Vignale Monferrato

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
1147 (censimento 1991); 1149 (dati comunali 1999).
Estensione
1881 ha (ISTAT); 1905 ha (SITA).
Confini
A nord Olivola e Frassinello Monferrato, a est Camagna Monferrato, a sud-est Cuccaro Monferrato, a sud Fubine, a ovest Altavilla Monferrato e Casorzo.
Frazioni
Le fonti ISTAT segnalano i centri abitati di Vignale, Davite, Fons Salera, San Lorenzo. Fossano, Molignano e la presenza di vari cascinali. Vedi mappa.
Toponimo storico
Il luogo è citato per la prima volta nell’anno 880, nella forma «Vignalis». Si segnala la variante «Vignalus», documentata nel 1205 (Gasca Queirazza 1997, p. 701). Vignale Monferrato dal 1863 (Ministero 1889, p. 3).
Diocesi
Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando venne inclusa nella nuova circoscrizione diocesana.
Pieve
San Pietro, poi (dal XII secolo) San Giovanni, di Mediliano (Lu) e San Vittore di Rosignano (ARMO; Cognasso 1929).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Il territorio di Vignale ospitò inoltre un’importante presenza regolare: il convento dei Servi di Maria, che alla data del 1620 aveva accumulato beni fondiari per un’estensione di 196 moggia di Monferrato. Mediante uno strumento di convenzione stipulato nel 1553 tra il convento e la comunità, il primo si impegnava al pagamento di tutti i carichi fiscali per tutti i beni posseduti nel territorio di Vignale (allora ammontanti a 132 moggia), in cambio della possibilità di partecipare, «come gli altri particolari», ai beni della comunità noti come Le Sorti. Tale convenzione non ebbe però effetto e fu abrogata già l’anno successivo, quando si convenne che la comunità esentasse i religiosi da qualunque tributo, mediante il pagamento una tantum di 200 scudi d’oro, effettivamente saldati nel 1557. Nel 1639 fu poi stipulata una nuova convenzione, in forza della quale il convento vedeva rinnovata la propria esenzione dai carichi fiscali, mediante il pagamento di 230 scudi da 108 grossi ciascuno. Alla metà del secolo XVIII, il convento ospitava sei sacerdoti e tre laici. Disponeva allora di 1000 lire annue di reddito. I principali sodalizi religiosi operanti nell’età moderna furono: la confraternita della Beata Vergine e la confraternita del Nome di Gesù, entrambe prive di redditi fissi, e la compagnia del Santissimo Sacramento, ricca (negli anni Trenta del Settecento) di oltre 32 moggia di terre, per due terzi ricevuti in seguito a legati successivi al 1618.
Nel corso della prima età moderna (soprattutto nella seconda metà del secolo XVI) vennero infine fondati diversi benefici, spesso cospicui (con patrimoni dalle 15 o alle 25 moggia circa e redditi annui, intorno al 1750, dalle 100 alle 200 lire di Piemonte) (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]; 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], cc. 90r-92v; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale, tabb. 1-2 e testo corrispondente; ASA, Senato del Monferrato, Atti di lite, Mazzo 50; Ferraris 1975, pp. 17 e 62, nn. 187-188; Vitullo 1968, pp. 111-119).
Assetto Insediativo
Nucleato, articolato in «quartieri».
 
Luoghi Scomparsi
Non si segnalano luoghi scomparsi.
 
Comunità, origine, funzionamento
Più efficace e duratura, anche se non incontrastata nei secoli a venire, fu tuttavia probabilmente l’esenzione totale di tutti gli abitanti di Vignale da ogni tipo di dazi e pedaggi («pedagium, curea vel maletoltum») riscossi dal principe nel loro territorio, per qualsiasi merce da loro (o per loro conto) introdotta o esportata («de aliqua re in Vignali vel territorio Vignalis pro rebus quae duxerint vel portaverint praedicti homines de Vignali vel portari et conduci facerent de Vignali vel per territorium Vignalis»). Nel resto dello stato questo privilegio non sussisteva, ma agli uomini di Vignale veniva comunque assicurata l’esenzione dal pagamento degli stessi diritti sulle merci importate per proprio uso. Un punto specifico metteva al riparo i produttori locali da vendite coatte di vino («vendere vinum ultra voluntatem suam») e tutelava la libera vendita dello stesso («portare et vendere vinum suum quocumque modo et cuicumque»). Infine, gli abitanti di Vignale venivano dispensati all’obbligo di macinare il proprio grano presso i mulini di Pontestura o di altri luoghi, a esclusione di quelli eventualmente posseduti dal marchese nel loro territorio («quod praedictus dominus Marchio non possit constringere homines Vignalis molere nec ire ad molendinum vel molendina Pontisturiae nec alio, nisi ipse dominus Marchio habet molendina de aqua in finibus et districtu Vignalis»).
Il carattere pattizio della dedizione di Vignale ai marchesi del Monferrato era sottolineato dalla procedura di tipo arbitrale prevista per la risoluzione dei contrasti che avrebbero potuto sorgere intorno all’applicazione dei privilegi della comunità tra il principe e la stessa o anche singoli abitanti del luogo. Le cause di questo tipo sarebbero effetti state assegnate a quattro «homines legales» nominati dal marchese, ma provenienti da ognuno dei quattro «quartieri» che componevano Vignale. Questi privilegi che, come in altri casi durante il periodo dei Paleologi, garantivano ad alcune comunità non soltanto un’ampia autonomia di amministrazione interna, ma anche una maggiore libertà per il dispiegarsi delle loro attività economiche in un territorio a dimensione regionale, furono più volte confermati nel corso dell’età moderna dai duchi Gonzaga, fino alle soglie della loro deposizione. Nel 1702, ormai al tramonto dello stato gonzaghesco, forse in vista di una nuova conferma, furono infatti trascritti a cura del segretario ducale Giacomo Giacinto Saletta. Le esenzioni daziarie continuavano ad essere importanti, tanto più che, dal 1578, Vignale era sede di un mercato settimanale. A quell’epoca però, quando era ormai infeudata, per assicurarsi l’immunità dai dazi imposti sul suo territorio dai «compadroni» del luogo, la comunità pagava loro una somma forfettaria. Del resto, neppure il possesso di questa esenzione acquistata a titolo oneroso era pacifico, tanto che nel 1623, la comunità dovette portare davanti al senato la propria denuncia delle pretese signorili a riscuotere comunque diritti sulle merci che si scambiavano sul mercato (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e per B, V, Mazzo 22, Vignale, fasc. 1, Copia dei privilegii, immunità e grazie concesse dal Principe Gioanni, Marchese di Monferrato, alla comunità e uomini di Vignale, colle successive approvazioni e conferme [18 dicembre 1350; copia del 1717 da altra copia realizzata nel 1702]; ASA, Senato del Monferrato, Atti di lite, Mazzo 50, Vignale Comune contro Compadroni di Vignale [1623]).
Statuti
In un memoriale presentato dalla comunità di Vignale al duca Carlo I Gonzaga nel 1634, per ottenere la riconferma dei privilegi e degli statuti del luogo, si precisa che del testo di questi ultimi esiste una copia presso il segretario ducale Alberto Paltro. Gli statuti non ci sono pervenuti né nel testo originale né in copie successive. Essi furono presumibilmente composti, in buona parte, prima del 1350, data alla quale si ne trovano riferimenti all’interno del documento con il quale il marchese Giovanni II Paleologo conferma i privilegi della comunità (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e per B, V, Mazzo 22, Vignale, fasc. 1, Copia dei privilegii, immunità e grazie concesse dal Principe Gioanni, Marchese di Monferrato, alla comunità e uomini di Vignale, colle successive approvazioni e conferme [18 dicembre 1350; copia del 1717 da altra copia realizzata nel 1702]; Fontana 1907, p. 356).
Catasti
Presso l’archivio comunale sono conservati un catasto e un Libro dei trasporti (registro dei mutamenti di proprietà degli appezzamenti) databili al secolo XVIII, in pessimo stato di conservazione. Esiste inoltre una mappa del territorio in scala 1:1888, formata nel 1767. Il successivo catasto è del 1830. Si conservano infine uno Stato generale delle mutazioni di proprietà per gli anni 1838-1839, 1846, 1856-1863 e Libri dei trasporti che coprono il periodo 1850-1912, accanto ad altra documentazione accessoria di natura catastale relativa alla seconda metà del XIX secolo. Da un convocato del consiglio comunitativo redatto nel 1782 in risposta a una circolare di richiesta di informazioni diramata dall’intendenza di Casale alle comunità della provincia, sappiamo che nella comunità di Vignale si era effettuata non molti anni prima una misurazione generale del territorio conclusasi nel 1765 con la compilazione di un catasto, anche se non in carta bollata, come prescritto, e di una mappa, pubblicata appunto nel 1767. Poco dopo si era inaugurato un nuovo libro dei trasporti. Fino ad allora la comunità si era avvalsa di un catasto risalente al 1623. La distribuzione del carico fiscale, tanto nel vecchio che nel nuovo catasto, agli amministratori comunali del tardo Settecento sembrava «regolata, per quanto può comprendersi, dalla maggior o minor bontà de’ terreni, non potendo aver luogo l’estimo a circoli, poiché in una stessa pezza talvolta anco di picciol quantità trovasi del terreno di qualità infima ed ottima a causa del sasso e tusto [sic] che trovasi disperso nelle campagne». Non partecipavano tradizionalmente al pagamento dei tributi prediali «le case e siti esistenti nell’abitato del recinto e tanto meno quelle fuori del recinto». Queste ultime venivano tuttavia «comprese nel quantitavo de’ terreni de’ rispettivi proprietari perché considerate come pesi necessari alla coltivazione de’ fundi» (AC Vignale, I sezione, Catasto, faldd. 117-133; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 327r-334v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]).
Ordinati
La serie inizia nel 1640 e prosegue con una certa continuità fino alla metà del secolo XIX, quando agli ordinati si sostituiscono i Verbali di deliberazione della giunta e del consiglio comunali. Si notano tuttavia lacune relative agli anni tra il 1650 e il 1654, tra il 1683 e il 1686, tra il 1783 e il 1795, tra il 1820 e il 1833 (AC Vignale, I sezione, Ordinati, faldd. 1-12).
Dipendenze nel Medioevo
E' ipotizzabile che nel quadro della distrettuazione carolingia Vignale, come buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato, facesse parte della «iudiciaria torrensis», un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, zona d’influenza degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli (Settia 1983, pp. 11-53). Dalla metà del secolo XII agli inizi del XIV, Vignale fu interessata dai tentativi concorrenti di espansione e di consolidamento delle due formazioni territoriali che facevano rispettivamente capo ai marchesi di Monferrato e al comune di Asti. Le lotte tra i due maggiori potentati della regione si incardinarono sulla vivace dialettica politica interna che fu presto in grado di sviluppare il comune di Vignale e che si manifestò principalmente in un’alternanza di momenti di aperto conflitto e di compromesso o addirittura di convergenza tra la fazione guelfa e filoastese capeggiata dai Secchi e la fazione ghibellina filomarchionale dei Pastroni. I contrasti interni furono peraltro alimentati dall’innesto di influenti gruppi famigliari provenienti dalla città di Asti. La presenza della potente repubblica nella vita interna di Vignale fu in effetti precoce e duratura, benché non incontrastata, dovendosi scontrare con l’espansione del dominio territoriale aleramico, forte del sostegno imperiale. Così, il possesso del castello e della terra di Vignale dapprima ceduto, nel 1149, dai signori di Lanerio al comune astigiano, venne successivamente compreso nell’ampia investitura imperiale concessa da Federico I al marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato nel 1164. Alla fine del secolo XII la collusione fra il ramo aleramico dei signori di Occimiano e il comune di Alessandria, consegnò per un certo tempo a quest’ultimo, alleato di Asti, la metà della giurisdizione sul luogo. Alle soglie del Duecento, la soggezione ai marchesi di Monferrato si accompagnava a un’ampia autonomia del comune, retto da un podestà, eletto dal consiglio del popolo (Casalis 1854, pp. 303-304; Sergi 1986, pp. 455-456; Vitullo 1937, pp. 477-480). Nella carta di mutuo di Guglielmo VI di Monferrato a favore dell’imperatore Federico II del 1224, Vignale figura tra i luoghi dati in pegno all’imperatore che il marchese dichiarava di tenere «pro allodio suo» (Cancian 1983, p. 734). Una successiva cessione in pegno da parte del marchese Bonifacio a favore dei banchieri astigiani Pelletta nel 1243 riapriva tuttavia la strada alla penetrazione politica dell’antica rivale, culminata nel 1290 con la saldatura delle fazioni interne in un fronte antimarchionale e l’occupazione astese del borgo, un episodio dello sfacelo seguito a breve distanza, sotto i colpi del vecchio schieramento guelfo, della apparentemente solida costruzione politica assemblata dal marchese Guglielmo VII. Ricuperata una prima volta dall’effimero successore di Guglielmo VII e ultimo degli Aleramici, Vignale, dopo alcuni anni, in cui si compì il contrastato avvento della dinastia dei Paleologi e che videro un’ultima fiammata di cruenta lotta intestina tra le fazioni, può dirsi stabilmente acquisita al dominio dei marchesi del Monferrato attorno al 1310 (Casalis 1854, pp. 304-305; Sergi 1986, p. 456; Vitullo 1937, pp. 480-485).
Feudo
Durante il XII secolo, il ramo aleramico dei signori di Occimiano tenne il luogo per investitura dei marchesi di Monferrato e, a loro volta, i signori di Lanerio possedettero la loro quota per investitura ottenuta dai primi. Nel secolo successivo e fino verso la metà del secolo XV, l’autorità dei marchesi del Monferrato su Vignale si esercitò formalmente perlopiù in maniera diretta. Un’eccezione è rappresentata, agli inizi del Trecento, dalla concessione in feudo al genovese Opizzino Spinola, suocero di Teodoro I Paleologo e primario sostenitore della sua ascesa. Tornata per eredità sotto l’immediato dominio del marchese alla morte dello Spinola, Vignale rimase nella stessa condizione anche sotto i suoi successori fino al 1432, quando venne infeudata a titolo oneroso a un esponente della famiglia patrizia chivassese dei Dell’Isola. Con il tempo, i Dell’Isola alienarono diverse porzioni del loro feudo agli esponenti di varie famiglie del Monferrato e dell’Astigiano, tra le quali, nel 1536, la famiglia a loro imparentata per alleanza matrimoniale dei Callori, originaria di Asti e già detentrice di altri importanti feudi. Nel corso di un lungo processo di acquisti di quote di giurisdizione, i cui momenti decisivi si situarono attorno alla metà del secolo XVII, il ramificato consortile familiare dei Callori pervenne a riunire nelle sue mani la quasi totalità del feudo di Vignale (Giorcelli 1904-1905, pp. 93-94 e 295; Sergi 1986, pp. 455-459; Vitullo 1937). Le strategie messe in atto dai Callori per promuovere il proprio status e le proprie risorse patrimoniali riflettono abbastanza fedelmente gli orientamenti più diffusi in quella parte del patriziato casalese, dotato di prerogative feudali, che, dopo l’avvento della dinastia Gonzaga – a differenza di quella che, identificandosi più esclusivamente con le istituzioni cittadine, tentò la via della resistenza e della ribellione di fronte alle pressioni centralizzatrici dei nuovi sovrani – si dispose assai presto a cercare nel rapporto con la corte mantovana e nel servizio del principe occasioni di consolidamento e di ascesa socioeconomica, non rinunciando tuttavia a coltivare il proprio radicamento signorile locale. Tra i due campi d’azione vi è anzi sinergia, evidente ad esempio nelle migliori opportunità che assicura a chi voglia approfittare della politica di alienazioni del patrimonio e dei diritti sovrani che i duchi sono costretti a praticare, sotto la spinta di oneri difensivi sempre crescenti, a partire dai primi decenni del secolo XVII. Così, mentre, da un lato, risultano precocemente inseriti nella burocrazia e nelle magistrature ducali, i Callori acquistano a titolo oneroso dal principe importanti regalie per i loro feudi, come, nel 1635, la seconda cognizione delle cause discusse in prima istanza nel tribunale podestarile di Vignale. Precedentemente, nel 1629, essi avevano ottenuto la completa esenzione fiscale per tutte le trenta «massarie» possedute dai vari membri della casata nel Monferrato, tra le quali, le dodici ubicate nel territorio di Vignale totalizzavano la quarta parte del «registro» del luogo. Nel 1650, Giovanni Maria Callori, allora presidente del senato di Casale, ottenne finalmente il titolo comitale per il feudo di Vignale, coronando un accumulo di prerogative e riconoscimenti nelle proprie mani, che avrebbe suscitato, alcuni anni dopo (1658), le formali proteste dei detentori di quote minori di giurisdizione nel feudo, estranei alla casata. Per assicurarsi le posizioni migliori nelle strutture dello stato e rafforzare il loro dominio signorile, i Callori mettono in campo tutte le risorse della loro estesa parentela. Ma, nel contempo, attraverso un massiccio ricorso all’istituto della primogenitura, anche per linea femminile, e una tessitura reiteratamente endogamica delle proprie alleanze familiari, sempre ribadite nello stretto ambito di poche casate della più prestigiosa élite feudale casalese o piemontese (come i Cane e i Provana), si avvia un processo che conduce a una progressiva ricomposizione e valorizzazione dell’asse patrimoniale della famiglia. Due esiti particolarmente significativi furono, nel corso del XVII secolo, l’unione dei patrimoni e dei cognomi dei Provana e dei Callori nella persona del conte Orazio Callori Provana e, nel 1713, l’assunzione del cognome dei casalesi Balliani, ereditato dall’ultimo esponente del prestigioso casato dal nipote Federico Callori, grazie al matrimonio contratto nel 1667 tra lo stesso Orazio Callori Provana e una Balliani (Raviola 2001, pp. 275-276 e pp. 282-285; ASA, Senato del Monferrato, Atti di lite, Mazzo 50, Vignale Comune contro Callori Conte e Solario).
Mutamenti di distrettuazione
Appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con debole valenza in termini di ordinamento amministrativo (al di là cioè della designazione dell’area di competenza, prevalentemente militare, dei governatori delle principali piazzeforti), era classificata fra le terre dello stato «al di qua del Tanaro» o della provincia di Casale (Raviola 2001, p. 103). Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) (Sturani 1995). Entro la maglia amministrativa francese, Vignale seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Vignale non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001; ANP, F2 I 863 [Montenotte]). Dopo la parentesi napoleonica, Vignale rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 (Sturani 1995).
Mutamenti Territoriali
Non sono attestati mutamenti territoriali di rilievo.
 
Comunanze
Nella seconda metà del XVIII secolo, la comunità di Vignale possiede poco più di due moggia di terreni incolti, ubicati in diverse «contrade» e dispersi in piccole estensioni, agli incroci delle strade pubbliche. Sono perciò lontani tanto dal luogo principale che dai cantoni e dai cascinali, tranne nel caso dello «zerbido» di Moncucco (poco più di uno staio), situato in prossimità dei cascinali di San Lorenzo, «dove vi sono 20 famiglie, che mantengono 40 bestie bovine». Si tratta di beni che «non sono feudali né allodiali, non pagando alcuna taglia, come posti in capo delle strade pubbliche e considerati come parti di esse». Vengono utilizzati per il pascolo e non fruttano redditi. La comunità pretende di esercitare un diritto di pascolo sugli «zerbidi» situati entro il recinto del luogo, «pretesi dal conte vassallo come feudali e dalla comunità come allodiali». Tutti questi terreni, non si possono irrigare, così come i prati del territorio. Molto più estesi risultano invece, ancora negli anni Ottanta del secolo i beni posseduti dalla «università» del luogo, ossia di proprietà delle famiglie dette dei «partecipanti»: quasi 80 moggia di fondi «tagliabili» (cioè non fiscalmente esenti), comprendenti numerosi appezzamenti di prato, tutti situati in pianura, «di mediocre bontà»; coltivi e un bosco, per un’estensione di 43 moggia, che vengono affittati tramite pubblico incanto. Il loro reddito viene impiegato in deduzione della taglia riscossa sul registro «de’ soli partecipanti de’ tali redditi», venendo così praticato «ab immemorabili, col solo peso del pagamento delle annuali taglie, per esser beni allodiali». Alla stessa «università» appartengono altri quattro appezzamenti minori di bosco, per complessive 24 moggia, posti in diverse «contrade» del territorio. I boschi sono cedui, in buona parte producono legna di rovere «e qualche parte di nocenda», ma «senza alcuna pianta atta al travaglio». Se ne taglia un ottavo ogni anno. Il pascolo e il «boscheggiare» sono proibiti, «per non esser terreno fertile». Il reddito medio annuo si calcola in 500 lire (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 327r-334v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]).
Liti Territoriali
Non si hanno attestazioni.
Fonti
ARMO (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris).
AC Vignale (Archivo storico del comune di Vignale Monferrato):
I sezione, Ordinati, faldd. 1-12;
I sezione, Catasto, faldd. 117-133.
ANP (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804).
ASA (Archivio di Stato di Alessandria), Senato del Monferrato, Atti di lite, Mazzo 50, Vignale Comune contro Compadroni di Vignale (1623); Vignale Comune contro Callori Conte e Solario (1629).
AST (Archivio di Stato di Torino):
Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d. ma 1760-1769);
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Mazzi 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 327r-334v; 18, Memorie del Basso Monferrato (s.d. ma 1784-1789); 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728- 1729); 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 90r-92v;
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale;
Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, fasc. 24, Vignale, Unione de’ quattro cantoni del luogo di Vignale in un sol corpo e comunità, sotto l’osservanza de’ patti e condizioni ivi espresse (7 luglio 1501); Confermatione fattasi di tal unione dal consiglio generale per capi di casa di detto luogo (6 gennaio 1603);
Corte, Paesi, Paesi per A e per B, V, Mazzo 22, Vignale, fasc. 1, Copia dei privilegii, immunità e grazie concesse dal Principe Gioanni, Marchese di Monferrato, alla comunità e uomini di Vignale, colle successive approvazioni e conferme (18 dicembre 1350; copia del 1717 da altra copia realizzata nel 1702).
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B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
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Giorcelli, Giuseppe (a cura di), Le città, le terre ed i castelli del Monferrato descritti nel 1604 da Evandro Baronino, in “Rivista di storia, arte e archeologia della provincia di Alessandria”, a. XIII (1904), pp. 61-130; a. XIV (1905), pp. 219-313.
Ministero per l’agricoltura, industria e commercio, Variazioni nel nome del territorio o nella dipendenza amministrativa dei comuni, dei circondari (o distretti) e delle provincie, Roma, Tipografia Fratelli Centenari, 1889.
Raviola, Blythe Alice, Il Monferrato gonzaghesco: istituzioni ed élites di un “micro-stato” (1536-1708), tesi di dottorato in Storia della società europea in età moderna, Università degli Studi di Torino, 1998-2001, coord. L. Allegra, tutor G. Ricuperati.
Settia, Aldo A., Monferrato. Strutture di un territorio medievale, Torino, Celid, 1983.
Sturani, Maria Luisa, Il Piemonte, in Lucio Gambi, Francesco Merloni (a cura di), Amministrazione e territorio in Italia, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 107-153.
Vignale Monferrato, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia (2013). Vedi testo.
Vitullo, Fulvio, Appunti di storia monferrina. Signori feudali e famiglie nobili di Vignale, in “Rivista di storia, arte, archeologia. Bollettino della sezione di Alessandria della R. Deputazione subalpina di storia patria”, a. XLVI (1937), q. IV, pp. 477-498.
Descrizione Comune

Vignale Monferrato

Si poneva in questo un problema di perequazione tra gli apporti dei quattro cantoni; infatti i possedimenti di Villanova e Retorto risultavano di valore inferiore rispetto a quelli, soprattutto, di Lizzano. I «registranti» dei cantoni meno dotati di risorse dovettero allora impegnarsi a colmare la differenza, ricorrendo ai loro patrimoni privati («homines Villanovae et Retrocastri qui habent minora praedia et redditus quam habent homines canthoni Lizani […] debeant et teneantur de proprio apponere et communicare in dicta universitate et communia»). Egualmente, si previde che gli esterni ai cantoni avrebbero contribuito nello stesso modo alla formazione del patrimonio comune dell’università («qui non sunt de dictis canthonis tum debeant communicare et conferre de suis bonis propriis in dicta universitate et communia»). In entrambi i casi, il criterio adottato prevedeva che ogni capo di casa contribuisse, in beni, redditi o somme di denaro, con una quota di pari valore unitario (cioè per ogni soldo o lira di registro posseduti), a quello che si sarebbe ottenuto dividendo il valore dei beni e redditi di Lizzano per la totalità del registro posseduto dai suoi componenti (ossia 26 fiorini e 16 soldi imperiali per lira di registro). Ovviamente, nel caso degli esterni, la quota fatta confluire nel patrimonio dell’università provenne interamente dalle loro proprietà individuali, mentre, nel caso degli appartenenti ai cantoni meno ricchi, l’apporto fu in realtà costituito per una parte presumibilmente consistente dai beni comuni del cantone stesso. Oltre a vari appezzamenti (cfr. il lemma ‘Comunanze’), i beni confluiti nell’università comprendevano due forni, vecchie proprietà di Villanova e di Lizzano, due mulini sul torrente Grana, denominati il Molino Vecchio e il Molino Nuovo e diverse prerogative, quali la «misura del vino denominata la brenta» e «l’osteria, prestino della statera o sii bilancia e curea», che vengono concessi in appalto.
Un’altra vendita importante, anche se con facoltà di riscatto, si verificò nel 1691, quando l’università cedette ancora una volta ai Callori l’unico bosco di alto fusto posseduto, per far fronte alle contribuzioni imposte dalle truppe imperiali, che lo stesso anno hanno occupato e messo a sacco il paese. Nella seconda metà del secolo XVII non mancarono del resto i tentativi da parte dei feudatari di reclamare diritti sui redditi dell’università. Nel 1662, ad esempio, rivendicazioni di questo genere avanzate dal marchese Natta, allora possessore di una quota minore di giurisdizione sfociarono in una lunga causa dinanzi al senato di Casale, conclusasi solo nel 1684 a favore dell’università (AST, Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, fasc. 24, Vignale, Unione de’ quattro cantoni del luogo di Vignale in un sol corpo e comunità, sotto l’osservanza de’ patti e condizioni ivi espresse [7 luglio 1501]; Confermatione fattasi di tal unione dal consiglio generale per capi di casa di detto luogo [6 gennaio 1603]; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 327r-334v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]).
Secondo la Statistica generale, l’estensione complessiva del territorio ammontava a 5346 moggia di Monferrato. Il dato corrispondente nel «convocato» redatto dal consiglio della comunità nel gennaio 1782 in risposta alla circolare diramata dall’intendenza di Casale il 16 dicembre 1781 è di 5702 moggia «in misura di Monferrato eseguita col trabucco di questo luogo», ovvero 4803 giornate di Piemonte (nell’atto, le superfici sono espresse in entrambe le unità di misura).
Le tabelle dedicate dalla Statistica generale alla produzione agricola indicano una lieve eccedenza di frumento rispetto al fabbisogno locale (il 7,1 per cento della produzione) e un’elevata eccedenza di vino (il 69 per cento del prodotto). Si ritrovano poi le consuete carenze di «meliga bianca» (pari qui all’83,7 per cento) e di «marzaschi» (pari all’81,2 per cento). L’immagine offerta da queste informazioni della Statistica generale contrasta decisamente con la situazione rappresentata degli amministratori della comunità nel 1782, nelle parole dei quali, sia la produzione di frumento, sia quella di vino, sarebbero state mediamente appena sufficienti a coprire il consumo locale.
La Statistica generale segnala come attività diffuse tra la popolazione locale la tessitura di tele e il lavoro stagionale nelle campagne al di là del Po.