Arona

AutoriLeggero, Roberto
Anno Compilazione1998
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Novara
Area storica
Contado di Stazzona (area meridionale del Lago Maggiore).
Abitanti
14588 (ISTAT 2009)
Estensione
1.490 ha (CSI Piemonte).
Confini
A nord Meina, a est il Lago Maggiore, a sud-est Dormelletto, a sud Comignago, a ovest Oleggio Castello, Paruzzaro e Invorio.
Frazioni
Arona, Dagnente, Campagna,  Mercurago, Montrigiasco, Punta del Lido, Rocca, San Carlo, Santa Monica, Tre Ponti, Valle Vevera. Vedi mappa.
Toponimo storico
Olivieri (Olivieri 1965, p. 76), lo interpreta come un diminutivo da «ara» (area), ma «non si può escludere, data la terminazione, la connessione con una voce preromana» (Dizionario di Toponomastica 1990, p. 40). In tal caso l'ipotesi più accreditata sembrerebbe essere quella che fa derivare il nome Arona dalla congiunzione di art (voce celtica per sasso, rupe) e on (acqua) che darebbe quindi il significato di «rupe sull'acqua» (Tosi 1964, pp. 52-53). Il luogo compare per la prima volta in un documento dell'anno 1023 dove viene nominato come «Arona» (Zaccario 1976, p. 122); il Dizionario di Toponomastica (Dizionario di Toponomastica 1990, p. 40) indica come prima attestazione certa quella del 1209 (Arona).
Diocesi
Appartenente storicamente alla arcidiocesi di Milano (Storia di Milano, pp. 194-195), Arona si presentò, proprio al concittadino che più di ogni altro ascenderà i gradini della gerarchia ecclesiastica, l'arcivescovo Carlo Borromeo, come sciolta dall'obbedienza a qualsiasi diocesi (Medoni 1844, pp. 60-61); e tuttavia presso l'archivio comunale di Arona è conservato in copia l'atto di consacrazione della parrocchiale di Santa Maria datato 1488, nel quale si dice «consecravit ecclesiam novam Beata Maria Virginis burgi Aronae Mediolanensis Diocesis» (AC Arona, cart. 207, fasc. 2). Contribuiva a consolidare questa idea la tradizione liturgica di Arona che non seguiva il rito ambrosiano. Nella seconda metà del XVI secolo, l'azione di Carlo Borromeo recuperò Arona all'arcidiocesi milanese, senza tuttavia imporre ad essa la liturgia ambrosiana, e tale appartenenza rimase finché, all'inizio del secolo scorso, l'episcopato novarese ottenne, con la propria indipendenza dalla sede ambrosiana, l'enclave che quest'ultima deteneva in Piemonte.
Pieve
Arona faceva parte del territorio pievano di Angera (Stazzona).
Altre Presenze Ecclesiastiche
     Monastero dei Santi Filino e Graciniano. Fondato nel X secolo -se è possibile accettare la trascrizione dei documenti più antichi come autentica - dal «comis Amizo Stationensis atque Sepriensis comitatum incola» (Tosi 1964, p. 67) per adempiere a un voto, il monastero si configura come il tentativo di un funzionario imperiale di inserire la propria presenza in maniera duratura in un luogo che ricadeva già sotto la sua autorità di funzionario pubblico. Si trattò di un'operazione coronata da successo se, come scrive Tosi, «costruita e costituitasi l'abbazia [...] la popolazione del contado poté finalmente contare su un fulcro attorno al quale accentrare la propria attività» (Tosi 1964, p. 79). Nel disgregarsi del contado di Stazzona l'abbazia rimase un elemento significativo in Arona in quanto ebbe modo di collegarsi all'autorità dell'arcivescovo di Milano. Il monastero, con il castrum all'interno del quale era costruito («castrum quod Arona dicitur hi quo et coenobium [...] construxit»: Tosi 1964, p. 70), diveniva infatti un elemento importante nella strategia episcopale di controllo della rocca, la quale, a sua volta, assicurava la vigile presenza dell'autorità del presule milanese allo sbocco del Lago Maggiore. Come avverte Settia - che propone la data 1023 per la fondazione dell'abbazia - la dizione «infra castro Arona» è particolarmente insidiosa. Si tratta infatti spesso
di castelli che coincidono con singoli centri abitati dello stesso nome, entro i quali l'ente monastico si trova inserito: talvolta è il monastero ad aver generato l'abitato civile [...] altre volte, al contrario, esso può essere stato costruito entro il castello solo in un secondo tempo [...] l'attrazione reciproca fra centro religioso e fortificazione è infatti un fenomeno assai complesso (Settia 1984, p. 254).
 
Benché non si possa stabilire una priorità temporale fortificazione-monastero, per cui non sappiamo se Arona fosse un villaggio fortificato all'interno del quale si insedia il monastero o un abitato sparso che viene in parte fortificato alla fondazione del monastero, è indubitabile che la presenza dell'ente monastico sia altamente significativa all'interno di Arona. Possessi di chiese o terre di spettanza del monastero (Novara e la sua terra) si ritrovano a Fontaneto d'Agogna (chiesa dei Santi Sebastiano e Fabiano fine XII sec.), a Pombia (chiesa di San Martino [1048,1112,1172,1246]), a Bolzano Novarese (alcune proprietà 1011,1021), a Gravellona Toce (chiesa di San Maurizio, 1023), a Mergozzo, Candoglia e Bracchio (alcuni possedimenti fine X sec.) e infine in località Cerro, presso Gravellona Toce, dove nel 1023 i Benedettini diventano proprietari di tre quarti dei possessi di Riccardo, figlio del fu Riccardo, «cum tribus portionibus de castro et terre seu capella ibi constructa in honore Sancti Mauriti».
     L'abate, infine, «riuscì a conservare una propria indipendenza con diritti feudali su Arona, ad eccezione della rocca» (Grassi, Manni 1990, p. 48). Assai interessante a tale proposito un atto datato 1168 nel quale l'abate Guglielmo investe «per hereditatem ad usum curie Arone» due fratelli di due campi (Zaccaria 1976, p. 131). Ancora più esplicito l'atto del 2 gennaio 1319 nel quale Martino Bovirago «abbate et domino habente merum et mistum imperium et plenam iurisdictionem in publica vicinantia ibidem convocata [...]» dopo essersi consultato con i consules veteres «ellegit, fecit, constituit, creavit et ordinavit infrascriptos, consules et credentiarios diete terre Arona» (Tosi 1964, p. 102). L'autorità del monastero, che aveva potuto svilupparsi grazie alla contiguità con il potere arcivescovile, era destinata a venir meno allorché una nuova fase si apriva per la storia di Arona. Di fatto, a partire dalla metà del XIII secolo si verificò una progressiva sostituzione dell'autorità dell'abate con quella della famiglia Visconti nel controllo, oltre che della rocca, sia di Arona sia del monastero. Pirovano a tale proposito ha parlato dell'«infittirsi dell'osmosi che caratterizzò anche i rapporti Visconti-Abbazia e, conseguentemente, la costante ingerenza sul Borgo da parte dei primi» (Pirovano 1994, p. 53).
Luoghi Scomparsi
Non si hanno attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
La presenza congiunta di un'installazione militare di valore strategico per la sede episcopale milanese e quella di un castrum connesso al monastero dei Santi Filino e Graciniano non permise lo sviluppo precoce di una struttura comunitaria indipendente da influenze esterne. È probabile però che già nel periodo compreso tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo gli Aronesi eleggessero un proprio consiglio comunale dietro approvazione dell'autorità monastica. Gli abati del monastero dei Santi Filino e Graciniano, infatti, esercitavano in Arona «diritti di carattere pubblico sulla località» forse già dall'XI secolo (Grassi, Manni 1990, p. 49), ma, come si è visto, il momento di massima potenza dell'abbazia su Arona pare essere il 1319, quando l'abate nomina i consoli ed i credendari della comunità. Gli statuti della comunità risalgono all'inizio del XIV secolo. Con il passaggio di Arona ai Borromeo, spettava a questi ultimi l'elezione di un «pretore o podestà da scegliersi nella persona di un dottore di legge; questi risiedeva nel distretto che assumeva il nome di podesteria» (Tosi 1965, p. 292).
Statuti
Gli Statuti più antichi risalgono all'inizio del XIV secolo (Tosi, Manzoni 1971). Statuto comunale 2007. Vedi testo.
Dipendenze nel Medioevo
La sede episcopale milanese mantenne sin dai primi anni dell'XI secolo un saldo controllo della rocca di Arona soprattutto grazie all'opera dell'arcivescovo Ariberto d'Intimiano. A partire dalla metà degli anni Settanta del XII secolo il comune di Milano sostituì il vescovo nel possesso e nel controllo della rocca. La stessa dipendenza dal presule milanese, venuto meno il contado di Stazzona, diviene incerta. Ad essa, come punto di riferimento per la comunità civile e religiosa, corrisponde la presenza del monastero, la cui importanza locale è segnalata dall'uso in Arona del rito romano in luogo di quello ambrosiano.
     Allorché Carlo Borromeo diviene arcivescovo di Milano (1565), gli Aronesi sono ancora convinti di non essere «soggetti ad alcuna diocesi» (Medoni 1844, pp. 60-61). L'arcivescovo decide immediatamente di aggregare Arona alla diocesi di Milano «ed alla regione di Angera con il placito di Gregorio XIII, ritenuto però il rito romano che si praticava dall'abbazia». Data a questo stesso periodo, e precisamente al 1560, il tentativo di «erigere un vescovado in Arona e di nobilitarla con il titolo di città» (Medoni 1844, pp. 60-61). Fu il conte Federico Borromeo, fratello dell'arcivescovo, a tentare l'impresa che non andò a buon fine, nonostante l'assenso di Pio IV e del vescovo di Novara (disponibile inoltre a concedere una parte del territorio della propria diocesi). Nel 1770, all'atto della assegnazione al Piemonte delle terre dell'Alto Novarese, si stabilì in Arona un ufficio di vicariato generale dell'arcivescovo di Milano per le terre dell'Alto Novarese. Sarà la famosa bolla di Pio VII del 17 luglio 1817 a sciogliere il vescovo di Novara dalla subalternità nei confronti della diocesi milanese, e nel contempo ad assegnare al primo:
tutti i borghi e paesi di questi regi stati che nello spirituale sino ad allora obbedivano alla diocesi milanese [...] così il paese di Arona dimise in questa circostanza l'ultimo vincolo che ancora teneva verso lo stato e la chiesa milanese [Medoni 1844, pp. 241-243].
Feudo
   Nel dicembre del 1323 Ludovico V assegna a Calcino e Robaldone Tornielli di Novara la carica di vicari imperiali e di conti di Arona (Tosi 1964, p. 239), ma l'investitura si scontra con la presenza in loco dei Visconti. Nel 1397 il duca Gian Galeazzo Visconti riesce a ricreare il contado di Angera, che comprende tutto il Lago Maggiore; tale creazione ha breve durata, ma avvantaggia «i locali Visconti i quali, con i favori del condottiero Facino Cane [... ] ottennero [...] il feudo di Arona con diritti sulle località vicine come Mercurago e Glisente» (Grassi, Manni 1990, p. 56). Nel 1405 Gaspare Visconti viene investito del feudo di Arona (borgo e rocca) ma è l'ultimo dei Visconti a detenere tale possesso: «alla sua morte, il duca Filippo Maria chiese ai due figli di rinunciare spontaneamente all'investitura feudale» (Grassi, Manni 1990, p. 57) per poter assegnare il feudo a Vitaliano Borromeo (14 settembre 1439), suo tesoriere generale. Il possesso feudale dei Borromeo di Arona e dell'ampia fascia lacuale prosegue pressoché ininterrotto finché, con l'editto del 29 luglio 1797 - essendo già pervenuta la costa occidentale del lago alla casa Savoia e nell'imminenza dell'invasione francese - furono aboliti i feudi, le fidecommissioni, le primogeniture e i diritti di caccia.
Mutamenti di distrettuazione
      Storicamente appartenente al contado di Stazzona, nella dissoluzione di tale territorio, Arona rimase collegata al Milanese ed alla sede archiepiscopale di tale città. Nel 1397 il duca Gian Galeazzo Visconti, con un'operazione politica molto ambiziosa, riesce a ricreare il contado di Angera, comprendente tutto il Lago Maggiore, all'interno del quale si situa naturalmente anche Arona. Tale creazione ha però breve durata, e sarà solo con l'avvento dei Borromeo, nel XV secolo, che Arona diventerà uno dei capoluoghi dei distretti nei quali venne diviso il territorio del lago spettante ai nuovi feudatari: «la giurisdizione di Arona, innalzata al grado di contea, comprendeva le terre di Barberago [...], Borgo del Ticino, Agrate, Gattico, Veruno, Corvignago [...], Bugogno, Cressa, Suno e Reveslate» (Tosi 1965, p. 292).
Con l'ingresso del Novarese negli Stati sabaudi a seguito della pace di Aquisgrana (1748) e l'inquadramento di tali territori nelle due province di Novara e Pallanza (editto del 3 settembre 1749), Arona venne compresa entro quest'ultima, che tuttavia era unita alla precedente dalla soggezione ad un unico intendente, con sede a Novara.
Nel periodo napoleonico, con la formazione del Regno d'Italia, Arona viene dichiarata capo di un distretto assai ampio «che abbracciava i cantoni di Canobbio, Intra, Omegna ed Orta, comprendenti centonove paesi ed una popolazione di 61.551 abitanti soggetti a questa vice-prefettura a cui spettavano le ispezioni economiche e di polizia» (Medoni 1844, p. 214). I problemi dati dalla mutata amministrazione e gestione del territorio sembrano essere stati molti e significativi. Nel 1804 i municipali di Baveno si appellano al Prefetto dell'Agogna perché si modifichino i termini dell'ultima distrettuazione che ha visto «questo comune di Baveno attaccato al Distretto d'Arona, e la borgata di Feriolo che forma un solo territorio ed indivisibile con Baveno applicato a quello di Omegna» (ASNo, Prefettura del Dipartimento dell'Agogna, busta 551).
Con la Restaurazione e la riunificazione del Novarese al Regno sabaudo, Arona tornò sotto la vice-prefettura e vice-intendenza di Pallanza, a loro volta dipendenti da Novara. Con la riforma delle circoscrizioni del 1818 Arona divenne capo di un mandamento comprendente dodici comuni (Colazza, Dagnente, Ghevio, Invorio Inferiore, Invorio Superiore, Meina, Mercurago, Montrigiasco, Oleggio Castello, Paruzzaro, Sovazza) con oltre 15.000 abitanti (Strafforello 1891, pp. 28 sgg.). In ogni caso - al di là delle successive variazioni circoscrizionali - rimane costante fino ad oggi la dipendenza di Arona dalla Provincia di Novara.
Mutamenti Territoriali
      Arona, facendo parte del contado di Stazzona (Angera), non seguì le vicende delle altre comunità piemontesi, ma rimase agganciata ad Angera e al Milanese a motivo del proprio essere parte occidentale del sistema di controllo dello sbocco del Lago Maggiore, mentre la parte orientale era rappresentata dalla rocca di Angera. I mutamenti territoriali furono dunque assai limitati per il fatto che alle spalle della comunità di Arona premevano altre comunità e forze - prima tra tutte la presenza dei Visconti nella zona di Invorio e di Massino - e che la comunità stessa dipendeva da forze essenzialmente esterne a quell'area (Milano), impegnate nel tentativo di mantenere il controllo dell'installazione militare della rocca.
In generale è possibile affermare che per i secoli XI-XIII il territorio di Arona coincide con i possessi della abbazia di San Filino e Graciniano, elemento di coesione delle popolazioni locali, e che però tali possessi non sono esenti da contestazioni da parte delle comunità circostanti mediante alcune cause intentate all'abbazia. Un elemento curioso del territorio aronese, limitato a settentrione dal corso del torrente Vevera (Giuliani 1996, cartina del territorio), è l'angolo di territorio confinante con quello delle comunità di Mercurago e di Oleggio Castello (nei pressi del cascinale detto de' Balestrini e poi al Vetriano), il quale, pur appartenendo ad Arona si trova al di là della Vevera. Questa piccola incongruenza aveva generato una spiegazione che, secondo Medoni, storico attento e documentato, deve essere considerata puramente leggendaria (Medoni 1844, pp. 302-304). Sarebbe stata l'opposizione dei parroci di Mercurago e Oleggio Castello a celebrare i funerali di un uomo morto di peste nella cascina e la contemporanea decisione del parroco di Arona di assumersi quest'incarico rischioso, ad aver originato il passaggio di quest'area al territorio di Arona nel 1524.
Nel 1558 a causa dell'aggravarsi, per la comunità di Arona, delle spese per l'alloggiamento delle truppe, si decise di aggregare ad essa Donneilo, Mercurago, Oleggio Castello e Muggiano Inferiore. Lungi dal rappresentare una soluzione al problema, tale aggregazione scatenò una serie di liti tra le comunità aggregate e Arona. In particolare, Medoni (Medoni 1844, p. 104) ricorda la lite del 1670 che rese necessaria una sentenza del Senato milanese per dirimere la questione: dopo diciotto anni finalmente il Senato deliberò (13 agosto 1688) a favore del comune di Arona «e furono dipoi le dette comuni e particolari renitenti costretti al pagamento delle quote di carichi che loro spettava». Tuttavia tale aggregazione non sembra essere stabile.
Venendo ad un periodo più recente ma assai significativo per la storia di Arona, assume grande interesse la documentazione che riguarda i progetti di semplificazione e razionalizzazione delle amministrazioni comunali che la presenza francese sollecita. Il decreto imperiale del 14 luglio dell'anno 1807 si proponeva di portare «la popolazione dei comuni di seconda e terza classe al maximum della classe rispettiva col mezzo dell'aggregazione». Il Prefetto del Dipartimento dell'Agogna diede attuazione al decreto coinvolgendo le singole comunità, che per l'occasione vennero interpellate tramite un questionario (ASNo, Prefettura del Dipartimento dell'Agogna, busta 551 [31 agosto 1807], circolare a stampa n. 18073). Dalle risposte fornite dall'amministrazione municipale di Arona si evince che i comuni con essa confinanti sono Dagnente, Oleggio Castello, Meina, Mercurago, Donneilo e Dormelletto, i quali potrebbero essere aggregati ad Arona in quanto ad essa già fanno riferimento sul piano economico e sociale. Alla medesima occasione risalgono anche due rapporti del Vice-prefetto del Distretto d'Arona (ASNo, Prefettura del Dipartimento dell'Agogna, busta 553 [s.d. e 22 gennaio 1808]): in essi si propone di aggregare Oleggio Castello, Mercurago, Paruzzaro e Montrigiasco tra di loro, mentre Meina e Dagnente «per la topografica loro posizione» dovrebbero essere aggregate ad Arona. Da documentazione di poco successiva (ASNo, Prefettura del Dipartimento dell'Agogna, busta 343) si ricava che ad Arona sono stati aggregati i comuni di Oleggio Castello, Montrigiasco, Mercurago, Donneilo e Dormelletto (questi ultimi due centri erano già stati accorpati a Mercurago nel 1804: ASNo, Prefettura del Dipartimento dell'Agogna, busta 550).
Tale intreccio di progetti e interventi che avevano determinato un cospicuo incremento del territorio comunale di Arona viene annullato con la Restaurazione e il ritorno al dominio sabaudo, che ripristina lo status quo anteriore alla dominazione napoleonica. Tuttavia tale esperienza costituisce un'eredità difficilmente cancellabile e si hanno tracce di una sua ripresa nei progetti di revisione delle circoscrizioni minori successivamente elaborati dalla stessa amministrazione sabauda: nel 1845 l'Intendente della Provincia di Novara, interpretando in maniera ampia il mandato di una circolare della segreteria degli Affari Interni circa l'aggregazione di piccoli comuni redige infatti un prospetto dal quale risulta l'opportunità di riaggregare ad Arona Montrigiasco per motivi di ordine economico (AST, Corte, Paesi, Provincia di Novara, m. 71, fasc. 5). Tali progetti non conseguono tuttavia alcun risultato concreto.
Per rilevare variazioni del territorio comunale aronese bisogna attendere il 1928, quando, in seguito alle note riorganizzazioni fasciste, Dagnente e Mercurago diventano frazioni di Arona perdendo la propria dignità comunale (decreto n. 124 del 22/1/1928; Grassi, Manni 1990, p. 94). Nonostante le richieste avanzate per la ricostituzione di Mercurago nel secondo dopoguerra (ASNo, Archivio della Provincia Novara, Provincia, cat. I, faldone 151, fasc. 51) non si registrano ulteriori variazioni fino al 1960, con l'ulteriore aggregazione ad Arona della frazione Montrigiasco, già comune soppresso ed aggregato a Paruzzaro in epoca fascista. Tale provvedimento (D.P.R. n. 977 del 2/9/1960) viene sollecitato, con l'accordo delle parti interessate, a riconoscimento della gravitazione su Arona di tale frazione (ASNo, Archivio della Provincia Novara, Provincia, cat. I, faldone 151, fasc. 53).
Comunanze
In un documento del 1192 (Zaccaria 1976, pp. 134-135) con riferimento ad una contesa sorta tra l'abate Girardo e la comunità di Mercurago, viene citata la «Riparia et aliis pascuis communibus loci». Intorno a tali possessi ed allo «ius pascendi» in Riviera sorge una contesa tra l'abate e i consules della comunità e dei nobili di Mercurago, che contestano la legittimità di una chiusa e l'uso delle rive. Tosi così commenta l'atto: «il documento dimostra [...] quanto sia antica l'origine della servitù di pascolo pubblico sul fondo denominato la Riviera e di cui il Municipio di Arona possedeva gran parte fino a qualche decina di anni fa» (Tosi 1964, p. 95). Posto che la Vevera nasce tra il territorio di Lavorio superiore e Ghevio e che, di conseguenza, l'espressione «medietatem fluminis» dovrà essere intesa nel senso della lunghezza così come specificato dalle espressioni «versus Mercuirago [...] versus eos [abate]», risulta evidente che il torrente appare come una spartizione naturale del territorio tra Mercurago e i possessi abbaziali. Ma sembra che Tosi sbagli identificando la Riviera alienata «pochi decenni or sono» dal comune di Arona con la «riparia» del documento medievale. La Riviera «tenuta a pascolo» e alienata dal comune nell'anno 1900 alla società «Impresa di Navigazione sul Lago Maggiore» è infatti coerente (secondo l'atto di ratifica di vendita del terreno, 8 aprile 1900, in ASNo, Prefettura-affari speciali dei comuni- I versamento, busta 43 fase. 5) a «levante [con la] spiaggia lacuale, a mezzodì Bocchetti eredi, a sera Tenti Arturo a notte Ferrovia del Mediterraneo». Come si vede si tratta di una porzione di terreno di 185 are, prospiciente il Lago Maggiore. Sembra escluso che si possa pensare che il territorio di Mercurago arrivasse fino al lago, né il documento medievale accenna ad esso. La Riviera era concessa in affitto per periodi di nove anni assieme con il diritto di raccolta delle foglie dell'allea lungo il viale che conduce alla Stazione ferroviaria.
Tra la metà del secolo XIX e il primo decennio del successivo si fanno frequenti le acquisizioni e le alienazioni di porzioni, alle volte anche molto piccole, di terreni comunali sia all'interno di Arona che nelle sue immediate vicinanze. Tali vendite hanno in alcuni casi lo scopo di ottenere una sistemazione più regolare delle piazze o delle strade interne alla città, in altri di permettere lo sviluppo della zona a sud di Arona, area anticamente ritenuta malsana per la presenza della peschiera, che a metà del XIX secolo viene riempita proprio per ragioni di igiene pubblica. Particolarmente rilevanti in questo processo di erosione dei beni comunali risultano l'alienazione della Riviera, di cui si è già detto, così come la cessione di quasi mille mq di terreno nei pressi della stazione ferroviaria nel 1909 [A.C.A., cart. 165].
     Pertanto dalla documentazione degli anni Venti e Quaranta del nostro secolo il comune di Arona appare ormai privo di beni comuni. Vigono però usi civici di pascolo su terreni privati, che nel 1934 vengono liquidati tramite il pagamento di un canone [C.U.C., Arona].
Liti Territoriali
Non si attestano particolari liti territoriali.
Fonti
A.C.A. (Archivio Storico del Comune di Arona).
     L'archivio storico del Comune di Arona è sistemato nella sede storica. La documentazione appare ben inventariata ed accessibile pur in assenza di un archivista. Sono conservati presso l'archivio di Arona anche gli archivi storici di Dagnente e di Mercurago. Le serie più interessanti nella prospettiva adottata sono:
A.C.A., cart. 43-48 (Titolo IV: catasto); cart. 58-71 (Titolo VI: consiglio comunale e giunta);
A.C.A.,cart. 207 (Titolo XVI: istruzione pubblica; ma la cartella contiene la documentazione più antica dell'archivio sec. XV in poi);
A.C.A.,cart. 165; cart. 169, fasc. 4 (inventati beni stabili del comune 1889). ASNo
 
A.S.N. (Archivio di Stato di Novara):
A.S.N., Archivio della Provincia Novara, cat. I, faldone 151, fase. 51 e 53 Carta UPSEA (Arona) scala 1:1500, 1939;
A.S.N., Prefettura-affari speciali dei comuni-I versamento, buste 39-41-43-46; Prefettura del Dipartimento dell'Agogna buste 343-550-551-552-553.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Novarese, Mazzo 2, "CARTA TOPOGRFICA / DELL'ALTO NOVARESE / DELLA VALLE DI SESIA / E DELLA / RIVIERA / D'ORTA". Carta Topografica dell'Alto Novarese, della Valle di Sesia e della Riviera d'Orta; sulla scala di 1/95040: senza data e senza signatura. (Note: Sul verso: "Turin [...] 5 Mai 1808"). Vedi mappa.
A.S.T., Finanze, Catasti, Arona, Allegato C (1722) e Catasto Rabbini (1858-1859); Corte, Città e Provincia di Novara, Mazzo 1, n. 1.
 
C.U.C. (Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici, Torino.
C.U.C., Arona.
Bibliografia
Andenna G., Andar per castelli. Da Novara tutt’intorno, Torino 1982.
Arona porta da entrare in Lombardia... tra Medioevo ed età moderna, a cura di P. Frigerio,Verbania-Intra 1998.
Borsarelli R.M., Il fondo dell’abbazia dei Santissimi Graciniano e Filino nell’Archivio diStato di Torino, in «Notizie degli Archivi di Stato», 14 (1954), pp. 32-33.
Da Carlo Borromeo a Carlo Bescapè, Novara 1985.
Dizionario di Toponomastica, Torino 1990.
De Vitt V., Il Lago Maggiore Stresa e le Isole Borromee, I-IV, Prato 1875-1876-1877-1878.
Gioia M., Cuoco V., Il dipartimento dell’Agogna, Milano 1986.
Giuliani C., Il borgo di Arona nel 1700, Oleggio 1996.
Grassi V., Manni C., Il Vergante. Lago Maggiore storia-paesaggio-itinerari, Intra 1990.
Grattarola M.A., Informazione dell’origine e del progresso della fabbrica del Sacro Monte di San Carlo in Arona, Milano 1615.
Novara e la sua terra nei secoli XI e XII storia documenti architettura, a cura di M.L.Gavazzoli Tornea, Milano 1980.
La rocca di Arona, Arona 2000.
Lucioni A., Arona e gli esordi del monastero dei Ss. Felino e Gratiniano, in Arona porta daentrare in Lombardia tra Medioevo ed età moderna, a cura di P. Frigerio, Verbania-Intra 1998, pp. 19-78.
Medoni F., Memorie storiche di Arona e del suo castello, Novara 1844.
Olivieri D., Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia 1965.
Pirovano F., I patti agrari del monastero dei SS. Felino e Gratiniano di Arona nel XIV secolo. Il priorato di S. Martino di Pombia, «Novarien», 22 (1992), pp. 97-116.
Settia A.A., Castelli e villaggi dell’Italia padana. Popolamento potere e sicurezza tra IX e XIII secolo, Napoli 1984.
Storia di Milano, 4, Dalle lotte contro il Barbarossa al primo Signore (1152-1310), Milano 1954.
Strafforello G., Provincia di Novara, Torino 1891 (rist. anast. Novara 1993).
Tosi P., Storia di Arona, I-II, Arona 1964-1965.
Tosi P., Manzoni C., Le gerarchie medievali nel governo del borgo di Arona secondo i suoi statuti, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», 62 (1971), pp. 105-126.
Vita sancti Arialdi avctore Andrea abbate Strumensi, a cura di F. Baethgen, in MGH, Scriptores, XXX/2, Lipsiae 1934, pp. 1047-1075.
Zaccaria F.A., De santi martiri Fedele, Carpoforo, Gratiniano, e Felino libri due, a’ quali un terzo si e aggiunto dell'antica Badia detta de’ Santi Gratiniano, e Felino in Arona, Milano 1750 (rist. anast. Arona 1976 da cui si cita).
Descrizione Comune

Arona

Situata allo sbocco del Lago Maggiore, là dove le due rive si vanno restringendo, e custode, oltre che di tale importantissima via d'acqua, anche di quelle che uniscono la pianura novarese alle zone d'oltralpe via terra, Arona - e in particolare la zona della rocca - è un insediamento di antichissima origine. A partire dall'età medievale la rocca di Arona, assieme alla fortezza di Angera, costituisce un forte presidio di grande importanza, il cui significato militare comincerà a esser messo in crisi nel XVI secolo quando le deficienze costruttive della rocca - cui si tentò di rimediare con un continuo lavoro di sovrapposizione fortificatoria, che si arrestò solo davanti alla impossibilità di comprendere all'interno delle mura della rocca anche quelle alture che la sovrastano - diventeranno evidenti a fronte delle possibilità delle artiglierie. Non sembri provocatoria, dunque, l'affermazione che la decisione di Napoleone di distruggere la rocca nel 1800 sembra sia stata dettata più dal desiderio di poter provvedere in maniera efficiente alla costruzione della strada per il Sempione, piuttosto che dalla preoccupazione di demolire un manufatto che poteva divenire pericoloso per le truppe francesi.
Le stesse ristrette dimensioni del territorio aronese, del resto, ci parlano in maniera esplicita ma apparentemente contraddittoria della sua estrema importanza strategica e della relativa rilevanza politica della comunità alla quale esso si riferisce. Alle dimensioni del territorio, infatti, corrisponde una situazione in base alla quale Arona rimase saldo possesso della sede episcopale milanese - anche per il tramite importantissimo del monastero dei Santi Filino e Graciniano - e di tutte le altre forze che da Milano insistevano sul bacino del Lago Maggiore, consapevoli che il possesso di Arona rendeva possibile controllare efficacemente tale area. Contemporaneamente, nel corso dei secoli questa stessa ragione concorre a fare di Arona una preda da catturare o da controllare, priva di volontà propria, schiacciata dalle forze e dalle comunità che la circondano, estrema propaggine di un potere che da lontano la domina e la utilizza.
Ciò poté accadere non solo per la presenza della rocca, ma anche perché un'istituzione religiosa particolarmente significativa e prestigiosa si sovrappose alla comunità originaria, organizzandola e raggruppandola attorno a un castrum. Si tratta del caso, non infrequente, della presenza nel medesimo luogo di due fortificazioni riferibili a enti diversi. Ma se in altri casi - come Galliate, che nella seconda metà dell'XI secolo vede sorgere accanto al castello del vescovo di Novara un nuovo castrum ed una nuova comunità che afferiva al presule milanese - la presenza contemporanea delle due installazioni è indice di uno scontro sul confine, ciò non accade ad Arona. Anche nei casi in cui Arona, con l'episcopato di Grossolano per esempio, viene contesa ed assediata dalle forze ostili all'arcivescovo, ciò non avviene mai - per quanto ne sappiamo - attraverso l'utilizzo di una fortificazione contro l'altra. Nel corso del medioevo, pur essendo una terra di confine, Arona non è una terra di dominio incerto.
Gli spazi di autonomia che la comunità aronese poté ricavarsi, dipesero innanzitutto dall'appoggio che il monastero le fornì, finché, esauritasi la vitalità politica del monastero stesso, fu la presenza dei Visconti prima e dei Borromeo poi a costituire l'elemento centrale attorno al quale ruotava la vita politica della comunità. È evidente che, di fronte a nomi così significativi nella storia milanese l'attrazione esercitata da Milano nei confronti del territorio aronese sembra "naturale" - benché in realtà sia vero il contrario e cioè che tali famiglie divennero importanti a Milano perché Arona era in territorio milanese - ma non bisogna nemmeno dimenticare che il lago, che a est è il confine naturale del territorio di Arona, lungi dall'essere un elemento di divisione, permette un contatto agevole, rapido ed economico tra le due sponde, che da esso vengono coese più che separate. Il lato nord del territorio è invece delimitato dall'imponente rilievo sul quale sorge la rocca di Arona. Come evidenziato dalla mappa settecentesca edita da Grassi e Manni (Grassi, Manni 1990) tale rilievo impediva lo sviluppo di una rete stradale che costeggiasse il lago fino a Meina, costituendo il "confine naturale" tra le due comunità, pur connesse attraverso la navigazione lacuale. Dagli stessi rilievi rocciosi, muovendo verso il lago, scorre poi il torrente Vevera che, fino all'accorpamento di Montrigiasco segnava il confine sud-occidentale del territorio di Arona. Tale corso d'acqua costituiva un'importante riserva di energia che veniva impiegata dai mulini sul territorio e da quelli siti all'interno dell'abitato grazie ad un canale appositamente scavato, probabilmente su iniziativa del monastero benedettino. A sud dell'abitato, nella zona dove lo stesso Vevera sfociava nel lago, si creava una zona soggetta all'impaludamento che rendeva disagevoli, dal punto di vista del transito e della manutenzione, le strade verso Dormelletto rafforzando ulteriormente la divisione tra le due comunità.
In sostanza - per quanto è possibile ricavare da fonti relativamente frammentarie - per lungo tempo al prestigio e all'importanza strategica di Arona fa riscontro una situazione territoriale sostanzialmente stabile. I tentativi di dare rilievo ad Arona trasformandola in una città e dotandola di una diocesi si sovrappongono agli elementi già presenti - l'essere sede di mercato, l'avere una posizione significativa dal punto di vista dei traffici e dei commerci, l'essere dotata di imponenti strutture di difesa - senza determinare però incrementi significativi della sua circoscrizione amministrativa. Solo la conquista francese esalterà la vocazione di Arona a porsi come snodo stradale di grande rilevanza e elemento centrale di un vasto territorio, estendendone la circoscrizione immediata con le prime aggregazioni e ponendola al contempo a capo di un ampio cantone. Cancellato dalla Restaurazione, tale ruolo centrale verrà in parte ribadito con le successive aggregazioni di età fascista e con la recente acquisizione della frazione Montrigiasco.