Valstrona

AutoriTorre, Angelo
Anno Compilazione2011
Provincia
Verbano- Cusio Ossola
Area storica
Omegna Valle Strona (attualmente Comunità Strona e Basso Toce)
Abitanti
1268 [ISTAT 2011]
Estensione
49 Kmq nello Statuto attuale; 4894 ettari da sito Regione Piemonte.
Confini
Loreglia (VCO), Ornavasso (VCO), Pieve Vergonte (VCO), Calasca-Castiglione (VCO), Massiola (VCO), Quarna Sopra (VCO), Quarna Sotto (VCO), Rimella (VC).
Frazioni
Luzzogno, Inuggio, Fornero, Piana di Fornero, Sambughetto, Forno (comprendente le località Preia, Otra, Rosarolo), Piana di Forno, Campello Monti e Strona (comprendente la località Mondè), nel quale è istituita la sede del Comune e dei suoi organi istituzionali.
Toponimo storico
Strona, Bascapé 1612, 188-89; Astrona, (editto del 12 febbraio 1512, detto “dei latticini”). Sambughetto: Saxum Bucatum. Fornero: Furnelium. Lizogno [1211, cit. in Bazzetta 203].
Diocesi
Novara
Pieve
Sant’Ambrogio di Omegna, dal sec XI. Il diritto di decimazione è ancora affermato da mons. Bascapé [1612], anche se in declino (ridotto “ad modicas pensiones”). Le cappelle dipendenti dovevano anche una serie di prestazioni simboliche alla chiesa plebana: bacio della pace nella festa di Sant’Ambrogio, partecipazione dei curati alla processione del Corpus Domini in Omegna: nel 1578 un decreto episcopale impone la partecipazione dei curati alla benedizione del fonte battesimale il sabato santo e alla Pentecoste [Cane, cap. V]. Va tuttavia constatata una notevole resilienza della Pieve: se sono ricordate le decime di  un quarterolo di biada dovute dalla parrocchia di Luzzogno nell’atto della sua erezione del 1455, essa riscuote ancora la decima di San Majolo [Cane cap. IV] nel 1852, e tra 1865 e 1867 il lascito Piana prevede una transazione fra i comuni della valle e Omegna.
Con la dissoluzione della pieve come organismo di controllo ecclesiastico si assiste alla formazione di parrocchie nella valle Strona. In realtà, cappellani residenziali nelle ville della Valle Strona sono segnalati già dal 1400 a Luzzogno, a Sambughetto in 1540 [secondo Cane, cap. IV, nel 1455 “la valle si stacca” dalla pieve e nel 1540 anche “la parte inferiore della valle: Germagno, Loreglia, Chesio” (e Sambughetto che Cane non cita). La parrocchia di Germagno è stata eretta dal card. Morone vescovo di Novara 1554 ed è dedicata a S. Bartolomeo apostolo. Bascapé, testimone privilegiato, parla di parrocchie in ogni villaggio, per un totale di dieci su tutta la pieve. In realtà egli stesso ridisegna la valle: annette Campello a Forno e crea la parrocchia di Massiola. La formazione delle parrocchie avviene con la seguente cadenza: Luzzogno, 1455; Forno, 1547 per distacco da Luzzogno; Germagno, 1554; Loreglia, 1593 [Bazzetta]; Massiola, 1597; Sambughetto, 1638; Campello, 1749; Fornero, 1784. A queste va aggiunta Chesio nel 1836.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La Valle Strona si compone, come abbiamo visto, di nove parrocchie, ciascuna delle quali è articolata al proprio interno. Nel 1807 sono cinque le parrocchie sovvenzionate dal Monte Napoleone in quanto provviste di una congrua inferiore alle 500 lire: Fornero, Forno e Otra, Luzzogno, Massiola e Sambughetto. Ma la straordinaria densità di presenze ecclesiastiche della Valle Strona è dovuta alla sua storia amministrativa e sociale: una serie di cappelle dipendenti dalla pieve di Omegna conosce un processo di apparrocchiamento che affianca, rafforza e talvolta prepara l’affermazione di comunità laiche formali.
Gli insediamenti sono sede di svariate attività rituali e caritative. In primo luogo, quelle gestite dalle confrarie di Santo Spirito: allo stato attuale, quella di Massiola appare la meglio documentata per tutto il Seicento. Forse del 1618 è la nota di debitori della Confraria: “Nota di chi paga le granaglie”; nel 1631 la confraria di Santo Spirito è nominata erede da un nativo di Massiola abitante a Ivrea; del 1670 è il “libro dei crediti della Confraria Santo Spirito eretta nella Parrocchiale”; tra 1729 e 1866 sono riportate saltuariamente “Elemosine di pane…in Pentecoste” –  nel 1729 la “Nota di quelli che pagano denari e robba alla Confraria di Santo Spirito” riporta un elenco di 17 eredi e svariati fitti “da scodersi”; [Nota delli beni di Santo Spirito applicati alli poveri, 1618, ASCV, Massiola, b. 23, fasc. 1 e 3]. Ma non mancano segnalazioni anteriori, come ad esempio a Luzzogno, di “limosina di pane al Santo Spirito” [ASCV, Luzzogno, b. 1B, secolo XVI s.: Lista di quelli che danno la mina].
Sul piano rituale e devozionale, così come su quello caritativo, occorre procedere per singolo insediamento: a Luzzogno esiste la chiesa di San Giacomo maggiore, fuori dell’abitato, almeno dal 1455. Uno sguardo anche superficiale alla documentazione mostra dietro questo atto un processo molto rilevante di unificazione della valle nella sua negoziazione con Omegna: esso segue infatti la “Procura fatta dagli uomini di tutta la valle per costituire la dote al curato”, conservata in ASCV, Pergamene, 2; il “Diritto di nominare e presentare il parroco”, ivi, fasc.3. La parrocchia di Luzzogno comprende nel 1455 Forno, Inuggio, Massiola, Sambughetto, Fornero (Campello Monti sta ancora con Rimella). Nel territorio di Luzzogno sono presenti altre cappelle campestri: Santa Marta con compagnia e altare della Madonna del Carmine; la Natività della Vergine, con un ex voto del 1650 della parentela Gozzano; Sant’Antonio abate a Inuggio; San Giovanni Decollato a Strona. La vita rituale della comunità si fonda su nutrite attività caritative: sono segnalati un legato per la distribuzione mensile del sale, un legato per la distribuzione del sale a luglio, di  pane la terza domenica di giugno. Esisterà inoltre nel secolo XIX una Congregazione di Carità, con redditi.
A Germagno la parrocchia, dedicata a san Bartolomeo apostolo, fu eretta nel 1554 dal card. Morone. In loco esistono altre cappelle: la Vergine delle Grazie, il santuarietto di Colle Castello anch’esso dedicato alla Vergine, del 1665 [Cane 216]. Anche a Germagno sono ricordati lasciti di sale.
 A Loreglia, la parrocchia di San Gottardo si staccò da Germagno nel 1590 (lo rileva mons. Speciano [Bazzetta], ma fu eretta canonicamente solo nel 1629. Da Loreglia si stacca nel 1836 la cura di Chesio con mons. Morozzo, ciò che dà luogo a conflitti successivi riportati da Cane. Come segnala la scheda redatta da Emanuele Colombo, sono presenti le cappelle di Maria Ausiliatrice alla Motta, edificata nel 1743, una cappella del Carmine al Molino presso l'officina elettrica Calderoni (1733), una di Sant’Antonio presso il cimitero (1870), e un'altra dedicata a S. Grato e S. Antonio sulla strada per la Loccia [Cane 1907, 10].
            A Massiola la parrocchia dell’Assunta esiste dal 1597 (ma consacrata nel 1606), per separazione da Luzzogno. Vanta un reliquiario del 1708 [Cane, 222]. Altri luoghi di culto sono dedicati a Santa Marta, all’Agonia di S. Giuseppe, Alla Vergine Addolorata, a Santa Margherita. Cane segnala l’Opera Pia Mattazzi, molto ricca.
            A Forno la parrocchia di San Pietro si forma per distacco da Luzzogno nel 1547 grazie a mons. Arcimboldi, con obbligo del curato di partecipare come diacono alla messa di San Giacomo a Luzzogno. Esistono le cappelle della Natività della Vergine, San Rocco a Preia, Santa Maria Maddalena a Piana, con la compagnia dell’Addolorata, la Vergine della Neve a Otra, la Madonna degli Angeli all’Alpe Ravinella. Esiste pure un sussidio per uno studente povero. A partire dal 1706, la parrocchiale di Forno inaugura una processione contro i lupi con la reliquia di san Valentino. Dal 1762 tutte le frazioni di Forno praticano la cosiddetta “messa del lupo”, che risulta ancora celebrata nel 1914 [Bazzetta 288-89]. La Congregazione di Carità conserva documentazione dal 1861 [ASCV, Forno, Cat. II, b. 10]. 
 Campello Monti è dotato di cimitero fin dal 1553 [ASCV, Campello Monti, Cat. I, b. 3]. Il villaggio, fondato da Rimella secondo Cane [225], si stacca da quest’ultima nel 1597 (mons. Bascapé la aggrega a Forno, con cui dovrà celebrare la processione di San Pietro), si dota di una cappellania nel 1686, costruisce la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista  nel 1696, diventa parrocchia nel 1749 (decreto di mons. Sanseverino in ASCV, Campello Monti, Cat. VII, b. 61], è ricostruita nel 1784 per l’inondazione del 1781. Sono segnalate anche cappelle campestri: San Giulio in Pianpennino, la cappella “Pendente” (ove si costruisce il cimitero all’inizio del secolo XX). Il rituale locale segnala un forte senso comunitario con il “Consorzio dei legati”, costituito da versamenti individuali che danno diritto a una messa con ufficio nell’anniversario della morte del donatore.  Una bussola dei poveri è già segnalata in 1750 [crediti in ASCV, Campello Monti, cat. II, bb. 10-12], ma nel 1864 si separerà da Forno e da Rimella. Esisterà più tardi la Congregazione di Carità, documentata dal 1838.
            A Sambughetto la parrocchia di San Lorenzo (e San  Nicola da Tolentino) risale al 1638 (decreto di mons. Tornielli): il rituale locale segnala la benedizione dei pani di San Nicola il 10 settembre. La Congregazione di Carità è presente dal 1852 e ancora nel 1921-24 agisce in causa per “usurpazioni” di terra da parte di privati.
            A Fornero la parrocchia di Sant’Anna esiste dal 1784: costruita nel 1642, verrà riedificata nel 1826. Il Santuario della Colletta è dedicato alla Vergine di Caravaggio; la cappella dell’Ecce Homo appartiene ai Piana dal 1841, un’altra cappella nella borgata Piana è dotata di beneficio. La Congregazione di Carità ha liti con quella di Massiola (1854) e di Sambughetto (1876) per lasciti contesi [ASCV, Fornero, cat. I, b. 3], e liti con l’Opera Pia Piana per censi contestati (1771-1898, non placate dalla richiesta di Piana di affrancare il censo), il lascito per il medico.
            Con la formazione del comune di Valstrona le attività caritative non cessano. La loro importanza locale, intanto, è sottolineata da un tentativo di censimento, risalente agli anni trenta del Novecento [ASCV, B. 61, fasc.4: Elenco delle opere pie dei comuni della valle Strona s.d.]: in ogni comunità funziona una Congregazione di Carità, ma a Germagno esistono anche sussidi a poveri, legati religiosi, sussidi a scuole; a Sambughetto sussidi a poveri e lasciti religiosi; a Luzzogno si aggiungono legati di sale e pane, e l’Istituto Roretti Bontempo; a Massiola sono presenti sussidi ai poveri e un legato di pane, e due opere pie: l’Opera Piana, composta di legati per il medico e l’Opera Mattazzi, comprensiva di borse studio, medicinali, sussidi di scuole. Il comune del 1928-1955 accorpa e unisce le Congregazioni dei comuni soppressi e uniti a Valstrona: così, nel 1929, la Congregazione di Carità di Campello Monti consegna i propri beni e documenti a quella del capoluogo (ASCV, b. 3]. Forno consegna il “Legato del sale Maddalena Maranca”, le donazioni di Clementina Peretto del 1931, di Maria Borocco, di Clementina Peretto del 1931, l’Opera Pia Bartolomeo Piana (1926-1935) e l’Opera Baretti Contempo (1923-30) [ASCV, b. 4]. Cesio consegna l’Istituto Maria e Giuseppe Cane con atto dell’ottobre 1928 [ASCV, b.5]. Massiola consegna l’opera pia legato Mattazzi (assicurazione di case del 1923, borse di studio 1926-29; documentati tagli di boschi cedui in 1931) [ASCV, b. 6].
Sono conservate le corrispondenze fra le differenti Congregazioni e Opere Pie [ASCV, b.46], e si segnalano addirittura, fra 1937 e 1939, legati speciali di ogni frazione amministrativa all’ECA [ASCV, b. 61, purtroppo mancante], come i legati Mattazzi (per l’assicurazione di fabbricati e borse di studio) e l’Opera Pia Cane a Chesio. Che queste iniziative possano rappresentare tentativi per rendere vitale il senso della comunità insediativa è illustrato dal fatto che, ancora nel 1930, si facciano legati al Comune, distinti dai precedenti (C. Costantino, 30 settembre 1930). Queste azioni generano anche conflitti: i “terrieri” di Massiola ricorrono per il possesso di un legato nel 1929-31.
            Accanto all’attività caritativa si segnalano iniziative rituali e devozionali: intanto, la fondazione di cappelle votive, una delle quali appartiene alla famiglia Zampone [ASCV, Luzzogno, B., m. 54]. Altre cappelle sono concesse nel 1934-35 dalla parrocchia alla comunità in frazione Loreglia [ASCV, m. 54, fasc. 25]; nel 1935 il beneficio parrocchiale di Sambughetto viene invece “riconsegnato alla temporalità” [ASCV, m. 54,fasc. 28]. Nel 1929 vengono ancora costruite tombe di Battista Cane a Chesio (1928-33), altre a Luzzogno e Germagno. Accanto, si costruiscono i nuovi cimiteri degli ex comuni: a Fornero nel 1929, a Chesio nel 1929-30, si sopprime il vecchio cimitero di Campello Monti, si restaurano edifici parrocchiali: nel 1928 le chiese parrocchiali di Forno e di Massiola; nel 1929-30 Campello Monti; nel 1932-34. Sambughetto [ASCV, b. 31.6-11].
Assetto Insediativo
La documentazione comunale e statale permette soltanto di intuire la valle Strona come unità economica funzionante, sia pure solcata da tensioni: la “Notta delli particolari della Comunità di Luzzogno” che “instano il Rillascio di un Mercante a Campello”, per una contesa sull’estimo del sale di moleggio, molto probabilmente proveniente dalla Valle Sesia, 1752-1786, contiene una serie di documenti attestanti transazioni economiche tra individui delle due comunità [ ASCV, Campello, B. 1].
Accanto a queste tensioni, ci sono quelle legate alle risorse possedute dal singolo insediamento: appare assai significativo G.F. Cane nel suo elencare le “alpi” di ogni insediamento accanto alle chiese e altre cose rilevanti. Seguendo questa pista, viene fatto di chiedersi se non siano le Alpi le matrici dell’insediamento vallivo [V. comunanze]. La caratteristica dell’insediamento della valle Strona è in ogni caso il fatto che ciascuna delle frazioni  abbia ulteriori articolazioni interne. Ad esempio, Forno ha un habitat articolato al proprio interno: Cane segnala le frazioni  Preia, Otra, Piana e Rosarolo, protagonisti di tentativi di fissione a loro volta: Otra diventa comune nel 1756, salvo scomparire nel 1807 per una devastante alluvione dello Strona; Piana ha forti conflitti con Campello nell’Ottocento, ma a fine Settecento, in occasione della disgregazione del comune di Omegna, riuscì a conquistare l’autonomia da Forno stessa. Nel 1583 risultano campari nominati per frazione, di mezzo, Chiesa, Piana e Otra [Frattini cit.in Bazzetta, 294], mentre nel 1764 sono riportate liti per la giurisdizione (e gli oneri) per le vittime di accidenti in territorio di altre frazioni. Nel 1770 il tentativo di unire Otra a Forno suscita le proteste di Otra, attestate almeno fino al 1839 [Bazzetta, 296]. Anche Campello ha  proprie frazioni: Valdo, Pianpennino, Tapone, così come Sambughetto (Prato, Ronchetti, Craponetti) e Fornero (Piana).
Le tensioni più evidenti sono perciò quelle di tipo territoriale. In alcuni casi, come nelle relazioni fra Otra e Forno, esse sono dettate da problemi di ordine ecologico: il primo cantone teme che la pratica della metallurgia del secondo minacci i suoi boschi, e quando nel 1770 se ne decreta l’unione con Forno, insorge e protesta a lungo e con insistenza a Pallanza. Questa tensione spiega perché siano definiti nel 1720 con precisione estrema i confini tra i due insediamenti, e ancora nel 1739 si definiscano gli obblighi reciproci (sovvenzione di ponti e strade, retribuzione del custode della chiesa di forno, pesi cerimoniali verso la pieve di Omegna). La valanga del 1807 che distrugge Otra pone fine tragicamente a queste tensioni intercantonali [Zolla, 7-8].
Un altro esempio di tensione intercantonale è offerto ancora nel 1881 dal rinnovo della richiesta di smembramento della frazione da Massiola e la sua aggregazione al comune di Fornero da parte di tredici elettori di Piana. Ma le tensioni possono riferirsi semplicemente alle differenti dinamiche – demografiche, economiche e sociali – conosciute dai singoli insediamenti: è a questo proposito significativo che G.F. Cane ricordi, nel 1907, le frazioni Inuggio e Strona di Luzzogno, e sottolinei come la seconda sia in crescita: un dato confermato dalla Statistica Industriale del 1892, che segnala nella valle l’addensarsi di attività di lavorazione del legno a Fornero (8 attività. 44 addetti) e a Germagno (2 e 8 rispettivamente) ma soprattutto della lana a Strona, con 3 attività che occupano 241 addetti e anche la “industria tessile casalinga”, con ben 122 telai, la massima concentrazione del Cusio [Beretta, tab.  10]. Questo dato chiarisce forse il senso della ubicazione a Strona del nuovo comune nel 1928.
Questa tensione fra nuovo comune novecentesco e frazioni, così come fra le frazioni e  le borgate, emerge durante tutto l’Ottocento, ed è ancora ben presente al momento della istituzione del nuovo comune. Essa si manifesta nella contestazione della ripartizione di consiglieri per frazioni: così nel 1870 la separazione dei terrieri di Piana da Massiola e la loro aggregazione a  Forno è giustificata sulla base della loro sottorappresentanza in consiglio comunale, con le debite proteste di Massiola che sostiene come questo fatto non dia diritto di “scostarsi” dal comune di Massiola, e chiede indennizzo  [ASCV, Massiola, b. 22, fasc. 9]. Lo scopo è la conquista dell’autonomia comunale: un buon esempio è costituito da Fornero, che risulterebbe fondato da famiglie di Luzzogno, insieme con una parentela di origine ligure, i Piana, che compra terra da Quarna superiore nel 1597 e perviene all’autonomia comunale nel 1770 (e alla parrocchia nel 1784).
Insomma, la frazione risulta l’unità sociale e politica fondamentale della Valle: a Luzzogno tra 1860 e 1914 il  riparto dei consiglieri si fa per frazioni [ASCV, Luzzogno b. 3, fasc. 4] così come sono le frazioni a dettare le relazioni fra i luoghi: così avviene ad esempio con l’apertura di una miniera e di una fonderia fra Luzzogno e Loreglia verso la fine del secolo XVIII [Piana, cit. in Bazzetta, 319]. Infine i catasti, ancora quello redatto fra  1936 e 1940 sono fatti per frazione [ASCV, bb. 196-211]. La stessa imposta di famiglia è ripartita nel 1932 per frazioni [ivi, bb.192-95]. Conseguentemente, è tra frazioni che si litiga: tra Luzzogno e Inuggio nel 1872-73, per l’inosservanza della riunione di beni fra Luzzogno, Inuggio e Chesio, nel 1879, tra Luzzogno e Loreglia per confine territoriale nel 1890-92 (con disegni).
Luoghi Scomparsi
Alpe Camposono, (1295) [Bianchetti, vol. II, alla data]
Comunità, origine, funzionamento
Il comune di Valstrona è una creazione del tutto recente, in parte (ma solo in parte) artificiale. Esso ricopre una realtà umana, sociale e politica che ha mutato spesso forma nei secoli. I comuni che sono accorpati nel 1927-28 hanno una lunga storia alle spalle, anche se è difficile indicare una data di nascita per ciascuno di essi. E’ probabile che essi abbiano fatto parte della pieve di Omegna a partire dalla sua fondazione, e che siano perciò stesso entrati nella giurisdizione plebana, quale si configura verso l’inizio del XIV secolo, con la formalizzazione degli statuti [v. Statuti]. Essi sono parti costitutive del comune di Omegna. Secondo G.F. Cane, il Sindaco della Pieve o Giurisdizione, in Omegna, era affiancato da 4 consiglieri. Accanto al Podestà, capo della giurisdizione di Omegna, esistevano i consoli, con funzioni amministrative e di polizia e cause civili fino a lire 100, e l’assemblea dei borghigiani prendeva le deliberazioni di maggior importanza. Ma ogni comunità della giurisdizione aveva un sindaco particolare. Il contado era governato dal podestà (che aveva giurisdizione su Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, Fornero, Otra e Sambughetto; dal 1770 circa Fornero e dal 1815 Campello). I sindaci delle comunità si radunavano in Omegna con i quattro consiglieri del borgo e il sindaco generale. Il sindaco della comunità rappresentava il comune nel consiglio generale; vigilava alle liti, provvedeva agli interessi della comunità e faceva eseguire le decisioni del consiglio generale [Bazzetta, 240]. I comuni della pieve avevano entrate (pedaggio, transito, terratico, sosta, pesca, multe e condanne, estimo delle terre, focatico, vendita dei boschi) e spese particolari (stipendio del notaio, canepari, servitore, rendite alla pieve, strade, atti e usi civici). Questo funzionamento istituzionale è stato in vigore fino al Regolamento dei pubblici del 1775. [Bazzetta  de Vemenia, 234 sgg.] Da quel momento, i comuni della valle hanno organismi formali di deliberazione: ad esempio, in occasione del Censimento dei boschi del 1782, le comunità di Fornero, Germagno, Massiola e Sambughetto, di cui si sono conservate le risposte, ottemperano alle domande della viceintendenza di Pallanza attraverso consigli comunali regolarmente convocati.
Le più antiche e diffuse manifestazioni dell’esistenza della vita comunitaria nella valle Strona sono  in ogni caso costituite da atti giudiziari, che spesso contrassegnano momenti di sospensione di conflitti duraturi. Secondo Bazzetta, 235, la corte di giustizia di Omegna si teneva nel 1542 a Luzzogno. ASCV, Pergamene, fasc. 1: Sentenza arbitrale tra gli uomini di Luzzogno e Massiola con quelli di Loreglia (e Chesio) [Cane, 12] circa confini e termini, 1453. Questa sentenza potrebbe costituire il preludio alla erezione della parrocchia di Luzzogno, che è un momento di grande unità della valle, sancita dall’accordo per la costituzione di dote del curato dell’anno successivo, del diritto di nominare il parroco, e della costituzione della prima parrocchia della valle nel 1455. Luzzogno è attestata come comunità formale dalla lite con Loreglia (e Massiola) del 1453, dalla decisione comune con Massiola sulle pene per il taglio di legna, dagli obblighi a favore di Inuggio, dalle liti con Forno per il contributo alle spese del podestà di Omegna per la festa di san Giacomo [ASCV, Perg. 20]. Un secolo dopo, a metà Cinquecento, Luzzogno statuisce “ordini circa il buon governo della comunità” [ASCV, Perg.21].
            Una caratteristica particolare della vita politica della valle Strona è in ogni caso costituita dalle controversie di ordine rituale dei singoli insediamenti con Omegna [Cane, cap. VI], che sono addirittura centrali nelle rivolte del periodo 1743-1756/57. Il distacco da Omegna segna ancora la vita pubblica dell’Ottocento: nel 1840-41 è segnalata una vertenza tra il 3° Prebendario di Omegna e Luzzogno; nel 1855 si perviene a una composizione amichevole tra Luzzogno e il prevosto di Omegna [ASCV, Luzzogno, b. 19, fasc. 18]; nel 1856 gli uomini di Loreglia, Luzzogno e Quarna sopra giungono a una transazione con il prevosto Omegna; ancora nel 1869 si assiste a  una transazione tra Ospedale di Omegna e Luzzogno, Loreglia, Sambughetto, Forno, Campello e Fornero [Ivi, b.20, fasc. 6]. A questo aspetto accenna anche la lettera al Ministro degli Interni di Torino Roget de Cholex in occasione del  censimento, 18270717 [AST/////////////????].
La nascita del comune di Valstrona nel 1928 porta con sé tutti questi rapporti, interni ed esterni alla valle. Intanto, sono necessari dei fiduciari per le frazioni/comuni: Loreglia, ad esempio, indica Alfredo Cane, e il podestà Giuseppe Michele Cane, Podestà [ASCV, Loreglia, b.1 e 2]. Una fitta corrispondenza tra 1935 e 1942 con i fiduciari delle frazioni su incanti, servizi, malattia, maestra ecc. indica la crucialità del problema [ASCV, bb. 45, fasc. 4-13; 45 e 60, fasc. 9-16; 75, fasc. 12-18]. Ancora più esplicita è una lettera del Ministero al Prefetto di Novara sui pericoli di tensioni fra centro e frazioni nelle unioni di comuni (1 agosto 1929). Il problema si riproporrà anche nel secondo dopoguerra, come apprendiamo da una tabella di ricapitolazione delle attività delle singole nuove frazioni (1945-1965).
                    Del 22 dicembre 1927 è il R.D. di “riunione dei comuni di Germagno, Loreglia, Luzzogno, Fornero, Massiola, Sambughetto   e Forno…confusione dei patrimoni, delle passività e di tutte le entrate e spese in genere, e con la conseguente formazione di un unico bilancio…le rendite patrimoniali aventi particolari destinazioni per determinati gruppi di popolazione continuino ad avere tali destinazioni”. Il 27 gennaio 1928 il Prefetto comunica al Commissario Prefettizio di Valstrona le “Condizioni della fusione”: richiede la relazione, sentiti i maggiori esponenti dei comuni soppressi, sull’unione dei servizi (consentendo la separazione solo per eccezionalissima necessità), dei beni patrimoniali, il rispetto di crediti e debiti, imposte e tasse, lo stato delle opere pubbliche esistenti e la definizione di quelle necessarie per nuovo comune.
Un problema che si pone immediatamente è la difficoltà di trovare un palazzo comunale a “Strona di Luzzogno” [2 aprile 1928: lettera del Segretario al Prefetto]. I primi passi del nuovo comune investono la riunione dei servizi - due guardie campestri, un applicato -; inizialmente la Segreteria è a aperta Omegna, anche se ben presto sorge il dubbio al Prefetto “se non sia il caso di stabilire una sezione di stato civile in qualche località più eccentrica”, mentre  la segreteria resta a Omegna. Ora  si sente la necessità di grandioso edificio municipale in cui collocare i servizi, segreteria compresa e stato civile. Il 20 giugno 1928 il comune prevede la “fusione dei patrimoni, delle passività e di tutte le entrate spese in genere, formazione di unico bilancio”  ma “bene inteso però che le rendite patrimoniali aventi particolari destinazioni per determinati gruppi di popolazione continuino ad avere tali destinazioni”. Subito affiorano, evidentemente, le prime tensioni: il 16 agosto 1929 il Prefetto avverte che vanno curati con criteri di rigorosa uniformità i particolari interessi e bisogni tanto del capoluogo che delle singole sue frazioni…invita a utilizzare le economie per dotare le frazioni, che ne fossero sprovviste, di quei servizi che invece già funzionano nel capoluogo.
Sono perciò estremamente ben documentate le attività del nuovo comune: istruzione e costruzione e fornitura di nuove scuole (Sambughetto, Fornero e Campello Monti); riparazione di strade e mulattiere, costruzione di ponti (Sambughetto); energia elettrica nelle frazioni e soprattutto costruzione della nuova strada dell’Alta Valle a partire dal 1933. I diritti sulle acque rappresentano un momento di nuova tensione fra le frazioni (Campello Monti, Massiola).
Statuti
Luzzogno 1479 [Cane, cap. IV).
Chesio, 1712, che Bazzetta, 251, attribuisce erroneamente al Senato di Torino.
Campello: Bandi campestri 1793, Torino [ivi, 252).
Catasti
Nel 1719 Carlo VI ordina il censimento generale di fondi a Omegna e Valle Strona. Bazzetta, 282, riporta la pubblicazione a Luzzogno dei rotoli monitoriali per chi tenesse i diplomi proclamanti l’esenzione della valle dal censimento [1729).
Secondo Bazzetta, 292, si inizia a redigere il catasto dal 1762,e lo si attiva nel 1770: proteste della valle e missione di Hauteville [A.S.T., Corte, Paesi in genere in generale, m. 1 bis], favorevole alla valle, ma non accolta da Torino. Solo Sambughetto ottiene pagamento forfettario (non individuale) per la sterilità del luogo.
La catastazione è talvolta veicolo di conflittualità: è conservata ad esempio una protesta sette-ottocentesca di Luzzogno per liberarsi del peso di pagare imposte su 17 ha di terreno erroneamente tolti “nella formazione della nuova mappa del limitrofo comune di Loreglia.
Per quanto riguarda le attuali frazioni ed ex comuni, Campello Monti conserva mutazioni di proprietà del 1820-74, e una documentazione relativa al catasto del 1859-1864 [ASCV, Campello Monti, Cat. II, b. 53; Fornero conserva il Sommarione del catasto 1893, mentre Forno conserva un libro dell’estimo a partire dal 1786 (e fino al 1948!). Luzzogno ha un adocumentazione meno sporadica: essa parte dal “ricavo del catasto del 1722” [ASCV, Luzzogno, Cat. XII, b. 101), tocca i “tantei” del 1759 e comprende documentazione catastale del 1769 e 1773, e relativa ai beni di seconda stazione (1805) [Ivi).
Ordinati
Campello: atti consolari dal 1805, ma conserva un Consiglio generale della Valle Sesia del 1815;
Fornero: deliberazioni in Luzzogno prima del 1906 [ASCV, Fornero, Cat. I, b. 2);
Forno possiede le deliberazioni dal 1814 [ASCV, Forno, Cat. I, b. 3);
Sambughetto dal 1797 [ASCV, Sambughetto, Cat. I, bb.3-14);
Luzzogno dal 1775 [ASCV, Luzzogno, Cat. I).
Dipendenze nel Medioevo
Bianchetti [p. 89] ricorda una concessione di Ottone della terra di Ornavasso ai Crosinallo (con Pieve Omegna, Corte Cerro e Valle Strona, ma si tratta di una falsificazione non attendibile.
Altre carte, meno sospette, confermano che i territori poi confluiti nel comune di Valstrona appartenevano in gran parte, intorno al 1000 ai conti di Crusinallo, una stirpe aristocratica discendente con ogni probabilità dai conti di Pombia, imparentata con il gruppo familiare, localmente più potente, dei De Castello[Andenna 1988]. I conti di Pombia erano gli antichi titolari dei diritti pubblici sull'area e le terre del Valle Strona appartenevano originariamente ai Crusinallo a titolo di allodio, in piena proprietà. Le dipendenze medievali dei comuni confluiti nella creazione di Valle Strona sono omogenee, legate come sono alle vicende di Omegna, a cui la valle è sempre stata unita. Nel 1117 il vescovo di Novara Riccardo investì i conti di Crusinallo del diritto di riscuotere le decime ecclesiastiche della Pieve di Omegna, confermandone e riconoscendone il ruolo egemone a livello locale. Negli anni a cavallo del 1200 i Crusinallo dovettero riconoscere il predominio del comune di Novara [Beccaria-Oioli 2012]. Con una convenzione dell’11 agosto 1211 Novara investe i Crusinallo di varie terre, tra cui  Germagno, Loreglia  e Luzzogno.
I conti di Crusinallo cedettero poi Omegna, Crusinallo, Strona, Mesima, Gattico al comune di Novara con la convenzione dell'11 agosto 1221 per la cifra di 1.300 lire imperiali. Dopo una fase di violenti scontri di fazione per il controllo del Novarese, la fazione risultata vincitrice (la cosiddetta pars rotonda, i Ghibellini) effettua nel 1311 una spedizione armata contro la parte guelfa, rifugiatasi a Cerro e Crusinallo dopo la fuga da Novara. L'anno seguente, nel 1312, Omegna si costituisce come libero comune passando così sotto la giurisdizione di Novara, che a sua volta entrerà nella dominazione viscontea nel 1332. Nel 1397 con diploma del 25 gennaio Omegna con i paesi dipendenti e la valle Strona entrarono a far parte dell’effimera contea di Angera all'interno del Ducato visconteo.
Omegna e Strona non sono comprese nella dedizione dell’Ossola ad Amedeo VIII  del 10 luglio 1411 e 1412.
Feudo
Nel 1450 Germagno, Massiola, Luzzogno, Cher, Sambughetto, Alla Colla, Forno con Campello sono infeudati ai Borromeo con Omegna. [Bazzetta, 256: 15 maggio1450], una infeudazione definitiva salvo la parentesi 1494-1499, quando la valle fu tolta ai Borromeo da Ludovico il Moro. I Borromeo vantavano fra gli altri diritti il privilegio di scavare miniere: ancora nel 1673, in ogni caso, il comune di Luzzogno cedeva ai feudatari una cava di marmo. I rapporti con i feudatari ricorrono sporadicamente nella documentazione: così, nel 1602 è documentato un acquisto di grano dai Borromeo. [Cane, 15]. Sommessi, tali rapporti sono resilienti: nel 1762 si chiede ai Borromeo di concedere agli abitanti della valle l’uso delle armi (ma non della caccia!) per combattere i lupi [Bazzetta, 288] e ancora nel 1770 [Bourdreau] sono attestati i censi feudali ai Borromeo [AST, Riunite, II Arch., Capo 13]. Luzzogno conserva addirittura una “transazione” con i conti Borromeo del 1880 [ASCV, Luzzogno, Cat. V].
Mutamenti di distrettuazione
La Valle Strona dipende dal comune “generale” e pieve (o Giurisdizione) di Omegna: questo ha sede in Omegna, con quattro consiglieri, con un sindaco particolare per ogni comunità: le comunità sono Omegna,  Bagnetta, Casale, Gravellona, Granarolo, Buglio, Crusinallo, Crana, Gattugno, Agrano, Cireggio, Quarna superiore, Quarna inferiore, Fornero, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, Sambughetto, Forno, Otra [AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 13, Bourdreau delli stati e conguagli che dal Regio Officio Della Vice Intendenza della Provincia dell’Alto Novarese in Pallanza che si trasmettono al generale Officio del Censimento con lettera del 12 febbraio 1770. Questa dipendenza è espressa lapidariamente dalla Relazione della Valle d’Ossola: “Paese sterile, paga con Omegna l. 12000”].
Altri elementi di dipendenza da Omegna si rafforzano in età moderna: secondo Cane, i comuni devono al borgo il pagamento del Maestro, del quaresimalista, di due medici, uno a Cireggio e uno nel borgo e una serie di tasse: terratico diritto di posa delle merci nel mercato); diritto di peso sul mercato; differenziale sul prezzo del sale (che era più caro per il contado); spese per addobbi nella processione del Corpus Domini e per la festa del patrono san Nicolao; spese per la festa di Carnevale. Più concretamente, i comuni della Valle hanno l’obbligo di usare il mercato di Omegna per le loro transazioni, una clausola che è all’origine di un conflitto del 1542 ricordato da Piana e Bazzetta, 273-77. Su questi emolumenti nascono tensioni e conflitti, che conoscono una soluzione formale di compromesso nel 1598, completamente favorevole a Omegna [Piana, 000].
Le vicende politiche, militari e diplomatiche del Settecento fanno emergere le tensioni di questa configurazione. Nel 1743 la documentazione torinese fa emergere una sollevazione del contado, che chiede l’abolizione delle tasse che vanno a esclusivo beneficio del borgo, ma chiede soprattutto l’attribuzione della carica di sindaco alle comunità del contado [AST, Corte, Province di Nuovo Acquisto, Novarese, m. 12, fasc. 2, Scritture riguardanti il tumulto seguito con numeroso concorso d’Uomini armati nel borgo d’Omegna con aver a forza di minaccia costretti il sindaco e consiglieri di d borgo all’unione d’un consiglio generale, con intervento di quelli delle Comunità forensi, ed alla stipulazione d’un instrumento stato pubblicato da una delle finestre del Pretorio, in cui hanno provvisto a vari interessi di detta comunità, cioè onorario del medico, maestro di scuola, e predicatore, dazio, elezione d’un nuovo sindaco generale, e simili. Con parere del Primo Presidente del Senato Caissotti, 1744]. In realtà, la rivolta nasce da un tentativo di definire i carichi della giurisdizione, e cerca di impedire lo svolgersi del mercato nel borgo da parte delle comunità della giurisdizione stessa, che tentano di impadronirsi dei registri dei contribuenti (ad es. della mezza per cento). Con la mediazione di una parte del notabilato del borgo (il canonico Pattoni),  queste proteste si traducono in una riduzione dei carichi cerimoniali (predicatore, maestro, Corpus Domini, “onorario dei 12 denari di Milano per vendere le frutta”), e si propone che tre dei quattro sindaci siano del contado e non del borgo, e il nuovo sindaco sia vicino ai rivoltosi. Il contado richiede anche la rappresentanza sulla base dell’estimo, il sindaco “forense”, la revoca dei salari del maestro, del medico e del predicatore, la revoca delle spese per la partecipazione alla processione del Corpus Domini e per il pane di san Nicolao e del carnevale, un appalto del sale di durata sei anni, l’acquisto di dodici scagni per i consiglieri di palazzo, in cui si può forse vedere la volontà di una partecipazione più autorevole del contado. In modo meno esplicito vengono elevate anche le richieste di abolizione dei dazi posteriori al dominio milanese, dell’annona e della tassa per l’“estrazione de grani” dal novarese (riuniti sotto il governo torinese). In realtà, la sollevazione appare centrata anche sul prezzo del sale imposto al contado. Il movimento del 1743-44 si prolunga in una supplica al Senato di Torino del 1746 a cui questi risponde ordinando di continuare a pagare. Una serie di riunioni legittime tra 1747 e 1748 tenutesi in Casale Cerro, da parte di due consiglieri per ogni comunità, si traduce in una nuova protesta diretta a Torino nel 1753 e ottiene una risposta torinese che secondo Cane [213] “libera tutte le comunità”. In effetti la sentenza del Senato del 13 giugno 1757 libera le comunità dai pesi di maestro, medico e quaresimalista e tutti gli altri motivi di protesta. Resta a lungo però il risentimento della valle Strona i confronti di Omegna. Il sistema di governo locale resta in vigore fino alla riforma del 1848, che prevede per il borgo un sindaco, due vicesindaci, un consiglio delegato e un consiglio comunale di 15 membri con rinnovo annuale di un terzo.
Il legame con Omegna continua nell’Ottocento, quando Fornero, Forno, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, e Sambughetto fanno parte del Mandamento di Omegna con Quarna Sopra e Quarna Sotto [Casalis, vol 13, 1845, 104]. Tuttavia affiorano alcuni segni di assetto istituzionale di valle: nel 1843 si costruisca la strada da Omegna a Forno, con spesa ripartita fra le comunità, e il patrocinio famiglia Ratti di Milano; quindi, nel 1884 si istituisce un Consorzio per la strada di Valle Strona [su cui si veda una “Relazione sullo stato economico del Consorzio di Valle Strona” , Omegna, 1895] che nel 1904-05 costruisce la carreggiabile da Strona a Marmo, i ponti di Fornero e di Forno tra 1908 e 1913.
Nel 1836 anche Campello, che conserva gelosamente in archivio i privilegi della Valsesia sui dazi del 1707 [ASCV, Campello Monti, cat. II, b. 53] viene aggregato alla nuova provincia di Pallanza, e nel 1891 alla pretura di Omegna [Bazzetta, 390]. La presenza nel suo archivio [ivi, b. 61] di un esposto dei sindaci della Valsesia per la conservazione del tribunale di Varallo indica una resilienza dell’orientamento valsesiano del comune, che solo nel 1900 si separerà dal circondario della Valsesia
Mutamenti Territoriali
In Antico regime gli insediamenti della Valle Strona risultano “soggetti a Omegna” con Agrano, Bagnetta, Casale, Gravellona, Granarolo, Buglio, Campello, Casale, Cireggio, Crava, Crosinallo, Quarna superiore, Quarta inferiore. Con la disgregazione della giurisdizione di Omegna, nel 1770, i comuni della valle sembrano ottenere l’autonomia amministrativa.
Le pressioni per un maggiore coordinamento si fanno sentire durante l’Ottocento, con i consorzi per il medico, per la costruzione delle strade e per i canali che supportano l’attività industriale [Cane]. Nel 1926 si nomina un unico podestà. Luzzogno sembra avere una posizione centrale . La gerarchia di ricchezza di comuni vede Luzzogno, Fornero e Loreglia al vertice, mentre Luzzogno sembra il più povero anche se ha un ingente legato per il medico di tutta la valle). Nel 1929: a questa formazione si aggiunge Campello Monti. Nel 1955 Germagno, Loreglia e Massiola si separano dal nuovo comune.
Comunanze
Nel suo libro su Chesio e la Valle Strona, Giulio Felice Cane ricorda come il patrimonio della valle sia costituito dalle seguenti “Alpi”: a Germagno le Alpi Cardello [con cappella, Carta IGC 50.000]], Strevi, Guancia, Ciresa, Quaggione; a Loreglia le Alpi Morello, Spanero, Rusaccia, Quaggione, Strevo, Colletta, Vancio, Cardello, Colina. Va notata l’omonimia con quelli di Germagno, possibile segno di conflitti; a Luzzogno le Alpi Carciuso, Corbellone; a Massiola le Alpi Per (Pero), Colle Falchero; a Forno le Alpi Campo, Cima Ravinella, Samerene, Pocelio, Piumera; a Campello le Alpi Pennino grande e piccolo, del Vecchio, Calzino, Scarpia, Piana di Viglià, Capezzone, Fornale sopra e sotto, Cunetta e Camea; a Sambughetto le Alpi Francesca, Forcolaccia, Chignolo (che risulta in verità contesa con Luzzogno, come attesta la “misura” del 1914-16), Cipollina, Collapiana; Fornero  possiede “Alpi varie” in valle Foglia. Su di esse le testimonianze medievali e di antico regime sembrano scarse. Una fonte privilegiata è il Censimento dei boschi condotto da Torino nel 1782, di cui si conservano le voci relative a Fornero, Germagno, Luzzogno e Massiola.
Le situazioni fra i diversi insediamenti sembrano molto differenti: ad esempio, Fornero denuncia l’assenza di boschi comunali e il fatto che per i bisogni quotidiani gli abitanti si servano di boschi propri e “parte lo prendono sul comune di Quarta superiore attiguo”, mentre Germagno dichiara di avere “molti gerbidi e pochi coltivi”, tra i quali una “quantità di boschi sufficiente per bisogni di comunità e territorio”, ma denuncia la “vendita di essi da parte di ‘quelli della comunità’ per pagare spese della comunità” che limita di molto la possibilità di accedere alle risorse comunali. Della penuria sembra responsabile anche la “vendita di legname a Milano”, a causa della quale si commettono “abusi dei Mercanti di legname alle aste”. Luzzogno denuncia una fornace, indice di grande consumo di legname, e la presenza di capre, possibili consumatrici di sottobosco. Massiola denuncia un conflitto di interessi tra gli “estimati [che] usano i loro fondi”, e i “nullatenenti [che] usano bosco misto comunale, perché non bastano per tutti” i frutti, dei quali è proibito commerciare: non li si considera beni commerciabili, e non hanno un prezzo. La stessa situazione è presente a Sambughetto, dove i “particolari non usano boschi comuni, poco o nulla tenenti come anche qualche estimato, usano boschi comunali ‘dove sono accessibili’”. Le piante più comuni sono quelle di faggio (ma inaccessibile). Si ricorre ai boschi di Quarna “o col permesso o con danari” (che richiama complesse trattative collettive). Il bosco comunale non si può commerciare né si possono vendere i terreni: “Non c’è utile dalla vendita dei boschi, perché non vi è chi desidera la compra”. Per gli animali, i “poveri usano pascoli comunali, [gli] estimati fieno invernale e prati e pascoli in montagna”. Capre e poche pecore costituiscono il patrimonio zootecnico locale [ASCV, Campello Monti, Cat. XI, b. 66, conserva domande per pascolo di capre degli anni 1884-91].
La situazione dei pascoli sembra altrettanto variegata. Sono presenti testimonianze di uso collettivo del pascolo, ma si colgono altrettanti casi di usurpazioni di beni comunali, e di affitto a privati. La documentazione relativa agli usi civici è abbondante a partire dal 1926, quando si elencano gli usi di pascolo, legnatico ecc. dei comuni della Valle Strona. Si nomina anche il Consorzio di Luzzogno – di cui le tracce si sono perse. Il tentativo di censire gli usi civici si ripete nel 1928, e si individuano quelli esercitati da novanta famiglie di Forno e successivamente di Campello Monti. Nel 1931 giunge a sentenza la causa fra Casale Corte Cerro e il nuovo comune di Valstrona contro gli abitanti di Luzzogno per pascoli comuni. A partire dal 1939 iniziano gli accertamenti per vendite non autorizzate di beni comuni, documentate con continuità fino al 1978. Nel 1941, come in molte altre situazioni, viene emessa dal Commissario una sentenza di chiusura della pratica di accertamento. Le tensioni riprendono negli anni settanta con la rivendicazione da parte di Comitati frazionali, e le opposizioni. Si avvia una procedura per la reintegrazione di uso civico di un sito destinato a una cava di marmo (che si concluderà positivamente otto anni dopo). L’anno seguente un perito del Commissariato redige una relazione sugli usi civici che si basa sui possessi e le pratiche frazionali, ma l’unico risultato sembra consistere nella legittimazione delle occupazioni di beni soggetti a uso civico in Sambughetto, Fornero, Campello Monti e Forno. Sempre nel 1978, quando le competenze in materia passano alle regioni, la politica di legittimazione continua. Solo nel 1986 si affacciano i primi “mutamenti di destinazione di terreni soggetti a uso civico”. La questione suscita ora l’interesse dell’amministrazione comunale di Valstrona, che nel 1987 richiede di conoscere le terre di uso civico, che anni dopo impediranno la costruzione di una pista forestale e di un impianto idroelettrico.
Uno sguardo di più lunga portata fa emergere dinamiche che l’archivio del CLUC non è in grado di rivelare. L’uso collettivo ha messo talvolta in discussione la ripartizione per frazioni che emerge dalla documentazione amministrativa: ad esempio, nel 1870, quando scoppia la lite territoriale per lo smembramento della frazione Piana da Massiola e la sua aggregazione a Fornero, Massiola sostiene che “alcuni di Piana portansi nell’epoca dei pascoli ad abitare dei casolari posti in parte sul territorio di Fornero”. Secondo gli abitanti di Massiola, ciò non dà diritto di scostarsi dal loro comune, che chiede un indennizzo  [ASCV, Massiola, b. 22,9]. Ma almeno fino agli anni trenta del Novecento restano evidenti le tracce di una politica comunitaria dei pascoli e dei boschi, come il taglio di boschi ancora riservato ai “focolanti” a Germagno e a Forno, o l’assegnazione di lotti di boschi ai “focolanti” di Campello [ASCV, b. 37, fasc. 2 sgg.]. Ma si tratta di tendenze che non possono nascondere dinamiche contrastanti, e, forse, di ben altra portata. Gli ultimi anni del XVIII secolo presentano casi di acquisti di “estimo su le montagne” da parte di privati, come a Luzzogno nel 1780 [ASCV, Luzzogno b. 1, con casi analoghi ovunque]. Più numerosi sono i casi di affitto dei beni comuni, una politica che il nuovo comune conferma. Ma tra le pieghe di questa documentazione si possono osservare anche casi di usurpazioni. Il meglio documentato è quello di Sambughetto. L’archivio dell’ex comune contiene indicazioni precise: nel 1912 si danno indicazioni di terreni usurpati in diverse epoche tra 1838 e 1888, che conduce alla delimitazione di proprietà comunale e privata, ma suscita l’opposizione dei privati al pagamento dei beni usurpati nel 1890. Ulteriori usurpazioni sono segnalate nel 1906, e negli anni successivi, fino al 1910, sono numerose le vendite di beni usurpati, nell’Alpe Mezzano nel 1908, nell’Alpe Francesca nel 1911, che suscita ricorsi in giustizia [ASCV, Sambughetto, cat. V, bb. 22-30].
 L’archivio dell’attuale comune conserva altre informazioni, più dettagliate, che mostrano come vi sia un rapporto tra denuncia di usurpazione e acquisto privato di terra usurpata. Siamo ancora a Sambughetto, dove nel 1932 un concessionario chiede alla comunità di Valstrona di verificare la proprietà privata e quella comunale in “Alpe Sasso Faucino” contro il proprio vicino, che accusa di aver sconfinato nella seconda. Una perizia cerca i certificati di usurpazione dei beni comunali di ex Sambughetto, trova i libretti e ricostruisce un’occupazione cinquantennale. Nel 1877 e 1882 si era già misurata l’area per conto del comune di Sambughetto, si erano stimati i beni usurpati, e se ne erano formati due appezzamenti. Nel 1932 si effettua un sopralluogo e si dichiara con l’accordo delle parti che l’Alpe Sasso Faucino consisteva di due baite e m2 257, come da mappale, in parte coltivati in parte ridotti a prato. Si ritiene conveniente dividerla in due pezze da mettere all’asta “per far sì che i due attuali proprietari possano ognuno acquistare la parte che è di competenza propria”. Nel 1932 si scopre che da uno dei due occupatori non era mai stato pagato il valore dei terreni, e che la misura totale è di m2 1713. Perciò l’attore chiede di procedere alla verifica delle  proprietà. Il comune potrà metterle all’asta, e i due attuali possessori potranno acquistarle. L’asta si tiene nel 1933 e va deserta, per cui l’attore compra i due appezzamenti [ASCV, b. 11, fasc. 28].
La situazione creata dal nuovo comune del secolo XX conferma queste tendenze. Intanto, documenta una politica di affitto delle alpi e dei boschi. E’ una politica che si avvale spesso dell’istituto della concessione precaria (Albertini  a Germagno 1932, [ASCV, b.11 fasc.15]; 1933, G. Bianchi di Germagno [ivi, fasc. 19]; 1933, Avv. Scalabrini, Massiola [fasc. 20]. La concessione precaria affianca l’affitto puro e semplice: un esempio risalente agli anni 1923-46 è rappresentato dall’affitto dell’Alpe Colle Falchero “a sinistra del M. Massone” [ivi, fasc. 16]; nel periodo compreso fra 1925 e 1933 è documentato l’affitto di locali comunali a Loreglia [fasc. 17]. Inoltre, la vendita di beni comunali è estremamente diffusa: nel 1927-29, vendita Bosco in Sasso della Valle/Forno, reg. Tensa, Buon Stretto, Cascinotto, Sasso Piano, Craponetti/Sambughetto, Corei [Cerei?]/Luzzogno, Grossa galleria/Luzzogno, Orzo dei Cerei, Colma/Fornero [ivi, b. 36, fasc. 12-20]; nel 1928-30 vendita bosco in Tapone (?) e Pian Pennino/Campello, Alpe Garibaldi e Sassi, Sasso della Parei, Baloreccie in Germano, Piano Fornero [ivi, fasc. 25], cui seguono numerosissimi altri esempi. Nello stesso senso vanno atti come la domanda del 1933 di acquisto di un terreno a Piana di Fornero [ivi, b. 11, fasc. 22], o delle Cave di Marmo sempre a Fornero [ivi]. Oppure, nel 1931-33, è l’alienazione del vecchio cimitero di Campello Monti [ivi, fasc. 23]. Del 1934 è un contratto per fitto di locali comunali a Loreglia nel palazzo civico [ivi, fasc. 29]. Si rintracciano anche casi di possesso intercomunale: tra 1919 e 1932 sono conservati i riparti dell’imposta dei terreni (L. 4285) sul tenimento dell’Alpe Bagnone posseduto da Valstrona (già Loreglia) in comune con Casale Corte Cerro e l’ex comune di Monte Buglio. Nel 1933 un parere dell’Avv. Nobili di Omegna sostiene che Valstrona ha sempre pagato anche per la quota di Monte Buglio. Il Podestà di Casale Corte Cerro riconosce la verità, ma offre solo 50% per l’ultimo quinquennio e chiede prescrizione trentennale, mentre ovviamente Valstrona vuole il rimborso del totale dovuto per il trentennio [ivi, fasc. 27].
            Le tracce di attenzione alle proprietà comuni sono sporadiche:  nel 1933 ripetute lettere del direttore Ministero di Agricoltura di Pallanza chiedono una riunione sugli usi civici. Non ne sortisce altro effetto che la nomina del perito istruttore geom. A. Vellana di Omegna [ASCV, b.11, fasc. 26]. Sempre negli anni trenta è attestata la corrispondenza fra comuni e Ministero delle Finanze per le proprietà forensi, a suo modo un segno di attenzione ai diritti dei locali [ivi, b.11, fasc.18]; nel 1932 è documentata la verifica di terreni in Sambughetto [ivi, b. 29. fasc. 27]. Infine, quando si inizia a redigere catasti particellari, si tenta un censimento dei boschi comunali, come nel 1945 [ACSV, b. 90, fasc.16]. Sempre negli anni trenta è attestato il taglio di boschi per i “focolanti”, almeno a Loreglia e Germagno [ASCV, b. 37, fasc. 2-5], mentre ai focolanti di Campello si assegnano lotti di bosco [ivi, b. 37]. Non stupisce così che quando negli anni trenta si cerchi di conoscere la bibliografia locale sul tema degli “usi e consuetudini nell’economia agraria della Provincia Novara”, la risposta lapidaria sarà che “nella Provincia si pubblica  poco o nulla”. Forno manifesta grande attenzione alle proprietà comuni [Vd. verifica confini di boschi Piumera e Collaccia in ASCV, Forno, cat. V, b. 20, 1842, con divisione di termini e misura poco successiva, 1847]. Abolizione della tassa per il pascolo di bestie forestiere nel 1902, e deliberazione per ottenere il pascolo delle capre nei boschi comunali nel 1827. Nello stesso senso l’autorizzazione del 1882 per “carbonizzare legna” [ASCV, Forno, cat. XI, b. 67]. Inchieste sugli usi civici toccano più comuni nel 1925-26 [ivi, Forno, b. 21; Luzzogno, b. 117].
            Un rilievo particolare merita il “Consorzio per il pascolo” costituitosi a Luzzogno nella seconda metà dell’Ottocento, intorno cui si ricordano controversie relative alla vendita di terreni da parte di particolari nel 1879 [ASCV, Luzzogno, b. 116].
Un posto a parte, infine, spetta alla vendita di boschi comunali (sia di appezzamenti, sia di piante da taglio], che è presente massicciamente negli archivi degli ex comuni e in quello del nuovo comune novecentesco. In un solo caso, Luzzogno nel 1896, è documentato un disboscamento di terreni comunali [ASCV, Luzzogno, b. 117].
Liti Territoriali
Oltre alle liti territoriali relative ad altri comuni della Valle Strona [Vd. schede Germagno, Loreglia – e Chesio -,  Massiola) e ai loro confinanti extra-vallivi, si segnalano qui le liti fra gli ex comuni e i cantoni di Luzzogno, Forno e cantoni, Campello e cantoni, Fornero e cantoni, Sambughetto e cantoni.
Le liti che riguardano Luzzogno toccano temi diversi. Riflettono questioni territoriali gli atti giudiziali di Luzzogno contro Massiola, Forno e Sambughetto del 1737 per riparazione strade [ASCV, Luzzogno, b. 19. fasc. 4]. Del 1872 è la lite con i terrieri di Inuggio per taglio di piante. Conflitti più aspri e duraturi si sono avuti con Loreglia: si veda ASCV, Loreglia, b. 5bis, Relazione di perizia del tenimento Bagnone per la questione tra Buglio e Loreglia e il comune di Luzzogno, 1865 circa;  la lite Luzzogno-Loreglia per confine territoriale, del 1890-92: [ASCV, Luzzogno, b. 20, fasc. 29], che prosegue tra 1894 e 1898: lite Luzzogno Loreglia, mossa dalla prima dopo aver scoperto “essergli stati erroneamente tolti nella formazione del nuova mappa dal limitrofo comune di Loreglia” 17 ha di terreno con atto del 7 aprile 1894, all’ufficio amministrativo con il rifiuto di composizione amichevole dell’avversaria, giunge in pretura di Omegna, dove viene istruita [ASCV, Luzzogno, b. 29].
            Per quanto riguarda Fornero sono segnalate liti territoriali con il comune di Massiola a partire dal 1855 [ASCV, Fornero, cat. I, b.3; Massiola, b. 22, fasc. 9, Separazione dei terrieri di Piana e loro aggregazione al comune di Fornero, 1870. Vd. Mutamenti territoriali]. Del 1860 sono invece “differenze territoriali” con Quarna di Sotto, che portano a una rettificazione dei confini comunali. Del 1870 il regolamento del pascolo [ASCV, Fornero, cat. II, bb. 7-9]. Sono poi segnalate liti territoriali con i comuni di Massiola, Forno e Sambughetto per confini, nonché per la separazione dell'insediamento di Piana da Massiola e la sua aggregazione al vicino comune [ASCV, Massiola, b. 22, fasc. 1, Questione territoriale con il comune di Forno, 1742-1864]: si tratta di taglio reciproco di boschi [reg. Passor?] e accuse reciproche di “robbalizio”.; ivi, fasc. 5, Vertenza col comune di Sambughetto, che riguarda lo sconfinamento di bestie di ogni sorte...nel tenimento boschivo denominato Panugo; Ivi, fasc. 9, Separazione dei terrieri di Piana e loro aggregazione al comune di Fornero, 1870 [Vd. Mutamenti territoriali]. Lite che è accompagnata da tutta una serie di controversie tra il comune di Massiola e individui di Piana, per pagamento arretrati di censi, e controversie tra il comune di Fornero e individui di Piana per pagamento del fuocatico tra 1841 e 1879. Il conflitto nasce nel 1841 da un’ingiunzione di pagamento da parte del mandamento Omegna ed è aggravato nel 1843 dal testamento di un Piana che lascia 12 rubbi di sale da distribuire all’oratorio di Piana da parte del parroco di Fornero, da cui la frazione dipende “nello spirituale”. Tra gli anni 1853-1856 e 1857-1859 si dibattono causa e appello nella lite fra Massiola e Fornero per i criteri con cui dividere la divisione del legato: Massiola vuol dividere a metà, Fornero in ragione di popolazione (e i poveri di Piana sono ¼ di quelli di Fornero). Del 1863 è l’amichevole composizione tra Massiola e Fornero per la divisione del legato, ma di breve durata, poiché nel 1866 Fornero reitera l’ingiunzione di pagamento del focatico a Massiola [ASCV, Massiola, b. 22, fasc.4]; si giunge così nel 1870 alla lite territoriale per lo smembramento della frazione di Piana da Massiola e aggregazione in Fornero. Massiola sostiene che “alcuni di Piana portansi nell’epoca dei pascoli ad abitare dei casolari posti in parte sul territorio di Fornero. Questo non dà diritto di scostarsi dal comune di Massiola, che chiede indennizzo [Ivi, fasc. 9]; L’esito, sempre nel 1870, è la separazione dei terrieri di Piana da Massiola e la loro aggregazione a Fornero per sottorappresentanza in consiglio comunale; ovvie proteste di Massiola. L’epilogo istituzionale, nel 1881, è lo smembramento della frazione Piana da Massiola e la sua aggregazione al comune di Fornero in seguito al rinnovo della richiesta da parte di 13 elettori di Piana rinnovano richiesta [ivi, fasc. 1].
            Le tensioni territoriali cha hanno come protagonsita Forno si compendiano nella lite con Massiola per confini [ASCM, b. 22, fasc. 1, Questione territoriale con il comune di Forno, 1742-1864: taglio reciproco di boschi [reg. Passor?] e accuse reciproche di “robbalizio”; nel 1864, dopo un taglio da parte di Massiola, si giunge al piantamento di termini scolpiti su grandi macigni, bollate piante reg. Boschetto, Piade e Grampa sino al centro di Massiola: nell’occasione viene usato un  rappresentante Ufficio Catastale come “indicante”, non accettato da Forno, che richiede il contraddittorio. Tra 1770 e 1839 almeno sono documentate liti fra Otra e Forno dopo il tentativo di unificazione promosso nel 1770 [Bazzetta, 296].
Sambughetto ha una lite secolare con Massiola, già attestata nel 1688. Il conflitto si ravviva nel 1849 con il tentativo di Massiola di esigere il pagamento di imposte a Sambughetto e la comminazione di multe per sconfinamento di animali in Panugo; il sacerdote “si fa lecito tagliare “Doselli” ivi e vuole acquistare diritto da Massiola [ASCV, Massiola, b. 22, fasc. 5, Vertenza col comune di Sambughetto, che riguarda lo sconfinamento di bestie di ogni sorte...nel tenimento boschivo denominato Panugo].
Per quanto riguarda Campello Monti, ha un evidente contenuto territoriale la Convenzione con il sindaco di Rimella perché questo non si ingerisca nei bandi di Campello del 1794 [ASCV, Campello Monti, cat. XI, b. 65]. 
Fonti
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Relazione dell’Ossola, Misc. 37.7.
Relazione del marchese Alessandro Vincenzo Ferrero d’Ormea governatore di Novara, 1768, (cit. Landini, v.,  Bianchetti, v.).
 
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A.S.T., Sez. Riunite, Catasti, Catasto teresiano, allegato F., Catasti e sommarioni, Circondario di Omegna.
 
ASCV [Archivio Storico Comunale di Valstrona] conserva materiale a partire dal 1928, anno della formazione del comune. Esso contiene gli archivi dei comuni che si uniscono nel 1928: Fornero (dal 1711), Forno (dal 1630), Luzzogno (dal 1453); Sambughetto (dal 1710), Campello Monti (dal 1572). 
Comune di Valstrona, 1928-1955.
Archivio Storico Parrocchiale di Luzzogno, Relatio impressa Taurini 25 aug. 1756.
Min Agr Ind e Comm. Direzione Gen. Statistica, Statistica Industriale. Piemonte, Roma, Tip. Naz. Bertero, 1892.
 
ASCM, b. 22, fasc. 1, Questione territoriale con il comune di Forno, 1742-1864
 
ADN (Archivio Storico Diocesano di Novara), Acta Visitationis, vol. 11, Mons. Speciano, 1590, cc.393- 432v; vol. 41, Mons. Bascapé,1597, cc. 378-514v; vol. 58, Mons. Bascapé, 1603, cc. 93v-139v; vol. 66, Mons. Taverna, 1616, cc. 154r-218v, 282v-325v; vol. 123, Mons. Volpi, 1629, cc.73r-100v, 200r-229r, 310v-321v; vol.138, Mons. Tornielli, 1642, 333r-552v, 607r-652v; vol. 164, Mons. Odescalchi, 1659, 188r-359v, 410r-444r; vol. 188, Mons. Maraviglia, 1677, 263r-272v, 309v- 330v, 375r 383v; vol. 213, Mons. Visconti, 1696, cc. 168r-508v; vol. 259, Mons. Borromeo, 1735, cc.295r-246v, 316r-597v; vol. 299, Mons. Balbis Bertone, 1759, cc. 121-123, 10r-94, 241r-406v, 660-1085v; vol. 356, Mons. Balbis Bertone, 1781, 562r-602, 615r-630v.
 
ASN (Archivio di Stato di Novara), Prefettura dell’Agogna, Congregazioni dei Comuni, 1807, Cantone di Omegna; ivi, Culto, bb. 596, 598, 599, 600-601bis, 606, 694, 707; Provincia di Novara, b.3, Circoscrizioni comunali, 1866; Mandamento di Omegna b 254. Prefettura di Novara, Comuni, I versamento, bb. 315-16, 416-17; II versamento, 123-127. Intendenza, Circoscrizione di Pallanza, bb. 68 [Campello concessioni minerarie] e 175 [strade).
 
CLUC (Commisariato liquidazione usi civici), b. 69, Valstrona.
 
Relazione sullo stato economico del Consorzio di Valle Strona, Omegna, 1895.
 
ISTAT, Censimenti preunitari, Censpop 1861-2001, vol. I.
 
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Descrizione Comune
Parlare del comune di Valstrona implica parlare delle vicende politico-sociali di una intera valle. Questa considerazione trova una conferma nella struttura attuale dell’archivio comunale. Esso è nato ovviamente nel 1928 con la fusione dei comuni, ma l’inventario del 1993 redatto in occasione del riordino esordisce con la succinta storia della sua formazione. Istituito nel 1927 con la fusione di ex comuni della provincia di Novara: Fornero, Forno, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola e Sambughetto, e arricchito nel 1929 con l’aggregazione di Campello Monti, fino allora autonomo comune della provincia di Vercelli. Si tratta di una configurazione che, come è noto, ebbe breve durata: nel 1955 si ricostituiscono i comuni di Germagno, Loreglia e Massiola. Ma l’archivio non è unitario, e ha una struttura policefala che si compone di almeno nove archivi comunali: l’Archivio di Valstrona, dal 1928 [bb. 257], quello di Campello Monti, dal 1572 [bb 69], di Fornero, dal 1711 [bb. 61], Forno, dal 1630 [bb 81], di Luzzogno, dal 1453 [bb 140], di Sambughetto, dal 1710 [bb 65], di Massiola, da metà secolo XIX, di Loreglia, dal 1770, di Germagno, dall’inizio del secolo XV. In altri termini, sono presenti anche gli archivi dei comuni rinati nel dopoguerra, che teoricamente dovrebbero essere nella sede istituzionale dei comuni attuali. Sono presenti anche gli archivi degli uffici di conciliazione di ciascun ex comune [b 1 cad].
Accanto, l’archivio del Consorzio sanitario V:S: 1921-29  bb 2, e del Consorzio stradale. 1839-1930 bb 37, sembrano indicare una storia di unità della valle.
Questa struttura archivistica dice con chiarezza che la storia del comune di Valle Strona riassume la storia della valle. Non dice ancora quali sono i rapporti al suo interno e i suoi rapporti con l’esterno. Questi ultimi sono stati caratterizzati nel corso del tempo da una dipendenza politica e giurisdizionale da Omegna e da altalenanti movimenti di solidarietà (contro l’esterno, da Omegna ai centri del potere politico, condensato nel giudizio di Felice Cane, 133: “Valle Strona, non Ossola”). I primi sono invece stati contrassegnati dal conflitto tra i molteplici insediamenti che la punteggiano: fiscalità e sfruttamento delle risorse vegetali sono probabilmente i fattori che spiegano la capillarità degli insediamenti e le loro tensioni reciproche. Spiegarne le differenti cronologie, gli andamenti contraddittori, è un obiettivo che purtroppo supera le dimensioni di questa scheda, ma è da augurarsi che prima o poi essa possa essere intrapresa, perché è sicuramente in grado di chiarire dinamiche di fondo di una società montana europea.
Per quanto riguarda la solidarietà tra i villaggi della valle, essa è sollecitata dai rapporti con Omegna: la vita politica della valle è stata per quasi un millennio scandita dagli obblighi – materiali e simbolici – dovuti al centro religioso e giurisdizionale del borgo lacustre: decime, quartiroli, oneri di partecipazione al cerimoniale plebano e relative spese punteggiano la documentazione di antico regime oltre che quella medievale. Anche il potere signorile prima e feudale poi sembra aver giocato da collante per forme di solidarietà. Se è difficile documentare i rapporti tra gli insediamenti della valle e i Crusinallo, le relazioni con Novara sono intense anche se in un quadro di dominazione diretta relativamente breve. Quasi mute quelle con i Visconti e i Borromeo, fino a quando almeno questo importantissimo archivio non sarà veramente a disposizione degli studiosi.
L’arrivo del ducato milanese rappresenta da questo punto di vista il ribadimento di strade conosciute, perché permette di negoziare forme ed entità della tassazione. Infine, la concessione della valle in feudo ai Borromeo, insieme a tutto il territorio plebano e la sua incorporazione nella contea di Angera, costituiscono una unità politica poco documentata a livello locale, ma di sicura presa sulle popolazioni. Da un lato si ricorre ai Borromeo per prestiti e crediti, dall’altro il censo feudale che il comune e pieve di Omegna devono loro, compare come voce costante, e non contestata, del bilancio comunale almeno fino agli anni settanta del Settecento.
Il tentativo di sottrarsi, o quanto meno di negoziare da un punto di forza gli obblighi nei confronti dei canonici del borgo, e l’indebolimento dell’istituzione plebana, hanno dato vita a un processo di apparrocchiamento, che si sviluppa tra XV e XIX. Esso inizia con una divisione della valle in due parti, con le parrocchie di Luzzogno prima, nel 1455, e di Germagno poi, nel 1554, ma successivamente diventa un movimento in base al quale ogni insediamento ambisce a creare un centro religioso istituzionale: si creeranno così , 1455; Forno, 1547 per distacco da Luzzogno; Germagno, 1554; Loreglia, 1593 [Bazzetta]; Massiola, 1597; Sambughetto, 1638; Campello, 1749; Fornero, 1784. A queste va aggiunta Chesio nel 1836.
A questa tensione verso la valorizzazione del singolo insediamento, almeno dal punto di vista religioso e cerimoniale, attraverso la parrocchia, corrispondono due movimenti in apparenza contraddittori: da un lato, famiglie e insediamenti ancora più piccoli, tendono a fondare cappelle e benefici laddove non entrino in contraddizione con le strategie dei notabilati di cantone; dall’altro, la parrocchia sembra dare forza agli insediamenti, e si traduce col tempo nell’assunzione di una forma comunale da parte delle collettività degli insediamenti della valle, questa volta sotto l’ombrello protettivo ma carico di tensioni della formazione politica Omegnese.
Nonostante le dinamiche messe in moto dal Censimento asburgico del 1719, la situazione non sembra cambiare in modo radicale fino all’incorporazione nel regno di Sardegna in base alla pace di Worms del 1743: a questa data, le tensioni fra borgo di Omegna e contado emergono vistosamente, e danno vita a una manifestazione di forza da parte del contado, che impone un proprio sindaco, limita la propria partecipazione alle spese cerimoniali e rifiuta quella alle spese dei servizi da cui il contado stesso è escluso. Il movimento si conclude con una vittoria, poiché le comunità del contado vedono riconosciuto dal nuovo potere torinese un affievolimento della partecipazione coercitiva dei comuni della Valle al cerimoniale e ai servizi del borgo di Omegna. Intorno a questa data troviamo in archivio le prime tracce di ordinati comunali, vale a dire delle riunioni del consiglio comunale. In ogni caso, le tensioni con il borgo permangono,  le troviamo quasi di sfuggita in alcune carte dell’archivio dell’ex comune di Luzzogno: tra 1840 e 1869 sono segnalate alcune vertenze con il prebendario, il prevosto e l’ospedale di Omegna, che sembrano chiudere i contenziosi secolari [Archivio Comunale di Luzzogno in ACVS, m. 19 fasc. 18 e m. 20 fasc. 6]. Ma la “transazione tra uomini di Loreglia, Luzzogno, Quarna sopra con il prevosto di Omegna”, nel 1856, sembra alludere a processi di decisione collettiva più larghi.
Il governo torinese tende a modellare il territorio sulla base delle proprie regole – imposizione fiscale su base comunale -, seppure nell’area omegnese ciò si manifesti in modo meno violento che in altre situazioni dell’area, ad esempio quelle dell’Ossola inferiore, dove il momento di riforma amministrativa sabauda determina un riassetto complessivo dell’area, con lo spostamento della corte di giustizia da Vogogna a Ornavasso e l’autonomia della Valle Anzasca, per non fare che gli esempi più vicini. Paradossalmente, però, il movimento di autonomia comunale promosso da Torino, scatena negli insediamenti della valle una dinamica “a fisarmonica”, con tensioni - variabili nello spazio e cangianti nel tempo - fra nuovi comuni, frazioni e, al limite, cantoni [Massiola, m. 22, fasc. 1].
Vediamo intanto quelli che possiamo chiamare i “comuni” della Valle Strona: essi non sono ovviamente tutti uguali, hanno pesi demografici e fiscali differenti. Gli insediamenti e i rapporti interni alla valle sono suggeriti in via indiretta dai dati sul perticato, presenti in AST, I Arch, Prov Novara ecc, m. unico, fasc. 3, 1746, Nota delle comunità dell’alto novarese e vigevanasco del total perticato de beni allodiali ed ecclesiastici esistenti ne loro rispettivi territori. Per quanto riguarda le “Comunità sottoposte al borgo d’Omegna capo di pieve”, la “Nota del total perticato de beni allodiali” fornisce i seguenti dati: Omegna consegna pertiche 6012.2.8, nessun bene immune; Casale, Gravellona, Granarolo, pertiche 25249.23, più beni esenti che non pagano, 1047; Germagno, 2436, pascoli comuni 757; Loreglia, 6258.10; Quarna inferiore 20850.14; Quarna superiore 16854.9; Crusinallo 4384 immuni 675; Gattugno, 863; Luzzogno 2070, più zerbidi e brughiere 3050.19; Buglio 820.20.12; Bagnella 522.10 brughera 153.10; Masciola 4000; Sambughetto 3600; Cireggio 4532.17; Forno 730.9; Otra 924.17 più altre infruttuose 450.  In sostanza, il quadro si compone di comunità sovratassate, come Loreglia - che ha lo stesso estimo di Omegna! -,  Massiola e Sambughetto, di altre medie (Germagno e Luzzogno), ed altre ancora con poco estimo (Forno, Otra).
Ma ci sono luoghi che sfuggono: ad es. Fornero, che non compare in questa lista di comuni di imposta, nel 1746 non compare, ma è presente in altri elenchi [es. AST, II Archiviazione, capo 13, vol. XXIV, Riparto delle province…], e gli altri comuni appaiono in altre configurazioni (Forno con Otra, Loreglia con Chesio). Nella documentazione del 1770, che vedremo tra breve, compare Fornero, ma non Chesio. In questa stessa circostanza, Otra  (il più piccolo nucleo della giurisdizione di Omegna), conquista la propria autonomia amministrativa e si stacca da Forno (una vicenda breve per cause naturali, secondo Cane).
La documentazione torna a segnalare consistenze patrimoniali e demiche nel 1770, ma si tratta di fuochi detti “di banca”, cioè “di palazzo”: la loro corrispondenza con l’estimo reale è quanto mai problematica, ma è in ogni caso significativa dei pesi relativi all’interno della valle. A differenza dei tre borghi di fondovalle, superiori a 150 fuochi (Omegna, Quarna sotto, Casale), i comuni della valle hanno la seguente consistenza demografico-fiscale: Fornero 26, Germagno 21, Loreglia 72, Luzzogno 62, Massiola 56, Sambughetto 32, Forno 85, Otra 12. Queste cifre non sembrano del tutto campate in aria: nel 1805, alla costituzione del dipartimento dell’Agogna, i dati demografici sono i seguenti: Fornero 142, Forno e Otra 811, Germagno 145, Loreglia e Chesio 547, Luzzogno 479, Massiola 418, Sambughetto 206, Campello 195 [Beretta, tab. 1, p. 163].
La politica torinese sembra in sostanza dar voce alle tensioni territoriali: le rivolte del periodo compreso fra 1743 e 1757 sollecitano la creazione dei comuni, anche se, come abbiamo già detto, in modo meno violento che in Ossola inferiore.
Il secolo successivo, invece, permetterà alle identità locali di mostrarsi con tutta evidenza, attraverso i dibattiti e le contese sui beni collettivi. E’ chiaro che i beni collettivi appartengono a questo punto ai singoli comuni: già l’inchiesta del 1807 sul compartimento territoriale e le congregazioni dei comuni [ASN, Dipartimento dell’Agogna] rivela l’assenza di beni collettivi indivisi fra i differenti comuni e di pascoli promiscui. In quella occasione i comuni vengono sollecitati a dichiarare con quale comune potrebbero unirsi, e i più escludono soprattutto il più vicino, mentre alcuni preferirebbero addirittura il capoluogo di Omegna. Apprendiamo così che Campello intrattiene relazioni privilegiate con Rimella (da cui prende forse origine) malgrado questa abbia “un corrotto linguaggio [che Campello] non intende” ma che non impedisce “reciproci maritaggi”. E’ in questa occasione che Fornero si lancia in una comparazione storica di grande ampiezza [V. Massiola]. Fornero dichiarava di essere “comune il più piccolo della valle e forse del dipartimento si è sempre da lungo tempo retto ed amministrato da se senza ostacoli, perché quei pochi individui che vi si trovano in puro sentimento di patriottismo si prestano ad ogni sorta d’impiego, a cui vengono chiamati gratuitamente”, “onde perdurando nel presentaneo suo stato ne sentirebbe più utile di qualunque aggregazione immaginabile”. Tuttavia, si fa notare che l’intera valle, aggregata, non raggiungerebbe i 3.000 abitanti: “allora Fornero se è lecito far dal grande al piccolo de’ paragoni, se non è superbia il dirlo, propone e ricorda l’esempio dell’Aia nell’Olanda”, considerando “l’osservazione della centralità di Fornero rapporto agli altri comuni della valle; della facilità della strada non montuosa, e per conseguenza dell’accesso al medemo con pari distanza da ogni parte” [ASN, Dipartimento dell'Agogna, cart. 552, risposta di Fornero al prefetto del 7/11/1807].
Nel 1866 si assiste a un nuovo tentativo governativo di creare circoscrizioni comunali più ampie, e in questa occasione nuove tensioni affiorano: Fornero che ha ottenuto da poco la parrocchia e il comune rifiuta sdegnosamente e rivendica il suo stato di comune “senza frazioni”; Forno vanta la propria passione per la beneficenza e l’unità che altrove, ad esempio, Sambughetto, è sopraffatta dalle “continue lotte” (come Loreglia contro Chesio, Luzzogno contro Inuggio), dichiara la propria simpatia per Campello (che invece esecra) sulla base di “costumi e principi ai nostri consimili”. L’unione con gli altri comuni “spaventa”, e al limite ci si può proporre come centro di un nuovo comune, come fa Luzzogno. In un caso si sostanzia la propria identità: Sambughetto rivendica la propria “savia amministrazione” che “ha consentito di contenere i pascoli comunali per i propri abitanti, e i boschi in parte”.
            E’ in questo contesto che il controllo diretto delle funzioni amministrative e delle risorse locali sembra trovare improvvisamente lo spazio di esprimersi, e per tutto il secolo troviamo  tracce di queste tensioni: la frazione diventa il centro di ripartizione, di classificazione e di iniziativa politica da parte della popolazione della valle. Otra contro Forno, Piana contro Massiola, Campello vs Forno, Chesio contro Loreglia ecc.. Nuovi cantoni affiorano, come Strona, forti della loro vocazione produttiva su base domestica. I mutamenti dell’economia conosciuti nel secolo XIX segnano i rapporti all’interno della valle e tra i comuni ed Omegna. Possiamo indovinare i primi grazie alla Statistica delle attività del Cusio, che alla fine del secolo mostra la presenza di industrie di cantone: a Fornero sono segnalate otto attività, per un totale di 44 addetti, nel campo della Lavorazione legno, la massima concentrazione dell’area; a Germagno, 2 con 8 addetti, mentre a Strona spiccano la lavorazione della lana, con tre stabilimenti  e 241 addetti, di nuovo il dato più alto dell’area, insieme con l’industria  tessile “casalinga” con 122 telai, ancora una volta il dato più alto del Cusio. [Fonte Min Agr Ind e Comm. Direzione Gen Statistica, Statistica Industriale. Piemonte, Roma, Tip. Naz. Bertero, 1892, cit. in Beretta]. Su queste basi appare del tutto naturale che le relazioni con Omegna mutino radicalmente: a Strona, Germagno, Luzzogno si costruiscono canali per le condotte idriche che alimenteranno lo sviluppo industriale dell’area [Cane].
Le tensioni affiorano nel momento della formazione del nuovo comune su scala dell’intera valle, quando il prefetto di Novara raccomandava di intraprendere politiche perequative tra comuni e frazioni, salvaguardando “i particolari interessi e bisogni tanto del capoluogo che delle singole sue frazioni, affinché queste possano fruire dei medesimi benefici di quello, specie per quanto attiene al godimento dei pubblici servizi”. Si tratta di una indicazione utile, ma parzialmente fuorviante: non è affatto certo che questi rapporti vadano letti come microfrazioni periferiche che stanno in tensione con il proprio “centro comunale”. La valle è una configurazione mobile di piccoli insediamenti dotati di risorse proprie e di una vita propria: i boschi e gli alpeggi rappresentano le prime, la carità e le istituzioni della religione locale rappresentano la seconda.
Occorrerà dunque cercare di capire questi microinsediamenti che appaiono il motore delle dinamiche della valle. Per ora, li vediamo controllare risorse come boschi e alpeggi. Dai dati del censimento dei boschi del 1782, un documento di capitale importanza, possiamo intuire una divisione orizzontale della popolazione tra nulla o poco tenenti che premono sul notabilato per usare le risorse collettive per il proprio allevamento di ovini (talvolta gli esecrati caprini) e una fascia ristretta di “particolari” soggetti a estimo che sono in grado di utilizzare proprie risorse boschive per il taglio di legna e il pascolo. Il problema degli alpeggi è diverso e vede un’opposizione – difficile da connotare da un punto di vista sociale – tra una politica degli affitti a imprenditori-allevatori e/o a focolanti del luogo. I primi tendono a giocare su un momento pubblico – l’asta – per manipolare i prezzi, i secondi si trasformano facilmente in usurpatori [v. Comunanze, Sambughetto].
Per questi motivi il controllo delle relazioni sociali di frazione e addirittura di cantone diventa cruciale. Assistiamo così al fiorire otto e novecentesco di una politica della carità, fatta di lasciti per cappellanie, per distribuzioni di risorse materiali di vario genere – dal sale, al pane alle borse di studio ecc. - su base microterritoriale: Piana, Otra, Chesio ecc. Da questo punto di vista, il nuovo comune voluto dal fascismo sembra voler creare una élite di valle scremando i donatori delle frazioni e dei cantoni – quindi ribadendo la forza delle loro politiche caritative, confermate dal materiale archivistico, e conservando il controllo delle risorse a livello di frazione o di cantone.
Del resto, i rapporti con l’esterno stanno cambiando, e da un secolo almeno il controllo di una materia prima cruciale come l’acqua ha rafforzato le comunità della Valle nei confronti del borgo giurisdizionale con cui hanno convissuto per un millennio.