Cesana Torinese

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2006
Provincia
Torino
Area storica
Briançonnais, «Outre-monts» del Delfinato. All’interno dello Stato sabaudo, dopo il trattato di Utrecht (1713): Vallées de Dauphiné en deça des monts/du Montgenèvre, Vallées d’Oulx, Cézanne et Bardonnêche, Valli Superiori (scil.: della Provincia di Susa). La denominazione «alta Valle di Susa» comincia a diffondersi nella seconda metà del secolo XIX, a partire dal lessico delle guide turistiche e dalla geografia dei collegi elettorali (Maurice 1976, p. 157; Patria 1996, p. 29).
Abitanti
1043 (BDDE 2004)
Estensione
121,30 kmq
Confini
A nord Oulx, a est Sestriere, a sud Sauze di Cesana, Abriès (F) e Cervières (F), a ovest Claviere e Montgenèvre (F).
Frazioni
Bousson, Désèrtes, Fénils, Mollières, Solomiac, Thures, Champlas Seguin, Rhuilles, San Sicario Borgo, San Sicario Alto, Pra Claud. Vedi mappa.
Toponimo storico
«Sesana» (1039 o 1078), «Sesanna» (1057), «Sesanea» (1137), «Sezana» (1165), «Sesania» (1225) [Gasca Queirazza 1997, p. 197; Olivieri 1965, p. 124]. Cézane, Cézanne e varianti fino al secolo XIX. Il comune di Cesana assume la nuova denominazione Cesana Torinese il 21 dicembre 1862 [Variazioni 1862-1888].
Diocesi
Prima dell’invasione longobarda, il territorio dell’attuale comune di Cesana era compreso nella diocesi di Torino, che allora estendeva la sua giurisdizione a tutta la Valle di Susa e oltre, comprendendo anche la Moriana. Intorno al 575, il re franco di Borgogna, Gontranno, occupò tutta la valle della Dora Riparia, raggiungendo ad oriente l’attuale Chiusa San Michele. A questo evento seguì, forse nel 579, l’erezione a diocesi autonoma della Moriana con sede a Saint-Jean-de-Maurienne e l’annessione della stessa Valle di Susa alla neonata entità ecclesiastica. Tale situazione durò almeno fino al IX secolo, quando la Valle di Susa fu smembrata politicamente dalla Moriana e assegnata al regno italico. È probabile che in tale frangente si sia realizzata anche la separazione della valle dalla diocesi di Moriana (Casiraghi 1979, p. 25; Gros 1948, I, pp. 51-54). Nel complesso, si osserva, a partire dal X secolo, un progressivo gravitare della Valle di Susa su Torino (Casiraghi 1979, p. 46). Con il passare del tempo, tale tendenza si rese sempre più evidente, tanto che, nel 1029, fu il marchese di Torino Olderico Manfredi, insieme con il fratello Alrico, vescovo di Asti, e la moglie Berta, a fondare l’abbazia di San Giusto a Susa, dotandola di un terza parte «totius vallis Secusiae, a montibus Genevi et Cinisi, usque ad villam Vagam», l’attuale Vaie (Casiraghi 1979, p. 47; Cipolla 1896, doc. 1, p. 61 sgg.; Sergi 1994, pp. 38-41). Nel 1042, poi, Adelaide, contessa di Torino, e il secondo marito, Arrigo (o Enrico) del Monferrato, donarono alla chiesa cattedrale di San Giovanni, sede della diocesi torinese, oltre alla pieve di Santa Maria di Susa, anche le altre chiese della valle (eccettuati il monastero di San Giusto, la chiesa del castello di Susa e la chiesa di Sant’Antonio) e «omnis decima eiusdem vallis Secusie sicuti detinent montes qui nuncupantur Genevus et Ciniso seu mons ille in quo Altareto dicitur et sicuti detinent Alpes inter regnum Burgundie et Italicum regnum» (Casiraghi 1979, p. 47; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. 1, pp. 1-3). Infine, la fondazione della prevostura di San Lorenzo di Oulx, databile dopo il 1042 (Casiraghi 1979, p. 48 n. 173; Le carte della prevostura d’Oulx, p. VI), inserì un elemento nuovo nel panorama della gestione del potere non solo spirituale dell’alta Valle di Susa.
La giurisdizione diocesana di Torino sull’alta Valle di Susa si protrasse fino alla metà del XVIII secolo. Fu, infatti, nel 1749 che, con la soppressione della prevostura di San Lorenzo di Oulx, l’intero comprensorio passò sotto il controllo della nuova diocesi di Pinerolo, a capo della quale venne posto l’ultimo prevosto, Giovanni Battista d’Orlié de Saint Innocent, in quanto, per decisione del pontefice Benedetto XIV, il vescovo di Pinerolo avrebbe dovuto rivestire anche la «dignità di abate d’Oulx» (Mola di Nomaglio 2000, p. 96). La creazione della diocesi di Susa alcuni decenni dopo, nel 1772, non implicò il passaggio automatico delle parrocchie dell’alta valle alla nuova diocesi, perché Pinerolo mantenne il controllo su di esse fino alla morte del vescovo e prevosto d’Orlié, avvenuta nel 1794.
Gli eventi politici successivi, determinati dagli interventi napoleonici, portarono nel 1804 alla soppressione della diocesi di Susa e quindi alla temporanea aggregazione delle parrocchie della valle alla diocesi di Torino fino al 1817, quando Pio VII restaurò la sede vescovile di Susa, della quale le parrocchie site nel territorio dell’odierno comune di Cesana Torinese fecero da quel momento nuovamente parte (Bartolomasi 1972, p. 76; Maurice 1976, pp. 93-97).
Pieve
Dove già esisteva una chiesa pievana intitolata a San Lorenzo, venne fondata nella seconda metà del secolo XI – forse già dopo il 1042 – la prevostura di San Lorenzo di Oulx, l’ente ecclesiastico che tanta importanza ebbe nella storia non soltanto religiosa dell’alta valle (Casiraghi 1979, p. 48 n. 173; Le carte della prevostura d’Oulx, p. VI). L’antica pieve, detta «ad martyrum», forma cristianizzata di «ad Martis», era sorta probabilmente nel sito di un tempio dedicato a Marte, che aveva dato il proprio nome alla zona (Mola di Nomaglio 2000, pp. 62-63; Benedetto 1966, p. 109).
Fin dal suo nascere, la prevostura subentrò all’abbazia di Novalesa, di cui, secondo alcune ipotesi, potrebbe essere stata una ramificazione, nel favore dei principi e dei vescovi (Casiraghi 1979, p. 103 n. 427; Mola di Nomaglio 2000, p. 64). Un atto databile tra il 1050 ed il 1061, relativo ad una donazione effettuata da un tale «Poncius clericus» di Bardonecchia, insieme con la moglie, i figli e le figlie, attesta per la prima volta l’esistenza della comunità religiosa ulciense, alla quale erano preposti due presbiteri e da cui dipendevano chiese e parrocchie disseminate nell’alta valle di Susa, «de monte Genevo usque ad pontem Galambre qui vocatur Exillas» (Le carte della prevostura d’Oulx, doc. II, pp. 3-4; Benedetto 1953, p. 12). Più o meno contemporaneamente, nel 1057, la contessa Adelaide e il terzo marito, Oddone, figlio di Umberto Biancamano, conte di Savoia, sottoscrissero un atto di donazione nel quale si legge:
donamus [...] ecclesiam Sancti laurenti qui vocatur plebe martyrum et ecclesiam sancti iusti quam cepit edificare berta comitissa donamus has ecclesias et ceterarum ecclesiarum que in parochiis de Sesanna et de Ulcis et de Salalbertrana constructe sunt aut deinceps erunt vel aliarum ecclesiarum quarum date erunt ex voluntate illorum qui potestatem habent possidendi. Donamus et trasfundimus has ecclesias supradictas cum res ecclesiarum, hec sunt decimationes et primicie et oblaciones fidelium tam vivorum quam defuntorum et donamus terras et pratos et silvas cultis et incultis et aquas aquarum secundum quo videtur ad ecclesiam Sancti Laurenti pertinere quantum clerici Sancti Laurenti conquirere potuerint cum nostra voluntate vel cum illorum voluntate qui per manum nostram terram tenent. Ego Oddo et uxor mea Adelaicis et filii mei Petrus Admedeus et filie mee hac donationem facimus ad clericos qui in eodem loco regulariter vivunt (Le carte della prevostura d’Oulx, doc. VII, pp.7-10; Casiraghi 1979, p. 73).
  Tra il 1061 e il 1065 possiamo datare, inoltre, la donazione alla prevostura, da parte della contessa Adelaide, della pieve di Santa Maria di Susa e del distretto di chiese di cui era dotata. Il successivo atto di conferma di tale donazione, sottoscritto dal vescovo di Torino Cuniberto e rivolto al prevosto d’Oulx, Nantelmo, datato 1065, comprendeva anche la cessione di quarantuno chiese della Valle di Susa:
in nomine Sancte e Individue Trinitatis. Ego Cunibertus divina miseratione taurinensis episcopus [...] erat equidem intra fines nostri episcopii locus inter alpes situs, qui plebs Martyrum nuncupatur, inter Secusiam et Jani montem, secus ripam Durie fluminis [...] congregationi Sancti Laurentii ultiensi de martyrum prefata plebe, presenti et future, Deo sibi famulanti, iure perpetuo, donamus et concedimus cum primitiis, decimis, elemosinis, oblationibus, testamentis, parochiis, omni iuri parrochiali et universis omnino beneficiis, que illi pertinere disponuntur et in futurum, Deo favente, contigerint, ecclesiam Sancti Johannis Baptiste de Sesana, ecclesiam Sancti Cycarii, ecclesiam Sancti Restituti, ecclesiam Sancti Gervasii, ecclesiam quoque Sancti Arigii, ecclesiam Sancti Marci, ecclesiam Sancte Marie de Ultio, ecclesiam Sancti Gorgonii de Savolis ecclesiam Sancti Michaelis de Bedullario, ecclesiam Sancte Marie et Sancti Yppoliti de Bardonisca, ecclesiam de Salaberta, et si quelibet, sint vel fuerint alia bona que nostre congruant episcopali ditioni in iamdicte plebis martyrum totum plebanatum. Simili modo subdimus, conferimus, et damus huic sanctissimo loco beati Laurentii de Ultio et fratribus degentibus ibidem, presentibus et futuris ecclesiam plebem et penitentialem Sancte Marie que sita est et edificata infa civitatem Secusiam cum omnibus pertinentis et possessionibus suis.
   Contemporaneamente, il vescovo ordinava Nantelmo canonico della cattedrale di Torino:
«te Nantelmum dilectum filium nostrum prefatum Ultiensem prepositum in nostra maiori Taurinensium sancte Johannis ecclesia pro canonico nostro recepimus, statuentes ut quicumque deinceps prepositus Ultiensis catholice fuerit, ibi canonicus noster in perpetuum habeatur» (Le carte della prevostura d’Oulx, doc. XXI, pp. 21-28).
   In questo modo veniva attribuita una fisionomia definitiva alla fondazione, che assunse la forma di una chiesa collegiata, cioè di una congregazione di canonici regolari con a capo un prevosto, e retta, come regola comune di vita, da quella canonicale di Aquisgrana (Benedetto 1953, p. 13; Benedetto 1966, p. 105; Casiraghi 1979, pp. 49-50; Cipolla 1899-1900, p. 103). Sebbene sia stato dimostrato che il documento del 1065 costituisce un falso diplomatico, esso si può ritenere corretto nella sostanza (Cipolla 1899-1900, p. 119), ed è quindi da considerarsi valido l’elenco dei possessi donati o confermati alla prevostura. Infatti, in un documento di poco più tardo (21 settembre 1098), il successore di Cuniberto, Guiberto, confermò a Nantelmo tali possessi, tra i quali figurano le chiese di Bardonecchia, Beaulard, Cesana, Oulx, Salbertrand, Exilles e Chiomonte (Benedetto 1966, pp. 107-108; Casiraghi 1979, p. 49; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. LXI, pp. 68-71). Più o meno negli stessi anni, ossia tra il 1053 e il 1063, Guigo I il Vecchio, primo dei conti di Albon, che presto avrebbero assunto il titolo di Delfini, concesse alla chiesa di S. Lorenzo un «mas» in Cesana, insieme con le decime delle chiese della stessa Cesana, di Oulx e Salbertrand (Benedetto 1953, p. 19; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. XVIII, p. 18). In seguito, tanto Guigo il Vecchio che i suoi successori effettuarono donazioni di beni siti in alta valle o redditi alla prevostura. Particolare rilevanza per le implicazioni di carattere politico ebbe l’estensione della giurisdizione della prevostura sulla pieve di Santa Maria di Susa, la cui dignità di antica chiesa matrice della valle era riconosciuta da tutti. Questa concessione fu all’origine di una serie di interminabili dispute tra i due enti (Casiraghi 1979, p. 50). La tendenza autonomistica dei chierici di Santa Maria si fece più evidente alla morte della contessa Adelaide, avvenuta nel 1091. Nel 1097 Umberto II, conte di Savoia e nipote di Adelaide, introdottosi nella Valle di Susa, fece predisporre un diploma con il quale confermava alla prevostura le donazioni effettuate dalla nonna: «post obitum adalaide comitisse dederat quando dominus ubertus ingressus est longobardiam concessit sancto laurentio de plebe martyrum et canonicis ibidem habitantibus et concedendo dedit omnia que in hac carta continentur sicut prefata comitissa dederat» (Casiraghi 1979, p. 50 n. 178; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. XLVII, pp. 59-60). L’appoggio dato in questa occasione al conte Umberto dal vescovo di Moriana, Conone, realizzatore del diploma, può essere messo in relazione alla difficile e tesa situazione politica e religiosa verificatasi nella valle dalla morte della contessa e che determinarono liti tra le sedi vescovili di Torino e di Moriana. La tensione si inasprì fino a scoppiare apertamente nella prima metà del secolo XII quando il vescovo di Moriana, Amedeo di Faucigny, approfittando di una nuova lite tra i chierici di Santa Maria e il prevosto di Oulx, Arberto, riuscì a prendere possesso della chiesa di Susa. Malgrado i numerosi interventi pontifici, la lite si protrasse dal 1120 al 1149, quando, sebbene alcuni dei suoi predecessori si fossero espressi in modo contrario (Le carte della prevostura d’Oulx, doc. CIII, pp. 103-105, doc. CIV, pp. 105-106, doc. CVI, pp. 107-108), papa Eugenio III, su intervento del vescovo di Torino Claudio pose fine alla questione, ordinando il silenzio ai chierici di Susa (Casiraghi 1979, p. 52; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. CXVII, pp. 117-120; Sergi 1981, p. 75). Con il loro definitivo prevalere nell’alta Valle di Susa fino oltre Gravere, dopo la morte di Umberto III il Beato di Savoia nel 1189, i Delfini del Viennese continuarono nella tradizione di generosità verso la prevostura (Benedetto 1953, pp. 19-20; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. CLXXIV, pp. 184-185, doc. CLXXV, pp. 185-186, doc. CLXXX, pp. 192-193, doc. CLXXXI, p. 193, doc. CLXXXIII, pp. 196-197, doc. CLXXXIV, pp. 197-198, doc. CLXXXV, pp. 198-199, doc. CLXXXVI, p. 199, doc. CLXXXVII, pp. 199-200), contribuendo a un ulteriore consolidamento del suo potere sull’intera valle. Nel 1226, il vescovo di Torino Giacomo ribadì le concessioni effettuate dai suoi predecessori (Casiraghi 1979, p. 73 n. 268; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. CCLIV, pp. 264-267), enumerando ancora una volta le chiese della diocesi donate alla prevostura. Il lungo elenco coincide solo in parte con il più limitato distretto plebano di Oulx, all’interno del quale ritroviamo le chiese dell’alta Valle di Susa:
confirmamus in primis ecclesiam Sancti Johannis de Sesana, ecclesiam Sancti Sicarij, ecclesiam Sancti Restituti, ecclesiam Sancti Gervasij ecclesiam Sancti Arigij, ecclesiam Sancti Marchi, ecclesiam Sancte Marie de Ulcio, ecclesiam Sancti Gorgoni de Savolio, ecclesiam Sancti Michaelis de Bedullario, ecclesiam Sancte Marie et Sancti Jppoliti de Bardonescha, ecclesiam de Salaberta et quicquid inter plebatum vestrum vobis a nostris predecessoribus est concessum. Della circoscrizione facevano inoltre parte le chiese dell’alta val Chisone (Casiraghi 1979, p. 73 n. 268).
Il patrimonio prepositurale tra i secoli XI e XIII garantì il consolidarsi di una circoscrizione plebana omogenea e unica nelle terre delfinali cisalpine, con le sole eccezioni delle parrocchie di Exilles e Chiomonte, che il prevosto controllava solo con la mediazione del priorato di Santa Maria Maggiore di Susa (Patria 1996, p. 77). Nel 1386, il territorio plebano della prevostura, compreso nel comprensorio dell’odierna alta Valle di Susa, era formato dalle chiese di San Pietro di Rochemolles, San Pietro di Exilles, San Giovanni di Salbertrand, San Michele di Beaulard, Santa Maria di Bardonecchia, Santa Maria di Oulx, San Giovanni di Cesana e San Restituto di Sauze di Cesana. Nel periodo compreso tra il 1455 ed il 1464, il distretto di San Lorenzo d’Oulx comprendeva sette chiese, ossia le cure di Salbertrand, Cesana, Sauze di Cesana, Mentoulles, Bardonecchia, Beaulard e Rochemolles (AA Torino, Decime, ff.18v, 20v, 22v, 24v, 28v, 31v, 36v). Se alcuni sintomi di decadenza si manifestarono già verso il 1350, la prevostura mantenne ancora a lungo un notevole potere economico, tanto che è stato detto che il suo periodo di maggior floridezza si ebbe nella prima metà del XV secolo. Nella seconda metà dello stesso secolo, tuttavia, la congregazione smise di eleggere il superiore per insufficienza di canonici e il diritto di nomina passò al delfino-re di Francia (Benedetto 1966, pp. 117-118). Dal 1452, sembrerebbe essersi verificato il passaggio sotto il governo di prevosti commendatari (Valentini 1966, pp. 127-128). Tra questi ultimi si possono ricordare quelli provenienti dalla famiglia Birago, che ricoprirono il ruolo con continuità dal 1572 al 1681, e grazie ai quali per oltre un secolo la prevostura interruppe la strada del declino, sulla quale sembrava avviata (Valentini 1966, pp. 123-124; Mola di Nomaglio 2000, p. 95). La presenza di gruppi eterodossi in tutto il territorio, fino dal medioevo, e la loro successiva adesione alla Riforma calvinista, secondo la tradizione nel 1532, determinò conseguenze dirette in occasione delle guerre di religione. Il 23 giugno 1562, in seguito ad una vasta incursione ugonotta che, attraverso lo spartiacque, si portò nei villaggi di Cesana, Oulx, Salbertrand e Chiomonte con l’intento di sequestrare e distruggere gli apparati liturgici delle chiese e delle cappelle cattoliche, la prevostura di Oulx venne saccheggiata e data alle fiamme. Negli anni a seguire, i canonici utilizzarono per officiare prima la chiesa di Santa Maria in Oulx, poi la cappella cimiteriale romanica della Maddalena. Per impedire che le rovine della prevostura venissero fortificate e utilizzate dai Protestanti, esse vennero abbattute nel 1574. I canonici abbandonarono così Oulx, dove tornarono solo nel 1593 (Patria 1996, p. 85). Con il trattato di Utrecht, l’alta Valle di Susa passò sotto il dominio di casa Savoia e conseguentemente la stessa sorte subì la nomina dei commentadari, ma i Savoia non fecero uso di tale diritto per oltre trent’anni, forse con l’intento preciso di liquidare l’ente e finendo con il nominare solo nel 1743 il nobile savoiardo Giovanni Battista d’Orlié de Saint Innocent. Un documento datato 1747 rivela in effetti chiari intenti di soppressione dell’ente (AST, Progetti), evento che si realizzò nel 1749. Appare comunque significativo che il prevosto commandatario d’Orlié, l’ultimo prevosto di Oulx, sia stato nominato primo vescovo di Pinerolo: numerosi studiosi, infatti, hanno visto nell’istituzione della diocesi di Pinerolo il perpetuarsi del ruolo precedentemente ricoperto dalla prevostura (Caffaro 1893-1903, II, pp. 30-35; Mola di Nomaglio 2000, pp. 96-97).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Il comune di Cesana Torinese comprende oggi cinque chiese parrocchiali: una nel capoluogo e quattro situate in frazioni, che fino a tempi recenti costituirono comuni autonomi. In numerosi documenti del secolo XI si fa riferimento al territorio di Cesana e alla sua chiesa (Bartolomasi 1972, p. 93), compreso l’atto di donazione di Guigo il Vecchio all’ente ulciense, datato 1053, con il quale veniva concesso un «mas» in Cesana con le decime delle chiese di Cesana, Oulx e Salbertrand (Benedetto 1953, p. 19). In un documento del secolo XIII, poi, troviamo i seguenti riferimenti: «ecclesiam Sancti Iohannis de Sesana, ecclesiam Sancti Sicari, Sancti Restituti, Sancti Arigii» (Le carte della prevostura d’Oulx, doc. 254, p. 265).
  Numerose sono, nei secoli seguenti, le attestazioni relative alla chiesa di San Giovanni Battista, che appare insieme alla chiesa di San Restituto negli elenchi di chiese e pievi che pagavano il cattedratico al vescovo di Torino negli anni 1386: «ecclesie prepositure Ulciensis, [...] Ecclesia Sancti Iohannis de Sexana, Ecclesia Sancti Restituti de Salice Sexana» (AA Torino, Scritture, m. 1, n. 27 [A]); negli anni 1455-1458, 1460 e 1461 (AA Torino, Decime, ff. 17-37). Gli inviati della diocesi torinese visitarono San Giovanni Battista nel 1546 (De Mari), 1584 (Gertoux), 1599 e 1609 (Broglia), 1673 (Beggiamo) e 1731 (Gattinara).
  Nella visita De Mari notiamo che tutte le parrocchie site attualmente nelle frazioni di Cesana Torinese, furono definite come comprese nel «mandamentum Cezanie». Nel 1749, passata sotto la giurisdizione di Pinerolo insieme alle altre chiese sottoposte alla prevostura, la chiesa ricevette la visita del vescovo d’Orlié nel 1758 e nel 1771. Nella visita Broglia, troviamo il riferimento ad una cappella esterna alla chiesa parrocchiale intitolata ai Santi Michele e Lucia, presso la quale si riunivano i membri della confraria del Santo Spirito. Essa verrà invece descritta da Beggiamo nel 1673 come oratorio dei confratelli disciplinati dello Spirito Santo.
  Sul territorio sorgono inoltre le cappelle di Sant’Antonio Abate a Mollières (carte sulla cappellania di Mollières sono conservate presso l’Archivio Storico della Diocesi di Susa: AD Susa,  parrocchie cart. 55, fasc. 4, 1689-1870), Sant’Atanasio a San Sicario, Sant’Ippolito a Champlas Seguin, Madonna delle Nevi a Sagnalonga-Cesana Alta e la cappellina del Frayteve costruita a 2700 metri di quota (Bartolomasi 1972, p. 93; Olivero, Borgis 1983, p. 123). Documenti di vario genere relativi alla parrocchia di Cesana (atti di lite dei parrocchiani, inventari di beni della parrocchia, stati dei beni della parrocchia, suppliche dei vari «particolari», benefici relativi alla parrocchia) sono oggi conservati presso l’Archivio Storico della Diocesi di Susa (AD Susa, Parrocchie, cart. 53, fascc. 1-6; cart. 54, fasc. 1).
  La frazione Bousson ospita una chiesa parrocchiale, intitolata alla Madonna della Nevi, costruita all’inizio del secolo XVI, probabilmente nel 1503 (AD Susa, Parrocchie, cart. 52, fasc. 4: Atto di fondazione, stati delle parrocchie, inventari e carte relativi alla parrocchia di Bousson [1505-1890]; Olivero, Borgis 1983, p. 123) e visitata da De Mari (1546), Gertoux (1584), Broglia (1599 e 1609), Beggiamo (1673) d’Orlié 1758 e nel 1771. Nel suo territorio erano presenti nel 1972 la cappella del Santo Spirito a Bousson Alta e la cappella della Madonna del Lago Nero, in prossimità del lago omonimo (Bartolomasi 1972, p. 92; Olivero, Borgis 1983, pp. 111-118). La chiesa parrocchiale sita nella frazione Désèrtes è intitolata a Santa Margherita. La sua fondazione risale al 1487 e risulta essere stata visitata da De Mari (1546), Gertoux (1584), Broglia (solo nel 1609), Beggiamo (1673), Gattinara (1731) e d’Orlié (1758 e 1771) (Olivero, Borgis 1983, pp. 151-157).
  Documenti circa lo stato dei beni e le carte relativi alla parrocchia di Désèrtes sono conservati presso l’Archivio Storico della Diocesi di Susa (AD Susa, Parrocchie, cart. 54, fasc. 4 [1487-1868]). Nel suo territorio erano presenti nel 1972 la cappella di San Dionigi nella regione Balbieres, la cappella di San Lorenzo nella regione Plan de la Sel, e la cappella di San Michele, di proprietà privata, sita nella regione denominata Las Autagnas (Bartolomasi 1972, p. 95; Olivero, Borgis 1983, pp. 151-157).
  Nella frazione Fénils, la parrocchia, intitolata a San Giuliano, venne fondata nel 1490. Fu visitata da De Mari (1546), Gertoux (1584), Broglia (nel 1599 e nel 1609), Beggiamo (1673), Gattinara (1731) e d’Orlié (1758 e nel 1771). È Gattinara a riferire che presso l’altare del Santissimo Rosario è eretta la confraternita omonima (Olivero, Borgis 1983, pp. 171-178). Nel centro di Fénils si incontra poi la cappella di Sant’Antonio, mentre la cappella dei Santi Sebastiano e Rocco è sita nella frazione di Solomiac, quella intitolata alla Visitazione di Maria Santissima sorge nella regione di Colombieres e infine quella di Sant’Anna è situata nella regione Autagne (Bartolomasi 1972, p. 95). Anche nel caso di Fénils alcuni documenti relativi alla parrocchia, allo stato dei beni, inventari suppliche sono conservati presso l’Archivio Storico della Diocesi di Susa (AD Susa, Parrocchie, cart. 55, fasc. 1 [1513-1862]).
  Infine, esiste una chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria Maddalena nella frazione Thures. Visitata già da De Mari e poi da Broglia nelle due visite del 1599 e 1609, da Beggiamo nel 1673 e da d’Orlié nel 1758 e nel 1771. Fu Beggiamo che per primo descrisse l’altare del Santissimo Rosario, presso il quale probabilmente già dall’inizio del XVII secolo era eretta la confraternita omonima di cui parla una relazione del 1771 (Olivero, Borgis 1983, pp. 271-278). Gli stati dei beni e altre carte relative alla parrocchia di Thures per il periodo compreso tra il 1796 ed il 1867 sono conservati a Susa presso l’Archivio Storico della Diocesi di Susa (AD Susa, Parrocchie, cart. 60, fasc. 3). Nel territorio della parrocchia risulta nel 1972 una sola cappella, per altro di proprietà privata, situata nella Regione Chalvet (Bartolomasi 1972, p. 105).    
  L’intero comprensorio delle Alpi Cozie fu interessato, nel corso del medioevo, dalla presenza di gruppi eterodossi. Essi erano stanziati certamente nelle attuali valli Pellice, Germanasca e Chisone, ma gruppi significativi erano anche documentati a sud dell’area indicata, in tutte le vallate del cuneese, nel saluzzese e a nord nelle valli Sangone, di Susa, alta e bassa, e di Lanzo. Per quanto riguarda l’alta Valle di Susa, nel 1384, l’inquisitore Francesco Borelli, insediato il proprio tribunale presso Oulx, procedeva contro i Valdesi di quel «mandamentum», oltre che contro gli uomini della Val Chisone, punendone «magna multitudo». Nel 1387, è attestata l’ampia adesione all’eresia degli abitanti di Rollières, attualmente frazione di Sauze di Cesana; mentre incerta è la posizione della popolazione di Sauze di Cesana che, secondo Jean Faure, un abitante del luogo accusato di eresia, sarebbe stata nella sua totalità aderente al Valdismo, mentre invece l’inquisitore frate Antonio da Settimo la ritiene profondamente cattolica e pronta a collaborare con l’inquisitore Borrelli nella sua opera di repressione nei confronti dei Valdesi di Pragelato (Merlo 1977, p. 76 e pp. 84-85; Patria 1996, p. 81). Nel corso del XV secolo, si segnala l’opera inquisitoria e repressiva svolta dal giudice maggiore del Brianzonese Claude Tholosan, nativo di Cesana, il quale procedette contro e condannò numerosi individui accusati di adesione alle dottrine valdesi a Cesana, Bardonecchia, Oulx ed Exilles. Egli risulta, ad esempio, coinvolto nell’abiura di Simone Olivetti di Bardonecchia (Jalla 1912, pp. 7-8; Patria 1996, p. 78). Circa l’estrazione sociale delle popolazioni eretiche dell’alta Valle di Susa, è stato affermato che queste comprendessero individui appartenenti agli strati più vari; infatti, alle soglie della Riforma, il vescovo d’Angoulême, inviato a Bardonecchia per estirparne «l’eresia», avrebbe agito in pieno accordo con i cosignori della valle di Bardonecchia; i de Bardonnèche, Névache, Ambrois e Morel; tuttavia, in seguito alcuni membri di tali famiglie risultano aver abbandonato il cattolicesimo romano (Jalla 1912, p. 229). Con l’adesione alla Riforma protestante delle popolazioni eterodosse montane, avvenuta, secondo la tradizione, nel 1532, le implicazioni politiche dello scontro tra la fazione cattolica e quella protestante si fecero più evidenti, soprattutto quando la zona cominciò ad essere interessata dagli scontri legati alle guerre di religione. Quando, nel dicembre del 1562, da Ginevra giunse in «val del Cezanne» il primo ministro riformato, Humbert Artus, la presenza di gruppi riformati doveva riguardare praticamente tutti i centri dell’alta Valle di Susa. La consistenza delle comunità riformate, che in tale fase riguardavano sicuramente Sauze di Cesana, Rollières, Cesana, Fénils, Sauze d’Oulx, Oulx, Beaulard, Bardonecchia, Salbertrand, Exilles, Chiomonte, è incerta; si potrebbe ipotizzare che i Riformati non fossero particolarmente numerosi, poiché tutte le comunità vennero comprese in un’unica chiesa detta, secondo i tempi, di Oulx, di Chiomonte o di Fénils (Jalla 1912, p. 200). Negli anni Sessanta del Cinquecento, le valli di Bardonecchia e di Oulx (con l’eccezione della comunità di Sauze d’Oulx) e il castello di Exilles erano quasi interamente fedeli al partito cattolico, mentre è attestata la presenza protestante in val Ripa, e si osserva il crescere del numero degli Ugonotti a Salbertrand, grazie ai contatti con l’attiva comunità del Pragelato, sull’altro versante della montagna. Soprattutto, erano ugonotte le élites di Chiomonte. Grazie alla loro disponibilità economica, al termine della prima guerra di religione, vi si era stabilita la sede «extraordinaire de la religion» (Patria 1996, pp. 85-86). Nel 1610, il governatore del Delfinato, e leader ugonotto, Lesdiguières confermò agli abitanti di Chiomonte l’uso della casa della confraria come tempio e l’anno dopo permise alla comunità riformata di Fénils di utilizzare la cappella di Sant’Antonio (una chiesetta fondata nel 1513 dalla famiglia Besson) come luogo per il culto e per le assemblee degli anziani. Nel 1614 il pastore Jozué Ripert propose di elevare un tempio a Fénils, ma non si potè farne nulla a causa della mancanza di fondi. Un tempio era attivo nel 1618 a Chiomonte, quando i Cattolici si lamentarono per l’eccessiva vicinanza con la chiesa parrocchiale e il cimitero. Il sostegno di Lesdieguières ai Riformati dell’alta Valle di Susa, attraverso i governatori di Exilles, i fratelli Jean Antoine (padre naturale del pastore Alexandre d’Yze) e Pierre d’Yze, permise di contrastare le opposizioni dei prevosti di Oulx, ma non bastò a favorire un’effettiva crescita numerica e pastorale. All’inizio del secolo XVII, la Chiesa locale si riduceva alla sede di Chiomonte con i due «annessi» di Salbertrand e Fénils, e un solo pastore per tutto il territorio. Come è stato osservato, eventi locali, come l’allontanamento dal ruolo di governatore di Pierre d’Yze nel 1627, e nazionali, come l’abiura del calvinismo da parte di Lesdiuguières nel 1622 e la sua morte nel 1626, oltre che, infine, la caduta di La Rochelle nel 1628, che segnò la sconfitta del partito protestante in tutta la Francia, portarono all’abdicazione «da ogni ruolo egemonico» della minoranza calvinista in alta val di Susa. Contemporaneamente, l’attività particolarmente intensa in favore del devozionismo cattolico dispiegata dal nuovo prevosto di Oulx, René de Birague - evidente nel ritrovato splendore dei luoghi di culto, nella promozione dell’istituzione di compagnie mariane e del Rosario - contro le autonome confrarie di antica origine, il controllo sulla gestione locale della cultura, dalle scuole alle sacre rappresentazioni (con le espulsioni da esse delle pratiche delle badie del Malgoverno e degli Stolti), e in generale l’epurazione di elementi ritenuti “pagani” dai riti processionali, lo sforzo di disciplinamento del clero parrocchiale, crearono le basi per la costruzione di un «solido apparato entro cui ricondurre la vita parrocchiale e riattivare l’educazione ortodossa ed una catechesi adulta». Se solo nel 1685, con la revoca dell’editto di Nantes, si arrivò alla distruzione dei templi di Chiomonte, Salbertrand e Fénils, il destino dell’esperienza riformata nell’alta Valle di Susa era stato deciso da tempo. Ciononostante, località come Fénils, Sauze di Cesana e Champlas du Col restarono «centri latenti di religiosità critica e eterodossa, con tradizioni domestiche di non conformismo religioso segnalate dall’abate Barolo ancora nel 1724» (Patria 1996, pp. 93- 96).
Assetto Insediativo
L’assetto insediativo è di tipo policentrico. Il capolugo, Cesana, si trova alla confluenza del torrente Ripa con la piccola Dora. L’abitato sorge sulle due rive della Dora, al punto in cui dalla strada del Monginevro si dirama quella per il Colle del Sestriere. Questa articolazione dell’abitato si ritrova nelle fonti di Antico Regime, ad esempio in una relazione prodotta dall’Intendenza di Susa intorno al 1750, che segnala inoltre una più stretta dipendenza territoriale dal capoluogo, all’interno del mandamento ancora unito, della borgata San Sicario. Cesana è infatti detta: «luogo [...] fabbricato parte al di qua, parte al di là della Dora, sendo anche di dipendenza di questa Comunità la borgata di S. Sicario». La stessa fonte seganla la bipartizione dell’abitato come propria anche di nuclei minori del territorio. Ad esempio, Champlas du Col, è descritto come «luogo [...] composto di due borgate», mentre, d’altra parte, Mollières risulta: «luogo [...] tutto attinente» (AST, Notizie Statistiche, cc. 260r, 262r, 273r). Come il capoluogo, anche il nucleo principale dell’ex comune di Bousson è diviso in due parti dalla Ripa: in un borgo Inferiore, sede della chiesa parrocchiale, e in un borgo Superiore. Le origini dell’articolazione insediativa del territorio sono in buona parte riconducibili agli imperativi dell’economia agro-silvo-pastorale. Così, alcune località minori traggono origine da insediamenti originariamente temporanei, alpeggi o stazioni agro-pastorali intermedie: ad esempio, Champlas Seguin è una frazione nata come alpeggio dell’ex comune di Rollières, il cui nucleo originario di abitazioni risale al secolo XVII; Fénils, Mollières, Rhuilles sono caratterizzati dalla presenza di antiche «grange», termine che localmente indica edifici destinati alle attività di alpeggio. Le localizzazioni insediative dovute a tale originaria vocazione sono state in diversi casi riconvertite per finalità connesse con lo sviluppo delle attività turistico-sportive. È questo il caso di Champlas Seguin, oggi sede di un piccolo insediamento turistico, e di Sagnalonga, in prossimità del Monginevro, sede di impianti sciistici e di complessi di edilizia residenziale che risalgono alla fine della seconda guerra mondiale. Altrettanto rilevante la trasformazione subita dall’area di San Sicario, dove, accanto alla frazione «San Sicario Borgo», di antiche origini, si è sviluppata un’altra frazione, «San Sicario Alto», in seguito alla diffusione di massa degli sport invernali e del turismo di montagna a partire dagli anni 1970.
Luoghi Scomparsi
Mancano attestazioni precise. Si rileva tuttavia una certa volatilità degli insediamenti temporanei di alta quota.
Comunità, origine, funzionamento
L’apparizione di prime, incoative, forme di rappresentanza comunitaria tra le popolazioni rurali del Delfinato è testimoniata, e in certo modo promossa, dalle «inquisitiones» amministrative condotte sotto Guigo VI negli anni 1250-1267. Il processo acquista maggiore consistenza con le affrancazioni collettive concesse dai delfini a partire dalla fine del secolo, soprattutto grazie alla vera e propria politica indirizzata in tal senso da Giovanni II (1307-1319). Nelle vallate alpine del Brianzonese, l’importanza delle pratiche di uso collettivo delle risorse silvo-pastorali, unita a una più debole e frammentata presenza di poteri signorili autonomi, favoriscono un processo di auto organizzazione delle popolazioni contadine e di limitazione dell’arbitrio signorile più precoce ed esteso, che in parte già si intravede nelle inchieste citate del delfino Guigo VI. L’opera di costruzione di un principato dotato di una propria struttura burocratica, perseguita dai delfini in questi anni, si avvale di e nello stesso tempo seconda questi sviluppi locali. Sul terreno di tale interazione, a partire dalla metà del secolo XIII, si vengono, in particolare, delineando: - la tendenza per tutti gli abitanti delle valli alpine (esclusa, in parte, la valle di Bardonecchia) a essere visti e a rappresentarsi come vincolati alla condizione di «homines ligii» esclusivamente nei confronti del delfino, concepito come loro «maior dominus», di cui – anche per influsso prevalente, in quest’area ai confini dell’Italia e della Provenza, di una cultura giuridica di impronta romanistica – si sottolinea contemporaneamente la qualità di detentore di poteri comitali, di forte risonanza pubblica; - il consolidamento di una fiscalità specificamente delfinale, attraverso un parziale riordino della stratificazione di diritti censuari e di decimazione signorile creatasi nel gioco spontaneo delle forze che ha opposto nel tempo potenti e rustici locali, e in seguito alle massicce, ma pur sempre eterogenee, acquisizioni di diritti e proventi signorili conseguite dai delfini; in quest’ambito si segnala, in particolare, un rafforzamento della caratterizzazione funzionariale di «ministeriales» e altri detentori di diritti di prelievo sulle risorse locali, solo formalmente esercitati in nome del conte-delfino, in realtà, al servizio di interessi individuali o dinastici. L’azione accentratrice condotta dai delfini tra i secoli XIII e XIV scaturisce dunque, nella situazione alpina, in un disciplinamento relativamente efficace delle forme di supremazia locale e in una ridefinizione e regolamentazione come prerogative comitali dei diritti, originariamente vissuti dai loro detentori come essenzialmente patrimoniali, sui beni e le eredità dei rustici. Nello stesso tempo, una generalizzazione e formalizzazione del superiore dominio delfinale sulle selve e sui pascoli si accompagna al riconoscimento e alla garanzia dei diritti collettivi di possesso da parte delle popolazioni locali organizzate in «universitates hominum» di mandamento (castellania) o di parrocchia. Sul fronte del prelievo più tipicamente associato all’esercizio di poteri bannali, notiamo poi come la qualifica di «uomo ligio e tagliabile» non abbia qui tutte le connotazioni di soggezione all’arbitrio impositivo del signore-delfino che conserva nel resto del territorio del principato. Già alla metà del secolo XIII, infatti, ad esempio, alcune comunità alpine, come Briançon, Exilles e Névache, ottennero carte di franchigia che trasformavano la «taglia comitale», arbitraria e in natura, in un prelievo fisso e annuale in denaro, anche se si tratta di un’evoluzione che si generalizzò solo con le più tarde concessioni di Giovanni II e Umberto II. Occorre precisare che nella regione alpina, a differenza che in altre parti del Delfinato, la taglia è commisurata al possesso fondiario, di cui rappresenta in tal modo un fattore di stabilizzazione, contribuendo nello stesso tempo ad attenuare l’accentuazione personale e corporale ancora associata alle forme della dipendenza e del coordinamento politico (Bligny 1976, pp. 142-146; Chomel 1999, pp. 51-57; Patria 1996, pp. 53-54). La più matura espressione di queste tendenze fu raggiunta al tramonto del principato indipendente e consegnata nella transazione («contractus») conclusa il 29 marzo 1343 tra il delfino Umberto II, vincolante se stesso e i suoi successori nel principato, e diverse «universitates» del Balivato del Brianzonese, tra le quali, per quanto riguarda i territori della odierna alta Valle di Susa: la «Universitas Vallis Pratorum et Montis Iani» (Val-des-Prés e Montgenèvre, comprendente perciò il territorio dell’attuale Comune di Claviere), la «Universitas Sezannae» (Cesana), la «Universitas Ulcii» (Oulx), le «Universitates Salicis et Salbertrani» (Sauze d’Oulx e Salbertrand) (Benedetto 1953, pp. 31-62; Desponts 1645, pp. 1- 3). La transazione ebbe la sua origine in un contenzioso («materia quaestionis») sorto alcuni anni prima intorno alla natura e all’estensione dei diritti delfinali: le comunità e gli abitanti del Brianzonese («universitates et singulares personae»), sollecitati dai commissari inviati dal delfino nel 1338, nel quadro di un’inchiesta condotta in vista della progettata cessione di parte del Delfinato al papa Benedetto XII, a «recognoscere particulariter et distincte Dalphinalia iura», replicarono infatti di volersi attenere alla forma che asseriscono già praticata «quarant’anni prima» e consegnata «in libris seu cartularijs Dalphinalis curiae», cioè come «reducta ad certas pecuniarum quantitates». L’istanza delle comunità venne accolta dalla transazione, che stipula all’art. III l’esenzione di tutti gli abitanti del balivato da «subsidia, carnagia, & focagia» (l’editore secentesco riassume: «tailles & impositions quelconques»), e all’art. VI la conversione in una rendita monetaria annuale di: «blada ipsi Domino Dalphino debita», da pagarsi «una cum talliis comitalibus & generalibus debitis eidem Domino Dalphino» (oneri, resi nella sintesi dallo stesso editore, come «censes en bleds, tailles & autres droicts»). I diritti redenti tornano a essere elencati più meticolosamente all’art. VII: «omnia jura sibi competentia & competitura in laudimiis, tertiis, trezenis, vingtenis, placitis, seu mutagiis, pasqueriis, gallinis, seu caponibus, fidanciis, retrofidanciis, agnis & caseis Paschalibus sequelisque eorum & omnibus aliis obventionibus & echeutis» («censes en bleds, lots, tiers, trezains, vingtains, bois, bans d’iceux, usages, aisances, pasqueirages, champars, eaux, fours, moulins & generalement tous autres droicts & fiefs seigneuriaux»). Mentre all’art. IX si stabilisce che in futuro sarà sufficiente da parte dei «subditi Briançonesij» e dei sindaci o consoli delle «universitates» una semplice «generalis recognitio» di «tenerli» dal delfino, mediante la corresponsione della rendita pattuita, «absque speciali descriptione ulterius facienda vel designanda de rebus, & bonis suis», e la dichiarazione di pagarla: «pro tallis comitalibus seu generalibus & pro censibus, & servitiis consuetis [...] pro dicto censu pretij bladorum, nemorum, & etiam laudimiorum, tertiorum, trezenorum, vingtenorum, placitorum, seu mutagiorum, pasqueyriorum, fidantiarum, gallinarum & aliarum obventionum & eucheutarum». Ma la portata del documento è assai più ampia. Esso si apre infatti con il preliminare riconoscimento di «omnes libertates, franchisias, omniaque privilegia boni usus, & bonae consuetudines Briançonenses» (art. I), espresso in forma più dettagliata e solenne più avanti nel testo (art. X): ratificauit, & confirmauit [scil.: il delfino] omnia, & singula afranchimenta, libertates, conventiones & privilegia, bonos usus & consuetudines ipsis hominibus & personis dictae Balliviae, & singulorum locorum, villarum & Parochiarum ejusdem universaliter, vel singulariter ab ipso Domino Dalphino vel eius antecessoribus indulta hactenus concessa, vel donata, vel admissa, etiam & usitata, ita quod de caetero praedictae Universitates & personae singulares ipsis privilegiis, libertatibus, afranchimentis, usibus & consuetudinibus & quaelibet ipsarum Universitatum potiantur, & gaudeant pleno jure. Tale riconoscimento è poi coronato dal conferimento a tutti gli «homines» delle «universitates» stipulanti della qualità di «franchi atque burgenses» (art. XXX). Troviamo inoltre altre numerose concessioni che valgono a legittimare le pratiche locali del possesso, individuale e collettivo, a limitare la possibile insorgenza di forme di preponderanza o immunità di tipo signorile, e che configurano uno spazio di vita amministrativa autonoma per le comunità. Appaiono particolarmente significativi: la sanzione della piena libertà di successione (allo stesso art. I); garanzie giudiziarie (all’art. II: il giudizio deve avvenire all’interno della castellania del convenuto, se non per espresso mandato del balivo; all’interno del balivato di appartenenza, per quanto riguarda le cause di competenza del tribunale del balivo, se non per mandato del delfino o del suo consiglio); la facoltà di riunirsi liberamente, conferita alle «universitates» e ai loro abitanti in quanto «singulares personas», «pro suis necessitatibus & negotiis licitis faciendis» (art. VIII); la «recognitio» da parte di sindaci o procuratori, in nome delle rispettive «universitates» e delle «singulares personae» che le compongono, di essere «homines ligii» del delfino «contra omnes alias personas mundi» e di «tenere» da lui «res atque bona sua», eccettuate le cose che eventualmente si possiedono, legittimamente, come «franche» o «si tengono da altre persone» (art. X); la facoltà per le «universitates» di eleggere ogni anno da un minimo di uno a un massimo di sei «manserij seu Procuratores, & Scindici», tenuti a giurare nelle mani dei castellani di preservare «status et honor» del delfino, oltre che di «fideliter & legitime gerere» gli affari delle loro comunità e di rendere conto alla comunità della loro amministrazione allo scadere del mandato; a queste figure viene inoltre attribuita l’autorità di riscuotere le somme dovute al delfino (art. XII); l’obbligo per i successori nel principato e per gli ufficiali delfinali di giurare l’osservanza del contenuto della transazione, preliminare all’obbedienza e all’omaggio dei sudditi (art. XIII); la facoltà per «qualsiasi persona» del balivato di concedere liberamente, «absque superioris authoritate, vel consensu», in enfiteusi «res suas quas tamen franchias habent» (art. XVI); la rinuncia del delfino ai proventi sullo sfruttamento e sulla derivazione delle acque (art. XVII); il divieto agli ufficiali delfinali e ai «nobiles» del balivato di far recidere piante o far estrarre tronchi o legna «in nemoribus hominum dicti Domini Dalphini Castellaniarum Briançonij, quadracij vallis putae, Sezanae, ulcij, & quarumlibet aliarum dictae Balliviae» (art. XVIII); il permesso alle comunità di imporre le contribuzioni necessarie alla loro amministrazione (art. XIX) e la loro facoltà di nominare scrivani, segretari, cancellieri ed esattori di loro scelta (art. XX); il potere conferito ai sindaci e consoli di far «deboinare, restringere, & ampliare [...] vias, patega, & nemora, & quaecunque alia communia ipsarum Universitatum & singularum personarum», senza chiedere il permesso della curia delfinale (art. XXII); il divieto per gli ufficiali delfinali e i «nobili» del balivato di acquistare o «arrentare» redditi e censi sui beni delle chiese (art. XXIX); l’esenzione per tutti gli abitanti del balivato dalle gabelle delfinali, eccettuata quella sul «bestiame lanuto» (art. XXXIII). Per tutte queste concessioni le comunità accettarono di pagare, era, in primo luogo, una somma, versata «pura donatione», di 12000 fiorini, pagabili in sei anni. Di questa somma, 4000 fiorini ricadevano sulle «Universitates Castellaniarum Sezannae, Ulcij, & Salabertani, Exilliarum, Bardoneschiae, & Vallis Cluzonis». Notiamo che le «universitates» delle castellanie di Bardonecchia, di Exilles e della Val Chisone non parteciparono alla transazione e compaiono solo là dove si specificano le entità e modalità dei pagamenti; si prevede anzi espressamente che, nel caso non avessero accettato di contribuire, restando così escluse dai benefici della transazione, la quota addebitata alle altre tre castellanie cismontane sarebbe stata ridotta a 2000 fiorini. Il secondo onere era costituito dalla rendita annuale di cui si è detto, fissata in «convenzioni particolari», stipulate il 19 giugno 1343 con le diverse «universitates» aderenti alla «transazione generale». Per quanto riguarda gli abitanti del territorio corrispondente alla castellania di Cesana, compaiono solidalmente come contraenti della «convenzione particolare», la «Universitas Parochiae Sesannae» e la «Universitas Parochiae de Salice Sesannae». L’entità della rendita a esse addossata, venne calcolata in 24 lire tornesi («summa et quantitas viginti quatuor librarum grossorum turonensium argenti, computato singulo grosso turonensi pro unico denario, vel uno bono auri fini magni ponderis Florentiae denario pro duodecim denarijs grossorum seu turonorum») da pagarsi, come in tutti gli altri casi, nel giorno della festa della Purificazione della Vergine. Ogni «convenzione particolare» riporta un elenco specifico dei diritti acquistati dalla comunità, che può discostarsi leggermente da quello generale; nel caso delle parrocchie di Cesana e Sauze di Cesana, notiamo, in particolare, una menzione di specifici complessi di terre, probabilmente boschi e pascoli comuni, quali il «mons Bimonte» (montagna Gimont?) o la «franchesia de Bardonechia» (un’espressione che, come si desume da documenti assai più tardi, sembrerebbe alludere a terre dei de Bardonnèche confiscate dal delfino dopo la condanna per fellonia di François de Bardonnèche nel 1334), oltre a un riferimento alla «elemosina» dovuta all’ospedale del Monginevro (un onere attestato ancora molto più tardi: leggiamo infatti, ad esempio, che nel 1734 il reddito dei mulini posseduti dalla comunità di Bousson era in parte destinato alla «soddisfazione di sestara 48 segala che le Comunità della Valle di Cezanne devono pagare all’Ospedale di Dio del Mongenevre a proporzione de’ fuochi di ognuna» [AST, Indice dei feudi, vol. 149, f. 237]): omnia jura sibi competentia & competitura in bladis omnibus siliginis deductis quadraginta octo sestarijs pro elemosyna Montisiani, ac etiam in omni avena; in auro propter franchesiam de Bardonechia & pro monte de Bimonte & comba de pineta; & in omnibus alijs bladis, taschijs, molendinis veholani & in omnibus denarijs, censibus, tallijs comitalibus & generalibus, laudimijs & venditionibus, servitijs omnibus, amelys omnibus, vino banni & bannis camporum, nemorum, & bannis quibusuis (Desponts 1645, pp. 1-18, 31-36). La concreta applicazione della transazione si scontrò con il fatto che molti dei cespiti e delle prerogative concesse alle comunità risultarono alienati a terzi. Il recupero, tutt’altro che agevole, dei redditi delfinali finiti in tal modo nelle mani di esponenti di vecchie aristocrazie locali o di finanzieri attivi presso la corte papale avignonese accrebbe notevolmente il costo pagato dalle comunità per entrarne in possesso (Patria 1996, p. 72). Inoltre, a rigor di termini, le cessioni effettuate, pur ampie, non riguardavano tutti i diritti delfinali nel Brianzonese, anche se nei secoli successivi, alcuni decreti del parlamento di Grenoble e ordinanze del governatore del Delfinato ne legittimarono un’interpretazione estensiva. Nel 1738 lo stesso parlamento di Grenoble e altre magistrature della provincia, su richiesta delle comunità cedute allo Stato sabaudo con il trattato di Utrecht, certificarono che, in virtù della transazione del 1343, esse, con la restante parte del baliaggio di Briançon, avevano goduto «da sempre», a titolo di veri «droits seigneuriaux, domaniaux et de fiefs»: des droits seigneuriaux dans l’étendue des vallées, consistant aux droits des francfiefs, droits de lods, tiers, trezains, vingtains, bois, bans champêtres d’iceux et même de ceux des particuliers, de la police et des amendes prononcés contre les contrevenants, des droits de mistralie et garde des bestiaux pris en dommage, usages, paquerages, champarts, du cours des eaux et de leurs riverages, fours, moulins, pêche et chasse en tant que port d’armes a été permis, et généralement de tous les droits seigneuriaux et des fiefs qui pouvaient appartenir aux princes-dauphins dans lesdites vallées (AST, Patenti; Benedetto 1953, pp 48-50). Anche se non è corretto affermare, sulla scorta di un filone storiografico di impronta romantica inaugurato da Fauché-Prunelle (Fauché-Prunelle 1856-1857), che la carta del 1343 abbia segnato l’atto di nascita di forme federative di inedita inflessione democratica (la “repubblica degli Escartons”), essa promosse indubbiamente forme intercomunitarie di rappresentanza e di coordinamento, funzionali in primo luogo alla ripartizione dei tributi, resi ormai più omogenei, dovuti al principe. Non mancano, del resto, precedenti attestazioni di colleganze o associazioni tra «universitates» valligiane, indipendentemente dunque dalla transazione del 1343. La tenuta regolare di assemblee incaricate della ripartizione dei carichi fiscali («excartonamentum») tra le comunità e, più in generale, della consultazione su temi di interesse condiviso, è però sufficientemente documentata solo dal tardo secolo XV. Da questo momento, il termine «escarton» (o «écarton», secondo l’ortografia affermatasi dal secolo XVIII) prende a designare ciascuna delle quattro, poi cinque, associazioni intercomunitarie legate a tale pratica. Si contarono infatti, in un primo momento, gli «écartons» di Briançon, del Queyras, di Casteldelfino (alta Val Varaita), e quello di Oulx, comprendente le valli e castellanie di Oulx, Bardonecchia, Cesana e del Pragelato o (alta) Val Chisone, mentre, allo scoppio delle guerre di religione, le comunità del Pragelato, massicciamente conquistate alla Riforma, si costituirono in «écarton» distinto. Esempi comparabili a quelli brianzonesi, su base tuttavia meno regolare, di riunioni di rappresentanti di comunità rurali (accanto a quelle associate alla prassi delle «assemblées de Pays», di norma però dominate, come le assemblee degli Stati provinciali di cui erano, almeno in origine, emanazione, dagli ordini privilegiati e dai rappresentanti delle città) si conoscono anche per aree diverse del Delfinato fra il tardo medioevo e la prima età moderna, soprattutto nei baliaggi di Embrun e di Gap (Benedetto 1953, pp. 95-101; Chomel 1999, pp. 127-128; Hickey 1993, p. 225; Patria 1996, pp. 70-72). Le concessioni di Umberto II furono confermate dai successivi delfini e re di Francia. L’ultima ratifica, prima del trattato di Utrecht fu siglata da Luigi XIV nel 1644, e in essa si tiene a precisare che i sudditi del Brianzonese «hanno sempre pagato e pagano», oltre alla rendita annuale fissata nel 1343, «les tailles ordinaires & extraordinaires, qu’ils supportent comme les autres habitans de nostre pays de Dauphiné» (Desponts 1645, pp. 90-91). La rendita annuale, più tardi nota come «ducats briançonnais», è infatti l’espressione locale di vari «revenus» delfinali, in qualche modo riassunti nel più noto, la «taille comtale», che l’opinione giuridica di Antico Regime differenzia nettamente dalle taglie, introdotte successivamente, «dipendenti dalla volontà dei principi», poiché, qui come in altre parti del Delfinato, «cette taille comtale était toujours fixe et terminée et participait du domaine du prince et nullement de ses finances» (Allard 1970, coll. 653-654). In effetti, nonostante i particolari privilegi di cui godeva, il Brianzonese non si sottrasse alle tendenze evolutive che, tra la metà circa del secolo XVI e quella del secolo XVII, modificarono profondamente i rapporti tra il Delfinato e la monarchia francese. Risentì perciò dell’estensione e del generale inasprimento della fiscalità regia (data dal regno di Francesco I la sostituzione di quelli che fino ad allora si configuravano giuridicamente come «dona gratiosa», anche se regolari, della «patria Delphinatus» al suo principe, con imposizioni generali della corona, sebbene ancora sottoposte formalmente all’approvazione degli Stati provinciali) e della sia pure graduale erosione delle autonomie godute in campo amministrativo e finanziario dalla provincia. Restano tuttavia ampiamente da studiare in rapporto a questo più generale contesto, da un lato, la effettiva singolarità delle istituzioni comunitarie brianzonesi fra il tardo medioevo e la prima età moderna, dall’altro, le ripercussioni locali di alcuni conflitti e trasformazioni di portata decisiva. Basti pensare, a questo proposito, alla conflittualità quasi permanente che, in materia fiscale, oppose, dal 1540 al 1640 circa, il Terzo stato agli ordini privilegiati, le città alle comunità rurali del Delfinato. Studi recenti hanno dimostrato come il contenzioso giuridico cui dette luogo, noto come «procès des tailles», e le agitazioni sociali che lo accompagnarono abbiano dominato, accanto alla questione religiosa e non di rado in combinazione con essa, la vita politica delfinatese dell’epoca, spianando la strada agli interventi sempre più incisivi della corona, come la soppressione degli Stati provinciali e l’introduzione di nuove circoscrizioni finanziarie emananti dal centro, facenti capo ai «bureaux d’élection», nel 1628 (Chomel 1999, pp. 86-88, pp. 110-138; Hickey 1993). Come, in generale, nel resto del Delfinato, nelle valli del Brianzonese, consoli, consiglieri e auditori dei conti nominati dalle comunità erano responsabili della ripartizione e riscossione nel territorio di loro competenza della «taille royale», il tributo dovuto al sovrano, oltre che della fissazione e della riscossione della cosiddetta «taille négotiale», destinata a far fronte alle spese locali. Entrambi i tributi gravavano sul possesso della terra. La quota di «taille royale» attribuita a ogni comunità era determinata da un indice (il numero di «fuochi») che secondo l’amministrazione centrale ne esprimeva la capacità contributiva, valutato in base al numero dei capifamiglia assoggettati all’imposta e a una stima della quantità e qualità delle proprietà fondiarie. L’ammontare della «taille négotiale», ripartito fra i contribuenti nella stessa proporzione della «taille royale», era invece stabilito a livello locale. La compilazione dei «ruoli» delle somme dovute dai vari contribuenti e le modalità di imposizione e riscossione delle taglie erano regolate da norme e sottoposte a controlli emananti dalle competenti magistrature provinciali (il cui assetto istituzionale e le cui attribuzioni, bisogna osservare, mutarono, soprattutto nel corso del secolo XVII, per iniziativa della monarchia, nel senso di un progressivo trasferimento di poteri dal parlamento agli uffici dell’elezione e all’intendente della provincia) (Bligny 1973, pp. 245-256, pp. 289-292; Chomel 1999, pp. 135-145; Hickey 1993). Dopo l’invasione sabauda nel corso della guerra di successione spagnola, manifesti fatti pubblicare nel 1708 dal duca Vittorio Amedeo II rassicuravano gli abitanti delle valli appena conquistate sul fatto che l’amministrazione della giustizia e «l’économie ou régie des affaires publiques et des communautés» avrebbero osservato le forme seguite fino ad allora. Nel 1713, l’articolo IV del trattato di Utrecht contemplava l’impegno dei due sovrani contraenti a rispettare «consuetudini e privilegi» dei territori reciprocamente ceduti. Le trattative subito avviate dai rappresentanti delle comunità per ottenere dai nuovi sovrani la conferma dei diritti acquisiti, nel corso delle quali le riunioni dell’«écarton» di Oulx furono sede attiva di concertazione e decisione, occuparono, senza concludersi, tutto il regno di Vittorio Amedeo II. Disturbava, agli occhi della nuova amministrazione, l’ampia autonomia goduta, di fatto se non sempre di diritto, dalle comunità, soprattutto in campo fiscale. Venivano messe sotto accusa, in particolare, alcune modalità di esazione delle taglie e la determinazione della «taille négotiale», che pareva sottrarsi a ogni effettiva possibilità di controllo esterno. Uno spazio di intervento sembrava aprirsi ai rappresentanti dello Stato dai conflitti che agitavano le realtà locali. Negli anni 1718-1719, emerge infatti e cerca udienza presso i nuovi governanti, come nel periodo immediatamente precedente si era indirizzato alle magistrature del Delfinato, un malumore probabilmente inasprito dai costi eccezionali sopportati nel lungo periodo bellico appena trascorso, ma che si direbbe in buona parte endemico e connesso a cause strutturali. Da comunità come Oulx, Salbertrand, Chiomonte e Cesana, gruppi di «particolari» avanzano richieste di «revisione dei conti» consolari, ossia dei bilanci delle loro amministrazioni comunitative, di cui denunciano irregolarità e malversazioni nella riscossione delle taglie e nella certificazione delle voci di spesa. I rappresentanti delle amministrazioni in carica si oppongono alla procedura invocata dai loro accusatori e difendono pratiche di riscossione della taglia additate come contrarie agli stessi regolamenti emanati dal parlamento di Grenoble nel 1661, in nome dei peculiari «usages du pays du Briançonnais», rispettati dalla giurisprudenza dell’ufficio dell’elezione di Gap e dello stesso parlamento. L’intero sistema delle “libertà brianzonesi” viene rappresentato in una relazione del castellano Syrod del 1719, come lo strumento di una oligarchia chiusa, padrona delle istituzioni comunitarie grazie a complicità e meccanismi di cooptazione tra gruppi cementati da rapporti di parentela e di alleanza, artefice di fortune realizzate attraverso una gestione spregiudicata della fiscalità regia e locale, e grazie agli estesi rapporti di credito che questo le procura. Vengono stigmatizzate in particolare le riunioni degli «écartons», la loro informalità, la scarsa trasparenza di processi decisionali che prevedono livelli successivi di consultazione fra gruppi sempre più ristretti, i rimborsi spese e i compensi stabiliti in maniera arbitraria: il s’est de longtemps pratiqué des assemblées généralles d’Écarton, ménagées et conduites par des principaux chefs et habitants de quelques Communautés sous des motifs ou prétextes d’affaires importantes, par eux des uns aux autres réciproquement communiquées en des assemblées particulières entre eux convoquées, et dez qu’entre quelques uns des principaux chefs des deux Écartons ils avoint proposé, delibéré et conclud, ils donnoint part de leur détermination à quelques uns des autres principaux pour convoquer des assemblées généralles d’Écarton sur les avis qu’ils leur mandoint [...] dans les assemblées de chacun des quels Écartons sur les propositions et par les délibérations et conclusions on deputoit deux ou trois des mêmes principaux chefs [...] muni(s) des premières assemblées d’un ample et suffisant pouvoir, dont ils se prévaloint dans une seconde assemblée pour députer un ou deux ou plus d’entre eux pour quelle négociation que ce puisse estre. Dans les premières, ou secondes délibérations on couchoit des sommes certaines pour avance des frais, et fournitures, et sur le certificat raporté de chaque député de ses vacations et fournitures on couchoit un second article dans le compte général de l’Écarton dont les sommes se repartissoint sur chaque Communauté à livres, sols, et deniers à proportion de cottes d’estime de taille royalle dans un ou plusieurs articles de la négocialle sans y spéciffier et sans y donner au public ny même quelques fois aux Consuls et auditeurs de compte aucune connoissance de cause de telles impositions, et sans sçavoir s’il y avoit des causes avantageuses ou préjudiciables au public, les Consuls, et auditeurs de chaque Communauté passoint aveuglement comme un article privilégié toutes les impositions qui sortoint du compte général de l’Écarton sans qu’aucun d’iceux ny des particuliers habitants eut ozé former aucune opposition ny contredire (AST, Memoria 1719; AST, Ricorso Valli; Maurice 1976, pp. 13-26, 201-212; Patria 1996, pp. 97-102). La questione della ratifica degli antichi privilegi si riaccese con l’inizio, nel 1734, di una politica di infeudazioni, per il momento limitata, nel territorio corrispondente all’«écarton» di Oulx, al luogo di Fénils, nel mandamento di Cesana. Le infeudazioni comportavano la cessione della giurisdizione «con il mero e misto imperio», la «prima e seconda cognizione» delle cause, i proventi delle pene e multe comminate, la «facoltà di deputare i sindaci, fiscali, segretari, campari ed altri inservienti alla giustizia», i diritti di caccia e pesca, la facoltà di redigere i bandi campestri. Le comunità videro nelle infeudazioni un attentato ai loro antichi privilegi, soprattutto in tema di nomina degli ufficiali locali e di amministrazione della giustizia, rifiutando la prospettiva di giurisdizioni feudali, in nome della precedente esclusiva competenza sui loro abitanti della giustizia del re-delfino. Con lettere patenti del 28 giugno 1737, il re Carlo Emanuele III confermò infine la carta del 1343, limitata dalla clausola, suggerita dall’avvocato generale presso il Senato di Torino, «senza pregiudicare ai diritti del regio patrimonio» e «compatibilmente con quanto disposto dalle Regie Costituzioni». A questa ratifica non abbastanza rassicurante fece seguito, da parte delle amministrazioni comunitative, la raccolta di «certificati» comprovanti i privilegi goduti sotto il passato regime, rilasciati nel 1738 da varie magistrature del Delfinato, e il progetto, deciso in una riunione dello stesso anno degli «écartons» di Oulx e del Pragelato, di riedizione del testo delle transazioni del 1343, delle successive ratifiche e della giurisprudenza relativa (AST, Pareri; AST, Patenti; Maurice 1976, pp. 32-36). L’impatto delle infeudazioni, peraltro non generalizzate, fu probabilmente attutito dalla circostanza che i diritti più strettamente legati al possesso e al godimento delle risorse collettive restassero sotto il controllo delle comunità, dall’assenza dell’elemento costituito dalla proprietà feudale immune, dalla lontananza ed estraneità dei titolari del feudo e dalla continuità dell’esercizio concreto della preminenza e delle funzioni di governo locali. Nel 1776 le «comunità delle valli di Oulx, di Cesana e del Chisone» presentarono al re Vittorio Amedeo III un’istanza per essere dispensate dall’osservanza del Regolamento generale delle comunità emanato nel 1775, appellandosi alla carta del 1343 e allo statuto delfinale del 1349, oltre che alle successive ratifiche dei sovrani, fino a Carlo Emanuele III. Chiedevano, in particolare, il mantenimento del principio della nomina dei consoli e consiglieri «e altri ufficiali municipali» nelle «assemblee generali degli abitanti» (è possibile tuttavia che qui, come più in generale nel Delfinato dei secoli XVII e XVIII, queste fossero di fatto limitate ai capifamiglia più agiati [Bligny 1973, p. 254]) e «mediante la prestazione del giuramento semplice degli eletti nelle mani del castellano», inoltre, in numero sufficiente ad assicurare una presenza di “agenti” proporzionata al numero degli «hameaux dispersés» di cui si componevano normalmente le comunità; il privilegio di riunirsi liberamente senza il permesso e l’intervento del castellano; infine, la continuazione dell’uso della lingua francese nei documenti interni delle amministrazioni locali e negli atti dell’intendenza che le riguardavano (AST, Osservazioni; Maurice 1976, pp. 233-236). La comunità delfinatese fra tardo medioevo ed età moderna è un raggruppamento amministrativo che può avere basi territoriali differenti e non mutualmente esclusive. Soprattutto nelle aree alpine, non coincide quasi mai con una singola unità insediativa, ma costituisce perlopiù l’espressione organizzata degli abitanti di una castellania o mandamento che estende spesso la propria giurisdizione al territorio di un’intera valle. D’altra parte, vari “villaggi” o “borgate” che di per se stessi non hanno caratterizzazione giuridica di «corpo di comunità», mantengono comunque una qualche forma di individualità riconosciuta e rappresentata all’interno delle «università» di castellania o mandamento. Queste ultime appaiono dunque dotate di una interna articolazione, non priva di aspetti di subordinazione gerarchica (e di corrispondenti tensioni) rispetto a un “borgo” principale che funge da “capoluogo”, ed è anche la sede in cui il castellano amministra la giustizia e gli interessi demaniali del signore (che nelle castellanie di Oulx e di Cesana corrisponde allo stesso delfino). Probabilmente nel corso del secolo XVII, la valle di Cesana vide lo sviluppo di forme di autonomia comunitaria da parte di alcune tra quelle che fino ad allora erano state semplici borgate aggregate al capoluogo. Se la base di tali smembramenti fu la “separazione” dei catasti e quindi la creazione di cellule autonome dotate di forti attribuzioni nella gestione della fiscalità regia e locale, il possesso e il godimento delle risorse silvo-pastorali collettive conservarono, con declinazioni giuridiche diversificate, forme associative che spesso segmentavano o intersecavano variamente le singole realtà comunitative. Una duratura rilevanza, in quanto espressione formale di solidarietà e responsabilità comunitarie continuò a rivestire la parrocchia, il cui ambito territoriale, in diversi casi, non corrispondeva con quello delle circoscrizioni comunali sorte più tardi. Questo ruolo della parrocchia è attestato ad esempio nel momento delle transazioni del 1343, quando, come abbiamo visto, nello stesso documento, sono nominate alternativamente come «universitates» contraenti: «Cesana», la «Castellania di Cesana» e le due «Parrocchie» di Cesana e Sauze di Cesana. Ma l’oscillazione, o l’imbricazione, tra la «comunità» e la parrocchia come espressione istituzionale di comunità di abitanti è ancora ben visibile nel secolo XVIII. Nello stesso tempo, persiste l’idea di una appartenenza a un unico «corpo» di tutti i «dieci membri» del mandamento o castellania (su questi due aspetti: AST, Memoria 1719). La più saliente peculiarità del Brianzonese risiede nel fatto che la sfera comunitaria disponeva qui, almeno dal tardo secolo XV, di un ulteriore espressione istituzionale, anch’essa dotata di incisive attribuzioni finanziarie, costituita dai quattro, poi cinque, «écartons» presenti nel «paese», e dalle loro forme di coordinamento. Dopo il distacco della Val Chisone nella seconda metà del secolo XVI, l’«écarton» di Oulx corrispondeva, come ambito territoriale, al mandamento omonimo e a quelli di Cesana e di Bardonecchia. Come si è visto, l’«écarton» di Oulx si dimostrò un organismo politicamente vitale, anche se contestato, nel corso dei primi due decenni successivi all’annessione sabauda. Intorno al 1740 si nota invece una drastica rarefazione delle sue riunioni e la caduta in disuso del termine stesso di «écarton» nei loro atti deliberativi, mentre non si conserva alcuna documentazione relativa a una eventuale attività dell’«écarton» di Oulx dopo il 1748 (Benedetto 1953, pp. 19- 20; Bligny 1973, pp. 254-258; Maurice 1976, pp. 55-57).   
Statuti
Délibérations, Règlements et Conclusions pour la Communauté de Cézanne (27 aprile 1772) (Maurice 1981, pp. 59-79); Copia degli Statuti locali, Bandi Campestri e Regolamenti delle Comunità di Bousson, Champlas du Col, Rollières e Thures (1830) (AST, Copia Statuti).
Catasti
A differenza di gran parte del Delfinato fino al 1634, il Brianzonese, come, più in generale, la regione compresa nel «baillage des Montagnes», era paese di «taglia reale», cioè gravante sul possesso fondiario, e in base allo statuto giuridico dei fondi e non dei proprietari. Erano dunque, in linea di principio, le terre, in base a una classificazione fissatasi in un qualche momento del passato, a essere considerate immuni dalla taglia, in quanto nobili o ecclesiastiche, oppure imponibili, in quanto «routurières», indipendentemente dalla condizione di chi ne entrava in possesso. La registrazione della proprietà fondiaria in «parcellari» o catasti si era quindi affermata dal tardo medioevo (Allard 1970, col. 191; Bligny 1973; Chomel 1999; Hickey 1993, pp. 36, 77). Non si è conservata documentazione relativa alle vicende della catastazione nel tardo medioevo e nella prima età moderna. Nel secolo XVIII, sotto il nuovo governo sabaudo, sebbene da parte degli intendenti si deprecasse occasionalmente lo stato di disordine e vetustà dei catasti, non fu intrapresa alcuna operazione di aggiornamento, ispirata, ad esempio, alla Perequazione sperimentata dai domini piemontesi e savoiardi (AST, Memoria 1719; AST, Notizie Statistiche). Ancora nel 1827, una Relazione sulla situazione finanziaria, ed economica dei Comuni sottoposti alla sua giurisdizione, compilata dal vice intendente della provincia di Susa segnala che nel Mandamento di Cesana «non si è mai proceduti ad alcuna misura generale» e che, anche sotto il governo napoleonico, «si è sempre praticato la base dell’antico sistema per misure parziali dei terreni». La relazione qualifica inoltre i catasti in uso come «antichissimi» e in «cattivissimo stato», e la mancanza in tutti i comuni di una mappa, «quale non ha mai esistito in questo mandamento» (AST, Relazione 1827, c. 11r). I documenti catastali più antichi conservati consistono in registrazioni di mutamenti di proprietà e volture catastali, e risalgono perlopiù ai secoli XIX e agli inizi del secolo XX (nel caso di Mollières al 1795). Fanno eccezione i due «parcellari» di Solomiac, i cui rispettivi estremi cronologici sono dati dagli anni 1547-1561 e 1580-1595 (AC Cesana, Catasto Cesana; AC Cesana, Catasto Bousson; AC Cesana, Catasto Désèrtes; AC Cesana, Catasto Fénils; AC Cesana, Catasto Mollières; AC Cesana, Catasto Solomiac; AC Cesana, Catasto Thures).
Ordinati
Si conservano serie di «deliberazioni» relative ai comuni di: Bousson (dal 1728), Cesana (dal 1814), Désèrtes (dal 1792), Fénils (dal 1767), Mollières (dal 1728), Solomiac (dal 1731), Thures (le più antiche risalgono agli anni 1639-1643 e 1647; riprendono, dopo una lunga interruzione, nel 1728) (AC Cesana, Deliberazioni Bousson; AC Cesana, Deliberazioni Cesana; AC Cesana, Deliberazioni Désèrtes; AC Cesana, Deliberazioni Fénils; AC Cesana, Deliberazioni Mollières; AC Cesana, Deliberazioni Solomiac; AC Cesana, Deliberazioni Thures).
Dipendenze nel Medioevo
Nel quadro della distrettuazione carolingia, il legame di dipendenza giurisdizionale della Valle di Susa dal comitato di Torino è documentato nei placiti dell’827 e dell’880, tenuti rispettivamente dai conti Ratberto e Suppone. Intorno alla metà del secolo X, il comitato di Torino era con ogni probabilità retto da Arduino III «il Glabro», benché egli non compaia mai nelle fonti coeve con il relativo predicato d’ufficio, mentre lo sappiamo per certo, almeno dal 945, a capo del comitato di Auriate, carica nella quale successe al padre Rogerio. Nel 964, è attestata l’adozione, da parte dello stesso Arduino del titolo marchionale, a coronare lo smembramento della grande marca di Ivrea e a sanzionare la rapida ascesa della famiglia arduinica ai vertici del potere pubblico e del radicamento signorile nell’area nordoccidentale del regno italico. Arduino III, impegnato nella lotta contro i Saraceni di Frassineto, fu all’origine della cospicua presenza patrimoniale della famiglia arduinica nella Valle di Susa. Il Chronicon Novalicense (metà del secolo XI) ne lamenta, sia pure conferendole dimensioni probabilmente eccessive, la spoliazione, collocabile tra il 940 e il 946, in tal modo effettuata ai danni dei monaci della Novalesa: «cum vallis Segusina inermem et inhabitatam permaneret, Arduinus vir potens eripit illam et nobis tulit». Più tardi, la particolare attenzione riservata dagli Arduinici, ormai impegnati nella costruzione di un principato territoriale dinastico, per la Valle di Susa, connessa al controllo dei passi alpini, è confermata da alcune tra le più importanti delle numerose iniziative di fondazione e protezione di enti religiosi assunte dal marchese Olderico Manfredi, fondatore del monastero di San Giusto di Susa nel 1029 e dalla figlia Adelaide, con interventi e largizioni in favore della prevostura di San Lorenzo di Oulx (anni 1057, 1073) e di Santa Maria di Susa (1033, 1080) (Cipolla 1896, doc. I, p. 68; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. 7, pp. 7 sgg., doc. 25, pp. 31 sgg.; doc. 34, pp. 42-43; docc. 37-38, pp. 48 sgg.; Sergi 1994, pp. 38-41; Sergi 1995, pp. 85 n. 124, p. 87 nn. 138-139, p. 99 nn. 195-196). Un diploma emanato dall’imperatore Ottone III il 25 luglio 1001 confermava a Olderico Manfredi il possesso della «terciam partem Vallis Seguxiae», probabilmente in quanto erede, attraverso il padre Manfredo, di Arduino III. Nel documento sono citati, tra gli altri, i luoghi di Oulx, Bardonecchia e Cesana. Quasi tutte le località menzionate nella concessione ottoniana furono a loro volta interessate dalla cessione di una terza parte, inserita nella dotazione dell’abbazia di San Giusto, vero “monastero privato” e perno della valorizzazione di un’area di eccezionale «densità patrimoniale» della famiglia. Acquisita buona parte della titolarità del patrimonio arduinico presente nella Valle di Susa, l’abbazia vi costituì la più importante presenza signorile, ancora per molto tempo dopo la morte di Adelaide (1091) e l’affacciarsi nell’area dei conti di Moriana-Savoia. Per i marchesi arduinici, la fondazione e il potenziamento di San Giusto assunsero anche una funzione di bilanciamento e contrapposizione verso due prestigiose realtà monastiche preesistenti nella zona e caratterizzate, nei confronti del loro potere, da diffidenza, come San Michele della Chiusa, od ostilità, come San Pietro di Novalesa (MGH, doc. 408, p. 842; Sergi 1995, pp. 71-77, 85, 87, 99-101 n. 205, 134-140). Mentre, dalla fine del secolo XI, i conti di Moriana-Savoia, pretendenti all’eredità di Adelaide, imponevano la loro egemonia sulla parte centrale della Valle di Susa e sul passo del Moncenisio, cercando inoltre di estendere la loro influenza all’alta valle, segnatamente attraverso donazioni alla prevostura d’Oulx, attestate nel 1053 e nel 1073 (Chomel 1999, p. 12; Le carte della prevostura d’Oulx, doc. 4, p. 5; doc. 24, p. 29; Patria 1996, pp. 36-37), si registrano le prime testimonianze di una presenza patrimoniale nel Brianzonese e nell’alta valle della Dora Riparia (valli di Cesana e di Oulx) della famiglia transalpina dei Guigonidi (Guigues, nella forma francese). I Guigonidi appartenevano alla nuova aristocrazia militare impostasi, con la dissoluzione dell’inquadramento postcarolingio nel regno di Borgogna dei comitati di Vienne e di Grenoble, come protagonista del processo in atto di nascita della signoria di castello. Nel 1016 è attestato per la prima volta l’uso del titolo comitale, privo di specificazione geografica, da parte di un membro della famiglia, Guigo I «il Vecchio». Un suo discendente, Guigo III «il Conte», vi aggiunse per primo, nel 1079, il predicativo «di Albon» («comes Albionis»). Lo stesso personaggio, in un documento redatto intorno al 1100, si fregia del titolo di «princeps». Il figlio, Guigo IV, ricevette il soprannome di «Delfino», attestato dal 1110 («Guigo Delphinus»), che sarebbe diventato più tardi il marchio della dinastia: «delfinus viennensis» finì in tal modo con il sostituire il più vecchio titolo di conte di Albon, mentre il termine «Dalphinatus», a indicare l’ambito istituzionale e territoriale del potere dei delfini, comparve solo nel 1293, sotto l’ultima dinastia delfinale del principato indipendente, quella dei de La Tour du Pin. Nel 1155, Guigo V ottenne dall’imperatore Federico I la conferma di diritti e privilegi riconosciuti a lui e ai predecessori come derivanti dall’Impero, tra i quali il diritto di battere moneta a Cesana («villa qui dictur Sesana que sita est ad radicem Montis Iani»): i primi esemplari che attestano il suo esercizio effettivo datano dal 1192 (Bligny 1973, p. 119; Benedetto 1953, p. 19; Patria 1996, p. 39). Dalla seconda metà del secolo XII, la preminenza delfinale appare abbastanza solidamente stabilita nell’alta Valle della Dora Riparia, estendendosi, nel decennio finale del secolo, in un moto di espansione favorito dalle difficoltà successorie incontrate allora dai Savoia, fino ai pressi del rio Gelassa, oltre Gravere. Elemento essenziale di questa affermazione fu il coinvolgimento di una cerchia di famiglie locali, già protagoniste per autonoma iniziativa del processo di incastellamento che aveva interessato il territorio, in forme di coordinamento scaturite da empirica sperimentazione politica, anche se non insensibili all’effetto legittimante di gesti e titoli che rimandano all’esercizio di funzioni pubbliche e al riconoscimento imperiale. Espressioni spontanee di supremazia locale si trovarono in tal modo riqualificate come forme di esercizio delegato dei poteri “comitali” attribuiti a se stessi dai Guigonidi, da parte di «ministeriales», custodi di castello o anche «vicecomites»: dignità e funzioni che venivano, a loro volta, regolarmente patrimonializzate e dinastizzate (Benedetto 1953, p. 19; Patria 1996, pp. 40, 46). Altro potente strumento di penetrazione nell’area, attraverso l’aggregazione di interessi e clientele, fu il favore largito agli enti ecclesiastici locali, in primo luogo alla prevostura di San Lorenzo di Oulx, in un quadro di adesione e sostegno ai principi della riforma ecclesiastica. Nei secoli XI e XII, la prevostura ricevette in questo modo beni fondiari (il primo esempio, riguardante un «mas» in Cesana, risale al 1053), diritti di decimazione, diritti di strada incentrati sul transito dei pellegrini lungo la strada del Monginevro tra Cesana e Oulx, l’esenzione dai pedaggi per i propri uomini e merci, le decime sui prodotti delle attività estrattive (piombo argentifero e ferro) praticate «a monte Jani usque ad Caput moncium» (Le carte della prevostura d’Oulx, docc. 185, 187, 247): si segnalano a questo proposito le concessioni effettuate dai primi due mariti di Beatrice – la figlia di Guigo V (m. 1162), con il quale si estinse la prima dinastia delfinale – Aubert de Taillefert e Ugo di Borgogna, rispettivamente nel 1178 e nel 1188, oltre alla conferma di tutti i privilegi accordati dai suoi predecessori, compiuta nel 1223 da Guigo Andrea (o Andrea Delfino), primo esponente della dinastia borgognona (1190-1236) (Patria 1996, pp. 37, 39-40; Benedetto 1953, pp. 19-20). Tra i conti di Albon-delfini del Viennese e i Savoia intercorsero nei secoli XI-XIII legami di alleanza matrimoniale; la coesistenza, in una situazione di accentuata intersezione dei rispettivi territori e ambiti di influenza, fu inoltre resa possibile dalla politica di lealtà plurime praticata dalle aristocrazie locali, anche se gli antagonismi, in parte legati al controllo dei transiti fra la valle del Rodano e l’Italia, non mancarono di esplodere in aperte ostilità: per la prima volta nel 1140, con l’assedio posto da Guigo IV al castello sabaudo di Montmélian. Solo assai più tardi, tuttavia, tra le due dinastie sarebbe prevalsa la logica del confronto militare: uno stato quasi permanente di belligeranza caratterizzò, in particolare, gli anni dal 1283 al 1334, sebbene gli scontri interessassero principalmente teatri transalpini come il Viennese, il Grésivaudan, il Faucigny, la Bresse. La competizione si espresse però anche nel tentativo, posto in essere dai delfini, di restituire al valico del Monginevro l’antica preminenza, perduta in età medievale a vantaggio del Moncenisio: ostacolati nei loro progetti dal controllo esercitato dai rivali sulla sezione mediana della valle di Susa, nel 1228, ad esempio, stipularono un accordo con il comune di Torino, per mezzo del quale cercarono di convogliare il traffico dalla pianura padana al Monginevro attraverso la Val Chisone (Benedetto 1953, p. 19; Bligny 1973, pp. 113-114; Chomel 1999, pp. 7, 10-14, 18, 26; Patria 1996, pp. 38, 49-50; Sergi 1981, pp. 21-23). I resoconti delle inchieste amministrative condotte sotto Guigo VI (1236-1269) tra il 1250 e il 1267, e conservateci in parte nel cosiddetto «Probus», documentano la presenza del Brianzonese, dell’alta valle della Dora Riparia, dell’alta Val Chisone e dell’alta Val Varaita tra i domini delfinali: troviamo, in particolare, tra le castellanie o comunità visitate, Montgenèvre, Cesana, Sauze di Cesana, Oulx, Salbertrand, Exilles, Chiomonte. Il potere delfinale, seriamente e permanentemente limitato – nonostante lo sforzo di riorganizzazione burocratica e di feudalizzazione dei poteri signorili perseguito sotto un principe come Guigo VI – dai poteri vescovili nelle città e dalla grande aristocrazia insediata nelle terre più ricche della valle del Rodano, appare alquanto più forte precisamente nelle valli alpine del Brianzonese e dello «outre-monts». Qui, dalla metà del secolo XIII, la diffusione del giuramento ligio nei contratti di infeudazione e nel rapporto dei rustici con il principe, insieme al crescente ricorso a un funzionariato effettivamente revocabile nominato dal delfino nell’amministrazione giudiziaria e fiscale ridussero lo spazio per lo sviluppo di poteri signorili con tendenze autonomistiche. Si sottrasse in buona parte a questo processo ancora per un secolo il dominio esercitato in un quadro che restò sostanzialmente “allodiale” dall’antico lignaggio «de Bardonisca»-de Bardonnèche sulla valle omonima, compresi, nell’attuale territorio del comune di Oulx i luoghi di Beaulard, Chateau-Beaulard e Puy Beaulard (Patria 1996, pp. 49-53). Fra il 1343 e il 1349, indottovi dalla insostenibile situazione finanziaria del principato e dalla mancanza di eredi, il delfino Umberto II, che da alcuni anni ormai andava esplorando diverse ipotesi di cessione di sovranità, si rese protagonista di quello che storici e giuristi posteriori avrebbero definito il «trasporto» del Delfinato alla Francia: con il trattato di Vincennes del 23 aprile 1343, egli cedette infatti il diritto a succedergli, in caso di morte senza eredi, al duca di Orléans, figlio cadetto del re di Francia Filippo VI. In seguito (11 aprile 1344), un atto unilaterale del re Filippo VI trasferì i diritti di successione al proprio figlio maggiore, il duca di Normandia, mentre un ulteriore trattato, concluso ad Avignone il 7 giugno 1344 tra il delfino e il duca di Normandia, rese infine destinatario della cessione il figlio maggiore di quest’ultimo, Carlo. La vicenda si concluse con la stipulazione definitiva, avvenuta a Romans, il 30 marzo 1349, da parte di Umberto II, rimasto vedovo e in procinto di abbracciare lo stato religioso, della sua rinuncia al Delfinato in favore del principe Carlo, perfezionata dal solenne passaggio dei poteri inscenato a Lione il 16 luglio successivo. Tra le clausole del «trasporto», il divieto di unione del Delfinato al regno di Francia, l’interdizione agli ufficiali e alle corti del re di occuparsi di cause riguardanti i sudditi delfinali, la conservazione delle «libertà, franchigie, privilegi, buoni usi e consuetudini del Delfinato», in parte compendiati nello «Statuto delfinale» («Statutuum solemne») promulgato da Umberto II nel 1349, alla vigilia della sua abdicazione (Chomel 1999, pp. 74-81; Benedetto 1953, pp. 31- 62).
Feudo
Tra le località del mandamento di Cesana, solo Fénils venne infeudata, il 9 febbraio 1734, per 7500 lire, al senatore Carlo Tommaso Demorra, «fermiere» per la «dogana» di Cesana del diritto di pedaggio del marchese di Saint Maurice sui transiti verso e da Briançon. Il 13 febbraio Demorra ricevette il titolo di conte. Anche dopo l’infeudazione, il 18 dicembre 1734, la comunità «consegnava» come propria «la facoltà di imponer ed esiger li laudemi degli acquisitori di beni immobili siti nel territorio di esso luogo. Più la libertà di costruer li molini ed edifici con l’uso delle acque e ripaggi quelli affittar et altri privilegi ivi enunciati» (AST, Indice dei feudi, vol. 316, f. 5; Manno 1895, I, p. 223; Maurice 1976, pp. 24-26, 71; Guasco 1911, p. 740).
Mutamenti di distrettuazione
Il termine mandamentum appare in Delfinato verso il 1050 a designare il territorio controllato da un castello, di origine perlopiù “allodiale”, sviluppando pienamente nel secolo successivo i contorni di cellula organizzativa fondamentale della percezione della rendita signorile e un forte connotato giurisdizionale. Rari fino al secolo XIII furono i coordinamenti di tipo feudale di queste formazioni locali, quando sorte da iniziative di altri signori, nei confronti dei delfini, che potevano perciò contare essenzialmente sul loro patrimonio diretto o su poco impegnative lealtà nate da rapporti di parentela e alleanza matrimoniale. Nelle terre demaniali dei delfini o là dove essi riuscirono a imporre la loro superiorità sui signori locali, il «mandamento» o «castellania» funzionava come circoscrizione amministrativa, giudiziaria e fiscale di base del principato, ruolo che in qualche modo avrebbe mantenuto fino al tramonto dell’Antico Regime (Chomel 1999, pp. 31-32, 197). 
     Nella prima metà del secolo XIII, l’articolazione locale dell’ufficialità del principato vide aggiungersi, al di sopra dei castellani, i «balivi», attestati dapprima nei territori maggiormente in contatto con la cultura giuridica provenzale e italiana, come il Brianzonese. Dall’inizio del secolo XIV, il balivo venne affiancato da un giudice maggiore e da un procuratore fiscale, di nomina delfinale. A quest’epoca, erano presenti otto baliaggi, tra i quali, quello del Brianzonese, il cui tribunale sedeva a Briançon. Al balivo spettavano compiti di organizzazione e direzione militare, di amministrazione civile (in particolare relativamente ai ponti, alle strade e alla manutenzione delle fortezze delfinali) e giudiziaria, mentre la riscossione dei tributi e dei diritti dovuti al delfino restava di competenza dei singoli castellani. Il giudice maggiore teneva le sue “assise” periodicamente nelle sedi delle diverse castellanie che componevano un baliaggio, con compiti di alta giustizia di prima istanza in materia criminale e in cause riguardanti la persona o il patrimonio del delfino, di appello nei confronti dei tribunali delle castellanie e delle corti signorili dei vassalli del delfino (Bligny 1973, pp. 130-132). Tra le diverse riforme amministrative promosse dal delfino Luigi II (futuro Luigi XI di Francia) figura l’accorpamento, deciso nel 1447, in due soli baliaggi degli otto precedentemente esistenti nel principato. In seguito a questa misura, il baliaggio del Brianzonese entrò a far parte, con quelli dell’Embrunais, del Gapençais e delle Baronie, nel baliaggio delle «Montagnes», conservando, però come gli altri tre, la propria sede separata, a Briançon, e un proprio vicebalivo (Bligny 1973, p. 177; Chomel 1999, p. 99).
     Nel 1453, sotto lo stesso principe, il Consiglio delfinale, creato da Umberto II con una serie di ordinanze prese fra il 1336 e il 1340, detentore di alte funzioni giudiziarie e anche di vicarie funzioni di governo, si trasformò in Parlamento del Delfinato, con sede stabilmente a Grenoble. Durante la prima età moderna, questo organismo, oltre a pronunciarsi in appello sulle cause civili e criminali discusse nei tribunali inferiori, come quelli di baliaggio, ponendosi a un tempo come difensore delle “libertà” delfinali sancite nello «Statutuum solemne» del 1349 e come corte sovrana rappresentante della monarchia francese nella provincia, consolidò poteri giurisdizionali assai ampi, intervenendo su numerose questioni anche con l’emanazione di norme e regolamenti di carattere generale, e muovendosi frequentemente con i propri «arrêts» e le proprie «homologations», in un campo che oggi definiremmo più propriamente amministrativo. In particolare, ebbe un ruolo di certificazione e di controllo assai rilevante, con la tendenza a espandersi nel corso del secolo XVII, nei confronti dell’amministrazione interna delle comunità e dell’esercizio delle loro attribuzioni in materia di fiscalità regia e locale. Inoltre, costituivano regolarmente materia delle sue sentenze e dei suoi interventi normativi, questioni come le liti territoriali e i contenziosi sorti fra le comunità o fra articolazioni interne alle stesse, intorno ai beni comuni o alla ripartizione dei carichi fiscali. Solo nel 1679 fu stabilmente installato a Grenoble un «intendant de justice, police et finaces» come rappresentante diretto del re, e solo verso la fine del secolo i suoi poteri giunsero a sostituirsi in misura significativa a quelli tradizionalmente esercitati dal Parlamento nel controllo dell’amministrazione e della finanza locali (Favier 2001, pp. 11-23; 54-74).
     Rimane largamente inesplorato il tema di come le autonomie incarnate dagli «écartons» del Brianzonese (cfr. il lemma ‘Comunità, origine, funzionamento’) si situassero, oltre che in rapporto ai poteri di controllo amministrativi e finanziari del parlamento, anche nel più ampio quadro tracciato dalle prerogative esercitate dall’assemblea degli Stati dei tre ordini della provincia, creati nel 1367, nei confronti delle richieste fiscali della monarchia. Allo stesso modo, è quasi del tutto sconosciuto il rapporto con l’amministrazione finanziaria più centralistica che la sostituì, a partire da quando gli Stati furono aboliti nel 1628 – dopo avere già perduto, nel corso del secolo precedente, alcuni dei suoi poteri più significativi – a vantaggio di dieci, poi (1634) sei «bureaux d’élection»: per il Brianzonese fu competente quello di Gap (dalla cui giurisdizione restava però escluso il «receveur particulier» incaricato di riscuotere i «ducats briançonnais») (Allard 1970, col. 191; Chomel 1999, pp. 135-136).
     Più in generale, attendono di essere studiati in dettaglio i processi concreti di affermazione dell’autorità dei delfini-re di Francia sui territori alpini che qui ci interessano, in rapporto con la definizione delle forme del possesso della terra e della giurisdizione. La «transazione» con le comunità del Brianzonese del 1343 e lo statuto delfinale del 1349, puntualmente ratificate dai re di Francia, restano punti di riferimento costantemente invocati nella giurisprudenza e nel dibattito politico successivi, dove concorrono insieme a compattare un sistema tradizionale di “libertà”. Andrebbero però pienamente apprezzati il significato e la portata specifici di ciascuno dei due documenti, in rapporto l’uno con l’altro, e alla luce dei differenti assetti “originari” dei poteri esistenti nelle diverse regioni del Delfinato. Si ritiene, in particolare, che lo Statuto delfinale abbia contribuito a preservare in Delfinato, paese di diritto scritto, il principio dell’allodialità del possesso, in assenza di titoli certificabili di signoria. Con un editto reale del 1658, la monarchia rinunciò di fatto, dopo alcuni tentativi andati a vuoto per la resistenza parlamentare, a imporre il principio di un proprio «diritto eminente universale» sul Delfinato, riconoscendo che «dans notre province de Dauphiné le franc-alleu est établi suivant l’usage de tout temps observé». Per quanto riguarda il Brianzonese, tuttavia, la dottrina di Antico Regime riconosceva che «le roi est seigneur de tout ce pays outre la souveraineté» (precisando: «à la reserve de quelque legère portion, dans Bardonnêche, à Oulx et à Chaumont», cioè di quelle «porzioni» di diritti signorili detenuti dai de Bardonnèche e dalla prevostura di Oulx, i primi acquistati dalle comunità alla fine del secolo XVII) (Allard 1970, col. 191; Favier 2001, p. 54).
     Dopo l’annessione allo Stato sabaudo, sanzionata dal trattato di Utrecht (1713), il territorio corrispondente alle castellanie di Oulx, Cesana, Bardonecchia, Chiomonte, Exilles e Salbertrand, insieme con la borgata di Clavières, smembrata dalla comunità di Montgenèvre, entrarono a far parte della Provincia di Susa. La loro individualità giuridica e linguistica (salvaguardata del resto dalle clausole della cessione da parte della Francia) fu tuttavia riconosciuta per tutto l’Antico Regime, a cominciare dal lessico degli atti burocratici sabaudi, che le designava generalmente come «Vallées du Dauphiné cédées a Sa Majésté», «Vallées du Dauphiné en deça des monts». Inoltre, dal 1708, data nella quale furono invase dalle truppe sabaude, esse furono affidate alla speciale competenza di un commissario con potere delegato dall’intendente, con la qualifica, di risonanza tradizionale, di «castellano» delle «Valli conquistate», mentre all’ufficio di intendente generale di Susa veniva conferito rango senatorio e la giurisdizione di «giudice maggiore» («juge mage»), un tempo aggregata al tribunale del vicebalivo del Brianzonese. Ai primi commissari, il piemontese Petiti e i savoiardi Claude e Pierre-François Syrod, successe Pierre Bernard Latourrette, di Oulx, appartenente a una delle principali famiglie della élite che dominava le amministrazioni locali. Nel 1748, Latourrette fu nominato «castellano delle Valli di Oulx e Cesana», mentre la sua carica di commissario veniva stabilizzata in quella di viceintendente o «subdelegato» dell’intendente generale di Susa (Duboin 1818-1869, pp. 1723, 1729, 1749; Maurice 1976; Patria 1996, pp. 88, 101; AST, Stile).
     Dopo l’invasione napoleonica, secondo la nuova maglia amministrativa messa a punto dopo il voto espresso dal Governo provvisorio piemontese in favore dell’annessione alla Francia nel 1799, riconfermata, senza sostanziali modifiche per l’area che qui ci interessa, con l’unione del Piemonte alla Francia, decretata a titolo «temporaneo» nel 1801 e resa definitiva nel 1803, l’intera Valle di Susa entrò a far parte del Dipartimento dell’Eridano, con capoluogo Torino, di cui costituì un circondario («arrondissement»), retto da un sottoprefetto (Sturani 2001).
     Con la Restaurazione, fu ricostituita la Provincia di Susa, come parte della Divisione di Torino. All’interno della maglia amministrativa in tal modo ripristinata, il Regio Editto del 27 ottobre 1815 trasferì tuttavia i comuni di Désèrtes, Fénils, Mollières, Rollières e Solomiac dal mandamento (giudiziario) di Cesana – nel quale, insieme con i comuni di Bousson, Champlas du Col, Clavières e Thures erano fino ad allora compresi – a quello di Oulx. All’inizio del 1816, essi presentarono ricorso all’intendente provinciale di Susa per la revoca del provvedimento. Il ricorso si richiamava all’antica appartenenza – come attestavano le transazioni del 1343 con il delfino e, più vicina nel tempo, la «revisione dei fuochi» del 1700 – alla «Vallée ou Mandement de Césanne», «mai infeudato» e «cumulativement justiciable d’un Châtelain Royal comme ressortant du Domaine Direct de S.M.». Attribuendo la misura a un «difetto di conoscenza locale», le località ricorrenti si appellavano soprattutto alla «indispensabilità» della loro «unione» in vista della «perequazione dei tributi» («perecation des impositions»), perché – facevano presente – «les feux qui ont servi de base à leur repartition sont encore communs et indistints» tra di loro. Corredavano poi la loro istanza con una carta topografica che illustrava le (accessorie) ragioni di prossimità e comodità di collegamento che militavano in favore del mantenimento della situazione precedente (Table expliquant la distance des Villages à Oulx et à Césanne) (AST, Ricorso 1816).
     Più tardi, il territorio della Provincia di Susa fu circondario all’interno della Provincia di Torino, fino al 1926, quando venne abolito. In anni recenti  il comune di Cesana Torinese ha aderito alla Comunità Montana Alta Valle di Susa, con sede a Oulx, quindi alla  Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone
Mutamenti Territoriali
I principali mutamenti territoriali furono: - 1843-1846: questione originata dal ricorso presentato al re nel 1843 dalla «borgata» (nei documenti in francese: «village» o «hameau») di Champlas Seguin (comune di Rollières), per l’unione al comune di Cesana, motivata dalla «maggior quantità d’interessi comuni» con quest’ultimo (AST, Riunione Champlas Seguin a Cesana); - 1865-1880: deliberazioni dei Consigli comunali di Bousson, Cesana Torinese, Champlas du Col, Clavières (Claviere), Désèrtes, Fénils, Mollières, Sauze di Cesana, Solomiac e Thures, in risposta alle sollecitazioni governative tendenti alla «soppressione dei piccoli Comuni», seguite all’entrata in vigore della Legge sull’amministrazione comunale e provinciale 20 marzo 1865. Tranne Cesana Torinese, che «accetta l’aggregazione con Clavières e Mollières», le proposte di riorganizzazione intorno a Bousson, Cesana o Sauze di Cesana sono respinte da tutti gli altri comuni invitati a esprimersi sulla questione. Champlas du Col «si oppone alla prevista unione con Sauze di Cesana, e preferirebbe con Rollières, però consentendogli il Capoluogo» (ASPT, Aggregazione); - 23 marzo 1870: soppressione del comune di Rollières e annessione del suo capoluogo al comune di Bousson; aggregazione della frazione Champlas Seguin dello stesso comune di Rollières al comune di Cesana Torinese (AC Cesana, Divisione; AC Cesana, Documenti Rollières; Variazioni 1862-1888, p. 117); - 1880-1882: il 25 maggio 1882 si compie ufficialmente il distacco della frazione Rollières dal comune di Bousson e la sua aggregazione a quello di Sauze di Cesana (Variazioni 1862-1888, p. 117), a conclusione di un iter apertosi con l’istanza avanzata dagli abitanti della borgata in un «memoriale» del 15 maggio 1879. La nuova variazione che interessa il territorio dell’ex comune di Rollières spinge il comune di Cesana a ribadire presso l’amministrazione provinciale i propri diritti su parte delle «foreste denominate Deveys e Adreys», conseguiti con l’incorporazione di Champlas Seguin (ASPT, Sauze di Cesana); - 1928 (Regio Decreto 8 novembre 1928, n. 2541): soppressione dei comuni di Bousson, Champlas du Col, Désèrtes, Fénils, Mollières, Sauze di Cesana, Solomiac, Thures, e loro aggregazione al comune di Cesana Torinese (AC Cesana, Aggregazione; AC Cesana, Revisione; Variazioni 1927-1930, p. 211); - 1934 (R.D.L. 18 ottobre 1934, n. 1852): distacco delle frazioni Champlas du Col, Rollières e Sauze di Cesana, passate a costituire con la frazione Sestrières (comune di Pragelato) il nuovo comune di Sestrières (dal 1935: Sestriere) (AC Cesana, Sestrières; Variazioni 1934-1936, p. 21; Pressenda 2001, pp. 120, 124-125); - 1936-1942: richiesta di distacco della frazione Rollières dal comune di Sestriere e sua riaggregazione al comune di Cesana Torinese. Il ricorso sottoscritto nel 1936 dalla «maggioranza numerica» e in termini contributivi dei frazionisti sottolinea la distanza di Rollières dal capoluogo e la difficoltà di raggiungere per vie carreggiabili la sede del comune, situata a 2000 metri d’altitudine, nella stagione invernale – in particolare «perché, per un discreto tratto di percorso da Sauze di Cesana in su, di solito non si sgombra la neve». Le deliberazioni, in senso favorevole, del commissario prefettizio di Cesana e del podestà di Sestiere datano rispettivamente al 14 luglio e 14 agosto 1937. Sestriere conferma il suo assenso con deliberazione podestarile del 10 dicembre 1938, che approva contestualmente il progetto di nuovo confine tra i comuni di Sestriere e Cesana Torinese. Il 1 maggio 1939, il Rettorato provinciale esprime il suo assenso al «progetto di separazione territoriale» e delimitazione dei confini predisposto nel 1938 dall’Ufficio Tecnico Erariale e alla nuova linea di confine (AC Cesana, Rollières e Sauzet; ASPT, Cesana; ASPT, Rettifica; Pressenda 2001, pp. 127-128, n. 33); - 22 agosto 1939: istanza degli abitanti di Sauze di Cesana tendente alla separazione dal comune di Sestriere e alla riaggregazione a quello di Cesana Torinese (ASPT, Rettifica; Pressenda 2001, p. 128 n. 33); - 1946: richiesta avanzata dai «Consiglieri e Capi frazioni» delle frazioni Bousson e Thures di distacco dal comune di Cesana Torinese e ricostituzione in un unico comune autonomo, con capoluogo Bousson. La richiesta è respinta dalla Giunta municipale e dal Consiglio comunale di Cesana Torinese, con deliberazioni rispettivamente del 6 aprile e dell’8 luglio 1946, contro le quali viene presentato ricorso il 23 luglio successivo. Il Consiglio comunale di Cesana ribadisce il suo parere sfavorevole il 23 ottobre 1946 (AC Cesana, Ricostituzione; ASPT, Cesana); - 1947: in seguito al Trattato di pace con la Francia, per D.L. 28 novembre 1947, n. 1430, con effetto dal 16 settembre 1947, viene ceduta alla Francia parte del territorio del capoluogo e delle frazioni Fénils e Mollières (473 ha) (Campanella 1981; Variazioni 1939- 1949, p. 61).  
Comunanze
Nel 1756-1762 si verificò una controversia tra le comunità di Cesana e Désèrtes, da una parte, e Montgenèvre, dall’altra, per diritti sulla «Montagna detta di Gimont» e sul «tenimento di bosco denominato il bosco bianco» (o «Bois de la Blanche»), siti nel territorio di Cesana (AC Cesana, Cesana vs. Monginevro; AC Cesana, Désèrtes vs. Monginevro; AST, Parere Avvocato Generale 1756; AST, Relazioni 1760 in 1764). Nel 1763-1770 si verificò una controversia tra la comunità di Bousson e gli abitanti nel Brianzonese che possiedono fondi sul suo territorio intorno ai diritti di sfruttamento dei beni comuni (AST, Differenze Bousson forensi; AST, Transactions, Memoires 1767-1770). Nel 1822-1892 ci furono periodiche riaccensioni di una controversia intorno ai pascoli della Gimont tra gli abitanti di Bousson e di Cesana (AC Cesana, Lite Bousson-Cesana 1; AC Cesana, Lite Bousson-Cesana 2). Nel 1856 si verificò una controversia tra la borgata San Sicario e Champlas Seguin (allora frazione del comune di Rollières) intorno alla proprietà della foresta Soleil du Boeuf (AC Cesana, Champlas Seguin vs. San Sicario).
Liti Territoriali
Le principali liti territoriali furono: - 1387-1390: controversia territoriale e definizione del confine tra le castellanie di Oulx e di Cesana. Il 23 luglio 1387, una sentenza emessa dalla «curia appellacionum» di Briançon riconobbe che, in virtù di concessioni riportate dai delfini Giovanni e Umberto II, la «universitas castellanie Ulcij» deteneva «omnia jura raciones et actiones existentes [...] in nemoribus albis et nigris pasqueriis et pasqueragiis territorii mistralie et castellanie Ulcij constituentes eandem universitatem Ulcij»: in particolare i pascoli delle «montanee de chamosseria et pignareti territorii Ulcij et districtus», contesi dagli uomini della castellania di Cesana (AC Oulx, Sentenza). Una «transazione o sentenza arbitrale» del 29 aprile 1390, completata da un «atto di piantamento dei termini di confine» del 25 luglio successivo, posero fine alla lite tra gli uomini delle castellanie di Oulx e di Cesana in merito alla Montagna della Camosciera e alla sottostante foresta di Pignaret, dichiarandole di «assoluta proprietà» di Oulx, fatti salvi alcuni diritti di «godimento», riconosciuti agli abitanti della castellania di Cesana, in cambio di analoga concessione sui «pascoli e foreste» del loro territorio (AC Cesana, Oulx vs. Solomiac; AC Oulx, Lite vs. Solomiac); - 1841: delimitazione dei confini tra Cesana e Champlas du Col, dopo un precedente in tal senso intervenuto nel 1785 (AC Cesana, Confini Cesana-Champlas du Col); - 1867-1882: causa tra il comune di Oulx e il comune di Solomiac, «quale rappresentante il Mandamento di Cesana», sulla «linea dividente i territori e proprietà rispettivi dei comuni d’Oulx e di Solomiac nei pascoli della montagna Camossiera e bosco Pignaret». Le parti si richiamavano entrambe, proponendone interpretazioni divergenti, alla sentenza arbitrale e all’atto di fissazione dei termini di confine del 1390 (corredati dall’atto di ricognizione dei confini del 1678). Il comune di Solomiac rivendicava al proprio territorio metà della montagna o vallone dalla Camosciera, «cioè il pascolo così denominato e la sottostante foresta di Pignaret». I diversi gradi di giudizio affrontati videro respinte le pretese territoriali di Solomiac sull’area; furono riconosciuti soltanto i diritti d’uso dei suoi abitanti, vincolati alla clausola di reciprocità nei confronti di Oulx (AC Cesana, Oulx vs. Solomiac; AC Oulx, Lite vs. Solomiac); - 1868-1883: controversia tra i comuni di Désèrtes e di Oulx intorno alla «linea di confine territoriale». La progressiva scomparsa, con il tempo, di parte dei termini divisori eretti nel corso della ricognizione dei confini tra i mandamenti di Oulx e Cesana effettuata nel 1678 genera «varie incertezze» sull’andamento della linea di confine tra Oulx e Désèrtes. Quando, nel 1868, si procedette al «rilevamento dei terreni» ordinato dal governo in vista della formazione del «catasto stabile nel Compartimento Ligure-Piemontese», tali incertezze favorirono l’insorgere di «contese» tra i «delegati rappresentanti delle due comunità». Si giunse tuttavia, con l’assistenza di perizie, a stabilire una «linea catastale», che, «messa a confronto [...] con quella indicata da antichi documenti e dai pratici del luogo» risultò concordante «in massima» con la linea «riconosciuta» nel 1678 (AC Cesana, Oulx vs. Désèrtes; AC Oulx, Perizia 1883).
Fonti
AA Torino (Archivio Arcivescovile di Torino):
Scritture, cat. 54;
Decime e Cattedratico, Sezione 6, prot. 173;
Visite Pastorali.
AC Cesana (Archivio Storico del Comune di Cesana Torinese):
            Categoria I, Amministrazione, Classe 8, Liti e vertenze, fald. 30, fasc. 1, Causa tra la comunità di Cesana e Monginevro per lo sfruttamento dei pascoli della montagna Gimont [1341-1731]; fald. 31, fasc. 2, Causa per i pascoli tra la comunità di Cesana e San Sicario [1699]; fasc. 3, Cesana contro Bousson per la delimitazione dei confini [1734-1888]; fasc. 4, Delimitazione dei confini tra Cesana e Champlas du Col [1785, 1841]; fasc. 6, Lite fra Champlas Seguin e Cesana: testimoniali degli uomini di Sauze di Cesana [1666]; fasc. 7, Vertenza con Rollières per la montagna La Cesannière [1852-1860]; fasc. 8, Opposizione di San Sicario al bando del Comune di Cesana [1854]; fasc. 9, Contestazione fra Champlas Seguin e San Sicario sulla proprietà della foresta Soleil du Boeuf [1856]; fasc. 10, Vertenza con Rollières per diritti di pascolo e fuocatico [1858-1859]; fasc.18, Oulx-Solomiac. Riporto in mappa dei termini II e II sulla linea di confine Oulx-Solomiac [1943];
            Categoria I, Amministrazione, Classe 13, Deliberazioni, fald. 36, fasc. 1, Délibérations et actes de communauté non sujets à insinuation [1814-1819];
            Archivio Storico del Comune di Bousson: Categoria I, Amministrazione, Classe 8, Cause, liti, conflitti, fald. 4, fasc. 8, Lite tra Bousson e Cesana per i diritti di pascolo a Gimont [1822-1830]; fald. 5, fasc. 2, Lite tra i Comuni di Cesana e Bousson [1874-1892]; fasc. 3, Lite Bousson-Thures per il ponte Thetus [1885-1886]; Classe 12, Circoscrizioni territoriali, fald. 5, fascc. 5-6, Documenti relativi all’ex Comune di Rollières [1870-1885]; Classe 13, Deliberazioni, fald. 5, fasc. 7, Deliberazioni del Consiglio e della Giunta [1728-1741]; Categoria V, Finanze, Classe 5, Catasto, fald. 61, fasc. 9, Volture catastali [1809-1925];
            Archivio Storico del Comune di Fénils, Categoria I, Amministrazione, Classe 8, Cause, liti, conflitti, fald. 2, fasc. 1, fald. 3, fasc. 1, Lite Désèrtes-Fénils [1523-1930]; fasc. 5, Lite Fénils-Solomiac [1695]; fasc. 6, Lite con Mollières, Solomiac; fasc. 7, Lite Désèrtes-Solomiac-Fénils [1866-1908]; Classe 13, Deliberazioni, fald. 4, fasc. 1, Deliberazioni non soggette a insinuazione [1767-1774]; Categoria V, Finanze, Classe 5, Catasto;
            Archivio Storico del Comune di Mollières, Categoria I, Amministrazione, Classe 8, Cause, liti, conflitti, fald. 1, fasc. 8, Lite con Solomiac [1618-1786]; fald. 2, fasc. 1, Lite con Fénils [1621, 1723-1876]; fald. 3, fasc. 6, Lite con Champlas Janvier [1852]; fasc. 7, Lite con Rollières [1852-1861]; fasc. 8, Lite con Cesana [1853-1875];
            Archivio Storico del Comune di Thures, Categoria I, Amministrazione, Classe 13, Deliberazioni, fald. 2, fascc. 1-4, Deliberazioni [1639-1640; 1642-1643; 1647; 1728-1761]; Categoria V, Finanze, Classe 5, Catasto, fald. 38, fasc. 1, Volture catastali [1863-1935].
            Sezione I, Serie 1, Pergamene, perg. 8, Sentenza a favore della Comunità di Oulx nella controversia sorta con la Comunità di Cesana in merito ai confini [23 luglio 1387];
            Sezione I, Serie 9, Liti, fald. 28, Documenti e atti di causa e lite tra la Comunità e i particolari, tra le Comunità della valle, Documenti della lite contro Solomiac [1870-1882].
ASPT (Archivio Storico della Provincia di Torino), Categoria XIV, Classe 02, cart. 1, B/1, Aggregazione e disgregazione di Comuni, Borgate, ecc. [1868-1884]; B/10, Sauze di Cesana; cart. 36, A/32, Cesana Torinese; cart. 75, A/129, Rettifica di confini fra i Comuni di Sestriere e Sauze di Cesana. Parere.
Camera dei Conti, I Archiviazione, Paesi, Provincia di Susa, m. 1, n. 2, Stato delle liti, che hanno vertenti le Città, e Communità della Provincia di Susa [1717];
Corte, Paesi, Provincia di Susa, Valli di Bardoneschia, Cezana ed Oulx, m. 6, n. 3, Carta Topografica delle Valli di Bardoneschia, Oulx, e Cezana, stata formata dagl’Ingenieri Audibert, e Negro, ed approvata dalli rispettivi Commessarj del Re di Sicilia, e di S. M. Xma. Per Estratto Sottos.ta Audibert [12 settembre 1714]; n. 10, Memoria rimessa dall’Ambasciatore di Francia sull’arresto fattosi da due Invigilatori della Dogana del Piemonte d’un Mulo carico di Legna in odio d’un Particolare di Montgenevro, il quale aveva escavato alcuni alberi nel proprio fondo situato poco distante dai rispettivi confini. Colla Risposta del Marchese Del Borgo alla sud.ta Memoria [31 gennaio 1726]; n. 15, Relazioni, Carte Topografiche, Verbali, Lettere, e Memorie riguardanti le differenze insorte tralle Comunità di Cezana e Montgenevre, Plampinet e Melezet, state rimesse all’arbitramento de’ rispettivi Commessarj Principali di S. M., e del Re di Francia in esecuzione del Trattato de’ Confini delli 24 Marzo 1760; state quindi tali differenze terminate nelle Conferenze di Mommeliano sotto li 13 7bre d.o anno. Colli Verbali, o siano Transazioni seguite tralle sopranominate Comunità sotto li 27 e 28 Luglio, e 14 7bre 1762. Ed altri Verbali seguiti in esecuzione delle sudd.te Transazioni per il piantamento de’ Termini dividenti li Confini tralle predette Comunità, in data delli 31 Agosto 1763 e 4 Luglio 1764 [1760-1764];
Corte, Paesi per A e B, B, m. 43, Bousson, Memorie, e informativa intorno alle differenze insorte tra la Comunità di Bousson, ed i contribuenti forensi abitanti di Brianzone pel fatto di pretesa divisione de’ pascoli Comunali [1767-1837, 29 Gennajo 1767];
Corte, Paesi per A e B, R, m. 21, Rollières, n. 1, Suppliche di particolari della borgata di Champlas Séguin per rimanere uniti alla parrocchia di Cesana e essere separati dal comune di Rollières; e per non esser costretti a partecipare alle spese per la nuova chiesa di Rollières [1817].
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Descrizione Comune

Cesana Torinese

            Il territorio dell’odierno Comune di Cesana Torinese corrisponde in buona parte al territorio della castellania o mandamento che aveva sede in Cesana, cellula di base dell’amministrazione delfinale, poi, quadro amministrativo e giudiziario ancora rilevante dopo la definitiva incorporazione del Delfinato nella distrettuazione provinciale del regno di Francia, e infine sotto il governo sabaudo. Il mandamento fu però anche uno degli ambiti di formale organizzazione comunitaria degli abitanti, a sua volta inserito nel sistema degli “écartons”. Il formarsi, come nelle vicine castellanie di Oulx e Bardonecchia, nel corso del secolo XVII, di comunità autonome ebbe in quella di Cesana un andamento se possibile ancora meno lineare, che generò o lasciò sussistere notevoli situazioni di ambiguità. Al centro di queste situazioni che chiamano in causa lealtà territoriali complesse o conflittuali, si intravede il problema di un nesso particolarmente stretto tra condizioni del possesso, fiscalità e qualificazione politica del territorio
A sua volta, Cesana produce i seguenti documenti (“autentici”): - un “estratto di enfiteusi” accordatale dal delfino Umberto II il 18 aprile 1341, in forza della quale la comunità acquista, col pagamento di una somma di 80 fiorini, moneta di Firenze, e di una rendita annuale pari a un fiorino, “divers prés et la montagne, et alpes de Gimont, alpège et patûrage jusqu’au Ser de la Blanche, et jusqu’aux limites de Cervières”; - la “convenzione” stipulata con lo stesso Imbert il 19 giugno 1343, in cui il delfino rimette alla comunità, in cambio della “charge” annuale di 24 lire tornesi, i diritti e “l’exaction des bleds et avoine” dovutigli dalla stessa comunità per “les terres de François de Bardonnèche, pour la montagne de Gimont, et autres”; [vd. COMUNITA’ ORIGINE FUNZIONAMENTO] le “terre di François de Bardonnèche” costituendo in realtà “les mêmes prés et la même Montagne de Gimont” concessi in “albergamento” alla comunità nel 1341.
Sul terreno, i “commissari delegati” (il francese Jean Bonnot, “advocat au Parlement de Grenoble et subdélégué de l’Intendance du Dauphiné au Département du Briançonnais” e il suo omologo sabaudo, viceintendente della Provincia di Susa “dans les Vallées du Dauphiné”, Alexis Mallen) e i ‘tecnici’ che li accompagnano, incaricati di implementare quanto deciso (peraltro dietro loro suggerimento) dai “commissari principali”, devono ora conciliare l’auspicato ancoraggio della linea di divisione alle caratteristiche “naturali” con i riferimenti conflittuali tracciati dalle pratiche concrete delle parti in causa. I Francesi si attestano su una proposta di spartizione che di fatto assegna in proprietà a Montgenèvre “toute la partie gauche du Vallon de Gimont” – fissando una linea divisoria che, seguendo il corso del “Combal de la Maye” (il greto di un ruscello secco per la maggior parte dell’anno), dal “passage de la Grande Collette” raggiunge il rio Gimont. Ma anche la posizione espressa dal funzionario e dall’ “ingeniere topografo” che lo accompagna scontenta Cesana, perché invece di sostenere un punto di arrivo della linea “immediatement au dessous de la Petite Collette”, dove essa incontrerebbe “des limites immuables au moyen d’une chaîne de rochers inaccessibles”, la fanno terminare 135 tese più a sud, con il risultato, anch’esso deprecabile per Cesana, di lasciare aperta “la porte de la Petite Collette” e quindi libero ingresso nel Vallone di Gimont agli abitanti di Montgenèvre. Come lamentano i Cesanesi:
Cette porte est la pierre d’achoppement, et la source depuis quatre siècles de toutes les contestations entre les deux communautés; au moyen de cette porte le Montgenèvre se glisse par derrière à l’inçu de Cezanne, quand il veut, et comme il veut, dans le dit vallon, et se repand dans les patûrages de Cezanne sans qu’on puisse parer à cet inconvénient, attendu la situation du lieu.
La questione, concernente in punto di diritto il possesso e l’usufrutto di terreni, assume delicati risvolti politico-territoriali: nel 1767, dall’esame del catasto di Bousson, il castellano di Cesana rileva infatti come potenziale rischio per l’integrità del confine di stato il fatto che i “registranti” francesi trasferiscano esclusivamente al loro interno i diritti sui propri fondi. [ASTO Differenze Bousson forensi; ASTO Transactions, Memoires 1767-1770]
La presenza di proprietari “forestieri” o anche di residenti non nativi genera occasioni di diputa anche quando coinvolge solo luoghi interni al mandamento: si pensi alle controversie collegate alla “taille neuve”. [vd. COMUNITA’ ORIGINE FUNZIONAMENTO] Negli assetti interni del mandamento, d’altra parte, la costituzione di territori comunali autonomi non elimina la pluralità e l’intreccio delle forme di organizzazione comunitaria; piuttosto crea nuove tensioni tra opportunità alternative di aggregazione dei nuclei insediativi. Come rivelano alcune controversie ottocentesche, in proposito, le opzioni locali sono spesso esarcebate, ma anche ambigue, poiché legami esclusivi possono significare la perdita dell’accesso all’una o all’altra di un insieme di risorse condivise nel quadro di accordi o appartenenze differenziati.
La richiesta avanzata nel 1843 dalla “borgata” di Champlas Seguin, tendente alla separazione dal Comune di Rollières e all’aggregazione a quello di Cesana, esprime il perdurante rifiuto opposto dagli abitanti della borgata al loro trasferimento, deciso nel 1817, dalla parrocchia di Cesana a quella eretta allora nel capoluogo. [vd. ALTRE PRESENZE ECCLESIASTICHE] Gli abitanti di Champlas Seguin presentano la loro unione amministrativa a Rollières come recente e “provvisoria”: “depuis le traité de Utrecht de 1713 ils furent portés provisoirement pour faire partie de la Commune de Rollières”. Sottolineano, per contro, la loro appartenenza “da sempre” alla parrocchia di San Giovanni Battista di Cesana e i suoi importanti riflessi sulla gestione delle risorse locali, in particolare sull’accesso alle comunaglie: mentre infatti – così sostengono – non hanno mai usufruito dei beni comuni di Rollières, “qui sont opposés, les uns sur la rive droite de la Rippe Rivière les autres sur la gauche eloignés d’environ une lieue”, con Cesana “ils jouissent des communaux vers leur territoire par indivis”; anzi, “tous les communaux de Champlas Sequin se trouvent encore indivis d’avec Césanne et sont soumis aux mêmes Status locaux”. Più in generale, i ricorrenti affermano di vivere con i Cesanesi “come se fossero uniti di Comune”, mentre lamentano sovraimposizioni da parte dell’amministrazione di Rollières. La borgata si dice inoltre dotata di un proprio catasto e “mutancier” (registro dei trasferimenti della proprietà fondiaria) “separati”, prova – si sostiene – del carattere non originario o stabile della sua “incorporazione” nel Comune di Rollières.
Il ricorso di Champlas Seguin si scontra anzitutto con le opposizioni espresse nel 1845 sia dal Comune di Rollières sia da quello di Cesana. Rollières indica alla base dell’aggregazione “da secoli” dei due luoghi un intento di perequazione economica e fiscale: “des motifs d’egalisation territoriale de communaux comme de revenus et produits divers”; in particolare, senza il concorso della borgata risulterebbe impossibile fare fronte alle spese comunali e parrocchiali, alla manutenzione delle strade comunali e vicinali, degli edifici pubblici e religiosi. Si precisa, contro ogni ipotesi di separazione amministrativa, che circa la metà del “registro” particolare di Champlas Seguin si troverebbe in possesso degli abitanti del capoluogo e di quelli di Champlas du Col. L’aggregazione di Champlas Seguin a Cesana, oltre a comportare per questi proprietari l’obbligo di contribuire alle spese comunali gravanti su un territorio assai esteso come quello di Cesana, li priverebbe nel contempo della possibilità di accedere, in proporzione del loro “allibramento” a Champlas Seguin, ai beni comuni “indivisi” tra la borgata e Cesana. La ragione perequativa dell’aggregazione di Champlas Seguin a Rollières risiederebbe appunto nella possibilità per gli abitanti di quest’ultimo di rimediare in tal modo, oltre che all’insufficienza, alla scarsa “proporzionalità al loro allibramento” delle altre comunaglie “più alla loro portata”, quelle “dell’inverso”: si trattarebbe, in altre parole, di un mezzo “pour équilibrer le Registre universel […] de la Commune de Rollières”. Un’ulteriore insidia sembrava contenuta nel fatto che il territorio di Rollières e Champlas Seguin risultassero ancora “indivisi”.
Nel 1946, quando si ha una diffusa pressione per la revoca delle aggregazioni compiute circa vent’anni prima dal governo fascista (spesso secondata dalle autorità provinciali, ma assai più raramente da quelle statali), ad alimentare lo scontento per gli esiti di una razionalizzazione amministrativa decisa dall’alto sono radicate asimmetrie tra i luoghi, riaffiorate nella prima metà del secolo XX intorno alla distribuzione degli interventi ritenuti necessari in vista di una vagheggiata modernizzazione economica e infrastrutturale.
Esemplare a questo proposito la vicenda della richiesta delle frazioni Bousson e Thures di distaccarsi dal Comune di Cesana Torinese e di ricostituirsi in un unico Comune autonomo, con capoluogo Bousson.
La richiesta è respinta dalla Giunta municipale e dal Consiglio comunale di Cesana Torinese, con deliberazioni rispettivamente del 6 aprile e dell’8 luglio 1946, contro le quali viene presentato ricorso il 23 luglio successivo. Il Consiglio comunale di Cesana ribadisce il suo parere sfavorevole il 23 ottobre 1946.
La motivazione più generale addotta dai “frazionisti” in favore della separazione consiste negli “interessi contrastanti” dovuti alla “diversa struttura economica” che oppone il capoluogo a Bousson e Thures. Più specificamente, i loro rappresentanti lamentano che gli interessi delle due frazioni sarebbero “trascurati e subordinati” agli interessi di un capoluogo accentratore e “assai poco sollecito e per nulla largo di mezzi nell’intervenire a favore loro per quanto riguarda sopra tutto i servizi pubblici”. Il motivo di frizione più immediato riguarda la ricostruzione dei ponti distrutti dagli occupanti tedeschi nei pressi dell’abitato di Bousson, che interessano i collegamenti con Thures, Rollières e Sauze di Cesana. Si stigmatizza la scarsa disposizione del Comune di Cesana ad attivarsi per sollecitare l’avvio dei lavori, e la sua indiffferenza di fronte alle “varianti” proposte dalle frazioni, in vista di un adeguamento dei ponti al transito di autobus e autotreni, di cui si sottolinea la crescente necessità “per i trasporti sia turistici e commerciali”. Rilevano poi come, all’atto dell’aggregazione a Cesana nel 1928, Bousson e Thures, diversamente degli altri comuni allora soppressi, “per le particolari attività e possibilità economiche” si trovassero “in buone condizioni finanziarie”. Illustrano in uno schema progetto di bilancio di previsione l’esistenza delle “possibilità finanziarie occorrenti per il funzionamento autonomo del nuovo comune”; in particolare, come risultato della revisione del canone di affitto di una cava di marmo di proprietà comunale gestita dall Montecatini; dei proventi previsti dallo sfruttamento di una cava di talco ancora “allo stato di semplice ricerca”; “dell’affittamento dei pascoli alpini”; dagli “abbattimenti annuali” praticabili in lotti boschivi ancora “di cospicua estensione”, anche se danneggiati dagli “sfruttamenti a fondo praticati durante l’occupazione tedesca”.
Le obiezioni avanzate dal Comune di Cesana vertono: 1) sul “modesto numero di abitanti” di Bousson e Thures; 2) sull’insufficienza delle “entrate effettive accertate dai ruoli delle tasse” nel decennio 1937-1946 a garantire al nuovo comune la copertura delle spese necessarie al suo funzionamento (anche in considerazione di una valutazione più pessimistica dello stato del patrimonio boschivo); 3) sulla violazione di un principio di “equità” risultante dal fatto che il distacco delle due frazioni, “che possiedono un discreto patrimonio”, finirebbe con l’addossare al solo capoluogo “l’onere del funzionamento dei servizi per le altre frazioni già aggregate a Cesana, che non possiedono una sufficiente rendita”.
Contro la richiesta dei frazionisti si appuntano anche le argomentazioni del “Comitato di tutela degli interessi dell’Alta Valle di Susa”, in nome della maggiore efficacia garantita dal mantenimento dell’aggregazione del 1928 alla rappresentanza degli interessi locali. Le parole d’ordine sono quelle della modernizzazione economica e del   riordin amento a mministrativo della nazione sulla base del decentramento”.
Il   31 ottobre 1946 la Deputazione provinciale esprime parere favorevole alla costituzione del nuovo comune, per la  quale si riconos  ce l’esistenza di due dei requisiti previsti dalla legge: la “separazione” delle due frazioni dal centro del comune di appartenenza e l’adeguata dotazione finanziaria. Non viene ritenuta decisiva, come del resto accade sistematic amente nelle numerose ricostituzioni di comuni soppressi dal governo fascista operate nei primi anni del dopoguerra, la mancanza della terza condizione prevista dall’art. 33 del T. U. di Legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383: la consistenza demografica pari ad almeno 3000 abitanti, derogabile mediante il ricorso a un provvedimento legislativo. [ASPTO Cesana] La proposta di costituzione del nuovo Comune non sarà tuttavia accolta a livello nazionale.