Lu

AutoriRaviola, Alice B.
Anno Compilazione2002
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria.
Area storica
Monferrato (Alessandrino).
Abitanti
1252 (ISTAT, 1999).
Estensione
21,74 kmq.
Confini
A nord Occimiano, Conzano e Mirabello, a est San Salvatore Monferrato e Castelletto Monferrato, a sud Quargnento, a sud-ovest Fubine, a ovest Camagna e Cuccaro Monferrato.
Frazioni
Alla metà del XIII secolo il distretto di Lu comprendeva le località di Albareto e Valle de Ora e un luogo detto «ad spinetum» (Le carte dell’archivio capitolare, doc. 246). Albareto è menzionata anche in un atto del 1521, mentre è di due anni precedente l’attestazione di una regione della «alla Rosa» (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, m. 10, fascc. 1 e 2). Le frazioni di più recente attestazione sono tre: Campostrina, già attestata nel 1589, de Martini e Trisogli (Ricaldone 1982, pp. 69, 78 e 118). Il luogo era inoltre suddiviso in diverse contrade, delle quali resta ancora traccia nella toponomastica locale: Baldesca; Bersano o Bersanello; Bissa e Bista; Carezzara; Caudenga o Cassine de’ Martini; Cavajato o Cavajate; di Grana o del Chioso; Consortina; Costa; Fornace; Gabette; Galantina; Gibellina; Laione; Marmoria; Milana; Mirauda; Montà; Monte Torre; Novalesa; Novellina; Parnasca; Preizo; Rigentina; Salcio o Saliceto o cassine Capra; Signorina; Stazzano; Tribiano; Vaj; Versa; Vivera [Ricaldone 1982, pp. 59 sgg.].
Toponimo storico
Nelle fonti medievali il nome presenta poche varianti («Lu», «Lucus», «Leucus»); la citazione più antica, seppure incerta, risale a un documento del 960 in cui si fa cenno ad un «locus Luli» situato nel Monferrato [Cartario alessandrino, vol. III, doc. 450].
Diocesi
Lu rientra nella diocesi di Casale eretta dal papa Sisto IV nel 1474; in precedenza faceva parte della diocesi di Vercelli.
Pieve
L’erudito casalese Giuseppe De Conti, a inizio Ottocento, così scrisse di Lu: «dicesi costrutto sulle rovine dell’antico Borgo di Madiliano, capo di pieve, già situato sul piano, longi quasi due miglia da Lu, stato vastato e distrutto da’ Vandali e da’ Goti nel sec. VI. È voce popolare che in Madiliano s’adorasse ne’ tempi della idolatria un gallo d’oro, il perché, presso la cappella campestre oggi detta S. Giovanni da Majano, di tempo in tempo, da’ creduli contadini si è più d’una fiata tentato con scavi di scoprire questo non più veduto gallo prezioso» [A.C.C., Archivio De Conti, m. 8, fasc. 119, Memorie].
     La pieve cui De Conti faceva riferimento è quella di S. Giovanni di Mediliano, località prossima al colle su cui sorge Lu e sulla quale insisteva probabilmente il primo nucleo del paese stesso. Come la pieve di S. Evasio di Casale, cui era strettamente legata, la pieve di S. Giovanni fu fondata, secondo le più recenti ricerche, tra la fine del VII secolo e la fine del IX. Lì si veneravano le reliquie di S. Valerio traslate nel 1479 nella parrocchiale di Santa Maria Nuova di Lu; l’edificio, seppur abbandonato per secoli, si conserva tuttora, anche grazie ai restauri cui fu sottoposto nel 1987-88 [Banfo 1995].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nella conferma di Ottone I dei beni posseduti da S. Pietro in Ciel d’oro di Pavia, riguardo a Lu si fa riferimento anche alle chiese esistenti nel luogo («cum ecclesiis inibi fundatis») (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 451 del 962). La chiesa di Casale sembra avere qualche diritto su terre circostanti la località, come appare da un atto del 1254 con cui il prevosto della cattedrale accensò alcune terre da vigna ad un certo numero di persone (Le carte dell’archivio capitolare, doc. 226). Conferma se ne ha l’anno seguente, quando alcuni uomini denunciarono le terre che dovevano pagare fitti alla chiesa di Casale, poste nel distretto e territorio di Lu (Le carte dell’archivio capitolare, doc. 246).
     Quanto agli edifici di culto presenti in Lu vanno segnalate la chiesa di San Benedetto, probabilmente officiata dai Benedettini presenti a Conzano (vedi scheda relativa) e attestata nel 1028 e nel 1055 e la chiesa di San Pietro, anch’essa già esistente nel 1055 ed eretta in parrocchia da Celestino III nel 1191. Quest’ultima venne soppressa nel 1479, all’atto della fondazione della nuova parrocchiale e collegiata intitolata a Santa Maria Nuova, alla quale furono legati anche i benefici di Sant’Eusebio, «ruralem ecclesiam», e della chiesetta «sine cura» di Santa Maria di Marcenasco (Colli 1914; Ricaldone 1982, p. 74; Rinaldi 1983, p. 20). La nuova parrocchia andava ad affiancare quelle di San Nazzario e di San Giacomo, già esistenti, mentre sul sito della chiesa di S. Pietro, abbandonata nel 1482, ne sorse una dedicata a San Valerio (Colli 1914). A metà Settecento si contavano a Lu ben 16 benefici ecclesiastici, 9 dei quali consistenti nel diritto di nomina dei canonici di Santa Maria. Gli altri erano di giuspatronato laicale: il beneficio dell’Annunziata, dei marchesi Dalla Valle e Fassati; San Pietro, della fam. Belliardi; di San Girolamo, della fam. Bottini; dei SS. Valerio e Massimino, di libera collazione; della Concezione, delle fam. Pastrone e Bobba; il priorato di S. Francesco, di libera collazione. Erano attive due confraternite, dedicate una alla SS. Trinità, l’altra a S. Biagio (AST, Camera dei conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 6, Provincia di Casale). Il titolo di collegiata riservato a Santa Maria fu soppresso nel 1801, ripristinato con la Restaurazione e definitivamente abolito nel 1855; da allora la chiesa è semplice parrocchia (Colli 1914).
     Alla voce «Chiese» dei suoi Appunti toponomastici, Ricaldone elenca inoltre le chiese, oratori e cappelle di Santa Maria detta la Brusata; Sant’Antonio; San Sebastiano; San Giorgio; «alla cappelletta ossia cassine di Capra»; San Quirico; San Bernardo; San Nicolao; Santa Caterina; S. Gottardo; San Marco; San Carlo; San Giuseppe (Ricaldone 1982, p. 74; non è fornito alcun elemento di datazione).
Assetto Insediativo
L’attuale concentrico di Lu sorge su un colle di circa 300 m slm, in val Grana. La vicinanza della pieve di S. Giovanni di Mediliano (secc. VII-IX) ha portato alcuni studiosi a supporre che il nucleo originario di Lu sorgesse proprio in prossimità della chiesetta. Nel X sec., in seguito alle frequenti incursioni saracene nel territorio, gli abitanti si trasferirono sull’altura circostante dando vita, presumibilmente, ad un «centro agricolo curtense» [Banfo 1995, p. 417].
Luoghi Scomparsi
Da un documento del 3 marzo 1255 si viene a conoscenza dell’esistenza di un luogo detto Albareto, nei pressi della chiesa di S. Giovanni di Mediliano (Ricaldone 1982, p. 55) e di altri detti «Asenellum» (p. 58); «Felea» o «Felexea» (p. 78); «Picum Catiole» (p. 106); «Terbianum» o «Tribiano» [p. 118].
Comunità, origine, funzionamento
Non si hanno attestazioni dirette dell’esistenza di un comune; tuttavia, nel 1193, in occasione del patto di cittadinatico tra Asti e Alba, gli abitanti del luogo compaiono fra coloro che giurarono, il che testimonierebbe la presenza di una forma di organizzazione di tipo collettivo (Il «Rigestum comunis Albe», doc. 19). Una prova dell’esistenza di un comune vero e proprio si ha solo alla metà del Duecento, quando i consoli Bonifacio de Valle, Pietro Guercio e Milano Porracia ordinarono ad alcuni abitanti di Lu di denunciare le terre affittate dalla chiesa di Casale (Le carte dell’archivio capitolare, doc. 246 del 1255). In questo stesso documento si identifica l’esistenza di una zona fortificata del luogo, il ricetto. In seguito, rappresentanti di Lu furono presenti sia al parlamento monferrino del 1320, convocato per la creazione di una milizia alle dipendenze del marchese, con l’obbligo di fornire ben 6 militi, sia a quello del 1379 [Casalis 1833-1856].
Statuti
Non se ne ha traccia.
Catasti
Si conservano un registro delle consegne catastali per gli anni 1678-1698 e due registri per gli anni 1698-1765 [A.C.L., Mazzi  429-431]. La mappa catastale e il catasto completo risalgono al 1880 [A.C.L., Mazzo 291, con atti fino al 1903].
Ordinati
La serie è relativamente completa e continuativa dal 1644 [A.C.L., Mazzi 1 sgg.].
Dipendenze nel Medioevo
Con due diplomi del 960 e 962, l’imperatore Ottone I donò il luogo di Lu prima ai conti di Cuccaro (anche se l’identificazione del «locus Luli» con l’attuale Lu rimane incerta), poi al monastero di S. Pietro in Ciel d’oro di Pavia (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 450), insieme con altre località circostanti. In questo caso si fa riferimento a una precedente donazione del re Liutprando che forse comprendeva già Lu (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 451). Nel 1199 il «castrum» di Lu, con altri luoghi vicini, fu dato in pegno dal marchese di Monferrato agli ambasciatori di Milano e Piacenza in occasione della tregua temporanea imposta per porre fine alla guerra del marchese contro gli Alessandrini, gli Astigiani e i Vercellesi (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 168; Cartario alessandrino, vol. III, doc. 475). Alcuni decenni più tardi, il comune di Alessandria chiese e ottenne dal marchese di Monferrato Bonifacio II la cessione del luogo di Lu, in cambio della pace e di una cospicua somma in denaro per i danni materiali ricevuti dalla città e dagli abitanti (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 174 senza data ma probabile il 1234). Nel corso del XV secolo, Lu pare sottostare nuovamente alla dominazione dei marchesi di Monferrato che, nel 1448, lo vendettero e infeudarono in parti diseguali (3/4 e 1/4) ai cugini Daniele e Antonio Bobba, originari del luogo (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 1). Alla fine del Quattrocento (1483), su ordine del vicario imperiale, il castello di Lu venne consegnato da Bonifacio III di Monferrato al castellano di Avigliana, agente del duca di Savoia (Tallone 1916, p. 76; MHP, Ch., I, anno 1483), ma si trattò presumibilmente di una cessione temporanea dal momento che, al principio del Cinquecento, il luogo risultava nuovamente incluso nella giurisdizione del marchesato di Monferrato.
Feudo
Secondo Casalis, nel 1028 un decimo del borgo fu donato all’abbazia di S. Pietro di Savigliano da una certa Otta, del fu Ottone, probabile marchese di Monferrato; tale donazione venne confermata nel 1055 dalla vedova del marchese Anselmo II. Sempre Casalis parla di una breve infeudazione del luogo concessa dal marchese a Roberto Catena di Asti in seguito a un prestito richiesto per la spedizione in Terra Santa (1200 circa). Appartenuto per breve tempo al marchese di Saluzzo in seguito all’estinzione della progenie aleramica, Lu tornò rapidamente sotto il controllo di Teodoro Paleologo (1305), che non lo sottopose ad alcuna infeudazione. Nel 1431 il borgo passò temporaneamente sotto il controllo di Francesco Sforza, ma nel 1448 fu venduto da Giovanni IV Paleologo a Daniele ed Antonio Bobba (cfr. il lemma ‘Dipendenza nel Medioevo’) (Casalis 1833-1856; Banfo 1995). Il casato dei Bobba, originario di Lu, mantenne la maggior parte del feudo sino al 1621. Tra il 1653 e il 1654 il marchese Francesco Rolando Dalla Valle, anch’egli di famiglia luese, acquistò le porzioni vendute ai Grimaldi e ai Sanguineti di Genova. Da allora sino a tutto il XVIII secolo il feudo restò nelle mani dei Dalla Valle (Manno 1884-1934.).
Mutamenti di distrettuazione
Appartenente alla provincia di Casale sin dalle prime suddivisioni amministrative operate dai Gonzaga in Monferrato, durante l’età napoleonica Lu fu assegnato al dipartimento di Marengo, con capoluogo Alessandria. In seguito alla Restaurazione restò in provincia di Alessandria.
Mutamenti Territoriali

           

Comunanze
Tra il 1886 e il 1887 l’amministrazione comunale provvide a mettere all’asta alcuni gerbidi fino ad allora di uso comune [A.C.L., Mazzo 74, fasc. 5]. In seguito all’emanazione della legge sugli usi civici del 1927 e a un’ispezione in loco del perito Giovanni Capella, il Regio Commissariato per la liquidazione degli usi civici constatò invece che a Lu non sussistevano più terreni comunali di demanio civico [C.U.C., Provincia di Alessandria, Lu, fasc. 88].
Liti Territoriali
Atti relativi alla controversia territoriale tra Lu e Quargnento [A.C.L., Mazzo 30, fasc. 5 (1761-1763)]; atti di lite per i beni del canonicato Belliardi [A.C.L., Mazzo 86, fasc. 2 (1817-1822)]; atti della causa tra la comunità e la Compagnia del SS. Sacramento del Rosario [A.C.L., Mazzo. fasc. 3, 1828); atti relativi alla delimitazione dei confini tra Lu e Mirabello [A.C.L., Mazzo 88, fascc. 1 e 2 (1900-1934)]; atti di lite tra la comunità e i particolari [A.C.L., Mazzo 145 (1897-1959)].
Fonti
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Casale Monferrato).
A.C.C., Archivio De Conti, Mazzo 8, fasc. 119, Memorie compendiose sullo stato delle abbadie e castelli dell’odierno circondario di Casale esibito per la statistica nel 1811 (ms. s. d., autografo di Giuseppe De Conti).
 
A.C.L. (Archivio Storico del Comune di Lu).
     Riordinato nel 2001 da D. Brunetti.
 
A.N.P. (Archives Nationales, Paris).
A.N.P., F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804);
A.N.P., F3, Administration Communale, II, Marengo, 1, Lu, parrocchia S. Nazzario-cimitero.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino.
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, Mazzo 10;
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, Mazzo 44;
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Tributi del Monferrato, Mazzo 1;
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Provincia di Casale.
 
C.U.C. (Regione Piemonte, Archivio del Settore Riordino Usi Civici, Torino).
C.U.C., Provincia di Alessandria, Lu, fasc. 88.
Bibliografia
Banfo G., S. Giovanni di Mediliano: ricerche intorno a una pieve rurale, in «BSBS», 93 (1995), pp. 393-440.
 
Le carte dell’archivio capitolare di Casale Monferrato fino al 1313, a cura di F. Gabotto, U. Fisso, Pinerolo 1907-1908 (BSSS 40 e 41).
 
Cartario alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, Alessandria 1928-1930, 3 voll. (BSSS 113, 115, 117).
 
Casalis G., Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna, G. Maspero, Torino 1833-1856, 28 voll., vol. 9, pp. 901-908.
 
Colli E., Santa Maria Nuova di Lu, Casale 1914.
 
Gabotto F., Commentando Benvenuto San Giorgio. Pievi e chiese del Monferrato alla metà del Trecento, in «BSBS», 31 (1929), pp. 211-235.
 
Manno A., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino 1884-1934.
 
Monumenta Aquensia, a cura di G. B. Moribondo, Bologna 1967, 3 voll. (rist. anast.).
 
Monumenta Historiae Patriae, Chartarum, tomus I, Augustae Taurinorum 1836.
 
Nicodemi O., Statuti inediti di Rosignano, Alessandria 1910 (BSS 87).
 
Raviola B.A., Il Monferrato gonzaghesco: istituzioni ed élites di un «micro-stato» (1536-1708), tesi di dottorato in Storia della società europea in età moderna, Università degli Studi di Torino, 1998-2001, coord. L. Allegra, tutor G. Ricuperati.
 
Il «Rigestum comunis Albe», a cura di F. Gabotto, F. Eusebio, Pinerolo 1903 (BSSS 20).
 
Rinaldi P.M., Lu attraverso i secoli, Torino 1983.
 
Ricaldone G.A., Appunti toponomastici sul territorio di Lu, Lu 1982.
 
Ricaldone G.A., I Dalla Valle di Lu, Casale 1967.
 
Tallone A., Tomaso I marchese di Saluzzo (1244-1296) monografia storica con appendice di documenti inediti, Pinerolo 1916 (BSSS 87).
Descrizione Comune
Lu
     Secondo le recenti ricerche di G. Banfo, il nucleo originario del comune di Lu sorgeva nei pressi della pieve di San. Giovanni di Mediliano, legata a quella di Sant' Evasio di Casale e al culto di s. Valerio, tuttora caratteristico del luogo di Lu. Intorno al X secolo, in seguito all’incrudelirsi delle incursioni saracene, gli abitanti avrebbero iniziato a trasferirsi su un colle circostante, nella vallata del torrente Grana, e a dar vita a una «curtis»; come tale, almeno, è definito in un documento del 1028 [Banfo 1995].
     Quanto ai secoli centrali del Medioevo, come si è detto nella prima parte della scheda (cfr. i lemmi ‘Comunità, origine, funzionamento’ e ‘Dipendenza nel Medioevo’), non si hanno attestazioni dirette dell’esistenza di un comune organizzato, ma la presenza di alcuni abitanti di Lu alla stipulazione del patto di cittadinatico tra Asti e Alba del 1193 è quantomeno sintomatica dell’importanza rivestita dal luogo sul finire del XII secolo. Nel corso del XIII Lu fu dotato di un ricetto fortificato, che non impedì tuttavia l’assalto delle truppe del marchese di Saluzzo nel 1305 e la conquista messa a segno da Teodoro I Paleologo nel 1307 (AC Casale, Archivio De Conti, m. 8, fasc. 119, Memorie). Entrato così a far parte definitivamente della giurisdizione marchionale del Monferrato, Lu poté crescere e consolidare le proprie strutture politiche, come dimostra la presenza di luesi ai parlamenti monferrini del 1320 e del 1379. In occasione del primo, tra l’altro, alla comunità fu assegnato l’obbligo di fornire sei uomini per la milizia marchionale in fase di allestimento; rispetto a quello di altre località vicine (Murisengo, ad esempio, che avrebbe dovuto inviare un solo milite), il numero era piuttosto elevato, a riprova della relativa popolosità e ricchezza di Lu.
     Non infeudato sino alla metà circa del XV secolo, il luogo fu venduto nel 1448 ai cugini Daniele e Antonio Bobba che ne acquistarono rispettivamente tre quarti e un quarto sborsando complessivamente 1650 ducati; a quel prezzo, piuttosto cospicuo, i Bobba si aggiudicarono tutta la giurisdizione e i redditi del luogo, con facoltà di poterli trasmettere ai propri eredi maschi. L’atto andava a suggellare il potere della famiglia, originaria proprio di Lu, e segnava la fine dell’autonomia comunale del paese, già indebolito dall’occupazione e dal saccheggio perpetrato nel 1431 dalle truppe del duca di Milano capitanate da Francesco di Codignola (AC Casale, Archivio De Conti, m. 8, fasc. 119, Memorie). Lo stesso marchese Giovanni IV Paleologo aveva alienato Lu per rinforzare le risorse marchionali prostrate dalle continue guerre con i principi vicini. Fu comunque nei primi anni della signoria Bobba che il paese assunse confini più precisi, come dimostrano alcuni atti del 1456-1457 relativi alla separazione tra i territori di Lu e Quargnento (AC Lu, m. 30, fasc. 5, documenti in copia allegati agli atti di lite del 1761). In virtù della sua strategicità, nel 1483, su ordine del vicario imperiale, il castello di Lu fu consegnato da Bonifacio III al castellano di Avigliana, agente del duca di Savoia; come si è anticipato, si trattò presumibilmente di una cessione temporanea legata ai fragili equilibri di poteri tra i due sovrani, ma è lecito ipotizzare che la giurisdizione del luogo abbia continuato ad appartenere al marchese di Monferrato.
     Due atti di compravendita d’inizio Cinquecento lasciano peraltro intendere che a Lu si andava costituendo una vera e propria élite locale, ben rappresentata dalla famiglia Dalla Valle, originaria del luogo (Ricaldone 1967) e assai inserita nei circuiti della corte di Casale: nel 1519, infatti, Giovanni Matteo Dalla Valle cedette in enfiteusi un appezzamento sito sul finaggio di Lu, regione la Rosa, a tale Nicola Carello, e nel 1521 Giovanni Nicola Dalla Valle acquistò un terreno in località Albareto (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, m. 10, fascc. 1 e 2). Il casato principale, comunque, restava quello dei feudatari Bobba che, durante la dominazione dell’ultimo marchese Paleologo, ottennero la riconferma delle antiche prerogative e ne acquisirono altre: il 30 ottobre 1530 il marchese Giovan Giorgio e la zia Anna d’Alençon donarono a Daniele Bobba tutti i redditi pagati annualmente dalla comunità (grano, vino, tassa dei cavalli e tributi ordinari) in considerazione della grata servitù da lui resa come «consiliarius et hospitii nostri magister per omnem eius etatem postquam adolevit sincera integraque fide, zelo et animi promptitudine» (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 2). Alcuni rami della famiglia ebbero più fortuna di altri: nel 1541 Vespasiano e Fabrizio Bobba acquistarono per 150 scudi una casa, sita nel cantone Montaldo, confiscata al congiunto Mario in seguito al suo coinvolgimento in una congiura filo-gonzaghesca organizzata da alcuni casalesi nel 1533 (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 3; sulla congiura cfr. Raviola 2001, pp. 35 e sgg.).
     Figlio ed erede di Fabrizio fu Traiano, il primo feudatario di cui sono noti i contrasti con la comunità. Questa, infatti, aveva giurato fedeltà a Margherita e Guglielmo Gonzaga nel 1558 intendendo sottoporsi all’immediata giurisdizione marchionale (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 4 [18 ottobre]). Il fatto stesso che i «sindaci et procuratores» firmatari dell’atto fossero esponenti delle due famiglie di spicco – si trattava di Giovanni Enrico Bobba e di Giovanni Bernardino Dalla Valle – lascia intendere che l’élite, depositaria comunque di un ruolo privilegiato, fosse concorde nel non esaltare le prerogative dei Bobba. Verso la fine del Cinquecento, però, in sintonia con il processo di aristocratizzazione che interessò il Monferrato (Raviola), Traiano Bobba fece valere le sue ragioni presso il Senato, pretendendo che gli uomini di Lu riconoscessero la sua autorità e gli giurassero fedeltà secondo il rinnovo dell’investitura concessogli dal duca Vincenzo I. La comunità fece ricorso al sovrano facendo osservare che nel 1532 il marchese Giovan Giorgio aveva negato a Daniele Bobba tale facoltà e che nemmeno Fabrizio, che aveva tentato di impadronirsene nel 1544, durante l’occupazione francese del Monferrato, aveva avuto successo «per la resistenza che fecero gl’huomini dil medesimo luogo di quel tempo». L’opposizione a Fabrizio Bobba era stata guidata da un suo parente, Guglielmo Bobba, e da Girolamo Dalla Valle, a riprova delle tensioni scaturite in seno al ceto dirigente; essa, però, aveva raccolto il consenso di tutto «quel popolo» che «non ha mai voluto giurar fedeltà ad altro che al principe nostro». Oltre a chiarire altri motivi di contrasto tra la comunità e i Bobba – il fratello di Traiano, Alfonso, era violento e si era macchiato di vari delitti –, le deposizioni di 23 abitanti di Lu raccolte dal Senato forniscono dati utili sulla situazione della località a Cinquecento inoltrato «la terra di Lu è ben popolata, trovandovisi da 400 fuochi et essendovi da 200 fanti di milizia, che all’occasione compaiono ben armati et vestiti, et è habitata da diverse familie nobili de Bobba et Della Valle e Colombi de’ quali, se ben non hanno giurisditione in esso luogo, ne hanno però in altri luoghi di questo Stato, alcune parti come il sig. Mario Bobba nelli luoghi di Terruggia e Rosignano e Castel de Grana, e ms. Sebastiano Della Valle a Mirabello et uno de’ Colombi a Cucaro. Anche s’agiunge collà farsi un mercato ogni settimana libero da daciti d’esso luogo, dove concorrono assai persone essendovi nella terra delle boteghe da speciari, calzolarii e simili e che questo commune ha facoltà giurisdizionale nelle cause civili che sono conosciute da luoro consuli, come ancho qualc’une criminali legiere, havendo per segno di giurisdizione una berlina apresso la casa del commune, dove si ministra giustitia da detti consuli che sono deputati dall’istesso commune, che pretendono anche esservi un luogo dove il castelano non puossi altrove essaminar testimonii nelle cause gravi e criminali, e che li castelani debbino giurar l’oficio in mano de’sindici, il che, però, quanto a questi due particolari cappi, non è in osservanza».
     Tuttavia, com’era prevedibile, il Senato votò contro le consuetudini e a favore di Traiano, sottolineando che «già si trovava la castellania di detta terra di Lu infeudata antichissimamente alli signori Bobba, onde non si trattava di nuova alienatione, ma d’accrescimento di privilegio» (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 5, relazione del Senato del 3 aprile 1589). Il duca ordinò così alla comunità di giurare fedeltà al Bobba e il provvedimento innescò nuove resistenze da parte della comunità che tentò di ottenere la revoca della concessione nel 1591, nel 1596 e negli anni a venire, insistendo sul fatto che «una terra nobile e qualificata, con sudditi d’importanza» come Lu avrebbe dovuto dipendere direttamente dal dominio ducale. Le liti con i Bobba riguardarono in particolare la nomina del podestà e ancora nel 1615 i consoli di Lu proposero al duca Ferdinando di acquistare i diritti podestarili «per liberarsi dalla tirania» dei feudatari (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 6).
     L’offerta non ebbe seguito anche perché, pochi anni più tardi, il ramo luese dei Bobba si estinse e il feudo, dopo alcuni anni di relativa libertà, fu venduto a Silvestro Grimaldi, nobile genovese creditore della Camera di 23.500 scudi d’oro per i prestiti fatti a Vincenzo Gonzaga dal 1608 (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 10, 1638, giugno 3). Alcune porzioni della giurisdizione finirono poi nelle mani di altri patrizi genovesi, i Sanguineti, ma, a causa della mancanza di fonti del periodo, nulla si sa dell’effetto della nuova dominazione su Lu: è ipotizzabile che, data la lontananza dei nuovi signori, la comunità abbia avuto la possibilità di conquistare maggiore autonomia e di autoregolamentarsi negli anni difficili delle guerre del Monferrato e dei Trent’anni. Non venne meno, però, la supremazia del casato Dalla Valle che, anzi, trasse innumerevoli vantaggi sia dalla scomparsa dei Bobba sia dalle contingenze. Francesco Rolando Dalla Valle, infatti, non solo divenne primo ministro del duca Carlo II Gonzaga-Nevers e governatore di Casale, ma, grazie ai servizi resi in quegli incarichi, nel 1653 fu investito di 3/4 della giurisdizione di Lu riscattati dai Grimaldi e l’anno successivo acquistò l’ultimo quarto, divenedo marchese di Lu con prerogative assai ampie (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 11).
     Da allora, la dominazione dei Dalla Valle sarebbe stata lo sfondo obbligato delle vicende della comunità, impegnata soprattutto a dirimere questioni di carattere fiscale. Tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del Seicento il consiglio municipale fece causa a vari particolari debitori sin dal 1620, incontrando non poche difficoltà sia nel riscuotere i crediti sia nel far fronte alle imposte ordinarie e straordinarie decretate dal centro (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fascc. 12 e 13). Nel 1695, per risollevare le sorti dell’economia locale il marchese Antonio Maria Dalla Valle chiese e ottenne di poter ripristinare il mercato settimanale interrotto da decenni; sarebbe stato opportuno, però, secondo le indicazioni del Senato, istituire una dogana «essendo il feudo di Lu luogo limitrofo e per conseguenza facile nell’introduttione et uscita» delle merci (AST, Corte, Feudi per A e B, m. 44, fasc. 14). Rispetto ad altre località vicine, comunque, la situazione non era drammatica: Lu era tra i centri più popolosi – 221 fuochi nel 1707 – e il valore del suo registro catastale era piuttosto alto, ammontando a 736 doppie (AST, Camera dei conti, Prima Archiviazione, Tributi del Monferrato, fasc. 1). Naturalmente non mancavano i problemi: i numerosi beni feudali dei Dalla Valle, ad esempio, erano fiscalmente immuni ed elevati furono i debiti contratti da Lu negli anni della guerra di successione spagnola (21.073 ducatoni nel 1713, ridotti a 17.650 nel 1725).
     Lu si dovette anche scontrare con il rigido riformismo sabaudo dovendo rinunciare all’esenzione dai dazi supplicata per il mercato locale che pure, nel 1727 e nel 1733, era stata parzialmente concessa (AST, Corte, Paesi per A e B, L, m. 10, fasc. 4 [1749]).
     A metà Settecento, però, la situazione era piuttosto positiva: abitato da 1793 anime, Lu aveva ormai un mercato fiorente, che si teneva ogni martedì, produceva grano e vino in quantità – su 5722 moggia complessive, 3850 erano adibite a vigneti e 1312 ad altre colture – e qualche risultato fornivano anche l’allevamento dei bachi e la tessitura a domicilio garantita da 12 telai. I punti dolenti erano rappresentati dall’esistenza di sacche di indigenza («li particolari poveri andavano a zappar melighe sul Vercellese») e dalla persistenza dei debiti (quasi 10.700 lire, oltre le 8127 di tributi camerali). Quanto all’assetto territoriale, negli anni immediatamente successivi al sondaggio dell’Intendenza di Casale, in linea con le riforme perequative messe in atto dallo Stato sabaudo, la comunità di Lu provvide a ridefinire i propri confini. Lo testimoniano gli atti di lite tra Lu e Quargnento accumulatisi tra il 1761 e il 1763 in merito a terreni confinanti e tassabili a seconda del comune di appartenenza (AC Lu, m. 30, fasc. 5).
     Alle controversie di confine vanno affiancate quelle interne, giocate su due fronti spesso intrecciati tra loro: quello del controllo delle prebende ecclesiastiche del luogo e quello della gestione dell’amministrazione politica. Partendo dal primo, si osservano la proliferazione di edifici di culto legata alla frammentazione del vasto territorio (cfr. il lemma ‘Altre presenze ecclesiastiche’) e, soprattutto, il ruolo di primo piano ricoperto dalla collegiata di Santa Maria Nuova. L’idea di fondare una nuova parrocchia era stata di Daniele Bobba che, divenuto feudatario nel 1448, aveva chiesto a Nicolò V, in accordo con la comunità, di poter erigere una chiesa che fosse dedicata alla Madonna e che godesse delle poche rendite delle altre tre parrocchie luesi – San Pietro, San Nazzario e San Giacomo – e dell’antica pieve di San Giovanni di Mediliano, ormai in rovina. Il permesso fu accordato ma, per ragioni sconosciute, il Bobba non diede l’avvio ai lavori. Nel 1479, però, la comunità, rappresentata da Tommaso Dalla Valle, ripeté la domanda al pontefice, ottenendo un secondo responso favorevole.
     La chiesa fu costruita e, soppressi i benefici di San Pietro e di altre chiese, fu promossa a collegiata con giuspatronato della comunità stessa (Cooli 1914). Concepita dunque per iniziativa privata, Santa Maria Nuova divenne l’emblema dei diritti comunali contrapposti a quelli signorili. Tra fine Cinquecento e inizio Seicento, infatti, la facoltà di nominare prevosto e canonici fu più volte sbandierata come prova del prestigio e dell’autonomia locali e fu sempre difesa dall’ingerenza dei feudatari (AST, Corte, Paesi, Feudi per A e B, fascc. 5 e 15). I portavoce delle ragioni comunali erano più che altro i consiglieri e non sembra scorretto dire che Santa Maria era il luogo di culto in cui si indentificavano soprattutto gli esponenti delle famiglie più in vista: Quarterio, Bolla, Pavaranzo, Rollo e poche altre. A soddisfare i bisogni cultuali del resto della popolazione, sia quella residente nei vari cantoni interni al paese sia quella delle frazioni, continuarono infatti a provvedere le antiche parrocchie di S. Giacomo e S. Nazario e una molteplice serie di cappelle e oratori disseminate sul territorio.
     A cementare gli abitanti di Lu sotto il profilo religioso fu invece il culto di s. Valerio, alimentato da una leggenda priva di fondamento secondo la quale il santo sarebbe stato martirizzato e sepolto nei pressi di Lu (Banfo 1995). Verso la fine del Cinquecento, «in una capella situata nelle ruine del castelo […] restava custodito in una cassa il corpo di Santo Valero, sotto tre chiavi tenuti dagl’huomini di quel commune» (AST, Corte, Feudi per A e B, fasc. 5). La collocazione della preziosa reliquia restò immutata fino a che, il 31 maggio 1720, non fu trafugata da due ladri poi arrestati e condannati a morte. Una volta ricuperate, le spoglie del santo furono sistemate nella cripta di Santa Maria nell’ambito di una funzione celebrata dal vescovo di Casale Radicati e alla quale, secondo una fonte parrocchiale, accorsero quasi 6000 persone (Rinaldi 1983, p. 67). Da allora la ricorrenza di san Valerio (22 gennaio) divenne uno degli eventi più significativi per la comunità, disposta a stornare 500 lire dal bilancio «per sollennizzare la festa dell’unico loro protettore» mediante una particolare illuminazione della parrocchiale e di una processione accompagnata da musicisti casalesi o alessandrini (AST, Corte, Paesi per A e B, fasc. 6 [1775]).
     Nel corso del Settecento si infittì anche il numero dei benefici ecclesiastici, molti dei quali di patronato laicale: alcuni furono istituiti da famiglie emergenti come quella dei Belliardi, originari di Terruggia, e dei Bottini (S. Pietro e S. Girolamo), altri sorsero per volontà degli antichi feudatari Bobba o dei Dalla Valle, altri ancora erano di «libera collazione». Anche il diritto di nomina dei nove canonici della collegiata fu in parte acquisito da privati: mentre cinque canonicati continuavano a restare di nomina della comunità, gli altri quattro, intorno al 1755, spettavano rispettivamente ai Belliardi, al prevosto della collegiata stessa, alla confraternita del Rosario ad essa legata e alla famiglia Forni (AST, Camera dei conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 6, Provincia di Casale).
     In merito all’amministrazione politica, va rilevata l’irrequietezza del ceto dirigente luese negli anni immediatamente successivi alla Restaurazione. Le tensioni, maturate probabilmente in età napoleonica (ma non si conserva documentazione del periodo), sfociarono in accuse e liti di vario genere, a partire dalle denunce del podestà Pietro Colli contro il sindaco Cesare Pavaranza, ritenuto persino responsabile della diffusione, tra i giovani del paese, del «vizio detestabile e rovinoso dei giuochi d’azzardo» (AST, Corte, Paesi, Feudi per A e B, fasc. 7 [1814]). Le critiche coinvolsero anche altri esponenti del consiglio, come l’avvocato Giuseppe Boltri, fratello dell’ex sindaco Giovanni, il quale ultimo fu poi implicato nei moti del 1820-1821 facendo sì che la Segreteria degli Interni prestasse una certa attenzione alla vita politica di Lu (AST, Corte, Paesi, Feudi per A e B, fascc. 9-13) e che si creassero in loco due blocchi contrapposti tra loro. Come scrisse il prefetto di Alessandria Simonini nel dicembre 1828, «vi sono nel luogo di Lu già da più anni due forti partiti, uno a favore del clero e l’altro a favore della communità» (AST, Corte, Paesi, Feudi per A e B, fasc. 14), pronti a litigare soprattutto sulla soppressione della Collegiata di S.ta Maria.
     In effetti, negli anni successivi, si polemizzò sia sulla gestione dei canonicati sia sulla costruzione di un nuovo cimitero lontano dall’abitato: «niuno sa comprendere – si legge in uno scritto anonimo diretto all’Intendenza di Alessandria – come nella comune di Lu […] che fa oltre 3000 anime di popolazione e che ha tre parochie e per conseguenza tre cimiteri dentro l’abitato, non si dia esecuzione agl’ordini sovrani di costrurre il cenotafio fuori del paese […] mentre tutte le più piccole comuni che la circondano e che appartengono alla provincia di Casale, cioè Cuccaro, Conzano, Camagna, Occimiano e Mirabello, etc., fecero a gara per costrurre detto cenotafio» (AST, Corte, Paesi, Feudi per A e B, fasc. 17, 1835). Quanto ai canonicati e alle istituzioni ecclesiastiche si accesero liti sul canonicato Belliardi e sulla Compagnia del SS. Sacramento e del Rosario eretta in Santa Maria (AC Lu, m. 86, fascc.2 e 3, 1817-1828) e solo nella prima metà del XX secolo il consiglio comunale di Lu rinunciò alla facoltà di poter nominare il parroco della chiesa (AC Lu, m. 322, fasc. 2, 1904-1935).
     Anche i confini di Lu restarono fluidi a lungo e nel 1819 il comune entrò in lite con quello di Mirabello per questa ragione (AST, Corte, Paesi, Monf., Feudi per A e B, m. 44, fasc. 10). Nei decenni successivi si giunse ad un accordo che portò alla costruzione di un troncone di strada che collegasse i due paesi (AST, Corte, Paesi, Monf., Feudi per A e B, fasc. 22, 1830-1840) e nella seconda metà del XIX secolo fu risistemata tutta la rete stradale circostante Lu (AC Lu, m. 74 e m. 357) in concomitanza con l’incremento delle compravendite territoriali nelle contrade più periferiche del paese (AC Lu, m. 87). Il confine tra Lu e Mirabello, però, fu fissato solo tra il 1900 e il 1934, con lo scambio di alcune porzioni di territorio e sotto l’egida delle prefetture di Alessandria e di Casale (AC Lu, m. 88). Infine, con l’alienazione di alcune proprietà dei canonicati di Santa Maria messa a punto nello stesso periodo (AC Lu, mm. 167-168) si chiusero le annose pendenze tra il comune e il clero locale.