Lequio Berria

AutoriOlivieri, Antonio
Anno Compilazione1996
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Cuneo.
Area storica
Alta Langa.
Abitanti
586 (ISTAT 1991).
Estensione
11,88 kmq (ISTAT 1991).
Confini
A nord Benevello, a nord-est Borgomale, a est Bosia, a sud Cravanzana e Arguello, a ovest Albaretto della Torre, a nord-ovest Rodello.
Frazioni
Cappella («località abitata» diversa dal capoluogo secondo il censimento del 1991).
Toponimo storico
Nel 1193 e nel 1201 sono attestati individui «de Leucho». Il determinante Berria, nome di un torrente che scorre sul territorio di Lequio, venne aggiunto con R.D. 4 dicembre 1862 (Manno 1884-1934).
Diocesi
Alba (a partire dalla riforma dell’assetto circoscrizionale diocesano che si ebbe con la creazione della diocesi di Cuneo nel 1817). Nel medioevo Lequio Berria aveva fatto parte della diocesi di Alba. Con la costituzione della diocesi di Saluzzo da parte di papa Giulio II (1511), alcune isole di territorio interne alla diocesi di Alba, evidentemente sotto il controllo politico dei marchesi di Saluzzo, vennero annesse al territorio diocesano di Saluzzo, formando isole diocesane: una di esse è appunto quella di Lequio. Nel 1803 un decreto del governo francese riordinò l’assetto territoriale delle diocesi subalpine: la Sede Apostolica, nell’età della Restaurazione, pur abolendo la riforma francese, non restaurò lo status quo ante, ma, cogliendo l’occasione della formazione della diocesi di Cuneo, procedette a una generale razionalizzazione dei profili territoriali diocesani della zona: Lequio tornò allora a far parte della diocesi di Alba, all’interno della quale venne eliminata ogni isola diocesana (Atlante storico della provincia di Cuneo 1973; Dao 1965, pp. 265-273).
Pieve
Non individuata.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa parrocchiale è dedicata a San Lorenzo; un oratorio di S. Rocco era affidato ai Disciplinati (Casalis 1841, pp. 354-57). Nel territorio di Lequio è presente il Santuario di S. Maria della Neve, meta di pellegrinaggi almeno fino al secolo scorso (Manno 1884-1934) (nel Seicento sarebbe stata parrocchia: Casalis 1841, pp. 354-57).
Assetto Insediativo
II censimento del 1981 non segnala la frazione Cappella e neppure quello del 1951, che pure elenca le frazioni di Bricco, Mussi e Santa Caterina (che insieme ospitavano l’8,9 per cento dei residenti complessivi). Nel censimento del 1981 Lequio ospitava 619 abitanti in totale (il 5,3 per cento in più rispetto al 1991): le case sparse contavano allora ben il 68,5 per cento della popolazione: il capoluogo era quindi essenzialmente un centro amministrativo. Nel 1951, quando la popolazione residente complessiva ammontava a 969 abitanti, abitavano fuori dal capoluogo il 74,4 per cento dei residenti: il rapporto tra popolazione residente nel capoluogo e popolazione residente fuori da esso è dunque leggermente mutato nel corso di trent’anni, in un quadro di decremento demografico che ha privato Lequio, nello stesso periodo, del 36,1 per cento degli abitanti. Vedi scheda.
Luoghi Scomparsi
Non rilevati.
Comunità, origine, funzionamento
Non si hanno testimonianze dirette dell’organizzazione di istituzioni comunitarie a Lequio Berria nel corso del medioevo. Tuttavia l’incontro degli abitanti di Lequio con i poteri sovralocali e regionali, nelle forme in cui si realizzò a partire almeno dal 1191 – quando il villaggio venne riconcesso in feudo dal comune di Asti a Enrico marchese di Savona che l’aveva donato al comune, sotto la condizione posta da Asti che gli abitanti di Lequio giurassero fedeltà al comune (Codex Astensis, pp. 301-302, doc. 254) –, comportò assai probabilmente che i Lequiesi, se non l’avevano ancora maturata, sviluppassero una loro peculiare identità comunitaria. Ciò era richiesto sia, come già s’è accennato, dalle forme giuridiche con cui tale incontro si realizzava, quelle di un giuramento di fedeltà collettivo a un senior feudale, sia dalle caratteristiche stesse sotto cui tale controparte appariva, quelle di un senior collettivo, politicamente organizzato mediante organi rappresentativi (il podestariato, il consolato, la concio, ecc.) che componevano una struttura istituzionale complessa. Si deve anzi aggiungere che le procedure burocratiche stesse cui il rinnovo della fedeltà nei decenni successivi dovette sottostare, quelle della registrazione dei nomi di coloro che giuravano «in quodam cartulario communis longo» conservato nell’archivio del comune di Asti (Codex Astensis, pp. 305-306, doc. 259 [s.d. ma probabilmente del 1224]), contribuirono con ogni probabilità ad approfondire negli abitanti di Lequio la coscienza che la tutela dei loro interessi collettivi dovesse passare necessariamente attraverso l’organizzazione di un corpo politico comunitario che sapesse in qualche misura far uso di quegli strumenti che il comune cittadino italiano aveva “inventato” a partire dalla fine del sec. XII.
Statuti
Non individuati.
Catasti
1712, 1852 (dati tratti da scheda del 1960 presso la Soprintendenza archivistica del Piemonte, nella quale si segnalano gravi perdite subite dall’archivio comunale per cause belliche).
Ordinati
La scheda del 1960 presso la Soprintendenza archivistica del Piemonte segnala gravi perdite subite dall'archivio comunale per cause belliche.
Dipendenze nel Medioevo
Nel novembre 1228 un gruppo di potenti di stirpe aleramica, identificabili tutti, collettivamente, come marchesi del Vasto, stipularono un’alleanza politico-militare con il comune di Asti contro Alba e Alessandria. Tra le varie reciproche promesse il comune di Asti promise di non fare pace né tregua finché il dominus Enrico del Carretto e il dominus Grattapaglia non avessero recuperato il castello di Sinio e il castello e villaggio di Novello, e due parti del castello e villa di Monforte, e finché il marchese di Saluzzo non avesse recuperato Lequio e la parte che aveva del castello e villa di Monforte ecc. (Codex Astensis, pp. 309-316, doc. 261; Tallone 1906, p. 87, reg. 301). Sembra dunque che Lequio fosse soggetta al controllo del marchese di Saluzzo, anche se egli a sua volta la teneva in feudo dal comune di Asti, come viene chiarito dal documento del 1224 (Codex Astensis, pp. 305-306, docc. 258-259). Quarant’anni dopo, nell’aprile 1268, Tommaso I di Saluzzo, mentre si trovava «in obsidione Leuchi», concedeva al marchese Nano di Ceva, che agiva anche per suo padre Giorgio, di poter transitare «per posse et territorium Leuchi, ipsi et res et mercationes earum» (Tallone 1906. p. 136, reg. 499). Più tardi un mandato di Carlo I d’Angiò al suo senescalco di Lombardia segnalava uno stato di tensione esistente, riguardo al possesso di Lequio, tra il marchese di Saluzzo e Enrico marchese del Carretto: Lequio sarebbe potuta restare sotto il controllo del marchese di Saluzzo, se questi si fosse mostrato accondiscendente verso la politica angioina, mentre, nel caso contrario, Enrico del Carretto avrebbe dovuto potersi giovare dell’aiuto angioino per “recuperare” quel luogo con la forza (Tallone 1906, p. 139, reg. 520 [28 febbraio 1272]; cfr. il lemma ‘Feudo’ su una investitura di Asti del 1251 al marchese Giacomo del Carretto del feudo di alcuni castelli e villaggi, fra i quali Lequio [Codex Astensis, p. 304, doc. 257]). Non è ben chiaro quale fosse la situazione reale sul terreno. Il comune di Asti restava però, al di là di qualsiasi ragionevole dubbio, un elemento certo con cui occorreva confrontarsi per qualsiasi questione che riguardasse il controllo di Lequio. Sembra tuttavia che, pur in presenza di una situazione potenzialmente assai mutevole a livello locale, il marchese di Saluzzo fosse riuscito ad affermare con un certa sicurezza la sua preminenza su Lequio: ancora nel 1283, in una tregua stipulata tra Carlo I d’Angiò e il comune di Asti, dalla parte dei vassalli di Asti veniva posto, tra gli altri, il marchese di Saluzzo, il quale venne detto tenere in feudo dal comune la metà di Saluzzo, Carmagnola e Lequio (Codex Astensis, pp. 1180 sgg., doc. 981; Tallone 1906, pp. 151-152, reg. 585).
Feudo
Nel maggio 1191 Enrico marchese di Savona del fu marchese Enrico Guercio donò al comune di Asti tutta la terra che aveva ereditato dal marchese Bonifacio di Cortemilia, in cui era compresa Lequio (castello, villaggio e territorio). Il comune, da parte sua, investì Enrico in feudo di tutto ciò che gli aveva appena donato. La fedeltà dei milites e degli uomini dei luoghi di cui era stato investito Enrico avrebbe dovuto essere giurata prima di tutto al comune, e solo in seconda istanza a Enrico, il quale, a sua volta, giurava egli stesso fedeltà al comune (Codex Astensis, pp. 301-302, doc. 254), Gli abitanti di Lequio avrebbero dovuto dunque da allora essere legati direttamente al comune di Asti da un giuramento di fedeltà: di essa si hanno tuttavia solo testimonianze indirette (Codex Astensis, pp. 1145-1147, doc. 957 [13 e 27 giugno 1193]; Il «Rigestum comunis Albe», pp. 12-21, doc. 2 [maggio 1201]). Circa trent’anni dopo, nel 1224 (trascuriamo qui una notizia non controllabile, offerta da Moriondo e da Muletti [Tallone 1906, p. 68, reg. 231], secondo la quale nel 1219 Manfredo III di Saluzzo avrebbe acquisito Lequio dagli Astigiani, stipulando quindi un alleanza con loro), il podestà di Asti, nell’atto di stipulare una pax et concordia con Manfredo III marchese di Saluzzo, chiedeva a quest’ultimo «castrum et villam Leuqui de Langa cum contitu, posse et districtu illius castri», dato che Enrico marchese di Savona, che teneva il castello in feudo dal comune di Asti (viene citato il documento del maggio 1191: Codex Astensis, pp. 301-302, doc. 254), aveva alienato il castello contro la volontà comunale (la notizia di questa alienazione, effettuata in favore di Manfredo II di Saluzzo, è riportata da Tallone con data poco attendibile che l’ha ricavata da Muletti [Tallone 1906, p. 27, reg. 88]). Il marchese di Saluzzo, a detta del podestà, era tenuto a questa restituzione, dato che il castello in questione e il suo posse erano divenuti parte del dominium del comune di Asti. Restituito Lequio Manfredo di Saluzzo ne veniva subito reinvestito in feudo, alle medesime condizioni sottoscritte un tempo da Enrico marchese dì Savona (Codex Astensis, pp. 736-739, doc. 696; p. 305, doc. 258). Era previsto che gli uomini di Lequio, come già doveva essere accaduto nel 1191, giurassero fedeltà al comune di Asti: questa volta conosciamo non solo il tenore del giuramento di fedeltà che pronunciarono, insieme agli abitanti di altre comunità, ma sappiano anche che i nomi di coloro che giurarono furono registrati «in quodam cartulario communis longo» conservato nell’archivio del comune di Asti (Codex Astensis, pp. 305-306, doc. 259 [s.d. ma probabilmente del 1224]; pp. 740-741, doc. 699; Tallone 1906, p. 79, reg. 270, p. 80. reg. 274). Il marchese di Saluzzo teneva dunque Lequio in feudo dal comune di Asti: è un dato questo la cui continuità, a causa dei gravi rivolgimenti politici che la regione delle Langhe conobbe nel corso del Duecento, va considerato con una certa prudenza. Abbiamo accennato, nel punto precedente, alle tensioni esistenti, riguardo al controllo di Lequio, tra il marchese di Saluzzo ed Enrico del Carretto intorno ai primi anni Settanta del Duecento. È anteriore di vent’anni un documento del Codex Astensis che attesta come il comune di Asti avesse investito il marchese Giacomo del Carretto del feudo che questi teneva dal comune di Asti e specialmente dei castelli e villaggi di Novello, Monchiero, Lequio e Saliceto (Codex Astensis, p. 304, doc. 257 [8 aprile 1251]). Quale che fosse, al di là di investiture e fedeltà, la situazione reale sul terreno, appare indiscutibile che Asti costituisse una forza dalla quale i poteri locali non potevano prescindere; la maggiore, anzi, forza dagli orizzonti regionali prima che il quadro fosse complicato dall’entrata in scena degli Angiò. La situazione nell’area in cui era compresa Lequio Berria si sarebbe mantenuta fluida a lungo. Nel 1283, in una tregua stipulata tra Carlo I d’Angiò e il comune di Asti, dalla parte dei vassalli di Asti veniva posto, tra gli altri, il marchese di Saluzzo, il quale venne detto tenere in feudo dal comune la metà di Saluzzo, Carmagnola e Lequio (Codex Astensis, pp. 1180 sgg., doc. 981; Tallone 1906, pp. 151-152, reg. 585).
Manfredo IV di Saluzzo investì il fratello Giovanni anche di Lequio oltre che di Dogliani (si veda la scheda dedicata a Dogliani). Una divisione patrimoniale dell’agosto 1339 tra i figli di Giovanni, successiva al testamento del 1334 e ai codicilli del 1338, assegnava Lequio, (castello e villaggio con mero e misto impero, ecc.) a Tommaso e Giovannino (AST, Corte, Prov. Saluzzo, m. 5, n. 12). Il feudo di Lequio sarebbe quindi stato in seguito diviso in due parti. Dai diversi rami dei Saluzzo sarebbe, in età moderna, passato ai Falletti e ai Saluzzo conti della Manta (Guasco 1911, II, pp. 892-93).
Mutamenti di distrettuazione
Nel secolo XVI Lequio fece saldamente parte del marchesato, pur costituendo un’isola all’interno di un territorio dominato in gran parte dai duchi di Monferrato e dai loro vassalli (cfr. Diocesi).
Mutamenti Territoriali
Con R.D. 15 marzo 1928, n. 679 vengono riuniti i comuni di Lequio Berria, Arguello e Albaretto della Torre in un unico comune con capoluogo Lequio Berria (G.U. del Regno d’Italia, 91 [aprile 1928], p. 1615). La misura viene revocata nell’aprile 1947.
Comunanze
Il comune fece parte, prima della sua fusione con Arguello e Albaretto della Torre del marzo 1928 (cfr. il lemma ‘Mutamenti territoriali’) del consorzio di segreteria tra i comuni di Serravalle Langhe, Cissone, Cerretto Langhe, Albaretto della Torre e Arguello con sede in Serravalle: con una lettera al Commissariato per la liquidazione degli usi civici del 15 febbraio 1927, spedita dal segretario consorziale, si affermava che nei 5 comuni del consorzio non venivano esercitati usi civici di sorta.
Liti Territoriali
Non individuate.
Fonti
A.C.L. (Archivio Sorico del Comune di Lequio Berria).
A.ST .(Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21.
A.S.T., Corte, Prov. Saluzzo, m. 5, n. 12.
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino).
B.R.T., , Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753. La relazione dell'intendente Corvesy è edita: Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell'intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.

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Bibliografia
Atlante storico della provincia di Cuneo, a cura di P. Camilla, Cuneo 1973.
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, I, Torino 1833, IX, Torino 1841.
Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, I, Roma 1887, II-IV, Roma 1880.
Dao E., La Chiesa nel Saluzzese fino alla costituzione della diocesi di Saluzzo (1511), Saluzzo 1965.
De Bartolomeis G.L., Notizie topografiche e statistiche sugli Stati Sardi, 4 voll. in 6 tomi, Torino 1840-1847.
Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell 'intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003
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Editti antichi e nuovi de ' sovrani principi della Real Casa di Savoia, delle loro tutrici, e de ' magistrati di qua da' monti, raccolti d'ordine di Madama Reale Maria Giovanna Battista dal senatore Gio. Battista Borelli, Bartolomeo Zappata libraro di S.A.R., Torino 1681. «Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia», 91 (aprile 1928), p. 1615.
Guasco Di Bisio F., Dizionario feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia, Pinerolo 1911 (BSSS 54-58).
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Istituto Geografico Militare, Firenze, tavoletta n. 81-IV-NO, "Monforte d'Alba"; tavoletta n. 81-IV-NE, "Castino"; tavoletta n. 81-IV-SE, "Cortemilia".
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Olivieri D., Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia 1965.
Il «Rigestum comunis Albe», a cura di Gabotto F., Eusebio F., Pinerolo 1903 (BSSS 20 e 21). Tallone A., Regesto dei Marchesi di Saluzzo (1097-1340), Pinerolo 1906 (BSSS 16).
Descrizione Comune
Lequio Berria
Verrà qui proposta una breve riflessione sulle diverse aggregazioni politiche e/o amministrative di cui ha fatto parte Lequio a partire dal medioevo. Il complesso mosaico dei poteri che, a partire dalla fine del secolo XII, furono interessati alla zona delle Langhe in cui si trovava Lequio (cfr. i lemmi 'Dipendenza nel Medioevo' e 'Feudo'), vide in una posizione costante di superiorità il comune di Asti, che, se non disponeva di un controllo diretto e, diciamo, quotidiano su Lequio e sulla zona, era in grado certo di esercitare una salda egemonia sulle forze in campo: che furono i marchesi di Savona alla fine del secolo XII e poi stabilmente, a partire almeno dagli anni Venti del Duecento, i marchesi di Saluzzo e, non dimentichiamolo, una comunità rurale, quella di Lequio, che dal rapporto di natura feudale con il comune di Asti, che esercitava la sua superiorità con gli strumenti propri di un grande comune cittadino, doveva aver appreso le "moderne" forme di organizzazione politica autonoma delle collettività abitanti in un medesimo centro demico. Le tensioni documentate al principio degli anni Settanta del secolo XIII per il possesso di Lequio tra il marchese di Saluzzo ed Enrico del Carretto - che agivano all'ombra del nuovo potente protagonista della politica del Piemonte meridionale, la monarchia angioina - dovettero risolversi in favore del primo, che, nel 1283, venne citato in un importante documento di tregua tra Asti e Carlo I d'Angiò tra i vassalli di Asti per il feudo, tra gli altri, di Lequio.
Il diretto dominio su Lequio da parte dei marchesi di Saluzzo era dunque stato un elemento stabile nel corso del Duecento. Nelle prima metà del Trecento Lequio passò al ramo cadetto dei Saluzzo, il cui capostipite fu Giovanni, investito dal fratello Manfredo IV, come è noto, dell'importante villaggio di Dogliani (cfr. la scheda dedicata a Dogliani). Lequio fu poi assegnata, nel 1339, a due degli eredi di Giovanni, ma, astraendo dalla questione dei proventi e redditi che potevano provenire dal possesso feudale su Lequio, quest'ultima appartenne saldamente all'ambito politico del marchesato fino a tutto il Cinquecento, tanto che, quando fu istituita la diocesi di Saluzzo, Lequio ne costituì una isola interna al territorio diocesano albese (cfr. il lemma 'Diocesi'). Con la fine del marchesato, al principio del Seicento, Lequio venne compresa, all'interno dell'ordinamento provinciale sabaudo, nella costituita provincia di Saluzzo (Borelli 1681, pp. 787-788; Duboin 1833, pp. 337-343). Un documento relativo alla settecentesca perequazione generale del Piemonte la comprende, con Dogliani, entro la provincia di Alba (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21). Sembrano chiare le incertezze dei vertici del potere sabaudo circa il destino da attribuire alle comunità già parte del marchesato di Saluzzo entro l'ordinamento provinciale. A conferma di queste incertezze abbiamo la relazione dell'intendente Corvesy, inviata al governo sabaudo intorno al 1760 (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy, p. 853): la relazione, intesa a descrivere con ricche note di carattere storico, geografico e statistico la provincia di Mondovì, comprendeva Lequio all'interno di quest'ultima. Nell'Ottocento, come attestano Casalis (Casalis 1841, p. 354) e De Bartolomeis (De Bartolomeis 1840-1847, II, pp. 29-31), Lequio tornò a far parte della provincia di Alba (mandamento di Diano), mentre, per esempio, Dogliani, a cui Lequio era stata profondamente legata, restò alla provincia di Mondovì.
Del mandamento di Diano fecero parte, oltre a Lequio, Benevello, Borgomale e Rodello. Il consorzio di segreteria, nato non si saprebbe dire quando, di cui Lequio fece parte sino al 1928, era composto invece dai comuni di Serravalle Langhe, Cissone, Cerretto Langhe, Albaretto della Torre e Arguello (oltre, naturalmente a Lequio), con sede in Serravalle (cfr. il lemma 'Comunanze'). Consorzio inteso certo a ovviare i problemi finanziari che comunità tanto esigue potevano avere nell'organizzare servizi amministrativi autonomi. Criterio, quello dei limiti di bilancio, che guidò probabilmente anche l'autoritarismo fascista quando, nel marzo 1928 (cfr. il lemma 'Mutamenti territoriali'), fuse i comuni di Lequio Berria, Arguello e Albaretto della Torre in un unico comune con capoluogo Lequio Berria (fusione revocata nel 1947). Qui, più che i criteri di politica amministrativa, interessa constatare il fatto che Lequio fu soggetta, anche per ciò che riguarda la sua inclusione in circoscrizioni sovracomunali, a scelte di volta in volta diverse, a segnalare una forte incertezza nelle decisioni politiche riguardanti i rapporti tra singole unità territoriali che caratterizza tutta la storia di Lequio a partire dal tramonto del marchesato di Saluzzo e, si può forse dire, la storia di tutte le comunità geograficamente periferiche di quella dominazione (si veda la scheda dedicata a Dogliani.).