Belvedere Langhe

AutoriMorandini, Cesare
Anno Compilazione1996
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Cuneo.
Area storica
Alta Langa.
Abitanti
358 (ISTAT 1991); 359 (SITA 1995).
Estensione
4,96 kmq (ISTAT 1991; SITA 1995).
Confini
A nord Dogliani, a est Bonvicino, a sud Murazzano e Clavesana, a ovest Farigliano.
Frazioni
Centri abitati: Belvedere Langhe; nuclei: Piangarumbo (ISTAT 1991). Vedi mappa.
Toponimo storico
«Ugnolio» nel 1246 (Conterno 1986, p. 115); «hugnolium seu belo videre» (in vari atti del sec. XIV); «Belvedere» o «Malamorte» nel 1782 (Casalis 1834, p. 220).
Diocesi
La chiesa di San Nicolao di Ugnolio nel 1246 fa parte della diocesi di Alba (Conterno 1986, p. 115). Nel 1511 passa alla diocesi di Saluzzo insieme agli altri feudi delle Langhe appartenenti al Marchesato (Conterno 1986, p. 260). Passerà poi dalla diocesi di Saluzzo a quella di Mondovì con bolla del 20 ottobre 1817 (Amedeo 1989, p. 170).
Pieve
Esente da plebatus.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa di San Nicolao di Ugnolio compare tra i beni dell’abbazia di San Dalmazzo di Pedona nel 1246 (Conterno 1986, p. 115); ancora nel 1325 la chiesa di Belvedere è esente da plebatus, ossia non di­pendente da una pieve.
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Non rilevati.
Comunità, origine, funzionamento
Le prime attestazioni del nome antico di Belvedere, «Ugnolio» sono duecentesche; il primo atto reperito in cui si evidenzi la presenza di organismi comunitativi è del 1627.
Statuti
Non rilevati
Catasti
Assenti catasti antichi; in archivio comunale fogli mappali del catasto del 1937; nei documenti settecenteschi è segnalata la presenza di un catasto vigente.
Ordinati
Deliberazioni del consiglio comunale solo a partire dal 1889.
Dipendenze nel Medioevo
In origine sotto il dominio dei marchesi del Monferrato; una parte dei diritti feudali su Belvedere dovette venire poi ceduta alla città di Asti tra il 1212 e il 1292 (Casalis 1834, p. 220). Nel marchesato di Saluzzo a partire dal 1286, valido restando il vassallaggio ai marchesi del Monferrato (Conterno 1986, p. 198), vigente ancora nel 1397 (Morozzo della Rocca, III, p. 132). Nel 1601 entra a far parte dello stato sabaudo. Da documenti sabaudi del 1631, Belvedere risulta però «feudo imperiale» che ancora presta aderenza allo Stato di Milano e in conseguenza riceve investitura dalla corona spagnola (BRT, Misc. 66, n. 6: Documenti riguardanti i feudi della Langhe posseduti dai Del Carretto, e relativi alle contestazioni col Duca di Savoia).
Feudo
Sotto l’originario dominio dei marchesi del Monferrato, sono segnalate infeudazioni nel Duecento ai Catena di Asti, agli Sbarati e agli Incisa (Casalis 1834, p. 220). Tomaso I marchese di Saluzzo verso il 1286 si impadronisce di Belvedere (Conterno 1986, p. 198), e alla sua morte il feudo passa alla linea dei Saluzzo-Dogliani. Nel Cinquecento porzioni di diritti feudali su Belvedere sono possedute dai Vacca, dai Saluzzo-Dogliani (Conterno 1986, p. 265) e dai del Carretto. Nel 1601 la maggioranza dei diritti feudali, ormai solo onorifici e venali, è acquistata dai Savoia (Pio 1920, pp. 11-12).
Mutamenti di distrettuazione
Dal marchesato di Saluzzo ai domini sabaudi nel 1601 (Pio 1920, pp. 11-12), nella provincia sabauda di Mondovì nel Settecento, da questa alla provincia di Cuneo nel 1859.
Mutamenti Territoriali
Nessuna attestazione.
Comunanze
Beni di uso civico, nel Settecento per lo più tenuti illegittimamente da privati e in parte concessi in affitto, in regioni Piambosco, Bricco del Bio, Valle d’Arezza, Piaggie.
Liti Territoriali
Non rilevate.
Fonti
A.C.B. (Archivio Storicod el Comune di Belvedere Langhe).
      L’archivio comunale è completamente privo della documentazione antica.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, art. 616 e 619 (sentenze camerali, declaratorie).
A.S.T., Camera dei Conti, art. 754, m. IIB, Belvedere: Titoli e scritture per feudi, redditi, diritti feudali e per ragioni d’acque.
A.S.T., Camera dei Conti, Perequazione del Piemonte, capo 21, mm. 55, 78 e 90.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 5 Nero, Mazzo 1, v. immagine 2 ("CARTA / DEL / BURGOGNO"). Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). Sul verso: "Piemonte". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 1 nero. (Data: [1772]) [Autore incisioni:(Giacomo Stagnon/ Stagnone)]. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Materie economiche, Perequazione del Piemonte, m. 2, n. 15 Titoli de’ beni feudali della Pro­vincia di Mondovì.
A.S.T., Corte, Materie economiche, Perequazione del Piemonte, feudi della Provincia di Corte, paesi per A e B, B, m. 12.
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino).
B.R.T., Misc. 66, n. 6: Documenti riguardanti i feudi della Langhe posseduti dai Del Carretto, e relativi alle contestazioni col Duca di Savoia.
Bibliografia
Atlante storico della provincia di Cuneo, Novara 1973.
Amedeo R., Chiesa e clero nell’età napoleonica, in La diocesi di Mondovì. Le ragioni di una storia, Mondovì 1989, pp. 137-187.
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sar­degna, II, Torino 1834.
Conterno G., Dogliani. Una terra e la sua storia, Dogliani 1986.
Manno A., Promis V., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino 1884.
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del monteregale ora Mondovì in Piemonte, Mondovì 1894.
Muletti D., Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo, Saluzzo 1829.
Pio G.B., Cronistoria dei Comuni dell’antico mandamento di Bossolasco con cenni sulle Langhe, Alba 1920.
Descrizione Comune
Belvedere Langhe
          La vicenda dei rapporti di dipendenza di Belvedere con entità statuali sovrafeudali è molto complessa. Il feudo risulta, nel medioevo e in età moderna, praticamente scisso in più parti dal punto di vista della dipen­denza distrettuale: marchesato di Saluzzo, marchesi del Monferrato, domini sabaudi. Anche dopo l’acquisto della maggior parte dei diritti feudali da parte dei Savoia, alcune porzioni rimangono fino al Seicento vincolate al­la sottomissione ai marchesi del Monferrato, e risultano dunque terre imperiali godenti un regime fiscale privilegiato, senza però fare in modo che Belvedere risulti in toto feudo imperiale: Belvedere infatti non è nel folto grup­po dei feudi delle Langhe aderenziati allo Stato di Milano che nel Settecento furono al centro di una lunga vertenza legale con i Savoia. Questo assetto di dipendenza “divisa” si riverbera sulla complessità dell’assetto signorile interno, che lo caratterizza ancora nella seconda metà del Seicento. Davanti a tale complessità della frammentazione dei diritti feudali gli organismi di comunità appaiono sempre deboli, e la loro gestione dei beni comunitari – che pure in età moderna rimangono sostanziosi – confusa ed inefficace.
     Nel comitatus di Alba fino al 1091, Belvedere dovette cadere sotto il dominio dei marchesi del Monferrato; Casalis annota la divisione dei diritti feudali tra due casate, i Catena di Asti e gli Sbarati, e la cessione suc­cessiva di tutti o di parte dei diritti alla città di Asti tra il 1212 e il 1292 (Casalis 1834, p. 220). Tomaso I marchese di Saluzzo verso il 1286 si impadronì di Belvedere (Conterno 1986, p. 198); la situazione del feudo in quel momento doveva essere simile a quella di Dogliani, ossia di non interrotto vassallaggio ai marchesi di Monferrato. Nel 1297 Giovanni “il Grande”, marchese di Saluzzo, capostipite del ramo dei Sa­luzzo-Dogliani ricevette dal fratello Manfredo IV l’infeudazione di Belvedere e Dogliani (Conterno 1986, p. 201). Ancora nel 1397 per i feudi di Farigliano, Murazzano e Belvedere ed di altre località delle Langhe i marchesi di Sa­luzzo prestavano ancora omaggio al marchese di Monferrato (Morozzo della Rocca 1894, III, p. 132).
     Anche in età moderna l’assetto feudale è particolarmente intricato. Nel 1515 appartiene ai Vacca, ma una parte dei diritti feudali è ceduta ai Saluzzo negli stessi anni (AST, Corte, Materie economiche, Perequazione del Piemonte, Feudi della Provincia di Mondo­vì: Pezze giustificative dei possessi feudali: Belvedere). Ancora nel 1529 i Sa­luzzo-Dogliani (Conterno 1986, p. 265) possiedono una parte dei diritti di Belvedere. Il 10 marzo 1587 Michele Antonio Saluzzo consignore di Belvedere cede i suoi diritti feudali a Gia­como della Fita (AST, Camera dei Conti, art. 754, m. IIB, Belvedere: Titoli e scritture per feudi, redditi, diritti feudali e per ragioni d’acque); nonostante questo i diritti in mano ai Saluzzo due anni dopo rimangono della misu­ra dei 3/4. Il loro consegnamento dei beni del 1603 è di 183 giornate e 22 tavole di terreno (AST, Corte, Materie economiche, Perequazione del Piemonte, Feudi della Provincia di Mondo­vì: Pezze giustificative dei possessi feudali: Belvedere). Nel periodo immediatamente precedente all’acquisto del feudo da parte dei Savoia (1601), anche i del Carretto dovevano avere una quota dei diritti feudali di Belvedere, e tale quota doveva essere quella “imperiale”, per cui i del Carretto prestavano aderenza ai Monferrato (BRT, Misc. 66, n. 6: Documenti riguardanti i feudi della Langhe posseduti dai Del Carretto, e relativi alle contestazioni col Duca di Savoia). Persino l’ingresso nello stato sabaudo del 1601 (Pio 1920, pp. 11-12), insieme al resto del marchesato di Saluzzo, avviene attraverso l’acquisto da parte dei Savoia di una frazione di diritti, nella misura dei 28/44, che pare approssimativamente corrispondere alla quota posseduta dai Saluzzo-Dogliani al loro consegna­mento del 1589 (Pio 1920, pp. 11-12). Da documenti del 1631, Belvedere risulta «feudo imperiale» posseduto dai del Carretto e recentemente passato a casa Savoia, che ancora presta aderenza allo Stato di Milano e in conseguenza riceve investitura dalla corona spagnola (BRT, Misc. 66, n. 6: Documenti riguardanti i feudi della Langhe posseduti dai Del Carretto, e relativi alle contestazioni col Duca di Savoia).
      Le principali famiglie successivamente infeudate di Belvedere nel Seicento sono i Ferrari (1617), Saraceno di Bra (1618), Canaparo (1618), Dalmazzone (1656), Demagistris (1668). Nel 1756 passa ai Cordero.
     Nel Seicento e nel Settecento, parallelamente al progressivo ridimensionamento dei possessi feudali in generale, la frammentazione feudale di Belvedere – riguardante ovviamente non più diritti giurisdizionali sugli uomini ma solamente il possesso di beni esenti da carichi – pare incrementarsi ulteriormente, diventando di macrosco­pica evidenza agli osservatori locali. Francesco Orta, nella sua Vita di San Celso, parla di Belvedere nel 1667 come di un luogo diviso tra diversi signori (citato da Conterno 1986, p. 308). Tale situazione, per cui in Belvedere più signori possedevano diritti di immunità fi­scale su appezzamenti anche molto piccoli, e dell’infeudazione di tali diritti si servivano come moneta di fre­quenti scambi commerciali, riceve conferma dalle pezze giustificative ai possessi feudali raccolte in occasione della Perequazione Generale settecente­sca. Ad esempio: se ancora nel 1603 un membro della casata dei Saluzzo consegnava beni feudali per giornate 183:22, ossia quanto restava dei possedimenti an­tichi della casata in Belvedere, già nel 1609 un tale Carlo Antonio Benedetti investiva a favore di Pietro An­tonio Ciapello beni feudali per 6 giornate, e a Giovanni Benedetto altre 6 giornate e 12 tavole di terreno più altre pezze minori; nel 1629 i Benedetti pos­sedevano, nuovamente riunite, le due porzioni cedute in prece­denza; quasi un secolo dopo (nel 1727) inve­stivano altri particolari dei diritti su una giornata di prato (AST, Corte, Materie economiche, Perequazione del Piemonte, feudi della Provincia di Mondovì: Pezze giustificatorie dei possessi feudali di Bel­vedere).
     La situazione dei beni comunitativi di Belvedere all’inizio del Settecento – ossia dai primi documenti disponibili – vede una non esigua presenza di beni, traccia dell’esistenza di comunanze antiche anche di un certo valore economico (alteni e gerbidi avitati); la grande maggioranza dei beni risultano però tenuti da particolari, e secondo modalità che fanno risalire la causa di tale situazione ancora alla scarsa cura da parte della comu­nità nella gestione e nella difesa dei beni comunitativi attraverso la documentazione catastale.
     Belvedere infatti, in base ai rilevamenti attuati in occasione della Perequazione del Piemonte nel 1721, ri­sulta possessore di beni di uso civico in discreta quantità (13 giornate e 56 tavole), se rapportati alla bassa estensione complessiva delle giornate collettabili (992 giornate circa) (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, art. 21, m. 55: Mondovì, collettabile e immune [1713]).
     Le pezze comunitative sono quasi tutte in regioni di confine con altri comuni: Piambosco, al confine con Clavesana, il Bricco del Bio, area oggi tagliata dal confine con Murazzano, Valle d’Arezza, lungo lo stesso confine con Murazzano, Piaggie, al con­fine con Bonvicino.
     La tipologia agricola delle pezze di uso comune è molto varia: la maggior parte è gerbido (5 giornate e mezza), localizzabile in appezzamenti di fondovalle di scarso valore, e bosco (2 giornate e 80 tavole); sono però presenti anche appezzamenti di valore maggiore, ossia alteni (una giornata e 56 tavole) e soprattutto gerbido avitato (2 giornate e 25 tavole), ossia terreno gerbido con filari di vite.
     È varia anche la tipologia del possesso da parte della comunità. Per quanto riguarda i gerbidi, sono di uso comunitativo soltano due pezze, di cui una risulta «totalmente infruttifera» – probabilmente un ghiaione di fondovalle –; altre 4 sono semplicemente «tenute» da particolari senza alcuna contribuzione affittuaria alla comunità: d’altro lato però dalle poche note presenti nei registri della Perequazione non pare che la comunità abbia in corso vertenze con i particolari occupanti per la restituzione delle pezze, forse a ragione dello scarso valore; gli stessi tenutari abusivi non hanno registrato a catasto le pezze comunitarie come proprie. I boschi, e probabilmente anche altre pezze di gerbido, sono invece «tenuti» da particolari senza al­cuna contribuzione a titolo di affitto, e pare che in questo caso si delinei una vera e propria usurpazione, per altro di difficile, se non impossibile risoluzione: infatti le pezze boschive sono state in vari tempi accolonnate a catasto, senza che la comunità ne rivendicasse mai il possesso comunitativo, e per tali pezze i tenutari pagano regolarmente i carichi di registro; le pezze sono però doppiamente registrate nel catasto anche come beni della comunità, «in parte senza trasporto», ossia senza che fosse indicato nello spazio della comunità l’avvenuto passaggio ai particolari, e che questo fosse attestato da atti notarili. La situazione dunque dell’assetto proprietario dei boschi comunitativi è confusa, e denota una scarsa cura della gestione dei beni di uso civico: per i beni di cui è annotato il «trasporto» è difficile il ritorno dall’usurpazione: formalmente sono registrati come se fossero stati acquistati; per gli altri la documentazione risulta ambigua: sono formalmente ancora della comunità, ma i possessori avrebbero dalla loro parte, nel caso i funzionari comunali volessero cercare di rientrare nel possesso delle pezze, il fatto che la comunità stessa ha permesso l’iscrizione nel catasto alla colonna dei singoli proprietari, facendo pagare i normali carichi di re­gistro.
     Per quanto riguarda i confini, dal momento che la documentazione antica a riguardo è inesistente, è possi­bile soltanto dire che al principio del Settecento – a partire dall’elenco delle regioni comunitative dei registri della Perequazione – i confini erano verosimilmente già quelli attuali, con qualche dubbio circa la regione del Bricco del Bio, in comune con Murazzano, che appare come una regione controversa, anche se non si regi­strano liti in merito (AST, Ca­mera dei Conti, II archiviazione, capo 21, m. 78, f. 26: Mondovì, consegna beni immuni e comuni [1721]).