Venaus

AutoriSaracco, Monica
Anno Compilazione2007
Provincia
Torino.
Area storica
Valle di Susa.
Abitanti
976 (ISTAT 2001).
Estensione
19,80 kmq (ISTAT 2001).
Confini
A nord Novalesa, a est Mompantero, a sud-est Susa, a sud Giaglione, a ovest Ferrera e Bramant.
Frazioni
Secondo fonte Istat le frazioni sono Bar Cenisio (centro temporaneo) e Berno (centro contiguo alla frazione S. Giuseppe del comune confinante di Mompantero); secondo fonti comunali le frazioni sono: Parore, Molino, Vayr, Rivo, Costa, Maestrale, Traversa, Fucina, Piazza, S. Rocco, Perosa, Braida, Berno, Cornale, Bar Cenisio, Molaretto, Panere, Pian Suffit, S. Martino, Tessonere, Ladret, Arcangel, S. Antonio.
Toponimo storico
«Venavis» (sec. VIII; Geary 1985, p. 70), «Venalium» (Bollea, 1933, doc. 101, p. 137), «Venalitium» (secc. XVI, XVII), «Venalzio» (anni Trenta del Novecento).
Diocesi
Almeno dal secolo V è parte della diocesi di Moriana, diviene però parte di quella di Torino nel secolo IX quando la valle, dal Moncenisio fino al ponte Volonia di Avigliana fu assegnata al Regno Italico dopo la conquista franca. Il vescovo di Moriana però non si diede per vinto e nei secoli successivi tentò ancora, inutilmente, di estendere il suo controllo sulla valle (un episodio, ad esempio è del 1262; Casiraghi 1979; Casiraghi 2001). Venaus, pur inserita nella diocesi di Torino, dipendeva da un punto di vista ecclesiastico dall'abbazia di Novalesa che nominava i parroci, garantiva la cura d'anime e assumeva le decime; sono del 1699 e del 1703 infatti le suppliche delle comunità di Venaus all'abate commendatario dell'abbazia relativamente al pagamento delle decime (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 63, f. 76; AD Susa, Fondo Parrocchia di Novalesa, F. 14, f. 152). L'unica visita pastorale del vescovo di Torino alle chiese della Val Cenischia è quella del 1594 da parte del vescovo Broglia, che ne mette comunque in evidenza la dipendenza dall'abbazia (AA Torino, sez. VII, 1594, ff. 490-498). Si conserva la documentazione (in copia) della visita pastorale dell'abate commendatario Maurizio Provana nel 1683 (AD Susa, 3 d, F. 62, f. 2).
Nel 1772 viene eretta, non senza contestazioni da parte della diocesi di Moriana, la diocesi di Susa che comprendeva il territorio di Venaus e che svolse nell'area una parte ben più attiva di quella svolta dalla diocesi di Torino. Le prime visite pastorali a Venaus sono infatti del 1782 e proseguiranno ordinatamente per tutto l'Ottocento (AD Susa, 3 e, F. 70, f. 6; F. 71, ff. 2, 3, 4, 9, 10). Pochi decenni dopo la nascita della diocesi, l'abbazia fu soppressa dal governo napoleonico e, quando fu ripristinata, non riuscì ad acquisire il ruolo sul territorio circostante che aveva in precedenza. Anche la diocesi di Susa fu soppressa in età napoleonica, dal 1803 al 1817, ma la cosa non ebbe particolari conseguenze sull'organizzazione ecclesiastica della valle (AD Susa, 3 e, F. 68, f. 2).
Pieve
La pieve di S. Maria di Susa aveva il controllo su tutte le chiese della valle, ma quella di Venaus, essendo parte del territorio dell'abbazia di Novalesa, che gode di immunità ecclesiastica, non risulta da essa dipendente. Le chiese di Venaus, come quelle degli altri paesi dell'isola giurisdizionale novalicense, esulano dalla rete pievana della diocesi di Torino e dipendono per amministrazione dei sacramenti e cura d'anime direttamente dall'abbazia. Non risulta infatti che la chiesa di Venaus abbia mai pagato il cattedratico al vescovo di Torino mentre le decime, come abbiamo visto, erano raccolte dall'abate di Novalesa (Casiraghi 1979).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa del borgo di Venaus compare, alla fine del secolo XI, intitolata a San Donato, muta il suo titolo in S. Biagio circa un secolo dopo, probabilmente per intervento diretto dell'abbazia (Caselette 1999, p. 87). Il ricordo della festa di dedicazione della chiesa di S. Biagio, nel borgo centrale di Venaus, compare in una postilla, databile alla seconda metà del secolo XII, del manoscritto del Martyrologium Adonis in uso in quegli anni all'abbazia (Cipolla 1894). la parrocchia di S. Biagio è visitata nel 1594 dall'arcivescovo Broglia (AA Torino, 7.1.9, Visita Broglia, f. 498). Viene consacrata nel 1765 dal vescovo di Ivrea Francesco Lucerna Borengo di Borà, a differenza di Novalesa e Ferrera che vengono consacrate negli stessi anni dal vescovo di Moriana, probabilmente i tentativi della diocesi di Moriana di estendere la propria influenza al di là delle Alpi non riuscivano a spingersi fino a Venaus (AD Susa, 3 d, F. 65, f. 1). A metà Ottocento le cappelle della Concezione, nella borgata Mollaret, di S. Antonio abate, nella borgata omonima, di S. Sebastiano, attestata già dal 1771 nella borgata Vayr, e due cappelle campestri sono annoverate tra i beni comunali (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, matrice e sommarione n. 56). Ci sono inoltre: S. Sindone, esistente almeno dal 1740 e non più ufficiata nel 1904, S. Giovanni Battista, nella borgata Chiavretto, S. Martino, S. Maria della Neve, in borgata Bar, S. Michele, nella borgata Costa, S. Rocco, nella borgata omonima, S. Maria del Rosario, in borgata Braida e S. Antonio da Padova, in borgata Berno, attestate dal 1771; più tardi, nel 1825 e nel 1843, sono attestate la Decollazione di Giovanni Battista, nella borgata Parore, e S. Luigi Gonzaga, nella borgata Molaretto (AD Susa, 3 d, F. 62, f. 2; F. 64, f. 1; F. 65, f. 1; F. 66, f. 1, F. 67, f. 1). Negli anni Venti-Trenta del Novecento compaiono tra i beni comuni le cappelle della Concezione, di S. Antonio, di S. Sebastiano e una senza titolo (CLUC, Venaus).
Numerose sono le confraternite: quella del SS. Sacramento, fondata alla fine del secolo XVI, e quelle seicentesche del Rosario, del Suffragio e dell'Altare Maggiore, nel 1825 esistono tutte tranne l'ultima; nel 1840 e nel 1904 sono attestate le compagnie del S. Cuore di Gesù, fondata nel 1828, della Buona Morte, fondata nel 1806. La compagnia di S. Francesco, fondata nel 1836 e quella delle Figlie di Maria, fondata nel 1867, compaiono solo nel 1904 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 32, f. 19; AD Susa, 3 d, F. 62, f. 2; F. 64, f. 1; F. 65, f. 1; F. 66, f. 1; F. 67, f. 1).
Assetto Insediativo
L'abitato del borgo centrale di Venaus si snoda lungo la strada settecentesca. Secondo la Perequazione Generale del Piemonte (1698-1731) l'abitato di Venaus era suddiviso in numerose borgate, tutte allodiali, in particolare: Braida (65 fuochi), Traverse (17 fuochi), Maestrale (18 fuochi), Costa (36 fuochi), Rivo (32 fuochi), Molaretto (8 fuochi), Parore (22 fuochi) (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, m. 161, f. 271 r). Nella prima metà del XVIII secolo vi erano parti all'interno del territorio comunale che non costituivano «corpo di comunità» con il territorio (in particolare giornate 81.10.3), si trattava certamente dei territori direttamente dipendenti dall'abbazia che, in quanto immuni, risultavano divisi dal controllo della comunità e, per il misuratore incaricato, esclusi dal conto totale del territorio comunale tassabile (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, m. 16, f. 190r). Secondo la Relazione dell'Intendente della Provincia di Susa nel 1753 l'abitato era composto da 199 fuochi per 1050 anime (BRT, Descrizione della provincia di Susa, Storia patria 854, f. 3). Dai dati della Perequazione, risalenti a qualche decennio prima, sembra che nulla sia cambiato. Il Catasto Rabbini ci offre un panorama completo dell'assetto insediativo di Venaus a metà Ottocento: il capoluogo si snoda ancora lungo l'andamento della strada settecentesca ma numerose sono le borgate e ancora più numerose le case sparse e le cascine diffuse su tutto il territorio. Ad esempio, solo verso il confine con Giaglione troviamo almeno otto gruppi di case denominate variamente «case», «capanne» o «tetti» (ad esempio: Case Indritto, Capanne Muretto e Tetti Pra Finetto). Limitandoci alle sole borgate il catasto segnala: Berno, Parore, Alberea, Maestrale inferiore e superiore, Traverse, Prato, Costa, Rivo, Molino, S. Martino (queste ultime otto molto vicine tra loro), Fondo di Bar, Bar, l'Eremita, S. Antonio, Molaretto, Pareni, Arcangelo, Chiavretto, Biolei, Bonpasso e Braida. In particolare la borgata S. Martino si trovava lungo la nuova strada nazionale e aveva anche una chiesa, Bar, L'Eremita e Molaretto si trovano accanto all'antica strada di Francia, mentre Biolei e Bonpasso si trovano rispettivamente a nord e sud del rio Bar (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mappa n. 90, 91). Le località Alberea (Albanato) e Bar (Barro) sono ricordate nel 739 tra i territori lasciati da Abbone all'abbazia di Novalesa da lui fondata pochi anni prima; in realtà non sappiamo in che misura fossero abitate (Geary 1985). Tutte le frazioni registrate all'inizio del secolo XVIII si sono mantenute almeno fino al 1860; oggi le fonti comunali riportano un numero molto maggiore di frazioni e alcune risultano completamente nuove anche se probabilmente sono nate da precedenti gruppi di case sparse; alcune sembrano oggi scomparse ma molto più probabilmente ad essere scomparsa è solo la denominazione. Globalmente Venaus ha mantenuto nel tempo un tipo di insediamento piuttosto sparso, con una grande quantità di frazioni e case o tetti.
Luoghi Scomparsi
Da metà Ottocento ad oggi sono scomparse le frazioni di Alberea, Prato, Eremita, Pareni, Chiavretto, Biolei e Bompasso; anche se molto probabilmente non sono realmente scomparse ma hanno assunto una diversa denominazione o si sono trasformate in case sparse.
Comunità, origine, funzionamento
Il 17 marzo 1279 l'abbazia di Breme, da cui Novalesa dipendeva, concesse al priore Amedeo e agli uomini di Novalesa e di Venaus di accordarsi su certe libertà da concedersi a quegli abitanti. A questo primo documento segue la concessione vera e propria del priore alla comunità di Novalesa, di Venaus e a tutti gli uomini che abitavano nella valle Cenischia. Le libertà riguardavano successioni, doti e vendite, ma quello che più importa è che la comunità sembra già organizzata con sindaci che la rappresentavano e che trattavano direttamente con l'autorità monastica (Bollea 1933; doc. 216, p. 267; doc. 217, p. 268). Nei decenni successivi sembrano sorgere alcune controversie tra l'abate e le comunità sottoposte che rivendicarono i diritti loro concessi in precedenza e ne reclamarono di nuovi. Il 23 giugno 1326 una controversia tra il priore e le comunità di Novalesa, Venaus e Ferrera venne sanata da un sentenza di Edoardo di Savoia che concede alle comunità il diritto di caccia e pesca nelle terre del monastero in cambio della manutenzione dei boschi (diritti confermati nel 1468; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 31, f. 7). Il 23 maggio 1338 viene ricomposta una controversia tra l'abate e le comunità di Novalesa e Venaus che pretendevano, e riuscirono ad ottenere mediante il pagamento di una certa somma, il mantenimento delle loro franchigie e dei loro privilegi; evidentemente le comunità non possono accettare di perdere ciò che era stato loro concesso circa cinquant'anni prima (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 31, f. 2, 6). Le suppliche della comunità e la concessione di franchigie e privilegi da parte dell'abate si susseguono con un certa continuità per i secoli XVII e XVIII (AC Novalesa, F. 14, f. 1; F. 275, f. 5; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 28, f. 10). In più occasioni la comunità compare accanto al monastero come beneficiaria delle diverse investiture, ad esempio nel 1636 e nel 1638 (AST, Camera dei Conti, Indice dei Feudi, vol. 332). In un caso, nel 1582, la comunità appare come attore unico dell'investitura (AST, Camera dei Conti, Indice dei Feudi, vol. 332). Nel Settecento le conferme dei privilegi, relative soprattutto all'esenzione dal pagamento del pedaggio e dei dazi sulle merci locali, derivano direttamente dall'autorità regia che nel 1735, nel 1738 e nel 1739 concede lettere patenti; quest'ultima in particolare specifica che l'esenzione dai pedaggi concessa alle comunità dipendeva dal fatto che queste dovevano occuparsi della manutenzione di strade e ponti tra Susa e Lanslebourg (AST, Camera dei Conti, Patenti controllo finanze, Patenti 12.109; 13.163; AST, Corte, Paesi per A e B, mazzo 12, f. 6). Il controllo del passaggio sul Moncenisio, infatti, è sempre stato importantissimo e le comunità, visto il loro ruolo, erano in grado di trattare direttamente con le autorità superiori senza il controllo del monastero. Nel 1655, ad esempio, la comunità tratta direttamente con l'autorità ducale per ottenere uno sconto sulle tasse a causa delle ripetute inondazioni del torrente Cenischia che, nel 1639, 1640, 1641 e 1654, avevano causato molti danni ai terreni agricoli della comunità; ottenne questo sconto per dieci anni che furono prorogati di altri dieci nel 1676 (AST, Corte, Paesi per A e B, Novalesa, m. 12, f. 3,4). Nel 1605 la comunità, attraverso il suo sindaco Biagio Colombino, si preoccupava di difendere i suoi beni comuni usurpati (AC Novalesa, F. 44, f. 11). Come abbiamo visto, la comunità di Venaus è spesso associata, nelle relazioni con il monastero e con gli enti esterni, alle comunità di Novalesa e Ferrera, tale legame non si è sempre protratto senza attriti: ad esempio nel 1715 la comunità di Venaus si rifiuta di pagare la propria parte nelle spese di riparazione della strada del Moncenisio da ripartirsi tra le tre comunità (AC Novalesa, F. 50, f. 13; AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 7). Anche la dipendenza dall'abate non è esente da conflitti: nel 1760 la comunità di Venaus, insieme a Novalesa e Ferrera, muove causa contro l'abbazia per la restituzione di alcune tasse pretese ingiustamente negli anni precedenti dal castellano dell'abate (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 42, f. 97).
Dopo l'età napoleonica l'abbazia perse il suo ruolo egemone e la comunità ne approfittò per evitare anche i fitti legati allo sfruttamento dei suoi terreni: nel 1826 il monastero chiamò in causa le comunità di Novalesa, Venaus e Ferrera per il mancato pagamento dei fitti in contanti e in natura che queste avevano interrotto dal 1801, in piena dominazione napoleonica, e l'anno successivo le comunità furono obbligate ad ottemperare quei pagamenti (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 42, f. 105; m. 29, f. 42; già nel 1817 ne aveva richiesto il pagamento; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 44). Nel 1818 Venaus chiese il permesso all'intendenza della Provincia di Susa di ottenere un mutuo di 2000 £ dalla comunità di Mattie per la costruzione di una bealera dal rivo Bard, bealera che il comune si occuperà poi di riparare nel 1834 (AST, Corte, Paesi per A e B, Venaus, m. 9, f. 1,4).
Statuti
Non si ha notizia di statuti. Si conservano i bandi campestri del 25 aprile 1781 emessi dall'abate commendatario Pietro Antonio Lineo, signore di Novalesa, Venaus, Ferrera e Camerletto (AST, Corte, Paesi per A e B, Ferrera, m. 3, f. 1; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 12, f. 8; m. 43, f. 7; m. 44, f. 34 ).
Catasti
Un registro della Perequazione Generale del Piemonte (1680-1711) ci informa che all'inizio del secolo XVIII nell'archivio comunale c'era un catasto con i rispettivi registri (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, m. 161, f. 264v). Secondo la relazione dell'Intendente di Susa del 1827 nell'archivio comunale di Venaus c'erano la mappa, il catasto e i registri delle mutazioni ben tenuti e ordinati (AST, Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, f. 28). Venaus è nel Catasto Rabbini del 1860-1861 (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, m. 90, 91, matrice e sommarione 56).
Ordinati
Copia di un ordinato del 24 luglio 1783 per la costruzione della casa parrocchiale (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 34).
Dipendenze nel Medioevo
Già il testamento di Abbone, il fondatore di Novalesa, nel secolo VIII garantiva all'abbazia un patrimonio compatto in val Cenischia, anche se prima del secolo X non possiamo pensare che l'abate esercitasse una signoria territoriale. Solo con il ritorno dei monaci a Novalesa alla fine del secolo X questi poterono lentamente costruire una solida base signorile intorno all'abbazia che si protrarrà ininterrotta nei secoli (si veda ad esempio la conferma dell'immunità per tutte le terre abbaziali del 1014 e la donazione adelaidina del 1078; Cipolla 1901, doc. 58, p. 134; doc. 69, p. 168). La salda giurisdizione locale che Novalesa perfezionò nel secolo XIII coesisteva con il principato sabaudo che ne garantiva il riconoscimento formale (Sergi 2004). La comunità di Venaus dipende ininterrottamente dall'abbazia che si premura di ottenere conferme dei suoi diritti feudali e dei suoi numerosi beni della zona da parte dei conti e poi dai duchi sabaudi fin dai primi secoli della sua esistenza. Anche la giurisdizione penale appartiene all'abate che se la vede riconfermare esplicitamente nel 1277 per tutti i suoi territori dal giudice della valle di Susa (Chiaudano 1927, doc. 14, p. 96).
Feudo
La comunità dipende stabilmente dall'abbazia di Novalesa fino alla fine del Settecento; l'immunità ancora confermata dall'autorità papale nel 1672 concede all'abbazia il pieno controllo temporale e spirituale sui territori che le appartengono (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 15, f. 1). Tale dipendenza permette alla comunità di mantenere una serie di esenzioni dal pagamento dei pedaggi. Anche l'amministrazione della giustizia, come abbiamo visto, continuava a spettare all'abbazia e si conservano sia alcuni registri cinquecenteschi che raccolgono le cause civili e criminali relative al territorio controllato dall'abate (1591-1592; 1593-1595 e un registro quattrocentesco; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 55, ff. 2,3; m. 69), sia la nomina del giudice per tutti i territori dipendenti dall'abbazia fatta dall'abate commendatario Provana nel 1665 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 44, f. 13). La documentazione mostra in più occasioni la comunità nell'atto di prestare giuramento di fedeltà al priore e poi all'abate novalicense riconoscendone la giurisdizione: ad esempio nel 1322, nel 1520, nel 1558, nel 1576 e nel 1601 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 5, f. 21; m. 13, f. 15; m. 44, f. 3; m. 49, f. 3, p. 485; AC Novalesa, F. 275, f. 1). La dipendenza feudale di Venaus dal monastero è ricordata ancora nel 1753 da Manno (Manno 1845). Il controllo abbaziale era esercitato da un castellano di nomina abbaziale che gestiva la giurisdizione sul territorio: ad esempio nel 1346 era Guglielmo de Montebello, nel 1365 era Giovanni di Giaglione (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 6, ff. 3, 27). Il controllo esercitato dal castellano abbaziale doveva essere piuttosto opprimente se la comunità riuscì ad ottenere dall'abate Carlo Provana il privilegio che la carica non venisse occupata almeno dal 1520 al 1527 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 28, f. 1). La gestione della giurisdizione non è differente anche molti secolo dopo: nel 1775 ad esempio, l'abate Antonio Sineo nominò castellano Chiaffredo Maineri per i territori di Novalesa, Venaus e Ferrera (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 28). Nonostante la pressante giurisdizione abbaziale, nel Cinquecento la documentazione dimostra che alcuni membri della comunità (in particolare Benedetto Ruffo, Pernina Ribella Ruffo, Giovanni Borello e Giovanni Peloso, Vincenzo Clapero e Maria Pelosa) tenevano in feudo dalla corona alcuni diritti precisi legati alla funzione di guida attraverso il valico (AST, Camera dei Conti, Feudi, vol. 368 [1568]). Più tardi, nel 1663, altri membri della comunità (Marchiandi Giovanni e Giovanni Peloso) consegnano al sovrano per beni nei confini delle comunità di Venaus e Novalesa (AST Camera dei Conti, Consegnamenti, 249, f. 284); evidentemente gli abitanti di Venaus riuscivano ad essere maggiormente indipendenti dal controllo abbaziale rispetto alle vicine comunità di Novalesa e Ferrera, pur essendo nella medesima condizione giurisdizionale. La dialettica tra l'abbazia e la comunità è sempre molto vivace, ad esempio nel 1796 il Consiglio comunale accetta un affrancamento dai canoni di vino dovuti all'abbazia in cambio di un pagamento dilazionato in vent'anni (AST, Corte, Abbazia, Novalesa, m. 29, f. 36).
Con l'età napoleonica, nel 1798, l'abbazia fu soppressa e le comunità rientrarono nella normale amministrazione statale cessando di essere un'isola giurisdizionale. I beni dell'abbazia soppressa vennero venduti dal nuovo governo francese (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 28, f. 14) e quello che ne restava nei territori di Novalesa e Venaus fu concesso dalla Repubblica francese nel 1802 al nuovo ospizio del Moncenisio per completare la sua dotazione. Nel 1816 tutti questi beni furono restituiti all'abbazia e l'ospizio viene riformato come casa religiosa benedettina dipendente da Novalesa (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 43, ff. 10, 11). Anche dopo il ripopolamento dell'abbazia, questa non raggiungerà più il ruolo egemone che aveva in precedenza, nonostante i suoi tentativi; ad esempio, nel 1827 il monastero rivendicò il pagamento di diritti feudali che gli erano dovuti dalla comunità prima della soppressione napoleonica (AC Novalesa., F. 275, f. 16).
Mutamenti di distrettuazione
Quello che caratterizza storicamente questo territorio è in primo luogo il fatto di trovarsi in un'area di confine, tra Longobardi e Franchi nell'alto medioevo, poi tra i due regni franchi d'Italia e Borgogna, in seguito, nei secoli sabaudi, tra Piemonte e Savoia e infine tra Italia e Francia. L'altra caratteristica peculiare di questo territorio è il fatto di essere un'area montana di raccordo grazie al passo del Moncenisio. Date queste necessarie premesse, da un punto di vista storico la Val Cenischia può essere associata all'adiacente, più estesa, val di Susa. Nella prima metà del secolo X la valle di Susa e la val Cenischia erano inquadrate nella marca d'Ivrea, subito dopo diventarono parte della marca di Torino. Al disfacimento di quest'ultima, alla fine del secolo XI, furono i conti di Savoia ad ottenere progressivamente il controllo sulla valle di Susa. Il loro sistema amministrativo dal secolo XIII si basava sui castellani e sui balivi, loro superiori gerarchici, che gestivano la giurisdizione su porzioni abbastanza limitate del territorio. L'area di Venaus tecnicamente dipendeva dal castellano di Susa, ma si trattava di un'isola giurisdizionale e dunque non ne subiva il controllo. Almeno dal Settecento Venaus apparteneva alla Divisione di Torino, Provincia di Susa, Mandamento di Susa. In età napoleonica, con l'annessione del Piemonte alla Francia, l'area entrò a far parte del Dipartimento dell'Eridano, con sede a Torino (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 43, f. 8). La Provincia di Susa scomparve come unità amministrativa nel 1859 e Susa diventò sede di sottoprefettura e capoluogo di circondario (Corino, Dezzani 1986); quindi appena dopo l'unità d'Italia Venaus apparteneva alla Provincia di Torino, al Circondario e al Mandamento di Susa (Dizionario 1861; Castiglioni 1874; Corino, Dezzani 1986). Il Circondario di Susa venne poi abolito nel 1926. Attualmente Venaus aderisce alla Comunità Montana della Bassa Valle di Susa e Val Cenischia.
Mutamenti Territoriali
Nei secoli Venaus ha intrapreso numerose liti territoriali con le comunità confinanti; nonostante questo, l'articolazione del territorio non è mutata sensibilmente. Le liti hanno riguardato spesso Mompantero (AST, Camera deo Conti, II Archiviazione, capo 21, m. 83, ff. 66-67), Novalesa (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 14, f. 1; AC Novalesa, F. 45, f. 4; AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 1; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 38, n. 53, m. 14, f. 27; AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, capo 21, m. 101) e Giaglione (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 32, f. 20; m. 14, f. 37; AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 6) per reclamare il possesso di aree confinanti; ma altre volte Venaus pretendeva diritti di sfruttamento su territori che si trovano anche al di fuori dei propri confini territoriali: ad esempio quando reclamava inutilmente la regione Faetto al confine tra Mompantero e Novalesa (cfr. il lemma 'Mutamenti territoriali'). Più interessanti sono le controversie con Susa per il controllo dell'area che si snodava lungo il corso del Cenischia: entrambe le comunità desideravano ampliare il proprio territorio in quella direzione, ma Venaus riuscì a mantenere il controllo della località di Cornale su cui verteva la controversia (AC Susa, F. 104, f. 10, AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 19; m. 14, f. 20; AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 5).
Comunanze
I beni comuni di Venaus compaiono nella documentazione nel secolo XVII e constavano di boschi e alpeggi che gli abitanti potevano sfruttare per il pascolo e la raccolta di legna.
Nel 1605 la comunità, attraverso il suo sindaco Biagio Colombino, si preoccupava di difendere i suoi beni comuni usurpati (AC Novalesa, F. 44, f. 11). Nel 1721 in occasione della Perequazione Generale del Piemonte, emerge la presenza di 140 giornate di terreno comune poste tra i territori comunali di Venaus e Mompantero; in seguito a una controversia tra le due comunità, l'Intendente di Susa nel 1711 aveva diviso tali terreni a metà tra le due comunità; in seguito era però nata una controversia tra Novalesa e Venaus da una parte, e Mompantero dall'altra poiché le prime sostenevano che il terreno era originariamente comune e sfruttabile da parte di tutte e tre le comunità e non solo dalle due confinanti, sul territorio delle quali quelle giornate si estendevano (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo. 21, m. 83, ff. 66-67). Sembra dunque che vi fossero beni comuni a più comunità, sia quelle sui cui territori tali beni si trovavano, sia quelle più lontane. Certamente l'origine di tale situazione anomala è da ricercarsi nella particolare condizione di sudditanza di tutte le comunità in questione dall'abbazia di Novalesa che esercitava la sua giurisdizione su quei territori e contestualmente possedeva notevoli estensioni di terreno variamente distribuite, che concedeva in enfiteusi agli abitanti di quelle comunità; proprio i beni in questione infatti sono designati dal compilatore dei registri come beni immuni antichi, cosa che dimostra una originaria appartenenza al patrimonio dell'abbazia.
Nel secolo XIX Venaus sembra molto interessata alla difesa dei propri beni comunali: il 14 ottobre 1836 il comune chiese una sovvenzione alla Regia Segreteria per organizzare una ricognizione dei beni comunali usurpati, e più tardi, nel 1840 e 1841, il comune accusò il sindaco e il segretario comunale di aver usufruito indebitamente dei beni comunali (AST, Corte, Paesi per A e B, Venaus, m. 9, f. 6,7). Secondo il Catasto Rabbini a metà Ottocento erano numerosi i beni comunali, tra campi, pascoli e boschi, che venivano sfruttati collegialmente dalla comunità, soprattutto per il bestiame e per la raccolta di legna, o che venivano affittati a singoli in cambio di fitti che costituivano una vantaggiosa fonte di guadagno per il comune. Negli anni Trenta del Novecento si dispone la vendita di beni comuni per are 14.91 di prato e seminativo, mentre restano di proprietà comunale ettari 1511.11.99 di incolto, bosco e pascolo (CLUC).
Liti Territoriali
Nel 1556 una lite contrappone la comunità, insieme con l'abate commendatario Carlo Provana, e la comunità di Giaglione per dei mancati pagamenti per lo sfruttamento di territori nei confini di Venaus (AST, Corte, Novalesa, m. 35, f. 31); lo stesso anno è Novalesa ad essere in lite con Venaus per la ridefinizione dei territori comunali nella regione Allamandi (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 14, f. 1). Nel 1579 sono Venaus e Susa a contendersi dei territori poiché quest'ultima ne reclama la giurisdizione e vuole quindi il pagamento delle tasse; questa regione, detta Stadio, fa parte del territorio di Venaus ma è sfruttata da alcuni abitanti di Giaglione; la causa in questione non ebbe seguito (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 36, f. 42). Nel 1582 viene emessa una sentenza relativa a questioni territoriali, per il possesso della regione di Cornale, tra Susa e Venaus: quest'ultima infatti vuole allargare il suo territorio sulle due sponde del Cenischia fino a una croce presente sulla strada pubblica, ma anche Susa vuole allargare il suo territorio lungo il fiume; a questa causa si associa nel 1668 quella con il comune di Mompantero per il possesso del bosco Tea che si trova nella medesima area. La questione si risolve nel 1711: a Venaus resta il controllo sulla regione Cornale, ma non può pretendere aree al di là di Pietrastretta e dunque riesce ad ottenere solo alcuni diritti d'uso sul bosco di Mompantero (AC Susa, F. 104, f. 10, AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 19; m. 14, f. 20; AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 5). Tra il 1604 e il 1610 Novalesa e Venaus sono in contrasto con le comunità di Mompantero e Susa per i confini del territorio comunale: questi ultimi reclamano diritto di bosco e pascolo sulla regione tra il rivo Grusiglione e il monte verso Mompantero, che però sarebbe parte del territorio di Novalesa; Venaus interviene in un secondo momento nella causa reclamando diritti sulla medesima regione (AC Susa, F. 81, f. 4). Tra gli anni 1610-1615 la lite territoriale si prolunga con la comunità di Novalesa per la ridefinizione dei confini territoriali relativamente alla regione detta del Faetto (sempre tra Mompantero e il Grusiglione); la lite termina nel 1611 negando a Venaus qualsiasi diritto su quei luoghi, la comunità però ricorre ancora in appello negli anni successivi per la medesima area (AC Novalesa, F. 45, f. 4; AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 1; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 38, n. 53, m. 14, f. 27). Nel 1626 le comunità di Novalesa e Venaus devono pagare alla comunità di Giaglione una considerevole somma di denaro (AST, Camera dei Conti, Reg. Sentenze, 1620 in 1626, f. 282). Nel 1661-1662 una lite oppone Venaus e Giaglione per il possesso di un terreno di confine nella regione Dorella (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 32, f. 20; m. 14, f. 37). Nel 1702 Venaus è in lite con la comunità di Giaglione per i confini territoriali (AC Venaus, Cat. I, F. 9, f. 6). Nella prima metà del secolo XVIII in occasione della Perequazione Generale del Piemonte risulta un contenzioso tra i comuni di Novalesa e Venaus per 406,44 giornate di territorio, che infine vengono attribuite a Novalesa, anche se tra la documentazione manca la relazione precisa della controversia (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, m. 101); è dell'inizio del secolo XVIII anche la lite tra Venaus e Mompantero per le 140 giornate di terreno comune di cui abbiamo parlato sopra (cfr. il lemma 'Comunanze'), a cui segue, sempre per lo stesso territorio, l'inserimento nella controversia di Novalesa che reclama la sua parte di terreno precedentemente comune alle tre comunità. Ancora nel 1782 i confini con le comunità di Mompantero, Novalesa, Giaglione e Ferrera vengono ridefiniti (AC Venaus, Cat. V, F. 5, f. 1). Tra il 1722 e il 1724 Venaus si oppone a Ferrera e Novalesa per il controllo di un sentiero che correva lungo il torrente Cenischia: sulla riva sinistra correva la strada reale che era però sottoposta a frequenti frane, per questo il controllo sul sentiero alternativo era così importante; gli abitanti di Venaus lamentano il fatto che i viaggiatori provenienti da Novalesa e diretti a Susa utilizzino il detto viottolo arrecando danni ai loro campi coltivati che lo costeggiano; la controversia si prolunga per alcuni anni fino a quando è Venaus ad avere la meglio: il passaggio per il viottolo viene impedito a beneficio delle due preesistenti strade: l'una passava nell'abitato di Venaus e l'altra costeggiava la montagna (AST, Camera dei Conti, I Archiviazione, Ponti e strade, m. 1, f. 9; Fracchia 2010).
Fonti
AC Venaus (Archivio Storico del Comune di Venaus): nel 1825 l'archivio comunale di Venaus non è in ordine e la sequenza delle carte è poco regolare. Al momento attuale è piuttosto carente e occupa un arco temporale che va dal 1612 ad oggi. Cat. I, ff. 1-7; Cat. II, f. 1; Cat. V, ff. 1, 2. AC Susa (Archivio Storico del Comune di Susa): Parte I, F. 81, f. 4; Cat. I, f. 83, f. 5; F. 104, f. 10; Cat. V, F. 876, f. 2. AC Novalesa, F. 14, f. 1; F. 275, f. 5
AA Torino (Archivio Arcivescovile di Torino), sez. VII, 1594, f. 490-498. AD Susa (Archivio Storico della Diocesi di Susa):
3 c, F. 50, f. 2; Carte relative alla parrocchia di Venaus, 1763-1879; 3 d, F. 62, f. 2; Stati delle parrocchie, 1771-1782; 3 d, F. 64, f. 1, 3; Stati delle parrocchie, 1825, 1840, 1843; 3 d, F. 65, f. 1; Stati delle parrocchie, 1840, 1843; 3 d, F. 66, f. 1; Stati delle parrocchie, 1846-1848; 3e, F. 70, f. 6, Visita pastorale Ferraris, 1782; 3e, F. 71, f. 2, 3, 4, Visite pastorali, 1825, 1825-1826; 3e, F. 71, f. 9, 10,Visite pastorali Forzani, 1841-1843, 1843.
AST (Archivio di Stato di Torino):
Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mappe 90, 91; matrice e sommarione 56;
Camera dei Conti, I Archiviazione, Ponti e strade, m. 1, ff. 7, 9;
Camera dei Conti, II Archiviazione, capo 21, mm. 16, 83, 101, 161;
Camera dei Conti, II Archiviazione, Patenti controllo finanze1300-1717; 1717-1800;
Camera dei Conti, Indice dei Feudi, vol. 368, 370;
Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, ff. 18, 27, 28;
Corte, Paesi per A e B, Venaus, m. 9;
Corte, Paesi per A e B, Novalesa, m. 12;
Corte, Abbazie, Novalesa, m. 5, f. 21. Documenti vari sec. XIV; Novalesa, m. 6, ff. 3-27. Documenti vari sec. XIV; m. 8, f. 4. Documenti vari sec. XIV; m. 11, f. 4. Documenti vari sec. XV; m. 13, ff. 1-35. Documenti vari sec. XVI; m. 14, ff. 1-37. Atti di lite; m. 15, ff. 1-17; Documenti vari sec. XVII-XVIII; m. 16, f. 1. Atti di lite sec. XVIII; m. 18, f. 1, Registro dei consegnamenti, 1433-1436; m. 21, f. 1, Registro dei consegnamenti, 1455-1456; m. 23, ff. 2, 3, Registro dei consegnamenti, 1495, 1494-1495; m. 28, ff. 1, 3, 11, Documenti vari sec. XVI-XIX; m. 29, ff. 19-53, Documenti vari sec. XV-XIX; m. 31, ff. 2, 6, 7, Franchigie e privilegi; m. 32, ff. 19, 20, 22, Documenti vari sec. XVII; m. 35, f. 31; Atti di lite; m. 36, f. 42; Atti di lite; m. 38, f. 53; Atti di lite; m. 42, ff. 97, 105; Atti di lite; m. 43, ff. 7, 8, 10, 11; Bandi campestri; documenti di età napoleonica; m. 44, ff. 3, 13, 34, 35, 39; Bandi campestri, franchigie, ordinati 1558-1781; m. 50, f. 6, Registro dei consegnamenti 1568-1572; m. 51, f. 1, Registro dei consegnamenti 1571-1574; m. 52, f. 2, Registro dei consegnamenti 1612; m. 55, f. 1, Registro delle cause civili e criminali 1593-1595; m. 57, f. 8, Registro dei consegnamenti, 1669; m. 59, f. 2, Registro dei consegnamenti 1676-1681; m. 60, n. 4, Registro dei consegnamenti 1773-1775; n. 5, Registro dei consegnamenti 1773-1779; m. 61, Registro dei consegnamenti 1611-1612; 1715; m. 63, f. 58, Relazione di vendita di beni nazionali sul territorio di Novalesa e Venaus 1800; m. 69, Registri delle cause della curia di Novalesa 1551-1556.
BRT (Biblioteca Reale di Torino), Storia patria 854, Descrizione della provincia di Susa.
CLUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici), Venaus.
Bibliografia
Esiste scarsa bibliografia sul comune di Venaus, mentre gli studi relativi all'abbazia sono numerosissimi; questi ultimi però, in gran parte, non riguardano direttamente la storia della comunità, per questo, di seguito riportiamo solo le ricerche più specifiche e i testi che sono stati usati per la compilazione della scheda.
Cartario della abazia di Breme, a cura di L.C. Bollea, Torino 1933 (BSSS 127). Carandini L., Il grande valico, Novara 1964 (rist. an. Arignano 1994).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di
Sardegna, Maspero, Torino 1833-1856, voll. VI, X, XII e XXIII.
Casiraghi G., La diocesi di Torino nel medioevo, Torino 1979 (BSS 196).
Casiraghi G., L'organizzazione ecclesiastica nelle valli di Susa e di Moriana dall'VIII al X
secolo, in «BSBS», 99 (2001), pp. 363-379.
Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all'Ottocento, Borgone di Susa 1999.
Castiglioni P., Circoscrizioni e dizionario dei comuni del Regno d'Italia (secondo censimento
1871-72,), Roma 1874.
Chiaudano M., Le curie sabaude nel secolo XIII, Torino 1927 (BSSS 53/2). Cipolla C., Appunti dal codice novalicense del Martyrologium Adonis, in Id., Ricerche sull'antica biblioteca del monastero del monastero della Novalesa, Torino 1894, pp. 21-58. Corino P.G., Dezzani L., Una strada per il Moncenisio da Amedeo II di Savoia a Napoleone I Bonaparte, Susa 1986.
Fracchia B.M., Il controllo sul sistema stradale della Provincia di Susa nel XVIII secolo: il caso di Venaus e Novalesa, in «Segusium», 49 (2010), pp. 187-198.
Geary P.J., Aristocracy in Provence. The Rhone Basin at the Dawn of the Carolingian Age, Stuttgart 1985.
Lunardi G., Bartolomasi N., Popolla G., L'abbazia di Novalesa (726-1996), Pinerolo 1998. Lunardi G., Irapporti tra l'abbazia e il borgo di Novalesa (726-1856), in Novalesa. Una storia tra fede e arte. Atti del Convegno, Novalesa 21 agosto 1999, S. Ambrogio 2000, pp. 51-71. Manno A., Dizionario feudale degli antichi stati continentali della monarchia di Savoia (1720-1797), Firenze 1845.
Monumenta Novaliciensia vetustiora, I, a cura di C. Cipolla, Roma 1898 (Fonti per la Storia d'Italia 22).
Sergi G., Novalesa fra storia e storiografia, in Novalesa. Nuove luci all 'abbazia, a cura di M.G. Cerri, Milano 2004, pp. 21-33.
Descrizione Comune
Venaus
 
Il territorio di Venaus, pur restando piuttosto stabile nel tempo, è stato spesso oggetto di controversie con i comuni e i poteri vicini. Un breve tratto del confine meridionale di Venaus si trovava infatti anche al confine tra le giurisdizioni dell'abbazia di Novalesa e della castellania di Susa e questo rese quell'area particolarmente controversa. Già dal secolo XIV i Segusini avevano tentato di impedire il passaggio da Pietrastretta, presso il confine con Venaus, agli abitanti della signoria novalicense che avevano diritto all'esenzione dal pedaggio. Nel 1394 l'autorità centrale sabauda ingiunse al castellano di Susa di non impedire agli abitanti di Novalesa e Venaus il passaggio da Pietrastretta; di nuovo nel 1488 il duca Filiberto dovette intervenire perché i Segusini permettessero il passaggio nel medesimo luogo (AST, Corte, Novalesa, m. 8, f. 4; m. 11, f. 4). Le controversie continuarono nei due secoli successivi ed è del 1582 e poi del 1689 un'ulteriore lite tra Susa e Venaus, Novalesa e Ferrera per il passaggio di Pietrastretta (AC Susa, I, f. 83, 104). In quest'ottica le liti territoriali tra Venaus e Susa si delineano più come tentativi da parte di quest'ultima di ampliare la propria giurisdizione, più che il proprio territorio comunale. Nella concorrenza tra l'abbazia e Susa, Venaus poteva approfittarne per ampliare il proprio territorio comunale lungo il corso del Cenischia, anche se nonostante le lunghe controversie, i confini tra la comunità e Susa non si spostarono sensibilmente.
Se da un lato il controllo abbaziale sembra saldo e incontrastato fin dal secolo XIII, dall'altro, nei secoli successivi, più volte emergono tentativi di aggirarlo per affermare i diritti della comunità.
L'abbazia agisce più volte per difendere i suoi beni minacciati dai tentativi dei singoli o delle comunità di appropriarsene. Ne è un esempio la ricognizione e la misura dei beni fatta nel 1716 appositamente per difendersi dagli usurpatori (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 15, f. 8).
Le comunità sottoposte, dal canto loro, erano interlocutrici attente ed esigenti: a metà del secolo XVIII rivolgono una supplica direttamente all'abate per lamentare gli abusi dei monaci cistercensi, sostituitisi ai benedettini (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 14, f. 34).
La presenza del valico ha segnato le vicende e il carattere di Venaus, il cui abitato si snodava proprio parallelamente alla strada settecentesca e i cui abitanti hanno sempre tratto vantaggi economici dall'assistenza ai viaggiatori. La nuova strada settecentesca passava dall'abitato di Venaus dal 1752 ma, nonostante questo, è Novalesa a mantenere il suo ruolo eminente nell'organizzazione del passaggio del Moncenisio. Nonostante i tentativi di Novalesa e Ferrera di escludere Venaus dall'attività di guida - i direttori di passaggio si trovavano a Lanslebourg e a Novalesa (AST, Corte, Paesi per A e B, Susa, m. 7, f. 2) - è attestato che alcuni abitanti di Venaus, nel secolo XVIII, facevano i portantini per il passaggio del Moncenisio (BRT, Descrizione della provincia di Susa, Storia patria 854, f. 53; AST, Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, f. 18; Caradini 1994). Il governo centrale ha sempre mostrato grande interesse per il valico: nel secolo XVIII la gestione del passaggio del Moncenisio e il sistema dei portatori fu regolato da rigide disposizioni e più volte è intervenuto per assicurare che la manutenzione della strada e dei ponti, della quale erano responsabili le tre comunità di Venaus, Ferrera e Novalesa, fosse assidua e precisa (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 32, f. 22 [1663]). Con la strada napoleonica (già in uso nel 1805) Venaus perse il suo ruolo chiave e l'economia locale ne fu molto danneggiata, questa infatti correva dalla Gran Croce a Giaglione, Molaretto e Bar evitando, Novalesa e Ferrera. Il territorio di Venaus non venne però completamente tagliato fuori: il borgo centrale cedette infatti il suo ruolo alle borgate di Molaretto e Bar che acquisirono un certo sviluppo.