Ticineto

AutoriDemanuele, Giovanni
Anno Compilazione2007
Provincia
Alessandria.
Area storica
Casalese.
Abitanti
Abitanti 950, fuochi 109 (statistica generale 1783), 1487 (censimento 1861); 1582 (cens. 1871); 1686 (cens. 1881); 1876 (cens.1901); 1977 (cens.1911); 1760 (cens.1921); 1673 (cens.1931); 1647 (cens.1936); 1620 (cens.1951); 1608 (cens.1961); 1481 (cens.1971); 1418 (cens.1981); 1357 (cens.1991); 1384 (cens.2001); 1397 (2005).
Rispetto al periodo precedente, grazie alla consuetudine di distribuire il pane in alcune solennità, a tutte le bocche umane da parte della Compagnia dello Spirito Santo è possibile avere a disposizione un ‘censimento’ abbastanza attendibile:
1619 bocche (abitanti) 777
1620 bocche (abitanti) 764
1621 bocche (abitanti) 775
1623 bocche (abitanti) 775 e dopo l’epidemia di peste
1662 bocche (abitanti) 431
1663 bocche (abitanti) 436
1664 bocche (abitanti) 453
1667 bocche (abitanti) 500
1670 bocche (abitanti) 520 (Archivio Parrocchiale di Ticineto,Registro della Compagnia dello Spirito Santo)
1730 bocche (abitanti) 743
1735 bocche (abitanti) 734
1740 bocche (abitanti) 812
1744 bocche (abitanti) 834
Estensione

Km2 8,15.

Confini
Borgo San Martino, Frassineto, Pomaro Monf., Valmacca.
Frazioni
Sono presenti cascinali sparsi (Cascina Lucotta, la Felicina, Molino Vecchio), ma nessuna frazione o borgata.
Toponimo storico
La documentazione piuttosto scarsa non consente che delle ipotesi . La più antica attestazione trovata , Tisenexius e in seguito Ticinesse, fa pensare a un derivato da Ticinus “idronomo che può aver dato luogo ad un antroponimo attraverso il suffisso aggettivale –ensis, indicante appartenenza ad un luogo o ad un popolo.…” L’altra attestazione Ticinetus è più tarda e segnala la presenza del suffisso –etum applicato a Ticinus. Ticinetum sembra indicare “il luogo dove si trovano tanti Ticino”. Secondo alcuni studiosi, Ticineto sarebbe stata fondata dai Ticinesi cioè gli antichi abitanti di Pavia, secondo altri, forse meno attendibili, il nome sarebbe da attribuire ai folti boschi di alberi di tasso (taxum in latino), da cui Taxinetum che si trasformò in Ticineto.
Diocesi
Appartiene fin dal periodo medievale alla diocesi di Pavia. Abbiamo testimonianze delle visite pastorali dell’Arcivescovo di Pavia nella seconda metà del Cinquecento e quelle più dettagliate del Settecento. Nei primi anni dell’Ottocento, Ticineto, con bolla del Papa PioVII, passò prima sotto la diocesi di Alessandria e poi sotto quella di Casale seguendo la sorte delle altre comunità limitrofe, Frassineto e Valmacca, queste ultime però della diocesi di Milano. Insieme a Ticineto , a richiesta del Cardinale Consalvi, ben quarantadue parrocchie furono distaccate dall’arcidiocesi di Pavia.
Pieve
Non si hanno indicazioni di presenza di una chiesa plebana nel luogo o di dipendenza delle chiese locali da una qualche giurisdizione plebana.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa parrocchiale è dedicata a Maria Vergine Assunta. Il primo documento che ne fa menzione reca la data 26 luglio 1547 ed è una Bolla del Papa di collazione “ parochialis ecclesia Beate Marie Maioris nuncupata loci Ticineti” patronato dei feudatari del luogo a favore del padre Francesco Cocconato. (A.S.T. Materie ecclesiastiche , Addizione Ta in To) . Venne ampliata e restaurata nei primi anni del Seicento e consacrata da Monsignor Giovanni Battista Billia , Vescovo di Pavia: “In coservatione ecclesiae Parochialis loci Ticineti in choro eiusdem ecclesiae appposita fuit tabella: Beatae Mariae Virgini consacratum fuit ab Ill.mo et Rev.mo Domino Domino Jo. Bapta Bilia Papiensis Episcopo die 23 mensis Novembris anni 1610. Situs in quo dictum templum aedificatum fuit una cum domo parochiali summa largitate et devastatione elargitus fuit a familia Robba ex antiquissimis huius loci auctore d.no Joseph Robba Prothonotario Apostolico altero ex d.a. familia omnibus parietibus in dicto sito dirutis existentibus de anno 1570…” (Libro della Confraternita di San Pietro Martire). Nel Settecento, il rettore della chiesa, Ippolito Tabucchi, grazie anche allo stimolo delle compagnie d’altare e agli investimenti devozionali di alcuni notabili , cambiò il volto della chiesa dotandola di alcuni altari, balaustre, campane, statue, stucchi e soprattutto di importanti opere figurative di grandi pittori di importanza regionale (Musso, Guala). In questo periodo le compagnie d’altare, all’interno della parrocchiale, raggiunsero il numero di cinque: la Compagnia del S. Sacramento proprietaria di oltre 17 moggia di terra; la Compagnia dello Spirito Santo, istituita per distribuire il pane al popolo possedeva 21 moggia di terreno e un immobile; la Compagnia del SS. Rosario, fondata nel 1611 era proprietaria di una cascina nel territorio di Breme Lomellina e di 50 moggia di terreno; la Compagnia della Dottrina Cristiana nata nel 1703 non aveva fondi e si manteneva con le elemosine dei confratelli; Il Beneficio dell’organo, creato con un legato nel 1696, consisteva in circa dieci moggia di terra e aveva l’onere di “celebrare 36 messe all’anno e suonare l’organo nelle feste principali. La nomina del priore era compito dei priori della Compagnia del S. Sacramento e della Confraternita della Santa Annunziata.
La chiesa della Confraternita della Santa Annunziata ha una sola navata che risale ai primi anni del Cinquecento. Fu costruita sopra le rovine dell’antica parrocchiale che alcuni studiosi locali ritengono fosse la Chiesa del priorato di S. Andrea. Venne restaurata nella seconda metà del Settecento. Era sede dell’omonima confraternita che giunse a possedere fino a circa tredici ettari di terreno per vari legati e lasciti. Nei primi anni dell’Ottocento è stata luogo delle riunioni delle assemblee del mandamento napoleonico. Accanto alla chiesa, negli anni della pestilenza seicentesca, vennero sepolti i morti di peste. Negli anni dal 1680 al 1706, il cimitero della comunità fu profanato con la sepoltura di alcuni soldati protestanti e quindi per molti anni non più utilizzato. Nella seconda metà del Settecento venne riconsacrato e tornò ad essere sede delle sepolture della comunità.(Veglia Zanotti,Ticineto e i suoi feudatari…).
La chiesa della confraternita di S.Pietro Martire fu completamente rifatta nel 1666 e poi restaurata nel Settecento. Anticamente era formata da tre altari , uno centrale dedicato a S.Pietro Martire e gli altri due dedicati a S.Anna ed a S.Sebastiano. La consacrazione avvenne il 21 aprile 1667:
“ …Oratorium in hoc loco Ticineti erectum divo Petro Martiri riedificatum a fundamentis previa benedictione iuxta ritum Sanctae Matris Ecclesiae secuta die 26 Aprilis anni 1667 ut paret ex istromento rogato domino Johanni Antonio Crosio Senat. Excellent. Casalis Cancellario apertus fuit publica ac universali devotioni…” (Archivio Diocesano di Pavia – Ticineto) L’associazione devozionale giunse ad essere proprietaria di oltre sei ettari di terreno.
Nel libro della compagnia del S.Sacramento è descritta una lite relativa alla processione del Corpus Domini. I fatti sono così raccontati: Nel 1736 in occasione della processione erano nati dei disordini, perché diverse persone rivendicavano a sé l’onore di portare il baldacchino. Si fecero confezionare quattro cappe con scudino del S.Scramento e fu dato incarico a quattro fratelli della Compagnia del S.Sacramento di indossarle per portare il baldacchino durante la processione del Corpus Domini, a cominciare dall’anno 1736. Ma nel 1738 il priore della S.Annunziata insorse contro tale innovazione, affermando lesi i diritti della sua compagnia. Chiamati i contendenti dinanzi al Podestà, fu convenuto che alla successiva festa del Corpus Domini il baldacchino sarebbe stato portato in questo ordine: Priore di S.Pietro Martire a destra davanti; priore del S.Sacramento a destra dietro; Priore della Santa Annunziata a sinistra dietro; Priore del S.Rosario a sinistra davanti; tutti indossanti la quattro cappe con scudino del S.Sacramento. Nel giugno 1738 il giorno della S.Trinità, si convenne che la statua della Madonna fosse portata a turno in processione e cioè un anno, nel giorno dell’Assunta, da quattro confratelli di S.Pietro Martire, fiancheggiati da altri quattro con torce; e nella festa del Rosario da quattro confratelli dell’Annunziata, fiancheggiati da altri quattro con torce: e l’anno successivo viceversa. (Archivio Parrocchiale di Ticineto, Libro della Compagnia del S.Sacramento, foglio 142).
La chiesa di S.Rocco è l’antica chiesa del 1752 inglobata in seguito nel complesso cimiteriale.
La cappella della Madonna della Neve risale alla prima metà del Seicento ed è stata inglobata nel complesso della settecentesca villa Costanza (Veglia, Zanotti,Ticineto e i suoi feudatari).
Assetto Insediativo
Nella seconda metà del Novecento, nell’area del territorio di Ticineto, chiamata Villaro, a nord dell’attuale insediamento, alcuni scavi archeologici portarono alla luce i resti di una villa romana.
Alcuni studiosi hanno sostenuto che Ticineto si chiamasse “prima Villario e che fu San Siro , primo Vescovo di Pavia, a convertirne gli abitanti al Cristianesimo ed a mutargli il nome in Ticineto”. (Chiesa, F., Vita di S.Siro) E ancora:”…fra le città ed i luoghi illuminati da S.Siro vi fu anche Ticineto” . (Ughelli, Italia Sacra) . Infine “Il nostro S.Siro evangelizzò eziandio Ticineto, cui egli stesso dicesi aver dato tal nome, per qualche somiglianza di quel sito a quello di Ticino, cioè Pavia oggidì” (Portalupi,L., Storia della Lomellina).
La posizione dell’attuale insediamento è databile sicuramente dall’anno mille: l’ubicazione dell’antico castello, andato distrutto, si trovava presso l’attuale piazza centrale accanto all’antichissima chiesa di Sant’Andrea del priorato omonimo retto dai canonici di Mortara , distrutta prima del Quattrocento. In precedenza la chiesa parrocchiale sorgeva ove oggi si trova la Chiesa confraternitale della Santa Annunziata.(Veglia Zanotti, Ticineto e i suoi feudatari…).
Ecco come descrive l’insediamento di Ticineto il Saletta:”Verso oriente si vede il vecchio castello con fossa tutta all’intorno dal settentrione in poi. Avanti il medesimo castello giace la chiesa sotto il vocabolo dell’Assuncione di Santa Maria in titolo di Rettoria et è la Parrocchiale . Si vede quivi un palazzo nobile composto di commode stanze per l'’abitazione del vassallo et famiglia …appresso il quale trovasi la chiesa ad honor di S.Pietro Martire. Verso il Borgo San Martino vi è la chiesa campestre intitolata la Madonna della Neve. Verso la città di Casale la Cappella di San Rocco. La terra poi di Ticineto consiste in fabriche parte civili e rustiche in contrada a Croce. Vi scorre appresso l’acqua della Roggia Vecchia. Il finaggio produce formenti et ogni sorta di vettovaglie. Non è scarso di prati et di piante di mori et abondante di rape. Patisce però molto danno in più parti crescendo le acque per essere situato il territorio in piano… Le strade regali ossiano pubbliche della Comunità di Ticineto consegnate alli 10 maggio 1604 in esecutione dell’ordine generale del Ser.mo Vincenzo sono le infrascritte: la strada detta di Rolazzo che principia al Molino dei Brignami o sia alla Fontana vicina al territorio di Frassineto, che va a Ticineto et poi per la medesima si va a Bremide. La strada che va da Ticineto alla città di Casale. La strada chiamata della Coata la quale conduce da Ticineto a Giarole ed a Borgo San Martino. “ (AST, Giacomo Saletta, Segretario Ducale Ducato di Monferrato , Manoscritto).
Oggi l’insediamento di Ticineto è caratterizzato da case basse disposte in serie su strade che sfociano nella piazza principale dove sorge la parrocchiale.
Luoghi Scomparsi
Non ci sono documenti che attestino la presenza di luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Il potere nella comunità di Ticineto era diviso tra il feudatario del luogo ed il consiglio comunale. I dodici membri di quest’ultimo duravano in carica tre anni e al principio di ogni anno il consiglio stabiliva “quali Consoli dovevano sortire per aver finito il triennio” e al loro posto subentravano altri quattro cittadini per sostituirli. Il consiglio in questo modo si rinnovava per un terzo ogni anno. Anche il ruolo di sindaco era di breve durata , a turno la carica veniva cambiata ogni mese . Le riunioni del consiglio erano indette e presiedute dal sindaco che doveva avere però il benestare del podestà il quale assisteva alle sedute ed era il primo firmatario del verbale seguito dal sindaco e dagli altri consiglieri. Il consiglio comunale aveva una serie di compiti : nominare l’esattore per riscuotere la taglia; nominare i soldati per impiegarli nel reggimento nazionale ; distribuire il sale tra gli abitanti; provvedere alla manutenzione delle strade e degli edifici pubblici; nominare il predicatore quaresimale e appaltare “la beccaria, il ritaglio e il prestino …” Il ruolo del Podestà viene designato ed eletto dal feudatario, dura in carica tre anni ed è sempre un individuo esterno la comunità. E’ preposto ad un ruolo importante: amministra la giustizia. Ha quindi la funzione di pretore con facoltà “di conoscere, decidere ogni e qualsivoglia causa sia civile che criminale o mista che occorresse tra i sudditi o gli abitanti del feudo e suo territorio in prima istanza…”. La carica di podestà doveva essere sempre confermata dal Senato di Torino.
Verso la fine del secolo venne disposto per i consigli comunali un nuovo ordinamento che però non andò ad intaccare il meccanismo di selezione del podestà e le sue mansioni: il 6 giugno 1775, i consiglieri si ridussero al numero di cinque “la scadenza di uno di essi di semestre in semestre, secondo l’ordine in cui venivano nominati”.
Il feudatario di Ticineto aveva poi una prerogativa unica e piuttosto singolare: sceglieva e nominava il rettore della parrocchiale. (Veglia, Zanotti, Ticineto e i suoi feudatari..).
Statuti
L’archivio è fortemente depauperato. Nella “Bibliografia degli statuti dei Comuni dell’ Italia Superiore “ di L.Fontana ( vol. III p.159) alla voce “Ticineto”, parlando degli statuti, viene specificato che “ in un inventario delle carte del comune consegnato al governo nel 1838 è assegnata a questi statuti la data 5-12-1687”.
Nel 1825 un sopralluogo dell’Intendente di Casale porta alla seguente descrizione dei locali dell’archivio comunale:
“Questo comune ha un decente locale, ove sta riposto archivio, le carte sono ben collocate in scaffali et armadi.” (AST, Paesi per Provincia, Mazzo 45, F.11, Relazione sommaria intorno allo stato nel quale si trovano gli Archivi dei Comuni componenti la Provincia. Ticineto , 1825).
Ma nel 1936 due verbali di deliberazioni segnalano uno scarto massiccio : “sentita la relazione del podestà sulla eliminazione dei rifiuti d’archivio e sentita la lettera del verbale predisposto….”. Purtroppo non è stato trovato, in allegato alle deliberazioni, l’elenco delle carte eliminate.
Catasti
Il catasto presente nell’archivio comunale di Ticineto è piuttosto ricco e completo, tanto da rivestire un notevole interesse storico: la documentazione copre il periodo della catastazione sabauda, della dominazione napoleonica e della restaurazione ottocentesca. La catastazione del territorio di Ticineto svolta dallo stato sabaudo si conclude appena prima dell’invasione francese: è infatti condotta negli anni 1787-1789 e conclusa nel 1792. Prima di queste date, abbiamo la fotografia della situazione territoriale grazie a due tipi di documenti. I Libri dei Consegnamenti “in quo describuntur omnia bona existentia super finibus Ticicineti cum omnibus eorum contratis et coherentiis” del periodo 1702-1736 e il Libro dei Trasporti del 1778-1790 prodotto in seguito alle Regie patenti del 6 giugno 1778. Il territorio viene misurato negli anni 1788 e 1789, si trascrivono dopo la registrazione dei rilievi, i Libri di Campagna e nel 1790 si giunge alla formazione della Mappa di Campagna e alla Mappa generale, insieme al Sommarione, Colonnario e Figurato. Ultimo documento della catastazione descritta è i Libro dei Trasporti che registra le variazioni sino al 1800. I documenti catastali francesi vengono prodotti negli anni 1807-1808 e sono i registri di suddivisione particellare ed estimo dei terreni e dei fabbricati: “Classement parcellaire et evaluation des revenus imposables des proprietes foncieres de la section A” “…de la section B”, “ …de la section A, B. Il registro sostituisce il Sommarione sabaudo , come la matricola dei ruoli sostituisce il Colonnario. E altresì presente un Atlante con piano particellare eseguito nel 1811. Nei periodi successivi, i Libri dei Trasporti per terreni e fabbricati e relative Matricole servono per aggiornare lo strumento catastale.
 
Ordinati
Nell’archivio comunale di Ticineto sono presenti i libri degli ordinati nel periodo dal 1632 al 1734; mancano invece i registri degli atti del consiglio e della giunta comunale per questo periodo; totalmente assenti risultano gli ordinati per i periodi succesivi. I verbali del consiglio e della giunta ricompaiono e sono pressoché consecutivi dal 1832 al 1950.
Dipendenze nel Medioevo
Secondo alcuni studiosi (Robolini e Capsoni), Ticineto esisteva già nell’alto medioevo e, quasi certamente, faceva parte del contado lomellino e forse del Marchesato di Breme. Nelle “Notizie appartenenti alla storia della sua patria” è riportato che “il contado Lomellino comprendeva nel secolo X alcuni luoghi dell’odierno casalasco, quali sono Ticineto e Frassineto…”. Il primo documento in cui viene nominato Ticineto è il diploma dell’ imperatore Ottone I che, il 24 gennaio 964, investì il conte Aimone delle terre di Ticineto e degli altri luoghi limitrofi: “ …Per hanc nostri precepti paginam concedimus, donamus atque largimur Aymoni comiti dilectoque nostro fideli curticulas duas juris regni nostri in Vercellensi comitatu coniacentes quae Andurni et Molinaria… Insuper hac nostra preceptali authoritate confirmamus et corroboramus eidem fideli nostro omnes res et utriusque sexus familiam juris sui videlicet cortes Caualiaga, Casanova, Ropoli in Vercellensi comitatu coniacentes, atque Caxana, Bremite, Ticinense, Zeutiano, Astilliano, Gomarasca, Caldanasco, Caluarengo et Frassinetu in Lomellinensi Comitatu una cum castellis, villis, capellis, massareciis, campis, insulis, aquis, molendinis, piscationibus, districtis pensionibus, aldionibud et aldiabus servis et ancillis omnibusque quae dici vel nominari possunt at praedictas curtes et res pertinentibus in integrum…” (Codex Diplomaticus, Vol.III, pag.919). Il successivo diploma, quello dell’imperatore Ottone III, dietro istanza dell’imperatrice Teofania ,sua madre, lo emanava il 22 ottobre 985 a favore di Manfredo, figlio del fu Aimone: “… Confirmamus et corroboramus Manfredo filio quondam Aimonis nostroque dilecto fideli curticulas quasdam quas preceptali dono serenissimi avi nostri Othonis magni imperatoris pater eius obtinere visus est in comitatu Vercellensi quarum nomina ista sunt videlicet Andurne, Mollinaria, Gallanico, Mutiano, Pondirano, Asidola, Canderio, Triverio,…Insuper confirmamus et corroboramus eidem fideli nostro omnes res et familias utriusque sexus iuris sui videlicet curtes Alicae, Cavaliaga, Casanova, Ropoli in Vercellensi comitatu coniacentes, atque Canna, Bremito, Tignesco, Zeutano, Astilliano, Gomarasca, Caldanasco, Calvarengo et Fraxeneto in Laumellensi comitatu sitos…” (Codex Diplomaticus, Vol.III).
Alla fine del secolo, Ticineto seguì le sorti di Frassineto e fu infeudato ai conti di Cavaglià che si schierarono con Arduino di Ivrea nella sua lotta contro il Vescovo di Vercelli perché “una sorella del marchese Olderico Manfredo cognata di Arduino di Ivrea , sposò Uberto figlio di Manfredo del fu Aimone conte lomellino “.(Baudi di Vesme, Il re Arduino e la riscossa Italica contro Ottone III e contro Arrigo I ). Ottone III si schierò contro Arduino e coloro che lo appoggiarono e a favore di Vercelli . Con due diplomi, datati 7 maggio 999 e 1 novembre 1000, confermò “ alla chiesa di Vercelli i luoghi di Arelio ed Erbaria compresi nella curia di Alice , Frassineto, Ticineto e Sarmazia”. In seguito l’imperatore Enrico II, nel 1014, emanò due nuovi diplomi con i quali confermava, alla chiesa di Vercelli, i beni precedenti e anche quelli dei conti di Cavaglià, signori di Ticineto e Frassineto. Nel 1027, Corrado il Salico confermava al Vescovo di Vercelli, Arderigo “districtum Sancti Evasii a Pado usque ad Sturam in Fraxineto, Paciliano, Ticineti, Sarmatia, Sanncto Georgio et ultra tria millaria, nec Languschi et curti Auximiani cum omnibus pertinentiis suis“. Alcuni studiosi ritengono, comunque, che nonostante i diplomi imperiali i conti di Cavaglià continuarono a possedere i loro feudi: sarebbe interessante stabilire se essi vi avevano pure la giurisdizione in qualità di vassalli del vescovo di Vercelli oppure se si arrogassero tale diritto come antichi signori di questi luoghi. (Veglia,Zanotti, Ticineto e i suoi feudatari…) Dalla “Cronaca latina” del Dalla Chiesa apprendiamo: “ Andreas de consensu eiusdem Johanis Abatis creatus Abbas Fructuariensis cum Alrico sive Henrico comite filio Uberti de Canapisio, nonnulla bona comutavit, et praesertim quae monasterium in Fraxineto et Ticineto ac in Vitignano possiedebat, recipiens ab eodem Henrico Ecclesiam et bona S.Damiano, ac quaedam praedia sita in territorio loci Magreti, quae omnia Ecclesia S.Vincentii de Cavaliata assignaverit “. I micro feudi in parte indipendenti che si erano formati nei primi decenni del millennio vennero gradatamente assorbiti dai feudi maggiori.
Feudo
L’ormai sempre più potente marchese di Monferrato si arrogò il diritto di ampliare e consolidare i suoi, già vasti, domini appropriandosi dei luoghi attigui: Ticineto divenne una buona preda, data la vicinanza del suo territorio con la sempre più importante e strategica città di Casale, allora non ancora capitale del Marchesato di Monferrato ( la capitale e residenza dei marchesi fu, fino al 30 gennaio 1435, la città di Chivasso). Il 6 maggio 1355 con diploma imperiale, l’imperatore Carlo IV concesse “tutte le terre che possedevano e dovevano possedersi dai conti di Cavaglià” al marchese di Monferrato. I Cavaglià ormai nemici del marchese protestarono vivacemente e ottennero con un nuovo diploma (14 giugno 1355) la restituzione dei feudi: “diploma dell’imperatore Carlo IV di confirmazione e nuova concessione a favore di Guglielmo di Ruffinengo fu Francesco e Filippello fu Bonifacio di Frassineto conti di Cavaglià a loro nome e degli altri consorti ivi nominati de’ castelli e luoghi di Ticineto, Frassineto, Adorno e Molo, Alice, Cavaglià, Casanova, Carcano, Dorzano, Ropolo, Castelnuovo, Paverano, Salamone, Erbario, Loiario, Monte sovra il Po, Lassania, Bremide, Benaiano, Astelliano, Salvarengo e Valmacca…” (AST, Monferrato Feudi, Tomo II, Mazzo 64, F.1). Ma questa investitura durò pochi anni, nel 1369 infatti il marchese di Monferrato, Giovanni II Paleologo, riottenne il territorio di Ticineto. I Cavaglià si schierarono a questo punto con Galeazzo Visconti, duca di Milano, nella guerra scoppiata nel 1370 con il marchese di Monferrato. Vennero perciò presi in considerazione nel trattato di pace del 7 luglio 1377: “… Tabulae pacis inter Galeatium Vice Comitem Mediolani, nec non comitem virtutum ac ipsorum socios ab una: Othonem II vero Marchionem Montisferrati eiusque Curatorem Ducem Brunscvicensem, ac tutorem fratrum dicti Marchionis eorum 1377… Nobiles de Frassaneto de Ruffinenghis, Salvaticis et Cicugnonibus, Aimonetus de Ticineto, coeterique alii consortes eorum, omnes comites Cabaliacae.” (Codex Diplomaticus, vol. III). Ma anche questa situazione durò poco: il marchese di Monferrato ottenne, con diploma 16 aprile 1384, dall’imperatore Venceslao i privilegi già concessi negli anni 1355-1369 da Carlo IV ma, sotto il vassallaggio dei marchesi del Monferrato, i Cavaglià perdettero pian piano ogni indipendenza e vennero considerati ormai come vassalli minori. I Cavaglià rimasero signori di Ticineto e Frassineto fino al 1390, anno in cui Giovanni Radicati di Cocconato sposò Antonia di Cavaglià che portò in dote il feudo. I conti di Cocconato ebbero secondo il Casalis “ questo nome da un castello detto Radicata, che era già proprio di un vetusto priorato esistente nel territorio di Cocconato “ ( Casalis, Dizionario storico-geografico). Nel 1413, l’imperatore Sigimondo, in tre diplomi, riconosceva il feudo di Ticineto ai Radicati di Cocconato “… Nosigitur praephati serenissimi domini nostri regis Commissarius et Delegatus … Habita matura informatione de constante et continua fidelitate infrascriptorum nobilium hospicii de Cochonato comitum Radicate… audita supplicatione et requisitione nobis facta per Johannem de Cochonato Laurentio de Ticineto filius quondam et heredis Johannelli , filius quondam et heredis Bartolomei ex dictis Nobilibus de Ticineto et Heredis Dominis Alasinae filiae Domini Philippini similiter de Ticineto suo nomine proprio et vice et nomine Franceschini et fratrum filiorum Antoninae de Ticineto filiae et heredis quondam Aymonis de Ticineto ad quos de iure spectat dictum castrum Ticineti cum omnibus iuribus, possessionibus, honoribus et iurisdictionibus per feudum antiquum … ut dignaremur eundem Johannem … pro se et dictis Franceschini et fratribus eorumque discendentibus de ipso castro et terra investire, nec non privilegium divinae memoriae Caroli quarti confirmare vellemus cuius privilei sequitur in hac forma … Attento quoque quod dicti nobiles decesserunt nullis derelictis filiis masculis offerens ipse Johannes suo nomine et nomine dictorum Franceschini et fratrum offerens dictum castrum et terram prout debitum est recognoscere ab imperio offerensque…confirmamus praedictam investituram. Datum Papiae 28 Gennaio 1413”. (A.S.T., Monferrato ,Feudi, Cocconato). Nella guerra che seguì, i Radicati di Cocconato, alleati con Filippo Maria Visconti duca di Milano, furono sconfitti e il marchese di Monferrato entrò in possesso di alcuni castelli e terre tra le quali quelle di Ticineto. La pace che ne seguì riportò Ticineto ai Radicati (1428). Negli anni successivi si assistette alla pacificazione tra il marchese del Monferrato e i Radicati di Cocconato. Il 26 maggio 1431, il marchese Giacomo di Monferrato infeudava Ticineto a favore di Abellonio Guidetto e Franceschini fratelli di Cocconato fu Giovanni ed a favore di Giovanni fu Pietro di Primeglio tutti conti Radicati, nonché a favore di Ruggero Cane fu Castellino, tutti consorti, consignori di Ticineto. Questo atto segnava il definitivo giuramento di fedeltà dei Radicati di Cocconato nei confronti del marchese di Monferrato. L’investitura si riferisce al luogo, al castello, alla giurisdizione, regali e pertinenze in Ticineto in feudo nobile e gentile con facoltà ai medesimi conti di Cocconato di liberamente disporre. Nell’ottobre 1507, il marchese Guglielmo di Monferrato si impadronì di Ticineto e del suo territorio “ Gulielmus Marchio, manu armata ac de facto et propria auctoritate per vim ,hostili more, dictum locum et castrum Ticineti invasit et occupavit “(A.S.T., Monferrato, Ducato, I° addiz., mazzo 11, Atti del processo intentato dai Conti di Cocconato al Marchese di Monferrato dinanzi a S.M. Cesarea. Deposizione di Franceschino di Cocconato,1536). Pochi giorni dopo la distruzione del castello, il marchese di Monferrato si faceva giurare fedeltà dagli uomini di Ticineto: “…Actum loci Ticineti in ecclesia Parochiali Sancte Marie dicti loci: presentibus Mag.co equite Urbano de Serralonga Albensis Marchionali Consiliario et sexcalco Nobilibus Bernardinus de Tiglolis clavario castri Pomarii, Antonio de Vicecomitibus, Alexandro … Ibidem personaliter constituti ac legitime convocati et congregati ausiliarii et homines et capite Dominorum dicti loci Ticineti, videlicet … Bartolomeus Fusanus, Lodovicus de Serra …” (A.S.T., Ducato di Monferrato, Feudi, Mazzo 64, F.3, Giuramento di fedeltà prestata dalla comunità et uomini di Ticineto al Marchese Guglielmo di Monferrato con confirmazione dei suoi privilegi e statuti, 1507). I Radicati si appellarono all’imperatore per il sopruso subito ma non ottennero risultati positivi. Il 20 gennaio 1518, l’imperatore Massimiliano approvava e confermava a favore del marchese Guglielmo di Monferrato la vendita del luogo di Ticineto fatta dai conti Radicati al suddetto marchese. Ticineto entrava a far parte del Marchesato di Monferrato. Il marchese Guglielmo di Monferrato, per rafforzare ancora di più il nuovo possesso, lo donò alla moglie Anna marchesa di Alecon “….cum iurisdictione mero et mixto imperio ,gladii potestate, homagio, furni,molendini, pedagio nec non proprietatis terris, prati, gerbis… ” (A.S.T., Monferrato Ducato, Mazzo 25). Gli uomini di Ticineto giurarono fedeltà alla suddetta marchesa. Il 3 novembre 1536, l’imperatore Carlo V attribuiva il Monferrato a Margherita Paleologo e a suo marito Federico Gonzaga, duca di Mantova con il relativo giuramento, nel 1536, degli uomini di Ticineto. Ma avvenne un fatto sorprendente: i Radicati di Cocconato già signori di Ticineto fecero giungere ancora una volta le loro lagnanze per il torto subito e questa volta vennero ascoltati : il 3 dicembre 1541, la marchesa Anna di Alecon delegava Damiano De Deati consignore di Villadeati “per l’introduzione al possesso del feudo di Ticineto di Ottaviano e Sigismondo fratelli Radicati fu Tommaso” ( A.S.T., Protocollo 4, Damiano De Deati).
L’infeudazione ai Radicati di Cocconato fu contestata dalla signora Angela Pugella, figlia del fu Giacomo Radicati di Primeglio , consignore di Ticineto , che ricorse al Senato di Casale. Reclamava una porzione del feudo assegnato ai Radicati ; il Senato, il 4 novembre 1546, decideva per la restituzione di parte del suolo e della relativa giurisdizione. Il 19 settembre 1549, la signora Angela vendeva la sua parte di feudo a Vespasiano Bobba fu Enrietto, maestro della casa marchionale. Due anni dopo, il signor Giovanni Schiappacaccia del fu Antonio acquistò dai Cocconato una parte della giurisdizione di Ticineto ( dieci mesi e mezzo). A questo punto i consignori di Ticineto e del suo territorio raggiunsero il numero di quattro: i Radicati di Cocconato, con la parte maggiore di giurisdizione, i San Giorgio di Biandrate ( nella porzione di mesi ventuno), i Bobba per la stessa porzione e lo Schiappacaccia (per dieci mesi e mezzo). Verso la fine del secolo, i Langosco di San Giorgio acquistarono gradatamente la giurisdizione di Ticineto dagli altri feudatari. Agli inizi del Seicento i Langosco possedevano 52 mesi su nove anni (A.S.T., Protocollo Paltro, Tomo II). Il 2 giugno del 1671, il signor Donato Ferrari, nativo di Borgo San Martino, Segretario del supremo Consiglio di Monferrato, diventò feudatario di Ticineto. Acquistò, infatti, al prezzo di 600 doppie d’oro, il feudo e ricevette regolare investitura da parte del duca Ferdinando Carlo (A.S.T., Monferrato, Protocollo Alberto Paltro). Il Ferrari cercò negli anni successivi di entrare in possesso della restante porzione di feudo appartenente al marchese Del Carretto di Grana che l’aveva nel frattempo acquistata. L’atto di vendita venne redatto il primo dicembre 1672 per il prezzo di 1500 doppie, metà di Spagna e metà d’Italia. Il Ferrari entrò in possesso di “mesi 45 cadun novennio di giurisditione nel feudo di Ticineto, col mero e misto Impero, potestà della spada, fedeltà degli uomini e seconda cognitione di tutte le cause, dacito, et reddito d’osteria a ratta di detta Giurisdizione tre delle quattro parti del reddito annuale del forno, il sito ove altre volte c’era il castello, una casa onorifica et sedime esistente presso il sito di detto castello diroccato, la ragione di nominare il Rettore di quella Parrocchiale in ogni vacanza, una masseria allodiale immune d’immunità conventionata con la comunità….più un annuo reddito … più un sito dove c’era costruito un mulino sopra la rittana di Pomaro, ove si dice al resultato con la ragione dell’acqua per uso di detto mulino et prati, con una pezza di terra, ivi contigua spettante, e pertinente al medesimo mulino…”.(AST, Paesi A e B, Mazzo 3 T., Ticineto, F.1).
A questo atto si oppose inutilmente la duchessa di Arschott figlia del fu marchese Ottone Enrico del Carretto dei signori di Savona. (AST, Paesi A e B, Mazzo 3, T, Ticineto, F.1, Intenzione della Duchessa di Arschott di recuprare i beni malamente alienati nel 1672 per conto del di lei padre Marchese Ottone Enrico del Carretto dal dottore Francesco Lovati di Milano al Signor Donato Ferraris). Il 25 dicembre 1673, Donato Ferrari divenne “vassallo del Monferrato e ottenne le patenti di gentiluomo del Maestrato di Casale” ( A.S.T., Cognomi, Reg.12, foglio 135). Il 27 aprile 1676, il nuovo feudatario, forte della sua carica, chiese con una supplica al duca di Monferrato alcune prerogative mancanti: ”… cioè quella di delicto delictum e l’altra della cognitione impositione di pena et punitione contro chi porta l’armi proibite e quando alla pena con facoltà al supplicante e suoi discendenti, successori oltre la pena arbitraria riservata a V.A.S. con di più il territorio perpetuo, carceri e famiglie e tutte le cause che occorreranno in detto feudo…” (A.S.T., Monferrato, Feudi, Tomo II, Mazzo 64,Ticineto,F.6, Supplica del Vassallo Donato Ferraris per l’ampliamento del Feudo di Ticineto e cioè delle prerogative de non delicto, delictum, della cognizione e punizione per il porto d’armi, del territorio carceri e famiglia con decreto favorevole mediante il pagamento di doppie 50 , 1676). Il 15 marzo 1703, i conti Ippolito Donato e Francesco Ferrari fecero l’ultimo consegnamento del feudi al duca Ferdinando Carlo Gonzaga (A.S.T., Monferrato, Feudi, Mazzo 45, Seconda addizione). Infatti, dopo la Dieta di Ratisbona, l’imperatore Giuseppe rilasciava il diploma di investitura a favore del duca Vittorio Amedeo II di Savoia nella parte del Ducato di Monferrato. Nell’agosto del 1708, i feudatari e le comunità del Monferrato furono chiamati a prestare giuramento di fedeltà.
Il rapporto tra Il feudatario e la comunità di Ticineto fu molto conflittuale per buona parte del secolo. Il 6 ottobre 1786, il conte Gaspare Antonio, figlio di Francesco, vendeva, per 30500 lire, il proprio possesso al cognato Giovanni Morelli, conte di Popolo , ponendo fine alla dinastia dei Ferrari.
Mutamenti di distrettuazione
Ticineto, nel Settecento, entra a far parte della provincia di Casale.
Nel 1806, diventa il capoluogo di un cantone formato anche da tutti i paesi confinanti: Valmacca, Bozzole, Pomaro, Giarole, Frassineto, Borgo San Martino e relative frazioni. Il cantone di Ticineto fa parte del circondario di Casale, del dipartimento di Marengo e della repubblica francese.
Nel 1818, Ticineto perde il titolo di capoluogo del nuovo mandamento che passa a Frassineto, con i comuni di Pomaro, Borgo San Martino, Bozzole e Valmacca.
Nella tabella generale delle entrate e spese comunitative del 1830, Ticineto appare inserita nella divisione di Alessandria, provincia di Casale, mandamento di Frassineto insieme ai seguenti comuni: Borgo S.Martino, Bozzole, Frassineto, Pomaro, Ticineto, Valmacca e relative frazioni. (AST,Paesi per Provincia, Mazzo 45, Invio dello spoglio generale dei Causati del 1830).
Il governo piemontese, per favorire l'annessione della Lombardia, approva tra l’ottobre e il novembre del 1859, importanti riforme amministrative, tra cui un nuovo ordinamento comunale che divide il territorio di quattro province: Torino, Alessandria, Cuneo, Novara. Queste vengono amministrate da un governatore con ampi poteri e da un consiglio provinciale elettivo. (A.A.V.V., Il Piemonte, Touring).
Mutamenti Territoriali
La contrada del Rolacio e il territorio circostante passano, nel 1547, per decreto di Margherita Paleologa duchessa di Mantova e marchesa del Monferrato, dal comune di Ticineto a quello di Frassineto. La decisione provoca una furiosa lite tra le due comunità: (Pro communitate Frassineti acta immisionis possessionis contrate Rolatii). IL Senato di Casale conferma la decisione della Duchessa di Mantova. (AST, Provincia di Casale, Mazzo 4, F.1, Sentenza del Senato del Monferrato nella causa della comunità e uomini di Ticineto per riguardo dei beni situati nella contrada del Rolasso per quale ha dichiarato non competere sovra detti beni alla detta comunità signori e uomini di Ticineto ragione alcuna, 1547).
Comunanze
Nel 1742, l’intendente di finanza fa la seguente relazione sullo stato dei beni della comunità di Ticineto: “ I beni di questo territorio sono coltivi e prativi soggetti buona parte all’inondazione del fiume Po in occasione d’escrescenza, a cui non li puol andare al incontro, vi sono alcuni gerbidi comunitativi per l’ammontare di moggia sei circa soggetti ad essere inondati”. (AST, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo I f. 18, Relazione dello stato e coltura dei beni de’ territori della città e comunità della provincia di Casale; stato dei raccolti, co’ quesiti fatti dall’Ufficio Generale di Finanze in dipendenza di detta relazione, 1742-1743).
Secondo i dati della Statistica Generale di fine Settecento, la comunità di Ticineto possiede: 1875 moggia di campi, 100 di vigne, 150 di prati, 40 di boschi, 23 di beni comunitari , per un totale di 2188 moggia. Ha inoltre a disposizione: 49 paia di buoi, 66 vacche da giogo, 161 manzi, 6 cavalli e 25 somari. (AST, II Archiviazione,Capo 79, Statistica Generale,F.6,Ticineto).
Liti Territoriali
Le liti territoriali riguardano soprattutto i confini con la comunità di Frassineto Po. Nel 1419 i comuni di Frassineto Po e Ticineto iniziano un contenzioso che durerà molti anni: “ Copia sententia comunitatis Fraxineti contra Ticinetum, 1419 22 novembris dei nobili Berrettino di Cuccaro e Angelino Brayda di Montiglio; copia “Instrumentum compromissi facti in dominos Berretinus de Cucharo et Angelinus de Brayda inter comunitatem Fraxineti et condominos Ticineto pro finibus territorii, Pontestura 15 novembre 1419 “ e ancora : “lite vertente tra i comuni di Frassineto Po e Ticineto per i confini e il territorio; atti di acquisto e vendita di terreni sulle fini di Ticineto; suppliche delle due comunità ai marchesi di Monferrato ;“acta sindici spectabili condominorum et agentium comunitatis Ticineti diocesis papiensis agentes contra sindicum comunitatis loci Frassineti diocesis mediolanensis 5 marzo 1484”. E ancora : “lite tra Frassineto Po e Ticineto, copia di decreto col quale Margherita Paleologa duchessa di Mantova, marchesa di Monferrato immette la comunità di Frassineto nel possesso della ‘contrada del Rolacio’. Casale 9 aprile 1548”. E poi ancora troviamo , suppliche, lettere e documenti, soprattutto della comunità di Ticineto, di vario contenuto per liti con Frassineto per abigeato su terreni confinanti, costruzione di fornaci da mattoni, riattamento ponti, pulitura del torrente Gattola, pagamento di taglie (1583-1688). Non mancano le controversie derivanti da problemi di confini territoriali: pascolo di pecore su terreni contesi, omicidio di un pastore casalese su una strada pubblica di confine e disputa in quale comune seppellirlo; spostamento da parte del prevosto di Frassineto Po di una croce piantata da quelli di Ticineto in occasione della ‘processione delle rogazioni’. Nel fascicolo “Liti territoriali attive e passive delle comunità della provincia di Casale si legge: “ Evvi questione tra di essa e la comunità di Frassineto per moggia 25; 2;5, pretesi da quest’ultima come di suo territorio, con ufficio d’intendenza è mandato doversi dal proprietario di detti beni depositare ogni anno al Monte di Pietà soldi 10 e con ordinanza 28 settembre 1759 si è presa monizione per la ricognizione di detti beni alla quale non si è ancora divenuto” [A.S.T., II Archiviazione, Capo 26, F.17, Liti territoriali delle comunità delle Province di Casale ed Acqui con quelle per fatto di tributi; vd. anche schede Frassineto Po e Valmacca].
     Interessante il contenzioso che, nel 1832, vede contrapposti il marchese Giuseppe Scozia di Calliano che ha vasti possedimenti nella comunità di Valmacca e le due comunità Ticineto e Valmacca questa volta unite nell’interesse comune.
     Il marchese chiede infatti di “essere autorizzato a trasportare un tratto di strada appartenente al comune di Ticineto che attraversando le sue proprietà mette a quello di Valmacca mediante la costruzione di una nuova strada in un’altra parte dei suoi fondi…esponendo che una simile operazione era non meno vantaggiosa ai suoi interessi che a quelli dei predetti due comuni mentre essa strada riesce di presente impraticabile nella cattiva stagione e che ove quei comuni fossero disposti a secondare il suo divisamento egli si obbligava a fare costruire la nuova strada a proprie spese nonché un solido ponte in legno che attraversi…”. Il marchese chiede in cambio al comune di Ticineto “la rinuncia in favor suo alla proprietà della strada vecchia da abbandonarsi e la cessione di due piccoli gerbidi che si trovano tra li di lui beni…e sia quello di Valmacca per essere sprovveduto di fondi territoriali non che d’altri mezzi il pagamento dell’annualità per le spese di manutenzione del ponte…”. I due comuni, non essendo d’accordo sui vantaggi della permuta, chiesero un parere : “il parere fu che fosse l’affare assai più vantaggioso per il marchese”. Quest’ultimo reagì esponendo invece i reali vantaggi a favore delle due comunità. Le due comunità si rivolsero di nuovo all’Intendente, “il quale avuto riguardo alle circostanze ch’esso Marchese come principale possessore in Valmacca verrà in fin dei conti a sopportare egli medesimo il pagamento della maggior parte dell’annalità, conchiuse che nonostante la rilevata disuguaglianza d’aggravio potesse il suo progetto essere da entrambe le comunità ricorrenti accettato”. La sezione del Consiglio di Stato approva questa soluzione il 2 ottobre 1832. (AST, Paesi per Provincia, Mazzo 45, F.38, Contratto col Marchese Scozia di Calliano per il trasporto d’un tratto di strada tra Ticineto e Valmacca, 1832).
Fonti
A.C.T. (Archivio Storicod el Comune di Ticineto).
     L’Archivio storico comunale di Ticineto  non ha documenti particolarmente antichi: “gli estremi cronologici sono gli anni 1632-1950, è costituito da 122 faldoni; da venti disegni raccolti nella sezione Cartografia”.(Mosca,Siccardi, Inventario Archivio..).
A.C.T., Copia dei Statuti di Ticineto, Statuto 5 dicembre 1686.
A.C.T., Libri degli Ordinati 1632-1734
A.C.T., Libri Atti del Consiglio 1832-1859, 1860-1869, 1870-1875,1876-1879-1880-1885.
A.C.T., Verbali Giunta comunale 1886-1901,
ASCT, Verbali originali del Consiglio e della Giunta 1912-1919,1919-1932,1926-1944
A.C.T., Verbali di deliberazione del Comitato di Liberazione Nazionale , 30 aprile 1945
A.C.T., Verbali di deliberazione della Consulta ,1933-1936
A.C.T., Copie del Consiglio comunale 1860-1873, 1871-1900.
A.C.T., Copie delibere Consiglio e Giunta comunale 1901-1911, 1932-1941, 1944-1950.
A.C.T., Libri dei Consegnamenti , 1702-1712, 1718-1736
A.C.T., Libri dei Trasporti ,1778-1790, 1792-1800,
A.C.T., Libri di Campagna e libri dei Calcoli, 1787-1792.
A.C.T., Mappa del territorio di Ticineto, 1790.
A.C.T., Libro figurato, 1792
A.C.T., Sommarione, 1790,1792
A.C.T., Colonnario, 1792
A.C.T., Catasto Francese 1807-1808
A.P.T. (Archivio Parrocchiale di Ticineto).
     E'  ricco di importanti carte che ci permettono di ricostruire la storia delle presenze ecclesiastiche , dell’attività devozionale e della dinamica demografica.
A.P.T., Registri degli stati delle anime dal 1730 al 1740
A.P.T., Registri di battesimo, di matrimonio e di sepoltura dal 1725 al 1780
A.P.T., Archivio privato delle famiglie Volta,Mesturini, Tabucchi, 1760
A.P.T., Memoriale del parroco di Ticineto , Ippolito Tabucchi
A.P.T., Registro Confraternita di San Pietro Martire
A.P.T., Registro Confraternita della Santa Annunziata
Nell’Archivio Storico di Torino (AST), sono presenti importanti carte che riguardano Ticineto e i suoi dintorni.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., II Inventariazione, Feudi del Monferrato Mazzo n. 15
A.S.T., Materie Ecclesiastiche, Addizione Ta in To
A.S.T. , Monferrato feudi, Tomo II, Mazzi 25, 64, F.1
A.S.T., Monferrato feudi, Cocconato
A.S.T., Monferrato feudi, Mazzo 45, Seconda Addizione
A.S.T., Monferrato Ducato, I Add., Mazzo 11
A.S.T., Protocollo 4, Damiano Deati
A.S.T.,  Protocollo Paltro,Tomo II
A.S.T., Cognomi Reg.12, Foglio 135
A.S.T., Paesi per Provincia, Mazzo 45
A.S.T., Provincia di Casale, Mazzo 4 , F.1
A.S.T., Paesi A e B, Ticineto, F.3
A.S.T., I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo I, F.18.
A.S.T., II Archiviazione, Capo 79, Statistica Generale, F.6, Ticineto.
A.S.T., II Archiviazione, Capo 26, F.17.
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Descrizione Comune
Ticineto
     L’area oggetto di questo studio coincide con quella porzione di territorio che è posta tra gli ultimi rilievi collinari del Monferrato e la pianura alluvionale formata dalla confluenza del fiume Sesia nel fiume Po. Tutto il territorio ha ancora oggi caratteristiche pedologiche uniformi: a pochi metri di profondità sono presenti sabbie e ghiaie che testimoniano il lavorio millenario dei due fiumi.
     E’ presumibile, anche se non esistono fonti documentarie, che l’area territoriale di Ticineto presentasse intorno all’anno mille vaste zone ricoperte da boscaglie e foreste, soprattutto roveti, gerbidi e paludi. Soltanto più tardi si ebbe un incremento decisivo delle aree messe a coltura, in sintonia con il notevole sviluppo demografico. L’allargamento progressivo delle aree coltivabili provocò il sorgere di nuovi insediamenti o l’ampiamento di quelli esistenti. I dissodamenti furono spesso patrocinati dai tradizionali enti ecclesiastici che avevano interessi nelle aree agricole.
     Le notizie sul territorio di Ticineto nel periodo medievale sono scarsissime. Soltanto un attento e minuzioso esame della toponomastica può permettere di costruire delle mappe esaurienti del dissodamento.
     E’ comunque certo che “agli inizi del XIII secolo la pianura si presentava ormai quasi completamente disboscata, prosciugata nelle zone acquitrinose, tagliata da corsi d’acqua corretti o parzialmente imbrigliati o canalizzati in beale o “bealere sive aqueducta….unde aque possint melius et liberius duci” nei territori coltivati” (A.Patrone, Il Medioevo in Piemonte).
     Le comunicazione con il territorio di Ticineto nell’età medievale erano molto difficoltose. Il collegamento principale era con Frassineto e Casale “ove faceva capo la strada proveniente da Vercelli per Occimiano e Asti e raggiungere in tal modo la via Fulvia”. Prima dell’età moderna la struttura assunta dalla rete delle comunicazioni e i poteri decisionali da cui essa dipende si esplicano su unità territoriali e a scala non congruenti con uno spazio piemontese ancora da costruire. Solo nel Seicento e soprattutto nel Settecento viene strutturandosi la rete stradale dominata dalla forte centralità di Torino, nodo sul quale convergono tutti gli assi maggiori ed emergono altre direttrici di traffico che connettono il capoluogo con i nuovi confini orientali dello stato scorrenti a nord di Chivasso e Vercelli e a sud del Po per Asti. In questo contesto vengono fortemente potenziati gli assi di connessione verso Alessandria e Novara e viene aperta una nuova strada per Casale Monferrato sulla riva destra del Po, togliendo da un relativo isolamento anche i comuni casalesi. (Il Piemonte , Viabilità storica…).
     Il territorio del comune di Ticineto faceva parte nel periodo medioevale e nell’età moderna del Monferrato. Ma questa è una denominazione che fa discutere. Secondo la tradizione raccolta da Jacopo d’Acqui, l’imperatore Ottone III avrebbe assegnato ad Aleramo “Totam terram que est a flumine vallis urbis per ripam pady fluminis citra Tanagrum usque ad Alpes per transversum ex confinibus Provincie, excepit aliis comitatibus, et per litus maris usque dum perveniatur Vulturum”. Questo territorio sarebbe stato circuito da Aleramo, nell’arco di tre giorni, con una favolosa cavalcata. Secondo A.Settia nell’articolo “Monferrato – Storia e geografia nella definizione di un territorio “la denominazione Monferrato, dapprima applicata ad una non grande zona attorno a Bassignana, lungo il Po a cavallo del Tanaro, si diffuse lentamente verso ovest risalendo i corsi divergenti di questi fiumi e affermandosi, sul finire dell’XI secolo, in specie nella regione collinare fra Po e Versa, dove la troveremo stabilizzata già nei primi decenni del secolo successivo…Dal XIII secolo, fuori del marchesato, si manifesta sporadicamente la tendenza ad applicare la denominazione di Monferrato anche ai possessi marchionali che si spingono tanto nella pianura a sinistra del Po quanto nella zona collinare a destra del Tanaro…. All’interno del marchesato rimane invece sempre ben presente la distinzione di Monferrato proprio, quello tra Tanaro e Po , dagli altri possessi marchionali fuori di questa zona….” E ancora: “…con l’unione di una prima parte dell’antico organismo politico autonomo al ducato di Savoia, cadrà la denominazione di Monferrato per una gran parte del territorio a nord del Po…e da questa epoca si andà stendendo, per la parte rimasta sottomessa al duca di Mantova, la nozione di due Monferrati, uno che fa capo a Casale e l’altro ad Acqui, ciò che risponde ad una effettiva realtà politico-amministrativa. Le due zone saranno designate rispettivamente come Monferrato superiore e inferiore prima, e poi, con significato capovolto, come alto e basso Monferrato, nelle carte e nei documenti sabaudi… Il Monferrato attuale potrebbe dunque essere fatto coincidere con l’ultima parte del ducato annessa dai Savoia nel 1708”. Il terrritorio del comune di Ticineto è di fatto l’area periferica e di confine del basso Monferrato.
     I diplomi imperiali degli Ottoni e degli altri imperatori sono gli unici documenti certi di quel periodo. Essi attestano le investiture feudali e le giurisdizioni nei confronti degli Aimone, dei conti di Cavaglià, della chiesa di Vercelli (dopo che quest’ultima si era schierata contro Arduino) e in seguito dei Radicati di Cocconato. Alcuni studiosi ritengono che le controverse investiture che hanno come protagonisti i conti di Cavaglià non siano state sempre rispettate: i conti continuarono di fatto a possedere i loro feudi, non sappiamo se essi vi avevano pure la giurisdizione in qualità di vassalli del vescovo di Vercelli oppure se si arrogassero tale diritto come antichi signori di questi luoghi. Nel frattempo i micro feudi in parte indipendenti che si erano formati nei primi decenni del millennio vennero gradatamente assorbiti dai feudi maggiori. I Cavaglià rimasero signori di Ticineto e anche di Frassineto fino al 1390; nel 1413 l’imperatore riconosceva ufficialmente ai Radicati di Cocconato il feudo di Ticineto. In questo periodo nulla sappiamo dei contratti di conduzione delle terre, anche se presumiamo che le più antiche forme di conduzione dovettero essere, sin dall’alto medioevo, i contratti di enfiteusi indicati da documenti piemontesi di altre aree col termine “fictum ad perpetuum” o “nomine locationis” o “investitura”. Intanto l’ormai sempre più potente marchese di Monferrato si arrogò il diritto di ampliare e consolidare i suoi già vasti domini appropriandosi dei luoghi attigui: Ticineto divenne una buona preda data la vicinanza del suo territorio con la sempre più importante e strategica città di Casale, allora non ancora capitale del Marchesato di Monferrato (la capitale e residenza dei marchesi fu fino al 30 gennaio 1435, la città di Chivasso). I Radicati , per difendersi dalle loro ingerenze, si allearono spesso con i Visconti di Milano, ma nei primi anni del Cinquecento vendettero il luogo di Ticineto e il suo territorio al marchese di Monferrato. Il 20 gennaio 1518 l’imperatore Massimiliano approvava e confermava il passaggio a favore del marchese Guglielmo di Monferrato. Nella seconda metà del Cinquecento i signori di Ticineto raggiunsero il numero di quattro: ancora i Radicati di Cocconato con la parte maggiore di giurisdizione, i San Giorgio di Biandrate, i Bobba e gli Schiappacaccia. Alla fine del Seicento il Signor Donato Ferrari diventò feudatario di Ticineto e chiese con una supplica alcune prerogative mancanti. Il rapporto tra il feudatario e la comunità di Ticineto fu molto conflittuale.
     Due liti mettono in rilievo i contenziosi tra la comunità e il Feudatario conte Paolo Francesco Ferrari. Nella sua funzione di signore del luogo, il 21 novembre 1735, il conte Ferrari emana i bandi campestri “per provvedere ai danni che dai malviventi vengono inferti ai beni della campagna”. La comunità reagisce e, con comparsa 8 giugno 1737, rivendica a sé tale diritto, oltre alla riscossione della quarta parte delle penali stabilite dal bando. Questa rivendicazione fa riferimento ad un privilegio del 5 luglio 1545. Dopo aver interpellato vari avvocati (Pastoris di Torino e Panizzari di Casale) il 30 aprile 1740, il Consiglio Comunale dà incarico a Giobatta Mesturini e Gerolamo Tabucchi, importanti notabili della comunità, di concordare amichevolmente con il feudatario i suddetti bandi. Il 5 giugno 1740 dopo aver prodotto col consenso della comunità il feudatario pubblicava i nuovi bandi che venivano poi omologati dal Senato di Torino (Archivio Comunale di Ticineto).
     Quasi vent’anni dopo, nel 1758, sorse una nuova lite, questa volta in ragione di un pedaggio preteso dal feudatario. La comunità sosteneva che “per l’estrazione di frutti di qualunque sorta e bestiami raccolti e nati nel terreno di Ticineto … Accomprando o vendendo nel luogo i suoi bestiami e frutti di qualunque sorta col patto e peso di condurli ad altro luogo, o città a lor risigo e pericolo… Introducendo per loro uso nel luogo e territorio qualunque sorta di vettovaglie anche per venderle nel luogo ad altri … Occorrendo che li particolari del luogo affittino beni fuori del territorio per l’introduzione dei frutti dei beni affittati … Ritrovandosi qualche famiglia e particolare del luogo quale abbia avuto o tenga parte di sua famiglia abitante altrove e fuori del luogo, sì per l’introduzione dei frutti e d’ogni sorta di vettovaglie come anche quelli estraendo ed introducendo in quel luogo o città … Quando li forastieri si portano a Ticineto con botalli e brente di vino, con peri, pomi ed altro per venderli sul luogo….non hanno mai né conseguito né pagato alcun pedaggio. Siccome sono molti forensi che possedono beni su detto territorio di Ticineto, quali estraendo dal luogo li loro frutti senza pagamento di pedaggio come non dovuto, la comunità predetta intende siino tali considerati li particolari non abitanti nel luogo affittando beni d’essi forensi possidenti per l’estrazione dei frutti non siino loro tenuti al pagamento di alcun pedaggio”. Dura la risposta del portavoce legale del feudatario: “Non si deve porre in dubbio che il sig. Conte Ferrari è investito del feudo di Ticineto con la ragione fra le altre del pedaggio. Così le di lui investiture. Quindi mai dovendosi considerare per superflua una tale prerogativa, si stabilisce essere a lui dovuto un tale pedaggio né se li può controvertere….. Si conchiude pertanto che qualora la comunità sia in grado di finire amichevolmente le suddette differenze tutte, volentieri dal sig. Conte Ferrari si darà mano a qualonque lodevole temperamento in ciò che concerne l’introduzione delle merci e robbe per uso proprio di quei locali ed abitanti di Ticineto, ma nel resto non essere il medesimo nel caso di accordare alcuna benchè minima esenzione pregiudiziale al feudo, delle cui raggioni ne resta investito e così del pedaggio come sopra e ciò maggiormente in riflesso, che ove avessero luogo le istanze avversarie,superflua interamente sarebbe l’ investitura ed investiture nella parte anzidetta”. Non è stato possibile trovare alcun documento o carta che desse conto della risoluzione o meno di questa furiosa lite. Alla fine del Settecento, il conte Gaspare Morelli, conte di Popolo, pose fine alla dinastia dei Ferrari, acquistando il feudo.
     Lo studio della distribuzione della terra di Ticineto nel Settecento è stato possibile mettendo a confronto le elaborazioni dei dati del Consegnamento del 1718 con quelle del Catasto del 1792. Pur tenendo conto della disomogeneità delle fonti utilizzate si è giunti alla conclusione che la piccola e media proprietà è predominante nel 1718, mentre nel Catasto del 1792 si nota una maggiore espansione della proprietà medio-grande. (Demanuele, G., Potere e rappresentazione del potere in una comunità piemontese…).
     La rivoluzione francese fece sentire i suoi effetti anche in Piemonte: il re Carlo Emanuele IV, con l’editto del 7 marzo 1797, dichiarava che “tutti i beni feudali esistenti nei Regi Stati, eccettuati però quelli assegnati in appannaggio dai R.R. suoi predecessori, i forni, i molini, i pedaggi e altri simili si dovevano in avvenire considerare allodiali e sciolti da qualsiasi dipendenza e vincolo feudale quindi sottoposti, come gli altri beni allodiali, al pagamento dei tributi e cariche pubbliche”. A Ticineto queste misure portarono ad un sostanziale cambiamento di gestione dei diritti del forno, dell’osteria, dei pedaggi e del molino (fatto costruire dal feudatario sul torrente Laio in regione Anitra, ma poi alienati i diritti nella seconda metà del Settecento in favore di un notabile del luogo il medico Mariano Mesturini).
     Con l’arrivo di Napoleone viene inviato a Ticineto un commissario il quale provvede alla nomina di una nuova municipalità. Distante da Casale una decina di chilometri, in posizione geografica centrale, con un numero di abitanti in crescita e adeguato al ruolo, Ticineto assume una veste egemone nella nuova organizzazione territoriale, anche rispetto a Frassineto. Ticineto diventa il capoluogo di un cantone formato anche da tutti i paesi confinanti (Valmacca, Bozzole, Pomaro Monferrato, Giarole, Frassineto Po e relative frazioni). Nel 1806 ottiene di essere sede anche della giudicatura di pace e pretura. Con la sconfitta di Napoleone e il ritorno dei Savoia tutto ritorna come prima : molte innovazioni vengono eliminate, nel 1818 Frassineto diventa capoluogo del mandamento. I comuni di Pomaro Monferrato, Borgo San Martino, Bozzole e Valmacca fanno istanza affinché il capoluogo ritorni ad essere Ticineto. I tentativi rimangono infruttuosi. L’istanza viene ripetuta il 24 gennaio 1826 e appoggiata dal marchese Giuseppe Scozia di Calliano , sindaco di Valmacca e contemporaneamente di Casale: ”… Supplica … che questo comune ebbe a ravvisar vantaggioso e comodo ai suoi abitanti sia per l’amministrazione della giustizia come per la riscossione dei pubblici tributi l’elezione del luogo di Ticineto a capoluogo di mandamento nel quale questo comune fu compreso fattasi in occasione che dopo il ritorno di S.M. in questi Regi Stati vennero la prima volta stabiliti i mandamenti altrettanto svantaggiosa ed incomoda per i suoi abitanti dovette riconoscere la traslocazione del capoluogo da Ticineto a Frassineto posteriormente seguita in vigor del Regio Editto del 10 novembre 1818. Che infatti il luogo di Ticineto occupava la posizione più centrale tra gli altri comuni che compongono il mandamento….laddove il comune di Frassineto attuale capoluogo è situato ad una delle estremità del mandamento …” (AST, Paesi A e B, Ticineto, F.3, 1826, Ricorso della Comunità di Ticineto,Valmacca e altre al fine di ottenere che il capoluogo del mandamento sia trasferito da Frassineto a Ticineto) . Nel settembre 1855, la richiesta venne in parte accolta: Ticineto diventa sede della nuova Pretura. Questo prestigioso ufficio verrà soppresso soltanto nel 1894 e trasferito definitivamente a Casale.
     Nella seconda metà dell’Ottocento l’assetto insediativo subisce notevoli modificazioni attestate dalla documentazione dell’archivio comunale. Il forte aumento della popolazione ( nel 1848 non superava i 1200 abitanti, nel 1914 toccava quasi i 1900 ) portò ad un forte incremento del patrimonio immobiliare : nel 1840 fu consentito alla antica contrada, detta della Brenta, prima chiusa verso ponente, di servire da comunicazione tra la contrada Lunga e la contrada della Cerca e, nei primi anni del Novecento, vennero aperte nuove strade e nacque, ampliando la via periferica detta “ dietro gli Orti”, un nuovo borgo chiamato Borgo Nuovo. Anche il vecchio cimitero , già trasferito nella via della chiesetta verso Borgo San Martino (con verbale 18 Termidoro 12° della Repubblica 1° dell’Impero, 12 agosto 1804), perché troppo vicino al centro abitato, venne spostato nel 1881 in un altro sito meno umido e malsano, attiguo all’antico oratorio campestre di San Rocco. Nel 1873, fu ricostruito l’edificio delle scuole elementari e pochi anni dopo nel 1890 fu istituito l’ufficio telegrafico pubblico e più tardi nel 1911 arrivarono l’energia elettrica e il telefono.
     Nel 1874 cominciava a funzionare il Consorzio d’irrigazione dell’area casalese, consorzio che vedeva coinvolte tutte le comunità limitrofe (Frassineto Po, Borgo San Martino, Valmacca , Giarole ecc. ) ed essendo in grado di irrigare circa 450 ettari di territorio, permetteva di potenziare le coltivazioni di mais e riso. La nascita del consorzio sembra anche segnare la fine delle liti territoriali per l’approvvigionamento delle acque irrigue tra le comunità confinanti.
     Una storia quantitativa della popolazione del territorio di Ticineto per il periodo del basso medioevo presenta ostacoli insormontabili insiti nella tipologia e nella scarsità dei documenti. Nonostante ciò, si possono presentare alcune linee di andamento demografico. Anche nell’area pedemontana piemontese si assiste ad un notevole aumento della popolazione dopo il mille. Una stasi demografica dovette invece verificarsi alla metà del Trecento (crisi congiunturali di produzione, guerre, crisi di mortalità causate dalle epidemie di peste).
     Ma i primi dati quantitativi attendibili ricavati da documenti sono quelli relativi ai primi anni del Seicento. In quegli anni era consuetudine, nella comunità di Ticineto, distribuire il pane “ a tutte le bocche umane” durante alcune solennità religiose. Questa attività era svolta dalla Compagnia dello Spirito Santo, nata anche con questo compito, che riportava, su un registro, il numero delle bocche. Questo “censimento” risulta essere abbastanza attendibile.
     Nel 1619 le bocche erano 777, che rimangono abbastanza costanti fino agli anni trenta del Seicento, poi si verifica un crollo che raggiunge il culmine negli anni sessanta. Si passa infatti a 431 bocche, il dato più basso del secolo, presumibilmente per l’epidemia di peste che aveva imperversato in tutta Europa. Negli anni successivi si assiste ad un forte aumento, 532 bocche nel 1671, che continua anche negli anni successivi. Purtroppo dal 1714 l’usanza, proveniente da un legato antichissimo, scompare definitivamente. Negli anni trenta del Settecento gli abitanti di Ticineto figurano in forte aumento. Il documento demografico, quasi un censimento, è stilato dal parroco della comunità Ippolito Tabucchi che, con molta cura, segnala, per ogni anno, a partire dal 1730, i “comunicandi”, cioè le persone ammesse alla comunione, i piccoli e i giovinetti, il totale della popolazione e il numero totale delle famiglie.
     Questo dato, ormai molto preciso, indica che il numero degli abitanti di Ticineto, nella seconda metà del Settecento, ha ormai raggiunto e poi ampiamente superato i dati del primo decennio del Seicento e che il numero delle famiglie si assesta intorno alle 170 unità. La popolazione risulta in costante aumento in tutto il XIX secolo, raggiunge i 1200 abitanti nel 1848, i 1487 nel primo censimento ufficiale del 1861 e poi cresce di decennio in decennio fino a raggiungere il suo livello massimo con il censimento del 1911 (1977 abitanti). I successivi censimenti segnalano un costante calo, con un vero e proprio crollo nel periodo 1911-1921, per tutto il Novecento (censimento 1991, 1317 abitanti). Dal 2001, si assiste ad una timida inversione di tendenza dovuta forse ad alcuni insediamenti industriali istallati sul territorio comunale negli ultimi decenni.