Scagnello

AutoriPalmero, Beatrice
Anno Compilazione1998
Provincia
Cuneo
Area storica
Abitanti
853 (censimento 1991).
Estensione
2706 ha (ISTAT 1991); 2322 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Ceva, a est Battifollo, a sud Lisio, a sud-ovest Monasterolo, a ovest Mombasiglio.
Frazioni
Non ci sono frazioni, ma si rilevano le principali borgate, discoste dal paese: Mongia e Fornaci. I quartieri principali invece, poco distanti tra loro, sono: Borgata – che nel 1753 risulta come Ruata – affiancato dalla Villa, Valbona poi Vallebuona, Borgo e Alterisi poi Altarezzi (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 334; Casalis 1849, vol. XIX, p. 717). Vedi mappa.
Toponimo storico
«Scagnellum» (Casalis 1849, vol. XIX, p. 717). Una delle prime attestazioni del luogo si riscontra negli statuti di Ceva (fine XIV secolo), in una questione di confini (Il “Liber instrumentorum”, p. 67).
Diocesi
La ecclesia di Scagnello a partire dal 1325 è attestata sotto la diocesi di Alba. In seguito alla soppressione temporanea della diocesi di Alba (1805) e al successivo riordinamento dei distretti ecclesiastici del 1817, le chiese di Scagnello passano alla giurisdizione del vescovo di Mondovì (Berra 1955, pp. 52-54).
Pieve
L’antica chiesa di S. Giovanni Battista risulta inclusa nel plebatus de Petriolla, insieme alle prime chiese della val Mongia (Conterno 1979, pp. 70-72).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La parrocchiale di antica fondazione, dedicata a S. Giovanni Battista, è affiancata dalla chiesa che faceva capo alla compagnia dei Disciplinanti (Santa Caterina) e da quella di S. Elisabetta, officiata dalle Umiliate. La comunità aveva inoltre tre dotazioni risalenti ai legati testamentari del 1624 e del 1628: una dedicata ai poveri, un’altra per le «figlie da maritare», istituite dalla famiglia Derossi, e una per la pratica degli esercizi spirituali, fondata dai consignori Gagliardi. In seguito un altro legato dei Derossi fu destinato allo stipendio di un maestro di grammatica e all’insegnamento della dottrina cristiana. È attiva infine la Pia Opera dell’Ospedale, gestita dalla confraternita, con redditi propri (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 338; AD Mondovì, Visite pastorali-Alba: Vescovo Natta [1721]).
La presenza laica nella gestione del culto e nella solidarietà sociale si mantiene molto vivace anche nel corso dell’Ottocento. Alle compagnie spirituali di laici erano affidate la gestione degli oratori di S. Antonio e S. Sebastiano – che nella visita pastorale del secolo precedente risultavano cappelle campestri intitolate appunto a S. Antonio Abate e ai SS. Fabiano e Sebastiano – nonché la cappella campestre della Santissima Trinità. A carico della comunità erano invece quelle di S. Marco e di Maria Vergine Annunziata, dove si celebrava una solenne festa annua. Cappelle fondate da privati restano S. Giacomo e la Beata Maria Vergine della Neve (Casalis 1849, vol. XIX, p. 717; AD Mondovì, Visite pastorali-Alba: Vescovo Natta [1721]).
Assetto Insediativo
  
Luoghi Scomparsi
Non si sono rilevate attestazioni inerenti ad insediamenti scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
La prima attestazione dell’organizzazione comunitaria di Scagnello compare negli statuti di Ceva, dove, nel 1394, si definiscono i confini tra i due luoghi. Per la causa di Scagnello intervengono il castellano e il sindaco communitatis, Johannes Barberio (Il “Liber instrumentorum”, p. 67).
La comunità di Antico Regime è amministrata da un sindaco e da tre consiglieri che hanno una sede propria in cui viene conservato anche l’archivio comunale. Dalla visita dell’intendente risulta che i signori non hanno alcuna ingerenza politica sulla gestione del comune. Gli antichi diritti feudali sono ridotti al quarto del censo e delle decime ripartite tra il conte Cepolla, residente ad Albenga, il conte di Castiglione e il conte Burroti, abitanti in Savigliano, e il sig. Vassallo Regis dei luogo (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 338).
Statuti
Non vi è traccia né menzione.
Catasti
Non vi e traccia né menzione dì registri antichi e attualmente in comune fanno riferimento ad un Sommarione della seconda metà de! XIX secolo.
Ordinati
A causa dell’aggregazione al comune di Mombasiglio, si era sospesa l’attività amministrativa tra il 1928 e il 1947, e non esistono ovviamente le delibere consigliari antecedenti agli anni Cinquanta.
Dipendenze nel Medioevo
Scagnello risulta tra i luoghi inclusi nel marchesato epigono di Ceva. Nella spartizione ereditaria del marchesato (20 aprile 1241) si delega all’autorità ecclesiastica nelle vesti del monsignore di Alba l’investitura del territorio di Scagnello ai fratelli Manuele e Giorgio marchesi di Ceva, che iniziano una signoria locale. Questi furono fedeli ad Alba ed alleati di Mondovì nella lotta contro la repubblica di Asti (Morozzo della Rocca 1905, p. 295).
Feudo
Di provenienza imperiale ai marchesi di Ceva. A partire dal XIII secolo è presente una signoria locale (Ceva-Scagnello). Si aggiungono nella giurisdizione feudale i Battaglieri; i Burotti di Cherasco; i Ceva di Nucetto; i Gagliardi di Ceva; i Patrizi; i Pelusi-Cepolla di Albenga; i Regis-Magliani di Scagnello (Casalis 1849, vol. XIX, p. 717).
Mutamenti di distrettuazione
Scagnello è incluso nel marchesato di Ceva ed è soggetto al dominio dei duchi di Savoia. In seguito al consolidamento dello Stato sabaudo, il territorio piemontese è ripartito in mandamenti e province: Scagnello si ritrova nel mandamento di Bagnasco (1741, cfr. la scheda dedicata a Bagnasco), provincia di Mondovì. Durante il periodo di dominazione francese del Piemonte (1797-1815) rientra nel dipartimento della val Tanaro. Infine l’assestamento della monarchia sabauda sui suoi domini porta al ripristino delle province di Antico Regime, per cui Scagnello torna nella provincia di Mondovì, fino alla riduzione delle circoscrizioni provinciali del Regno sardo (1859), che sancisce l’accorpamento della provincia di Mondovi a quella di Cuneo.
Mutamenti Territoriali
Il territorio comunale di Scagnello, di esigue dimensioni, viene aggregato a Mombasiglio tra il 1928 ed il 1947, nel periodo in cui il governo fascista intese rimaneggiare le circoscrizioni comunali a favore di un maggiore accentramento amministrativo (Sturani 1995, p. 112).
La contiguità tra Scagnello e Mombasiglio peraltro era storicamente accreditata da un uso promiscuo di aree demaniali che decretò l’unione territoriale. Il comune fu ricostituito, e tornò nel pieno possesso di tutto il suo territorio nel 1947.
Comunanze
Attualmente iscritte nella categoria «N» per 3,1131 ha (CSI 1991, Piemonte). Si articolano in bosco d’alto fusto, ceduo in località Pallaretto: pascolo ed incolto produttivo. Queste aree risultano aggregate per un certo periodo al comune di Mombasiglio (CLUC, Provincia di Cuneo, cartelle 216 e 125).
Liti Territoriali
Dopo la definizione dei confini, sancita negli statuti di Ceva con un atto del 1409 tra i marchesi di Ceva e il nobile Oberto di Scagnello (Il “Liber instrumentorum”, pp. 63-75, doc. XVII) non si è reperita altra documentazione storica di conflitti territoriali. Gli atti successivi testimoniano un uso ben regolamentato del bosco comunale, oggetto della revisione degli usi civici e poi aggregato a Mombasiglio. Uniche tracce di tensioni si registrano a livello di giurisdizione signorile. Nei corso del Settecento infatti si hanno delle rivendicazioni di diritti feudali, che riguardano però esclusivamente i signori tra loro e non includono anche la comunità (BRT, manoscritti Misc. 117, 27-1327, Investitura ai Ceva; AST, Corte, Paesi per A e B, S, mazzo 33, fasc. 2: Istanza del sig. Luigi Costamagna al fine di ottenere una proroga per effettuare il taglio da lui acquistato di un bosco comunale [1833]; AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 29, fasc. 1: Sentimento sul ricorso dì Bocca per la causa del Vassallo Regis e Madonna Gagliardi sulla natura dei feudi del Marchesato di Ceva [15 luglio 1750]; BPT, ms. a.: Processo civile sommario nella causa del Cav. Mauro Antonio Patrizio di Scagnello della città di Savigliano contro il sig. Abate di San Gaudenzio Federigo Patrizio di Scagnello arcidiacono nella cattedrale della città d’Alba suo fratello, Torino 1765).
Fonti
A.C.S. (Archivio Storico del Comune di Scagnello).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino):
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B,  Tanaro, Mazzo 1, Corso del Tanaro da Garessio a Govone diviso in 4 parti. Parte 1a. Corso del Tanaro da Garessio sino a Govone, diviso in 4 parti; la 1a da Garessio sino a Ceva; la 2a da Ceva sino a Farigliano; la 3a da Farigliano sino a Verduno al là di Cherasco; la 4a da Verduno sino a Govone. Levato per Ordine dell'Ill.mo Sig. Conte di Robilante, sulla Scala di 1/9360, con indici (con una copia della parte 3a e due della parte 4a). (Note: Sul verso reca una segnatura archivistica in francese nella quale la presente carta è indicata come la seconda parte di una Carta del Tanaro divisa in 6 parti, delle quali la 1a (dalle sorgenti sino a Garessio) e la 6a (da Govone sino allo sbocco nel Po presso Alessandria) sono mancanti. Carta con timbro del Dépôt Général de la Guerre.), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni > Carte topografiche segrete > Borgonio B 5 Nero, Mazzo 1, v. immagine 2 ("CARTA / DEL / BURGOGNO"). Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). Sul verso: "Piemonte". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 1 nero. (Data: [1772]) [Autore incisioni:(Giacomo Stagnon/ Stagnone)]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie III, Mondovì , Mazzo 6, Mondovì. Carta della diocesi, s.d.   Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Mondovì provincia, mazzo 29, fasc. 1: Sentimento sul ricorso dì Bocca per la causa del Vassallo Regis e Madonna Gagliardi sulla natura dei feudi del Marchesato di Ceva [15 luglio 1750];
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, S, mazzo 33, fasc. 2: Istanza del sig. Luigi Costamagna al fine di ottenere una proroga per effettuare il taglio da lui acquistato di un bosco comunale [1833].
 
A.V.M.  (Archivio Storico della Diocesi di Mondovì).
A.V.M., Visite pastorali-Alba: Vescovo Natta [1721].
 
B.P.T. (Biblioteca storica della Provincia di Torino), ms. a.: Processo civile sommario nella causa del Cav. Mauro Antonio Patrizio di Scagnello della città di Savigliano contro il sig. Abate di San Gaudenzio Federigo Patrizio di Scagnello arcidiacono nella cattedrale della città d’Alba suo fratello, Torino 1765.
 
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino)
B.R.T., manoscritti Misc. 117, 27-1327, Investitura ai Ceva;
B.R.T., Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753. La relazione dell’intendente Corvesy è edita: Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
 
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C.,: Provincia di Cuneo, cartelle 125 e 216.
Bibliografia
Berra L., La strada di Val Tanaro da Pollenzo al mare dal tempo dei Romani al Tardo Medioevo, in «BSSSAACn», 23 (1943), pp. 71-89.
Berra L., Riordinamento delle diocesi di Mondovì, Saluzzo, Alba e Fossano ed erezione della diocesi di Cuneo (1817), in «BSSSAACn», 36 (1955), pp. 18-59.
Il “Liber instrumentorum” del Comune di Ceva, a cura di G. Barelli, Torino 1936 (BSSS 147).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino 1849, voll. XIX.
Conterno G., Pievi e chiese dell’antica diocesi di Alba, in «BSSSAACn», 80 (1979), pp. 53-88.
Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del Monteregale, ora Mondovì in Piemonte, Mondovì 1894-1905, 3 voll.
Sturani M.L., Il Piemonte, in Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, a cura di L. Gambi, F. Merloni, Bologna 1995, pp. 107-154.
Torre A., II consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell’Ancien Regime, Venezia 1995.
Descrizione Comune
Scagnello
 
II territorio comunale di Scagnello viene aggregato a Mombasiglio in quella fase, tra il 1928 ed il 1947, in cui grazie al connubio di prefetti e podestà si ottenne il maggior “consenso” alla rinuncia alle autonomie locali per l’accorpamento in unità comunali più vaste. I comuni di esigue dimensioni e densità demografica furono quindi accorpati, ma per breve periodo, giacché nell’immediato dopoguerra si ripropose il ritorno alla gran parte degli enti territoriali soppressi, come nel caso di Scagnello (Sturani 1995, pp. 112-114; cfr. le schede dedicate a Battifollo e Perlo).
     La consistenza del patrimonio demaniale di Scagnello era effettivamente di esigue dimensioni: si suddivideva in 1,34 ha di incolto produttivo e 2,99 ha di pascolo lasciati a sito pubblico, mentre i 2,50 ha di bosco ceduo venivano affittati. Nel 1930 il bosco era già sfruttato direttamente dal comune di Mombasiglio (C.U.C., Provincia di Cuneo, cartella 125: relaz. Podestà Raimondi [12 gennaio 1930]).
     Nessuno dei beni comunali annessi era gravato da usi civici, come già dichiarava il sindaco di Scagnello nel 1926. Il tutto era ribadito anche dal comune di Mombasiglio, che in virtù di ciò appaltava il bosco a privati senza regolare contratto d’affitto, ma con la riscossione di un canone annuo (CLUC, Provincia di Cuneo, cartelle 216 e 125, relaz. Torrero-Gili [1 giugno 1934]). Con il decreto di liquidazione del 1934 tutti i beni comunali vennero riconosciuti alienati, mentre il bosco ceduo dopo la ricostituzione del comune (1947) ritornò al patrimono demaniale (C.U.C., Provincia di Cuneo, cartella 125, Comm. Garitta [18 ottobre 1934]).
      Il comune non riporta documentazione storica di conflitti territoriali, benché la successiva annessione dei suoi boschi al patrimonio demaniale di Mombasiglio denoti quantomeno una promiscuità o complementarietà di questi siti. La contiguità con questo paese è attestata già in epoca romana, per il passaggio di uno snodo stradale che da Priola scendeva a Vico attraversando la val Mongia. L’importante via che da Pollenzo conduceva al mare – raggiungendo Albenga per la val Tanaro – congiungeva i castelli di Scagnello e Battifollo a Mombasiglio, in un circuito viario di rilievo economico e militare. Le fortificazioni in val Mongia trovano giustificazione nella difesa e nel controllo del percorso (Berra 1943, pp. 36-87). Con la creazione del distretto marchionale in Ceva, le curtes di Bagnasco e Nucetto di riflesso assumono un altro rilievo. In età altomedievale infatti il tratto di strada che univa Ceva a Nucetto e Bagnasco divenne un nodo stradale importantissimo. Per contro le fortificazioni della val Mongia si ridimensionano a presidi militari e a punti strategici di carattere secondario, giacché Bagnasco si sostituì a Mombasiglio come fulcro di attrazione del traffico viario da Albenga.
     Il confine tra Scagnello e Mombasiglio – costituito dall’area attigua al monte Bellocchio – divenne oggetto di discussione a seguito dell’infeudazione ai Ceva (BRT, manoscritti Misc. 117, 27: Investitura ai Ceva; cfr. la scheda dedicata a Mombasiglio). Con il decadere poi dell’economia agro-silvo-pastorale, dove le castagne avevano un ruolo alimentare e commerciale di rilievo, le montagne di Scagnello erano state convertite in bosco ceduo e in particolare la regione Pallaretto, era asservita alle necessità di legna di Mombasiglio.
     L’esiguità delle comunaglie e soprattutto la dichiarata mancanza di usi civici su di esse renderebbero plausibili l’assenza di tensioni per lo sfruttamento dei boschi. Nel corso del XIX secolo inoltre, Scagnello dimostra di appaltare regolarmente il taglio del ceduo ai privati (AST, Corte, Paesi per A e B, S, mazzo 33, fasc, 2: Istanza del sig. Luigi Costamagna al fine di ottenere una proroga per effettuare il taglio da lui acquistato di un bosco comunale [1833]), a testimonianza di un regolare sfruttamento del territorio. Infine, con la ricostituzione del comune (1947) i boschi tornano integralmente sotto la giurisdizione di Scagnello, compreso il bosco utilizzato da Mombasiglio.
     Il territorio di Scagnello è stato parte integrante del marchesato di Ceva e a seguito della ripartizione ereditaria del 1241 fu assegnato in feudo ai signori di Scagnello-Ceva. Anche questo feudo è stato oggetto di ripetute vendite, a servizio delle esigenze finanziarie della politica espansionistica di Giorgio II detto il Nano, come è accaduto un po’ a tutti i possedimenti del marchesato (cfr. la scheda dedicata a Nucetto). La signoria locale mantiene buoni rapporti con i marchesi di Ceva, tanto che insieme dirimono la questione dei confini tra Ceva e Scagnello. Tra il 1394 e il 1409 vengono fissati «lungo il monte Acuto, fino al fossato di Arezia, e nella regione detta Peyrea» (Il “Liber instrumentorum”, pp. 63-75). In seguito, nonostante la documentazione storica sia inesistente, si rintraccia qualche tensione solo a livello di giurisdizione feudale. A compartecipazione della giurisdizione feudale si aggiungono in seguito i Battaglieri; i Burotti di Cherasco; i Ceva di Nucetto; i Gagliardi di Ceva; i Patrizi; i Pelusi-Cipolla di Albenga; i Regis-Magliani di Scagnello (Casalis 1849, vol. XIX, p. 717). Nella seconda metà del Settecento si verificano tra i signori rivendicazioni sul quarto di giurisdizione e sui diritti acquisiti e pattuiti con la comunità in un censo e nelle decime, che evidenziano la crisi del complesso sistema dei tributi signorili (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 29, fasc. 1: Sentimento sul ricorso di Bocca per la causa del Vassallo Regis e Madonna Gagliardi sulla natura dei feudi del Marchesato di Ceva [15 luglio 1750]; BPT, Processo civile sommario nella causa del Cav. Mauro Antonio Patrizio di Scagnello della città di Savigliano contro il sig. Abate di San Gaudenzio Federigo Patrizio di Scagnello arcidiacono nella cattedrale della città d’Alba suo fratello, Torino 1765). La situazione probabilmente si è aggravata anche a seguito della creazione del mandamento di Bagnasco (1741), in cui è stato incluso gran parte dell’antico distretto marchionale di Ceva (cfr. la scheda dedicata a Bagnasco). Il consolidamento di uno stato e di un’amministrazione centralista provocava infatti ulteriore malcontento tra gli antichi feudatari, che vedevano progredire una burocrazia di controllo capillare del territorio e una politica di abrogazione dei diritti feudali.
     Nell’ottica sabauda di riorganizzazione dei luoghi, i mandamenti sono stati costituiti per riunire i domini in un sistema amministrativo su base territoriale, politicamente più vicino allo stato. Ciò a contrastare ed indebolire peraltro l’ormai ingarbugliata questione delle infeudazioni e dei diritti signorili sui territori comunali, che degenerava sempre più spesso in conflitti d’interesse dinastico.
      Tali tensioni evidenziano come tra comune e feudatari non esistano ingerenze politiche, o meglio i signori locali risultano ampiamente estranei alla gestione comunale. Già nel 1753 la loro presenza sul territorio era limitata alla riscossione del quarto dei censi e decime di retaggio feudale. Nella comunità invece spiccano alcune famiglie, come quella dei Battaglieri, dei Gagliardi e dei Derossi, promotori di istituti di carità e detentori di importanti luoghi devozionali.
     La comunità di Scagnello si dimostra infatti particolarmente interessante per la molteplicità di associazionismo laico, che si contrappone evidentemente all’assenza o alla distanza dell’autorità ecclesiastica e feudale sulla comunità. A questo proposito, il confronto con l’elenco dei siti religiosi, proposto pressoché negli stessi anni dal vescovo Natta e dall’intendente Corvesy, rivela non trascurabili discrepanze. La visita pastorale annovera puntualmente all’interno della parrocchiale la compagnia del Santissimo Sacramento e della Dottrina cristiana, addette all’altare maggiore, la società del Santissimo Rosario, legata a uno dei due altari appartenenti alla famiglia dei Battaglieri, che hanno anche un prevosto. Un altro altare è dei Gagliardi, consignori del posto, mentre la famiglia Derossi possiede una cappellania con il diritto di nominare uno dei tre preti, che officiano alla parrocchia. Benché il funzionario governativo elenchi le cappelle con intitolazioni non corrispondenti a quelle ricordate dal vescovo, colpisce soprattutto il ruolo attribuito ai Disciplinanti e alle Umiliate, uniche confraternite di rilievo per l’intendente. Per quest’ultimo i Disciplinanti officiavano una chiesa poco distante dalla parrocchiale e le Umiliate una cappella campestre, invece per il vescovo entrambe le associazioni avevano un proprio oratorio, incluso nel distretto parrocchiale. Inoltre secondo l’intendente, tutte le cappelle distano un quarto di miglia dalla parrocchia, sono prive di redditi e mantenute da elemosine. Per contro il vescovo censisce beni immobili e legati attribuiti alle cappelle e alle compagnie, oltre a due cappelle private. In sostanza Mons. Natta non segnala altra chiesa che la parrocchia di San Giovanni Battista con il titolo di arcipretura, mentre l’intendente ne rileva almeno un’altra in S. Caterina, officiata dai Disciplinanti (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 338; AD Mondovi, Visite pastorali-Alba: Vescovo Natta [1721]).
     Il panorama vario della devozione popolare suggerisce un rapporto complesso con l’autorità ecclesiastica, se si pensa per altro che la nomina di arcipresbitero spetta ad un parroco di Pamparato – oggetto alia diocesi di Asti – per bolla pontifìcia del 1722, quando gli altri tre preti e la parrocchia stessa di Scagnello sono soggetti alla diocesi di Alba.
     Gli altari le cappelle, le compagnie e gli istituti riflettono una pluralità di poteri locali che convivono non senza tensioni, ed esprimono nel rituale sacro la loro differente identità (Torre 1995, pp. 33-36). A questo proposito la comunità di Scagnello offre sicuramente spunti interessanti per l’indagine storica della società, la cui coesione con il territorio ha rappresentato la forza per superare la ventennale soppressione del comune.