Macugnaga

AutoriDel Bo, Beatrice
Anno Compilazione2009
Provincia
Verbano-Cusio-Ossola
Area storica
Ossola Inferiore;  giurisdizione di Vogogna. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3. Vedi mappa 4.
Abitanti
611 [ISTAT 2010]; 613 [Dati comunali 2010].
Estensione
Ha. 9940 [dato ISTAT]; ha.  9914 [dato SIT].
Confini
A nord Zermatt (CH) e Saas-Almagell (CH); a est Ceppo Morelli, Bannio Anzino  e Vanzone con San Carlo; a sud Alagna Valsesia (Vc) e Rima San Giuseppe (Vc); a sud-est Carcoforo (Vc).
Frazioni
Pecetto (Superiore e Inferiore); Staffa; Isella; Borca; Pestarena. Nello statuto attuale del Comune sono riconosciute Staffa, Borca e Pestarena  [Vd. Statuti]. Località abitate: Case Opaco; Testa; Fornarelli; Motta; Quarazza; Stabioli. Vedi mappa.
Toponimo storico
La prima menzione documentaria di Macugnaga risale al 22 giugno 999, allorché il metropolita di Milano procedette a una permuta con l’abate del monastero dei Santi Graciniano e Felino (o di San Salvatore) di Arona,  in cui compare il luogo di Macuniaga [A.S.T.,  Corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Arona Monastero di San Graciniano e San Filino; Bianchetti 1878, vol. II, pp. 24 sgg.]. Macanà [Bertamini 2005, vol. I, p. 42], Z’Makanà, Macugnaga [varie attestazioni, tra cui A.S.M, Comuni, cart. 42, Macugnaga, Memoriale degli huomini di Macugnaga (30 novembre 1573)]; Macugnaca [Bascapè 1612, p. 209]; Machugniaga [A.S.M., Atti di Governo, Culto, parte antica, Chiese, cartt. 976 e 1427]; Macugniaga [Bianchetti 1878, vol. IV, pp. 26, 105]; Macugniaga [A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Arona Monastero di San Graciniano e San Filino]; Magugnagha [Bertamini 2005, vol. I, p. 329]. "Macuniaca" [Casalis 1842, p. 20].
Diocesi
Novara.
Pieve
Macugnaga dipendeva dalla pieve dei Santi Vincenzo e Anastasio di Vergonte (oggi Pieve Vergonte), una delle tre pievi attestate nel secolo XII nell’Ossola [Balosso 1994; vd. anche scheda Pieve Vergonte]. Nel secolo XIII esisteva in Valle Anzasca una sola chiesa con funzioni sussidiarie a quella di Vergonte: la chiesa di San Bartolomeo di Bannio, documentata nel 1247 [Rizzi 1985-1986, p. 187]. Nella seconda metà del Duecento, la chiesa di Bannio si staccò da quella di Vergonte e ottenne la cura anche di Macugnaga. La separazione della chiesa di Macugnaga da quella di Bannio è ascrivibile alla seconda metà del Trecento [Bertamini 2005, vol. I, pp. 170-171]. Peraltro, ancora nel 1764 la comunità di Macugnaga versava una decima alla pieve di Vergonte [Bertamini 2005, vol. II, pp. 345-346].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Dal 1317 è attestata a Macugnaga una chiesa intitolata a Santa Maria [Bianchetti 1878, vol. I, p. 203]. Chiesa parrocchiale, dotata di cimitero, è da identificarsi con la chiesa scorporata nella seconda metà del Trecento dalla chiesa di San Bartolomeo di Bannio. Fu demolita sugli inizi del secolo XVI, quindi ricostruita e nuovamente consacrata nel 1523 [Bertamini 2005, vol. I, pp. 189 sgg.; vol. II, pp. 53-54 (17 giugno 1523)], mentre Il campanile fu edificato negli anni Ottanta dello stesso  secolo [Bertamini 2005, vol. I, pp. 197 sgg.]. Questa  parrocchiale, sotto la titolatura dell’Assunzione della Vergine, è ricordata nella visita pastorale del vescovo Carlo Bascapè del 1596, allorché era appena stato costruito il nuovo fonte battesimale. I redditi sono definiti incerti dal parroco nel 1618 [A.V.N., Acta Visitationis, T. 43, c. 154 sgg.; T. 97, cc. 130-132; Bertamini, 2005, vol. II, p. 115].
     Quando la chiesa parrocchiale divenne insufficiente per assolvere alle esigenze della popolazione, sorsero numerosi contrasti fra gli abitanti dei Quartieri superiori, da un lato, e inferiori, dall’altro relativi al luogo dove sarebbe stato più opportuno costruire la nuova chiesa, giacché  gli abitanti dei Quartieri inferiori premevano perché fosse edificata a Borca o Pestarena (la comunità era divisa in Quartieri almeno dal secolo XVI) [Vd. Assetto insediativo; Bertamini 2005, vol. I, pp. 222 sgg.].   Nel 1704 fu redatto  un instrumentum nel quale l'intera comunità di Macugnaga s'impegnava ad avviare i lavori per l’edificazione della nuova parrocchiale,  da intitolarsi a Santa Maria Assunta.  Contrariamente a quanto stabilito in precedenza, non sarebbe sorta nello stesso sito di quella esistente, ma più a valle,  nella frazione di Staffa [Bertamini 2005, vol. II, pp. 266-270]. I lavori furono resi urgenti dalla valanga che,  il 24 febbraio 1711, colpì la parrocchiale ‘vecchia’ -- a tutti oggi esistente e nota come 'Chiesa vecchia'  [Bertamini 2005, vol. II, pp. 285-286]. Nel 1713 furono stesi  i contratti per estrazione della pietra e fornitura della legna per la fabbricazione della calce  [Bertamini 2005, vol. II, pp. 298-300 (13 settembre 1713)].
     La chiesa fu consacrata nel 1759, ma già negli anni precedenti era stata benedetta ed era stata stabilita la data per celebrarvi  la prima messa solenne (rispettivamente il 27 luglio 1717 e il  25 luglio 1724)  Si conserva inoltre la notifica, datata 12 giugno 1722,  di Cristoforo Lanti, curato della chiesa parrocchiale di Santa Maria di Machugniaga, del possesso,  da parte della chiesa,  “presso la città di Milano di 4 cartelle verso il banco di Sant’Ambrogio del valore di £4265 di capitale”.[Bertamini 2005, vol. II, pp. 300, 311-313, 337-338; A.S.M., Atti di Governo, Culto, parte antica, Chiese, cartt. 976 e 1427].
     Di dimensioni davvero imponenti (se non apparentemente eccessive per le esigenze della comunità), la chiesa risultava però talmente fredda che i fedeli erano costretti a:
 
mettere alcuni assi, o sian tavole, sopra qualche pietra […] per così restare sollevati almeno dal gelato pavimento” [Bertamini 2005, vol. II, pp. 333-334].
 
La 'Chiesa vecchia' (l’antica parrocchiale dell’Assunta) continuò intanto -- e continua tuttora -- a essere officiata, almeno saltuariamente, e rimase sede della Confraternita del Sacramento, istituita per volontà del vescovo Bascapé sullo scorcio del secolo XVI. Il campanile fu edificato invece tra il 1935 e il 1936, dopo il vaglio di almeno due progetti. Contestualmente  si stabilì che il comune avrebbe fatto fronte agli oneri di manutenzione dell’orologio posto in cima alla torre campanaria [Bertamini 2005, vol. I, p. 215; A.C.M.,  Grazia, Giustizia e Culto, 1933-1938].
     Nelle numerose frazioni di Macugnaga, a partire dal secolo XVI,  sorsero alcuni oratori e, più tardi, cimiteri locali, in particolare nelle aree dei Quartieri inferiori, la cui popolazione, a causa della neve nella lunga stagione invernale, durava difficoltà a raggiungere la parrocchiale e il cimitero. Nella frazione Pestarena   è attestato un oratorio intitolato a San Giovanni Battista dal 1582, che  nel 1618 era descrfitto come  oratorium […] modernum sed nondum expletum e privo di reddito [A.V.N.,  Acta Visitationis, T. 6, cc. 260-262;  Acta Visitationis, T. 97, cc. 130-132; Bertamini 2005, vol. II, p. 115]. L’edificio fu ampliato e ristrutturato nel 1684 e dotato di cimitero nel 1789 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 230-231 (3 maggio 1684);  vol. I, p. 291]. In ragione del notevole numero di abitanti della frazione , in particolare minatori, nel 1949 il vescovo di Novara Leone Giacomo Ossola inviò un sacerdote con autonomia pastorale presso l’oratorio;  un anno più tardi, la chiesa di Pestarena fu smembrata dalla parrocchia di Santa Maria Assunta e costituita in parrocchiale [Bertamini 2005, vol. II, pp. 363-364 (19 marzo1950)].
     Nel 1639 gli abitanti di Borca ottennero dal vescovo  Antonio Tornielli  il permesso di costruire un oratorium; nel 1647,  presentarono il progetto per la sua edificazione, nel quale si precisava  che sarebbe stato intitolato alla Beata Vergine delle Nevi (ad Nives) [Bertamini 2005, vol. II, pp. 160-161;  vol.II, pp. 173-174]. Notizie del sostegno finanziario dato dalla comunità per la fabbrica dell’oratorio si trovano anche negli statuti dell’alpe Cicervald [Bertamini 2005, vol. II, pp. 186-192, a p. 191, punto 6]. Su richiesta della comunità, nel 1691 il vescovo di Novara concesse la costituzione  nell’oratorium della Beata Vergine delle Nevi di due cappellanie con cura d’anime, affidate a un cappellano [Bertamini 2005, vol. II, pp. 251-252]. Alcuni abbellimenti scultorei furono apportati nel 1718  e nel 1761 fu stipulato il contratto per la costruzione del campanile.  All'oratorio fu assegnata una  funzione coadiutoria,  per  cui,  all’atto di presa di possesso,  il luogo di culto è definito  beneficium seu coadiutoria Sancte Marie ad Nives loci Burche Macugnace. [Bertamini 2005, vol. II, pp. 301-302; 343-345; A.S.M., Atti di Governo, Culto, parte antica, Chiese, cart. 976 (15 marzo 1733)]. 
     Nella località Stabioli il 30 luglio 1671 fu deliberata l’edificazione di un oratorium dedicato a San Bartolomeo, che, almeno dal 1675, si stava provvedendo a erigere. Nei pressi dell’edificio,  nel 1703.  fu predisposto un cimitero, noto in seguito come 'cimitero dei minatori' [Bertamini 2005, vol. II, pp. 202-205;  vol. I, p. 291].
     Nella località Motta un oratorio dedicato alla Beata Vergine di Loreto e, in seguito, a San Rocco   è menzionato nel 1689 la sua esistenza [A.V.N., Acta Visitationis, T. 209, cc. 294-351]. Insieme con  tutto l’abitato, la cappella prese fuoco nel 1942 e fu in seguito parzialmente  riedificata [Bertamini 2005, vol. I, p. 406].
     La realizzazione di un oratorio nella frazione Isella risale anch’essa al secolo XVIII. Qui l’esigenza di potersi avvalere di un edificio religioso locale non fu avvertita prima, in ragione dello scarso peso demografico del piccolo nucleo insediativo: l’iniziativa fu infine presa nei primi anni del Settecento e le celebrazioni presso il nuovo oratorium della Beata Vergine dei Sette Dolori (o dell’Addolorata) iniziarono probabilmente nel 1713, benché la costruzione non fosse ultimata [Bertamini 2005, vol. II, pp. 296-298 (6 gennaio 1713); vol.  I, pp. 390-397]. Anche a Fornarelli la edificazione  della cappella dedicata alla Madonna del Rosario è da ascriversi all’inizio del secolo XVIII, giacché è menzionata per la prima volta nella visita pastorale del 1759 di monsignor Balbis Bertone [Bertamini 2005, vol. I, p. 401]. Coeva a quella di Fornarelli fu la costruzione dell’oratorio di San Nicola nella località Quarazza [Bertamini 2005, vol. I, p. 410], distrutto a seguito dell’invaso del bacino artificiale (1954) e in seguito ricostruito [Vd. Luoghi scomparsi].
     Nel Quartiere superiore, negli anni Trenta  del Seicento,  fu consacrato a Pecetto l’oratorio della Beata Maria Annunziata, costruito grazie al lascito di Antonio Guerrini, come attesta una iscrizione sulla facciata dell’edificio in data 2 giugno 1635. Nel 1699 l’oratorio fu dotato di tre cappellanie, tra cui quella intitolata ai Santi Giacomo e Cristoforo. Nel 1717 fu completato il nuovo campanile con orologio; tutta la chiesa fu abbondantemente ristrutturata negli anni Venti del secolo XVIII. Al 1733 risale l’attestazione di una campana super parva turri dicti oratorii existente. A Pecetto, inoltre, sin dal 1582 esisteva una cappella intitolata a San Giovanni Battista, identificabile con quella dedicata a San Rocco e San Giovanni Battista, attestata  nel 1582 ed esistente ancora oggi [Bertamini 2005, vol. II, pp. 260-261 (8 maggio 1699) ; vol. I, pp. 342 sgg.; 356; A.S.M., Atti di Governo, Culto, parte antica, Chiese, cart. 976 (30 luglio 1733); A.V.N.,  Acta Visitationis, T. 6, c. 262].
     Durante la visita pastorale del 1596, il vescovo Bascapè istituì la societas del Santissimo Sacramento [A.V..N., Acta Visitationis, T. 43, c. 155]. Nel territorio non è attestata nessuna fondazione appartenente a ordini regolari.
Assetto Insediativo
Macugnaga definisce un territorio dell’Ossola Inferiore corrispondente all'alta Valle Anzasca. L’insediamento si dipana sopra lo sbarramento del Sasso  Morghen fino alle pendici del ghiacciaio del Monte Rosa. In quest'area di alta montagna l’assetto insediativo fu ed è costituito da nuclei abitati di modeste dimensioni, sia pure con spessori demici  ed edilizi mutevoli e differenti tra loro [Vd. Descrizione].
     L’area dell’alta Valle Anzasca fu abitata in maniera stabile con ogni probabilità dal secolo X [Bertamini 2005, vol. II, p. 11; vd. Dipendenza nel Medioevo], benché le attestazioni documentarie siano assai ambigue, avallando vuoi l'ipotesi di una frequentazione soltanto estiva, vuoi la lettura di una presenza stabile   [Rizzi 2006, pp. 53-55;  Bertamini 2005, vol. I, pp. 33 sgg.]. Nel secolo XIII, l’area era di certo abitata, anche se è a tutt’oggi ancora oggetto di accesi dibattiti il problema se tale periodo coincida con la fondazione vera e propria dell’insediamento a opera dei Walser,  o se l’immigrazione walser si sia sovrapposta a una popolazione indigena già residente [Rizzi  2006, pp. 59-62].
      Nel documento del 1291  noto come “pace del Rosa”  il toponimo Macugnaga sembra non indicare più un alpeggio, bensì tutta la parte alta della valle sopra il Sasso Morghen [Bianchetti 1878, vol. IV, pp. 163-167]. Taluni nuclei demici, abitati in maniera stabile, sorgevano sulle due sponde del torrente Anza, con prevalenza del versante meridionale, maggiormente soleggiato. Altri insediamenti,  occupati in maniera temporanea durante la stagione estiva, erano ubicati sugli alpeggi, dove mandrie e greggi erano portate al pascolo e i pastori si dedicavano alla produzione del formaggio.
     A partire almeno dal secolo XVI, la comunità era suddivisa in Quartieri, denominati inizialmente con riferimento alle località che vi erano comprese: così,  per esempio,  Quartiere di Pecetto, Villa, Ripa e Opaco. La suddivisione si fece a mano a mano più articolata, fino a giungere, sugli inizi del Settecento,  alla distinzione in due Quartieri superiori e due inferiori [Bertamini 2005, vol. II, pp. 93-95 (19 maggio 1587); 236; 286 sgg.].
     Il primo Quartiere superiore comprendeva Pecetto superiore e inferiore; il secondo Quartiere superiore comprendeva Villa, Opaco, Prato, Staffa e Testa; il primo Quartiere inferiore comprendeva Isella, Borca, Motta, Fornarelli e Quarazza e il secondo Quartiere inferiore comprendeva Pestarena e Stabioli [Bertamini 2005, vol. I, pp. 329-330, 333]. Nella seconda metà dell’Ottocento, la ripartizione del territorio fu modificata e ridotta a tre ‘Quartieri’, cioè il Quartiere superiore (Pecetto, Villa, Staffa, Prati, Testa), il Quartiere di Mezzo (Borca, Isella, Sceber, Spiss, Fornarelli, Motta e Quarazza) e quello inferiore (Pestarena e Stabioli) [Bertamini 2005, vol. II, p. 336].
     Dalle origini fino al secolo XVII, i tre nuclei demici principali erano stati Villa (Dorf), probabilmente l’abitato originario, dove,  almeno dal 1317,  sorgeva la chiesa intitolata all’Assunzione di Maria, quindi parrocchiale [Vd. Altre presenze ecclesiastiche], Pecetto e Borca.  Villa costituì il cuore primitivo della comunità non soltanto perché vi sorgeva la chiesa, ma anche perché nella piazza antistante la chiesa, all’ombra di un imponente albero secolare (dapprima un olmo e poi un tiglio), si svolgevano le riunioni della comunità. All’interno della chiesa, inoltre, si conservavano gli atti pubblici [Bertamini 2005, vol. I, pp.521-526]. Alcuni documenti attestano già nel Trecento l’esistenza di altri abitati: Fornarelli compare in un documento del 1317 [Bertamini 2005, vol. II, p. 17 (7 giugno1317)] e Motta,  menzionato nel 1373 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 25-28 (10 aprile 1373); nel 1661 si trova un riferimento all’insediamento definito più precisamente Motta de foris [Bertamini 2005, vol. II, pp. 201-202].  Nel catasto teresiano lo stesso abitato è definito Motta di Dentro ]A.S.T., Sezioni Riunite,  Catasti, Teresiano, Macugnaga, allegato A].
     Nel secolo XV gli abitanti erano distribuiti fra le località di Pecetto, Villa, Borca, Pestarena, Quarazza, Fornarelli, Isella, Motta, Pra’, Fontana e Stabioli. Da 76 fuochi rilevati sullo scorcio del secolo XV, i nuclei familiari  di Macugnaga alla metà del secolo successivo erano saliti a 101 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 45-46;  vol. II, pp. 46-47]. Gli insediamenti più consistenti erano Pecetto, Fornarelli, Pestarena, Villa e Borca [Bertamini 2005, vol. II, pp. 45-47]. Grazie allo sviluppo dell’attività mineraria, in quest’ultima località la popolazione aumentò in maniera notevole: fra il secolo XV e il XVI:  il numero dei fuochi passò da 7 a 26 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 45-46]. Alla fine del Cinquecento le “anime” di Macugnaga, secondo le stime effettuate durante la visita pastorale di Carlo Bascapè, erano 700, distribuite in 105 nuclei familiari [A.V.N., Acta Visitationis, T. 43, c. 154 ss.].
     In occasione della visita il vescovo descriveva  il territorio sottoposto alla parrocchia come “ampio, ma per la maggior parte incolto”. Nello stesso torno di anni gli abitanti di Macugnaga, recatisi a Milano per presentare una supplica, si definivano:
 
poveri supplicanti [che] habitano ne l’ultima parte della detta Vall’Anzasca vicino a Valesani, in luogo montuoso et sterilissimo dove non ve nasse uvio né alchun’altra sorte de frutti, eccetto che un puoco di fieno et segale” [A.S.M.,  Comuni, cart. 42, Macugnaga, Memoriale degli huomini di Macugnaga, (30 novembre 1573)].
 
Nel documento si specifica che gli abitanti svolgevano le professioni di fabbro, muratore, domestico e oste.
     Circa vent’anni dopo la visita del Bascapé, il numero degli abitanti era aumentato ancora, giacché si menzionano 126 famiglie, benché "perlopiù povere" (plereque pauperes) [A.V.N., Acta Visitationis, T. 97, cc. 130-132], in seguito cresciute a 130. Nel 1596 e nel 1618 i fuochi erano 120, poi 146, ma ridotti a 125 in coincidenza con l’incendio e l’alluvione degli anni 1638-1640 [Bertamini 2005, vol. I, p. 117].  Proprio in questa congiuntura  la rilevanza del nucleo di Villa fu drasticamente ridimensionata, giacché l’insediamento fu in gran parte distrutto da un incendio nel quale bruciarono  40 edifici, ossia quasi tutti quelli che costituivano l’abitato.  Le abitazioni sopravvissute  furono inondate, insieme alla chiesa parrocchiale, da una  piena del torrente Tambach [Bianchetti 1878,  pp. 569-571; Bertamini 2005, vol. II, pp. 169-173].
     Il ritrovamento di numerosi filoni minerari, in particolare di pirite aurifera, presso le frazioni di Pestarena, Borca e Quarazza, stimolò  una robusta immigrazione presso queste località e quelle limitrofe di Fornarelli e Stabioli [Bertamini 2005, vol. I, p. 402] Vedi mappa 1; vedi mappa 2. Le prime attestazioni di filoni metalliferi e di artigiani del settore risalgono al secolo XIII , quando sono documentati a Macugnaga alcuni argentarii, che compaiono fra i testimoni  presenti alla stipulazione di un atto documento  nel quale, tra l’altro, si assicurava il libero esercizio del loro lavoro:
 
personis argentariis, que faciunt officium argenterie de Valenzasca et morantur ad argentarias Valanzasche [Bianchetti 1878, vol. IV, pp. 163-168].
 
Dal secolo XIII si diffuse in particolare nelle località di Pestarena, Borca e Quarazza (vedi mappa). I mutamenti interessarono anche le vicine località di Fornarelli e Stabioli, a lungo abitate da minatori.
     L’attività di ricerca e di estrazione mineraria ricevette grande impulso dagli investimenti dei feudatari: nel 1481 Vitaliano e Giovanni Borromeo ottennero la concessione relativa alla facoltà di ricercare minerali nella loro giurisdizione. I documenti restituiscono tracce di società attive nella ricerca dei minerali nella giurisdizione di Vogogna nel XVI secolo [Bianchetti1878, vol. II, pp. 378-382 (1533)]. Nel corso del secolo successivo sono documentate numerose imprese attive nello sfruttamento delle miniere d’oro [Fanfani 1936; A.S.M., Atti di Governo, Commercio, parte antica, cart. 243, 1651]. Nel 1677, per esempio, fu fondata una “Società di miniera” fra due famiglie una di Fornarelli e una di Borca per lo sfruttamento della miniera d’oro di Pestarena del duca Borromeo; essa fu ampliata due anni dopo,   poi ancora nel 1681  e di nuovo nel 1695 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 209-211, (2 febbraio 1677);  pp. 216-218 (10 aprile 1679); pp. 222-225 (13 marzo e 21 aprile 1681);  pp. 252-253].
      In un atto del 1764 si enumerano le diciotto miniere, cave e filoni del territorio di Macugnaga e i loro gestori [Bertamini 2005, vol. II, pp. 346-347]. (Vedi mappa.) Presso l’Archivio Storico Comunale   si conservano numerose concessioni rilasciate fra il 1761 e il 1864 per “ricerca d’oro” e annessa facoltà di taglio degli alberi [A.C.M.,  Agricoltura, industria e commercio, categoria XI, 1761-1864]. L’attività mineraria stimolò un intenso fenomeno di immigrazione, in particolare,  di personale specializzato proveniente dal Tirolo,  soprattutto, come accennato, verso  i Quartieri inferiori. Per questa ragione alcuni nuclei insediativi subirono ampliamenti e ridimensionamenti conseguenti alle fasi di espansione e contrazione  dell'attività mineraria.  
     Oltre alla modifica degli assetti abitativi, con la costruzione di nuovi edifici destinati a ospitare i minatori e le loro famiglie, e di cimiteri  nei pressi degli oratori delle singole località [Vd. Altre presenze ecclesiastiche], l’attività mineraria determinò la necessità di  dotare i siti di mulini per l’amalgamazione, onde poter estrarre il metallo prezioso. Perciò furono costruiti canali in muratura e in legno, ponti e strade per l’attraversamento dell’Anza,  onde consentire l’accesso alle miniere [Bertamini 2005, vol. I, p. 504]. Nel secolo XIX, la costruzione della strada carrabile accompagnò l’ampliarsi dell’attività di taglio della legna,  che in quantità cospicua veniva destinata non soltanto alle lavorazioni minerarie locali, ma anche al mercato lombardo [Bertamini 2005, vol. I, p. 143]. Negli anni Settanta dell’Ottocento, grandi partite di legname transitavano lungo la cioenda, un ingegnoso e ardito percorso costruito in legno, sorretto da alti tronchi appoggiati alla montagna, che costeggiava le pendici dalla valle Quarazza arrivando sino a Ceppo Morelli. La cioenda  fu demolita nel 1876 [Bertamini 2005, vol. I, pp. 143 sgg.].
     L’attività estrattiva subì una lunga battuta d’arresto nel Settecento, come emerge anche dal catasto teresiano, dove si annota l’abbandono di due mulini “corrosi dal fiume” e dove  “non si lavora più” nel 1722.   A  Borca si tratta del mulino  “da oro di casa Borromeo” e del  “sito di minera di casa Borromeo”:  Negli stessi anni sono documentati abbandoni di edifici in altre località appartenenti al Comune:
 
cioè Pechieto di Sopra e di sotto, Villa, Prà, Staffa, Borca, Isella, Spisso, Pestarena, Stabioli [A.S.T., Sezioni Riunite,  Catasti, Teresiano, Macugnaga, allegato A, fogli 83 e 96 ]
 
I siti abbandonati sono quattro in corrispondenza di Pecetto di Sotto, dove si trovano “case […] non abitate”;  altri a Opaco, in cui si osservano “case inhabitate solo per il recovero de bestiami per puoco tempo” [A.S.T., Sezioni Riunite,  Catasti, Teresiano, Macugnaga, Allegato  A,  foglio 54 (8 settembre 1722)]. Nei pressi di Borca si trovano nove “case demolite osiano state incendiate”, a cui si aggiungono “due case demolite” a Pestarena  e altri edifici in rovina, in particolare stalle:  “stale rovinate 3 edifici",  più “due stalle rovinate della Corassa” [A.S.T., Sezioni Riunite,  Catasti, Teresiano, Macugnaga, Allegato  A,  fogli 69, 82, 83, 85)]. Sfoglia mappa.
     La ripresa dell’attività mineraria agli inizi dell’Ottocento coincise con un cospicuo afflusso di manodopera  e continuò, con qualche pausa, fino alla fine della seconda Guerra Mondiale [Bertamini 2005, vol. I, p. 507; Fanfani1936]. (Vedi mappa.)  Agli inizi del Novecento (1904), gli abitanti di Macugnaga erano 782;  di questi,  99 abitavano fra Motta e Quarazza, 152 a Borca, mentre 150 abitanti più 60 minatori stavano a Pestarena: tutti insieme costituivano oltre il 47 per cento della popolazione complessiva.
     La produttività massima delle miniere è documentata fra il 1937 e il 1945. Negli anni Cinquanta l’attività estrattiva impiegava ancora circa 300 operai. Nel 1953, furono molte le immigrazioni registrate nella frazione di Pestarena, segno che tale industria costituiva ancora uno stimolo importante [A.C.M., Immigrazione-Emigrazione, categoria XII, 1951-1955]. L’attività mineraria fu definitivamente abbandonata nel 1961.
      In virtù della presenza delle miniere, le dimensioni dell’abitato di Pestarena nel corso dei secoli aumentarono progressivamente e la struttura sociale si articolò. In particolare sono attestati artigiani impegnati nella lavorazione dei minerali:  la presenza di magistri stagnarii o peltrarii a Pestarena è attestata fin dal secolo XIII e per tutta l'età moderna. I primi notai attestati a Macugnaga appartenevano alla famiglia Cagna o Cani, impresari delle miniere d’oro (vedi mappa1; vedi mappa 2) [Bertamini 2005, vol. I, pp. 559 sgg.; vol. II, pp. 201-202 (29 giugno 1661)].
     Contribuì a modificare la struttura insediativa, favorendo anche l’ampliamento della frazione di Staffa, la costruzione della strada carrabile, fortemente sostenuta dalla Società mineraria inglese  The Pestarena United Gold Mining Company, Ltd. [Bertamini 2005, vol. I, p. 142], che nel 1899 raggiunse anche tale abitato.
     Grazie anche  al completamento della strada, Macugnaga divenne meta turistica assai frequentata da appassionati  di alpinismo e di sci. Tale flusso di persone, che era già abbastanza intenso dalla seconda metà dell’Ottocento, diede impulso, a sua volta,  a una robusta attività edilizia, in particolare nelle frazioni di Borca, Staffa e Pecetto, dove furono erette strutture per la ricezione dei turisti (a Borca è attestato l’albergo Albesini almeno dal 1858). [Bertamini 2005, vol. I, pp. 60-61, 147]. La rilevanza di tali attività nell’economia locale è comprovata dalla nascita dello Sci Club Macugnaga nel 1924[Bertamini 2005, vol. I, p. 156] e dall’impianto della Funivia nel 1959 [Bertamini 2005, vol. I, p. 160], che rafforzarono in maniera ulteriore gli investimenti nel settore terziario, contribuendo al progressivo abbandono da parte della popolazione locale delle attività di allevamento,  concia delle pelli, raccolta e filatura della lana, oggi  pressoché scomparse. La popolazione, tuttavia, aumentò fino a toccare i 1000 abitanti  nel 1962 [Bertamini 2005, vol. I, p. 610].
     Il mutamento occupazionale  della popolazione comportò l’abbandono degli edifici rustici (stalle e fienili) adibiti a ricovero invernale degli animali e allo stoccaggio del fieno. In buona parte alienati a turisti, parecchi i rustici sono stati  trasformati in seconde case, mentre quelli ancora di proprietà dei Macugnaghesi giacciono per lo più in stato di abbandono. Scomparsa della pastorizia e dell’attività mineraria hanno, inoltre, corrisposto a una drammatica trasformazione del paesaggio montano,  culminata nella costruzione del bacino artificiale a Quarazza e nello spopolamento del sito nel 1954 [Vd. Luoghi scomparsi].
Luoghi Scomparsi
A circa 1550 metri di quota, sopra la frazione Case Opaco (oggi nota come Opaco),   in corrispondenza della località il Bordo, sono stati rinvenuti nel 1993 i resti di circa 40 edifici,  di cui rimangono le fondamenta in pietra. A tutt’oggi i resti non sono stati datati.  Una diffusa tradizione walser, priva di riscontri documentari, li identifica con il primo nucleo insediativo della colonia walser a Macugnaga [Bertamini 2005,   p. 24].
     A 1304 metri di altitudine, sulla sponda occidentale dell’Anza, sorgeva la frazione Quarazza, identificabile con la stellara detta Quaratiola, menzionata nel documento del 999 [Bertamini 2005, vol. II, p. 10]. L’insediamento di Quarazza fu abitato stabilmente almeno dal secolo XV , quando si rilevarono 7 fuochi. Nel 1931 la frazione contava ancora 30 abitanti [Presidenza 1933; Bertamini 2005, vol. I, p. 610]. Nel 1937 furono avviati sondaggi e studi relativi alla realizzazione di un bacino per la produzione di energia idroelettrica,  da scavarsi nel sito dell’abitato [A.C.M., Lavori pubblici, 1937, con Tipi]. Nel 1954 fu costruita la diga per la costituzione del bacino artificiale, noto come “Lago delle Fate”. L’invaso per il bacino fu realizzato dove sorgeva il piccolo insediamento,  abbandonato nel 1951 dalle cinque  famiglie allora residenti e quindi  sommerso. Attualmente sopravvivono alcuni edifici sulla sponda orientale del bacino e un oratorio, ricostruito in parte con i materiali di recupero dell’antico oratorio di San Nicola [Valsesia 2006, pp. 181-182; Bertamini 2005, vol. I, p. 410; vd. Altre presenze ecclesiastiche].
     Inoltre, sulla mulattiera che da Quarazza conduceva al Passo del Turlo  esisteva un altro piccolo insediamento di minatori, nei pressi della miniera, anch’esso abbandonato nei medesimi anni e attualmente noto come “La Città Morta” o Ze Marwal,  oppure Krutzjini [Valsesia 2006, p. 182; Bertamini 2005, vol. I, p. 410].
     Stabioli, che nel 1671 contava 10 fuochi [Bertamini 2005, vol. II, pp. 202-203] e 20 fuochi nel 1822, per un totale di 76 persone [Bertamini 2005, vol. I, p. 609], fu progressivamente abbandonato, in particolare dopo la cessazione dell’attività estrattiva. [ISTAT 2010].
Comunità, origine, funzionamento
Macugnaga fece parte della comunità della valle Anzasca;    dipendeva dapprima dal giusdicente di Pieve Vergonte, quindi da quello  di Pietrasanta fino al 1328 e, infine, dal podestà di Vogogna, in rappresentanza del comune di Novara. Nel 1743,  con l’adesione all’Ossola Superiore,  Macugnaga dipese da Domodossola [Vd. Mutamenti di distrettuazione].
     A causa dell’incendio dell’archivio comunale nel 1639 [Vd. Assetto insediativo], le tracce documentari locali relative alla vita comunitaria risultano scarse fino al secolo XVII. Tuttavia, la collettività manifestava già la sua forza nel 1291, allorché  si emancipava, insieme alla valle Anzasca, dalla giurisdizione dei conti di Biandrate e otteneva ampie garanzie --  specie nei confronti  dei conti stessi  --  a tutela, in particolare, degli argentarii insuper de communi et hominibus de Macugnaga, in tutto il territorio della valle Anzasca, di Saas e di San Nicola [Bianchetti 1878, vol. IV, pp. 163-168]. Il progressivo strutturarsi della comunità e l’esigenza di provvedere con professionisti locali alla redazione di documenti sono attestati dalla comparsa,  nella seconda metà del secolo XIV,  di una folta schiera di notai locali  [Bertamini 2005, vol. II, pp. 23-25 (5 dicembre 1361)].  Le comunità dell’Ossola Inferiore erano dotate di una buona capacità contrattuale, tanto da ottenere nel 1381 l’approvazione di numerose richieste avanzate al signore di Milano Gian Galeazzo Visconti [Bianchetti 1878, vol.  II, pp. 259 sgg.], confermate nel 1447 dai "capitani e difensori della repubblica ambrosiana" [Bianchetti 1878, vol II, pp. 332-333].
     Due anni più tardi, gli uomini della valle Anzasca e di Macugnaga patteggiarono alcune concessioni con Vitaliano Borromeo, feudatario, ottenendo rilevanti concessioni,  che comprendevano l’esenzione dai dazi e la facoltà di amministrare la giustizia in sede locale [Bianchetti 1878, vol.  II, pp. 346-347]. La comunità macugnaghese, unica fra tutte quelle della valle, ottenne, inoltre, il diritto di usufruire del ponte sul Toce a Prata con esenzione dal pedaggio, a fronte di un pagamento una tantum di £10  imperiali [ A.P.M.,  Pergamene (27 ottobre 1458); Bianchetti 1878, vol.  IV, pp. 348-350].  Gli uomini di Macugnaga stabilirono dunque un rapporto proficuo con la famiglia Borromeo, infeudata della località [Bertamini 2005, vol. II, pp. 57-61], come emerge dal tenore del documento steso in data 3 agosto 1449, nel quale il conte Vitaliano concedeva agli Anzaschini la conferma delle esenzioni già vantate, ma anche quella dai dazi per il trasporto delle merci in tutto il territorio del ducato, il ripristino della strada della Valle a spese del feudatario e la facoltà per la valle di avvalersi di un giusdicente locale, luogotenente del giudice di Vogogna [Bianchetti 1878, vol.  II, doc. 114, pp. 346-347].
     L’Ossola ottenne anche l’esenzione dal mensuale, imposto dal governo spagnolo verso la metà del XVI secolo [Bianchetti 1878, vol.  III, pp. 475-515]. Risultano assai frequenti le richieste di esenzione o di sollievo da imposizioni e carichi fiscali presentate dai Macugnaghesi, accolte e rinnovate dai diversi governi, a testimonianza della grande capacità  degli abitanti di sostenere le proprie ragioni, talvolta anche in maniera vibrata -- come nella  minaccia dei Macugnaghesi di imbastire relazioni con i Vallesani: “saranno astretti [i Macugnaghesi] a conversar con li Valesani” [Bertamini 2005, vol. I, pp. 102, 192-194].
     Nel 1618 la comunità conseguì un altro successo importante, garantendosi l’investitura perpetua delle decime, spuntandola dunque sulle pretese del vescovo e della mensa episcopale di Novara,  che premevano per rinnovare la precedente investitura con aumento del fictus in funzione della aumentata superficie delle terre coltivate [A.V.V., Decime, 1618 gennaio 31;  Bertamini 2005, vol. II, pp. 118-122].
     Ancora uno sgravio fiscale, che risale al 1712, allorché la val d’Ossola ottenne l’esenzione dai dazi e dal bollo della carta. Dal documento di esenzione si apprende che la valle godeva già dell’esenzione da diverse altre imposte, quali il l “sesino del vino”, il dazio del pane, del vino, della carne e l’imbottato del vino. Un tempo conservato presso l’archivio della comunità nel campanile dell’antica parrocchiale, l'importante  documento a stampa fu trasferito nella nuova sede dell’archivio, dal quale fu trafugato e restituito in anni recenti al comune, presso la cui sede è ora conservato in una teca di vetro nell’ingresso [A.C.M., Dichiarazione magistrale del dì 26 genaro 1712 a favore della Valle d’Ossola che resta esentata da dazii e dal bollo della carta].
     Le riunioni della comunità si svolgevano inizialmente a Villa (Dorf) nello spiazzo (platea) antistante alla Chiesa dell’Assunzione della Vergine, sotto una pianta secolare. A seguito della parziale distruzione dell’abitato [Vd.  Assetto insediativo], il centro della vita politica e sociale fu trasferito a Staffa, presso la chiesa nuova, dove, nella piazza antistante,  sorgeva la casa della comunità [Bertamini 2005, vol. II, pp. 319-320 (28 giugno 1728)] . Nella nuova parrocchiale, nel 1767, fu istituito altresì l’archivio della comunità, un tempo conservato nel campanile dell'antica parrocchiale di Villa e andato in buona parte distrutto nell’incendio del 1639 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 345-346, pp. 351-352 e pp. 353-355, in cui si trova l’inventario delle scritture trasferite].
     Nel secolo XVII la comunità eleggeva un console, il quale era affiancato nell’amministrazione da consiglieri che rappresentavano i quattro Quartieri: il primo Quartiere superiore,  comprendente Pecetto superiore e inferiore;  il secondo Quartiere superiore.  a cui facevano capo Villa, Opaco, Prato, Staffa e Testa;  il primo Quartiere inferiore, composto da Isella, Borca, Motta, Fornarelli e Quarazza;  e il secondo Quartiere inferiore,  da Pestarena e Stabioli [Vd.  anche Assetto insediativo; documento trascritto in Bertamini 2005, vol. I, pp. 329-330, 333].
Statuti
Non sono stati rinvenuti gli statuti della comunità di Macugnaga, benché, come riferisce la “Dichiarazione magistrale” del 1712 [A.C.M., Dichiarazione magistrale del dì 26 genaro 1712], si possano considerare norme di riferimento alla stregua di statuti i Capitula, conventiones, privilegia, inmunitates, consuetudines et exemptiones di cui godevano le Valli d’Ossola, Antigorio, Vigezzo e Anzasca per concessione dei duchi di Milano del 19 marzo 1381 sulla base dei capitoli concordati con Gian Galeazzo l’11 aprile 1381 [Bianchetti 1878, vol. II, pp. 259 sgg.; vd. Comunità, origine e funzionamento], confermati il 16 giugno 1523 e il 29 agosto 1541 [Bianchetti 1878, vol. II, pp. 259 sgg.; vd. Comunità, origine e funzionamento].
     Sono noti, invece, numerosi corpi statutari riguardanti i singoli Quartieri nei quali era divisa la comunità [Vd. Assetto insediativo] e altri corpi normativi prodotti da privati (consorzii) relativi alla gestione degli alpeggi [Vd. Comunanze]. Il 26 novembre 1571 gli homines del Quartiere di Pecetto, Villa, Ripa e Opaco (definito poi primo Quartiere superiore di Macugnaga produssero Ordinamenta seu statuta […] super communalibus pro conservatione communalium, che, tra l’altro, servirono probabilmente da modello per le norme compilate dagli altri quartieri. Essi furono ampliati nel 1597, nel 1687 e nel 1749 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 235-242; pp. 322-329 (3 agosto 1749)].
     Nel 1691 gli abitanti del Quartiere di Prato, Staffa e Testa (definito poi secondo Quartiere superiore) stesero i propri Ordines et statuta [Bertamini 2005, vol. II, pp. 247-250; vol. I, p. 452]. Gli statuti del Quartiere di Borca (definito poi primo Quartiere inferiore) furono redatti nel maggio 1587, integrati nel 1639-40 e nel febbraio 1688 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 93-95, pp. 161-166; pp. 242-245].
     Nel 1709 fu la volta del Quartiere di Pestarena (definito poi secondo Quartiere  inferiore), che mise per iscritto le norme [Bertamini 2005, vol. II, pp. 279-282 (26 agosto 1709)].
     Alcune frazioni elaborarono Statuta e ordinamenta volti a tutelare il proprio territorio: gli uomini di Stabioli misero per iscritto nel 1652 gli ordines inerenti allo sfruttamento del territorio circostante all’abitato [Bertamini 2005, vol. II, pp. 176-179] .
     Talune località e consorzi di privati che possedevano o gestivano pascoli, alpeggi e boschi in comune provvidero a emanare norme che ne regolassero lo sfruttamento [Vd. Comunanze]. Statuto comunale 2003. Vedi testo.
Catasti
Presso l’Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, sono conservati il Catasto teresiano del 1722 [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Teresiano, Macugnaga, allegato A] (vedi mappa) e il Catasto Rabbini del 1864 [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Rabbini, Macugnaga]. Vedi mappa.
Ordinati
Non  rinvenuti. Forse non conservati in A.C.M., che risulta non inventariato né riordinato  al 2010.
Dipendenze nel Medioevo
Quando, il 22 giugno 999, il metropolita di Milano procedette a una permuta con l’abate del monastero dei Santi Graciniano e Felino (o di San Salvatore) di Arona, tra i molti beni oggetto della transazione se ne elencano alcuni in valle Anzasca, ossia quattro stellare (boschi cedui) e quattro alpicelle: Corte Vaccareccia, Carda, l’alpicella chiamata Macuniaga e Rovi. Già appartenenti alla pieve di San Pietro di Brebbia e dipendenti dalla chiesa ambrosiana, in tale occasione entrarono a far parte del patrimonio del cenobio di Arona [A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Arona Monastero di San Graciniano e San Filino; Bianchetti1878, vol.  II, pp. 24 sgg.]. Nel secolo X forse anche il monastero pavese di San Pietro in Ciel d’Oro vantava possessi a Macugnaga; di certo facevano parte del suo patrimonio alcune terre in valle Anzasca [Bianchetti 1878, vol.  II, pp. 10-19 (25 giugno 918)].
     Nel 1152 l'imperatore  Federico I confermò ai conti de Castello e ai conti di Biandrate possessiones et iura  e l’advocatia sugli uomini, monasteri e districta dell’Ossola [Bianchetti 1878, vol.  II, pp. 73-78]. Nel 1250 Pietro Crollamonte de Castello rimise (fecit finem et reffutacionem et iuris remissionem) a Gotofredo di Biandrate la giurisdizione della valle Anzasca [Bertamini 2005, vol. II, pp. 13-15], il quale ricevette il giuramento di fedeltà da parte della comunità. Nel 1291 gli uomini e la comunità di Macugnaga si emanciparono dalla giurisdizione dei conti di Biandrate dietro  il versamento di £100 [Bianchetti 1878, vol.  II, pp. 163-168]. L’ingresso di Novara nella dominazione viscontea, avvenuto nel 1332, determinò il passaggio dell’Ossola sotto il controllo dei signori di Milano e la concessione in feudo ai Borromeo [Vd. Feudo].
     Il monastero di Arona rimase a lungo proprietario di beni nell’alta valle Anzasca: nel 1208 concesse un’investitura ad fictum dell’alpe di Macugnaga a Enrico di Stresa; nel 1256, l’abate Corrado assegnò in fictum per cinque anni a Guidotto Visconti di Invorio le alpi di Mondelli, Macugnaga, Garda, Monte Cravario (Cicervald) e l'alpe detta "Beniem", ubicate nel territorio della valle Anzasca, con tutti i relativi diritti, al fitto annuo di cinque soldi imperiali e un formaggio [Bertamini 2005, vol. II, pp. 13 sgg].
     Ancora nel 1329 fu l’abate di San Graciniano a concedere in locazione per nove anni ad alcuni esponenti della famiglia de Vetio la quarta parte pro indiviso degli alpeggi Mondelli, Garda e Macugnaga, in valle Anzasca, al fitto annuo di un fiorino d'oro da corrispondere presso il monastero di Arona il giorno di San Martino [Bertamini 2005, vol. II, p. 18 (29 gennaio 1329)]. A man a mano, tuttavia, i suoi possessi furono erosi a causa  degli acquisti effettuati dagli abitanti della valle Anzasca, in particolare da parte delle grandi famiglie locali:  i Ferrari per Macugnaga; gli Albasini e Albertazzi nel resto della valle [Bertamini 2005, vol. I, pp. 73 e 83]. Ciononostante, ancora  tra la prima e la seconda metà del secolo XIV  il monastero disponeva almeno della quarta parte degli alpeggi [A.S.T.,  Corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Arona Santi Graciniano e Felino (23 dicembre 1342 e 12 giugno 1352)]. Nel 1401 l’abbazia di Arona possedeva l’alpe di Mondelli, che provvedeva a concedere in fictum, mentre, forse, gli altri possessi erano stati alienati [Rizzi 2005, p. 104 (15 marzo 1401)].
Feudo
Nel 1060 l'imperatore Enrico IV confermò alla chiesa di Novara, tra gli altri, i possessi nell’Ossola [Bianchetti 1878, vol. II, pp. 43 sgg.]. Nel 1152 Federico I confermò ai de Castello (i de Castello detenevano nell’Ossola diritti di advocatia:e la riscossione della decima)  e ai conti di Biandrate i loro possessi, fra i quali alcuni beni nell’Ossola, loro assegnati nel 1142 [Bianchetti 1878, vol. II, pp. 80 sgg.; pp. 86 sgg. (30 dicembre 1179);  pp. 73 sgg.]. I possessi dei Biandrate furono confermati da Enrico VI nel 1196 e quelli dei de Castello nel 1210 da Ottone IV  [Bianchetti 1878,  pp. 94 sgg; vol. II, pp. 108 sgg.].
     L’Ossola Inferiore, in particolare le aree sottoposte ai Biandrate e ai de Castello, entrarono a far parte della giurisdizione del Comune di Novara (1209, 1217 e 1223( [Balosso 1994;  Bianchetti 1878, vol. II, pp. 138 sgg. (23 novembre 1223 ]. Tra il 1332 e il 1352 essa nel 1332  fu annessa al dominio visconteo [Rizzi 2005, p. 66].
     Nel 1446 Macugnaga, in quanto parte del territorio e della giurisdizione di Vogogna, fu concessa in feudo a Vitaliano Borromeo [] con conferma del 16 agosto 1448  [Bianchetti 1878, vol.  II, doc. 110, pp. 325 sgg.; vol. II, docc. 113-114, pp. 343 sgg.; Guasco, 1911,  p. 1186] e mantenuto in seno alla famiglia fino alla fine del Settecento (1797).
Mutamenti di distrettuazione
Macugnaga e la Valle Anzasca facevano parte dell’Ossola Inferiore, che:
 
divisa in due parti dal fiume Toce, […] si estendeva, per un lato, da Ornavasso sino a Piedimulera, e di là sino in fondo alla Valle Anzasca.
 
Insieme con il comune di Novara, Macugnaga entrò a far parte della dominazione viscontea (1332). Fino al 1328, anno della sua distruzione, il capoluogo dell’Ossola Inferiore era stato Pietrasanta [Bianchetti 1878, vol. I, pp. 3-4; vol. II, pp. 169, 177], poi divenne Vogogna, presso la quale aveva sede il vicario [Bertamini 2005, vol. II, pp- 28-29 (20 maggio 1403)]. Come la Valle d’Ossola tutta, Macugnaga fu costituita in degagna dopo l’ingresso nella dominazione viscontea (1332), allorché, con tutta probabilità onde poter compilare correttamente l’estimo, se ne fissarono i confini. La ripartizione fu definitivamente approvata il 15 dicembre 1361, quando si riunirono a Bannio il vicario dell’Ossola insieme con i  rappresentanti delle comunità e agli extimatores incaricati  [Balosso 1994; Bertamini 2005, vol. II, pp. 23-25].
     Macugnaga rimase nel ducato milanese, a parte due brevi parentesi di dominazione svizzera nel 1410 e francese nel 1515-1521, e quindi entrò con esso nella dominazione spagnola (1535)] e austriaca (1706).
     Nel 1743 il Novarese e l’Ossola entrarono a far parte del Regno di Sardegna; nella circostanza Macugnaga ottenne di staccarsi dalla giurisdizione di Vogogna, cioè dell’Ossola Inferiore, e di entrare a far parte dell’Ossola Superiore, con capoluogo Domodossola [Bertamini 2005, vol. I, pp. 128-129]. Nel 1799 la Valle Anzasca aderì alla Repubblica francese [Bertamini 2005, vol. I, p. 132]. Assegnata al Dipartimento dell’Agogna, nel 1797 apparteneva alla Repubblica Cisalpina, dal 1802 definita Repubblica d’Italia [Bertamini 2005, vol. I, p. 135; pp. 40-41]. Rientrò sotto il dominio dei Savoia nel 1815 [Bertamini 2005, vol. I, p. 138]. Compreso nella provincia di Novare, vi rimase fino alla creazione della provincia del Verbano-Cusio-Ossola nel 1992. In anni recenti ha aderito alla Comunità Montana Valli dell'Ossola.
Mutamenti Territoriali
La sede del comune fu inizialmente Villa, poi Staffa dalla seconda metà del Settecento, quando fu completata la costruzione della nuova parrocchiale e della casa della comunità [Vd. Pieve; Comunità, origine e funzionamento]. Nel 1881 la sede fu trasferita a Borca, dove rimase sino al 1939, allorché fu definitivamente riportata a Staffa, dove si trova ancora oggi [Bertamini 2005, vol. I, p. 366; vd. Assetto insediativo].
Comunanze
I beni comunali più consistenti sono costituiti da alpeggi e boschi. Alcuni erano assegnati a consortes, ossia a gruppi di proprietari o di abitanti del luogo, che li sfruttavano secondo modalità ben precise, definite da statuti. A Macugnaga i beni comunali erano ripartiti per singoli Quartieri : il primo Quartiere superiore aveva in usufrutto gli alpeggi della Meccia e del Prello (Bill), mentre gli alpeggi oltre l’Anza, ossia Rosareccio e Pedriola, erano proprietà privata di alcuni consorzi di proprietari [Vd. Comunità, origine e funzionamento; Mutamenti di distrettuazione].
     Il 26 novembre 1571 gli homines del primo Quartiere superiore di Macugnaga, ossia di Pecetto, Villa, Ripa e Opaco, produssero Ordinamenta seu statuta […] super communalibus pro conservatione communalium, che, tra l’altro, probabilmente funsero da modello per le norme compilate dagli altri quartieri. Furono ampliati nel 1597, nel 1687, con indicazione delle aree comuni nelle quali era consentito il pascolo del bestiame da Testa a Pecetto e i periodi nei quali tale attività era permesso, oltre che il divieto e/o le condizioni previste per il taglio della legna [Bertaminii 2005, vol. II, pp. 235-242]. Ancora un ampliamento si ebbe nel 1749, con le norme relative al bosco comunale, ai monti comunali dell’Opaco e del Prello e al “piano comunale”. A questa data facevano parte dei communalia del Quartiere le alpi Meccia, Sonobierg, Rogolo dentro (Roffel dentro) e Fillar [Bertamini 2005, vol.II, pp. 322-329 (3 agosto1749)].
     Nel 1691 gli abitanti del secondo Quartiere superiore, ossia di Prato, Staffa e Testa, stesero i loro ordines et statuta per la tutela dei communalia, costituiti anch’essi da boschi e pascoli, in particolare l’Alpe Riben e i boschi sottostanti [Bertamini 2005, vol.II, pp. 247-250; ivi, I, p. 452]; al Quartiere facevano capo anche le Alpi di Schena e della Blezza che, tuttavia, erano proprietà privata degli uomini di Testa [Bertamini 2005, vol.pp. 247-250;vol I, p. 452; vol. II, pp. 315-317 (2 luglio 1725)].
     I termini per lo sfruttamento dei communalia di Borca, costituiti da boschi e pascoli, compaiono negli statuti del maggio 1587, integrati nel 1639-40 e nel febbraio 1688, in questi ultimi è evidente la preoccupazione per la tutela dei boschi, utili alla difesa della terra dalle valanghe e dalle frane [Bertamini 2005, vol.II, pp. 93-95, pp. 161-166 e pp. 242-245].
     Gli homines et persone di Pestarena disponevano in comune dell’alpe Garda e dell’Alpetto, mentre un consortile sfruttava gli alpeggi dell’alpe Moriana [Bertamini 2005, vol.II, pp. 155-159 (1638)]. Nel 1640 un accordo fra le comunità di Pestarena e di Stabioli fissò le modalità di sfruttamento del locum sive communalis […] de Morgano Opacum versus ubi dicitur ad Pontem, conteso fra le due, per il pascolo di ovini e per la raccolta delle frasche [Bertamini 2005, vol.II, pp. 166-169 (9 ottobre1640)]. Nel 1709 fu la volta del Quartiere inferiore di Pestarena, che mise per iscritto le norme anche a tutela del proprio patrimonio comunale [Bertamini 2005, vol. II, pp. 279-282 (26 agosto1709)]. Nel 1675 gli homines di Stabioli produssero una normativa relativa allo sfruttamento dei communalia, in particolare con riferimento al taglio e asporto del legname, allo ‘scalvamento’ dei faggi e al taglio dell’erba [Bertamini 2005, vol.II, pp. 204-205].
     Come emerge dalla scarsa documentazione, la comunità, sulla base della ripartizione in Quartieri, manteneva il controllo di aree piuttosto ampie di comunalia, costituite, come accennato, da alpeggi e boschi. Da una denuncia risalente al 16 giugno 1928 si riscontra il seguente patrimonio di beni comunali:
 
Boschi alto fusto ettari 1.180, boschi ceduo composto ettari 160, boschi ceduo semplice ettari 50, pascoli asciutti ettari 1.285, a coltura nulla, incolti 3.910.
 
I boschi “di altri enti” risultavano di un’estensione pari a 2 ettari e i boschi di proprietà privata erano di 400 ettari ad alto fusto, di 50 a ceduo composto e 150 di ceduo semplice A.C.N., Beni comunali, scaff. I, sala I, 1928; C.U.C.]. Nel secolo XX, in particolare negli anni 1943-1950, sono attestate alienazioni del patrimonio comunale, in particolare boschi, accanto a contratti d’affitto di appezzamenti boschivi destinati al taglio per il rifornimento di legna da ardere destinato al funzionamento delle miniere [A.C.M., Boschi, 1943-1950; C.U.C.].
     Numerosi erano i comunalia posseduti e sfruttati da privati, talvolta cosorziati tra loro, le cui modalità di sfruttamento vengono determinate in specifici statuti, come quelli relativi all’alpe Cicervald di Borca [Bertamini 2005, vol. II, pp. 186 (4 novembre 1654); pp. 186-192; 197-201]. L’alpe Pissa e l'alpe Prelobia nella Valle Quarazza, nel secolo XVII, erano appannaggio di un consorzio di “particolari” di Borca, Isella, Fornarelli, Quarazza e Motta, con modalità di uso stabilite nel 1680 e rinnovate nel 1711 [Bertamini 2005, vol. II, pp. 218-222 (21 settembre 1680); 245-247); 294-296]. Nel 1590 furono stesi gli statuti dell’alpe Piana dalle persone de Macugnagha et iuììius habentes in infrascripta alpe de la Piana; furono rinnovati nel 1706 [Bertamini 2005, vol .II, pp. 95-99; 274-279]. Nel 1706 i condomini et consortes dell’alpe Rogolo (Roffel), tutti abitanti della frazione Pecetto, procedettero a fissare i confini e gli obblighi reciproci relativi allo sfruttamento dell’alpe. Preferirono procedere alla divisione degli iura communia:
 
attento quod capsine seu caprarie ac stalle […] dilatentur in diversis partibus [Bertamini 2005, vol. II, pp. 270-274 (10 agosto 1706).
 
Altre conventiones relative all’alpe furono stipulate nel 1720. Gli statuta per lo sfruttamento per il pascolo dei bovini delle alpi Blezza e Schena, site nel quartiere di Testa, risalgono invece al 1725 [Bertamini 2005, vol.II, pp. 305-307; 315-317].
Liti Territoriali
Le attestazioni di liti territoriali sono rare. Per citare un documento del 1712 -- redatto, peraltro,  con l’esplicito intento di dimostrare che nella valle si faceva scarsissimo uso della carta, tanto più sigillata:
 
[I]n quel miserabile paese [la valle Anzasca] puochissime sono le liti, minori li contratti, rare le scritture, perché la sterilità e penuria che patiscono que’ montani, che lasciando ivi le donne, sono forzati andar per il mondo travagliando nell’arti più mecaniche, toglie non solo il genio, ma anco l’oggietto delle liti [A.C.M., Dichiarazione magistrale del dì 26 genaro 1712 a favore della Valle d’Ossola che resta esentata da dazii e dal bollo della carta].
 
Ciononostante, si può citare una vertenza, conclusasi nel 1640 con un accordo fra le parti, fra la comunità di Pestarena e quella di Stabioli, relativa al locum sive communalis […] de Morgano Opacum versus ubi dicitur ad Pontem, allorché si fissarono i termini di confine e le modalità per lo sfruttamento [Bertamini 2005, vol. II, pp. 166-169, 9 ottobre1640]. Si segnala inoltre  una vertenza fra la comunità di Macugnaga e il consortile di Borca,  che affermava essere proprietario dell’alpe Cicervald [Vd.  Comunanze]. I privati presentarono nell’occasione ampia documentazione contro le pretese del comune [A.C.M., Beni comunali, scaff. I, sala I, 1656 maggio 23-25].
     Nel 1870 era ancora in corso una causa per il possesso del bosco e dell’alpe del Rosareccio che era già in atto nel XV secolo tra vari privati di Macugnaga, da una parte, e privati della valle Anzasca, dall'altra, per il possesso degli alpegi di Pedriola e Rosareccio a Macugnaga [Rizzi 1991, p. 69, nota 108], con riferimenti documentari relativi alla vendita di diritti risalenti al 3 maggio 1423  e documenti del 1616 [A.C.M., Beni comunali, scaff. I, sala I, 1870, con Tipo].
Fonti
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A.C.M., Beni comunali, scaffale I, sala I.
A.C.M., Boschi, 1943-1950.
A.C.M., Dichiarazione magistrale del dì 26 genaro 1712.
A.C.M., Grazia, Giustizia e Culto, 1933-1938.
A.C.M., Immigrazione-Emigrazione, categoria XII,  1951-1955.
A.C.M., Lavori pubblici, 1937.
 
A.P.M. (Archivio Storico Parrocchiale di Macugnaga)
A.P.M., Pergamene.
 
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A.S.M., Atti di Governo, Commercio, parte antica, cartella 243.
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A.S.M., Comuni, cart. 42, Macugnaga, Memoriale degli huomini di Macugnaga (30 novembre 1573).
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi articolo 663, Mazzo 401, Macugnaga, Figura esteriore ossia facciata della montagna della casa orifera verso mattino di Giaccomo Antonio Lanti posta nel territorio di Macugnaga ove dicesi in Quarazza, s.d. (sec. XVIII). Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Mazzo 1, Macugnaga, "CARTA DI PARTE DEL TERRITORIO / DI MACUGNACA / in cui trovansi miniere d'oro, e d'argento, nella / Valle d'ANSASCA nell'OSSOLA Superiore / alto NOVARESE".Carta Topografica di una parte del Territorio di Macugnaga nella Valle d'Anzasca, colle miniere che vi si trovano. Originale dell'Ing. Topog.o Sottis sulla Scala di 1/2880, s.d. [Autore disegno originale: Non indicato (carta derivata da un originale di Sottis)]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Mazzo 1, Anzasca, "CARTA TOPOGRAFICA IN MISURA DELLA VALLE D'ANZASCA PARTE DELLA GIURISDIZIONE DELL'OSSOLA SUPERIORE E / PARTE INFERIORE NELL'ALTO NOVARESE COL DELINEAMENTO DELLE MINIERE ESISTENTI NEI TERRITORJ D'ESSA VALLE.". Carta Topografica della Valle d'Anzasca e di parte della Giurisdizione dell'Ossola Superiore, ed Inferiore, nell'Alto Novarese, col delineamento delle miniere, e descrizione delle selve esistenti nei Territori d'essa Valle. Sottoscritta Giambattista Sottis 1758. Sulla Scala di 1/23760 (12 giugno 1758) [Autore disegno originale: Giambattista Sottis]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Mazzo 22, Piemonte, "Carte Topographique Mineralogique des Etats du Roi en Terre ferme" Carte topographique minéralogique des Etats du Roi en terreferme. par le Chevalier Esprit Bénoit Nicolis De Robilante Inspecteur General des mines depuis l'An 1752, jusq'à l'An 1768. Avec un index des Lieux  (Note: In alto a destra sopra il margine: "Mém. de l'Accad. R. de Turin An. 1784-85. T.I. P.I. Pag. 191-304. Pl. VI."),   1784-1785 [Autore disegno originale : Esprit Bénoit Nicolis De Robilante (Di Robilant)]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete,  Borgonio B 5 Nero, Mazzo 1, v. immagine 2 ("CARTA / DEL / BURGOGNO"). Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16) (Note: Sul verso: "Alto Novarese". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 1 nero), 1772. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, v. immagine 3 ("CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA […]"). Borgonio (Ingegnere) Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16) (Note: Sul verso: "Carta II. / Che contiene il Novarese alto, e basso, / Vigevenasco, e la Valle di Sesia, con la maggior parte del / Biellese, e Vercellese, e piccola parte del Ducato d'Aosta, e / delle Provincie d'Ivrea, e Lumellina con lo Stato di / Milano, Cremasco, Bergamasco, e parte de' Svizzeri, / Bresciano, Cremonese, Principato di Pavia, / e Lodigiano". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero) [Stagnon 1772]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Mazzo 2,"CARTA TOPOGRAFICA / DELL'ALTO NOVARESE / DELLA VALLE DI SESIA / E DELLA / RIVIERA / D'ORTA" Carta Topografica dell'Alto Novarese, della Valle di Sesia e della Riviera d'Orta; sulla scala di 1/95040: senza data e senza signatura. [Note : Sul verso: "Turin [...] 5 Mai 1808" ), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Ufficio topografico stato maggiore, Mazzo 127, Confini con la Svizzera,  Macugnaga, "PORZIONE SETTENTRIONALE / DELLA MAPPA / DI MACUGNAGA / ED UNITI / LIMITROFA COLLI SVIZZERI / TERMINATA LI VIII SETTEMBRE MDCCXXII". "[...] Mappa [...] limitrofa colli Svizzeri", 14. "Porzione Settentrionale / della mappa / di Macugnaga / limitrofa colli Svizzeri". 8 settembre 1722. Senza autore. Forma irregolare. Matita, inchiostro nero e rosso, acquerello azzurro. Scala di 1:5000. Senza orientamento., 1722. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Arona Monastero di San Graciniano e San Filino.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi articolo 665, Mazzo 4, Valle Anzasca,  "Prospetto della Montagna cosidetta de' Valleri in Valle Anzasca, territorio di Prequartera,e Macugnaga, ... sig.ri Albasini di Vanzone ...miniere ..". Miniere in Valle Anzasca, (Note: Sul verso: "...Tipi relativi a Declaratoria Camerale 23 ottobre 1824 …"), 1824. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi articolo 665, Mazzo 5, Valle Anzasca, Prospetto della Montagna di Valle Rossa in valle Anzasca,Comune di Macugnaga,Provincia d'Ossola,...abitato di Pistarina...miniera ...il Cavetto...(Note: Sul verso: "...Tipi relativi a Declaratorie Camerali 18 marzo 1825 ..." ) (Data: 07/02/25), 1825. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto teresiano. Allegato A, Mappe catastali teresiane, Mazzo:  Portafoglio 203, Circondario di Ossola, Mandamento di Bannio, Macugnaga,  Li communi di Macugnaga cioè Pechieto di Sopra e di Sotto, Villa, Prà, Staffa, Borca, Isella, Spisso, Pesterena, Stabioli, Valle Anzasca, Lago Maggiore Ducato di Milano misurato per ordine della Cesarea Real Giunta dal geometra Placido Corradini cominciato lì 2 luglio e terminato lì 8 settembre 1722 assistito da Francesco Perego, Melchior Cogliati, Giuseppe Lanti, Cristoforo Dal Prato, Antonio Bianchi (Data: 1722). Fogli 1-116. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario dell'Ossola,  Mappe, Mazzo 48, Macugnaga, Allegati A-M, Mappe originali del comune di Macugnaga e Rilevamenti particellari (Data: 1864). Fogli 1-12. Vedi mappa.
 
A.V.N. (Archivio Storico Diocesano di Novara). Vedi inventario.
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A.V.N., Acta Visitationis, T. 97.
A.V.N., Acta Visitationis, T. 209.A.V.N., Decime.
 
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE C-2784, H. Keller's Reisecharte der Schweiz. Carte routière de la Suisse,... publiée par l'auteur à Zurich, 1813, augmentée et corrigée jusqu'en 1819, H. Keller, 1819. Vedi mappa.
 
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Descrizione Comune
Macugnaga
    L’insediamento sorge all’estremità di una stretta diramazione della Valle dell’Ossola: la Valle Anzasca, che prende il nome dal torrente Anza da cui è percorsa fino alla confluenza con il   fiume Toce a fondovalle. Gli insediamenti di Macugnaga si dipanano lungo gli ultimi sei chilometri della valle, sino quasi alle pendici del ghiacciao, o giazzaro,  del Belvedere che, alimentato dai ghiacciai della Nordend, del Monte Rosa e del Signal, scende fino a 1800 metri di altitudine. 
     A causa della posizione geografica e della natura del territorio, che rendevano pressoché proibitive le condizioni di vita, Macugnaga risulta abitata --  probabilmente in maniera temporanea,  limitatamente  ai mesi estivi --  soltanto  dal secolo X, con un insediamento   stabile a partire dalla seconda metà del Duecento. Per le dure condizioni climatiche, gli insediamenti  occupati per tutto il corso dell'anno, che sorgevano fra i 1040 e i 1346 metri di quota , erano per la maggior parte disposti sul versante meridionale della valle,  maggiormente soleggiato, benché in corrispondenza dei siti delle miniere si possano trovare centri abitati anche sul lato a bacìo (Fornarelli, Quarazza).
     L’assetto insediativo era costituito  da alcuni nuclei abitati di modeste dimensioni, benché con spessori demici ed edilizi differenti tra loro e mutevoli nel tempo. Durante la visita pastorale del 1595 Carlo Bascapè, vescovo di Novara, annotava:
 
Macugnaca […] qui mediocris pagus est, germanice loquentium, attingens glaciarium (Macugnaga [...] modesto villaggio, i cui abitanti sono di lingua germanica, che lambisce i ghiacciai)  [Bascapè 1612, p. 209].
 
Territorio di alta montagna, esposto ai venti del ghiacciaio, Macugnaga è connotata non soltanto da un clima rigido, ma anche da una economia peculiare, basata, sino al secolo XIX,  in prevalenza sull’allevamento ovino e bovino., L'allevamento fu affiancato dalla industria mineraria dal XIII al XX secolo,  quindi,  dalla seconda metà dell’Ottocento, anche  del turismo. 
     Su queste basi, il  territorio risulta interessato da due tipologie di flussi migratori. Il primo tipo  si potrebbe definire strutturale, costituito dall’emigrazione stagionale di uomini che,  durante l’inverno,  si trasferiscono nei borghi del fondovalle in cerca di lavoro. Fenomeno tipico dei villaggi montani, questo tipo di migrazione stagionale  non determina ristrutturazioni a livello insediativo. Un secondo tipo di flussi migratori  gioca un ruolo importante, invece, sullo sviluppo dei piccoli nuclei abitati della comunità. Si tratta della  immigrazione legata alle opportunità d’impiego offerte, in primo luogo, dall’attività di estrazione dei metalli,  che determina una grande affluenza di manodopera nelle località dove tale industria si sviluppa (in particolare, Pestarena, Fornarelli, Stabioli, Quarazza e Borca) e, in secondo luogo, dallo sviluppo del turismo.     
     Nel corso dei secoli Macugnaga ha presentato  una estensione territoriale stabile, i cui confini coincidono tutti con limiti naturali:  i crinali montani e il Sasso Morghen, quest'ultimo in corrispondenza del confine verso Ceppo Morelli. Nel corso degli anni non sono registrati  tensioni né  conflitti con e comunità limitrofe.  Mutevole appare, invece, la gerarchia insediativa interna alla comunità. Le metamorfosi in questo ambito appaiono determinate soprattutto da motivi di tipo economico e sociale, tra loro interdipendenti. Vedi mappa1. Vedi mappa 2.    
     Una importante eccezione va fatta subito per l’abitato di Villa,  il cui ridimensionamento  è da ricondursi a due eventi catastofrici:  un incendio e un'alluvione, verificatisi a un anno di distanza l’uno dall’altra, nel  1639 e nel 1640. Con la distruzione di almeno 40 edifici, quelle calamità determinarono una forte contrazione  dell’abitato e il conseguente declassamento delle sue funzioni di centro della comunità, tanto che la dignità parrocchiale venne affidata alla nuova chiesa costruita nella frazione di Staffa. Anche il centro della vita civile, che,  fino alla costruzione della nuova parrocchiale,  era stato Villa, fu spostato a Staffa: qui,  nei pressi della nuova chiesa di Santa Maria Assunta,  sorse la nuova casa della comunità, destinata a ospitarne le riunioni consiliari.
     Nel corso del tempo, fu  tuttavia  l’attività mineraria a segnare ancor più profondamente gli assetti insediativi dei vari nuclei di cui si componeva Macugnaga, determinando, a partire dalla fine del secolo XVII e, in particolare, durante il XVIII, un progressivo aumento del peso demografico e politico dei Quartieri inferiori a scapito  dei Quartieri superiori, gli uni e gli altri ripartizioni territoriali tipiche della comunità [Vd. Assetto insediativo]. L’attività mineraria stimolò, infatti, un intenso fenomeno di immigrazione e un conseguente aumento demografico della popolazione della valle, ma sbilancita a favore   dei Quartieri inferiori. Vedi mappa 1.    Vedi mappa 2. Vedi mappa 3.
     Per questa ragione crebbero le dimensioni di alcuni nuclei insediativi, in particolare Pestarena, Borca, Stabioli, Fornarelli e Quarazza, che si dotarono anche di edifici religiosi e cimiteri e,  a partire dal secolo XVII,  tentarono di imporsi anche politicamente. Specchio della consapevolezza del nuovo peso che gli abitanti dei Quartieri inferiori avevano assunto in seno alla comunità grazie ricchezza prodotta grazie all’attività mineraria fu la pretesa, avanzata in sede di riunione di tutti i rappresentanti dei Quartieri,  che la nuova chiesa parrocchiale fosse costruita non più in una località dei Quartieri superiori, dove era sempre stata, ma presso una località dei Quartieri inferiori. Nonostante l’insuccesso di tale richiesta, è assai significativo che Borca, Pestarena e Stabioli si siano dotati, a mano a mano,  di chiese, con funzioni sia (Borca nel 1733) sia  parrocchiali (Pestarena nel 1949-50), nonché  di cimiteri. Dal 1881, ancora una volta in virtù dell'importanza  economica  dell’attività estrattiva e della consistenza demica degli abitati ‘inferiori’, la sede del comune fu trasferita da Staffa a Borca, dove rimase sino al 1939.
     Lo sviluppo del turismo, sommatosi,   dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, con l’abbandono delle miniere, della pastorizia e dell’allevamento, ha  determinato una inversione di tendenza nelle dinamiche insediative della valle. Viene abbandonato e sommerso l’abitato di Quarazza per consentire la realizzazione di un bacino artificiale destinato alla produzione di energia idroelettrica. Alcuni abitati vengono progressivamente abbandonati (a oggi Stabioli risulta disabitata), mentre, in particolare, cresce la frazione Staffa grazie, innanzituttto, alla costruzione della strada carreggiabile che la raggiunge già nel 1899.
     Grazie al completamento della strada, Macugnaga diventa gradualmente  meta turistica assai frequentata da appassionati di sci e di alpinismo. Il flusso turistico, già abbastanza intenso a  partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dona impulso a una robusta attività edilizia, in particolare nelle frazioni di Borca, Staffa e Pecetto, dove si costruiscono strutture per la ricezione dei turisti e, in seguito,  impianti di risalita per gli sciatori. A tutt’oggi Staffa, centro religioso e civile, è la frazione demicamente più consistente, con oltre il 50 per cento della popolazione dell’intero comune.