Bagnasco

AutoriPalmero, Beatrice
Anno Compilazione1996
Provincia
Cuneo.
Area storica
Monregalese. Vedi mappa.
Abitanti
1043 (censimento 1991).
Estensione
3110 ha (ISTAT 1991); 3151 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Battifollo, Nucetto e Perlo, a est Vetria, Calizzano, Bormida di Millesimo, Millesimo, a sud Pievetta e Priola, aq ovest Viola e Lisio.
Frazioni
Non esistono frazioni.Vedi mappa.
Toponimo storico
La prima attestazione documentaria si ha nel diploma imperiale del 967, come «Bangiascus» e «Bagnascus». Il suffisso aggettivale -asco comproverebbe la penetrazione di popolazioni di stirpe ligure nel bacino montano del Tanaro. Suffisso che permane anche nelle attestazioni successive (Baniascus XII sec. e Bagnaschus, variante presente a partire dal XIII sec.), nella cui radice si può riconoscere il cognome gentilizio romano Banius [Borgna, Rossi 1975, p. 101]. "Balneascum ad Tanarum" [Casalis 1834,  p. 13]. Con questa accezione toponimica gli archeologhi avrebbero sviluppato le ipotesi etimologiche per cui il nome significherebbe «strada che va al torrente», o ancora un non meglio identificato «stabilimento termale» [Berra 1943, p. 86].
Diocesi
Le chiese di Bagnasco passano, a seguito del riordinamento dei distretti ecclesiastici del 1817, dalla giurisdizione del vescovo di Alba a quella di Mondovì (Berra 1955, pp. 52- 54). Oltre all’antica chiesa di S. Margherita, un’altra, intitolata ai SS. Giulitta e Quirico, sorge intorno all’XI secolo sul territorio di Bagnasco. Questa, in seguito al consolidamento del borgo principale presso la parrocchia di S. Antonio, diventa una chiesa campestre. Nonostante il mancato sviluppo abitativo intorno alla presunta pieve, gli ampi rimaneggiamenti architettonici compiuti nel corso del XVI secolo denotano comunque un’intensa frequentazione dell’area montana (Mamino 1989, p. 26). In particolare la «cappella di S. Giulitta» è descritta nel 1753 come costruzione di dimensioni consistenti, con due o tre camere contigue, utilizzate dai particolari in estate per riunioni conviviali. Tutto il circondario risulta inoltre disseminato di cappelle, distanti tra il mezzo miglio e il miglio dal centro urbano: S. Sebastiano, S. Bernardo, S. Rocco, S. Croce (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 59).
Pieve
L’antica chiesa di Santa Margherita si trovava compresa entro il Plebatus Petriolle [Vd. scheda Priola]. Nella odierna giurisdizione comunale si rintraccia un’altra chiesa, forse ancora più antica, dedicata ai Santi Giulitta e Quirico, che la tecnica stratigrafica di archeologia muraria consente di datare all secolo XI, lasciando aperta la questione di una pieve propria a Bagnasco, giacché quest’ultima chiesa preesistente non risulta inclusa nella pieve di Priola [Mamino 1989, p. 26].
Altre Presenze Ecclesiastiche
L’antica chiesa di S. Margherita, già inclusa nel plebato di Priola, venne distrutta in epoca imprecisata e ricostruita in età carolingia dai discepoli di Pietro Varatella, che lasciarono un loro monaco per le funzioni.
S. Antonio, attuale parrocchia di Bagnasco, dovrebbe esser sorta proprio a seguito di quella distruzione, in un momento di vacanza religiosa (Conterno 1979, p. 78). Le fonti di Manno parlano di una cappellania in S. Margherita intorno al 1468, mentre era già costituita la parrocchia di S. Antonio. Tra il 1568 e il 1798 S. Margherita venne officiata dai Padri Domenicani, e in seguito alle leggi napoleoniche venne soppressa per un breve periodo (1804-1817), per tornare definitivamente parrocchia. Nel 1568 invece i Domenicani di S. Antonio abate costituirono in città una vicaria col titolo di S. Vincenzo, eretta da frate Antonio Griso di Bagnasco (Manno 1891, vol. III, p. 7). La parrocchia di S. Margherita ebbe titolo di arcipretura, mentre la chiesa conventuale di proprietà della comunità non ottenne mai il titolo di priorato ma solo di vicaria (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 58-59). L’imprecisione delle fonti sulle intitolazioni ed attributi alle due chiese è determinata dalla complessità del caso: tra XVII e XVIII secolo infatti si intreccia una lite secolare tra comunità, parroco e Padri Domenicani (cfr. ‘Liti territoriali’).
Assetto Insediativo
Insediamentico policentrico. Anche se non esistono frazioni, i principali centri abitati sono Garbenna e Gerbioli, a cui seguono per importanza demografica Gambologna e Centasco. Il paese è suddiviso nel Borgo (il più antico) e nel Piano, mentre le antiche ripartizioni urbane della Roata del Tanaro, S. Croce e S. Bernardo sono state assorbite dai due principali quartieri.
Luoghi Scomparsi
Non si sono rilevate attestazioni inerenti ad insediamenti scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
La comunità di Bagnasco è documentata dagli statuti e dai bandi campestri, risalenti al XV secolo. Se le attestazioni della regolamentazione della vita sociale ed economica si hanno solo a partire dal Quattrocento, l’origine dell’insediamento connesso ad una presunta pieve è sicuramente più significativo. Bagnasco infatti è già corte incastellata, e le spoglia archeologiche del castrrum romano sorgono poco distanti dalla cappella di S. Giuditta (Berra 1943, p. 86). Il comune di antico regime risulta composto da quattro consiglieri e da un sindaco, con sede propria, dove vengono archiviate anche le scritture (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 61).
Statuti
Gli antichi statuti del 1477 – segnalati da Manno come manoscritto membranaceo conservato in comune (Manno 1891, vol. III, p. 8) – non sono oggi reperibili. Come d’altra parte anche la Conferma degli statuti del Marchese Nano di Bagnasco del 1481, recensita nell’inventario antico (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2, n. 28 [1776]). Si sono invece trovate due copie dei bandi campestri del 1762, custodite a Torino in sedi diverse: Bandi campestri formati dal Marchese dall’Illustrissimo Guido Francesco Maurizio di Biandrate Aldobrandino S. Giorgio del Carretto di Castellargento per il suo feudo di Bagnasco a stampa (tip. Ghiringhello, Torino 1762 in AST, Corte, Paesi per A e B, B, mazzo l, fasc. 4 bis; anche in BPT, MV.a.1762).
Catasti
La contesa territoriale tra Bagnasco e Massimino ha lasciato una cospicua cartografia settecentesca raffigurante le proprietà e i boschi in questione. Si possono consultare presso l’Archivio di Stato di Torino, nella sezione di Corte nel fondo Mondovì provincia (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 9, fascc. 4 e 9: Tipo dei confini. Ing. Gallo [1727 e 1730]; fasc. 18: Originale del Tipo geometrico dei confini tra Bagnasco e Massimino [1732-1736]). Si conservano sempre come documentazione alla causa alcuni estratti catastali del 1733-36 (AST, Corte Mondovì provincia, mazzo 9, fascc. 16 e 17). Per quel che concerne i registri catastali, rintracciabili nell’Archivio Storico del comune, restano valide le indicazioni tratte dalla scheda della sovrintendenza archivistica del 1957: Atti su registro (1790); Volture (1832-1840); Catasto (1824). Mentre, a causa dei successivi traslochi, non si può confermare la presenza in archivio comunale degli Elenchi dei beni comunali e di Enti morali (1776, 1834, 1869). D’altronde le perdite subite dall’archivio comunale potrebbero essere maggiori stando all’inventario delle carte antiche, redatto dal notaio Piana nel 1776 e conservato a Torino, in cui si segnalava anche un catasto del 1551, che esordiva con la premessa: «sentenza del 1553 con cui si è mandato a incorporare il registro delle montagne e selve comuni sovra l’universale registro del luogo coll’accrescimento de’ particolari registranti». Si elencano un Catasto del 1650 con indice del 1728; un Catasto attuale (s.d. ma successivo al 1730). A corredo dei registri erano inoltre conservati un Brogliasso di catasto, 1616 gen 21-1619 mag 11 e una Misura generale del territorio del 1703. Ancora, a testimonianza dell’espansione territoriale del comune ai danni della proprietà signorile, si ricorda un Volume di scritture e stati concernenti l’allodialità dei beni del sig. Marchese dal 1500 sino al 1700. Mentre costituiscono documentazione di rilievo nella causa per il riconoscimento della giurisdizione sulle regioni di confine con Massimino il Ricavo dell’originale registro con il stato della valle e beni formatisi nell’anno 1716; e ancora le Consegne fatte dai forestieri sovra detti fini per il pascolo de’ loro bestie (1735-1752) (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2, n. 28 [1776]). Più recentemente l’ispezione della sovrintendenza ha rilevato la presenza di elenchi relativi alle Immunità ecclesiastiche sec. XVI e a Titoli riflettenti le chiese 1400-1500 (AC Bagnasco, scheda sovrintendenza 1957), ma la mancanza di un inventario non rende disponibili i pezzi sovraelencati, che si auspica comunque siano soltanto in disordine.
Ordinati
Sempre nell’antico inventario comunale si elencano i registri degli ordinati a partire dal 1554 al 1635 in 13 volumi, per riprendere poi dal 1640 per tutto il XVIII secolo, sostanzialmente riconoscibili nell’odierno armadio dell’ufficio del sindaco. Seguono poi le delibere della giunta e del consiglio (1801-1956), per un totale di 200 volumi, come attesta la scheda della soprintendenza al 1957.
Dipendenze nel Medioevo
Il feudo di Bagnasco è menzionato nel diploma di Ottone I (967) fra i domini del marchese Aleramo e per la divisione del 1152 toccò ai marchesi di Ceva. Giorgio II, detto il Nano, coinvolto nelle lotte espansionistiche dei vari signori della zona dovette chiedere sostegno alla città di Asti per fronteggiare l’alleanza tra il cugino Guglielmo dei marchesi di Ceva, i Clavesana e Mondovì. Questi patteggiò con Asti l’aiuto militare dietro la vendita anche del feudo di Bagnasco (1225), sul quale la città ebbe un periodo di governo, finché nel 1295 la stessa vi rinfeudò i marchesi di Ceva vincitori (Casalis 1834, vol. II, pp. 14-15).
Feudo
Feudo imperiale dei marchesi di Ceva, nel 1255 è soggetto quindi per breve periodo alla città di Asti. Nel 1351 passa in dote a favore di Carlo III di Savoia (Casalis 1834, vol. II, p. 13). Tra Quattro e Cinquecento i del Carretto di Finale acquisiscono gran parte dei diritti feudali, anche a seguito di alienazioni compiute dalle famiglie genovesi dei Lomellino- Spinola (AST, Mondovì provincia, mazzo 6, fasc. 7: Vendita diritti sul feudo di Bagnasco, Monbasiglio e Niella da parte di Caterinetta figlia di Agostino Lomellino e moglie di Giorgio Spinola a favore di Gio del Carretto [1530]). Gli acquisti dei marchesi di Finale non si limitano a Bagnasco, ma si estendono sul territorio, arrivando a vantare diritti signorili su numerosi comuni del comprensorio (1455-1530: Salicetto, Murialdo, Paroldo, Torre). La giurisdizione feudale passa nel 1723 al marchese Biandrate Aldobrandino, che dal 1741 divide la giurisdizione con il mandamento di Bagnasco costituito oltre che dalla cittadina, da Battifollo, Lisio, Nucetto, Perlo, Scagnello e Viola. Ai diritti del Biandrate si aggiungono quelli del Coardi (Manno 1891, vol. III, p. 7).
Mutamenti di distrettuazione
Il marchesato di Ceva cede Bagnasco al marchesato del Finale, mentre i Savoia già a partire dal XIV secolo vantano diritti sul luogo. Nel nuovo assetto amministrativo dello Stato sabaudo, Bagnasco diventa capoluogo di mandamento (1741). Durante il periodo di dominazione francese del Piemonte (1797-1815) si trova nel dipartimento della val Tanaro. In seguito al ripristino delle province di antico regime del dominio sabaudo, rientra nella provincia di Mondovì fino alla riduzione delle circoscrizioni provinciali del Regno sardo (1859), che sancisce l’accorpamento della provincia di Mondovì a quella di Cuneo e il passaggio dei comuni monregalesi a quest’ultima.
Mutamenti Territoriali
La definizione dei confini del 1437 ha consentito l’affermazione di Bagnasco sul versante di Priola (regione Praincisa). Nel secolo successivo ha consolidato ed eroso il limite giurisdizionale verso Massimino a seguito dello spodestamento del tiranno Alfonso del Finale. Per cui nel corso del XVI secolo furono iscritte a registro, sia a titolo privato che demaniale, aree boschive e pascoli. Questa situazione ha creato i presupposti per le rivendicazioni Sei-Settecentesche degli abitanti di Massimino. Nel 1925 il comune di Bagnasco ha annesso il territorio di Battifollo. In particolare si segnalano le località di Azzurina e Feia, dove la popolazione di origine godeva di pascolo gratuito (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8). In seguito al ripristino dei distretti amministrativi soppressi, il comune di Bagnasco perde questi territori a favore della ricostituzione del comune di Battifollo (1947, cfr. la scheda Battifollo).
Comunanze
Attualmente incluse nella categoria «A» per 506,5475 ha (CSI 1991, Piemonte). Si rileva la permanenza degli usi civici nelle località di Rospia e Spinea in quanto al legnatico gratuito, concesso alla popolazione. In Vuara invece il pascolo gratuito è promiscuo sulle zone di coerenza con Calizzano e Priola con questi abitanti (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8). Nel periodo tra il 1925 e il 1947 le comunanze comprendevano anche i pascoli di Battifollo, ridotto a frazione, su cui gli abitanti mantenevano intatti i loro usi civici.
Liti Territoriali
Due sono i principali fronti di vertenze territoriali: uno verso Priola, di sviluppo quattrocentesco, con radici nella definizione altomedioevale dei territori comunali, di cui però ci è rimasta memoria in alcuni volumi citati nell’antico inventario. L’altro verso Massimino, documentato a partire dalla metà del Cinquecento e protrattosi fino alla definizione dei confini nazionali con la Repubblica di Genova. La lite secolare con Massimino, oltre alla citata cartografia, è corredata da testimoniali, informazioni ed atti di visita, reperibili sempre a Torino (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 7, fasc. 26: Bagnasco e Massimino. Convenzione per recinzione d’alberi [1698]; mazzo 8, fascc. 8 e 9: Informazioni e scritture contro usurpazioni di Calizzano nei boschi delle regioni Piangoretto ossia Fontana Lovera, Ronco Carbonero, Piantimone e Ronchi. Danni causati dalli particolari delle Ville di Vetria, Barbasina e Caragna membri del luogo di Calizzano nei boschi e selve propri di Bagnasco [1752-1754]; mazzo 9, fascc. 1-3: Informazioni prese per verificare i confini di Bagnasco [dal 1725 al 1729]; mazzo 9, fascc. 7, 10-15: Decime dei particolari di Massimino nelle regioni delli Chiappini, Pradonio e Spersia [1729 e 1732]). La denuncia delle usurpazioni di autorità perpetrate da Alfonso del Finale ai danni della comunità di Bagnasco apre il caso della successione del feudo, che in un primo tempo il Duca di Savoia nega agli eredi a ragione del grave processo in corso (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 7, fasc. 19: Risposta del procuratore Patrimoniale di S.A. nella causa contro il Marchese di Finale per la devoluzione dei feudi di Salicetto, Murialdo, Paroldo, Torre, Bagnasco, Niella, Monbasiglio et altri del Capitaneato di Ceva [1583]). In seguito ad una lunga causa vengono valutati i vari titoli di rivendicazione del feudo, del quale prima viene investito il marchese Scipione del Carretto e poi, con altre vertenze ereditarie, passa al marchese Biandrate Aldobrandino (si conservano queste carte nello stesso fondo ai mazzi 7- 9). La comunità mantiene nei confronti del suo signore un atteggiamento avverso, memore delle ingiustizie patite sotto i del Carretto di Finale, ma soprattutto a causa di una secolare lotta per il riconoscimento di antichi privilegi e diritti giurisdizionali, che i marchesi non volevano cedere. Si trattava di ribadire l’autorità comunale sul territorio acquisito nel corso del XVI secolo ed esercitare la supremazia soprattutto sull’area limitrofa a Massimino (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2 n. 28: Volume di scritture concernenti la causa del giuramento di fedeltà verso il sig. Marchese 1501-1642; Libro per la lite vertita con il sig. Marchese per il fatto di podesteria e Segreteria 1550-1725 [1776]; BPT, Ms.a.50: Memorie e documenti intorno alla questione tra la Comunità di Bagnasco ed il Marchese di detto luogo Biandrate Aldobrandino S. Giorgio della famiglia Del Carretto [sec. XVI-XVIII]). È per questo che i signori sono alla fine costretti a concedere la sovracitata nuova edizione dei bandi campestri (1762). In età post-tridentina si sviluppa inoltre una vertenza tra il parroco ed i Domenicani, che espandevano la propria influenza sulla città con beni mobili ed immobili, e soprattutto avocavano gli stessi diritti di adempimento delle funzioni parrocchiali. La chiesa del convento domenicano, costituente la vicaria di S. Antonio, risulta di proprietà dell’Universitas, e possiede consistenti beni allodiali. Attorno invece alla chiesa parrocchiale di S. Margherita, si sviluppano la confraternita dei Disciplinanti e una piccola «chiesa» dedicata allo Spirito Santo, mantenuta dalla compagnia delle Umiliate, oltre alle cappelle di Santa Libera e dell’Assunta (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 59). La popolazione si trova quindi direttamente coinvolta nella concorrenza devozionale dei due enti religiosi, per ciò che concerne l’esercizio dei principali riti (battesimi e sepolture) (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2 n. 28: [...] contro li PP. di S. Domenico [1600-1766]; 1548-1760 concernenti li fatti di detti Padri e le differenze vertenti tra il Parroco e detta Comunità; Volume d’ordini per la riforma della religione nella Valle di Lucerna [1622, 1686 e 1687]; Volume di propalazioni di scomunica a favore della Comunità [1600-1724]; Volume di scritture e instrumenti riguardanti la chiesa o sii cappella di S. Antonio, quella di S. Gio Batta e la permissione di battezzare; Relazione di visita per la ristrettezza della chiesa parrocchiale del 14 agosto 1754 con lettera di Monsignor Vescovo di Alba).
Fonti
A.C.B. (Archivio Storico del Comune di Bagnasco).
Atti su registro [1790];
Catasto [1824];
Volture [1832-1840].
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B,  Tanaro, Mazzo 1, Corso del Tanaro da Garessio a Govone diviso in 4 parti. Parte 1a. Corso del Tanaro da Garessio sino a Govone, diviso in 4 parti; la 1a da Garessio sino a Ceva; la 2a da Ceva sino a Farigliano; la 3a da Farigliano sino a Verduno al là di Cherasco; la 4a da Verduno sino a Govone. Levato per Ordine dell'Ill.mo Sig. Conte di Robilante, sulla Scala di 1/9360, con indici (con una copia della parte 3a e due della parte 4a). (Note: Sul verso reca una segnatura archivistica in francese nella quale la presente carta è indicata come la seconda parte di una Carta del Tanaro divisa in 6 parti, delle quali la 1a (dalle sorgenti sino a Garessio) e la 6a (da Govone sino allo sbocco nel Po presso Alessandria) sono mancanti. Carta con timbro del Dépôt Général de la Guerre.), s.d. Vedi mappa.
Corte, Inventari comunali, mazzo 2, n. 28 [1776];
Corte, Paesi per A e B, B, mazzo l, fasc. 4 bis;
Corte, Mondovì provincia, mazzo 6, fasc. 7: Vendita diritti sul feudo di Bagnasco,
Monbasiglio e Niella da parte di Caterinetta figlia di Agostino Lomellino e moglie di Giorgio Spinola a favore di Gio del Carretto [7 marzo 1530]; mazzo 7, fasc. 19:
Risposta del procuratore Patrimoniale di S.A. nella causa contro il Marchese di Finale per la devoluzione dei feudi di Salicetto, Murialdo, Paroldo, Torre, Bagnasco, Niella, Monbasiglio et altri del Capitaneato di Ceva [1583]; fasc. 26, Bagnasco e Massimino. Convenzione per recinzione d’alberi [1698]; mazzo 8, fascc. 8 e 9,
Informazioni e scritture contro usurpazioni di Calizzano nei boschi delle regioni Piangoretto ossia Fontana Lovera, Ronco Carbonero, Piantimone e Ronchi. Danni causati dalli particolari delle Ville di Vetria, Barbasina e Caragna membri del luogo di Calizzano nei boschi e selve propri di Bagnasco [1752-1754]; mazzo 9, fascc. 1-3,
Informazioni prese per verificare i confini di Bagnasco [dal 1725 al 1729]; mazzo 9, fascc. 7, 10-15, Decime dei particolari di Massimino nelle regioni delli Chiappini, Pradonio e Spersia [1729 e 1732]; fascc. 4 e 9, Tipo dei confini. Ing. Gallo; fascc. 16-17 e 18.
 
 
B.P.T .(Biblioteca storica della Provincia di Torino).
MV.a.1762; Ms.a.50: Memorie e documenti intorno alla questione tra la Comunità di Bagnasco ed il Marchese di detto luogo Biandrate Aldobrandino S. Giorgio della famiglia Del Carretto [sec. XVI-XVIII].
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino).
Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753. La relazione dell’intendente Corvesy è edita: Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
C.U.C. (Commissariato per la liquidazione degli usi civici), Provincia di Cuneo, cartella 8.
Bibliografia
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Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
Guglielmotti P., Territori senza città. Riorganizzazioni duecentesche del paesaggio politico nel Piemonte meridionale, in «Quaderni storici», 89 (1995), pp. 165- 188.
Lamboglia N., Topografia storica dell’Ingaunia nell’antichità, Albenga 1933.
Liber instrumentorum del Comune di Ceva, a cura di G. Barelli, Torino 1936 (BSSS 147).
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del Monteregale, ora Mondovì in Piemonte, Mondovì 1894-1905, 3 voll.
Mamino L., Costruttori di chiese nella diocesi di Mondovì, in «Bollettino della società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo», 100 (1989), pp. 23-31.
Manno A., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino 1884-1896, 8 voll.
Panero F., Comuni e borghi franchi nel Piemonte meridionale, Bologna 1988.
Sturani M.L., II Piemonte, in Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, a cura di L. Gambi, F. Merloni, Bologna 1995, pp. 107-154.
Descrizione Comune
Bagnasco
      Anticamente,  sulla riva opposta del Tanaro, a quota elevata, la tradizione vuole sorgesse un castrum (II secolo a. C., utilizzato dai Saraceni; Morozzo della Rocca 1905, p. 59), nei pressi del quale fu in seguito edificata la chiesa di Santa Giulitta (XI sec.; Mamino 1989, p. 26). Lo sviluppo del borgo Bagnasco avviene invece in piano sulle sponde del Tanaro, ed è strettamente legato all’importanza che Ceva assume come capoluogo del distretto marchionale. Nel XIII secolo infatti i traffici commerciali della Riviera ligure trovano a Bagnasco un complesso di fiere e mercati, la cui capacità attrattiva è tale da deviare la tradizionale via romana per la val Mongia su questo tratto di Tanaro. Percorso che poi risulta vincente proprio per il suo più agevole collegamento con Ceva (Berra 1943, p. 87). L’importanza economica e commerciale di Bagnasco cresce inarrestabilmente nel secolo successivo per merito dello sviluppo e potenziamento delle relazioni e dei traffici con il Finalese ed Albenga, di cui i del Carretto sono promotori. Da un lato l’indebolimento della dinastia dei Ceva, dall’altro l’ascesa dei duchi di Savoia e l’espansione dei del Carretto nella val Tanaro contribuiscono a creare un panorama politico favorevole al rafforzamento economico del centro di Bagnasco. L’ascesa politica dei Savoia si manifesta nel distretto marchionale con la collocazione sui feudi dei Ceva di membri del casato. Così nel 1351 l’imperatore Carlo V concedette la signoria di Bagnasco in dote a Beatrice del Portogallo sposa di Carlo III di Savoia. Fu necessario quindi ristabilire gli equilibri giurisdizionali tra i marchesi, le comunità e i nuovi diritti feudali di natura imperiale (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2 n. 28: Volume atti, scritture e sommari per le liti vertite colli Signori Marchesi del luogo con instrumento di convenzione del 1391). Parallelamente alla crisi della dinastia dei Ceva si assiste all’espansione dei marchesi del Carretto. Il ramo finalese si era fatto infeudare dal governatore di Asti sui luoghi di Paroldo e Murialdo, poi, nel corso del Quattrocento ha esteso il suo dominio proprio nella circoscrizione di Bagnasco, acquistando Salicetto e i castelli e luoghi di Mombasiglio, Niella, e Torre dalla moglie di Giorgio Spinola (anni 1455- 1530: AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 6, fascc. 1-9), con particolare attenzione appunto agli snodi di transito e alle sedi dei pedaggi. In questa fase di predominio della dinastia finalese dei del Carretto si cerca il consenso della popolazione con la concessione di privilegi e statuti, che per altro rappresenta una tipica strategia delle nuove signorie territoriali per consolidare e controllare il dominatus (Panero 1988, pp. 240-241). Al giuramento di fedeltà dei capicasa segue la redazione degli statuti del luogo di Bagnasco, con successive aggiunte e approvazione marchionale del 1481 (Manno 1891, vol. III, p. 8; AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2, n. 28: Conferma degli statuti del Marchese Nano di Bagnasco [1481]). Successive aggiunte o nuove concessioni non possono essere documentate a causa delle disgrazie patite dalle carte comunali durante la II guerra mondiale, e soprattutto non siamo in grado di attribuire al luogo una capacità di contrattazione politica precedente al XV secolo. Lo sviluppo del notevole centro economico e commerciale di Bagnasco sembra confermare il mancato incremento territoriale della dominazione cittadina in età medievale, giacché da una parte Alba e Asti, e dall’altra Mondovì e Cuneo consentono sul districtus urbano il potenziamento di grossi poli di attrazione economica come Bagnasco e Garessio (cfr. per esempio il caso di Cherasco: Guglielmotti 1995, pp. 183-185). La posizione di confine di questi paesi ha sicuramente favorito sia il loro sviluppo economico-commerciale che una certa attenzione politica, in quella fase di costruzione di uno stato regionale a cui i Savoia ambivano. Nel nuovo assetto amministrativo sono posti a capoluogo di mandamento, con la presenza di un «Regolatore delle Regie Gabelle» per impedire la frode di sale e tabacco, a ragione della vicinanza con i paesi della Repubblica genovese (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat Corvesy 1753, p. 61). Nel XVI secolo troviamo i del Carretto come vassalli dei Savoia su Bagnasco e sui principali centri di controllo delle vie del traffico con la Riviera ligure. Il florido commercio in età moderna conferma Bagnasco come centro di una microregione politico-amministrativa che include i luoghi di Nucetto, Battifollo, Scagnello, Perlo e Lisio (Manno 1891, vol. III, p. 7), ma anche fulcro di attività artigianali ed imprenditoriali, raccolte su un ampio bacino di produzione, che qui trova un considerevole punto di smercio. Le varie ordinanze raccolte in volumi, ricordate dall’antico inventario, restituiscono l’immagine di una città di notevole sviluppo commerciale con tre mercati settimanali e una fiera annua (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 58), di un comprensorio teso alla realizzazione di manufatti pregiati e nel complesso di una grande circolazione di merci: tessuti, conceria, vetri, maioliche, porcellane ecc. (AST, Corte, Inventari antichi, mazzo 2, n. 28: Volume di scritture del 1597 riguardanti le fiere e mercati che si facevano nel luogo di Bagnasco con i suoi privilegi; Volume d’ordini riguardanti le filature da seta, fornelletti, cochetti, le consegne et accompra d’essi e simili 1617-1766; [...] per le strasse 1606; [...] per la provvisione di stalloni; per la fabbrica delle campane 1635; [...] per corami e pelletterie 1621-1781; [...] per la fabbrica dei vetri 1697-1773; [...] per la maiolica e porcellana 1726-1765). La comunità – i cui interessi economici sono strettamente legati al Savonese e ad Albenga – mal sopporta il despotismo del marchese e nella lotta dinastica dei del Carretto si schiera a favore del marchese Carlo di Savona. Sono gli stessi «particolari del luogo» a denunciare al Regio Senato la tirannide del marchese Alfonso del Finale, che opprime il governo locale e allo stesso tempo danneggia i commerci con la Liguria. Nel corso del lungo processo Alfonso del Finale muore e i suoi eredi non si vedono riconosciuti i diritti ereditari sul feudo a causa delle imputazioni pendenti (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 6, fasc. 9: Processo criminale per usurpazione d’autorità a S.A.R. da parte del Marchese di Finale Alfonso del Carretto su Ceva, S. Michele, Lisio, Perlo e Malpotremo [1534-1574]). In questo frangente si fanno avanti i del Carretto di Savona con i quali Carlo Emanuele permuta parte della giurisdizione feudale su Bagnasco con quella di Zuccarello (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2 n. 28: Atto o sii instrumento di percetione di possesso fatto del luogo di Bagnasco di S.A. Carlo Emanuele Duca di Savoia 1559; Instrumento di permuta fatta del luogo di Bagnasco col Marchesato di Zuccarello nell’anno 1588 tra il Serenissimo Principe Carlo Emanuele Duca di Savoia e il Marchese Scipione Del Carretto di Savona con altre scritture dal 1391 al 1670). In questo gioco di accordi e alleanze, il comune tra XV e XVI secolo ha un ruolo fondamentale nella disgrazia del ramo finalese della dinastia del Carretto. I Savoia ebbero nella famiglia De Bertoni informatori fidati delle usurpazioni di autorità compiute dal marchese in Bagnasco, tanto da poterlo inquisire e spodestare. Non a caso in questo periodo il comune accresce il suo patrimonio demaniale e anche privato a spese della proprietà personale del marchese Alfonso. I suoi beni infatti vengono assoggettati alla tassa di registro, ad eccezione del castello e degli appezzamenti attigui che mantengono l’indennità dal pagamento. Così vengono annessi sia a titolo privato che demaniale il prato e castagneto in regione Feia e i prati su cui corrono i limiti territoriali con il comune attiguo di Massimino (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 7, fasc. 2: Registro dei beni del Marchese [8 maggio 1556]). Tra le responsabilità che i «particolari» attribuiscono al marchese, oltre all’usurpazione di autorità giudiziaria, vi è l’ingente danno economico causato sia all’attività agricola che a quella commerciale. Gli abitanti infatti erano stati ridotti in stato di «semischiavitù», obbligati a fornire i buoi e i carri per il trasporto dei marmi a Cairo (provincia di Savona), a costituire scorte armate per il marchese in ritorno a Finale, e costretti ad arruolarsi sopra le galere del principe Doria, in soccorso alle vicende belliche genovesi (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 6, fasc. 9: Processo criminale [1534-1574]). Il tutto gravava sulla produzione agricola, abbandonata da molti, oltre ai danni inferti al bilancio comunale per la mancata riscossione dei banni campestri sui pascoli utilizzati dai forestieri. Verso quelli di Massimino poi il marchese avrebbe attuato una politica di favoreggiamento, consentendo loro di utilizzare risorse comunitarie diversamente interdette e progettando di deviare il corso della fonte Spertia sul territorio genovese (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 7, fasc. 11: Supplica della Comunità in occasione della cessione fatta da S.A.R. al Marchese del Finale per essere mantenuti né privilegi e redditi specificati, spettanti alla detta comunità [s.d.]). I possedimenti che si trovano coinvolti nella lite territoriale con Massimino sono di natura sia pubblica che privata. Tra XVII-XVIII secolo infatti il movimento terriero ha creato proprietà di particolari di Massimino in quell’area appartenente alla comunità di Bagnasco (AST, Corte, Mondovì provincia, mazzo 7, fasc. 25: Vendita di un alteno in regione Chiappino da parte di F. Bracco di Bagnasco a D. Gamba di Massimino [14 aprile 1600]; mazzo 9, fasc. 2: Tenimento di beni nelle regioni della Spertia, Ciappini, Pradonio e Rocca Cavallo [s.d., sec. XVIII]; fascc. 10-12: Altre vendite di boschi castagneti in dette zone fatte da particolari di Bagnasco a favore di altri di Massimino [1729-1732]). La legittimità delle vendite era provata dall’iscrizione al catasto terriero di Bagnasco di una porzione delle selve comunali in proprietà personale risalente al XVI secolo, ma, in seguito ad una congiuntura economica per cui il pascolo e l’allevamento avevano preso il sopravvento sulla salvaguardia dei boschi demaniali, venivano messi in discussione sia la fruizione delle aree comunali che l’esercizio degli usi civici. Le proprietà private da un lato cercavano almeno di tutelarsi con le chiusure, mentre i «forestieri», che pagavano le taglie per i beni sul territorio, esercitavano il diritto di pascolo. Gli abitanti in questo modo si vedevano fortemente depauperati di risorse appena sufficienti per il loro fabbisogno. Si scatenarono perciò le rappresaglie e le rivendicazioni territoriali dei limiti di giurisizione. Tale situazione è consueta sui beni comunali dislocati in aree limitrofe di giurisdizione differente, ad aggravarla concorrono in questo caso più di un elemento: a) l’appartenenza politica dei comuni in questione a due stati diversi e contrapposti (Stato sabaudo e Repubblica di Genova) – che non trascurano in ogni caso di sfruttare le occasioni di controversie comunali in concomitanza di conflitti di maggiori dimensioni (1670-72; la prima metà del Settecento fino alle misurazioni e delimitazioni ufficiali del 1776) –; b) l’iscrizione a catasto del 1553 di proprietà private formatesi sull’alienazione di montagne e selve comuni attuate dall’Universitas stessa di Bagnasco; c) oltre alla politica marchionale che nel XVI secolo aveva defraudato i diritti della comunità sul territorio a vantaggio di privilegi e concessioni a quelli di Massimino sui beni feudali ed allodiali del marchese. Quest’ultimo punto costituisce un nodo originale della questione, considerata la rivolta popolare che ne ha fatto nascere, e l’accorpamento dei beni signorili che ha comportato. La ricostruzione storica della vicenda consente di porre l’accento sull’aspetto economico delle trasformazioni giurisdizionali e di proprietà, susseguitesi sulle aree contese. Si può quindi parlare di un “ammodernamento” dell’utilizzo del territorio, che è stato determinante sia nella costituzione del nuovo assetto politico che nella fruizione delle terre, tanto che il marchese Biandrate Aldobrandino ha dovuto concedere nuovi statuti campestri di regolamentazione di queste risorse (AST, Corte, Paesi per A e B, B, mazzo l, fasc. 4 bis [1762]). Altro fronte di vertenza territoriale è l’opposto versante di Priola. In seguito alla ridefinizione dei limiti comunali del 1437 (cfr. la scheda dedicata a Priola), la supremazia di Bagnasco sulle risorse comunitarie costringe gli abitanti di Priola ad arroccarsi intorno alle proprie chiese e confraternite, attuando a seconda del bisogno delle usurpazioni di terre (AST, Corte, Inventari comunali, mazzo 2, n. 28: Volume di atti civili tra la Comunità di Bagnasco e quella di Priola, 1559; Volume di atti riguardanti li fatti [...] di arbori, casieri e beni di Praincisa dal 1669 al 1752 [1616-1752, 1648-1752]). Una lettura complessiva delle vertenze territoriali conferisce a Bagnasco un ruolo di predominio e controllo rispetto ai comuni con i quali ha condiviso le risorse naturali. Anzi il paese non manca di riaffermare ripetutamente la propria supremazia sul territorio con la riscossione dei banni, delle taglie, con l’esercizio della giurisdizione e laddove è necessario con le rappresaglie. Le controversie sollevano due problemi essenziali: la regolamentazione dell’alpeggio per la salvaguardia del patrimonio boschivo e lo sfruttamento delle acque. Questi due aspetti costituiscono punti nodali della gestione dei beni comunali, che hanno condotto in generale alla repentina crisi delle economie agro-silvo-pastorali. A Bagnasco si nota invece come si sia mantenuta una costante attenzione non solo verso le risorse naturali, ma anche verso il patrimonio di regole ed usi civici. Nel 1895 entra in vigore sul territorio comunale un nuovo Regolamento per l’esercizio del pascolo nelle selve comunali, di cui si è ottenuta conferma dalla pratica di riconoscimento degli usi civici inoltrata nel 1925 (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8: Regolamento del 1 gennaio 1895), e che attesta inoltre la continua utilizzazione dell’area. A questo proposito l’intendente del governo sabaudo annotava che le 2000 giornate di «boschi cedui, d’alto fusto, per lo più alberi di faggio», non accatastati, erano totalmente asserviti al pascolo, mentre la raccolta della legna era impiegata solo per uso domestico e venduta con parecchie riserve a quelli di Calizzano. Recensiva un’unica cartiera, appartenente al marchese, mentre deplorava la mancanza di sfruttamento dei boschi per l’impianto di «fabbriche» (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 60-63). L’esercizio degli usi civici in effetti ha sempre ostacolato l’estrazione di carbon fossile dalle selve comunali, impedendo uno sviluppo industriale in un ottica economica più moderna. La relazione della sezione forestale del luogo, concernente l’uso antichissimo delle selve comunitarie e lo stato di consistenza del bosco ceduo, conferma le antiche consuetudini, anche se il panorama delle montagne è leggermente cambiato. Si annotava infatti, da una parte, un certo degrado del patrimonio boschivo (400 ettari di legna morta), e dall’altra che la pratica dell’esercizio gratuito del legnatico era ormai concentrata nelle mani di 20 famiglie (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8: Relazione Giobbe, 10 giugno 1925). L’operazione innescata con la pratica di riconoscimento degi usi civici, segna quindi una nuova era di utilizzazione delle selve comunali in cui il taglio diventa l’aspetto economico primario, mentre sia il pascolo che l’erbaggio passano ad un ruolo secondario e comunque generalmente concessi in locazione (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8: Relazione di destinazione, 2 giugno 1934). Si avvicenda altresì una nuova fase di riassestamento territoriale, in funzione anche delle moderne esigenze produttive e del potenziamento quindi delle unità amministrative più consistenti. L’annessione delle foreste di Battifollo tra il 1928 e il 1947 (Struani 1995; cfr. la scheda dedicata a Battifollo) rientra nell’ottica del potenziamento del comune di Bagnasco e consente di avviare lo sfruttamento del legname a titolo principale con concessioni di appalto per il taglio ed il trasporto. In questa prospettiva vengono accertati gli usi civici e ribaditi in aree riservate agli abitanti di Bagnasco a titolo gratuito (regioni Rospia e Spinea per l’approvvigionamento di legna; e pascolo nella regione Vuara, mentre per quelli di Battifollo sui loro alpeggi di Azzurina e Feia). Sono inoltre riconosciute zone particolari per la coerenza con comuni limitrofi, ai quali è concesso il pascolo dietro pagamento, e precisamente in regione Fusarello per quelli di Calizzano e in regione Valdemanno per quelli di Priola. L’altro aspetto dell’antica economia agro-silvo-pastorale, relativo allo sfruttamento delle acque, oggetto per altro della controversia con Massimino per l’estrazione di ghiaia e sassi in regione Chiappini, ha un’altra evoluzione (AST, Corte, Mondovì provincia: Dicharazione che gli statuti di Massimino nel cap. 108 ordinano che non debbansi portar via chiappe dalli Chiappini [24 agosto 1729]). O meglio il riconoscimento è limitato alle acque del Tanaro, sia per i diritti di pesca e di attraversamento di fondi privati, che per l’utilizzo del greto del fiume (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8: Accertamento usi civici, 6 agosto 1928). In questo caso è ridimensionata l’ingerenza di Bagnasco sul territorio promiscuo di età moderna, poiché i diritti vengono circoscritti al fiume e non più estesi agli affluenti o più in generale intesi sulle acque che bagnano il luogo. Con la successiva ricostituzione del comune di Battifollo vengono restituite integralmente le zone accorpate, mentre dal confronto sommario dei dati relativi all’estensione delle comunanze sul territorio di Bagnasco si rileva una lieve inflessione dei beni demaniali a favore di qualche alienazione, resa possibile dalle stime del commissario Garitta (da 507,49 ha [1935] a 506,54 ha [1991]; CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 8: Decreto per la destinazione di terre appartenenti al demanio comunale [12 luglio 1935]).