Ghemme

AutoriColombo, Emanuele
Anno Compilazione2007
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Novara.
Area storica
Novarese.
Abitanti
3.722 (1.797 maschi, 1.925 femmine: ISTAT 2001).
Estensione
20,57 kmq (ISTAT 2001).
Confini
A nord Romagnano Sesia, a nord-est Fontaneto d’Agogna, a est Cavaglio d’Agogna, a sud Sizzano e Carpignano Sesia, a sud-ovest Lenta, a ovest Gattinara.
Frazioni
Il comune comprende la frazione di Fornace Solari e le cascine Caritа, Cattanea, Colombarolo, Ferrera, Strona (dati provincia).
Toponimo storico
Compare come «Agamium» nel 1014, in un atto in cui l’imperatore Arrigo I confisca i beni del conte Viberto. Nel corso dell’età moderna la dicitura di Agamio appare usata contemporaneamente a quella di Ghemme.
Diocesi
Fa parte ab antiquo della diocesi di Novara, vicariato di Romagnano. Il parroco di Ghemme ha il titolo di arciprete.
Pieve
Ghemme era anticamente capo di pieve (Casalis 1841, Andenna 1977).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La cura ghemmese risulta separata a partire dal 1556, mentre prima veniva gestita da un canonico della cattedrale di Novara. La costruzione della parrocchiale, intitolata a S. Maria Assunta, iniziò nel 1666. Il campanile fu costruito dalla comunità nel 1670 (Monferrini 2003). Nel 1749 disponeva di sette cappelle: del Santo Crocifisso, di Santa Caterina (giuspatronato della nobile famiglia Morbio), di San Francesco Saverio, della beata Maria Vergine del Rosario, di Santa Marta, della beata Panacea, di Sant’Antonio da Padova, di San Domenico (AD Novara, AC, vescovo Roero Sanseverino, 269 [2 agosto 1749]; descrizione completa della parrocchiale con i suoi redditi nel 1690 in AD Novara, Teche parrocchie, Ghemme, 1). A questa data la beata Maria Vergine del Rosario risulta avere un beneficio legato al proprio altare di ben 9.308 lire costituito da censi (prestiti ipotecari a interesse) vantati nei confronti di vari privati ma anche della comunità di Sizzano (censo di ben 4.400 lire). La comunità di Ghemme versa inoltre per convenzione 14 lire annue all’altare della cappella. Accanto alla parrocchiale c’è l’oratorio di Santa Maria delle Grazie, di spettanza della confraternita di Santa Marta. Vi sono poi i seguenti oratori: San Rocco, con messa solo il giorno della sua festa (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]; Monticone); Santa Rosa da Lima detta del Cavenago, giuspatronato del marchese Allevi; San Giuseppe e San Ludovico alla Ferrera, «cassina» distante un miglio dal borgo, nel 1749 di proprietà del marchese Busca, la cui campana viene conservata dentro la cassina magna (il caseggiato maggiore della cassina) per paura dei ladri e dove si celebra messa nei giorni festivi; San Carlo nella cassina di Strona (la cui costruzione in pietra appare rovinata nel 1725, e piena di fessure) (Ordini del Borromeo del 1725 in AD Novara, AC, vescovo Roero Sanseverino, 269); San Germano, sito nella brughiera; San Pietro; San Fabiano; San Sebastiano, sito nel cantone della Villa (AD Novara, AC, vescovo Roero Sanseverino, 269). Nel 1640 risulta anche una chiesa di S. Genesio, dove ufficia un sacerdote pagato dai cavalieri di Malta (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]) in seguito distrutta. Nel 1749 sono segnalati in Ghemme tredici sacerdoti tra cui l’arciprete e quattro chierici. Fra i vari legati attivi nel 1749 si distinguono un beneficio alla beata Panacea, attivo dal 1448, con obbligo di quattro messe settimanali alla sua cappella; un legato di Stefano Onetti alla confraria del Santo Spirito per la celebrazione di dieci messe annuali, risolto dal cancelliere della confraria; un altro legato di Franco Mosezzi alla stessa confraria pari a messe per 1.000 lire annue tolto un sacco di fagioli per uso della confraria stessa (AD Novara, AC, vescovo Roero Sanseverino, 269). Alcuni benefici appaiono particolarmente strutturati e basano le proprie entrate su redditi derivanti da censi: sintomatico quello eretto nella cappella di San Francesco Saverio nella parrocchiale, giuspatronato della famiglia Morotti, costituito su due censi, uno nei confronti del Contado di Novara e l’altro verso la comunità di Casaleggio, con un reddito di 400 lire annue pari a 266 messe circa, ufficiate dal sacerdote Pietro Morotti.
Nel 1749 sono attive la confraternita di Santa Marta (dal 1520 [Dessilani 2003a]), soppressa in età napoleonica e ricostituita nel 1815, la confraternita del SS. Rosario nata nel 1627 (che si appoggia alla cappella eponima della parrocchiale), la confraternita del SS. Sacramento, attiva dal 1590 (Dessilani 1990). Nel 1725 sono segnalate controversie nella confraternita di Santa Marta derivanti dalla negligenza «nell’essigere li crediti», ragion per cui il vescovo chiede un inventario del suo stato patrimoniale (Ordini del Borromeo del 1725 in AD Novara, AC, vescovo Roero Sanseverino, 269). Esiste poi un’opera pia Caccia, fondata il 20 marzo 1655, cui viene unita la confraria del Santo Spirito il 3 agosto 1862, che in precedenza era gestita dalle due confraternite di Santa Marta e del SS. Sacramento, diventando quindi opera pia Caccia e del Santo Spirito. Più recentemente, l’8 dicembre 1834 è stata fondata l’opera pia Bisesti-Dall’Erra che viene gestita dall’arciprete (Maggiotti 1886; Zanetta 1988).
Assetto Insediativo
Nel Medioevo Ghemme appare come un abitato diviso in un castrum (la cui esistenza è già segnalata nel 1128), una villa (cioè il borgo attorno al castello) e il fundo, vale a dire il resto del territorio. Un documento del 1194 parla di beni di proprietà della chiesa di S. Maria di Novara «tam in castro quam in villa et foris in fundo de Agamino» (Zanetta 1988). È comune nei documenti notarili ed episcopali la definizione di oppidum. Il territorio risulta in età moderna frammentato in svariate «cassine», tutte esistenti già nel Cinquecento. Sul Sesia vi sono la Caritа (nel 1576 di Gerolamo Morbio); la Cattanea; la Ferrera (di 1.200 pertiche, nel 1750 abitata da 35-40 persone); il Colombarolo; la Leuratta; la Mostella; il Vaiotto; la Cassinetta, detta anche dei tre confini poiché era condivisa fra tre comunità: Ghemme, Sizzano, Carpignano. Quest’ultima pare fosse stata costruita appositamente su un territorio di tre giurisdizioni per sfruttare possibili vantaggi fiscali. Sulle colline esistono poi nel corso dell’età moderna una serie di cascine abbandonate a inizio Ottocento: il Caccioni Rancati in bosco; la Maretta; la Baragiola; la Stronetta o Strona inferiore e la Strona di Sopra (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]; Stato delle famiglie e persone del borgo e cascinali di Ghemme, AC Ghemme, cart. 27/4; e soprattutto Monferrini 1995).
Luoghi Scomparsi
Non rilevati.
Comunità, origine, funzionamento
I primi ordini formali della comunità sono emanati dal sindacato di Ghemme (riunione di tutti i capi di casa) il 26 gennaio 1562 e prevedono che vengano eletti dei sindaci (non si specifica quanti) per rappresentare la comunità, in carica per quattro mesi, eletti parte dai nobili e parte dagli uomini. In caso di disaccordo le decisioni saranno ritenute valide con la maggioranza dei due terzi, principio mantenuto anche in seguito (AC Ghemme, prima serie, cart. 47, atto del notaio Jo. Battista Colombo). Il 30 ottobre 1614 vengono emanati ordini più particolareggiati, gli statuti veri e propri (AC Ghemme, prima serie, cart. 34/3). Questi prevedono che tutti gli estimati e gli originari la cui famiglia risiede da almeno cent’anni nella comunità si riuniscano in un sindacato per eleggere dodici consiglieri in carica per tre anni. Due dei consiglieri uscenti leggono quindi al sindacato i nomi dei dodici eletti e nel caso in cui venga fatta un’opposizione ritenuta ragionevole dal podestà l’elezione sarà ritenuta nulla. In tal caso vengono estratti a sorte non più dodici ma trentasei consiglieri (maggiori di venticinque anni e padri di famiglia), un terzo dei quali provenienti dal maggiore estimo, un terzo dall’estimo intermedio e un terzo dall’estimo minore. I consiglieri nomineranno quindi i consoli, a sorte o per “subdivisione volontaria”. Subito dopo l’elezione si procede agli incanti dei beni della comunità. Sebbene manchi negli statuti del 1614 una distinzione tra nobili e uomini il consiglio dei dodici è talora integrato da un gruppo di sei interessati che comprende i nomi dei maggiori proprietari nobili del borgo (i Morbio, i Tettoni, i da Vespolate ecc.) (AC Ghemme, prima serie, cart. 2/1, Ordinati del 13 marzo 1640). La riforma della comunità avviene nel 1775 in seguito al regolamento per le amministrazione dei pubblici del 6 giugno 1775. Il consiglio è ora composto da cinque membri, ciascuno dei quali è sindaco per un semestre. Alla scadenza del mandato il sindaco cessava dall’incarico ed eleggeva un nuovo consigliere. Il neoeletto rimaneva in carica per cinque semestri di cui l’ultimo era sindaco. Nel periodo napoleonico, sotto il dipartimento dell’Agogna, dal 1800 al 1805 il comune è governato da cinque agenti municipali che a turno assumevano la carica di presidente. Dal 1805 è governato da un sindaco, che rimaneva in carica un anno, e da quindici consiglieri, due dei quali con il nome di anziani espletavano la funzione di vicesindaco (Zanetta 1988; Monferrini 1991).
Statuti
Gli statuti sono del 30 ottobre 1614 (Ferrari, Monferrini 1991).
Catasti

Nell’archivio comunale si ritrovano un Mastro della nuova misura generale del territorio di Ghemme fatto da Giovanni Giacomo Ravizzotto ed Antonio Tettone agrimensore del 1662, un catasto riassuntivo desunto dal mastro precedente del 1695, un Registro o sia cattastro dell’estimo reale del 1740, un Sommarione di Ghemme squadra di Romagnano del 1769, un Catastino dei beni di chiesa del 1774, un Sommarione catastale del 1776 (accompagnato da diversi registri), un altro Sommarione catastale del 1807. Esistono poi libri specifici di trasporti d’estimo che iniziano dal 1830, che dal 1847 prendono il nome di Registri delle mutazioni di proprietà.

Ordinati
Nell’archivio comunale si conservano libri delle ordinazioni del consiglio comunale in forma completa a partire dal 1626 (cart. 1, fascc. 4 e successive).
Dipendenze nel Medioevo
Nel 1150 Ghemme è feudo dei De Castello-Barbavara, concesso da Federico Barbarossa. Nel 1218 segue l’accordo dei quattro conti de Castello con Novara, da cui Ghemme dipendeva giurisdizionalmente. Nel 1354 Galeazzo Visconti II riorganizza il territorio novarese in quattro squadre. Ghemme fa parte della squadra della Sesia (Monferrini 2002).
Feudo
Ghemme venne infeudata nel 1450 a Aimerico de Sancto Severino, nel 1476 a Gio. Pietro Bergamino suo figlio, nel 1576 a Rinaldo Tettoni cui venne confiscato nel 1581, restituito nel 1611 a Giovanni Battista Tettoni e infine devoluto nel 1640 per morte di quest’ultimo. Dal 1640 al 1647 il feudo fu gestito direttamente dalla Regia Camera poiché non erano state fatte offerte adeguate, nel 1647 toccò ad Agostino Omodei e nel 1666 a Carlo, cui venne appreso nel 1711. Nel 1717 Ghemme venne infeudata a Gio. Battista Modegnani e nel 1727 per successione ereditaria a Gio. Alimento Della Porta Modignani. Il feudo venne devoluto nel 1761 per la sua morte e fu assegnato l’8 febbraio 1763 al duca del Chiablese Benedetto Maurizio di Savoia, fino al 1797 (Calzone 2000b; Dessilani 2003b). Al feudo competeva la giurisdizione sui rurali (Minor magistrato), esercitata da un podestà eletto dal feudatario, con un salario di 200 lire. Al podestà spettava anche il controllo sul calmiere del pane (era in uso quello di Novara), da cui era nata una lite con i collaterali delle vettovaglie della città di Novara (AC Ghemme, prima serie, cart. 10/2, Atti circa la giurisdizione de collaterali della città di Novara). Le carceri erano nella casa del feudatario. Nel 1640 vi erano anche un fiscale e un notaio attuario scelti dal feudatario e un fante eletto dalla comunità (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]). I dazi di vino, pane e carne e l’imbottato erano di prerogativa feudale. L’imbottato, in particolare, era stato dato in affitto dagli Omodei alla comunità a un prezzo fisso annuo. Modegnani decise però nel 1721 di imbottare personalmente «per rendersi conto dell’effettiva resa dei dazi onde avere una base certa per riaffittarli» (Monferrini 2003, p. 31). A questo feudatario si connette una vera e propria stretta nelle richieste per l’affitto dei dazi, con una conseguente vertenza con la comunità che si trascinò per parecchi anni. A partire dall’infeudazione a Chiablese iniziò a funzionare anche un tribunale per le cause civili e penali con proprie carceri, di cui rimane uno specifico fondo nell’archivio comunale. Il giudice era condiviso con quello di Borgomanero e si recava a Ghemme il giovedì, giorno di mercato (Calzone 2000b).
Mutamenti di distrettuazione
Dal 1535 il Novarese entra a far parte della dominazione spagnola. Dal 1560 circa si costituisce il Contado di Novara, cioè l’istituzione per la riscossione dei carichi fiscali sorta dalla contrapposizione dei contadi alle città. Ghemme fa parte della squadra di Sesia, una delle sei di cui il Contado era costituito. Il Contado era governato da cinque sindaci, ciascuno dei quali eletto da una delle squadre; una delle due squadre d’Agogna inferiore che non eleggeva un proprio sindaco era rappresentata dal ragionato forense, che era di sua nomina. Ghemme era una delle ventinove terre vocali del Contado, con diritto cioè di parola alle congregazioni generali del Contado (in tutto quest’ultimo era formato da 124 comunità) (Gnemmi 1981). Le comunità del Contado erano estimate per le contribuzioni principali in cavalli di tassa, una delle tre descrizioni fiscali base dello Stato (le altre erano gli stara di sale e le lire di estimo). Ghemme aveva un estimo di 15.12 cavalli di tassa (Descritione 1626). Dal 1738 al 1799 fa parte dello Stato sabaudo, inquadrata nell’Intendenza generale per l’Alto e Basso Novarese e Vigevanasco nella squadra di Romagnano. Dal 1800 al 1814 Ghemme fa parte del dipartimento dell’Agogna, con Varallo a capo del distretto e Romagnano del mandamento. È dipendente da Romagnano anche per la giurisdizione, essendo quest’ultimo sede della giudicatura di pace (Zanetta 1988). Dal 1815 al 1861, di nuovo nello Stato sabaudo, fa parte ancora del mandamento di Romagnano che dipende dal senato di Casale nell’Intendenza generale di Novara (Casalis 1841). Con la restaurazione è assegnato a Ghemme un castellano con funzioni giudiziarie.
Mutamenti Territoriali
I principali mutamenti territoriali, di carattere spesso temporaneo, riguardano il mutare del Sesia e le conseguenti liti territoriali con le comunità confinanti sulla sponda sabauda, alla cui voce dunque si rimanda.
Comunanze
A fine Quattrocento, in un periodo di intense alienazioni di beni da parte delle comunità, si ha notizia della dispensa concessa a Ghemme di vendere alcuni beni comunali (ASM, Sforzesco, Carteggio, 59 [25 novembre 1492]). Ai consiglieri spettava di «riservare e dechiarar li luoghi delle comunanze, nelli quali si possa in quell’anno, e nelli tempi da loro statuiti pascolar, e tagliar legna». Ai diritti relativi sono ammessi solo i terrieri e originari della terra (statuti del 30 ottobre 1614). Nel 1602 Ghemme possiede beni comunali per 8.264 pertiche, contro 2.742 ecclesiastiche, 14.427 civili e 2.367 rurali (ASM, Feudi Camerali p.a., 412). La comunità possiede poi nel 1640 tre mulini, ciascuno da due ruote, sulla roggia Canturina derivata dal Sesia, affittati dalla comunità a 700 lire annue. Diversa la situazione nel 1628, dove i mulini erano quattro e l’affitto assai più cospicuo (3.000 lire) (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Acque, 16 [27 novembre 1628]). Alla comunità appartengono nel 1640 anche due forni, affittati a 300 lire, e la misura della brenta (cioè la privativa della misura del vino) affittata a 50 lire (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]). Nel 1723 ci sono circa 6.000 pertiche di boschi comunali in baraggia, «consistenti in bosco ceduo in brughiere e pascoli», 10.212 pertiche intestate a cittadini novaresi, 2.114 a milanesi, 3.600 di rurali e 1.392 di chiesa immuni (ASM, Confini parti cedute, 40 [17 aprile 1723]). Nel 1807 i beni comunali ascendono ancora a 6.893 pertiche.
Liti Territoriali
Ghemme è nel corso dell’età moderna un epicentro di liti territoriali a causa della sua posizione di confine tra due Stati e tra svariate comunità lungo il Sesia. L’incrocio fra le varie giurisdizioni, locali e centrali, la presenza di boschi comunali lungo le bandite del fiume e l’esistenza di proprietà delle comunità nella riva opposta del fiume rendevano i conflitti endemici e difficilmente risolvibili. Molto vasta è la documentazione archivistica, che si può ritrovare in forma abbondante in Archivio di Stato di Milano nel fondo Confini p.a., in Archivio di Stato di Torino nel fondo Paesi di Nuovo Acquisto, Confini antichi con lo Stato di Milano e nell’archivio comunale. Le liti territoriali per i confini erano peraltro doppiate da quelle per l’uso delle acque, che rappresentava un altro classico caso di possesso conteso (per esempio AC Ghemme, prima serie, cart. 14 fascc. 1, 2 e 3 relativi alle liti per la roggia Canturina, Mora e Crotta; AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Acque, 16 [1609-53], causa avanti il Magistrato Straordinario contro Ghemme pretesa posseditrice senza titolo delle acque della Roggia Mora). Un primo fascio di liti era intercorso con la comunità di Lenta vercellese, che dà vita a un notevole numero di documenti (ricognizioni, sentenze arbitrali ecc.) di cui è impossibile qui ricostruire tutta la ricchezza. La lite era cominciata per l’uso del bosco del Gabbio (si veda il fascicolo Discordanze avvenute per confini di territorio tra la communitа di Ghemme Novarese e quella di Lenta Vercellese, sentenza delli arbitri e varij documenti appartenenti al Marchese Busca del 1671 in ASM, Confini p.a., 199 [23 gennaio 1676], denuncia dei consoli di Ghemme per aver trovato «otto o dieci particolari di detta terra di là dal fiume Sesia а boschegiare nel bosco del Gabio», assaliti da 30-40 uomini di Lenta armati con schioppi e pistole, aste e tridenti; AC Ghemme, prima serie, cart. 5/2, atti di lite fra la comunità di Ghemme e quella di Lenta relativi all’uso del Gerone sul fiume Sesia). Gli uomini di Lenta avevano in seguito costruito una chiusa secondo i Ghemmesi «in pregiudicio di questa Regia Giurisdittione» (ASM, Confini p.a., 199, consulta del Senato del 15 settembre 1675). Nel corso del tempo si erano succedute anche varie denunce per improvvise aggressioni nei boschi: così accade il 12 gennaio 1673 e l’1 dicembre 1679. Delle convenzioni prodotte dal «pro-podestà» di Ghemme nel 1680, intese a dimostrare che entrambe le comunità potessero servirsi del bosco del Gabbio, non produssero risultati definitivi: ancora nel 1728 erano sorti dei problemi e il fiscale di Novara stendeva una relazione sui confini (ASM, Censo p.a., 1.218 [9 maggio 1728]). Nel 1732 il ritrovamento del cadavere di un ghemmese nelle giare del Sesia da parte degli uomini di Lenta mette ancora in dubbio la giurisdizione (ASM, Confini p.a., 199, relazione del Podestà di Novara del 9 luglio 1732).
Altra lite era quella con Gattinara con cui soprattutto Romagnano aveva in corso una lite molto risalente (AC Ghemme, prima serie, cartt. 6/7, 8/7 [11 aprile 1779]). La lite era iniziata nel 1700, quando una memoria dei consoli ghemmesi ci informa che i Gattinaresi avevano costruito una chiusa che ha «turbato tutto il fiume Sesia dalla parte del territorio di Gheme, mediante la quale resta di là dalla Sesia circa cento moggia di bosco di detta terra di Gheme, et detti di Gattinara hanno cominciato a tagliare detti boschi» (ASM, Confini p.a., 199, memoria dei consoli del 7 agosto 1700). La chiusa aveva dunque cambiato il corso del fiume e spostato una parte di bosco al di là della riva, dove se ne servivano quelli di Gattinara. Ancora a fine Settecento la lite era attiva, ma l’Intendenza non ne approvava le spese (ASNo, Intendenza generale per l’Alto e Basso Novarese e Vigevanasco, 1, f. 77. L’ordinato cui l’Intendente fa riferimento è del 3 febbraio 1792). Altre controversie erano con le comunità di Cavaglio (AC Ghemme, prima serie, 11/3, Scritture concernenti i confini con Cavaglio; ASM, Confini parti cedute, 40 [17 aprile 1723]) e Carpignano (AC Ghemme, prima serie, cart. 11/6).
Fonti
A.S.M. (Archivio di Stato di Milano).
A.S.M., Censo p.a., 1.218;
A.S.M., Confini p.a., 199;
A.S.M., Confini parti cedute, 40;
A.S.M., Feudi Camerali p.a., 267;
A.S.M., Feudi Camerali p.a. 412;
A.S.M., Finanza p.a., confische, 2.874 e seguenti (confisca Tettoni);
A.S.M., Sforzesco, Carteggio, 59.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino.
A.S.T., Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Acque, 16.
A.V.N.  (Archivio Storico della Diocesi di Novara).
A.V.N., Acta Visitationum: visite pastorali), faldoni 17 (1590, vescovo Speciano); 26 (1594, vescovo Bascapé); 53 (1599, vescovo Bascapé); 85 (1617, vescovo Taverna); 115 (1628, vescovo Volpi); 150 (1649, vescovo Tornielli); 179 (1663, vescovo Odescalchi); 186 (1675, vescovo Maraviglia); 219 (1697, vescovo Visconti); 260 (1733, vescovo Borromeo); 269 (1749, vescovo Roero Sanseverino); 337 (1763, vescovo Balbis Bertone); 372 (1819, vescovo Morozzo); 437 (1850, vescovo gentile);
A.V.N., fondo Teche parrocchie, 1, Ghemme.
Bibliografia

Andenna G., Da Novara tutto intorno, Torino 1982.
Andenna G., La costruzione del territorio e del paesaggio novarese tra Medioevo ed età Moderna, in Rogge e castelli tra Sesia e Ticino, a cura di A. Scotti, M.L. Tomea Gavazzoli, Novara 1998, pp. 9-34.
Andenna G., Le pievi della diocesi di Novara. Lineamenti metodologici e primi risultati di ricerca, in Istituzioni ecclesiastiche della “societas christiana” dei secoli XI-XII. Diocesi, pievi e parrocchie. Atti della VI settimana internazionale di studio, Milano, 1-7 settembre 1974, Milano 1977, pp. 487-516.
Bascapè C., Nouaria seu De ecclesia Nouariensi libri duo primus de locis, alter de episcopis, Novara 1612.
Benaglio G., Elenchus familiarum in Mediolani dominio feudis, juridictionibus, titulisque insignium, Milano 1714.
Calzone E., Anno Domini 1467. La Pace di Ghemme ed i suoi Trattati, Bolzano Novarese 2000.
Calzone E., I mille anni del feudalesimo a Ghemme. Dal Barbavara Da Castello a Benedetto M. Maurizio di Savoia, in «Il Monteregio», V (2000).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1841, pp. 26-32.
Cognasso F., Storia di Novara, Novara 1971.
Crenna M., Agli albori della burocrazia fiscale. Il censimento di Carlo V nella Provincia di Novara, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», 78 (1987), pp. 169-298, 566-620, e 79 (1988), pp. 105-52.
Descritione dell’entrate camerali di tutto lo stato di Milano delli datij, e censi, che si pagano da ciascuna communita, si spettanti alla regia camera, come a particolari, della quantitа di perticato, che rileva ciascuna citta del stato, il suo contado, e le terre tanto unite, quanto separate del Ducato di Milano, e delli contadi delle altre cittа, Milano 1626.
Dessilani F., Confraternite del Medio Novarese tra ’500 e ’600 negli antichi vicariati di Caltignaga, Romagnano, Sillavengo e Suno, in «Novarien», 20 (1990), pp. 49-112.
Dessilani F., Culti, devozioni e confraternite nella storia della chiesa parrocchiale, in Un canto s’innalzi. La forza della fede e la volonta dell’uomo: la chiesa parrocchiale Maria Vergine Assunta di Ghemme, Novara 2003, pp. 81-123.
Dessilani F., Feudi e feudatari nel territorio novarese in età moderna, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’etа moderna (secoli XV-XVIII), a cura di S. Monferrini, Novara 2003, pp. 361-406.
Dessilani F., Le vicende storiche del Novarese dal comune alla signoria, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’etа medievale (secoli VI-XV), a cura di M. Montanari, Novara 2002, pp. 75-107.
Diocesi di Novara, a cura di L. Vaccaro, D. Tuniz, Brescia 2007.
Ferrari N., Il culto a Ghemme. Tradizioni e devozioni popolari, Novara 2000.
Ferrari N., Monferrini S., Cronache ghemmesi. 1614-1889, Ghemme 1991.
Gnemmi V., Ricerche sul “contado” novarese (1645-1675), in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», 72 (1981), pp. 341-66.
Maggiotti L., Notizie di Cavaglietto e de’ paesi circonvicini. Momo, Castelletto di Momo, Agnellengo, Barengo, Briona, Fara Novarese, Sizzano, Ghemme, Cavaglio d’Agogna, Fontaneto d’Agogna, Cressa, Suno e Vaprio d’Agogna, Novara 1886.
Magni C., Il tramonto del feudo lombardo, Milano 1937.
Manno A., Dizionario feudale degli antichi Stati continentali della monarchia di Savoia. Savoia, Aosta, Piemonte, Monferrato, Saluzzo, Novara, Lomellina, Nizza, Oneglia, 1720-1797, Firenze 1895.
Monferrini S., Appunti sull’evoluzione di un edificio di culto: la cappella della Beata Panacea a Ghemme, in «De Valle Sicida», 5 (1994), pp. 129-14.
Monferrini S., Dai Visconti agli Sforza. L’integrazione del Novarese nello Stato di Milano, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’etа medievale (secoli VI-XV), a cura di M. Montanari, Novara 2002, pp. 145-93.
Monferrini S., Ghemme e la sua chiesa parrocchiale, in Un canto s’innalzi. La forza della fede e la volonta dell’uomo: la chiesa parrocchiale Maria Vergine Assunta di Ghemme, Novara 2003, pp. 17-79.
Monferrini S., Gli Allevi tra Novara e Ghemme. Appunti per la storia di una famiglia nel ’600 e ’700, in «Il Monteregio», VII (2002), pp. 19-42.
Monferrini S., Nel turbine delle occupazioni: Ghemme fra francesi ed austro-russi (1798-1800), in «De Valle Sicida», 2 (1991), pp. 159-81.
Monferrini S., Novara e il Novarese da Francesco Sforza a Ludovico il Moro, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’etа moderna (secoli XV-XVIII), a cura di Id., Novara 2003, pp. 77-104.
Monferrini S., Per 2010 scudi... Cascine e roccoli del territorio ghemmese, Ghemme 1995.
Montanari M., L’invenzione di un territorio. Dal comitato di Pombia al contado di Novara, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’etа medievale (secoli VI-XV), a cura di Ead., Novara 2002, pp. 75-106.
Monticone A., San Rocco e la comunita di Ghemme, Ghemme 1987.
Morbio C. Storia della cittа e diocesi di Novara, Milano 1841.
Parma A., La corte lontana. Poteri e strategie nel marchesato farnesiano di Novara, in “Familia” del Principe e famiglia aristocratica, a cura di C. Mozzarelli, Roma 1985, pp. 487-505.
Parma A., Dinamiche sociali ed equilibri di potere in una Cittа del Cinquecento. Il caso novarese, Bologna 1998.
Rovida S., Istoria della pastorella valsesiana la B. Panacea da Quarona che si venera in Agamio volgarmente Ghemme Novarese compilata e divisa in due parti da Sebastiano Rovida, Novara 1765.
Rusconi A., I conti di Pombia e di Biandrate secondo le carte novaresi, Milano 1885.
Silengo G., Il Novarese nel Settecento sabaudo. Eventi militari e riforme amministrative, in Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’etа moderna (secoli XV-XVIII), a cura di S. Monferrini, Novara 2003, pp. 223-74.
Il Ticino. Strutture, storia e societа nel terrritorio tra Oleggio e Lonate Pozzolo, Gavirate 1989.
Virgili G., I possessi dei conti di Biandrate nei secoli XI-XIV, in «BSBS», 72 (1974), pp. 633-685.
Zanetta P., Ghemme al tempo degli Antonelli, Ghemme 1988.
Zanetta P., Le terre novaresi nell’anno 1450, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», 73 (1982), pp. 129-39.

Descrizione Comune

Ghemme

     Alle falde d’un delizioso Colle ferace di vini eccellenti diede il Borgo di Ghemme in un’amena pianura d’aria salubre. Il di lui popoloso abitato composto di vari signorili casamenti è di figura quasi quadrata, ed è diviso in croce da due principali contrade selciate, a capo delle quali vi sono le quattro Porte del Borgo.
     Così presentava il borgo Sebastiano Rovida nel 1765 (Rovida 1765 citato da Monferrini 2003, p. 33). Ghemme, un popoloso borgo sulle colline del medio Novarese, ha storicamente fondato le proprie ricchezze sul commercio del vino. La stessa, nuova parrocchiale venne costruita a partire dal 1666 in un periodo di congiuntura negativa per gran parte della Lombardia ma positiva per Ghemme, grazie alle mutate (e favorevoli) ragioni di scambio che il vino aveva raggiunto nel Seicento nei confronti dei grani. Lo stesso andamento della popolazione è significativo: Ghemme conta 250 fuochi e 1.250 anime nel 1649; 270 e 1.350 nel 1663; 280 e 1.600 nel 1675; 295 e 1.550 nel 1698; 300 e 1.870 nel 1763 e 2.240 anime nel 1783 (Dessilani 2003a, p. 118; dati ricavati dalle visite pastorali). La progressione è dunque continua ed evidenzia una crescita costante nella seconda metà del Seicento. Dal punto di vista della proprietà Ghemme mantiene una fortissima componente civile e comunale, a scapito di quella rurale. Un elenco di nobili cittadini con proprietà in Ghemme stilato nel 1640 contempla nomi di alcune grandi famiglie novaresi e milanesi: i Morbio, i Baliotti, i Caccia da Mandello, i Cavenago, i Vespolate, i Tettoni, i Brusati, gli Arconati, i Nazari (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]). Se i cittadini paiono dominanti per quanto riguarda il terreno vineato, la comunità possiede soprattutto boschi, che per essere posti lungo il Sesia al confine con comunità di altro Stato danno vita a lunghe e difficili liti confinarie per tutta l’età moderna. Questa presenza così forte di beni civili non mancò di essere anch’essa occasione di contestazioni con la comunità, in particolare per le compensazioni dovute per gli alloggiamenti e per l’«Egualanza», da cui i cittadini si ritenevano esenti (ASM, Censo p.a., 1.218 [1622- ]; La Communità di Ghemme Novarese per una parte, et alcuni cittadini novaresi per l’altra; Ghemme doveva compensare 83.000 lire per compensazioni non pagate dai cittadini). La situazione di vicinanza ai confini risultava molto nociva anche perché esponeva maggiormente il borgo nei periodi di guerra:
 che per esser posta al confine del Piemonte, non vа esente d’alcuna di quelle disgratie che portano seco gl’esserciti, dove si fermano, o siano amici, o siano nemici, poiché da questi fu saccheggiata, e rubata più volte, e da quelli ridotta a termine, che nè anco si potero salvare dalli incendij le porte (ASM, Censo p.a., 1.218 [23 gennaio 1648]). 
Ciononostante, Ghemme era riuscita a contenere efficacemente il debito, sfruttando la maggiore ricchezza ottenuta grazie al commercio del vino nel secondo Seicento. Nel 1665 Ghemme notifica così un debito di 125.644 lire, di cui 77.764 lire di censi, 8.000 di depositi, 24.000 di interessi non riscossi e 9.000 richiesti dalla Regia Camera per tasse non pagate sui mulini (ASNo, Contado di Novara, 251). Occorre notare che nella Lombardia spagnola esisteva un legame diretto tra territorio e debito consolidato (censo), poiché quest’ultimo aveva una natura ipotecaria ed era acceso dalle comunità sopra beni o diritti comunali. Per poter costituire un censo occorreva l’autorizzazione di tutti i capi di casa (sindacato) della comunità o in alternativa una deroga del Senato. I censi di Ghemme con i relativi creditori erano così ripartiti:
Anno costituzione
Creditore
Entitа in lire
1611
Gio. Ant. Brusati
2.000 al 7,5%
1612
Gio. Francesco Caccia di Mandello
2.450 al 7,5%
1613
Filippo Baliotti
1.200 al 7,5%
1615
Gio. Batta Baliotti
600 al 7,5%
1615
Ospedale della Caritа di Novara
5.000 al 7,5%
1615
Gio. Batta Ramella
2.400 al 7,5%
1615
Monache Orsoline di Novara
2.000 al 7%
1616
Filippo Baliotti
1.800 al 7,5%
1616
Baldissar Gemello di Orta
1.000 al 7%
1617
Orazio Agazino
1.800 al 7,5%
1618
Orazio Agazino
1.200 al 7,5%
1618
Compagnia di S. Marta di Ghemme
1.200 al 6%
1618
Compagnia del Santissimo Sacramento
1.250 al 6%
1618
Gerolamo Brughi
2.400 al 5,3%
1618
Bettio Tartagno di Orta
1.200 al 7%
1618
Bettio Tartagno di Orta
1.200 al 7%
1618
Bettio Tartagno di Orta
2.400 al 7%
1618
Lorenzo Gilardone di Orta
300 al 7%
1625
Bettio Tartagno di Orta
1.200 al 7%
1625
Bettio Tartagno di Orta
1.000 al 7%
1626
Marco Ant. Cavenago
3.000 al 7%
1626
Ludovico Tettone
1.500 al 7,5%
1626
Orazio Agazino
1.300 al 7%
1627
Antonio Albasino, curato di Ghemme
2.100 al 7,25%
1627
Monsignor Domenico Mai
1.300 al 7%
1626
Francesco Baliotti
3.000 al 7%
1629
Orazio Agazino
3.000 al 7%
1629
Francesco Brugo di Romagnano
3.500 al 7%
1630
Francesco Brugo di Romagnano
3.500 al 7%
1630
Francesco Brugo di Romagnano
3.500 al 7%
1630
Carlo Giannone di Varallo
2.000
1630
Gio. Batta Nati
1.000 al 7,5%
1630
Reverendo Antonio Caccia
2.100 al 7,5%
1630
Stefano Molisano
1.300 al 7%
1632
Stefano Molisano
300 al 7%
1632
Reverendo Pietro Antonio Cozza
800 al 5,625%
1632
Monsignor Francesco Caccione
1.250 al 6,5%
1638
Beata Panasia di Ghemme
600 al 7%
1638
Francesco Costanzo Morbio
3.000 al 7%
1640
Alberto Fasola di Maggiora
1.000 al 7%
1650
Francesco Costanzo Morbio
4.000 al 7%
1650
Eredi di Trincherio Massino di Romagnano
3.000 al 7%
1651
Gio. Stefano Tartagno di Orta
1.400 al 7%
1651
Alberto Fasola di Maggiora
350 al 7%
1651
Trincherio Massino di Romagnano
1.000 al 7%
1652
Francesco Costanzo Morbio
2.000 al 7%
1652
Carlo Francesco Lanzo
2.000 al 7%
1652
Alvigio Agazino
1.200 al 7%
1652
Tartagliotto di Romagnano
600 al 7%
1653
Francesco Bernardino, notaio
1.038 al 2,7%
1654
Francesco Brugo di Romagnano
1.000 al 7%
1654
Sebastiano Brugo
1.000 al 7%
s.d.
Francesco Agazino
550 al 5,8%
s.d.
Guglielmino Onesto
600 al 7%
     Nel 1723 i censi ascendono a 106.996 lire, cui corrispondono interessi per 4.307 lire annue, i depositi a 5.250 lire con fitti di 252 lire complessivi (ASM, Confini parti cedute, 40 [17 aprile 1723]). Dazi a parte, di spettanza feudale, il maggior “tributo” imposto alla comunità era la decima dovuta alla Mensa episcopale. Quest’ultima era convenzionata a metà Seicento per un tributo annuo fisso in denaro, 824 lire, più dodici bottali e due some d’uva da consegnarsi alla cantina vescovile. L’importo effettivamente pagato da Ghemme al vescovo variava dunque col mutare del prezzo del vino che la comunità acquistava dai produttori locali, fissato ogni anno dal consiglio comunale. Il meccanismo ricorda quello di altre “comunità del vino” e della decima del Novarese, come Fara. Sul vino, la maggiore ricchezza del borgo, insistevano così differenti dazi e tributi: quello del bollino per la vendita al minuto, la misura della brenta, il dazio del traverso, che consisteva nel pagamento di dieci soldi per ogni bottale di vino condotto fuori Ghemme e non diretto a Novara, e infine la decima. Nel 1628 l’aratorio veniva affittato comunemente a cinquanta soldi per staro (mezza pertica novarese, un prezzo assai cospicuo) mentre il vineato era dato a mezzadria, con una produzione di tre brente circa per staro sui terreni migliori (AST, Corte, Paesi di Nuovo Acquisto, Acque, 16 [27 novembre 1628]). Peggiore la situazione nel 1640, quando i terreni arativi venivano affittati con grande difficoltà a denaro a cause delle troppe tasse gravanti su di essi, che ne rendevano sconveniente la coltivazione. Invece, l’aratorio viene a questa data perlopiù assegnato alla parte con una spettanza di un terzo del raccolto al proprietario e due terzi al coltivatore (il “massaro”). L’operosità di Ghemme, in particolare, doveva colpire anche i vescovi in occasione delle visite pastorali. Uno di questi, Borromeo, faceva notare nel 1725 che il primo degli abusi riguardava proprio lo svolgimento delle opere durante le festività:
Il primo [abuso] si è di lavorare e far opere servili in giorno di festa e particolarmente in far caricar bottali di vino con tutta libertà, girar barozze e brentadori per le strade del borgo per tal effetto in tutti i tempi dell’anno senza necessità e senza farne parte all’arciprete; far pane ne forni pubblici esposti nelle contrade con scandalo de passeggeri, et di tutto il popolo; macinare a molini e condur frutti, fieni ed erbe quandanche non siano in pericolo e quando il tempo non minaccia per danneggiarli (Notta degli abusi che sono nella parrocchia di Ghemme stilata dal vescovo Borromeo nel 1725, in AD Novara, AC, vescovo Roero Sanseverino, 269).
Se il vino era ampiamente commercializzato per quanto riguarda i grani Ghemme era più o meno autosufficiente ma non ne esportava. Non disponendo di un mercato settimanale fino a inizio Settecento si riforniva al mercato di Romagnano il sabato per i cereali, mentre i macellai utilizzavano per la carne il mercato di Borgomanero e chi ne aveva bisogno quello di Oleggio per l’acquisto di animali da lavoro (ASM, Feudi Camerali p.a., 267 [9 ottobre 1640]).
Contemporaneamente alla forte presenza di grandi famiglie nobili novaresi nella proprietà terriera la comunità continua a vantare per tutta l’etа moderna vasti beni comunali, consistenti non solo in terreni ma anche in forni (due) e mulini (tre). La persistenza di questi possessi getta una luce sulla capacità di Ghemme di mantenere intatta la struttura comunitaria nel corso dell’età moderna: anche se probabilmente si può parlare per quanto riguarda il rapporto con i cives di differenti sfere di interesse. Se da una parte costoro erano infatti interessati soprattutto al commercio del vino, la comunità puntava in particolar modo sul mantenimento dei boschi, sull’autosufficienza granaria e su di una riscossione efficiente delle tasse che impedisse un livello troppo elevato di indebitamento. Il vino era d’altronde utilizzato frequentemente dalla comunità a “scopi politici”, pagando per esempio interessi su censi con bottali di vino o portandone in dono al commissario del Contado (cioè all’esattore provinciale) per “servigi resi” alla comunità (AC Ghemme, prima serie, cart. 1/4, Ordinati rispettivamente del 4 novembre 1627 e 14 luglio 1639).
Da un punto di vista religioso è da sottolineare il ruolo avuto dalla comunità nella costruzione della nuova parrocchiale, come si evince dalle nomine dei fabbricieri e dal sostanziale controllo della fabbriceria (Monferrini 2003). Il rapporto con la parrocchia, in passato, non era stato privo di conflitti (in special modo nel 1639, quando durante un periodo di forte imposizione fiscale la parrocchiale pretendeva che i suoi beni fossero immuni e non dovessero pagare alcuna tassa né ordinaria né straordinaria: AC Ghemme, prima serie, cart. 2/1, Ordinati [15 agosto 1639], con successiva causa).