Pontestura

AutoriLombardini, Sandro
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
1639 [censimento 1991].
Estensione
Ha. 1887 [ISTAT] / ha. 1891 [SITA].
Confini
Camino, Casale Monferrato, Cereseto, Coniolo, Morano sul Po, Ozzano Monferrato, Serralunga di Crea, Solonghello.
Frazioni
Le fonti ISTAT (1991) segnalano:  cinque “centri”,  abitati complessivamente dall’87 per cento della popolazione; tre “nuclei”, con una popolazione pari a circa il 10 per cento del totale;  e una piccola percentuale di popolazione abitante in “case sparse”. “Centri” e “nuclei” comprendono, in particolare, Pontestura con il Borgo di San Rocco, Cassinelunghe, Castagnone (centro diviso con Solonghello), Dionigi-Rollini (centro diviso con Ozzano Monferrato), Quarti (comune autonomo fino al 1928), Rocchetta, Vialarda (centro diviso con Casale Monferrato) [Istituto Centrale 1930; Casalis 1847, p. 591]. Vedi mappa.
Toponimo storico
E’ opinione prevalente fra gli storici che la strada romana tra Hasta (Asti) e Rigomagus (Trino) attraversasse il Po in corrispondenza dell’attuale Pontestura, località generalmente identificata con il medievale pons Nottingus, ricostruito in epoca carolingia sul sito di un ponte romano precedente, località nota anche come pons Cuniolii (Coniolo) [Durandi 1774, p. 324 e nota (a)] o ancora, semplicemente, come ad Pontem (per quanto Pontesturie risulti attestato dal 1177 [Gabotto e Fisso 1907-08, doc. 38; cfr. Merlo 1967; Settia 1970, p. 32]. Il luogo di Pontestura si trovava inoltre, probabilmente, lungo una strada collinare romana che collegava Vardacate (Casale) a Industria (Monteu da Po), proseguendo a ovest per Torino e a est per Valenza. [Settia 1970, pp. 39-40, ora in Settia 1991].
      Non lontano dal luogo nel quale sorse in seguito l’attuale Pontestura dovette sorgere l’abitato primitivo di Quarti, l'antico ad quartum (ad Quartis, ad quartas), attestato per la prima volta nel 1268 [Gabotto e Fisso 1907-08, doc. 314; Casalis 1847, p. 24]. Il toponimo indica verosimilmente la distanza, misurata dall’incontro della strada collinare con quella proveniente da Hasta, fino a Rigomagus, ossia alla confluenza con il percorso della strada di pianura che appunto collegava Pavia e Torino. Poiché è probabile che, in epoca romana, il corso del Po scorresse alquanto più a nord di quanto avvenga oggi, è ipotizzabile che la strada Hasta-Rigomagus incontrasse la strada Pavia-Torino senza attraversare il fiume; in questo caso, cadrebbe ogni ipotesi relativa all’esistenza di un ponte romano in corrispondenza dell’odierno abitato di Pontestura. [Settia 1970, pp.41, 46-47, ora in Settia 1991].
     A proposito di Quarti è stata avanzata l’ipotesi che il regime fondiario “enfiteutico” comprendente la cessione di un quarto dei raccolti, come descritto in un atto di concessione del 1470, sia all’origine del toponimo in quanto locus Quartorum, ma senza conforto documentario contestuale [Merlo 1967, p. 102].
Diocesi
Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando entrò a far parte della nuova diocesi.
Pieve
San Lorenzo di Cornale (Camino) [A.R.M.O., XVIII, p. 38; CIX, pp. 236-237].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Le rationes decimarum vercellesi del 1299 e del 1440 elencano, tra le chiese dipendenti dalla pieve di Cornale, la chiesa di San Michele di Stura e la “canonica” di Sant’Agata di Pontestura [A.R.M.O., XVIII, p. 38; CIX, pp. 236-237]. Nelle rationes del 1348 e del 1360 le due chiese figurano entrambe come “priorati”, elencati a parte, tra gli enti (monasteri, priorati, prevosture) facenti capo agli ordini religiosi [A.R.M.O., XXXIV, p. 116; Cognasso 1929, p.234].
     Il priorato di San Michele di Stura è in effetti menzionato come dipendente dall'abbazia di San Michele della Chiusa in una bolla di Innocenzo III del 1216 e in un’altra bolla, di Innocenzo IV, del 1245. Ancora nel 1584, al tempo della visita pastorale del vescovo di Casale Carlo Montiglio, il titolare della chiesa, in quell’occasione identificata come “San Michel fuor delle mura (scil.: di Pontestura)”, conservava il titolo di priore [Ferraris 1975, pp. 36 e 86-87, n. 291]. La parrocchia di Sant’Agata, fra il 1147 e il 1187 amministrata dai canonici mortariensi, è descritta come “governata da un padre del Monastero di Crea” nel 1716 dal consiglio comunitativo di Pontestura, che indica la chiesa come unica parrocchia presente [Merlo 1967, p. 114; Settia 1975, p. 66, n. 3].
     Nei libri delle decime papali della diocesi di Vercelli del 1299 e del 1348 è menzionata la chiesa, ora scomparsa, di Soalengo, dedicata a San Pietro, dipendente dalla pieve di San Cassiano (Cereseto). [A.R.M.O., I, p. 38, p. 46, n. 220: “Gifalengo” e “Sualengo”; A.R.M.O., I, p. 112: ecclesia sancti petri de sualengo; Cognasso 1929, p. 228:“ecclesia Sancti Petri de Sualengo, 1355 (Settia 1970, p. 172 e n. 67, ora in Settia 1991, citando gli stessi riferimenti c. s., attribuisce nel testo la chiesa alla pieve di San Lorenzo di Cornale). Essa si trovava nel territorio del comune di Pontestura, in corrispondenza dell'odierna cascina San Pietro. La chiesa o i suoi resti appaiono ancora visibili al tempo della visita pastorale del vescovo Ambrogio Aldegatto a Pontestura, nel 1569:
Visitavit ecclesiam campestrem s. petri perpetuo unitam mense capituli ecclesie maioris [...] et reperuit eam tecto destructam iam multis annis preteritis [A.C.V.C., Visite pastorali, Aldegatto, f. 161v; Ferraris 1975, p. 66, n. 199].
     In un documento del secolo XII è poi attestata la presenza nel territorio di Soalengo di un boscus sancti victoris e di una terra sancti victoris, ma non risulta a quale chiesa appartenessero. La “coerenza” (condivisione di confine) del rivo Dordogna (o Dardogna) suggerisce un’ubicazione presso la cascina San Pietro [Durando e Druetti 1908, I, p. 10; Ferraris, 1975, p. 77, n. 256].
     Alla metà del secolo XII un priorato di Santa Maria situato nel luogo scomparso di Vivarona, in corrispondenza dell’attuale frazione Rocchetta di Pontestura, viene donato dal vescovo di Vercelli alla canonica di Vezzolano. La chiesa sarà spesso officiata non da un priore residente, ma dai religiosi di Crea (il priorato di Crea era stato affidato dal vescovo di Vercelli ai canonici regolari di regola agostiniana di Vezzolano dalla seconda metà del secolo XII) [Motta 1933, p. 110; Settia 1975, pp. 70-71].
     Una chiesa di San Sebastiano “fuori le mura” è citata come luogo di riunione, nel tardo secolo XIV, del consiglio della corporazione dei mugnai [Merlo 1967, p. 100]. Alla stessa epoca un sodalizio, o “confraternita” (forse una confraria), di “San Spirito” viene citato come destinatario di lascito testamentario [Merlo 1967, p. 114, che riporta un sunto italiano del testamento di Giovanni Archerio de Bestosi (1371)]. Nel secolo XVIII l’estensione complessiva dei beni fondiari ecclesiastici “immuni”, ossia dotati di esenzioni fiscali, è calcolata in 426 moggia di Monferrato, per un reddito annuo stimato in £1700 di Piemonte.
     In età moderna è attestata la presenza della Compagnia della Concezione. Nel secolo XVIII, la Confraternita di San Michele risulta avere £154 di reddito annuo, "che si consuma in celebrazione di messe e manutenzione della Chiesa" [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729), cc. 3, 7; Capo 26, Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729); Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tabb. 1-2].
     Al rettore pro tempore della chiesa di Sant’Agata, insieme con tre consiglieri da eleggersi nel consiglio della comunità di Pontestura, il marchese Guglielmo di Monferrato affida nel 1510 l’amministrazione dell’Ospedale di San Giacomo, i cui statuti risultano poi approvati nel 1518 dal vescovo di Casale [Merlo 1967, pp. 101-02, 122-23]. L’ospedale è forse quello menzionato come oggetto di donazione alla chiesa di Santa Maria de Montecenisio nel 1233 [Sangiorgio 1975, p. 66]. Nel secolo XVIII una confraternita recante la stessa dedicazione a San Giacomo gode annualmente di £79 di Piemonte di reddito, con “l'obbligo di distribuire a poveri pane, per mezzo sacco formento, stipendiare un Capellano”. Peraltro, a quest’epoca (1716) una dichiarazione del consiglio della comunità di Pontestura dichiara che “In questo luogo [… ] non vi è ospedale per li poveri mendicanti, ed ammalati, ma solo per pellegrini”; la stessa dichiarazione stima in trenta il numero di “poveri mendicanti forastieri abitanti” e “del Luogo venti, non essendovi alcun fondo per soccorso d’essi” [Merlo 1967, pp. 114-15].
     L’Ospedale di San Giovanni Evangelista possiede, nel secolo XVIII, beni fondiari per oltre 48 moggia di terra. Questo ospedale viene indicato dalla comunità di Pontestura nel 1716 come luogo di accoglienza dei pellegrini:
con obbligazione di dare l’alloggio a quelli, darli da mangiare, bere, e dormire non avendo alcuna fabbrica, ma solo tenere due letti in casa di messer Nicolao Bestoso Regolatore del medesimo.
 
I beni risultano legati nel succitato testamento del 26 settembre 1371: il lascito disponeva la costruzione di una cappella nella chiesa di Sant’Agata sotto il titolo di San Giovanni Evangelista e l’accoglienza dei pellegrini nella “Cassina” di proprietà del testatore. Nel 1520 un breve di Leone X aveva consentito al vescovo di Casale di dirimere le controversie insorte tra i “membri della famiglia De Bestosi” grazie alla istituzione di un ordine di successione di tipo fedecommissario alla carica di rettore e ai cespiti dell’ospedale [Merlo 1867, p. 114].
     A Quarti una ecclesia Monteni è citata come luogo di riferimento topografico dei concessionari enfiteutici del luogo nella seconda metà del secolo XV [Merlo 1967, pp.116-20 (trascrizione della Copia instrumenti emphiteusis et privilegiorum Quartorum concessum ab Escellentissimo Domino Guglielmo Marchione Montisferrati, del 9 agosto 1470, in copia del 1715, in A.C.P.)]. Nel corso dell’età moderna la parrocchiale.di Quarti, sotto il titolo di San Bartolomeo, risulta possedere beni per poco più di 14 moggia, localizzati nel territorio sia di Quarti sia di Pontestura.  Nelle inchieste dei funzionari statali del secolo XVIII la chiesa compare talvolta negli elenchi di benefici di Pontestura (anziché di Quarti). Dalle inchieste condotte nel secolo XVIII risulta che gli abitanti, o “particolari”, con beni iscritti a catasto:
pagano prestazione annua al parroco [di] l stara di formento per ogni capo di casa, in oltre que’ particolari che possedono beni sovra questa terra pagano pure in natura al sudetto parroco una legna a portata della quantità de’ beni che essi part[icolari] possedono.
Dalla chiesa di San Bartolomeo dipende il beneficio o chiericato di Santa Giulitta, “erretto nella Parochiale del Luogo”, che possiede circa 14 moggia di beni fondiari “allibrati ne publici Cattastri d'essa Communità”.
     Il beneficio della Beata Vergine delle Grazie risulta possedere, a quest’epoca, circa 6 moggia di beni fondiari, “che costituiscono il sito della chiesa”, e la chiesa campestre di San Rocco circa 11 moggia, tutti fiscalmente esenti, secondo le indicazioni del catasto redatto nel 1670; nella prima metà del secolo XIX la chiesa delle Grazie viene descritta come luogo di pellegrinaggi da parte di “molti devoti dai paesi circostanti” [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729), cc. 3, 7; Capo 26, Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 64v-65v; 184v; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tabb. 1-2; Casalis 1847, p. 25].
     Durante l’età moderna, il priorato, poi (dal 1608) abbazia, dei canonici lateranensi di Crea possiede nel territorio di Pontestura e Quarti, tramite il priorato e chiesa parrocchiale di Sant'Agata, beni per 163 moggia, acquisiti prima del 1620. Già il priorato di Crea, affidato ai canonici di Vezzolano dal 1176, aveva ricevuto importanti donazioni dai marchesi di Monferrato nel 1233, consolidando la sua giurisdizione signorile sui beni di Sant’Eustorgio di Serralunga (1316) e di Sant’Agata di Pontestura [Vd. scheda Serralunga di Crea].
     Nel secolo XVIII, per questi beni l'abbazia paga annualmente £31 alla comunità, in forza di una convenzione stipulata nel 1651 e riportata nel convocato della comunità del 22 aprile dello stesso anno. Da tale convocato risulta che, prima del 1651, l'abbazia pagava “tutti i carichi dell'Ordinario, Riparazioni dei ponti e strade e Mercede dei campari”. In adempimento della transazione intervenuta con la comunità, l'abbazia pagò allora 45 ducatoni per gli arretrati. L'intendente Petitti ordina l'annullamento della transazione e la collettazione di questi beni come si collettavano prima del 1651. Da ciò la comunità avrebbe dovuto ricavare una somma annuale pari a circa £100 su un reddito complessivo stimato, verso la stessa epoca, in £500 . Il “Beneficio ossia Abbazia” di San Michele possiede beni per 84 moggia, acquisiti “prima del 1620” [Bonardi 1995, p. 17-18; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729), cc. 3, 7; Pontestura, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese di Arte e Storia. Sito web (2013)].
Assetto Insediativo
Il territorio di Pontestura e Quarti presenta una configurazione marcatamente “cantonale”, favorita, da un lato, dalle sue principali caratteristiche morfologiche e produttive, dall’altro dalla debolezza delle pressioni signorili in età medievale e moderna. L’assetto è a “cantoni”, una pluralità di nuclei insediativi abitati da gruppi di discendenza a inflessione patrilineare di piccoli coltivatori-proprietari. “Cantone”, termine corrente già nel secolo XII, nel senso di “quartiere cittadino” (1165) -- il senso generalmente rilevato dai glossari (ad. es. Du Cange) --, nell’accezione di “nucleo abitato minore sottoposto ad altro maggiore” sembra peculiare dell’area monferrina [Settia 1983, pp. 175 e 180-81, n. 113].
Luoghi Scomparsi
Montiggio (Montilius, 1148 [Gabotto e Fisso 1907-08, doc. 15]): località tra Ozzano e Pontestura. Stura (Sturia, 1148 [Gabotto e Fisso 1907-08, doc. 15]): luogo prossimo all'odierno Pontestura. Questi luoghi fanno parte di un'area della valle Stura che vide probabilmente una cospicua immigrazione franca, come attestano numerose attestazioni di legge salica nei documenti dei secoli XI e XII. Nella stessa zona, più rare, ma intimamente commiste con le precedenti, compaiono anche professioni di legge langobarda (proporzionalmente maggiori nel territorio casalese, dove sono attestate fino a tutto il secolo XIII). Si tratta inoltre di quel territorio fra Stura e Po, nel quale, fin dal secolo X, la famiglia marchionale aleramica deteneva notevoli beni allodiali. [Settia 1983, p. 167 e n. 29].
      Soalengo (Soalingum, 1095; Soalengum: se ne ha un indizio nel toponimo indicante la cascina San Pietro (dedicazione dell'antica chiesa di Soalengo), nel territorio di Pontestura, fra Rocchetta e la stessa Pontestura, sulle pendici di un poggio vignato, digradante verso il rio Dardagna (luogo in cui erano situati beni donazione Ottone di Alberada alla chiesa di Branchengo) [Settia 1983, pp. 166, 167 e n. 30, 171-72; 1151 Durando e Druetti 1908, doc. 7].
     Vivarona [Settia 1983, pp. 172-73 e nota 73]. Nel secolo XII, Soalengum e Vivarona possedevano sicuramente un territorio proprio [Durando, doc. 7: ex alia parte comune de Soalengo, doc. 13: in curte Vivarone]. Entrambi appaiono nel 1328 ormai definitivamente inglobate nei fines di Pontestura [Merlo 1967]. Già dalla fine del secolo XIII potrebbe esservi stata una tendenza migratoria da Vivarona verso il vicino centro di Pontestura.
     L'odierna posizione dell'abitato di Quarti deve quindi essere il risultato di una ricostruzione medievale in luogo più elevato rispetto al corso dello Stura, secondo un modello ben documentato di migrazione degli insediamenti: il toponimo è infatti di origine miliaria e indica probabilmente la distanza, misurata dall'intersezione della strada collinare con quella proveniente da Hasta, fino a Rigomagus, ossia alla confluenza con il percorso della strada di pianura che appunto collegava Pavia e Torino.
Comunità, origine, funzionamento
All'inizio del secolo XIV, Pontestura era un comune "demaniale" (espressione usata da Bozzola [1926], in contrapposizione ai comuni nobiliari o soggetti a vassalli del marchese), ossia direttamente sottoposto al marchese di Monferrato (come, nella stessa zona Odalengo Grande, Odalengo Piccolo, Mombello e Camino. La distinzione si può fare sulla base di quanto si ricava dagli indirizzi della lettera inviata dal marchese Teodoro I nel 1306 ai luoghi dipendenti: [Sangiorgio 1975, pp. 91-93]. Pontestura viene classificata in questo senso tra le terre “immediate” del Monferrato nel 1649 [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre].
Statuti
Una compilazione di Statuta sive capitula loci Pontisturie, risalente agli anni Quaranta del secolo XV, viene confermata nel 1589 nel 1652 e nel 1671. La compilazione quattrocentesca e una copia eseguita nel 1662 risultano conservate presso l’Archivio storico del comune di Pontestura [Fontana 1907, vol. II, p. 406; Gabotto 1910; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B; Merlo 1967, p. 98]. Statuto comunale attuale (acquisito in data anteriore all'entrata in vigore della L. 265/99,  in attesa di aggiornamento). Vedi testo.
Catasti
Verso il 1780, la comunità di Pontestura si avvaleva di un catasto formato nel 1670, l’anno in cui aveva provveduto a far misurare il proprio territorio. L’estimo, risalente all’epoca della redazione del catasto, era regolato in base al criterio dei “circoli”. Le abitazioni e i loro annessi, se ubicati nel “recinto” del “luogo”, non erano iscritti a catasto, a differenza di tutte le abitazioni site nei “borghi”, nei “cantoni” e nelle “cascine”, in cui era articolata la struttura insediativa del territorio.  La presenza del catasto del 1790 (“malridotto”) in A.C.P. è attestata in epoca recente [Merlo 1967, p. 97].
     La comunità di Quarti aveva fatto realizzare la misura del suo territorio (senza consegnarla in una mappa) nel 1740. Quarant’anni dopo non risultava disporre di un catasto, mancanza alla quale supplivano i documenti prodotti durante le operazioni di misura. La ripartizione del carico fiscale ricadente sulla proprietà terriera si operava “a moggia di Monferrato”, ossia semplicemente in base all’estensione dei fondi individuati, non temperata da qualche coefficiente d’estimo. Sia le abitazioni sia le “le case di campagna” partecipavano al pagamento dei tributi prediali [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781]. Al 2002 la serie documentaria dei catasti conservati presso l’Archivio storico comunale del comune di Pontestura è in attesa di riordino.
Ordinati
E’ attestata la presenza della serie documentaria degli ordinati della comunità di Pontestura a partire dai primi decenni del secolo XVI. Al 2002 la serie documentaria degli ordinati di entrambe le località conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Pontestura è in attesa di riordino.
Dipendenze nel Medioevo
Si tratta di un’area dipendente dapprima dall’abbazia di Fruttuaria e dal Monastero di San Pietro di Breme, quindi contesa tra il dominio di Vercelli e quello dei marchesi di Monferrato. La dipendenza dai marchesi del Monferrato si stabilizza a partire dal secolo XIII. E’ possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, Pontestura e buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato avessero fatto parte della Iudiciaria torrensis, un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo, e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza tra il Po e il Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del secolo X, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli [Settia 1983, pp. 11-53].
Feudo
Pontestura viene infeudato nel 1329 a Tommaso Scarampi di Camino e ai suoi heredes da parte del marchese Teodoro di Monferrato. L’investitura comprendeva, tra l’altro, varie prerogative specifiche sulle risorse connesse con il fiume Po, le sue sponde (Ripa padi), le acque e certi aspetti delle attività di molitura (usibus […] piscandi Aquis aquatibus, et aquarum decursibus Molendinis, et usibus Molendi. Multarijs, glareis, multis insulis pascuis et pascuaticis); prerogative di controllo e prelievo sulle famiglie di coltivatori (cum omnibus fidelitatibus Homaggijs, successionibus, hereditatibus, acconzamentis fictis); e i prelievi di fodro, dazi e pedaggi.
     Parecchi di questi diritti saranno erosi entro le soglie dell’età moderna dalle concessioni dei marchesi di Monferrato alla comunità, ai mugnai e a gruppi di contadini [Merlo 1967, pp. 99, 106 (trascrizione dell’atto di investitura del 5 agosto 1329 conservato in A.C.P.)]. Dalle inchieste dei funzionari statali del secolo XVIII, risultava che la comunità aveva in effetti posseduto i diritti di “forno, moleggio, gabella vino e prestino” fino al 1629, quando li aveva alienati a favore del conte Giacomo Scarampi, uno dei feudatari del luogo, per 400 doppie d’Italia e 288 doppie di Spagna, con la facoltà del riscatto perpetuo. Il reddito netto annuo di queste prerogative è, alla fine degli anni 1760, di £1250. Il consortile feudale del luogo possiede inoltre un pedaggio, dal quale i “locali”, come solitamente accade, sono esenti. Il conte di Camino e il marchese Gozzani possiedono il porto, pedaggio e un quarto del forno del luogo, a titolo feudale, “eserciti dal loro fittadro”. L’investitura ai Gozzani era stata oggetto di un “rinnovo” nel 1703.
     A quest’epoca Quarti risulta infeudata al conte Carlo Maria Galvagno di Casale [Merlo 1967, p. 106, Investitura degli Scarampi di Camino in Pontestura (trascrizione di copia dell’atto datato 5 agosto 1329 in A.C.P.); Guasco 1911; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753); Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s. d., ma attorno al 1710); n. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l'ordinario (1770): Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B].
Mutamenti di distrettuazione
Pontestura, insieme a  Quarti,  appartennero al marchesato, poi ducato, di Monferrato, quando, dapprima con debole valenza in termini di ordinamento amministrativo (al di là cioè della designazione dell’area di competenza, prevalentemente militare, dei governatori delle principali piazzeforti) e poi, dal 1560 circa, con più saldo profilo istituzionale, erano classificate fra le terre dello stato “al di qua del Tanaro” o della provincia di Casale [Raviola 2001, pp. 103 e 359].
     Dopo l’annessione del ducato di Monferrato agli Stati sabaudi nel 1708 (riconosciuta internazionalmente con il trattato di Utrecht del 1713), entrarono a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Sturani 1995].
     Entro la maglia amministrativa francese, le comunità di Pontesura e Quarti seguirono le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregate, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese, e dunque di Pontestura e Quarti, non mutò fino alla Restaurazione [Sturani 2001; A.N.P., F2 I 863 (Montenotte)]. Vedi mappa.
     Dopo la parentesi napoleonica, rientrarono a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e, dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 [Sturani 1995]. In anni recenti, Pontestura ha aderito alla Unione dei Comuni tra Sture e Po.
Mutamenti Territoriali
Il comune di Coniolo fu soppresso e aggregato a Pontestura nel 1928; una parte di Coniolo-Bricco venne nuovamente separato e ricostituito nel comune di Coniolo nel 1947. Il comune di Quarti, separato da Pontestura ed eretto a comune verso la metà del secolo XVII, venne soppresso e aggregato a Pontestura nel 1928 [Istituto Centrale 1930, pp. 6, 8; Istituto Centrale 1950, p. 9; Casalis 1847, p. 24].
Comunanze
Le circa 362 moggia di beni posseduti dalla comunità di Pontestura nella seconda metà del secolo XVIII occupavano più del 10 per cento del territorio agricolo comunale. A parte un campo di poche staia assegnato al camparo della comunità, si trattava di terreni boschivi e di incolti. Tre appezzamenti di bosco, per un’estensione complessiva di 12 moggia, costituivano il cosiddetto “Bosco di Rolleto”, dal nome della “contrada” in cui era situato. Per antica concessione dei marchesi di Monferrato (risalente in effetti al 1484), vi potevano pascolare i loro bestiami anche gli abitanti della vicina comunità di Quarti, anche se questa coutenza non mancava di provocare contrasti con gli abitanti di Pontestura. Gli appezzamenti di Rolleto erano iscritti a catasto “a carico della comunità”.
     La parte di gran lunga prevalente (ossia le restanti 300 moggia) dei beni comuni di Pontestura era rappresentata dai terreni ghiaiosi in prossimità del Po, all’interno dei quali il sapere locale distingueva con attenzione differenti tipologie, in base alle possibilità di utilizzo. Si segnalavano così, in documenti redatti dall’amministrazione provinciale sabauda sulla scorta di informazioni provenienti dalle comunità, 150 moggia di “ghiare imboschite, con piante d’albera d’alto fusto”, nelle quali era proibito il taglio da parte dei privati, e, sempre nei ghiaieti in riva al fiume, altre 150 moggia circa di terreno “parte atteppito e parte no”, destinate al pascolo.
     Alla stessa epoca, la comunità di Quarti possedeva appena  più di un moggio di bosco ceduo, ubicato in collina, “composto la maggior parte di spinaglie”. Veniva utilizzato per il pascolo, ma, risultando insuffiente, gli abitanti erano autorizzati, come si è detto, a servirsi del bosco di Rolleto, nel territorio di Pontestura. Nel 1990 il territorio gravato da usi civici è calcolato in ha. 70,16 ca. [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 247r-249v, 255r-258r; C.U.C.].
Liti Territoriali
La definizione dei confini tra i territori di Pontestura, Coniolo e Torcello è in una declaratio del 1324: viene attribuita a Pontestura un’area compresa, al di là del torrente Stura, tra il territorio situato ad boschum Innuillie e il consortium di Teyscio, mentre risulta destinata a riserva di caccia marchionale una località ubicata centralmente e denominata Pramolino. L’atto ci è noto attraverso riferimenti successivi, compresi tra il 1456 e il 1729 e conservati in A.C.P. [vedi Merlo 1967, pp. 98, 105-06 (trascrizione della Declaratio finium comunis Pontisturie del 3 aprile 1324 nella copia del 12 febbraio 1456, in A.C.P.)]. La definizione del territorio di Quarti emerge dalla documentazione disponibile per il tardo medioevo (1470) nel quadro di una disputa (contentio) che, a quell’epoca, perdura da tempo (iamdudum) tra le comunità di Pontestura e Ozzano (nter Communitas, et homines locorum Potisturie, et Ozani) sia per la fissazione dei confini sia per la presenza di “molti” appezzamenti abitati da coltivatori concessionari (tam finium, quam moltorum prediorum existentium intra ipsa loca, et tandem predicta predia cum Capsinis in illis existentibus), le cui afferenze territoriali risultano oggetto di controversia. Dopo il tentativo di perimetrazione da parte di un commissario tramite un’affissione delle armi marchionali (cum balzanis seu ramis arborum habentibus balzanas, et insignia Marchionatus Montisferrati fuerint designata), si procede, il 9 agosto 1470, alla definizione compiuta delle prerogative giuridiche e territoriali di un insieme di famiglie di Massarij, et emphiteutae abitanti a Quarti mediante una concessione marchionale formale a connotazione fortemente contrattuale, atta a porre le basi per una più ampia autonomia amministrativa. La conferma di questo “contratto di enfiteusi” sarà più volte ribadita nel corso dell’età moderna, per esempio da parte del Senato di Casale nel 1658 [vedi Merlo 1967, pp. 116-20 (trascrizione della Copia instrumenti emphiteusis et privilegiorum Quartorum concessum ab Escellentissimo Domino Guglielmo Marchione Montisferrati, del 9 agosto 1470, in copia del 1715), in A.C.P.; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B]. Il carattere personale dei diritti acquisiti dagli enfiteuti di Quarti sembra alimentare potenzialità di contenzioso nel quadro dei diritti reali sorretti dalle istituzioni comunitative. Nel corso del secolo XVIII, gli abitanti e la comunità di Quarti intentano una causa dinanzi all’intendente della provincia di Casale per riaffermare il proprio diritto a usufruire del Bosco di Rolleto contro i “partecipanti” del bosco, che erano “vari particolari di detto luogo di Pontestura”. Un’altra lite pendente dinanzi all’intendenza riguardava gli abitanti di Quarti che possedevano beni fondiari nel territorio di Pontestura e, “come si usa in tutte le comunità della provincia”, che i redditi comunitativi fossero impiegati in deduzione del “registro universale” [A.S.T., Sezioni Riounite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s. d., ma dopo il 1782)].
Fonti
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A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Po, Mazzo 1,"LE / COURS / DU PO / DEDIÉ AU ROY / Par son tres humble, tres obeissant / et tres fidele Serviteur et Sujet, le / P. PLACIDE Augustin Dechaussé, et / Geographe Ordinaire de sa Majesté". Carta Corografica in stampa del Corso del Fiume Po delineata e dedicata a S.M- Cristianissima dal P. Placido Agostiniano scalzo nel 1734. Sulla Scala di 1/253.600 (Note: La carta è formata da 5 fogli giustapposti. Il 1° reca l'indicazione "A PARIS 1704"; il 3° e il 4° sono datati 1703; sul 1° e sul 5° foglio è riportata la data di concessione del privilegio reale, rinnovato per 15 anni nel 1734. Cfr. anche Carte Topografiche Segrete, PO 29 E IV ROSSO, 1703-1734 (ma vd. Note) [Autore disegno originale: P. Placide; Autore incisioni: Berey; Autore edizione: "A PARIS / Chez les Augustins pres la Place des Victoires"]. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50: fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s. d., ma attorno al 1710); fasc. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l'ordinario (1770).
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B.
A.S.T., Corte, Monferrato, Materie economiche, Mazzo 18, fasc. 19: M.A. Tartaglione, Calcolo delle città, terre, anime e moggia de’ terreni del ducato di Monferrato [inizi del secolo XVII], ms.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale: Mazzo 1: fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); fasc. 24, Casale. Stato delle liti attive e passive delle comunità (1757); Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), Mazzo 6, Provincia di Casale, n.2.
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato: Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 247r-249v, 255r-258r; Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s. d., ma dopo il 1782); Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/1789); Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s. d., ma 1786); Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729), cc. 3, 7; Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 64v-65v; 184v.
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A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Ufficio Generale delle Finanze, Tipi, cabrei e disegni (sezione II), Mazzo  228,  Stura, torrente, Profilo di un ponte da farsi sopra il Torrente Stura tra ponte Stura a Moncalvo... [Data: nov. 1784]. Vedi planimetria.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Ufficio Generale delle Finanze, Tipi, cabrei e disegni (sezione II), Mazzo 228,  Stura, torrente, Progetto di un ponte...sopra il Torrente Stura tra il luogo di Ponte Stura, a Moncalvo...[Data: nov. 1784]. Vedi planimetria.
A.S.T., Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Ufficio Generale delle Finanze, Tipi, cabrei e disegni (sezione II), Mazzo 256, Moncalvo,  Strada da Moncalvo a Ponte Stura (Data: Sec. XVII) [Autore disegno originale: Cane]. Vedi mappa.
 
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B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
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Descrizione Comune

Pontestura

     La ricca documentazione che verte sull’attuale territorio del comune Pontestura -- incluso dunque Quarti -- è stata a malapena scalfita dalla ricerca storica [Gabotto 1910; Merlo 1967]. Gli indizi che ne affiorano suggeriscono innanzitutto, come per altri luoghi limitrofi del Basso Monferrato gravitanti sui transiti del Po, una storia di rapporti particolarmente stretti, a partire dal tardo medioevo, tra le istituzioni politiche locali a base comunitaria e i poteri centrali dello stato, nonché una presenza di signori locali (un ramo della famiglia Scarampi) che qui, al pari che in altre comunità vicine loro infeudate a partire dal secolo XIV, svolsero un ruolo maggiormente rivolto al coordinamento e al controllo dei flussi commerciali che non ad affermare altri tipi di prerogative giurisdizionali, economiche, o politiche.
     Al di là, però, di questo quadro generico di convergenza, su un lungo arco di tempo, tra il dominio del governo centrale e i poteri comunitativi, con una corrispettiva limitazione o specializzazione delle prerogative dei signori locali, è importante tenere presente che la documentazione finora nota ci fornisce uno sguardo più preciso e insieme più articolato su una gamma specifica di istituzioni locali che ebbero probabilmente una profonda influenza sulla organizzazione complessiva del territorio su un lungo arco di tempo. Queste sono, a quanto la documentazione accessibile consente d’intravvedere, essenzialmente tre: la comunità di Pontestura e, accanto a essa, la corporazione dei mugnai e le famiglie di coltivatori-enfiteuti di Quarti.
     Ciascuna di queste istituzioni nasce formalmente grazie a concessioni marchionali in diversi momenti del tardo medioevo. Tutte e tre nel loro insieme concorrono a imprimere al territorio di Pontestura (visto nei suoi limiti attuali) una configurazione di rapporti e di tensioni capaci di perdurare a lungo nel tempo. Conviene considerare brevemente le tre istituzioni una per volta.
     Innanzitutto la comunità di Pontestura, che, entro la prima metà del secolo XV, ottiene una prima conferma dei suoi statuti da parte dei marchesi di Monferrato. Nella sua lunga storia di stretti rapporti con il potere centrale per tutto il corso della età moderna, la comunità si connota, in particolare, per la ricchezza portata direttamente e indirettamente grazie a un duplice privilegio: da un lato, l’obbligo da parte di un numero crescente di comunità del Basso Monferrato avvalersi dell’opera della locale corporazione dei mugnai per la molitura dei cereali; d’altro lato, la concessione di privilegi di mercato. Vediamo subito questo secondo aspetto. Le patenti concesse nel 1510 da Guglielmo Paleologo, marchese di Monferrato, che ricorda Pontestura come il luogo natale (locum nativitatis nostrae), fanno della fiera annuale di Sant’Apollonia, della durata di quindici giorni, il cuore mercantile di una sospensione di ogni dazio o esazione sui transiti in ogni terra del Monferrato (libera, francha, immunia et exempta a quacumque solutione et exactione cuiuscumque daciti, pedagij, gabellae et colectae non solum in dicto loco, et finibus, sed etiam in quascumque Communitates, loca, terras, castra, et villas territorij et Dominij nostri Montisferrati, tam mediate, quam immediate) [Merlo 1967, p. 124, trascrizione delle “Concessioni per la fiera di Santa Apollonia (22 settembre 1510)”, conservate in A.C.P.]..
      L’importanza della fiera, che si aggiunge al mercato settimanale concesso nel 1500, nonché alle esenzioni del 1390 dai pedaggi per le merci destinate a Pontestura e transitanti attraverso Rocca delle Donne, è sottolineata dalla conferma dei privilegi a seguito di una lunga vertenza con Moncalvo verso la metà secolo XVI (1559-60) e al tentativo di soppressione in favore di Casale nel 1560; una conferma rinnovata nel 1676. Verso la metà del secolo XVIII, le relazioni dei funzionari statali attestano che:
Alla fiera si fa gran commercio di bestiami d'ogni sorta, merci del paese e comestibili, concorrendovi particolari milanesi per comprare bestie bovine.
La presenza di una seconda fiera della durata di quindici giorni, quella di San Michele, è attestata dal 1512, anno della concessione dei privilegi, fino al 1545, l’anno del suo trasferimento a Trino. Nei privilegi concessi, la fiera appare associata alla esenzione dai pedaggi di Pontestura anziché dell’intero marchesato. La conferma dei privilegi sarà richiesta dalla comunità nel 1560 [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B; A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Casale; Merlo 1967, pp. 103, 125-26, trascrizione dei “Privilegi per la fiera di San Michele (8 settembre 1512)”, conservati in A.C.P.].
     La centralità economica di Pontestura è peraltro indissolubilmente collegata, nel tardo medioevo e durante l’età moderna, al sempre più accentuato regime di monopolio che viene assegnato dalle autorità marchionali alla corporazione dei mugnai. Gli Statuta molinariorum del 1348, che modificano e codificano le prerogative di una preesistente attività di molitura dei cereali attraverso una concessione dei marchesi di Monferrato, sembrano fornire le basi giuridiche a una organizzazione corporativa di assai vasta portata, che attende di essere studiata nei suoi meccanismi economici e nelle sue inflessioni istituzionali. E’ noto che il novero delle comunità tenute a utilizzare i mulini in regime di monopolio viene progressivamente ampliata, nel 1419 e nel 1428, fino a includere quasi l’intero Basso Monferrato.
     D’altra parte, gli Statuta sembrano delineare nel loro insieme un quadro di organizzazione corporativa che investe direttamente l’organizzazione della comunità di Pontestura grazie alla definizione di una sfera giurisdizionale dotata di competenze territoriali specifiche su una parte del territorio comunitativo e di prerogative politiche capaci di incidere sulla gerarchia di status, sulla stratificazione sociale e sulla vita istituzionale di tutta la comunità [Merlo 1967, pp. 107-13, trascrizione degli Statuta molinariorum (10 giugno 1348), conservati in copia dell’8 agosto 1410 in A.C.P.].
     Al di fuori del concentrico e dei luoghi fluviali controllati dalla corporazione dei mugnai, l’assetto territoriale di Pontestura è caratterizzato da un insediamento policentrico, articolato in una maglia di nuclei, tradizionalmente denominati cantoni. Questo assetto, nel corso dei secoli tra il medioevo e l’età contemporanea, si è mostrato refrattario a sviluppare poli di gravitazione consistenti e stabili. In un certo senso, si può dire che nessun singolo nucleo ha preso chiaramente un sopravvento sugli altri nel corso del tempo. Dopo il 1929, l’aggregazione di Quarti e, per meno di due decenni (1928-1947), quella di Coniolo hanno contribuito a ricalcare questo tipo di organizzazione territoriale su un’area più estesa, più che non a semplificarla.
     Molti altri indizi della documentazione locale, che attende di essere studiata compiutamente, suggeriscono di ravvisare in questo aspetto dell’organizzazione territoriale di Pontestura il risultato, su un arco di tempo assai lungo, di processi di eredità e successione tra gruppi di coltivatori-proprietari che dividono in loco, entro i gruppi di discendenza patrilineari, le case e i beni fondiari tra i discendenti maschi e dotano, al matrimonio, le figlie soprattutto di beni fiduciari. Le donne, al matrimonio, vanno ad abitare in casa del marito e vicino ai parenti di lui.
     L’effetto cumulativo di simili processi sulle forme di insediamento rurale è noto alla storiografia come “quartieri di lignaggio” ed è attestato in molte zone del Piemonte, e altrove, nelle quali furono deboli i processi di incastellamento e di sviluppo insediativo basati sulla sulla nucleazione in un concentrico [Regione Piemonte 1994, pp. 30-66]. Quarti offre un esempio assai interessante di fondazione istituzionale di un sistema di quartieri di lignaggio nella concessione del 1470 da parte del marchese di Monferrato a una serie gruppi consanguinei di piccoli coltivatori [Merlo 1967, pp. 116-20 (trascrizione della Copia instrumenti emphiteusis et privilegiorum Quartorum concessum ab Escellentissimo Domino Guglielmo Marchione Montisferrati, del 9 agosto 1470, in copia del 1715), in A.C.P.; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B].
     L’investitura di Pontestura alla famiglia Scarmpi, definitiva a partire dai primi decenni del Trecento, ebbe probabilmente, sul lungo periodo, l’effetto di rinsaldare, o cristallizzare, l’assetto insediativo e territoriale preesistente, anziché mutarlo in maniera sensibile, forse, almeno in parte, grazie al permanere, nel cuore dell’età moderna, dei rapporti di dipendenza diretta delle comunità locali dal marchesato diMonferrato e dalla capacità di appello alle sue magistrature. In particolare, fino all’assorbimento del Monferrato entro i domini sabaudi ai primi del Settecento, Pontestura e Quarti videro talvolta rafforzarsi, anziché affievolirsi, agli occhi delle autorità centrali del Monferrato i loro ruoli rispettivi di comunità di frontiera su Trino e sul Vercellese, segnatamente durante il secolo XVII, limitando la capacità degli Scarampi di espandersi localmente con un dominio territoriale forte e indifferenziato.
     Parallelamente, non mancano indizi di un interesse preminente dei diversi rami della famiglia Scarampi (non soltanto quelli della zona di Camino) per il controllo, e probabilmente per il coordinamento, dei transiti lungo il percorso dell’importante asse di comunicazione che unisce Casale alla riviera genovese, più che non per il controllo diretto di altre risorse locali.
     Su tutto il territorio rurale di Pontestura, Quarti e Coniolo la vita agricola locale appare sostanzialmente sotto il controllo delle famiglie di coltivatori e piccoli conduttori, che si dedicano a una policoltura di sussistenza su terreni interessati solo in parte dalla vitcoltura.. Alcuni aspetti importanti della vita locale emergono in questo senso dalla ricca documentazione della età moderna. Prendiamo, per esempio, le inchieste e le rilevazioni compiute a più riprese lungo l’arco del Settecento dai funzionari del governo sabaudo per tutti e tre le comunità corrispondenti al territorio odierno di Pontestura, una documentazione che consente dunque confronti tra le comunità sia in uno stesso momento storico sia in anni diversi.
      La Statistica generale del 1753 fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio della comunità di Pontestura (3730 moggia) superiore di 205 moggia rispetto alla quantità che si trova nelle risposte del consiglio comunitativo (convocato del 19 dicembre 1781) ai quesiti posti dalla circolare diramata dall’intendenza provinciale il 16 dicembre 1781 (3771 moggia).
     La distribuzione delle colture risulta non molto dissimile nelle due fonti: la differenza più rilevante è costituita dalla assai maggior estensione relativa attribuita ai pascoli e incolti dalla Statistica generale (l’8,2 per cento del territorio contro il 2, 8 per cento desumibile dai dati forniti dal convocato del 1781). Le altre percentuali restano pressoché invariate: i campi attorno al 40 per cento, i vigneti al 30 per cento, i prati al 12 per cento e i boschi all’11 per cento [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 4; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato: Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 247r-49v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/1789)].
     Le tabelle della Statistica generale dedicate alla produzione agricola registrano forti eccedenze di frumento e di vino, entrambe corrispondenti al 58 per cento circa del prodotto totale. Anche qui si riscontra invece la consueta carenza di “meliga bianca” (nella misura dell’84,5 per cento del fabbisogno locale) e di “marzaschi” (per l’82,1 per cento) [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tabb. 5-9].
     Erano diffuse tra la popolazione di Pontestura, secondo la Statistica generale, attività quali la fabbricazione e la commercializzazione di materiali per l’edilizia e la pesca, oltre al lavoro nei campi e nelle risaie al di là del Po, in occasione della mietitura e della raccolta del riso [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 3, testo corrispondente]. Per Quarti la Statistica generale del 1753 fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio (295 moggia) inferiore di 31 moggia rispetto alla quantità che si trova nelle risposte del consiglio comunitativo (convocato del 22 dicembre 1781) ai quesiti posti dalla circolare diramata dall’intendenza provinciale il 16 dicembre 1781 (326 moggia “verosimili”).
     La distribuzione delle colture appare profondamente  discordante nelle due fonti, in particolare, per quanto riguarda il rapporto quantitativo tra la vigna e l’aratorio e l’estensione dei boschi, incolti e pascoli. Dai dati forniti dalla Statistica generale emerge una forte prevalenza delle superfici risevate all’aratorio (il 54,2 per cento del territorio, a fronte del 28,5 per cento occupato dai vigneti) e un discreto rilievo dei boschi, incolti e pascoli (complessivamente, l’11,3 per cento del territorio). L’immagine offerta dal documento più tardo prevede invece il predominio della vite (che coprirebbe oltre il 59 per cento della superficie agricola comunale) e un ben più modesto rilievo dell’aratorio, compresi i canapili, non considerati distintamente nella Statistica generale (il 24,7 per cento, di cui però due terzi occupati dai canapili). Anche l’estensione relativa del prato risulterebbe ridotta di un terzo nel passaggio dal primo al secondo documento (dal 16,9 per cento al 12,7 per cento) [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 4; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato: Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 255r-58v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/1789)].
     Le tabelle della Statistica generale dedicate alla produzione agricola registrano forti carenze di frumento (pari al 56 per cento del fabbisogno locale), di “meliga bianca” (nella misura del 92,7 per cento) e di “marzaschi” (per il 94,2 per cento). La produzione di vino risultava corrispondente alle dimensioni del consumo locale. Una situazione di generale scarsità riaffiora nelle espressioni del convocato del 1781. Una importante forma di integrazione economica e produttiva di breve raggio appare, almeno verso la metà del secolo XIX, la produzione di mattoni e tegole, le cui fornaci di Pontestura utilizzano “pietra… condotta da Coniolo, Quarti e Ozzano” [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tabb. 5-9; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 255r-58r ; Casalis 1847, p. 590].
     Dalle informazioni della Statistica generale, sembra tuttavia che l’attività prevalente della popolazione di Quarti fosse rappresentata dal commercio del bestiame [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 3, testo corrispondente]. Il territorio di Quarti si presta dunque male a essere visto come un’area agricola integrata in un sistema produttivo sovralocale attraverso flussi di scambio di eccedenze, secondo il modello proposto dalla Statistica generale. La comunità di Quarti nell’età moderna si può identificare soltanto in maniera marginale con le risorse agricole racchiuse entro i suoi confini. Gli abitanti emergono nella documentazione dell’amministrazione provinciale settecentesca anzitutto come proprietari nella vicina Pontestura (e, in quanto tali, profondamente interessati ai suoi meccanismi fiscali e amministrativi), coutenti (anche se conflittuali) delle sue risorse comunitarie e probabili protagonisti della sua funzione di centro di mercato del bestiame.