Gavi

AutoriCastellani, Luisa
Secondary AuthorsCerino Badone, Giovanni
Anno Compilazione1998
Anno Revisione2013
Provincia
Alessandria
Area storica
Repubblica di Genova, Oltregiogo.
Abitanti
4691 [Dato ISTAT al 31 dicembre 2013].
Estensione
5090 ha [ISTAT] e 5163 ha [SITA] al censimento del 1991.
Confini
Arquata Scrivia, Bosio, Carrosio, Francavilla Bisio, Isola del Cantone (GE), Novi Ligure, Parodi Ligure, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo
Frazioni
Istat riconosce come frazioni solo il centro di Gavi, Fabbrica-Bertolino, Nebbioli, Pratolungo inferiore e Rovereto Chiersa, mentre sono considerati centri minori: Alice - Boghea - Cheirasca - Fossato Superiore - Gemmi - Lungarola - Malvicina – Moncalvi – Monterotondo - Pessenti - Pratolungo Superiore - Raineri - Sermoria - Sottovalle - Valle - Valrossara - Zerbe Inferiori - Zerbe Superiori – Zerbetta [ISTAT 2001]. Sottovalle tuttavia non è più dipentente dal Comune di Gavi dal 2007 [vedi Mutamenti territoriali].
Toponimo storico
Il primo riferimento a Gavi risale al 972, dove il sito viene menzionato come locus, ovvero un ambito rurale con un primitivo nucleo di popolazione agricola. [Ferretto 1909, doc. III].
Alice è testimoniata dagli inizi del XVI secolo: nel 1508 la famiglia Alice, che ha derivato il nome dal villaggio, partecipava all’amministrazione del comune di Gavi designando un proprio rappresentante (Benso 2004, p. 77).
Monterotondo: i primi riscontri documentali su Monterotondo risalgono al 1171, e sono riferiti alla chiesa rurale dei Santi Cosma e Damiano. nel 1204 e nel 1205 nella località vengono menzionate le aree agricole Monticello e Valletta (Benso 2004, p. 90).
Pratolungo è menzionato per la prima volta nel XIV secolo, tra i possedimenti dell’abbazia di Precipiano (Benso 2004, p. 93).
Rovereto è già ricordato nel 973 e nel 1033 fra le proprietà dei marchesi di Gavi (Benso 2004, p. 84).
Sermoria prende nome dalla famiglia Salmoira, testimoniata nella località dal XIII al XIV secolo (Benso 2004, p. 76). Sottovalle era indicata come Gaterico nell’anno 1006 e in seguito come Getuala (Benso 2004, p. 88)
Diocesi
Gavi inizialmente dipendeva dalla diocesi di Tortona. Nel 1217 viene assegnato alla curia genovese, con la pieve di Caranza (Mongiardino) [Desimoni 1896, doc. VI]. Il passaggio venne confermato nel 1255 dalla bolla di Alessandro IV [MHP, Iurium, I; 1222].
Pieve
Pieve di Santa Maria in Lemoris, poi la chiesa di San Giacomo Maggiore di Gavi assume funzioni pievane. La chiesa di San Giacomo fu edificata durante la signoria dei marchesi di Gavi, in un periodo precedente il 1172, anno in cui risulta citata per la prima volta nelle fonti. Il tempio conserva forse memoria di un precedente ospizio per pellegrini sulla via di Campostella. Originariamente incluso nell’ambito della diocesi di Tortona, San Giacomo venne assegnato alla diocesi di Genova nel 1248, con altre istituzioni religiose della valle del Lemme. nello stesso anno sono attestati i canonici delle chiesa, che evidentemente all’epoca aveva titolo di collegiata, e fruiva di benefici territoriali (Benso 2004, p. 41). A San Giacomo furono trasferite, successivamente al 1385, le funzioni vicariali esercitate in origine dalla Pieve di Santa Maria in Lemoris, con giurisdizione su numerose parrocchie della zona (Bosio, Capriata, Castelletto, Monterotondo, Parodi, Pasturana, tassarolo, tramontana, mentre la chiesa di Pratolungo era inclusa nel vicariato di Voltaggio). Nell’area antistante esisteva un cimitero, come testimoniano le lapidi recuperate dall’area di sepoltura spostata alla Crosa del Pedaggio nel 1811. Alcuni conci della murata della chiesa recano incise labili tracce di graffiti cruciformi, ritenuti indizi del passaggio dei battuti o flagellanti, che raggiunsero Gavi intorno al 1260 e suscitarono le prime iniziative di costituzione delle confraternite.
La frazione Sermoria, borgata inclusa nei confini amministrativi del comune di Gavi, è dipendente dalla parrocchia di Carrosio.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Altre parrocchie esistenti sul territorio di Gavi:
Parrocchia di Alice. La chiesetta primitiva è ricordata nel 1582 come oratorio dedicato a Sant’Antonio: ‹‹Oratorium S. Antonij in villa Arzii››. All’inizio del XVII secolo l’altare venne ornato da una statua lignea del martire veronese San Fermo, al quale nel 1671 fu titolata l’istituzione. Un secolo dopo, la chiesa è ancora indicata come cappella rurale. L’edificio, che sorgeva nel sito dell’attuale parrocchia, al di fuori del nucleo urbano, con l’ingresso verso il torrente Ardana, fu ampliato nel 1834 la chiesa, che dipendeva dalla prevostura di Gavi, fu eretta in parrocchia nel 1936.
Parrocchia di Rovereto. La chiesa della frazione, in origine cappella rurale dedicata a nostra Signora Consolata, restò alle dipendenze di San Giacomo di Gavi sino al 19 agosto 1927, allorché venne eretta in parrocchia dal cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, arcivescovo di Genova.
Parrocchia di Sottovalle. La Parrocchiale dedicata a San Nicolò di Bari. La prima testimonianza documentale della chiesa risale al 1457, anno in cui risulta annessa alla prevostura di Rigoroso. nel 1588 è indicata come parrocchia autonoma nell’ambito del vicariato di Voltaggio. Nel tempio si conserva una statua tardo settecentesca della Madonna del Rosario e un organo acquistato nel  1885 dalla chiesa di Santa Caterina in Genova. Nei pressi della chiesa è testimoniata nel 1876 la cappella di San Rocco.
Parrocchia di Monterotondo. I primi riscontri documentali su Monterotondo risalgono al 1171, e sono riferiti alla chiesa rurale dei Santi Cosma e Damiano. nel 1204 e nel 1205 nella località vengono menzionate le aree agricole Monticello e Valletta. nel 1499 è nuovamente ricordata l’antica chiesa, ristrutturata per iniziativa dei Guasco signori di Gavi (e lo stemma dei feudatari è leggibile sull’edificio, da tempo sconsacrato, che ancora esiste sul colle in prossimità della villa Sparina). La chiesa attuale fu eretta all’inizio del XVIII secolo con il contributo di Carlo Lomellini, e inaugurata il 30 settembre del 1703 sotto il titolo dell’Immacolata e dei Santi Cosma e Damiano. nel 1798 è ancora ricordata come cappella rurale. La richiesta di elevare la chiesa a parrocchia fu avanzata al papa Pio VII da Marco Lomellini, che ospitò il pontefice nella villa Lomellina il 18 maggio 1815. Peraltro il titolo parrocchiale fu riconosciuto soltanto il 6 febbraio 1833. Un secolo dopo la chiesa di Monterotondo venne designata quale prevostura dal cardinale Carlo Dalmazio Minoretti.
 
Principali enti ecclesiastici del territorio comunale di Gavi articolato nelle seguenti categorie:
1. Chiese e oratori cittadini
2. Monasteri e conventi
3. Ospedali
4. Cimiteri ed altri edifici religiosi
5. Chiese campestri
6. Altre religioni
 
1. Chiese, oratori e cappelle cittadini.
Oratorio della confraternita dei Santi Giacomo e Filippo (o ‹‹della morte et oratione››). L’edificio sorge tra Via Garibaldi e Via dell’Ospedale, e viene comunemente indicato come oratorio dei Bianchi, dal colore della sopraveste rituale degli aggregati. Secondo le testimonianze locali, si tratta della confraternita gaviese di maggiore antichità, anche se il riferimento all’anno 1399, desunto da una generica notazione di Cornelio Desimoni, è del tutto indiziario. L’istituzione figura invece nel 1582 tra quelle elencate dal visitatore apostolico della diocesi di Genova, che decreta fra l’altro una singolare prescrizione, vietando di mangiare nell’oratorio sia il Giovedì Santo sia in qualunque altra circostanza (‹‹In oratorio S.ti Iacobi feria quinta in cena domini vel quovis alio tempore quicquam comedi interdicitur››). I capitoli che disciplinavano l’ordinamento della confraternita furono redatti nel 1723 e confermati nel 1736. tra i compiti dell’istituzione, oltre agli adempimenti di carattere liturgico, erano indicati la sepoltura dei defunti meno abbienti e dei prigionieri del Forte, nonché la gestione dell’ospedale e del Monte del grano, che anticipava la semente ai contadini poveri. Nel 1725 la congregazione si unì all’arciconfraternita romana della ‹‹morte et oratione››. Da quel momento gli associati iniziarono a vestire la cappa nera in alternativa alla bianca nelle cerimonie funebri. La chiesa, restaurata nel 1975, presenta una struttura assai semplice, con il tetto a doppio spiovente e il paramento esterno ornato da pitture che raffigurano, al centro, il simbolo dell’arciconfraternita di appartenenza e sui due lati i Santi contitolari Giacomo e Filippo.
Oratorio dei Turchini. L’edificio sorge nel punto in cui confluiscono in Via Garibaldi Via Monserito da nord e Via dell’Ospedale da sud est, e prende il nome di “dei Turchini” dal colore azzurro della sopraveste rituale dei confratelli. L’oratorio è officiato dalla confraternita di n. S. Assunta, in origine denominata Compagnia dei disciplinati di Santa Maria. La confraternita, testimoniata nel 1582, gestiva il Monte di Pietà, che concedeva prestiti alle famiglie povere senza praticare interesse. Funzione sociale che i turchini hanno adempiuto sino ai primi decenni del novecento. All’esterno dell’oratorio si può ancora leggere la scritta Monte Pio, recuperata dal restauro, che ricorda il servizio praticato dalla confraternita. La rudimentale cassa in legno rafforzata da centine metalliche, dove venivano conservati i pegni a garanzia dei prestiti erogati dal Monte, è oggi collocata nella sala consigliare del Comune di Gavi. Le suppellettili di maggior valore del corredo liturgico della congregazione, che includeva oggetti d’argento di manifattura genovese marchiati torretta, furono requisite dalla Repubblica Ligure alla fine del XVIII secolo e in parte riscattate con il contributo degli associati. L’istituzione possedeva anche ampie proprietà terriere sul colle dove sorge il Santuario della Madonna della Guardia, ancora denominato, nella tradizione locale, Colle dei turchini. La chiesa presenta una struttura esterna assai semplice, con la consueta architettura a capanna ravvivata dallo slancio del campanile. L’interno èa unica navata con volta a botte.
Oratorio della confraternita della SS. Trinità. La presenza in Gavi della confraternita è testimoniata dalla seconda metà del XVI secolo con l’aggregazione all’arciconfraternita della SS. Trinità di Roma nel 1609. La tradizionale denominazione ‹‹dei Rossi›› è riferita al colore della sopraveste rituale dei confratelli. Alla congregazione facevano capo anche gli abitanti di un’ampia area extraurbana, che raggiungeva le case sparse di Valle a est e, sino alla seconda metà dell’Ottocento, àlice e zerbetta a sud. La confraternita gestiva il Monte del Grano (con amministrazione autonoma e separata dall’analoga istituzione dei Bianchi), e un forno costruito nel 1670 con casa, cascina e negozio annesso, affittato a privati con l’obbligo di vendere il pane e i generi alimentari a basso prezzo. In precedenza, la chiesetta dei Rossi era ubicata in un’area agricola oltre la porta di Borgonuovo, all’inizio della strada per Bosio, quasi in riva al Lemme. Ricordata nel 1582 come ‹‹Cappella parva S.te Trinitatis prope Gavium››, è testimoniata sino al XVIII secolo come cappella campestre, e alcuni ruderi erano ancora in sito nei primi anni del novecento. Il nuovo oratorio, edificato intorno alla metà del XVII secolo, presenta la copertura di colmo a doppia falda, il campanile barocco e un prospetto lineare.
Chiesa sconsacrata di Sant’Antonio. L’edificio è stato costruito nel XIX secolo in sostituzione di un’altra cappella dedicata a San Raffaele, ancora segnata nell’Atlante di Matteo Vinzoni del 1773. La struttura presenta una sopraelevazione dell’alzato originario, leggibile nella modifica della copertura di colmo, e semplici linee a capanna.
Sacrario di Porta Parodi, ancora raffigurato in un dipinto del 1845. Oggi esiste una cappelletta a margine del manufatto sul versante di Borgonuovo, ornata con un dipinto murale della Madonna della Guardia, eseguito intorno al 1870 da Santo Bertelli (Arquata 1840 Genova 1892).
Chiesa della Beata Maddalena, che esisteva prima del 1641 ed è ancora evidenziata su una mappa Vinzoniana del 1785. Era collocata lungo la strada la strada, che segue il corso del Lemme, e Via Cavalieri di Vittorio Veneto, che attraversa il quartiere della Maddalena.
Chiesa di San Rocco. Era collocata all’incrocio tra Via Bertelli e Via Roma, ed era stata costruita nel 1876 in sostituzione di un preesistente sacrario, demolito a seguito di ampliamenti e modifiche della sede stradale. L’edificio fu demolito nel 1960.
Chiesa di San Gottardo, ancora annotata da Matteo Vinzoni nel 1773, che sorgeva all’esterno delle mura lungo la strada per Francavilla.
Cappella di San Gottardo, officiata dai Bianchi nel XVIII secolo.
Cappella di Sant’Antonio Abate o del Paraso, esisteva in Piazza Marconi.
Chiesa di Santa Maria e Santa Barbara. SI tratta di una chiesa esistente all’interno del Forte. Esiste una seconda chiesa, collocata nella parte sommitale della fortificazione, e destinata ad ufficiare la messa per il corpo degli ufficiali.
 
2. Monasteri e Conventi
Monastero di Sant’Eusebio. Sorgeva solitario nell’area occidentale della Maddalena. Sant’Eusebio è ricordato tra il 1127 e il 1462 come dipendente dall’Abbazia Benedettina di Santa Maria di Castiglione Parmense, ma dal 1433 risulta officiato dai Carmelitani. nel 1200 i delegati di Genova e Tortona vi sottoscrissero un trattato fra i due Comuni. nel 1464, per ragioni di sicurezza e di maggiore comodità dei fedeli, i monaci chiedono al pontefice Paolo II di poter costruire un nuovo convento con chiesa annessa entro le mura di Gavi, in un’area donata da Tommaso Borlasca nel quartiere di Mezzo superiore. nel 1530 il vecchio monastero viene abbandonato e progressivamente scompare: nel 1641 è definito oratorio campestre; nel 1818 un accumulo di pietrame ne segna le rovine. nella zona in cui sorgeva Sant’eusebio fu edificata una fornace, già ricordata nel 1454 (‹‹una terra sita alla Bettola o Fornaci nuove››) e ancora esistente nel 1914. Il monastero possedeva anche l’intera area della Maddalena, passata ai Lomellini nel XVIII secolo e in seguito lottizzata e ceduta in enfiteusi a famiglie gaviesi. Alla fine dell’Ottocento, durante l’aratura dei campi, furono rinvenuti nella località i resti di un sepolcro, che venne attribuito all’arca funeraria di Spinetta Spinetta Fregoso, morto a Gavi nel 1470 e sepolto probabilmente nel monastero. Dell’istituzione resta oggi una labile traccia toponomastica nella titolazione di Via Sant’Eusebio, cioè del tratto di strada che da Via Cavalieri di Vittorio Veneto si immette in Via Voltaggio all’altezza del guado per Bosio.
Convento di Santa Maria dell’Annunziata, edificato nella seconda metà del XVI secolo e in cui si trasferirono i Carmelitani dopo l’abbandono del monastero di Sant’Eusebio alla Maddalena. Nel 1582 vi erano sei altari; nel 1798 fu espropriato dalla Repubblica Ligure, e ‹‹l’ampio fabbricato con le numerose sepolture delle migliori famiglie gaviesi venne abbandonato all’incuria e alla studiata volontà di distruzione›› (Benso 2004, p. 32). Una rilevazione cartografica del 1897 evidenzia nel sito dell’antico convento soltanto qualche frammento di muro. Fra le opere d’arte conservate nel monastero, si recuperarono un Crocefisso ligneo settecentesco, alcune statue e l’altare marmoreo della cappella Sertorio, acquistati da Monsignor Antonio Reggio e donati all’oratorio dei Bianchi. Monsignor Reggio fece anche edificare, a margine dell’area in cui sorgeva la scomparsa istituzione monastica, una piccola cappella, tuttora esistente, dedicata a Santa Maria del Carmine. L’organo della chiesa conventuale fu acquistato dalla Compagnia del Rosario e donato alla parrocchiale di San Giacomo.
Convento di N.S. delle Grazie di Valle. Poco oltre il nuovo cimitero, appare, isolato sulla destra della strada, il convento località, comunemente indicata come Valle e ricordata per la prima volta nel 1260, sorgeva un’edicola ornata dall’effigie della Madonna col Bambino, dove predicò San Bernardino tra il 1429 e il 1431. nel 1455, sul sacrario venne costruita una cappella dedicata alla Vergine, e alla vecchia immagine della Madonna si aggiunse una statua del Santo fatta erigere da Spinetta Fregoso, all’epoca signore di Gavi. nel 1466 fu edificata una chiesa più ampia intitolata a San Bernardino, che nel 1582 aveva ancora un solo altare. Accanto alla chiesa sorgeva l’abitazione del cappellano: ‹‹domus contigua in qua cappellanus habitat››. Intorno al 1590 si gettarono le fondamenta del monastero di n. S delle Grazie sotto la direzione di Gavino Ponte, ‹‹sovrastante›› ai lavori per conto della Repubblica di Genova. tra la fine del XVII secolo e i primi decenni del successivo la chiesa fu ristrutturata ed ampliata. Il muro di recinzione del convento venne completato nel 1771. Alla fine del Settecento, durante la dominazione francese, il monastero fu trasferito al demanio pubblico. L’istituzione, officiata in origine dagli Agostiniani, passò per breve tempo ai Carmelitani, e venne assegnata ai Frati Minori Osservanti nel 1599, come attesta un documento d’archivio redatto dal notaio gaviese nicolò Montagna.
Convento di Santa Seraffa. La sua esistenza è già documentata nel 1191. Nel 1228 ospitò gli ambasciatori del comune di Milano e i delegati di Genova e Tortona a conclusione della guerra per il possesso di Arquata e Capriata. testimoniata in documenti relativi alla cessione di aree rurali nel 1260 e nel 1302, e in lettere del duca di Milano del 1369, è indicata come chiesa e cascina nell’Atlante del Massaroti del 1648, e come cappella rurale nel 1668. Il toponimo di Santa Seraffa si è conservato nella cascina omonima, forse sorta sulle rovine dell’antico monastero. Il cascinale sovrasta l’altura a est delle Colombare, lungo un antico percorso che raggiungeva la valle Scrivia, poi emarginato dalla galleria che collega la strada di Pratolungo con i Moriassi di Arquata. nell’area delle Colombare è menzionata dalla documentazione storica un’altra istituzione religiosa: il cenobio femminile di Santa Sabina, dipendente dal monastero benedettino genovese di Sant’Andrea della Porta e ricordato tra il 1231 e il 1268. nel XVII secolo le terre di Santa Sabina sono elencate tra le proprietà della famiglia Spinola. Oggi dell’antica istituzione non resta che una vaga traccia toponomastica nel c. d. campo di Savina, a nord ovest delle Colombare
Santuario della Madonna delle Grazie di Pratolungo superiore. Il Santuario della Madonna delle Grazie era in origine la chiesa parrocchiale del borgo, ricordata nel 1360 come Santa Maria ad nives e dipendente dal vicariato di Voltaggio. La titolazione e le funzioni parrocchiali passarono successivamente all’attuale chiesa, costruita in posizione centrale tra i due nuclei abitati nel 1604. nella nuova parrocchiale si conserva un altare maggiore con paliotto marmoreo, acquistato nel 1808 dal convento dei francescani di Capriata, e una statua lignea policroma della Madonna del Rosario. L’edificio di fronte alla canonica fu donato alla parrocchia da don Giovanni zerbo nel 1859 per ospitarvi le scuole elementari. Nello stesso periodo deve essere ricordato un altro sacerdote del paese, Giuseppe zerbo, studioso e cultore di archeologia, che identificò in Canneto, a Genova, la casa in cui aveva soggiornato Santa Caterina da Siena nel 1376, e nella quale, il 18 ottobre dello stesso anno, si era incontrata con il papa Gregorio XI.
Santuario Madonna della Guardia. Sulla destra si profila l’altura di Forneto, dove venne costruito intorno al 1760 un sacrario, in cui fu collocata la statua della Madonna col Bambino che oggi sovrasta l’altare maggiore del Santuario della Guardia. Nel 1800 la cappelletta di Forneto venne distrutta nel corso delle vicende belliche tra francesi e austriaci, e la statua, riportata a Gavi, fu custodita prima nella chiesa dei Carmelitani, poi in una abitazione privata e infine presso l’oratorio della SS. trinità. I lavori per la costruzione del Santuario iniziarono nel 1847 su progetto di Luigi Novaro, e furono completati, con il concorso della popolazione di Gavi, nel 1861. L’edificio sorge al culmine del Colle dei Turchini, così denominato poiché anticamente era di proprietà della confraternita, ed ancor oggi i turchini celebrano nel mese di maggio la liturgiadella Croce sul piazzale del Santuario. Nel 1941 il Santuario venne affidato ai Padri della Congregazione dei Figli di Maria, che a Gavi attivarono le prime scuole medie.
 
3. Ospedali
Ospedale, oggi Casa Protetta e sede dell’Unità Sanitaria Locale. Secondo la tradizione l’ospedale venne innalzato su una precedente costruzione in cui erano stati ospitati, all’inizio del XIII secolo, un gruppo di ‹‹battuti›› o ‹‹flagellanti›› che provenivano dalla Francia meridionale. L’edificio, titolato in origine a San Cristoforo, fu ricostruito nel XVI secolo con la mutata dedicazione ai Santi Giacomo e Cristoforo, come risulta dalle note del visitatore apostolico del 1582, in cui si dispone, tra l’altro, di separare le camere da letto delle donne: ‹‹In Hospital. SS. Iacobi et Christophori cubicola saparatim fiant in quibus recipiantur mulieres››. L’ospedale era gestito dalla confraternita dei Santi Giacomo e Filippo che ha sede poco distante. e anche dopo la riforma delle istituzioni assistenziali intorno alla metà del XIX secolo, un esponente della confraternita ha sempre fatto parte del consiglio di amministrazione dell’ente.
 
4. Cimiteri ed altri edifici religiosi
Mansione dei Cavalieri Gerosolimitani. Nella zona di Via Magione, dove sino all’inizio del novecento erano ubicate la Pretura e le carce ri, sorgeva una mansione dei Cavalieri Gerosolimitani, testimoniata dal 1206 e ancora ricordata, con la dedicazione a San Lazzaro, nel 1780. L’istituzione monastica possedeva a Gavi numerose aree agricole ed urbane in Bagnacavallo, Sant’eusebio, Vallegge, Cheirasca, Forneto, Valle, zerbetta. tra le altre è ricordata, nel quartiere di Mezzo inferiore, ‹‹domum unam cum curte, stalla et cassina intra muros oppidi Gavii existentem, dictam communiter la Mansione››, come recita un documento del 1490. ed è ipotizzabile che il toponimo la Mansione si sia conservato nella denominazione della strada, dove un’unità edilizia con vasto cortile e pozzo centrale, reca ancora sull’ingresso lo stemma dei Cavalieri di Malta, eredi dell’Ordine Gerosolimitano.
Crosa del Pedaggio o di San Rocco. A margine della strada, nell’area della Bocciofila, poco prima della confluenza con il Viale della Rimembranza, era ubicato l’antico cimitero, in origine situato presso la chiesa di San Giacomo e trasferito al Pedaggio nel 1811.
 
5. Chiese campestri
Pieve di Santa Maria in Lemoris. Da Gavi si percorre la provinciale 177 che, superato il ponte alla confluenza del neirone nel Lemme, prosegue verso San Cristoforo lungo l’antica strada di Vallegge. L’itinerario lascia sulla sinistra le cascine Berrelli, zamblea, Carmelitana, Sgambarara, Busarogna e sulla destra la cascina Mignona. A tre km circa da Gavi, sul versante del Lemme, incrocia una carrareccia che conduce alla cascina Pieve. Il rustico conserva nella denominazione la traccia toponomastica dell’antica istituzione, la cui millenaria struttura è ancora ben salda, anche se abbandonata al più totale degrado, al culmine del terrazzo roccioso che incombe sull’ansa del torrente. Ricordata come plebs Lemoris nel XII e nel XIII secolo, la chiesa è forse succeduta a una precedente istituzione, come sembrano confermare le pietre scolpite testimoniate da un disegno di Santo Varni del 1875, e il frammento di treccia viminea reimpiegato in una lesena dell’abside, che indicano cronologie indiziariamente riferibili al X secolo. La pieve figura nella rationes decimarum della diocesi di Genova del 1387. nel 1582 le funzioni liturgiche dell’istituzione risultano trasferite alla parrocchia di San Giacomo di Gavi, e l’antica chiesa appare in condizioni assai precarie, come si rileva dalle note del visitatore apostolico, che vieta, fra l’altro, di utilizzarla come fienile o deposito di attrezzi: ‹‹Ne retineatur in hac ecclesia fenum vel quidvis alium prophanum››. Nei secoli successivi, il crollo della navata sinistra, la trasformazione
in casa d’abitazione della navata destra, la destinazione agricola del corpo principale, segneranno il progressivo impoverimento della struttura, decaduta da centro di culto a edificio rurale.
Cappelle di San Giovanni Battista e della Santa Croce. Percorrendo in direzione sud la strada del Lemme, dopo il ponte alla confluenza con il rio Ardana villa Centuriona, costruita da Adamo Centurione nel 1556 e passata in seguito ai Cambiaso. Nell’ambito della villa esistevano due cappelle ricordate nel 1582 sotto il titolo di San Giovanni Battista e della Santa Croce. Una delle cappelle venne ricostruita nell’Ottocento e dedicata a nostra Signora del Rosario.
Cappella della Madonna della Misericordia. Villa Toledana, venne edificata dagli Imperiale intorno agli anni centrali del XVI secolo e passò in mseguito ai Lercari e ai Cambiaso.Un campaniletto sul lato occidentale mdell’edificio indica la presenza mdi una cappella gentilizia, già ricordata mnel 1582 con la dedicazione a Santa Maria, e oggi titolata alla Madonna della Misericordia.
Cappella dell’Annunziata. Nelle strutture interne della Villa Giustiniana è presente una chiesetta con affreschi interni, dedicata un tempo all’Annunziata, che appoggia su una piccola torre contigua, presumibilmente di epoca anteriore alla costruzione della villa.
Sermoria, Cappella della Vergine del Carmine. All’interno del piccolo nucleo rurale sorge una cappella, già evidenziata in una mappa tardo settecentesca ma ricostruita nel 1911 e dedicata alla Vergine del Carmine. Le decorazioni sul frontale, eseguite nello stesso anno, e in cui erano raffigurati San Rocco, San Giuseppe e la Madonna col Bambino, sono state sostituite nel 1992 con dipinti a tempera di analogo soggetto.
Pratolungo, Cappella di San Salvatore. Prima dell’ingresso in paese, sulla destra, sorge la cappella di San Salvatore. Il sacrario conserva la titolazione di una chiesa testimoniatnel 1196 a Pratolungo subtano tra le filiazioni del monastero di Precipiano. nel 1410 l’istituzione è indicata come chiesetta campestre.nel 1457 l’‹‹ecclesia vacante etsine cura›› di Pratolungo inferiore viene assegnata unitamente a Sottovalle alla parrocchia di Rigoroso. Nel 1631 risulta officiata come oratorio. Danneggiata dalle piene del Neirone nel 1736 e nel 1771, la cappella venne ricostruita nel 1876.
Cappella di nostra Signora del Soccorso. L’edificio è collocato nei pressi della cascina Valle, alle pendici del Bric del Monte.
Cappella Privata alle cascine Casotto e Campo del Grosso; quest’ultima già proprietà degli Scorza di Voltaggio e in seguito dei Duchi di Galliera. nella località sorgeva un sacrario privato, ricordato nel 1771.
Chiesa dedicata alla Madonna della Salute nella Villa Cheirasca. Sulla facciata dell’edificio a lato del portale d’ingresso, è posta la chiesetta dedicata alla Madonna della Salute.
Cappella di San Defendente. Costruita lungo provinciale per Serravalle, la costruzione, forse secentesca, venne riedificata nel XIX secolo, con il caratteristico avancorpo formato dal prolungamento dei due pioventi del tetto, sorretti da pilastri laterali. Il ruscello che scorre presso la cappella, indicato nel 1202 come Lavandara, segnava l’antico confine tra la Repubblica di Genova e lo Stato di Milano. Di fronte al sacrario, sulla sinistra della strada, si apre la vallecola punteggiata dalle cascine Buontempo, Crenna, Franchi e dal piccolo nucleo rurale di Montecucco, che conserva nel toponimo la memoria del castello, edificato dai marchesi di Gavi sul confine con i domini tortonesi, e ancora ricordato nel 1352.
Croce dei Bianchi. Dopo la masseria Quattro Pilastri, si incontra la Croce dei Bianchi nel sito di Campoghero (a valle dell’omonima cascina), dove i membri della confraternita dei SS. Giacomo e Filippo celebrano la liturgia della benedizione delle campagne.
Croce dei Rossi. Nei pressi della cascina Borghetto e di quella di Marenco si vede giunge alla Croce dei Rossi, che segnala la località in cui la confraternita omonima celebra la liturgia della benedizione delle campagne.
Affresco della Masseria Tagliacarne. Il toponimo deriva la denominazione dall’omonima famiglia testimoniata a Gavi nel 1671. Sul muro di fondo di un porticato a margine dell’aia (probabilmente quanto resta di un antico sacrario), è ancora sufficientemente leggibile un affresco che raffigura la Crocifissione con le Pie Donne e San Francesco. Opera di maniera non priva di contenuti d’arte, che sembra assegnabile a un pittore attivo nei primi decenni del XVII secolo.
Cappella di San Bernardo. La cascina San Bernardo, il cui toponimo conserva forse la memoria dell’omonima cappella, situata lungo la strada della Molarola e ricordata all’inizio del XVII secolo.
Crocefisso in cascina Valmassini. Il cui toponimo suggerisce un riferimento alla località Valle Maxima, ricordata nell’anno 1006 tra i possedimenti della curia genovese nell’alta valle del Lemme. Un muro del rustico reca incisa la data 1558 intercalata al centro dal trigramma e sovrastata dal simbolo della croce greca. In prossimità della cascina sorgeva la cappelletta dedicata al S. Cuore di Maria.
 
6. Altre religioni
L’ipotesi che a Gavi si fosse formata una Comunità ebraica di una certa entità è corroborata dall’affermazione di tale Vito della stirpe di Yehudah, che, nel 1550 circa, chiese l’autorizzazione a trasferirsi qui, per motivi d’affari, sostenendo che nella località già altre volte ebbero stanza li suoi maggiori e ancora oggi hanno i loro sepolcri Una quindicina di anni dopo, Vito Levi scrisse ai Serenissimi Signori riferendo che gli ebrei di Novi e di Gavi, che gestivano i banchi di pegno, avevano rifiutato il danaro offerto da altri correligionari, che avrebbero voluto lavorare in tali località. Vito si offrì di controllare i registri contabili in ebraico, per verificare se le tasse pagate dai feneratori fossero proporzionali ai guadagni [Urbani, R. -Zazzu, G.N., The Jews in Genoa, doc. 260, 261, 281, 293. Ivi, doc. 306. doc. 320]
Assetto Insediativo
Gavi è situata sullo scoglio del Lemme, ai piedi della collina che ospita il castello, trasformato nel XVII secolo in una fortezza bastionata (Forte di Gavi). Il centro storico è scompartito in rioni, che partecipavano con propri delegati al governo della Comunità. Il suo sistema urbanistico si delinea lungo un percorso centrale affiancato a nord dalla contrada di Monserito e a sud ovest da quella di Borgonuovo. Le contrade sono definite da reticoli viari che, attraverso i quartieri di Mezzo superiore e inferiore, raggiungevano le antiche porte, già esistenti intorno al 1260. Le porte erano coronate da torri, e segnavano le sole aperture della compatta cerchia di mura, che, nelle raffigurazioni del XVII secolo, si sviluppava dai baluardi di Monte Moro. A oriente scendeva alla porta del Pedaggio o di Genova; si collegava alle case fortificate sul versante sud lungo lo scoglio del Lemme; proseguiva sino alla porta di Borgonuovo o di Parodi e risaliva alla porta di Bagnacavallo,unica sopravvissuta. Dalla porta di Bagnacavallo, indicata nella toponomastica locale come Portino, le mura raggiungevano, in prossimità dell’attuale Piazza Marconi, la porta della Chiappa o di Novi, denominata, fino al XVII secolo, porta di Capriata. Da quest’ultimo varco la recinzione chiudeva l’abitato ricongiungendosi ai bastioni occidentali del castello. Alla rocca si accedeva percorrendo una mulattiera fortemente acclive, che iniziava a margine della contrada di Monserito.
Luoghi Scomparsi
Montaldo. Corte de Monte alto nel 973 [Ferretto 1909, doc. IV]. Castello di Montisalti e Montealtum nel 1130 [ASLSP, Vol. II, parte I, 371]. Alla frazione, oggi scomparsa, situata tra Pratolongo e Rigoroso, corrispondeva la chiesa di S. Andrea di Montaresi (o de Monconexio, nel 1360), suffraganea di Voltaggio e attestata più volte nel corso del XIV secolo. Viene detta anche Santa Maria di Rigoroso, ed è menzionata nel 1196 in un dono dal Papa Celestino III all’abbazia di Principiano [ASG, Liber Iurium, I, : 34]
Valmanzini. Valle Mascema nel 1006 [Ferretto 1909, doc VII], Valmassini nella Tavoletta IGM 1:25.000 del 1902.
Comunità, origine, funzionamento
Con l’obliterazione del potere marchionale, Gavi diventa la capitale dell’Oltregiogo genovese, e tale resterà per molti secoli. Il castellano di Gavi sovraintende anche sulle castellanie di Ovada e di Novi. Quest’ultima località assume preminenza istituzionale soltanto nel 1606, con la creazione del Capitaneato, a cui viene demandata l’autorità amministrativa e giurisdizionale sull’area. Gavi conserva peraltro fondamentale rilevanza strategica, per la presenza di un fortilizio di grandi dimensioni, e rimane il centro religioso più importante del territorio, che, originariamente incluso nella diocesi di Tortona, sarà trasferito alla diocesi di Genova nel 1248. Dopo il passaggio dai marchesi al comune di Genova, gli accadimenti politici e militari di Gavi rispecchiano le vicende della città egemone, che si intersecano e si sovrappongono agli eventi di carattere locale. I castellani designati dalla Repubblica appartengono a famiglie nobili e consortili del capoluogo o delle Riviere; devono risiedere nella fortezza; vengono avvicendati annualmente e svolgono funzioni militari, civili e giudiziarie. Queste ultime saranno in seguito attribuite al podestà genovese, menzionato per la prima volta nel 1225. Ma la comunità di Gavi, nella gestione dell’ordinamento interno, conserva una sfera di autonomia sancita dagli antichi Statuti, e nomina, per l’amministrazione degli affari locali, propri rappresentanti. I rappresentanti, designati dalle assemblee plenarie convocate nella chiesa parrocchiale, sono tratti in parte dai residenti nelle quattro contrade e in parte dall’aristocrazia. In questi primi organismi del potere locale confluivano quindi esponenti della minore nobiltà feudale, possessori agiati, mercanti, notai, che spesso dividevano il loro impegno fra il borgo d’origine e le attività economiche, politiche e culturali della Superba. e ricordiamo, tra gli altri, Fra’ Ottone di Gavi, precettore dei Cavalieri Gerosolimitani di Marsiglia nel 1248; Enrico di Gavi, continuatore degli Annali di Caffaro dal 1264 al 1265; Andrea Benegassi, diplomatico, ambasciatore della Repubblica di Genova presso il ducato di Savoia e il regno d’Aragona; Leonardo Montaldo, doge di Genova, di antica famiglia gaviese, discendente dai consignori del castello omonimo. Alla fine del XIII secolo, è anche testimoniata la presenza di due mercanti del borgo nelle colonie genovesi della tauride: Oberto di Gavi a trebisonda e Giorgio di Gavi a Caffa. tra XIV e XV secolo tra XIV e XV secolo Gavi è coinvolto nelle turbolenze e nei contrasti che oppongono le dinastie egemoni della Repubblica, e che conducono all’intervento di potenze esterne. nel dominio della località si susseguono e si alternano i signori di Milano e il re di Francia; Facino Cane e i Fregoso, stirpe dogale genovese a cui peraltro il borgo viene concesso, a titolo feudale, dai duchi di Milano. Nel 1478, probabilmente per acquisto da Antoniotto Fregoso, subentra nel possesso del paese Antonio Guasco patrizio alessandrino, e i Guasco ne conserveranno, non continuativamente, la sovranità, per circa mezzo secolo. Nel 1528 cedono infatti le loro prerogative alla Repubblica di Genova per un corrispettivo di ‹‹mille luoghi›› (quote del Banco di San Giorgio).
Statuti
Esiste un “frammento di Statuto politico del secolo XIII”. La raccolta di Leone Fontana lo colloca in Historiae patriae Monumenta; Torino 1901, XVIII, Leges Genuenses, pp. 15-24. [Fontana 1907, Vol. II., p. 13]. L’attuale statuto comunale è del 2004.
Catasti
I catasti più antichi sopravvissuti sono il “Catasto provvisorio della Commune” del 1798.
Ordinati
Sono conservate le deliberazioni comunali dal 1797 al 1805, mentre il resto dell’archivio comunale risulta perduto.
Dipendenze nel Medioevo
Il primo riferimento a Gavi, contenuto in un documento d’archivio del 972, menziona il sito come locus, ovvero un ambito rurale con un primitivo nucleo di popolazione agricola. nel 1006 alcune terre dell’area gaviese risultano in possesso del vescovo di Genova, e altri fondi rurali vengono donati nel 1033 dal marchese Adalberto II, capostipite degli Adalbertini di Gavi, Parodi e Massa, al monastero di Santa Maria di Castiglione Parmense. Ancora come locus la località è indicata in un documento del 1172 che formalizza i patti stipulati nella chiesa di San Giacomo tra il comune di Alessandria e i marchesi di Gavi. Ma in questo caso il locus si compone di un castrum, residenza dei feudatari, e di un burgus, dove gli abitanti, i burgenses, si stanno organizzando in Comune, come testimonia una fonte del 1197, in cui compare l’esplicita notazione salva pactione Marchionum de Gavio et Communis de Gavio. I Signori di Gavi, vassalli in origine dei vescovi-conti di Tortona, si ritengono generalmente di stirpe obertenga, ma nel documento del 1172 il marchese Alberto dichiara di professare la legge salica, mentre gli Obertenghi professavano la legge longobarda. I loro possedimenti, all’inizio del XII secolo, includevano l’alta e media valle del Lemme, con appendici nelle valli Scrivia, Staffora e Borbera. I Signori di Gavi, unitamente ai marchesi di Parodi loro consorti, bloccavano sui valichi dell’Appennino gli itinerari che univano i grandi centri dell’interno all’approdo genovese. Ma il comune di Genova, al quale erano necessarie vie sicure a salvaguardia del proprio commercio, mal tollerava l’ingombro dei pedaggi imposti dai feudatari. In effetti, in ottica genovese, il problema di Gavi si inserisce nella più ampia strategia di consolidamento dell’hinterland di terraferma, che non potrà essere rafforzato e ampliato a nord, se non con la definitiva obliterazione della signoria marchionale, come puntualmente si verifica tra i primi decenni del XII secolo e gli inizi del XIII. Nella lotta senza tregua tra gli antichi feudatari e il comune marittimo, la disperata resistenza opposta dai marchesi, che non possedevano strumenti militari adeguati alla potenza della Superba, si protrae per circa ottant’anni. nella prima fase, tra il 1121 e il 1141, Genova acquisisce con le armi, con i negoziati, con il denaro, Fiacone, Voltaggio, Montaldo e Aimero. tra la Repubblica e i marchesi si instaura un singolare rapporto, che alterna trattative diplomatiche, fasi di contrasto armato e, in qualche caso, precarie alleanze. Ma Genova ha intenti ben precisi, e soltanto il rapporto privilegiato dei feudatari con Federico I (la moglie dell’imperatore Beatrice e il figlio Enrico furono forse ospiti del castello nel 1177), costituisce un deterrente alle mire espansionistiche della Superba. Genova infatti riprende l’avanzata a settentrione soltanto dopo la morte del Barbarossa, e nel 1191 nomine feudi, il castello di Gavi. Tra il 1197 e il 1198 il marchese Guido tenta di recuperare il fortilizio con le armi. Sconfitto, si rifugia nel castello di Tassara, espugnato e distrutto dai genovesi. Tuttavia la lunga lotta, attraverso una continua alternanza di scontri armati e di trattative diplomatiche, nelle quali nessuna della parti è sinceramente disposta ad osservare la pace e le tregue giurate, si conclude soltanto il 25 settembre del 1202, con la convenzione in cui i marchesi Alberto, Rainero e Guglielmo concedono a Genova i loro ultimi domini territoriali. I marchesi giurano la Compagna e si impegnano ad abitare a Genova, ma conservano una porzione degli originari diritti di pedaggio. Meno di due anni dopo (12 aprile 1204) anche gli uomini di Gavi prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica. I feudatari escono definitivamente di scena nel 1211, dopo un ultimo tentativo del marchese Alberto di rioccupare il castello con le armi. Sconfitto e catturato, viene condannato a dieci anni di carcere e a pene pecuniarie. Con l’obliterazione del potere marchionale, Gavi diventa la capitale dell’Oltregiogo genovese, e tale resterà per molti secoli. Il castellano di Gavi sovraintende anche sulle castellanie di Ovada e di Novi.
Feudo
Tra XIV e XV secolo Gavi è coinvolto nelle turbolenze e nei contrasti che oppongono le dinastie egemoni della Repubblica, e che conducono all’intervento di potenze esterne. Nel dominio della località si susseguono e si alternano i signori di Milano e il re di Francia; Facino Cane e i Fregoso, stirpe dogale genovese a cui peraltro il borgo viene concesso, a titolo feudale, dai duchi di Milano. Nel 1478, probabilmente per acquisto da Antoniotto Fregoso, subentra nel possesso del paese Antonio Guasco patrizio alessandrino, e i Guasco ne conserveranno, non continuativamente, la sovranità, per circa mezzo secolo. Nel 1528 cedono infatti le loro prerogative alla Repubblica di Genova per un corrispettivo di mille luoghi (quote del Banco di San Giorgio). L’atto che formalizza la transazione specifica, tra l’altro, che la località di Bisio è inclusa nel territorio.
Mutamenti di distrettuazione
Gavi nel maggio del 1797 divenne parte della Repubblica Ligure al posto della decaduta Repubblica di Genova.  Dopo l’annessione della Repubblica Ligure da parte dell’Impero Francese  (31 Ottobre 1805), diventa parte del Dipartimento di Genova, Circondario di Novi, Cantone di Gavi. Nel 1815 Gavi rientra a far parte del Regno di Sardegna. Nel 1819 la maglia amministrativa rimane sostanzialmente la sessa, con la nuova denominazione di Divisione di Genova, Provincia di Novi, Mandamento di Gavi. Nel 1859, in seguito al riordino del nuovo Stato unitario, Gavi entra nella Provincia di Alessandria.
Mutamenti Territoriali
Tra la podestaria di antico regime e l’attuale comune di Gavi non risultano rilevanti modificazioni della perimetrazione territoriale, ad eccezione della frazione Rigoroso, passata prima del 1840 sotto il comune di Arquata Scrivia [Casalis 1840, p.275]. Più recente è la perdita della frazione Sottovalle cedute anch'essa, su delibera del Consiglio Regionale, al comune di Arquata Scrivia [SISTAT, 2007].
Comunanze
Nella scheda del CLUC non risultano terreni soggetti a uso civico,
Liti Territoriali
Dagli inizi del XVII secolo sono documentate contestazioni di confine con Serravalle, San Cristoforo, Tassarolo e Carrosio. Le controversie tra Gavi e Serravalle per Montecucco e l’area della Pernigotta [ASG, Sezione cartografica, busta 17] perdurano almeno dal 1609 [ASG, Confinum, fz 35] fino al 1772 [ASG, Confinum, fz 173] e cessano solo con l’abolizione del confine in età napoleonica. A partire dal 1608 risultano differenze di confini anche tra Gavi e il feudo imperiale di San Cristoforo, circa i boschi e gli alberghi situati intorno al rio Longoira [ASG, Confinum, fz 35]. Un altro tratta conteso riguarda la  cascina Borgona (o Bergnona) [ASG, Tipi e Mappe, busta 18, n. 1]. Nel 1648 l’area viene definitivamente assegnata a San Cristoforo. Nello stesso anno viene assegnata a Tassarolo una ristretta area di vigna e bosco pretesa da Gavi [ASG, ms 712]. Tra Gavi e Carrosio sono documentate vertenze risalenti al secolo XVIII, circa la definizione dei confini tra la Repubblica e il Regno di Sardegna, ostacolata dalla ripetuta rimozione dei termini [ASG, Magistrato delle Comunità, Filze col. Vinzoni, n. 102], soprattutto nel tratta tra la località Pomairolo e il monte Bruzeta nel tratto tra Carrosio e Sarmoria.
Fonti
Fonti edite:
MHP Monumenta Historiæ Patriæ.
ASLSP Atti della Società Ligure di Storia Patria.
BSSS Biblioteca della Società Storica Subalpina
 
Fonti inedite:
ACG: Archivio storico del comune di Gavi
ASG: Archivio di Stato di Genova
Bibliografia
AA.VV., Una strada per l'Oltregiogo. I quattrocento anni della Bocchetta (1585-1985), Comunità Montana Alta Val Lemme ed Alto Ovadese, Ovada 1986.
ALFONSO, L. a cura di, Annuario Arcidiocesi di Genova. Schede storiche, Grafiche Fassicomo, Genova 1994.
BENSO R., Gavi nella Storia e nell’Arte, Ovada 2004.
CASALIS G., Dizionario geografico storico statistico commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, Vol.VII, Torino 1840.
DESIMONI, C. Annali storici della città di Gavi e delle sue famiglie (dall' anno 972 al 1815), Tip. Jacquemod Figli, Alessandria 1896.
FERRETTO, A. I Primordi del Cristianesimo in Liguria, ASLSP (XXIX), Genova 1907.
FERRETTO, A. Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia, BSSS (LI), Pinerolo 1909.
FONTANA L. Bibliografia degli Statuti dei comuni dell’Italia superiore, 3 voll., Torino 1907.
LEARDI, E. Il Novese. Segni e radici di un'identità, Tip. Brigati, Genova-Pontedecimo 1996.
REMONDINI, A. e M., Parrocchie dell'Arcidiocesi di Genova. Notizie storico-ecclesiastiche, Regione XIII, Genova 1891.
VINZONI, V. Il Dominio della Serenissima Repubblica de Genova in Terraferma (1773), anastatica ed. C.I.E.L., Genova 1955
Descrizione Comune
Gavi
 
Gavi è situata sullo scoglio del Lemme, ai piedi della collina che ospita il castello, trasformato nel XVII secolo in una fortezza bastionata (Forte di Gavi). Il centro storico è scompartito in rioni, che partecipavano con propri delegati al governo della Comunità. Il suo sistema urbanistico si delinea lungo un percorso centrale affiancato a nord dalla contrada di Monserito e a sud ovest da quella di Borgonuovo. Le contrade sono definite da reticoli viari che, attraverso i quartieri di Mezzo superiore e inferiore, raggiungevano le antiche porte, già esistenti intorno al 1260. Le porte erano coronate da torri, e segnavano le sole aperture della compatta cerchia di mura, che, nelle raffigurazioni del XVII secolo, si sviluppava dai baluardi di Monte Moro. A oriente scendeva alla porta del Pedaggio o di Genova; si collegava alle case fortificate sul versante sud lungo lo scoglio del Lemme; proseguiva sino alla porta di Borgonuovo o di Parodi e risaliva alla porta di Bagnacavallo,unica sopravvissuta. Dalla porta di Bagnacavallo, indicata nella toponomastica locale come Portino, le mura raggiungevano, in prossimità dell’attuale Piazza Marconi, la porta della Chiappa o di Novi, denominata, fino al XVII secolo, porta di Capriata. Da quest’ultimo varco la recinzione chiudeva l’abitato ricongiungendosi ai bastioni occidentali del castello. Alla rocca si accedeva percorrendo una mulattiera fortemente acclive, che iniziava a margine della contrada di Monserito. Con l’obliterazione del potere marchionale, Gavi diventa la capitale dell’Oltregiogo genovese, e tale resterà per molti secoli. Il castellano di Gavi sovraintende anche sulle castellanie di Ovada e di Novi. Quest’ultima località assume preminenza istituzionale soltanto nel 1606, con la creazione del Capitaneato, a cui viene demandata l’autorità amministrativa e giurisdizionale sull’area. Gavi conserva peraltro fondamentale rilevanza strategica, per la presenza di un fortilizio di grandi dimensioni, e rimane il centro religioso più importante del territorio, che, originariamente incluso nella diocesi di Tortona, sarà trasferito alla diocesi di Genova nel 1248. Dopo il passaggio dai marchesi al comune di Genova, gli accadimenti politici e militari di Gavi rispecchiano le vicende della città egemone, che si intersecano e si sovrappongono agli eventi di carattere locale. I castellani designati dalla Repubblica appartengono a famiglie nobili e consortili del capoluogo o delle Riviere; devono risiedere nella fortezza; vengono avvicendati annualmente e svolgono funzioni militari, civili e giudiziarie. Queste ultime saranno in seguito attribuite al podestà genovese, menzionato per la prima volta nel 1225. Ma la comunità di Gavi, nella gestione dell’ordinamento interno, conserva una sfera di autonomia sancita dagli antichi Statuti, e nomina, per l’amministrazione degli affari locali, propri rappresentanti. I rappresentanti, designati dalle assemblee plenarie convocate nella chiesa parrocchiale, sono tratti in parte dai residenti nelle quattro contrade e in parte dall’aristocrazia. In questi primi organismi del potere locale confluivano quindi esponenti della minore nobiltà feudale, possessori agiati, mercanti, notai, che spesso dividevano il loro impegno fra il borgo d’origine e le attività economiche, politiche e culturali della Superba. e ricordiamo, tra gli altri, Fra’ Ottone di Gavi, precettore dei Cavalieri Gerosolimitani di Marsiglia nel 1248; Enrico di Gavi, continuatore degli Annali di Caffaro dal 1264 al 1265; Andrea Benegassi, diplomatico, ambasciatore della Repubblica di Genova presso il ducato di Savoia e il regno d’Aragona; Leonardo Montaldo, doge di Genova, di antica famiglia gaviese, discendente dai consignori del castello omonimo. Alla fine del XIII secolo, è anche testimoniata la presenza di due mercanti del borgo nelle colonie genovesi della tauride: Oberto di Gavi a trebisonda e Giorgio di Gavi a Caffa. tra XIV e XV secolo tra XIV e XV secolo Gavi è coinvolto nelle turbolenze e nei contrasti che oppongono le dinastie egemoni della Repubblica, e che conducono all’intervento di potenze esterne. nel dominio della località si susseguono e si alternano i signori di Milano e il re di Francia; Facino Cane e i Fregoso, stirpe dogale genovese a cui peraltro il borgo viene concesso, a titolo feudale, dai duchi di Milano. Nel 1478, probabilmente per acquisto da Antoniotto Fregoso, subentra nel possesso del paese Antonio Guasco patrizio alessandrino, e i Guasco ne conserveranno, non continuativamente, la sovranità, per circa mezzo secolo. Nel 1528 cedono infatti le loro prerogative alla Repubblica di Genova per un corrispettivo di ‹‹mille luoghi›› (quote del Banco di San Giorgio). nella seconda metà del XVI secolo, alla podesteria di Gavi facevano capo le ‹‹ville››, cioè i piccoli insediamenti rurali, di Pratolungo, Sottovalle, Rigoroso e Monterotondo. Già esistevano, o iniziavano a sorgere, enti assistenziali e caritatevoli: una Mansione dei Cavalieri Gerosolimitani con funzioni ospitaliere e, amministrati dalle confraternite, il Monte del grano, che anticipava le sementi ai contadini poveri; l’Ospedale; il Monte dei pegni, che concedeva prestiti ai diseredati senza percepire interesse. Il credito feneratizio era invece gestito da tre fratelli israeliti - Angelo, Lazzaro e Anselmo Nantua - ‹‹con molta soddisfazione della terra e massime dei poveri››, come precisa una relazione del podestà locale. tra gli stranieri abitanti a Gavi è anche ricordato il ‹‹mastro da muro Domenico armeno››, i cui discendenti sono ancora testimoniati alla fine del XVIII secolo. Le vicende interne, negli ultimi secoli di presenza genovese, prevalgono decisamente nella storia della città, ove si escludano gli eventi militari collegati all’invasione sabauda del 1625 e all’occupazione austriaca del 1746-1747. Nel 1623 Gavi conta ‹‹fuochi 570 anime 2464››. Fra il 1610 e il 1702 il ponte di Borgonuovo viene danneggiato quattro volte dalle piene del Lemme, ed altrettante volte ricostruito. Lavori pubblici straordinari sono testimoniati fra il 1612 e il 1730, con, fra le altre, massicce opere di manutenzione alla strada per Serravalle; alla ‹‹strada romea nominata La Valegia›› e alla ‹‹Mansione di San Lazzaro›› dei cavalieri gerosolimitani. A queste iniziative, gestite in ambito locale, si aggiunge la ristrutturazione della fortezza deliberata dal governo della Repubblica e realizzata nel 1628 da fra’ Vincenzo Maculano da Fiorenzuola, il quale si avvalse della collaborazione di Bartolomeo Bianco e Sebastiano Ponsello. nel rifacimento vennero parzialmente conservate alcune strutture originarie, fra le quali due torri quadrangolari forse esistenti già nel XII secolo, e una terza, tondeggiante, presumibilmente posteriore. Sul declinare del XVIII secolo (1781), per ragioni di sicurezza, lungo la strada tra Gavi e novi viene stanziato un distaccamento militare al ‹‹pozzo de’ Fontanari››. Con i successi militari dell’armata di napoleone, già dal 1796 il territorio è percorso eserciti in marcia. L’anno successivo, allorché nasce la Repubblica Ligure, i delegati di Gavi portano la loro adesione al governo rivoluzionario. Con il nuovo ordinamento la città, che conta 4.464 abitanti, diventa capoluogo di Cantone, a cui fanno capo le minori ‹‹ville›› di Rigoroso e Pratolungo, e ha un proprio rappresentante nel Senato della Repubblica Ligure: l’avvocato Francesco Gaetano Olivieri. nel 1805 Gavi è aggregato all’impero francese. nel 1815, dopo la caduta di napoleone, è assegnato con la Repubblica Ligure al Piemonte sabaudo, per decisione del Congresso di Vienna. La città viene in seguito inclusa nell’effimera provincia di Novi nell’ambito della divisione di Genova sino al 1859, allorché entra a far parte della provincia di Alessandria. Nel frattempo Gavi, un tempo crocevia di strade e di transiti, inizia ad essere sempre maggiormente penalizzato dalla presenza di nuovi corridoi di comunicazione tra il Piemonte e il porto di Genova. Dalla seconda metà del XIX secolo, vari progetti per la costruzione d’una linea ferroviaria Genova - Gavi - Novi con stazione prevista tra il Pedaggio e la Bettola; o, più modestamente, d’una tramvia elettrica Gavi - Novi, restano sulla carta.