Pinasca

AutoriTron, Daniele
Anno Compilazione1996
Provincia
Torino.
Area storica
Pinerolese.
Abitanti
2836 (ISTAT 1991).
Estensione
3476 ha (ISTAT 1991); 3503 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Giaveno, a est Cumiana, Cantalupa, Pinerolo e S. Pietro in Val Lemina, a sud-est Villar Perosa, a sud-ovest Inverso Pinasca, a ovest Perosa Argentina.
Frazioni
Tre centri: Borgo Soullier, Castelnuovo-Combalere, Pinasca-Dubbione (sede del municipio), e 14 nuclei. Vedi mappa.
Toponimo storico
In un documento redatto verso il 1020, che descrive tutte le chiese pievane della diocesi di Torino, si parla di «plebs S. M. de Pinoasca» (Caffaro 1903, pp. 87- 88) e, nelle donazioni al costituendo monastero di Cavour del vescovo di Torino Landolfo del 1037, della «plebem in valle Pinairasca» (Il cartario di Pinerolo fino all’anno 1300); nel 1064 riscontriamo nuovamente la forma «medietatem [...] de Villareto Pinoasca» (Il gruppo dei diplomi Adelaidini, p. 319). La forma «villare Pinnasca» appare nel 1072, peraltro unitamente alle altre forme sopra citate (Caffaro 1903, p. 89). Tuttavia, da documenti anteriori è possibile appurare che questo non risulta essere il nome più antico relativo a questo territorio. Nel 726, infatti, Abbone, fondatore del monastero della Novalesa, aggiunge agli altri possedimenti un piccolo monastero nel villaggio di «Tollatectus» (oggi Talucco), nell’alta valle del Lemina, e inoltre «Colonica in valle Diubiasca infra fìnes Longobardorum» (Pittavino 1886, p. 16). Da questo piccolo monastero, durante il sec. X, scesero i monaci che fondarono allo sbocco delle valli del Chisone e del Lemina il borgo di San Verano, là dove sorgerà la abbazia di Santa Maria di Pinerolo. Si noti che «Dubbione» e «Gran Dubbiane» sono tuttora due località comprese nel comune di Pinasca.
Diocesi
Pinerolo (prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese: Torino). Va però sottolineato che, per un lungo periodo, l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto, alla fine del sec. XI, l’intera valle del Chisone era stata sottomessa alla giurisdizione dell’abbazia di S. Maria del Verano, presso Pinerolo (Carutti 1893, p. 67).
Pieve
Ben tre parrocchie afferiscono attualmente al comune di Pinasca: quella di Pinasca, dedicata a Maria SS. Assunta (15 agosto); quella di Tagliaretto, dedicata a S. Giovanni Battista, e quella di Gran Dubbione, dedicata a S. Antonio Abate (Caffaro 1903, pp. 87-102). Pinasca: una «plebs de S. M. de Pinoasca» appare fin dai primi anni del secolo XI, allora dipendente dalla diocesi di Torino (Caffaro 1903, pp. 87-88, cfr. il lemma ‘Toponimo storico’). Ma, con le donazioni di Adelaide al monastero benedettino di S. Maria di Pinerolo del 1064 e del 1078, quest’ultimo ottenne la giurisdizione civile su tutta la valle. Nel 1386 questa «plebs Pinoasce» paga, insieme ad altre, il cattedratico al vescovo di Torino. Due atti notarili redatti nel 1511 e 1517 «in Dublono parrochie Pinoasche vallis Peruxie» ci indicano che il Dubbione faceva allora parte della parrocchia di Pinasca. Alla fine del secolo XVII, divenne sede di residenza del curato, anche perché era l’unico insediamento ad avere una consistente presenza cattolica, mentre Pinasca e le altre borgate della comunità erano passate alla Riforma. Ancora nel 1728 il parroco risiedeva al Dubbione: solo verso gli anni Cinquanta del secolo XVIII ritornò a Pinasca, in occasione della costruzione delle due attuali chiese di Pinasca e di Gran Dubbione (quest’ultima allora semplice vicaria,) resa possibile dalle laute oblazioni del conte Luigi Piccon (che testò nel 1753) e dei suoi parenti. Tale nuova chiesa parrocchiale, maggiore di tutte le altre della valle, sotto il titolo di Maria SS. Assunta (15 agosto), venne consacrata l’8 luglio 1753 dal vescovo D’Orlié di St. Innocent, e nel 1790 era frequentata da 1500 cattolici, senza più protestanti. Vedi planimetria. Nel 1847 esistevano due cappelle laterali dedicate al Rosario e a S. Antonio. Dubbione: chiesa di S. Rocco, restaurata nel 1637 (Caffaro 1903, p. 93). Al Tagliaretto, altra chiesa parrocchiale (a partire da poco prima del 1715), dedicata a S. Giovanni Battista, con vicaria al Gran Dubbione, dedicata a S. Antonio abate. Quest’ultima chiesa, creata nel 1688 su istanza del re di Francia e dipendente fino al 1715 dalla parrocchia di Pinasca, venne eretta in parrocchia indipendente il 7 settembre 1836, con decreto del vescovo di Pinerolo Charvaz; dieci anni più tardi contava una popolazione di 435 anime. La parrocchia del Tagliaretto, di patronato regio, estendeva la propria giurisdizione anche alle borgate del Fort, Marchetteria, Cioccia e Cocheria, in seguito (1835) aggregate alla parrocchia di Talucco, con la perdita di circa 600 fedeli su 800: ancora nel 1846 si contava una popolazione di 180 anime afferente a questa parrocchia (Caffaro 1903, p. 100).
Altre Presenze Ecclesiastiche
A Pinasca: nel 1547 (e ancora nel 1578) esisteva al Dubione una confratria che possedeva beni e censi, con una cappella dedicata a S. Bernardino. Giacomo Camino di Pinasca levava a detta “confraternita” grossi tre, ed in riparazione del cero pasquale grossi 2 (17 luglio) (Caffaro 1903, p. 93). Nel 1596 vengono istituite dal missionario cappuccino Valeriano di Pinerolo le compagnie del Rosario e del Sacramento nella parrocchia del Dubbione (Ferrerio 1659, t. II, pp. 106-107). Nella seconda metà del secolo XVI, i Valdesi di Pinasca avrebbero iniziato a usare un antico caseggiato adibendolo a locale di culto e un prato come cimitero al Gran Dubbione, di cui permane il ricordo nella topografia: «la ciesa» e «i camposanto d’i Barbèt» (Baret 1979, p. 20). Infatti l’accordo di Cavour del 1561 prevedeva: «sarà permesso a quelli della parrocchia di Pinacchia della Valle di Perosa, et a quelli che al presente sono fugitivi per causa della detta religione, et solevano andar alle Prediche, Congreghe et altri ministerii di quella Religione, di far il medesimo nel luogo chiamato il Grandobion» (Balmas 1972, p. 129). Inoltre esisteva un tempio protestante al Podio del Dubbione ed un altro a Pinasca, con campanile poi fatti demolire, nel 1624, per ordine ducale (Caffaro 1903, p. 93). Dubbione: confraternita dell’Annunciazione, fondata nel 1657 dai missionari cappuccini, forse la stessa che nel 1847 si diceva di M. SS. della Concezione (Caffaro 1903, p. 95). Cappella Madonna delle nevi al borgo Soullier, e altra cappella a Castelnuovo; congregazione di carità per soccorre gli infermi poveri (Casalis 1847); compagnie del SS. sacramento del Rosario e dei Luigini rilevate dalla visita pastorale del 1847 (Caffaro 1903, p. 97).
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Non esiste attestazione di luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Nel 1325 il principe Filippo di Acaja concede al monastero di Pinerolo «il pagamento annuo di 47 moggia e 3 emine di frumento che le comunità della valle di Perosa avevano accettato di pagare, secondo questa ripartizione: Perosa 28 moggia, Pinasca 8 moggia e 6 staja, Villar 15 staja e I emina, Pramollo 6 moggia e 5 staja, San Germano 5 staja e 1 emina, Porte 9 staja e 1 emina» (Statuta Vallis Perusiae 1568; Giolitti 1964, p. 46). Quindi, a questa data, vediamo le comunità della valle già operanti e, tra queste, Pinasca; il documento conservato nell’Archivio di Stato di Torino, che reca la data 13 aprile 1360 (ed è il primo a essere conservato in copia manoscritta dell’epoca), ci offre la piena conferma che forme di organizzazione delle comunità di valle fossero a quell’epoca non solo presenti, ma già pienamente consolidate (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia [il Conte Verde, che per circa 3 anni governa le terre degli Acaja] a favore della Comunità della Valle di Perosa). Durante questo secolo e i due successivi, verranno stipulati alcuni altri affrancamenti; con questi «affranchimenti» le «communitates hominum» – in genere al termine di lunghe o lunghissime trattative –, convocatesi in presenza di un notaio, sancivano con i loro signori la liberazione da determinate servitù, pedaggi, gravami, diritti, ecc. mediante un compenso in denaro: esso veniva liquidato generalmente con una somma una tantum, e con l’erogazione annuale perpetua di un censo in denaro, e talvolta in natura (ad esempio grano, quando si trattasse di mulini). Gli affrancamenti non erano generali, perché non riguardavano tutte le servitù e gli obblighi, ma solamente quelli in oggetto della specifica transazione: e poiché i diritti signorili da cui ci si voleva emancipare potevano interessare più signori o più soggetti, ognuno con una propria quota percentuale, era necessario iterare più volte l’atto con relative porzioni di pagamento. Cosi vediamo, il 25 novembre 1400, Amedeo d’Acaja vendere alle comunità della valle di Perosa tutti i suoi redditi, cioè: taglie, banni, fitti di prati, censi dell’«affranchimento» del borgo di Perosa, decima della canapa, ecc., in cambio di 3.300 fiorini d’oro (Giolitti 1964, p. 50; Statuta Vallis Perusiae 1568). Ma si deve giungere a un affrancamento del sec. XVI per vedere le comunità liberarsi, almeno parzialmente, dal peso delle decime ecclesiastiche: il nome della nostra compare tra le altre comunità della valle nel documento datato 11 aprile 1585: «affrancamento del cardinale Guido Ferrero abate commendatario di S. Maria di Pinerolo delle terze vendite, successioni etc., alle quali siano soggetti i beni della Perosa, Pomaretto, Pinasca, Inverso Pinasca, Porte, Inverso Porte, Pramollo, Villar Perosa e S. Germano» (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7). La dinamica di questo affrancamento è esemplare: gli uomini della valle (a quell’epoca in gran maggioranza professanti la «Pretesa Religione Riformata», come si diceva all’epoca), contestavano i diritti abbaziali relativi alla riscossione delle decime, censi e canoni enfiteutici, di cui rifiutavano il pagamento all’agente dell’abate, adducendo anche l’imposizione fatta loro di recente da Emanuele Filiberto di versare nelle casse ducali annualmente mille scudi d’oro. Le comunità si erano dichiarate disposte a pagare tributi o al duca o all’abate, ma non più a entrambi. L’abate allora le trascinò in giudizio dinanzi al Senato di Torino, la più alta magistratura del Ducato di Savoia, ottenendo una sentenza a lui favorevole, ma gli abitanti ricorsero al duca Carlo Emanuele I, il quale tuttavia emanò lettere patenti in data 22 febbraio 1584, che non solo confermavano i diritti e i privilegi abbaziali, ma ne accordavano di nuovi. Le comunità presentarono allora al cardinale Ferrero un progetto di affrancamento, che prevedeva il pagamento di una somma in denaro, comprensiva delle annualità arretrate, poi stabilita a 12.000 scudi d’oro, più la corresponsione di un canone fisso ripartito fra le varie comunità; in cambio l’abbazia rinunciava ad ogni diritto presente e futuro sugli uomini della val Perosa. Questa transazione, accettata dall’abate, fu successivamente approvata e omologata dal Duca, il 7 febbraio 1586, e dal papa Sisto V con bolla del 30 aprile 1587 (Croset-Mouchet 1845; Giolitti 1964, pp. 57-62). Essa resse per più di due secoli: ancora a fine Settecento, le comunità versavano regolarmente la loro quota del canone annuale alla Mensa vescovile di Pinerolo, subentrata all’abbazia nel godimento dei suoi antichi diritti e prerogative (Manno 1895).
Statuti
Degli statuti della valle di Perosa sono rimaste ben tre edizioni a stampa (del 1568, 1610, 1738) e una copia manoscritta del 1451: in tutti i casi, però, il testo che possediamo è il risultato di modifiche più o meno profonde apportate agli statuti originali, perduti; probabilmente essi erano anteriori al 1246, data del passaggio di Perosa sotto casa Savoia (almeno secondo l’ipotesi di Pittavino [Pittavino 1963, p. 41]), e in ogni caso anteriori alla lettera patente di Amedeo VI del 1360, che confermava antichi statuti, privilegi, usi, convenzioni, franchigie e immunità, con l’aggiunta di altre concessioni, tra cui quella che gli abitanti non potessero essere tratti in giudizio fuori della loro valle (Giolitti 1964, p. 71). Nel 1451 gli statuti venivano riformati, e portati dai precedenti 65 capitoli ad 89: lo si apprende da una sentenza del 1737: «in causa Comitis Aloysii Piccon Locorum Perusie et Vallis Vassallis contra Comunitate Perusie et Vallis» in cui si parla di una concessione del 4 aprile 1443 in 65 «capitula statutorum» e di un’altra del 21 maggio 1451, «in qua pro confirmatione novorum statutorum supplicaverunt» (Fontana 1907, pp. 237-38); così modificati vennero approvati dal duca Ludovico di Savoia con patenti del 25 maggio 1451. Sotto la Francia, il re Carlo IX, nel marzo 1567 li confermò e «con lettere del 2 maggio dello stesso anno, gli confermò pure tutte le franchigie ed immunità di cui già esso godeva» (Casalis 1847). Subito dopo, senza dubbio in connessione con la conferma regia, gli Statuti di Val Perosa vennero pubblicati a Pinerolo dal De Rubeis nel 1568 (Statuta Vallis Perusiae 1568) e poi ancora ripubblicati nel 1610 (Statuti, Privileggi, e Concessioni 1610; esemplare conservato presso la Biblioteca Civica di Pinerolo), una volta ritornata la valle sotto i Savoia. La terza ristampa, fatta in Torino ad opera dello Zappata nel 1738 (col medesimo titolo della prima), è senza dubbio da mettere in relazione con la causa svoltasi l’anno precedente fra il conte Piccon (detentore dei diritti signorili) e le comunità della valle (un’approfondita analisi del contenuto degli Statuti si può trovare in: Giolitti 1964).
Catasti
Il primo documento catastale conservato nell’archivio comunale è la copia settecentesca di un estimo dei beni del Gran Dubbione degli anni 1576, 1606, 1733 (AC Pinasca, mazzo 167), seguito da un Registro dei possedimenti della comunità di Pinasca del 1713 (AC Pinasca, mazzo 168) e da un Registro dei beni cattastrati sovra il Gran Dubbione e altri quartieri della comunità di Pinasca databile a un anno successivo al 1738 (AC Pinasca, mazzo 171). Per il 1785 esiste la documentazione della definizione della circoscrizione territoriale di Pinasca (AC Pinasca, mazzo 173) con una Relazione della misura generale del 1785-1788 (AC Pinasca, mazzo 174) e un indice generale del territorio di Pinasca del 1788 (AC Pinasca, mazzo 175). Nel 1792 vennero redatti i libri in mappa, ossia delle «valbe», della comunità di Pinasca e del feudo del Grandubbione (AC Pinasca, mm. 184-185), con i relativi colonnari e numerici relativi alle pezze contenute nella mappa, corredati da due «mappe topografiche e misura del territorio» di Pinasca e del feudo di Grandubbione (AC Pinasca, mm. 215-216). Sempre ivi si ritrovano mappe topografiche dei territori della comunità di Pinasca divise per località e proprietà del sec. XVIII (AC Pinasca, mazzo 189), nonché un registro di catasto sempre del sec. XVIII (AC Pinasca, mazzo 190). Nel sec XIX vennero redatti l’ultimo catasto antico del 1858 (Rabbini) (AC Pinasca, mazzo 204) e una Mappa del territorio di Pinasca con relative borgate del 1891 (AC Pinasca, mazzo 217). All’Archivio di Stato di Torino è conservata copia del Catasto Antico (1792) (AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasti, Allegato D, v. 118; Alleg. C, rotolo 6). Inoltre tutta la documentazione del catasto Rabbini del 1859-60.
Ordinati
La serie documentaria completa è attualmente presente nell’archivio comunale a partire dal 1725.
Dipendenze nel Medioevo
Comitato di Torino fino al sec. XI, abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo (dal 1064), conti di Savoia (dal 1246), Principato di Acaia (1295-1418) e poi Ducato di Savoia.
Feudo
Abbazia di Santa Maria di Pinerolo dal 1064 (Il gruppo dei diplomi Adelaidini, pp. 323-332). Passato sotto gli Acaja, nel 1295, questi venderanno, nella seconda metà del Trecento, il feudo a un ramo dei Provana (Caffaro 1893, p. 28). Ma l’abbazia continua ad avere prerogative signorili: è del 31 maggio 1520 una «convenzione tra l’abate di S. Maria di Pinerolo Giovanni di Savoia e gli uomini e comunità della Perosa e Valle riguardo alla ricognizione dei beni semoventi dal diretto dominio dell’Abbazia» (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 10). Il 16 luglio 1700 Vittorio Amedeo II diede a Francesco, Giuseppe, e Luigi fratelli Piccon alcuni feudi della val Perosa, tornata sotto il dominio sabaudo nel 1697, a compensazione dei beni confiscati in val Luserna ai Valdesi e poi restituiti ai medesimi dopo la Glorieuse Rentrée, «e questo fu il primo titolo di nobiltà di cui venne insignita quella famiglia» (Casalis 1847; AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 24, n. 1). Sempre nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 16), esiste una «descrizione della situazione e popolazione di Perosa, Pinasca, Grandubbione, Villar e Porte posseduti dal Conte Luigi Piccone; come altresì i beni feudali ed allodiali e altri effetti spettanti al medesimo» risalente al 1756. «La nobile famiglia dei Gamba di Roatto ebbe da ultimo l’investitura di questo paese con titolo comitale» (Casalis 1847); questa informazione viene probabilmente da documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 17: Parere sulla vendita dal conte Piccon al barone Gamba dei suoi feudi nella Perosa e Valle [a causa della sua età avanzata e dell’assenza di discendenza] [16 giugno 1758]).
Mutamenti di distrettuazione
Il comune, passato ai Savoia dopo la dominazione francese del 1536-1574, venne assegnato alla provincia di Pinerolo; quando Pinerolo venne nuovamente conquistato dalla Francia nel periodo 1630-1697, Pinasca continuò a far riferimento a questa città all’interno della distrettuazione francese, che interessò tutto il versante orografico sinistro della val Perosa (mentre tutto l’Inverso rimase ai Savoia), la frontiera essendo definita dal percorso del torrente Chisone. Durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, venne aggregato al cantone di val Perosa e, con la Restaurazione, fece parte del mandamento di Perosa (compreso nel circondario di Pinerolo) rimanendovi fino al 1923, anno di aboli­zione di questa circoscrizione amministrativa (Casalis 1854, p. 518).
Mutamenti Territoriali
Va segnalato che il riordino sabaudo del secolo XVI, pur non introducendo per Pinasca alcun mutamento territoriale – in quanto il trattato di Cavour del 1561 tra i Savoia e i Valdesi prese implicitamente atto dei confini originari –, tracciò una delimitazione interna relativa alle proprietà dei «religionari» valdesi, che dovevano limitarsi alle zone collinari del comune (Balmas 1972, p. 129). In epoca fascista il comune di Inverso Pinasca venne aggregato come frazione a Pinasca nel 1928, ritornando ad essere indipendente a partire dal 1948.
Comunanze
Usi civici: tot. 226.4209 ha; categ. «A»: 226.4209 ha; categ. «B»: 0 ha (CLUC, prov. di Torino, cartella 189: Pinasca).
Liti Territoriali
Nell’archivio comunale di Pinasca non si rinvengono liti per causa di confini con altri comuni (solo liti con particolari, ma sembra per questioni non relative a confini).
Fonti
A.C.P.(Archivio Storico del Comune di Pinasca).
A.C.P., mm. 167-168, 171, 173-175, 184-185, 189-190, 204, 215-217.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Finanze, Catasti, Allegato D, v. 118; Alleg. C, rotolo 6;
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni,Carte topografiche serie III, mazzo 1,  Pinasca,  "pianta dimonstrativa della Chiesa parocchiale del luogho di pinasca". "Pianta dimostrativa della Chiesa parocchiale del luogo di Pinasca". Pinerolo, 8 gennaio 1780, Fenochio. Inchiostro e acquerello giallo, marrone (Data: 1780-1-8) [Autore disegno originale: Fenochio].   Vedi planimetria.
A.S.T, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, nn. 10, 16-17.
A.S.T, Corte, Prov. di Pinerolo, Mazzo  24, n. 1.
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France, Paris). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE D-13120 Le Duché de Milan et les Estats du duc de Savoye partie de ceux de Mantoue et de la république de Gênes avec les diverses routes ou passages de France et d'Allemagne en Italie par les Alpes... / par N. de Fer ; Jacqueline Panouse, sculp. 30 milles [Auteur: Guérard, Nicolas (1648?-1719); Auteur: Panouse, Jacqueline. Graveur; Auteur: Fer, Nicolas de (1647?-1720). Cartographe.Éditeur, s.n.; Date d'édition: 1703]. Vedi mappa.
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torinoi).
C.U.C., prov. di Torino, cartella 189: Pinasca.
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Descrizione Comune

Pinasca

     La comunità di Pinasca conobbe una significativa mutazione dei suoi confini, con perdita territoriale di tutta la parte alla destra orografica del Chisone – il cosiddetto “Inverso” –, qualche tempo dopo che le truppe di Richelieu occuparono Pinerolo e tutto il versante sinistro della val Chisone: la divisione della valle fra due stati, che sembrava, nel 1630, dover essere provvisoria, si rivelava essere invece duratura, ciò che costrinse il territorio rimasto piemontese a organizzarsi in comunità autonoma, staccandosi ma, si noti, solo per l’aspetto “civile”, non per quello ecclesiastico. La situazione particolare della bassa val Chisone di metà Seicento ci è ben rappresentata da Jean Léger (Léger 1669, I, p. 10), quando descrive le chiese riformate de Villar & de S. Germain, jointes ensemble en la Vallée de Peyrouse [...], celle de Pinache & celle de la Chapelle, comprenant les Communautés du Pomaret & du Mean: en ces 3. Églises les Pasteurs demeurent sous le domaine du Roy, quoy que partie de leurs Églises soient sur les terres du Due de Savoye; par ce que par l’accord fait par ce Prince avec le Roy de France l’an 1633 qu’il s’est retenu la moitié de cette Vallée-là, pour avoir le passage libre en sa Ville de Pinerol, fut arresté que l’on n’innoveroit rien pour ce qui regarde l’Écclesiastique: de sorte que les 3. Pasteurs qui les servent, ne laissent pas d’estre membres du Synode des Vallées, & ne peuvent méme estre du Synode du Dauphiné qui est de France. Questa situazione perdurerà fino al 1697, quando Pinerolo e l’intera la val Perosa ritorneranno ai Savoia: il fatto che questo avvenimento non abbia comportato la riunificazione amministrativa del comune è cosa che non può essere spiegata unicamente con il notevole intervallo temporale trascorso (64 anni), che peraltro aveva indubbiamente consolidato poteri e gerarchie locali interessate a mantenere la separazione. Per quanto la questione non sia mai stata studiata, possiamo ipotizzare che anche la struttura della distribuzione spaziale degli insediamenti abbia svolto un ruolo in tal senso. Siamo di fronte infatti a una evoluzione degli insediamenti del territorio comunale in cui non emerge con chiarezza un centro principale, e diversi nuclei tendono a restare in sostanziale equilibrio tra loro; l’importanza politico-amministrativa delle diverse località che costituivano i vari territori comunali può essere variata nel tempo, ma senza che questo abbia comportato forti egemonie. La dispersione di gran parte della popolazione fra diversi centri e vari nuclei sta, in genere, a indicare un processo storico di segmentazione politica, amministrativa e religiosa tra diverse istituzioni non disposte gerarchicamente, e che non insistono sul territorio di un unico comune. E così in effetti è stato per il nostro territorio e per tutta la val Chisone. A partire dalla seconda metà del secolo XVI, interviene un fattore strutturale profondo: l’avvento della Riforma protestante, in un territorio già fortemente pervaso nei due secoli precedenti da fermenti eterodossi ed ereticali quali il movimento valdese (Merlo 1977). Questo fenomeno si manifesta in contemporanea alla crisi di rappresentanza dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo, che continuava a esercitare prerogative giurisdizionali e signorili sulla valle: per compensare la diminuzione delle rendite dovuta alla svalutazione monetaria ricorreva al cumulo degli incarichi: a un unico titolare venivano assegnati più benefici ecclesiastici. Il titolare, che non risiedeva sul posto e si limitava a riscuotere e amministrare la rendita delle decime, nei casi migliori si faceva sostituire da vicari, in genere salariati con prebende miserevoli, e aventi una formazione e preparazione culturale piuttosto rudimentale. Essi venivano a costituire una sorta di “proletariato ecclesiastico”, incapaci di far fronte ai nuovi ministri di culto calvinisti preparati e motivati. Fu questa non l’ultima delle cause che favorirono l’impetuoso affermarsi della Riforma verso la metà del Cinquecento, unitamente alla prospettiva per gli abitanti di liberarsi dalle decime e dagli altri balzelli ecclesiastici. Non c’è bisogno di sottolineare la portata delle conseguenze che questo fatto ha comportato sul piano della competizione e del conflitto tra istituzioni differenti (tra le due diverse strutture ecclesiastiche, tra queste e quelle civili a carattere locale e sovralocale, con forze esterne che potevano inserirsi negli equilibri interni, ecc.), a cui ha corrisposto una frammentazione territoriale: basterà qui solo accennare al fatto che l’avvento della Riforma non solo segna una frattura tra Valli valdesi e pianura cattolica, ma interviene anche nei processi di definizione dei singoli tenitori comunali. Punto di partenza è senza dubbio l’accordo di Cavour del 1561, concluso coi Savoia dopo un fallito tentativo di repressione militare: esso, oltre a porre fine alla prima guerra di religione sancendo una tolleranza di diritto e non solo di fatto per i Valdesi, definì anche i limiti territoriali nei quali era consentito ai sudditi «religionari» possedere beni ed esercitare il loro culto. Tale trattato mirava a confinare la popolazione valdese nelle parti alte delle valli Pellice, Chisone e Germanasca, a volte incapsulando l’intero territorio comunale, oppure tracciando limiti e confini all’interno di una stessa comunità, come nel caso di Pinasca: «Sarà permesso a quelli della parrocchia di Pinacchia della Valle di Perosa, et a quelli che al presente sono fugitivi per causa della detta religione, et solevano andar alle Prediche, Congreghe et altri ministeri di quella Religione, di far il medesimo nel luogo chiamato il Grandobion» (Balmas 1972, p. 129). All’epoca di Casalis (secolo XIX) il comune di Pinasca era diviso in sette quartieri: Pinasca, Dubbione, Gran Dubbione, Tagliaretto, Podio, Serre, Rivoira. «Nel comune esistono tre molini, una piccola concia di pelli, ed un edifizio in cui s’estrae l’olio dalle noci, e si pesta la canapa già spogliata del fusto: due dei tre molini sono proprii del comune: gli altri edifizi sono di privata spettanza» (Casalis 1847). Coltivazione di gelsi per bachi da seta e allevamento delle api; produzione di carbone dai faggi (8.000 rubbi all’anno) (Casalis 1847). Nel 1777 la popolazione assommava a 1495 anime (Caffaro 1893, p. 660). Nel 1853 siamo saliti a 3028 (Caffaro 1893, p. 648) e nel 1881 a 3524 anime in totale (Caffaro 1893, p. 660).