata alla famiglia Ambrosio, il 29 gennaio 1724. Durante il XVIII secolo le attività estrattive diminuirono di importanza e l’allevamento di armenti e l’agricoltura restarono le attività principali. Nella relazione dell’intendente Sicco del 1775 sono descritte le modeste attività agricole di Chialamberto, dove la natura del terreno e la rigidità del clima pare non favorissero le colture, al punto che spesso le fatiche eccedevano il valore dei fondi stessi (Nepote Fus, Sammartano 2007-2008, p. 121). Durante l’occupazione francese, il funzionario Gaspare Degregori stese un rapporto sul circondario di Lanzo da presentare al prefetto dell’Eridano. Nel rapporto si evidenzia come a Chialamberto, e nella Val Grande in generale, vi erano molte miniere ma le attività principali erano l’agricoltura, l’allevamento, la produzione di burro, formaggio miele e la manifattura di serrature in ferro (Santacroce 2002, pp. 60-61). Con la Restaurazione la situazione non mutò e le condizioni economiche restarono invariate. Il 1° ottobre 1831, il Comune di Chialamberto, come stabilito da relative Regie Patenti, incorporò i comuni di Vonzo e Mottera. (Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°1). La decisione era dettata da ragioni economiche, con l’accorpamento queste comunità ridussero le spese, contribuirono alla manutenzione della Parrocchia e della casa parrocchiale, che era la stessa per tutti e tre i centri e migliorarono l’amministrazione, senza alcun malcontento iniziale da parte della popolazione. Presto però sorsero delle liti a causa della gestione dei beni comuni, in quanto alle tre comunità restano i diritti sui pascoli ma furono presto rivendicate anche le rendite dei restanti beni delle due vecchie entità indipendenti, che li reclamavano interamente. Vonzo e Mottera dovevano poi partecipare con una quota alle spese generali ma potevano trattenere i restanti redditi. Il sindaco veniva eletto a rotazione e vi era un unico segretario comunale. (Paesi per A e B, Mazzo 52, Chialamberto, n°1). Nella descrizione del Clavarino si parla dei terreni coltivati del luogo, insufficienti a garantire la sussistenza degli abitanti, che sono costretti ad importate molti cereali. Gli uomini in età da lavoro lasciavano la valle in inverno per lavorare in pianura o per praticare l’attività di minatori all’estero. Si praticava poi l’allevamento e vi erano due fucine per fabbricare attrezzi da lavoro. I pascoli erano ricchi e i prati sempre irrigati dalle acque naturali (Clavarino 1867, pp. 107-111). Con la costruzione, nella seconda metà del XIX secolo, della strada tra Lanzo e Forno Alpi Graie fu dato un nuovo impulso alla vita economica della valle favorendo il turismo e i trasporti commerciali (Milone 1911, p. 323, Teppati 1980, p. 69).
 
Miniere
Una voce non indifferente dell’economia locale era rappresentata dalla modesta coltivazione mineraria, che accomunava Chialamberto a molte altre comunità delle valli di Lanzo. Salvo poche eccezioni, si trattava di piccoli giacimenti, sfruttati sino all’esaurimento o abbandonati a causa degli alti costi di estrazione. Ciò nonostante, in queste valli tra i secoli XVI, XVII e XVIII, l’estrazione di minerali ferrosi era rilevante e rappresentava una integrazione dei lavori agricoli e della pastorizia. Tali attività erano divise in due settori, quello estrattivo e quello produttivo artigianale. Le attività estrattive spesso erano condotte durante i mesi estivi, a causa dell’altitudine dei punti di estrazione, e non impegnavano a tempo pieno i lavoratori, così che le attività agricole e quelle estrattive potessero non interferire tra loro. Il settore artigianale, al contrario, impegnava un notevole numero di lavoratori specializzati e rappresentò una voce costante nel panorama economico delle valli sino alla metà del secolo XX. Il mercato dei prodotti finiti era prevalentemente locale e riguardava soprattutto attrezzi agricoli e oggetti in ferro di uso comune.
L’esistenza di centri di lavorazione del ferro è ben documentata in epoca medievale. A Chialamberto tra il XIII e il XIV secolo erano già presenti delle fucine (Solero 1955, pp. 21-24). Nel 1267 Guglielmo VII marchese di Monferrato, concesse a Barizelo di Gerola le miniere della valle di Ala; in questo frangente troviamo citati dei forni a Chialamberto (Sesia 1978-1979, pp. 81-85). Nel 1422 esistevano forni per le fucine e miniere di ferro, concesse a nome di Pietro Goffi e Oddone Botti. (Milone 1911, p. 322) Durante il XVI secolo l’attività delle fucine continuava (Guglielmotto Ravet 1996, p. 318) Nelle fucine si producevano chiodi, coltelli, chiavi, serrature e altri oggetti in ferro. Alla fine del seicento, durante la Guerra della Grande Alleanza, nelle fucine di Chialamberto si produssero anche munizioni per l’artiglieria (Milone 1911, p. 322). Nel 1760 presso Vonzo, in regione Faguè, la famiglia Graneri sfruttava una miniera di rame (Milone 1911, p. 322). Questo giacimento, uno dei più rilevanti della valle, fu coltivato a lungo, sino alla seconda metà del XX secolo, grazie a numerose gallerie su diversi livelli (Guglielmotto Ravet 1996, p. 315, p. 320). Tra il 1873 e il 1874 avvennero alcuni sondaggi nella zona, al fine di trovare giacimenti di Pirite, Ferro e Piombo (Distretto Minerario, Cartella 76, fascicolo 767). Una volta individuato il filone le attività minerarie subirono un notevole incremento, specialmente dal 1886, quando la Società Dinamite Nobel di Avigliana avviò nuovi lavori a monte dei Prati della Via, in regione Fragné, e arrivò ad impiegare fino a 110 persone. Le attività estrattive proseguirono a fasi alterne sino al 1965 anno di cessazione definitiva dell’attività (Guglielmotto Ravet 1996, p 327, ASC, fald. 184, fasc. 4).
Tra la seconda metà del XIX e la metà del XX secolo è registrata una attività mineraria minore, condotta tramite lo sfruttamento di piccoli giacimenti. Il 7 Aprile 1877 fu richiesto il permesso di ricerca per minerale di Piombo argentifero e Rame in regione “Molinasso” (AST, Distretto Minerario, Cartella 78, fascicolo 945). Il 9 Giugno 1889 fu richiesto il permesso di ricerca di minerali in regione “Gorgia” e “Cornello” (AST, Distretto Minerario, Cartella 76, fascicolo 1190) e nel 1951 fu richiesto il permesso di ricercare talco e amianto in località Gabbi (AST, Distretto Minerario, Cartella 40, fascicolo 58)