Grignasco

AutoriColombo, Emanuele
Anno Compilazione2008
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Novara
Area storica
Novarese-Valsesia
Abitanti
4.704 (M 2.286, F 2.418) [Istat, Censimento 2001]
Estensione
14,6 Kmq
Confini
Boca, Borgosesia (VC), Prato Sesia, Serravalle Sesia (VC), Valduggia (VC)
Frazioni
Ara, Bertolotto, Bovagliano, Ca' Marietta, Parodino, Torchio, Sagliaschi, Isella, Bertasacco, Carola, Casa Negri, Garodino, Giarola, Gibellino, Pianacci, Sella. Vedi mappa.
Toponimo storico
Probabilmente da “Grignasculus”, che rimanda al nome latino “Crinius”, indicante dunque forse la proprietà fondiaria di un privato romano di nome Crinius.
Diocesi
Fa parte della diocesi di Novara.
Pieve
La parrocchia di Grignasco, Santa Maria in Bovagliano, era anticamente pieve. La più remota indicazione che fa di Grignasco sede di pieve è del 26 giugno 1132, in una bolla di Innocenzo III. Nelle prime visite pastorali Grignasco rientra tuttavia all’interno della pieve di Romagnano, e così figura anche nella riorganizzazione bascapeiana della diocesi in vicariati [Bascapè; vd. anche scheda Romagnano Sesia].
Altre Presenze Ecclesiastiche
La più antica chiesa della comunità è S. Maria in Bovagliano, la cui prima attestazione risale al 1132 [Sitzia, 1981]. Essa era ubicata nell’antico luogo di Bovagliano, un tempo posto nel centro del paese. Con lo spostarsi dell’insediamento, la chiesa diventò campestre, ponendo all’inizio dell’età moderna problemi per l’espletamento delle funzioni parrocchiali.
Essa fu sostituita tra fine Quattrocento e il 1526 nelle sue funzioni parrocchiali dalla chiesa di S. Maria delle Grazie, più centrale, una cappella costruita in età medioevale e poi ampliata nel 1489. Nel 1526 il fondatore di S. Maria delle Grazie Pietro Durio lasciò alla chiesa il suo patrimonio, legando la cappellania al giuspatronato della sua famiglia. Pare dunque che la parrocchia tornasse per un breve periodo a S. Maria in Bovagliano (ormai nota come “campestre”), di cui finirono i lavori di rifacimento nel 1539. La distanza dal centro continuava a rappresentare un problema, per cui c’è motivo di credere che fino al 1617 le funzioni parrocchiali fossero svolte soprattutto da S. Maria delle Grazie. In questa data S. Maria delle Grazie minacciò rovina e dovette essere risistemata, a spese dei Durio. A operazione ultimata nacque una lite tra la famiglia e la comunità, che pretendeva di poter amministrare i sacramenti in S. Maria delle Grazie attraverso il curato di S. Maria campestre che era di sua nomina, con una chiara minaccia nei confronti dei beni della cappellania. L’arbitrato del 1626 sanciva un punto d’equilibrio: il parroco di Grignasco aveva il diritto di amministrare i sacramenti a S. Maria delle Grazie e dire la messa parrocchiale, ma il sacerdote eletto dai giuspatroni poteva altresì dir messa a suo piacimento e gestire in maniera autonoma la cappellania. Parallelamente, fu costruito un battistero accanto a S. Maria delle Grazie e anche le sepolture furono trasferite alla chiesa, rendendola così di fatto parrocchiale a tutti gli effetti [Franchi; La chiesa di S. Maria delle Grazie]. Bisogna comunque sottolineare che, ancora a inizio Settecento, negli inventari stilati dai parroci la chiesa di S. Maria in Bovagliano (presso cui era rimasto il cimitero) era considerata ufficialmente la parrocchiale del paese [“Questo è l’inventario di tutti i beni mobili et semoventi frutti vendite e ragioni et attieni di qualsivoglia sorte della Chiesa parochiale di Santa Maria del titolo dell’Assuntione parrocchiale della terra di Grignasco”, ASDN, Teche Grignasco, 1, Inventario parrocchia del 3/7/1702].
Presso S. Maria delle Grazie era eretta la compagnia del Rosario, le cui rendite servivano a dotare ogni anno una fanciulla povera di Grignasco [ASDN, Teche Grignasco, 1, 1652, Inventario compagnia del Rosario].
Come in pressoché tutte le comunità piemontesi, a Grignasco era attiva anche la confraria del S. Spirito, che possedeva alcuni campi affittati a grano, “del qual grano se ne fa pane […] et puoi distribuisce il dì della Pentecoste et giorni seguenti insieme con il vino, et ciò per tanto può durare detto pane et vino, quale si distribuisce per bocca per ogni focolare, così a ricchi come a poveri dando un pane et un boccale e mezo di vino per bocca”, e solo secondariamente ai più poveri: “è ben vero che se oltre le dispensationi che si fa in detti tre giorni avanza o pane o vino, quel tutto che avanza si dispensa alli più poveri di detta terra in parte et in parte ancora alli monasteri de frati più vicini, che così è consuetudine antica” [ASDN, Teche Grignasco, 1, 1652, Inventario Santo Spirito].
Da segnalare è poi l’oratorio di S. Graziano, sede della confraternita dei disciplinati di S. Marta, che nel Seicento aveva anche svolto le funzioni parrocchiali per un breve periodo mentre veniva riparata S. Maria delle Grazie. Tra Cinque e Seicento, per mezzo di una convenzione con la comunità, la confraternita assumeva ogni anno un chierico per l’istruzione dei fanciulli [Franchi, p. 208].
Grignasco era anche sede del monastero femminile delle Figlie della carità ministre dell’inferme, fondato nel 1740 grazie al lascito testamentario di Giovanna Girolama Cavallotti di Novara, vedova di Gio. Batta Durio di Grignasco, che sopravvisse alle soppressioni napoleoniche e che venne restaurato nel 1828. L’abito era quello “dell’Instituto di S. Vincenzo a Paulo ad uso della casa di Francia coll’approvazione e regole ad esse date dall’ordinario di questa diocesi”, come si riporta nella visita del Morozzo [Notizie del monastero di Grignasco, ASDN, Vp, 372, 1819, vescovo Morozzo, f. 410]. Nel 1819 il monastero ospitava nove suore ed una conversa.
Nel 1819 gli altri oratori della comunità sono S. Rocco alle cascine; l’oratorio in Carola della famiglia de Dominici; l’oratorio in casa Gibellini. Non è più segnalata invece ai tempi della visita del Morozzo la cappelletta di S. Antonio abate sita nella frazione Negri. All’interno del monastero femminile vi era poi un oratorio intitolato a S. Giuseppe, che nel 1819 era officiato grazie ad un beneficio di giuspatronato della famiglia Viotti. Ad Ara, fino al 1928 comune a sé [v. mutamenti territoriali], sono invece da segnalare la parrocchia di S. Agata e l’oratorio di S. Grato.
Nel Settecento fu costruita quella che sarebbe diventata la nuova parrocchiale del paese, S. Maria Assunta, uno dei capolavori del barocco piemontese [Vittone a Grignasco. L’Assunta]. La costruzione iniziò nel 1751 su progetto e sotto la direzione di Bernardo Antonio Vittone e fu portata a termine all’inizio degli anni Ottanta (“elegante e moderna” viene definita nella visita pastorale del Morozzo del 1819). La consacrazione avviene il 13 luglio 1783.
Alla chiesa era annesso l’oratorio del SSmo Sacramento sotto il titolo di S. Giovanni Evangelista, che ospitava l’omonima confraternita del SSmo Sacramento. Nel 1819 i benefici che ricadevano sotto la giurisdizione della parrocchia erano quello del S. Rosario (due messe alla settimana) di giuspatronato dei Rivaroli di Valduggia; uno di S. Giovanni Evangelista, eretto all’altar maggiore, della famiglia Zanolo (una messa quotidiana); un legato di incerta origine consistente in 200 messe, eretto anch’esso all’altar maggiore e di competenza della confraternita del SSmo Sacramento; un beneficio dell’Immacolata Concezione eretto nell’antica parrocchiale di Bovagliano di patronato della famiglia Marietta; il beneficio della famiglia Durio (di 200 messe), eretto in S. Maria delle Grazie e nel 1819 vacante; un legato di S. Stefano, di 200 messe, cui era obbligata la stessa famiglia Durio; il beneficio di S. Giacomo e Bartolomeo di giuspatronato attivo della confraternita di S. Marta e passivo della famiglia Cacciami, eretto per quattro messe settimanali a S. Graziano e per una all’antica parrocchiale di Bovagliano; il beneficio nella chiesa del monastero di giuspatronato della famiglia Viotti (messa quotidiana a favore delle monache); un legato Luini per messa festiva anch’essa a vantaggio delle monache; il beneficio di S. Rocco e S. Francesco eretto nell’oratorio di S. Rocco alle cassine di patronato della famiglia Sagliaschi (quattro messe alla settimana) [Nota de benefizi della parrocchiale di Grignasco, ASDN, Vp, 372, 1819, vescovo Morozzo, ff. 358-360].
Assetto Insediativo
La struttura insediativa di Grignasco si presenta frammentata, con una serie di “cassine” che ne costellano il territorio: “la comunità consiste in tre zone: Grignasco, le cassine in pianura e le cassine sul monte” [Ordini e bandi campestri, p. 83; per la struttura insediativa del borgo cfr. ASN, Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 381, fasc.19, Descrizione delle contrade e denominazione delle case esistenti nel territorio, 1/5/1868]. La “cassine” avevano differente vocazione economica: votate all’allevamento di bovini quelle in pianura, a quello di ovini le frazioni in quota. La frammentazione è particolarmente evidente a nord-est, al confine con Valduggia (dunque in collina), dove sono ubicate le “cassine” di Isella, Ca’ Marietta, Carola, Casa Negri, Mollia d’Arrigo, Bertasacco, alcune delle quali in età moderna facevano parte di Valduggia [v. mutamenti territoriali]. Scendendo verso sud-est si incontrano le cascine Barbonaiga, la frazione del Torchio, S. Rocco, Sagliaschi e cascina Genesio, in una zona pianeggiante. A sud-est vi è cascina Gibellina, cioè l’abitato “staccato” della famiglia Gibellini, tra i maggiori notabili della provincia (un Gibellini era stato intendente sabaudo a fine Settecento), e Bovagliano, vale a dire l’antico centro del paese, sede della prima parrocchiale. La frammentazione dello spazio insediativo aveva provocato una continua serie di mutamenti territoriali [v. voce mutamenti territoriali] e un costante confronto con la vicina comunità di Ara da una parte e con Valduggia dall’altra per i servizi comunali da erogare alle frazioni.
Anche Ara, sita interamente in collina sul monte Fenera, ha un insediamento a carattere sparso, ma presenta “cassine” più vicine al corpo del paese: “La Frazione di Ara già comune a sé, ed ora aggregato a questo comune con 360 abitanti dei quali solo una trentina abitano in piccole cascine sparse ma poco lontane dal detto centro abitato” [ASN, Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 378, atti del podestà 22/7/1929].
Comunità, origine, funzionamento
La prima attestazione di Grignasco ricorre nel diploma del 999 dell’imperatore Ottone III, che la include tra le terre restituite al vescovo di Vercelli. In seguito, viene menzionato il castello di S. Genesio in un documento del 1014 [Casalis].
Gli ordini della comunità del 1570 fanno riferimento (pur brevemente) a un consiglio comunale composto da consoli e “credendari”. Il numero dei consiglieri non è fissato con precisione ma si ricordano i nomi di dieci “credendari”, due dei quali espletavano la funzione di console. Gli ordini del 1608 fissano invece l’esistenza di un consiglio comunale vero e proprio, formato da dodici membri in carica per tre anni che venivano eletti da un sindacato di tutti i capi di casa, che si riuniva per l’occasione nella piazza antistante la chiesa di S. Maria delle Grazie: “Ogni tre anni a calende di genaro o nelle feste di Natale si faccia il sindicato al quale ogni habitante domandato dal servitor del comune si debba ritrovare per ellegere dodici consiglieri quali habbino a regere et governare detta terra sotto pena de un scudo et tali cosi eletti per consiglieri non possono ricusare tal carico senza causa legittima et approbata dal giudice” [Ordini della comunità di Grignasco del 1608, ASM, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 37]. Tra i dodici venivano scelti i consoli, ciascuno dei quali ricopriva la carica per un semestre, in modo tale che alla fine del triennio tutti i consiglieri avessero espletato tale funzione.
Come sappiamo da una lite tra il maggiore e il minore estimo, nel consiglio di Grignasco vengono ammessi a partire almeno dal 1641 “quatro del maggiore [estimo], quatro del mezzano et quatro de l’estimo inferiore”, seguendo una pratica in uso presso buona parte dei comuni novaresi, tra cui la vicina Romagnano. Pare inoltre che, almeno in maniera informale, quattro consiglieri fossero scelti tra gli abitanti delle “cassine”, come prova un’analisi della provenienza degli eletti e in maniera più diretta il verbale del sindacato del 1629, che include accanto ai consiglieri eletti la dizione “hab. Capsinarum” [Franchi, p. 90]. I consiglieri non erano di norma rieleggibili nella successiva elezione; una proroga a questo principio si ha tra il 1629 e il 1631, a causa della peste.
Un’amministrazione a sé aveva Ara, dal 1649 al 1928 separata da Grignasco [v. voce mutamenti territoriali].
I consigli comunali vengono riformati con il Regolamento dei pubblici del 1775, in base al quale Ara e Grignasco ebbero ciascuno un consiglio comunale formato da tre consiglieri tra cui un sindaco [Petracchi; Colombo, Economie locali].
Statuti
I primi ordini comunitativi di Grignasco, in 49 capitoli, rimontano al 16/4/1570. Per forma e contenuti sono in pratica dei bandi campestri, non contenendo indicazioni di altro tipo (non vi sono riferimenti al consiglio comunale) [Confirmatio Ordinum Communitaris Grignaschi, in ASN, Notarile, not. Gio Batta Colombo, min. 8, riportato in Ordini e bandi campestri, pp. 26-39]. Il documento è sottoscritto non solo da Grignasco ma anche da Ara, i cui rappresentanti si definiscono di “capsinae Arae”. Gli ordini furono rivisti a inizio Seicento e approvati dalla comunità il 27/4/1608 e dal Senato di Milano il 2/6/1614. Il nucleo fondamentale era composto ancora dalle norme sui campi ma i primi due capitoli si occupano ora del consiglio comunale [Ordini della comunità di Grignasco, in ASM, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 37, riportati in Ordini e bandi campestri, pp. 55-97].
Gli ordini della comunità di Ara, in 42 punti, sono del 1659, successivi di dieci anni allo strumento di transazione che ne sanciva la separazione da Grignasco [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 44].
Catasti
Presso l’archivio storico esiste una ricca documentazione catastale. Per Grignasco si ha a disposizione anzitutto l’estimo stilato per il censimento generale di Carlo V (1556), con elenco dei possessori. Notevole poi un libro che ha inizio nel 1566, e che riporta sotto il nome del contribuente le varie mutazioni di proprietà dei terreni, fino a Seicento inoltrato [ASG, Ia serie, mazzo 1]. Si ha quindi un nuovo catasto del 1653, che comprende anche un libro delle mutazioni di proprietà [ASG, Ia serie, mazzo 2]; e due successivi libri di mutazioni delle proprietà che coprono rispettivamente i periodi 1746-1775 e 1771-1811 [ASG, Ia serie, mazzi 3 e 4]. Sono disponibili inoltre tre sommarioni di epoca sabauda, che datano 1769, 1770 e 1773 e uno di epoca napoleonica, del 1804 [ASG, Ia serie, mazzo 5]. I libri di mutazioni delle proprietà riprendono nel 1809, con le serie 1809-1833 [ASG, Ia serie, mazzo 6], 1836-1859 [ASG, Ia serie, mazzo 7], 1855 [ASG, Ia serie, mazzo 9]. Abbiamo poi uno “Stato generale di tutte le mutazioni di proprietà” che copre il periodo 1819-1863 [ASG, Ia serie, mazzo 11] e una serie di “Verbali delle mutazioni di proprietà” [ASG, Ia serie, mazzo 12]. Per quanto riguarda il periodo post-unitario l’archivio comprende tre libri matricola dei proprietari dei terreni per gli anni 1863-1867; 1885-1892; 1893-1907 [ASG, Ia serie, mazzo 10].
Per Ara sono disponibili “fedi” della misura dei terreni a partire dal 1632; un libro di estimati ricavati dal catasto del 1707; il sommarione sabaudo del 1770; e il catasto del 1776 [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 1]. I libri di mutazioni della proprietà cominciano nel 1809 e proseguono in forma ininterrotta addentrandosi nel Novecento [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 2: libri 1809-1821; 1833-1888; mazzo 3: 1899-1941; 1904-1951]. Abbiamo poi un catasto formato in età napoleonica e un sommarione in due volumi del 1886 [Novo cattastro ossia colonnaro del 1804, ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 2]. Molto materiale è infine dedicato alle volture catastali [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzi 7-13, anni 1872-1927].
Ordinati
Per Grignasco sono disponibili gli ordinati dal 1673 al 1768 (con ammanchi) e, quindi, dal 1776 in forma continua [ASG, Ia serie, mazzi 18 (1673-1768; 1776-1800); 19 (1800-1810 e 1814); 20 (1815-1839); 21 (1840-1848); 22-26 (1849-1884)].
Per Ara gli ordinati sono disponibili a partire dal 1645, con interruzioni [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzi 21 (1645-1800, copie di originali con diversi ammanchi); 15 (1776-1786); 16 (1801-1808); 17 (1848-1858), 18-20 (1859-1902)]. È inoltre disponibile per Ara un utile mazzo in cui sono conservati gli atti sottoposti all’insinuazione, a partire dal 1771 [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 24, 1771-1807].
Dipendenze nel Medioevo
Nel 1014 Grignasco figura assieme ad altre terre come appartenente al vescovo di Vercelli [Casalis].
Nel 1163 un diploma di Federico I riconosce i marchesi Oliviero, Guido e Ardizzone signori del Marchesato di Romagnano, un dominato territoriale comprendente Grignasco, Cavallirio, Prato Sesia, Ara, Naula e Rovasenda. Negli anni successivi i poteri dei marchesi, originariamente molto vasti, furono però erosi. Nel 1198 si ha l’accordo con Novara, riconosciuta come dominus di Romagnano e delle terre sottoposte al suo marchesato, tra cui Grignasco. Il marchese Guido di Romagnano giurerà poco dopo (1202) il cittadinatico, al fine di ottenere protezione da Novara nei confronti dei conti da Biandrate e di Vercelli [Cognasso].
Feudo
In età moderna, la dizione di “Marchesato di Romagnano” sta a indicare un feudo composto da cinque comunità: Romagnano, Ara, Cavallirio, Grignasco e Prato Sesia, che riproduce grosso modo l’estensione dell’antico dominatus marchionale.
Fino al 1550, il marchesato restò infeudato all’antica stirpe arduinica, che l’aveva posseduto sotto varie forme fin dalle origini. A questa data il feudo era suddiviso in trentadue parti. Lo sfaldamento dei Da Romagnano iniziò proprio in tale data, quando uno dei marchesi, Giovanni Antonio, cedette sette quote a Francesco Dal Pozzo. Negli anni successivi, i Dal Pozzo acquistarono metà delle quote del feudo con successivi acquisti. Nel 1561, però, il feudo veniva interamente acquistato da Emanuele Filiberto di Savoia, che lo donava il 22 luglio dello stesso anno a Federico Borromeo, conte di Arona, con diritto di successione sia maschile sia femminile. La vendita al Borromeo era avvenuta però senza il beneplacito milanese. Sorsero così delle contestazioni tra il nuovo feudatario e il Magistrato Straordinario di Milano, che nel 1562 ordinò l’apprensione del marchesato. Di fronte a tali difficoltà il cardinal Carlo Borromeo, trovatosi a essere l’erede del marchesato, lo cedeva il 9 marzo 1566 a suo cugino Federico Ferrero, già feudatario di Casalvolone, Villata e Ponzana. Nel 1573, dopo ulteriori contestazioni da parte di Milano, il Ferrero riusciva finalmente a prestare giuramento come feudatario, ma con diritto di successione solo maschile. Morto senza figli maschi, e pur avendo in precedenza fatto donazione del feudo a Ferrero Fieschi marchese di Masserano, il marchesato veniva incamerato dalla regia camera milanese nel 1582. Nel 1583, tuttavia, esso venne reinfeudato a Guido Ferrero, cardinale di Vercelli e cugino del precedente feudatario. Anch’egli, tuttavia, morì prematuramente ed il feudo fu di nuovo reincamerato da Milano nel 1585. Posto all’asta, il marchesato di Romagnano fu acquistato il 27 maggio 1588 dal conte Giovanni Battista Serbelloni per 107.800 lire. Nel 1649 Filippo II agganciò al feudo il titolo di marchese, di cui dunque si poterono fregiare i Serbelloni, con diritto trasmissibile ai maschi legittimi per ordine di primogenitura. I Serbelloni rimasero feudatari del marchesato fino all’estinzione dei privilegi feudali del 1797 [Dionisotti, pp. 332-349 e Dessilani p. 398].
Nel 1723 la comunità risultava pagare al feudatario, il duca Serbelloni, 416 lire annue per l’imbottato e 100 per la brenta, che a sua volta riaffitta [ASM, Confini parti cedute, cart. 40, fasc. 12, interrogatio del 27/4/1723 di Bernardino Zanarolo, console di Grignasco].
Mutamenti di distrettuazione
A partire dal 1535 il Novarese entra a far dello Stato di Milano e dunque dell’impero spagnolo. Verso il 1560 nasce il Contado di Novara, istituzione intermedia tra la Regia camera e le comunità con scopi prevalentemente fiscali, nata dalla contrapposizione tra le campagne e le città per la definizione dell’estimo. Grignasco è una delle 29 terre vocali del contado, aventi cioè diritto di parola alle congregazioni generali del contado, ed è inserita nella squadra del Sesia (in totale il contado novarese era suddiviso in sei squadre, ciascuna delle quali esprimeva un sindaco) [Gnemmi].
Per un breve periodo, dal 1713 (trattato di Utrecht) al 1738 (pace di Vienna) il Novarese passa sotto la dominazione austriaca.
Nel 1738 il Novarese passa ai Savoia, venendo così unito al Piemonte, fino al 1798. In età napoleonica, a partire dal 14/12/1798, i comuni di Ara, Cavallirio, Ghemme, Grignasco e Prato Sesia vengono aggregati in un’unica municipalità, che ebbe vita brevissima stante l’occupazione austro-russa del 1799. Il 7 settembre 1800, tornati al governo i napoleonici, viene costituito il Dipartimento dell’Agogna, organizzato prima in 17 distretti e poi in cinque, che oltre al Novarese (nuovamente staccato dal Piemonte) comprende la Lomellina, la Valsesia e il Vigevanasco. Nel 1801 Grignasco è aggregato al distretto di Varallo (uno dei cinque del dipartimento) e figura all’interno di un cantone che ha per capoluogo Romagnano, comprendente anche i comuni di Ara, Cavallirio, Fara, Ghemme, Prato e Sizzano.
Nel 1814, col passaggio ai Savoia, Grignasco è distaccato dalla Valsesia e nuovamente inserito nella provincia di Novara, dove figura all’interno di un mandamento che ha per capoluogo Romagnano.
Dopo l’unità, Grignasco fa ancora parte del mandamento di Romagnano, in forza della legge comunale Rattazzi del 23/10/1859. Il mandamento è composto anche dai comuni di Ara, Cavallirio e Prato Sesia, riproducendo de facto il territorio del marchesato d’età moderna.
 
Mutamenti Territoriali
L’attuale comune di Grignasco è stato oggetto nel corso dei secoli di un gran numero di mutamenti territoriali, conseguenza di una struttura insediativa molto articolata.
Nel corso dei processetti preparatori per il catasto di Carlo VI il console della comunità dichiara che “Questo comune ha sempre fatto comune da sé; ben è vero haver sentito dire, che anticamente fosse unito ad Ara; né dal medemo si è separato luogo alcuno, qual faccia comune da sé” [ASM, Confini parti cedute, cart. 40, fasc. 12, interrogatio del 27/4/1723 di Bernardino Zanarolo, console della comunità]. In realtà i mutamenti territoriali furono vari e complessi.
La separazione di Grignasco da Ara avviene tra Cinque e Seicento, ma in modo difficoltoso, realizzandosi compiutamente soltanto nel 1649. Nel 1570 Ara accetta di sottoscrivere gli ordini di Grignasco con una ratifficatio hominum Arae che ne faceva una sorta di comunità aggregata alla principale [Ordini e bandi campestri, p. 41]. Nel 1614, Ara viene definito come “utique separatus” da Grignasco, “sed proximus”. L’espressione è però probabilmente da intendersi da un punto di vista più che altro insediativo. Infatti, sebbene manchi un esplicito strumento di conferma come nel 1570, nella discussione sull’approvazione degli ordini si dice (in polemica con gli abitanti delle cassine) che “dicti homines de Ara magis servant ordines in communitate compilatos quam ipsi capsinarum incolae” [Ordini e bandi campestri, p. 86].
Dal punto di vista fiscale, Ara e Grignasco figurano uniti nel pagamento dei carichi e degli alloggiamenti militari fino al 1581. La transazione del 1649 ricorda che “sono terre distinte, territori separati, e ciascuna di loro fa università divisa, come consta per intromento pubblico dell’anno 1581”, con cui l’estimo di Ara veniva ridotto a due cavalli di tassa e quello di Grignasco a dieci cavalli e un quarto “con obligo a ciascuna terra di pagare separatamente tutti li carichi ordinari e straordinari alla rata del suo estimo” [Copia dell’Instromento di transazione seguita fra la Communità d’Ara e la Communità di Grignasco l’anno 1649, 13 di luglio, in ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 27].
Ancora nel 1640, tuttavia, una supplica della comunità di Grignasco si rivolge al Magistrato Ordinario chiedendo uno sgravio fiscale per la corrusione dei beni da parte del Sesia “giontamente con quella d’Ara suo membro” [ASM, Censo p.a., 1.251, supplica del 27/7/1640].
Nel 1644 il podestà di Romagnano è obbligato a ripetere le disposizioni del 1581, rilevando che “la Communità d’Ara non fosse tenuta concorrere con quella di Grignasco in alcuna spesa di liti, mercede dell’esatore, o sij caneparo, cancelliere del comune, honorario del podestà per assistenza delle taglie ne altre simili, havendo la Communità d’Ara li suoi agenti e ministri separatamente pagati”. Accadeva infatti che “sotto pretesto d’unione non solo li huomini d’Ara vengono da quelli di Grignasco gravati di dette spese e carichi, ma di molte altre indebite ed ingiuste” [Copia dell’Instromento di transazione seguita fra la Communità d’Ara e la Communità di Grignasco l’anno 1649, 13 di luglio, in ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 27]. Il malcostume riguardava, in particolare, gli alloggiamenti militari (a metà Seicento l’onere più gravoso), poiché Grignasco spalmava quelli di sua spettanza anche sul territorio di Ara.
Solo nel 1649 gli estimi vengono divisi e si raggiunge un accordo di massima per la spartizione dei beni comunali (anche se una parte continuò a rimanere in comproprietà), sancendo così una separazione definita tra le due comunità: “formando un tempo la comunità di Grignasco e quella d’Ara un sol corpo, abbia questa comunione cessato in forza di sentenza magistrale dell’anno 1648 in dipendenza della quale con instrumento venticinque luglio 1649 […] addivennero esse per transazione alla separazione dell’estimo ed alla divisione dei beni comunali, a riserva di un bosco ossia monte brughierato e cespugliato detto Teso” [Appuntamenti tra la comunità di Grignasco e quella di Ara relativamente ai rispettivi diritti sul bosco denominato Teso in territorio di Grignasco del 5/4/1837, in ASG, Ia serie, mazzo 46]. La transazione prevedeva la fissazione di confini precisi (“che si debbano piantare molti termini”) e che dunque i particolari di Ara non potessero far pascolare le loro pecore al di là di essi, essendo considerati d’ora in poi “forestieri”. Rimaneva però la questione del bosco comune, che secondo antica consuetudine era suddiviso in lotti che venivano assegnati a ciascun residente delle due comunità, seguendo un modello di partecipanza delle terre collettive [v. comunanze]. La transazione stabiliva che il bosco sarebbe rimasto comune e che un sesto di esso sarebbe dovuto spettare, nel corso dell’annuale distribuzione, agli abitanti di Ara [Capitoli da osservarsi tra Grignasco et Ara per la separazione che si deve fare, in Copia dell’instromento di transazione, in ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 27, 1649]. La transazione relativa al bosco, resa necessaria dalla pratica di usi civici risalenti e dalla presenza della partecipanza, avrebbe però fomentato le liti tra le due comunità fino a Ottocento inoltrato [v. liti territoriali].
La separazione tra Ara e Grignasco durò a lungo, superando indenne tutta l’età moderna, il periodo napoleonico e il post-unitario. Come ribadisce lo stesso comune di Ara ai quesiti pro aggregazione napoleonici “Non desidera essere aggregato ad altro comune […] e giacché non fu poco l’interessamento di questo popolo e zelo intrapresosi per smembrarsi una volta dal comune di Grignasco, e doversi con pubblico malgrado vedere inutile l’esito avuto della separazione di questo comune” [ASN, Prefettura dell’Agogna, 552, Ara, 9/11/1807].
Ara venne poi aggregato a Grignasco in età fascista nel 1928 [cfr. il decreto n. 2481 del 15/12/1927 e successiva conferma del prefetto della provincia di Novara, ASG, IIa serie, 2, fasc. Aggregazione a Grignasco del comune di Ara, 20/6/1928], figurando da quel momento in poi quale frazione di Grignasco. L’aggregazione causava immediate e insistenti proteste da parte di Ara, che faceva anche opera di ostruzionismo rifiutandosi di consegnare i suoi catasti a Grignasco. Grignasco lasciò nell’aggregata le scuole elementari e l’ufficio di stato civile “nell’intento pure di attenuare l’asprezza dell’aggregazione sempre contrastata da quei frazionasti gelosi della loro autonomia e non legati da rapporti di buon vicinato alla popolazione grignaschese” [ASG, IIa serie, 2, Aggregazione a Grignasco del comune di Ara, lettera del comune di Grignasco al prefetto del 17/4/1928]. Appena dopo la fine della seconda guerra, i frazionisti di Ara fecero istanza per una nuova separazione, che dal punto di vista economico si basava sulla presenza del “Calzaturificio Francescoli, che assorbe tutta la maestranza locale. Su questa industria i ricorrenti fondano le precipue risorse economiche del ricostituendo comune” [ASG, IIa serie, 2, fasc. ricostituzione comune di Ara, tentativo 1946-1954, istanza dei frazionisti di Ara del 13/4/1946]. Negli anni seguenti, l’istanza perse però di forza, dato che “Nessuno dei capi famiglia promotori dell’istanza succitata ha espresso al Comune il desiderio di ricostituzione del Comune di Ara, tenuto conto delle peggiorate situazioni finanziarie” [ASG, IIa serie, 2, fasc. Ricostituzione comune di Ara, tentativo 1946-1954, lettera del comune di Grignasco al prefetto del 2/10/1953].
Accanto all’aggregazione di Ara se ne contano anche altre, che vedono coinvolte sia Grignasco sia Ara stessa. Nel 1583 avviene la separazione di Colma, fino a quel momento parte del territorio grignaschese, che entrò a far parte dell’università della Valsesia come comunità autonoma e fu dunque distaccata anche dal feudo.
Nel 1895-90 si ha invece la tentata aggregazione ad Ara di Bertasacco (composto da appena quattro fabbricati e nove famiglie), frazione di Valduggia. Il caso era stato originato a quanto pare da una ricognizione di confini fatta in base alle legge 4 giugno 1855, da cui si ricavava che Bertasacco apparteneva in realtà più ad Ara che a Valduggia (tanto che, a quanto pare, sosteneva con Ara diverse spese e assieme ad Ara pagava l’imposta prediale). Il problema era che Valduggia era troppo lontana da Bertasacco e difficilmente raggiungibile “per le difficili comunicazioni, tanto più d’inverno in quale stagione in occasione di forti nevicate o di geli, diventano persno impossibili”. Pertanto, “gli abitanti di Bertasacco sogliono frequentare abitualmente le funzioni religiose in Ara, ivi mandavano e mandano tutti i ragazzi alle scuole elementari comunali e all’asilo eretto nel 1883” e fanno riferimento a Grignasco per i loro commerci [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 27, fasc. Aggregazione della frazione Bertasacco ad Ara, supplica dei frazionisti di Bertasacco a Sua Maestà del 28/12/1889]. Tuttavia, “Nell’occasione dell’ultimo censimento avendo il comune di Valduggia preteso che la frazione di Bertasacco gl’appartenesse, ne sorse conflitto col Comune di Ara”. La Giunta di statistica si pronunciava in favore di Ara, ma Valduggia pretendeva che Bertasacco fosse compresa nelle sue mappe catastali [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, Atti del consiglio comunale di Ara, 22/5/1890]. A quanto pare Bertasacco non venne aggregato ad Ara, e rientrò all’interno di Grignasco solo in età fascista.
In età fascista, con la legge 22/12/1932, la frazione di Isella, fino ad allora facente parte di Valduggia, viene unita a Grignasco, “nell’intento di agevolare quei frazionisti distanti circa 14 Km dal capoluogo e con scarse vie di comunicazione”. Assieme ad Isella vengono interessate dallo smembramento altre parti di Valduggia, le cosiddette “frazioncine o meglio casolari di Bertasacco, Moglia d’Arrigo e Bola”, che distavano anch’esse da Valduggia “diverse ore di mulattiera difficile, mentre invece sono a meno di due chilometri dal centro di Grignasco” [ASG, IIa serie, 2, fasc. Aggregazione Isella, lettera del podestà di Grignasco al prefetto del 15/3/1934]. A quanto pare, l’intero meccanismo di aggregazione minacciò ad un certo punto di essere interrotto dalla protesta di un solo frazionista di una “frazioncina”.
 
Comunanze
Nel 1602 Grignasco pare avere appena 241 pertiche novaresi di beni comunali a fronte di 3648 rurali e 291 di chiesa [ASM, Feudi Camerali p.a., 412]. Nonostante l’ampia presenza di boschi, infatti, l’usurpazione di beni della comunità era dilagante. Il fenomeno era fomentato dalla presenza delle “cassine”, i cui abitanti si espansero a spese del borgo a partire dal Cinquecento. Per contenere le usurpazioni la comunità emise svariati ordini, ma senza modificare di molto la situazione. A fronte dell’impossibilità di arrestare il fenomeno, la pratica venne formalizzata: la comunità compilava periodicamente dei quinternetti di beni usurpati, i cui nuovi possessori dovevano limitarsi a presentarsi presso il podestà di Romagnano e pagare una somma chiamata “tassa fatta per li beni comuni”. Ciò portò ad un’enorme diffusione delle usurpazioni, diventate così il più importante sistema di circolazione della proprietà fondiaria all’interno della comunità, contribuendo a formare un nugolo di piccoli proprietari. Nel 1676 il sistema raggiungeva il suo apice, con la decisione del sindacato di tutti i capi di casa di suddividere i beni usurpati in appezzamenti di uguali dimensioni, da distribuirsi a tutti i capifamiglia di Grignasco senza distinzione d’estimo. La ripartizione dei lotti sarebbe dovuta avvenire per sorteggio [Franchi].
Nel 1723, in conseguenza di queste trasformazioni, i beni comunali erano dunque ridotti a poca cosa: “Possiede la nostra comunità beni comunali consistenti in pascoli sassosi e puoco bosco in collina […] La baraggia sassosa la godiamo tutta noi, e e su la baraggia boschiva ha ragione di pascolare e buscare la comunità di Ara: ma il nostro comune non ha alcuna ragione sopra gli altrui comunali” [ASM, Confini parti cedute, cart. 40, fasc. 12, interrogatio del 27/4/1723 di Bernardino Zanarolo, console della comunità]. Grignasco possedeva nel 1723 anche due forni, affittati a Nicola Negro per 108 lire annue; il dazio della brenta, affittato per 150 lire, ma su cui la comunità ne pagava 100 al feudatario per antica cessione del diritto; un mulino di tre ruote affittato per 400 lire a Giacomo Frantone. I due forni comunali di Grignasco risultano essere affittati ancora poco dopo l’Unità [ASN, Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 381, fasc. affitti diversi; uno dei forni era stato conteso dalla confraria (poi opera pia) di S. Spirito nel 1841, cfr. ASG, Ia serie, mazzo 56 (opere pie), transazione del 1841 con cui si riconosce la proprietà del forno alla comunità].
Caratteristica peculiare dei beni comunali era che Grignasco ne possedeva una quota in comune con Ara (corrispondente al bosco del Teso), che era goduta da entrambi. Ancora in età napoleonica, all’interno di Grignasco “possiede quello d’Ara per una sesta parte in comunione il bosco denominato del Teso, e concorre per sesto al pagamento del camparo” [ASN, Prefettura dell’Agogna, 552, risposta del comune al prefetto relativamente alla proposta di aggregazione dei comuni di seconda e terza classe, 23/9/1807]. Ciò vuol dire che il bosco era interamente in “indiviso” tra le due comunità, ma che al momento della suddivisione annuale in lotti un sesto di essi spettava agli abitanti di Ara. Si trattava di “un vasto tenimento boschivo da taglio, dal quale ogni anno sogliono formarsi sei squadre, cinque della quali si ritengono dalla Communità di Grignasco si subdividono annualmente fra suoi terrieri, e la sesta delle squadre estratta a sorte viene assegnata ogni anno alla detta Communità di Ara, la quale suole affittarla per profitto del suo registro” [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, 29, supplica di Ara all’Intendenza, s.d. ma 1778].
Nel 1833 seguiva una transazione per il bosco [ASTO, Paesi per A e per B, mazzo 23, fasc. 3, Transazione tra il comune di Grignasco e quello di Ara per la divisione d’un bosco], e nel 1837 il Teso veniva assegnato in via definitiva a Grignasco con tutti i relativi diritti [Appuntamenti tra la comunità di Grignasco e quella di Ara relativamente ai rispettivi diritti sul bosco denominato Teso in territorio di Grignasco del 5/4/1837, ASG, Ia serie, mazzo 46, v. anche voci liti territoriali e mutamenti territoriali].
Il bosco del Teso era gestito in maniera peculiare, per mezzo di una partecipanza. Il bosco infatti veniva suddiviso ogni anno in una serie di lotti da distribuirsi fra tutti i comunisti di Grignasco “a cui non anno rinunciato” [ASN, Intendenza Generale, 392, fasc. Bosco comunale detto del Teso e pratiche relative, Sunto del verbale di deliberamento per la vendita di n. 236 porzioni di taglio di bosco, 1849]. Il sistema risultava ancora in auge nell’Ottocento. La comunità era infatti stata autorizzata dall’Intendenza “ad addivenire ogni anno alla distribuzione dello strammatico e ramatico che produce il bosco comunale denominato del Teso, maturo d’anni sei in quanto al ramatico, e di tre in quanto allo stramatico, a tutti questi comunisti maggiori d’anni sette, mediante il pagamento di lire una per cadauna testa; ed autorizzata pure col predetto decreto di accettare la rinuncia di coloro che non vogliono usufruire di tali distribuzioni e così andar esenti dal relativo pagamento, per cui la parte del ramatici e strammatico che apparterebbe ai rinuncianti resta a favore del comune, di quale il medesimo in ogni anno procede alla vendita, divisa in tante porzioni quante sono le persone che ebbero a rinunciare”. Per esempio, nel 1849 avevano rinunciato al loro diritto di sfruttamento in 236 comunisti, per cui si erano formate 236 porzioni di bosco da taglio atte alla vendita [ASN, Intendenza Generale, 392, atto di congrega del consiglio delegato della comunità di Grignasco del 15/10/1849]. Il comune aveva stilato un elenco di famiglie povere (66 nel 1850) che erano esentate dal “cotizzo” del teso, che cioè non dovevano pagare la lira per l’usufrutto del bosco ma vi erano automaticamente ammesse.
Anche Ara organizzava nei suoi boschi una “distribuzione fuocolare” dello scalvo e dello strame, ancora in uso in periodo post-unitario (e dunque relativa non al Teso ma agli altri boschi della comunità) [ASG, Archivio storico di Ara, Ia serie, 29, atto del comune di Ara del 13/5/1863 inerente il “taglio e distribuzione di bosco per fuocaggio”. La pratica è attestata fino almeno al 1867].
Il decennio dopo l’Unità è comunque contrassegnato da un generale affrancamento ed estinzione dei livelli comunali che ancora gravavano su moltissimi fondi [ASN, Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 381, fasc. 37] e dalla vendita dei gerbidi nella zona del Teso. La pratica del livello era perseguita sui fondi comunali fino a poco tempo prima, come forma di recupero dei beni incolti, seguendo peraltro alcune disposizioni centrali sabaude “per l’amministrazione dei comuni I aprile 1838 al cap. 3 art. 150, esser assoluto suo volere che quelle pensassero a trarne profitto di tanti beni incolti, di cui sono fornite, e che non sono né di vantaggio a se stesse ne tanto meno al pubblico” [ASN, Intendenza Generale, 392, “Ordinato del raddoppiato consiglio comunale” del 29/4/1840, “tendente a migliorare l’interesse del Comune coll’affittare e livellare alcuni beni incolti”].
In periodo fascista buona parte dei boschi (baraggia, Rigolà, gabbio d’Ara, Isola del milione) figurano di proprietà del comune, che destina periodicamente le piante di alto fusto alla vendita. I paletti da vite, in particolare, erano molto ricercati [ASN, Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 378, fasc. boschi comunali].
 
Liti Territoriali
Nel 1584 si ha notizia di una lite di Grignasco con Romagnano e Prato, in seguito alla quale vengono fissati nuovi confini tra le comunità. L’arbitro della lite è il feudatario, il cardinale di Vercelli Federico Ferrero [Franchi p. 30].
Una serie di liti territoriali è attestata con Vintebbio, comunità confinante facente parte dello Stato sabaudo (le controversie sul Sesia tra comunità spagnole da una parte e sabaude dall’altra erano comuni: oltre a questa, per esempio, cfr. le liti tra Romagnano-Gattinara; Ghemme-Lenta).
Nel 1679 gli abitanti di Vintebbio “sotto pretesto di pesca pensano anzi siano in atto di voltare il grosso canale dell’acqua della Sesia da questa nostra parte con quantità di sassi e cavalletti contro il concertato ultimamente” [ASM, Confini p.a., 201, lettera di Grignasco al Podestà di Serravalle del 5/9/1679]. Per questo piccolo affare è necessario contattare il Residente di Savoia a Milano, “acciocché si riduchino in pristinum le novità intentate dagl’huomini di Vintebbio” [ASM, Confini p.a., 201, lettera al Residente di Savoia del 28/9/1679].
Nel 1727 nasce un’altra lite con Vintebbio poiché un soldato piemontese spara a un mulattiere in un punto di confine vicino a Grignasco, probabilmente di giurisdizione già austriaca. Il fatto fornisce il pretesto al sindaco di Grignasco per affermare la giurisdizione della comunità sul “giarone” [Attentati di que’ de Vintebbio a pregiudizio di Grignasco Novarese, 1727 in ASM, Confini p.a., 201].
Nel 1730 si ha notizia di un’ulteriore lite, che vede associati Grignasco e Prato contro Vintebbio, a causa delle costruzione da parte dei vintebbiesi di una chiusa sul Sesia che avrebbe turbato i confini modificando il corso del fiume. Come forma di rappresaglia contro le proteste di Grignasco il podestà di Gattinara carcerava Giuseppe Bodoni, un uomo di Grignasco addentratosi oltre confine. A questa cattura rispondeva quella di un vintebbiese, addirittura con l’avallo del Senato milanese, e le conseguenti proteste del Regno di Sardegna [Grignasco e Prato Novaresi con Vintebbio Vercellese, 1730 in ASM, Confini p.a., 201].
Nel 1781-82 (momento in cui le due comunità facevano oramai parte entrambe del Regno di Sardegna) nasceva nuovamente controversia a causa di un “salto” del Sesia, che aveva attraversato un bosco fino allora appartenente a Grignasco. A causa della mutazione del fiume, il bosco si trovava ora coerente con il territorio di Vintebbio e diviso invece da quello di Grignasco, frapponendosi il corso d’acqua. I vintebbiesi “forse sull’erroneo supposto che possa considerarsi alluvione quella per per tale non può ravvisarci, quando trattasi d’effettivo salto di fiume e regolare intersecazione” avevano iniziato a “boscare” l’area, “esercendo ivi atti di dominio e pregiudizio non solo del quieto pacifico invetterato possesso e dominio” di Grignasco, “ma a danno altresì degli affittavoli d’essa perché privati di goderne il frutto” [ASG, Ia serie, mazzo 48, Vertenza della comunità di Grignasco con quella di Vintebbio, 1781-1782, supplica di Grignasco all’Intendenza, s.d. ma 1781]. L’intendenza di Vercelli dava però ragione a Vintebbio assegnandogli il bosco, in base alla consuetudine che “il ramo maestro di Sesia portasse in conseguenza seco e l’utile dominio ed il diretto a favore di quella delle due limitrofe comunità a cui per salto l’attiguo terreno si aggregasse”, usanza contestata senza ritultati da Grignasco, in quanto a suo dire “illegittima e senza dubbio bonariamente permessa” [Atto di congrega riguardante le pretese della comunità di Vintebbio del 29/1/1782, in ASG, Ia serie, mazzo 48, Vertenza della comunità di Grignasco con quella di Vintebbio, 1781-1782].
Un consistente gruppo di liti territoriali vede poi come protagoniste Grignasco e Ara. Le controversie erano perlopiù relative al bosco detto “del Teso”, posseduto in comproprietà dalle due comunità. Nonostante l’accordo del 1649 che prevedeva la spartizione dei beni comunali, il bosco rimase in comune. Come rilevava Grignasco, la conseguenza della comproprietà “si è che la comunità di Ara avrebbe dominio nel territorio di Grignasco, il che darebbe motivo a continue discordie” [Riglievi per la Comunità di Grignasco contro quella d’Ara, ASG, Ia serie, mazzo 46, s.d., probab. fine ‘700].
Anche gli usi civici rimasero comuni su tutta l’estensione del bosco. Come afferma Ara: “perché quelli di Ara supplicanti sono sempre andati e vanno quando vogliono a stramare e boscare nel predetto fondo liberamente, e senza che quelli di Grignasco l’abbino mai redarguiti ne impediti, ne per quello riguarda il possesso, ne per quello riguarda il frutto” [ASG, Ia serie, mazzo 46, memoriale di Ara, 1727]. Ara chiese poco dopo una divisione del bosco ma la sua richiesta non venne accolta.
Nel 1836-37 nascono ulteriori contestazioni riguardo al bosco. Nel 1836 una supplica di Grignasco lamenta che alcuni particolari di Ara avrebbero esteso le loro proprietà nella comunità contermine [ASN, Intendenza Generale, 392, lettera del sindaco di Grignasco alla Regia intendenza generale del 17/4/1836]. Da questa lite ne nasce una più generale, riguardante il bosco del Teso.
Nel 1837 viene organizzata una serie di appuntamenti tra Grignasco e Ara “relativamente ai rispettivi diritti sul bosco denominato Teso in territorio di Grignasco”. Ara protesta per la “riduzione a coltura di parte di detto bosco, talmente che avendo il comune di Grignasco di concedere come ha concesso agli usurpatori a livello il terreno, che si erano appropriato, la comunità di Ara non ottenne perciò alcun compenso, e furono così sempre più ristretti i suoi diritti” [ASG, Ia serie, mazzo 46, appuntamenti del 5/4/1837]. Il risultato degli appuntamenti, mediati dall’Intendenza sabauda, rappresentò un netto successo per Grignasco, il quale ottenne che Ara rinunciasse “ad ogni sua ragione sul bosco Teso a favore di quella di Grignasco, come pure ad ogni pretesa d’indennità per i livelli fatti” a favore degli usurpatori, mediante il pagamento di un’indennità di 2.000 lire. La vittoria registrata da Grignasco, che diventava l’unico proprietario del bosco, pare da imputarsi alla pessima condizione finanziaria di Ara, che non era in grado di affrontare i costi di una vertenza, tanto che le 2.000 lire d’indennità furono subito impiegate per la risoluzione di alcuni debiti.
 
Fonti
ASDN [Archivio storico-diocesano di Novara]: Teche Grignasco, 1, 1652, Inventario compagnia del Rosario; Teche Grignasco, 1, 1652, Inventario Santo Spirito; Teche Grignasco 1, Inventario parrocchia del 3/7/1702; fondo Visite pastorali [Vp], busta 372, 1819, vescovo Morozzo.
ASG [Archivio storico di Grignasco]: Ia serie, mazzo 46, Riglievi per la Comunità di Grignasco contro quella d’Ara; Ia serie, mazzo 46, Memoriale di Ara del 1727; Ia serie, mazzo 46, Appuntamenti tra la comunità di Grignasco e quella di Ara relativamente ai rispettivi diriti sul bosco denominato Teso in territorio di Grignasco del 5/4/1837; Ia serie, mazzo 48, fasc. Vertenza della comunità di Grignasco con quella di Vintebbio, 1781-1782; Ia serie, mazzo 56 (opere pie), transazione del 1841 tra il comune e l’opera pia di S. Spirito per un forno; IIa serie, mazzo 2, fasc. Aggregazione a Grignasco del comune di Ara; IIa serie, mazzo 2, fasc. ricostituzione comune di Ara, tentativo 1946-1954; IIa serie, mazzo 2, fasc. aggregazione Isella.
Archivio storico di Ara, Ia serie, mazzo 27, Copia dell’Instromento di transazione seguita fra la Communità d’Ara e la Communità di Grignasco l’anno 1649, 13 di luglio; Capitoli da osservarsi tra Grignasco et Ara per la separazione che si deve fare, in Copia dell’instromento di transazione; Ia serie, mazzo 27, fasc. Aggregazione della frazione Bertasacco ad Ara; Ia serie, mazzo 29, supplica di Ara all’Intendenza, s.d. ma 1778; Ia serie, mazzo 29, atto del comune di Ara del 13/5/1863 inerente il “taglio e distribuzione di bosco per fuocaggio”.
ASM [Archivio di Stato di Milano]: Feudi Camerali p.a., 412, 1602 [proprietà fondiaria al momento della redenzione del Marchesato di Novara da parte del Fuentes]; Senato, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, cart. 37, Ordini della comunità di Grignasco, 1608; Censo p.a., 1.251, supplica della comunità di Grignasco al Magistrato Ordinario del 27/7/1640; Acque p.a., 1195a, Transactio intra Regia Camera et consortes Pelizari, 1642; Confini p.a., cart. 201, lettera di Grignasco al Podestà di Serravalle del 5/9/1679; Confini p.a., cart. 201, lettera al Residente di Savoia del 28/9/1679; Confini p.a., cart. 201, Attentati di que’ de Vintebbio a pregiudizio di Grignasco Novarese, 1727; Confini p.a., cart. 201, Grignasco e Prato Novaresi con Vintebbio Vercellese, 1730; Confini parti cedute, cart. 40, fasc. 12, interrogatio del 27/4/1723 di Bernardino Zanarolo, console di Grignasco.
ASN [Archivio di Stato di Novara]: Notarile, not. Gio Batta Colombo, min. 8, Confirmatio Ordinum Communitaris Grignaschi del 16/4/1570; Prefettura dell’Agogna, cart. 552, Grignasco, 23/9/1807 e Ara, 9/11/1807; Intendenza Generale, cart. 392, lettera del sindaco di Grignasco alla Regia intendenza generale del 17/4/1836; Intendenza Generale, cart. 392, Ordinato del raddoppiato consiglio comunale del 29/4/1840, “tendente a migliorare l’interesse del Comune coll’affittare e livellare alcuni beni incolti”; Intendenza Generale, cart. 101, Inventario generale degli atti, registri, titoli e carte depositate negli archivi del Comune di Grignasco, 17/1/1840; Intendenza Generale, cart. 392, fasc. Bosco comunale detto del Teso e pratiche relative, Sunto del verbale di deliberamento per la vendita di n. 236 porzioni di taglio di bosco, 1849; Intendenza Generale, cart. 392, atto di congrega del consiglio delegato della comunità di Grignasco del 15/10/1849; Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 381, fasc.19, descrizione delle contrade e denominazione delle case esistenti nel territorio, 1/5/1868; Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, cart. 378, atti del podestà 22/7/1929; Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 378, fasc. boschi comunali; Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, cart. 381, fasc. affitti diversi; Prefettura, affari speciali dei comuni, 1° versamento, 378, comunicazione del podestà del 17/2/1932.
Archivio di Stato di Torino [ASTO]: Paesi Nuovo Acquisto, Addizione, mazzo 1, memoria sul Marchesato di Romagnano del 1712; Paesi per A e per B, mazzo 23, fasc. 3, Transazione tra il comune di Grignasco e quello di Ara per la divisione d’un bosco, 1833.
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Terra e comunità nell’Italia padana. Il caso delle Partecipanze Agrarie Emiliane: da beni comuni a beni collettivi, numero monografico di “Cheiron”, VIII (1990-91), nn. 14-15
Petracchi, A., Le origini dell’ordinamento comunale e provinciale italiano. Storia della legislazione piemontese sugli enti locali dalla fine dell’antico regime al chuidersi dell’età cavouriana (1770-1861), Venezia, 1962
Silengo, G., Il Novarese nel Settecento sabaudo. Eventi militari e riforme amministrative, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’età moderna (secoli XV-XVIII), a cura di S. Monferrini, Novara, 2003, pp. 223-274
Sitzia G., Sitzia, P., La chiesa di S. Maria in Bovagliano, in “Bollettino Storico per la Provincia di Novara”, LXXII (1981), pp. 38-67
Le terre del Fenera: Boca, Cavallirio, Ghemme, Grignasco, Maggiora, Prato Sesia, Novara, 1995
Vittone a Grignasco. Assunta, una chiesa barocca tra Grignasco, Roma e Torino, a cura di G. Sitzia e P. Sitzia, Grignasco, 2006
 
Descrizione Comune

Grignasco

          Grignasco è stata nel corso della sua storia una comunità in costante bilico tra l’area valsesiana e le terre del marchesato di Romagnano. La sua struttura insediativa molto frammentata, con un corpo del paese sul piano e “cassine” distaccate tanto in pianura quanto in alta collina ne facevano infatti una realtà mediana tra la Valsesia e le comunità sul Sesia. Alcune delle frazioni più alte, non a caso, per parte dell’età moderna e fino a tempi recenti avevano fatto parte di Valduggia, la prima comunità della Valsesia. Il fenomeno di attrazione entro Grignasco di insediamenti staccati da Valduggia è continuo e ha provocato specialmente in tempi recenti (età fascista) frequenti liti con Valduggia. Le istanze dei frazionisti sottolineano che per loro era impossibile recarsi a Valduggia per le più normali incombenze, stante l’enorme distanza che li separava dalla comunità valsesiana. Valduggia era d’altronde (e così esplicitamente veniva denominata nei documenti d’età fascista) un “consorzio” di frazioni riunito in un comune amministrativo: dal che ne risulta evidente la sua potenziale, alta instabilità e la corrispettiva forza d’attrazione dei comuni circostanti [Statuto e regolamento amministrativo dei consorzi fra i terreni delle frazioni del comune di Valduggia, ASG, IIa serie, 2, fasc. Aggregazione Isella].
Dal punto di vista istituzionale emerge in più occasioni la latente contrapposizione tra Grignasco e le sue cassine; in particolare, ciò avviene nel corso della discussione per l’approvazione degli ordini della comunità del 1608. La contrapposizione non riguarda unicamente i casi più clamorosi (le frazioni che volevano staccarsi da Valduggia o Ara) ma l’intero sistema insediativo. Le cassine protestavano, in particolare, perché a loro giudizio gli ordini del 1608 le limitavano fortemente nell’uso dei beni comunali; le prescrizioni contro le pecore e il pascolo, infatti, parevano dirette appositamente contro di loro, dato che le cassine prosperavano grazie all’allevamento. La forte protezione accordata ai campi contro le pecore, invece, pareva favorire il borgo (la cui economia era fondata sulla vite) nel momento stesso in cui venivano sfavorite le cassine. Il fatto è denunciato a chiare lettere: “lo stesso ordine venne compilato come utile ed apportatore di maggiori vantaggi a detta Comunità di Grignasco per il motivo che, avendo la Comunità il suo censo per la maggior parte nel vino che viene prodotto tanto dalle viti in pianura, quanto da quelle sui colli, si ritenne opportuno di aver cura di tutti i boschi per poter sostenere le stesse viti. Se fosse stato concesso agli abitanti delle cassine di avvicinarsi ai boschi in questione, di tenere pecore al pascolo e di usare degli stessi boschi, essi sarebbero andati completamente distrutti”. Seguiva la descrizione di un’operazione condotta esplicitamente contro le cassine, ritenute troppo ricche rispetto a Grignasco: “perciò si ritenne opportuno e conveniente che dallo stesso comune fossero eliminate pressoché tutte le pecore, affinché gli abitanti delle cassine non fossero, con pregiudizio della terra di Grignasco, in una condizione privilegiata, dato che gli stessi abitanti possiedono anche la maggior parte del vino, dal momento che le vigne sono piantate sui colli, piuttosto che nella terra di Grignasco. Tale stato di cose non deve essere confermato dalle loro false preghiere, sotto il pretesto che non hanno di che pagare gli oneri camerali né di che vestirsi, poiché la verità è esattamente il contrario in quanto gli stessi abitanti delle cassine, per la maggior parte, sono più ricchi degli uomini della terra di Grignasco”. Anche l’accusa che gli abitanti delle cassine avrebbero potuto disporre di usi civici di inferiore qualità rispetto ai grignaschesi era da ritenersi sbagliata: “Parimenti non si conceda di mantenere tale stato di cose per il fatto che dicono di essere distanti dalle pianure comuni, poiché tutte le colline della stessa comunità possono essere pascolate dalle mucche e gli stessi abitanti delle cassine possiedono un numero maggiore di mucche rispetto alla terra di Grignasco, essi nuotano nell’abbondanza, come si dice volgarmente, rispetto alla terra di Grignasco” [Ordini e bandi campestri, pp. 85-87].
Gli statuti, in una comunità formata da molti insediamenti separati, servono dunque per determinare diversi diritti a seconda della differente zona di appartenenza. I bandi campestri non regolano perciò soltanto lo scambio con l’esterno, ma di fatto organizzano una visione economica gerarchica in seno alla stessa comunità amministrativa, quasi che si trattasse di un “consorzio” di frazioni.
In questo processo si possono situare le due principali dinamiche relative alle comunanze, ovvero la formalizzazione delle usurpazioni e la partecipanza. Le usurpazioni di terre della comunità furono particolarmente forti tra Cinque e Seicento, e vedevano coinvolti soprattutto gli abitanti delle “cassine”, che usurpavano beni su cui avevano diritti limitati. Di risposta, anche gli abitanti del borgo avevano dato vita a molte usurpazioni. Nel 1576 il sindacato di tutti i capi di casa, a fronte della generalizzazione del fenomeno, eleggeva quattro persone addette a verificare le usurpazioni e decidere se concedere i beni a livello agli occupanti oppure se costringerli a restituirli: “Cum agentes communis Grignaschi agri Novariensis viderent bona comunia a pluribus occupari ac detineri in grave dicti comunis damnum anno 1576 congregatis omnibus elegerunt quatuor ex ipsis hominibus qui conoscere deberent usurpatores, et illos cogerent ad relaxadum vel se ad investiendum ad fictum temporale solvendum ipsi communitati” [ASM, Senato, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 37, s.d.].
La soluzione impiegata fu l’allivellamento, e in generale la concessione dei terreno agli usurpatori.
Negli anni successivi, confortate dalle disposizioni prese dal sindacato, le usurpazioni continuarono. La pratica dell’usurpazione divenne consolidata, tanto che Grignasco istituì una “tassa fatta per li beni comuni”: l’usurpatore doveva limitarsi a recarsi in consiglio e pagare la tassa prevista per la sua occupazione. L’usurpazione divenne dunque il sistema di espansione delle varie parti che componevano la comunità (frazioni e borgo), il che causò il passaggio di una grande quantità di terra all’estimo rurale e una proliferazione di piccoli proprietari.
Per converso, il sistema delle usurpazioni portò nella seconda metà del Seicento alla ridistribuzione di parte delle terre. A fronte infatti della continua avanzata dei privati su suolo comunale, che minacciava l’esistenza stessa delle comunanze, Grignasco decise di rispondere non con la richiesta di una restituzione dei terreni alla comunità ma al contrario con la loro ridistribuzione fra i privati. In un sindacato del 1676, così, “si propone come da diversi particolari et uomini tanto delle cassine come di questa terra sia statta usurpata e ridotta a coltura, et in altra forma buona parte de boschi comuni detti Boginosa, et Crugnola, et altri in grandissimo pregiuditio della comunità onde per levare un tal abuso hanno stimato spediente li sodetti congregati a fare che ognuno habbia d’havere qualche portione ripartitamente, et essendo nata controversia sopra la forma del riparto” si decideva di ripartire le terre usurpate focolatim non seguendo né l’estimo delle proprietà fondiaria né quello delle tasse sul personale [ASM, Senato, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 37, Sindacato generale di tutti i capi di casa del 3/5/1676].
Lo stesso meccanismo seguiva la partecipanza grignaschese, relativa al bosco del Teso, sempre gelosamente difeso da Grignasco. Anzitutto, il godimento del bosco era reso difficoltoso dal fatto che esso era in comproprietà con un’altra comunità, quella di Ara, cui spettava un sesto degli usi civici. Il Teso era oggetto di una “partecipanza” da parte di tutti i fuochi della comunità; ogni anno le cinque parti che toccavano a Grignasco venivano suddivise in lotti, i quali erano assegnati per sorteggio ai vari fuochi, che potevano sfruttarne gli usi civici oppure vendere il diritto. I proventi, vista l’estensione limitata del Teso e le possibilità ridotte di sfruttamento economico, erano comunque incommensurabilmente inferiori a quelli delle partecipanze emiliane [Terra e comunità].
Economicamente, dalla prima età moderna fino almeno ad inizio Novecento la maggior “cavata” della comunità stava nella produzione di vino. Una memoria sul marchesato del 1712 ci informa che “La terra e comunità di Grignasco ha ancor essa territorio la maggior parte montuoso, ma che produce vini esquisiti, quali somministra solamente alla Valsesia ma ancora ad altre parti della diocesi di Novara, e grani sufficientemente per il bisogno de suoi habitanti […] Delle quattro parti del territorio tre sono di boschi, e montagna incolta e l'altra consiste in vigna si in collina che in piano e i campi con qualche poco di prati”. Anche Ara commerciava in vino, seppur con maggiori difficoltà rispetto a Grignasco stante la minore estensione di terra coltivabile: “il suo territorio è tutto montuoso, con tutto ciò fruttifero massime di vini di ottima qualità. de quali ne somministra alla detta valle qualche quantità, ma di grani apena ne raccoglie per il proprio uso” [ASTO, Paesi Nuovo Acquisto, Addizione, mazzo 1, memoria sul Marchesato di Romagnano del 1712].
Tuttavia, nel corso del Novecento Grignasco fu sede di un’industrializzazione di rilevanti proporzioni, iniziata con la nascita nel 1894 e il successivo sviluppo della Filatura di Grignasco.
Per altri versi, la comunità e l’insediamento sono profondamente influenzati dalla presenza del Sesia, che ne modifica continuamente il territorio: “Non si può dare la precisa quantità del perticato per essere soggetto il territorio a frequenti inondationi della Sesia; e de torrenti, che gli apportano corosioni grandi de terreni, et all'incontro se ne va coltivando di tempo in tempo solamente il commune, li quali sono doppiamente caricati di taglie, et i territori migliori sono li meno aggravati” [ASTO, Paesi Nuovo Acquisto, Addizione, mazzo 1, memoria sul Marchesato di Romagnano del 1712]. Il Sesia forniva anche ricchezza, permettendo la presenza di mulini che “levandosi sarebbe la rovina totale delli abitanti in detto luogo, non avendo altro luogo o molino da valersi per suoi bisogni” [Transactio intra Regia Camera et consortes Pelizari, ASM, Acque p.a., 1195a, 1642]. Per sua stessa natura, il fiume costituiva una rilevante questione giurisdizionale (come testimoniano le liti con Vintebbio, fino al 1733 comunità appartenente a un altro stato), dato che era portato a frequenti cambiamenti di corso. Per tutta l’età moderna le varie comunità dell’area studiarono possibili soluzioni, con la realizzazione di chiuse e ripari, che però finivano molte volte per rendere più complicata la situazione anziché risolverla conferendo direzioni impreviste al fiume, di cui risentivano i paesi più a valle.
Grignasco, stante la tripartizione del suo insediamento (borgo, cassine del piano e della collina) finisce dunque per essere una comunità al tempo stesso di valle e di fiume. Un fenomeno tipico di entrambe le aree (anche se molto più indagato per la montagna) è la costante emigrazione. Una recente ricerca ha mostrato un’emigrazione molto sostenuta verso Roma (anche 30-40 partenze annue a metà Settecento), di carattere professionale, tanto che nell’urbe i grignaschesi facevano perlopiù parte dell’arte dei pizzicaroli. Gli emigrati a Roma finanziarono in tale veste l’altare maggiore dell’Assunta, capolavoro del barocco piemontese opera del Vittone [Vittone a Grignasco. L’Assunta].