San Salvatore Monferrato

AutoriLombardini, Sandro
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
4672 [dati comunali 1999]; 4767 [censimento 1991].
Estensione
3164 ha. [ISTAT]; 3282 ha. [SITA].
Confini
A nord Mirabello Monferrato, a est Valenza, a sud Alessandria, Castelletto Monferrato e Quargnento, a ovest Lu.
Frazioni
Le fonti ISTAT menzionano i tre centri abitati di San Salvatore, Frescondino e Piazzolo. La popolazione appare attualmente concentrata per l’80 per cento nei centri, per il 6 per cento nei nuclei e per il 14 per cento nelle case sparse. Accanto ai centri censiti dall’ISTAT si possono menzionare i nuclei di Clorio, Fosseto, Gabina, Valdolenga, Salcido, Valparolo [Gobbi 1965, p. 28]. Vedi mappa.
Toponimo storico
Castrum Sancti Salvatoris, attestato dal 1191, locus S. Salvatoris, nel 1202, villa S. Salvatoris, in una data compresa tra il 1199 e il 1234. La forma con il predicato Montisferrati compare già in un documento del 1476 [Gasca Queirazza 1997, p. 591]. San Salvatore Monferrato dal 1863 [Ministero 1889, p. 3].
Diocesi
Pavia fino al 1817, in seguito Casale Monferrato.
Pieve
Presso il pagus di Genzano, in corrispondenza dell’odierna frazione Frescondino, regione Pieve, ebbe sede dal tardoantico fino al secolo XIV la chiesa pievana di San Martino, poi trasferita sul colle, dove era sorto nel corso del secolo X l’insediamento attuale di San Salvatore.
     Nel 1576, sul colle detto “della Pieve” il visitatore apostolico poteva ancora notare i ruderi dell’antica chiesa [Di Ricaldone 1999, p. 821; Gobbi 1965, p. 46]. Nell’età della Controriforma, le chiese di San Salvatore fecero capo al vicariato foraneo di Valenza [Bernorio 1972, p. 30]. Nel Settecento risulta sede di un vicariato autonomo [A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, fasc. 18/2, Copia del concordato seguito avanti S. E. il Signor Primo Presidente Riccardi et l’Illustrissimo Signor Conte Intendente Garrelli tra la Communità di San Salvatore, le Compagnie del Santissimo Sacramento, Rosario et Suffraggio, errette nella Chiesa Parrochiale di detto luogo, da una parte, et il Signor Avocato Gio. Giacomo Leti, Arciprete e Vicario Foraneo d’esso luogo dall’altra (30 luglio 1720)].
Altre Presenze Ecclesiastiche
L’antica chiesa plebana fu ricostruita nella posizione attuale tra il secolo XIV e il XV, restaurata e riconsacrata nel 1578 dal vescovo Ippolito de’ Rossi. Ebbe titolo di arcipresbiterato. Possedeva beni per oltre 150 moggia, per la maggior parte acquisiti prima del 1583. Al momento della visita apostolica svolta nel 1576 da Angelo Peruzzi, contava 1400 anime da comunione.
     Accanto all’arcipretura di San Martino, esisteva un’altra, più modesta, parrocchia, dedicata a San Siro, attestata dall secolo XI. Nel 1269 fu aggregata dal vescovo pavese al priorato di Sant’Andrea dei canonici regolari agostiniani di Santa Croce di Mortara o mortariensi, e insieme con quest’ultimo venne infine unita, con bolla di Sisto IV del 1476, al priorato (dal 1625: abbazia) dei canonici lateranensi di Santa Maria di Castello di Alessandria. Sorgeva appena al di fuori del borgo, addossata alle sue mura. Fu riedificata attorno al 1560. Secondo la visita apostolica del 1576, raccoglieva 260 anime da comunione.
     A lungo, l’appartenenza alle due parrocchie non fu attribuita sulla  base di criteri territoriali, ma riguardò le singole famiglie, dovunque queste abitassero. Tra le chiese non curate, si segnala il santuario della Beata Vergine del Pozzo, eretto nel 1617, di libera collazione del vescovo. Nei tardi anni Venti del secolo XVIII, pochi anni prima che il complesso fosse ampliato e riattato,  soprattutto in vista della possibilità di ospitare esercizi spirituali (1732),  la chiesa possedeva £100 di Piemonte di reddito, con l’onere della celebrazione di una messa nei giorni festivi. Ne era allora abitualmente titolare l’arciprete di San Martino (il beneficio annesso alla chiesa fu revocato nel 1869).
     L’epoca della Restaurazione vide sorgere un certo numero di chiese minori nei diversi nuclei insediativi, talvolta sul sito di più antiche cappelle: la chiesa di San Defendente, edificata nel 1820 a Frescondino; la chiesa di Sant’Anna, a Fosseto; la chiesa di Sant’Antonio, eretta nel 1822 sull’area della precedente chiesa di Santa Maria del Paradiso, degli agostiniani, che, a sua volta, aveva sostituito, alla metà del secolo XVI, una precedente chiesa intitolata a Sant’Antonio, caduta in rovina; la chiesa dell’Immacolata, fondata nello stesso anno in località Valdolenga.
     Nel corso del medioevo e della prima età moderna si insediarono a San Salvatore diversi istituti di regolari. Alcuni rappresentarono a lungo anche importanti presenze patrimoniali, quasi interamente coperte da immunità fiscale. Tra questi, figura in primo luogo il priorato di Sant’Andrea, fondato nel 1134 circa e dipendente dapprima dai canonici di Santa Croce di Mortara, quindi dal loro priorato (più tardi lateranense) di Santa Maria di Castello di Alessandria. Attorno al 1730, il priorato di Sant’Andrea possedeva beni nel territorio di San Salvatore per circa 220 moggia, un patrimonio consolidatosi in gran parte prima del 1476.
     Alla stessa epoca, un altro ente di religiosi, il priorato o convento di Sant’Antonio, dei serviti, possedeva fondi per 165 moggia, per circa due terzi acquisiti in epoca precedente al 1620. Parte di questi beni erano soggetti a una modesta contribuzione ai carichi fiscali ricadenti sul «registro» di San Salvatore, in forza di una convenzione stipulata con la comunità. Alla metà del XVIII secolo, quando il suo reddito ammontava a £2500 di Piemonte, il convento ospitava cinque sacerdoti e due laici. Venne soppresso intorno al 1790.
     Dotato di proprietà ragguardevoli fu infine il convento dei francescani conventuali, che nei primi decenni del secolo XVIII giunse a possedere beni per oltre 120 moggia, la maggior parte dei quali sembra tuttavia fossero a esso pervenuti attorno al 1620, data di una probabile rifondazione dell’istituto (una fonte statale settecentesca afferma che i frati si erano stabiliti a San Salvatore dopo il 1619, benché essi risultino già presenti all’epoca della visita apostolica del 1576 e nel 1610, ma con una ben più ridotta consistenza patrimoniale). Le terre dei conventuali di San Francesco non erano considerate immuni, ma di fatto pagavano i tributi in maniera parziale e differenziata. Alla metà del XVIII secolo, quando godeva di un reddito annuo di £2000 di Piemonte, anche questo istituto ospitava cinque sacerdoti e due fratelli laici.
     Più numeroso, ma privo di patrimonio in virtù dell’osservanza stretta della regola, era invece il convento dei cappuccini del luogo, che, alla stessa epoca, comprendeva dodici sacerdoti, un chierico e quattro fratelli laici. Per il periodo medievale si segnala infine il priorato di Santa Cecilia, dipendenza dell’abbazia di San Pietro di Breme, fondato prima del 1152.
     Tra i luoghi pii, ebbe lunga durata un ospedale, inizialmente destinato a fornire ospitalità a pellegrini e viandanti, fondato grazie a un lascito del 1561 consistente in 53 moggia di beni fondiari. Negli atti della visita apostolica del 1576 è indicato semplicemente come hospitale de terra Sancti Salvatoris. Nelle fonti statali del secolo XVIII figura come «ospedale degl’infermi ed esposti», oppure «ospedale per gli ammalati sotto il titolo di Santa Croce», e si precisa:  «regolato da persone secolari». Dotato di un’amministrazione autonoma fino al 1689, fu poi gestito direttamente dal comune di San Salvatore, nonostante iniziali conflitti con l’arcipretura, fino al 1901, quando tornò a reggersi come ente a sé stante. Nel 1792 aveva ottenuto per decreto regio una nuova e più vasta sede nel soppresso convento dei serviti. Alla metà del secolo XVIII poteva contare su un reddito di £750 di Piemonte, la cui destinazione sembra effettivamente caratterizzarlo ormai come un’istituzione effettivamente dedita all’assistenza degli infermi poveri.
     Il visitatore apostolico del 1576 registrava inoltre la presenza di una domus sub invocatione Sancti Spiritus, sede di una grandiosa distribuzione di elemosine in occasione della Pentecoste. La dedicazione allo Spirito Santo e la pratica di rituali redistributivi (in genere di cibo) aperti a una larga partecipazione in prossimità della Pentecoste rimandano a tipiche manifestazioni della confraria.
     Nella stessa visita apostolica compaiono numerosi sodalizi religiosi, attivi anche  in seguito e spesso forniti di notevoli risorse materiali. Tra quelli a originario carattere penitenziale, si contano almeno cinque confraternite di disciplinati. La confraternita intitolata all’Assunzione della Beata Vergine fu destinataria di legati pii in beni fondiari nel 1597, 1642 e 1677, che le costituirono un patrimonio di una trentina di moggia. Il suo notevole reddito (£325 di Piemonte annue alla metà del Settecento) veniva impiegato, oltre che nella celebrazione di messe, in periodiche distribuzioni di pane.
     La confraternita di San Michele, alla quale furono legati circa 11 moggia di terreni nel 1663, si dedicava, oltre alla manutenzione del suo altare nella chiesa parrocchiale di San Martino, a costituire doti per le «povere figlie». Possedette un oratorio, demolito nel 1823. La confraternita dei Santi Rocco e Sebastiano acquisì il suo patrimonio fondiario (10 moggia) prevalentemente nella seconda metà del secolo XVII (1648, 1667 e 1681).
     Anche la confraternita della Santissima Trinità possedeva circa 10 moggia di beni, che le pervennero nel 1623. Come la confraternita di San Michele, anche queste due ultime associazioni riservavano una parte dei loro redditi (valutati, intorno al 1750, nel primo caso in circa £250 piemontesi all’anno e nel secondo caso in circa £400) alla costituzione di doti per fanciulle «povere». Inoltre, tutte e tre le confraternite contribuivano, ciascuna per un terzo, a un’annua elemosina (£50 alla metà del XVIII secolo) a favore del locale convento dei cappuccini.
     Tra le società devozionali figurano due compagnie del Santissimo Sacramento: una operante presso l’arcipretura di San Martino e una seconda presso la parrocchia di San Siro. Alla prima si aggregò, verso il 1690, la compagnia del Rosario, di costituzione più tarda. Le due associazioni, confluite nella «compagnia unita del Santissimo Sacramento e del Rosario», ebbero da allora un solo priore, un unico patrimonio (in gran parte rappresentato dagli oltre 15 moggia legati alle due compagnie ancora separate nel 1673 e nel 1684) e un comune reddito annuo, che alla metà del secolo successivo ammontava a £430 piemontesi.
     Nei primi decenni del Settecento, la compagnia unita del Sacramento e del Rosario, insieme a un’altra compagnia, quella del Suffragio, ci appare impegnata in un conflitto con l’arciprete intorno agli emolumenti per le sepolture, ai diritti sulle questue e alla disponibilità dei paramenti per la celebrazione delle messe, terminato con un concordato tra le parti, propiziato dall’intervento del presidente del senato del Monferrato e dell’intendente provinciale nel 1720. In questo contenzioso, in cui confluì anche un contrasto tra l’arcipretura e la comunità a proposito della manutenzione dell’edificio della chiesa parrocchiale, le compagnie e l’amministrazione comunale sembrano quasi identificarsi, poiché gli stessi delegati rappresentarono entrambe nella conduzione della causa e nella sottoscrizione del compromesso finale. La compagnia del Santissimo Sacramento eretta nella parrocchia di San Siro fu, stando a dati settecenteschi, molto meno provvista di beni (poco più di un moggio) e di redditi (circa £90  annue) della sua omonima, pur amministrando inoltre un lascito fruttante £50  all’anno, correlato all’onere della celebrazione di un certo numero di messe ebdomadarie.
     Accanto ai due sodalizi dedicati al Sacramento, esistettero altre due associazioni minori, d’ispirazione mariana: una società intitolata alla concezione della Vergine (di evidente promozione francescana) e la già citata compagnia del Suffragio. È inoltre documentata una compagnia di San Bovo, che attorno al 1730 possedeva circa un moggio di beni e un reddito di £8 l’anno. I beni mobili e immobili ancora appartenenti alla compagnia del Santissimo Sacramento, alle confraternite dell’Assunta, di San Michele, di San Rocco, della Trinità e a un’altra confraternita, intitolata a San Defendente, furono inventariati fra il 1902 e il 1914.
     Nel corso della prima età moderna vennero infine istituiti vari benefici, perlopiù a iniziativa di famiglie nobili, alcuni dei quali piuttosto cospicui: il beneficio di Santa Cecilia, di istituzione anteriore al 1583 e di libera collazione; il beneficio di San Cristoforo eretto nel 1548, di libera collazione; il beneficio di San Domenico, eretto anch’esso nel 1602, di patronato delle famiglie nobili Gaspardone e Pastrone; il beneficio istituito dalla famiglia Fontana nel 1630; il beneficio intitolato a San Giovanni Battista, eretto nel 1721 e di patronato del canonico Amisano; i benefici dei Santi Lorenzo e Quirico, eretti prima del 1620 e che, nelle fonti settecentesche talvolta appaiono singolarmente e talvolta riuniti, di patronato delle famiglie nobili Camurati e Ferri (entrambe famiglie comitali).  Sono i più ricchi, con un patrimonio fondiario complessivo di oltre 54 moggia di Monferrato e redditi annui ammontanti, attorno al 1750, a £450 piemontesi. Inoltre si annoverano il beneficio di San Michele, istituito dalla famiglia dei conti Camurati nel 1602, a favore della confraternita dello stesso nome, che ne ebbe perciò il patronato; il beneficio di Santa Maria della Neve e dei Santi Andrea Apostolo e Tommaso d’Aquino, di patronato della famiglia dei conti Galvagno, eretto nel 1607 e accresciuto nel 1624; il beneficio della Resurrezione, anch’esso di fondazione tardo secentesca o settecentesca e di patronato dei Camurati e dei Ferri, del quale era titolare l’arciprete di San Martino. Altri due ricchi benefici, intitolati ai Santi Albino e Biagio e alla Madonna di Francia, erano di patronato, rispettivamente, del Seminario e del Collegio dei musici di Pavia.
     Le fonti statali settecentesche segnalano anche tra i luoghi pii un «lascito Cenchia», con £140 annue di reddito, «che s’impiegano in pagamento di doti alle figlie d’essa famiglia, e viene regolato da Priori pro tempore». La tradizione del sostegno alle strategie riproduttive delle famiglie del luogo attraverso la costituzione di doti alle ragazze povere, ampiamente praticata da confraternite e luoghi pii nella San Salvatore di antico regime, proseguì nel secolo XIX con l’istituzione, nel 1829, del «Pio legato Giorgio Francese», che operò come ente morale fino al 1875 [A.C.S., XIV, Affari di culto, mazzo 13, fascc. 5, 7, 8 e 11; A.C.S., Sezione separata, II, Opere pie e beneficenza, 1, Opere pie in generale, mazzo 66, fascc. 2-3; A.S.A., Intendenza generale di Alessandria, Mazzo 223, Mandamento di San Salvatore, Comune di San Salvatore, 1814-1839; A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqu, Memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728- 1729); Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 72r-78r; A.S.T., Camerale,  II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale, tabb. 1-2 e testo corrispondente; A.S.T.,  Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, fasc. 18/2, Copia del concordato seguito avanti S. E. il Signor Primo Presidente Riccardi et l’Illustrissimo Signor Conte Intendente Garrelli tra la Communità di San Salvatore, le Compagnie del Santissimo Sacramento, Rosario et Suffraggio, errette nella Chiesa Parrochiale di detto luogo, da una parte, et il Signor Avocato Gio. Giacomo Leti, Arciprete e Vicario Foraneo d’esso luogo dall’altra (30 luglio 1720); A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie ecclesiastiche, Mazzo 5, fasc. 1, Relazione dell’Auditore Peroni sovra le differenze insorte tra l’Arciprete di San Salvatore e la comunità di detto luogo per l’amministrazione di quello spedale (2 dicembre 1696); Bernorio 1972, pp. 30, 52, 76-77 e 90; Di Ricaldone 1999, pp. 821-824; Gobbi 1965, pp. 28-29, 58-59, 62, 89, 97-99, 106-108 e 113-121; Nada Patrone 1966, p. 746]; San Salvatore Monferrato, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia. Sito web (2013)..
Assetto Insediativo
Al più antico insediamento in Genzano, su quello che prese il nome di colle della Pieve, si affiancò dapprima, nel secolo X, e poi si sostituì progressivamente come nucleo centrale del territorio la “villaforte” (termine corrispondente alla denominazione del luogo ancora in età tardoantica) di San Salvatore posta sui colli, divenuti noti in seguito, come i «bricchi» della Torre e del Campanone (rispettivamente, probabili localizzazioni del primitivo insediamento ligure e del successivo castrum romano), al centro di un gruppo di altri rilievi, i più bassi dei quali noti come «boschi», alle propaggini delle colline del Monferrino.
     La posizione dominante sulla prospiciente pianura alessandrina e sul tratto da Alessandria a Casale dell’importante asse delle comunicazioni fra Genova e Vercelli, divenne particolarmente strategica quando, alla metà del secolo XIV, i marchesi di Monferrato  persero definitivamente Valenza e il borgo di San Salvatore vide rafforzata la sua connotazione di terra di confine con il ducato di Milano.
       La diffusione dell’abitato al di fuori del borgo e la conseguente formazione o sviluppo delle frazioni è un fenomeno che ha radici essenzialmente settecentesche, posteriore all’annessione del ducato del Monferrato e dell’Alessandrino nello stato sabaudo e conseguente al venir meno delle necessità difensive dettate dalla presenza del confine [Gobbi 1965, pp. 25-26, 33 e 36-46; Sergi 1986, pp. 416- 418].
Luoghi Scomparsi
Genzano, sito di una corte attestata in diplomi ottoniani del 962 e 988, primitiva sede della pieve di San Martino. Il luogo è successivamente menzionato in carte dei secoli XII-XV. L’antica corte fu a un certo momento incastellata, perché,  nei documenti più tardi (quattrocenteschi), Genzano è talvolta evocato come castrum. Sul territorio del castello, agli inizi del XV secolo, sorse, per iniziativa dei marchesi Paleologi del Monferrato, una torre per la sorveglianza dei confini del marchesato, tuttora esistente, nota fino al secolo XVIII con il nome di torre di Genzano e oggi come torre di San Salvatore.
     Benché, probabilmente,  già nel XIV secolo gli abitanti di Genzano si fossero ormai in gran parte trasferiti nel più recente insediamento di San Salvatore, la memoria del luogo si mantenne in effetti a lungo, appunto almeno fino al secolo XVIII , nella toponomastica delle «contrade» [Sergi 1986, pp. 416-417].
Comunità, origine, funzionamento
Negli statuti di San Salvatore del 1483 la dimensione e le aspirazioni borghigiane della comunità, posta sotto l’immediato dominio del principe, si traducono in meccanismi istituzionali, evidentemente consolidatisi in epoca precedente, che assicurano una rappresentanza ai vari segmenti parentali dell’élite e nello stesso tempo istituiscono una barriera di tipo oligarchico.  A norma degli articoli statutari, che su questo punto in particolare affermano di trascrivere «il solito» e le «antiche consuetudini» il consiglio dev’essere infatti formato da almeno diciotto componenti tratti dalle antiquiores parentellae solitae elligi.
     Tale assetto si perpetua attraverso una modalità indiretta di cooptazione, per la quale il rinnovo del consiglio è affidato a due figure elette dagli stessi consiglieri e anch’esse tratte dalle parentele più «antiche», le quali provvedono inoltre a nominare per brevia i due consoli, i due sindaci e gli altri ufficiali del comune [Statuta 1621, pp. 11-13].
     La retorica statutaria configura un rapporto di reciprocità pattizia tra la comunità e il sovrano, che si incardina soprattutto nella figura e nelle funzioni del podestà, il giusdicente nominato dal principe all’interno di una rosa (rotulum) di tre candidati proposti dal consiglio comunitativo, tenuto a prestare il giuramento di osservanza degli statuti e delle consuetudini locali nelle mani dei consoli, nonché a ricevere quello di fedeltà al principe da parte dei consiglieri e degli ufficiali del comune.
     Sostanzialmente inassimilabile nel quadro previsto dagli statuti, che si devono limitare a vietarne la sovrapposizione con il ruolo di podestà o di consigliere comunitativo, si profila invece la figura del castellano, nominato senza interferenze dal principe ed espressione più diretta del potere politico e militare statuale (compresa, molto probabilmente, fin dall’inizio la competenza giudiziaria sui crimini più gravi), ma con potenzialità giurisdizionali prevedibilmente più ampie [Statuta 1621, pp. 3-7]. In epoca successiva, come appare dalla relazione del consigliere ducale Evandro Baronino, risalente al 1604, il castellano è in effetti pervenuto ad assumere nella sua interezza la competenza per le cause criminali, mentre a una figura designata con le modalità previste negli statuti per la nomina del podestà era allora riservata solamente la cognizione di quelle civili [Giorcelli 1904-1905, p.87].
Statuti
Gli statuti della comunità di San Salvatore furono redatti, almeno in parte, o ampiamente riformulati, verso gli anni Ottanta del secolo XV . L’Instrumentum ratificationis et confirmationis rilasciato dal marchese di Monferrato Bonfacio Paleologo alla comunità nel 1483 menziona alcuni precedenti «capitoli» e concessioni risalenti al 1374. L’originale quattrocentesco, andato perduto, è alla base dell’edizione curata nel 1924 da Francesco Gasparolo [Gasparolo 1924]. Una precedente edizione a stampa uscì nel 1621. In essa figurano, oltre la conferma del 1483, le ratifiche concesse dal marchese Guglielmo IX Paleologo (nel 1505 e nel 1516) e dal duca Vincenzo I Gonzaga (1620). Uno dei due esemplari della stessa edizione conservati presso l’A.S.T.  comprende anche una successiva conferma da parte del duca Carlo II, del 1656 (Statuta 1621). Dopo l’annessione agli stati sabaudi, gli statuti di San Salvatore furono approvati da Carlo Emanuele III, nel 1734 [Di Ricaldone 1999, p. 816; Fontana 1907, vol. II, p. 38].
Catasti
L’archivio storico comunale conserva documentazione di natura catastale a partire dal tardo XV secolo. Il materiale più antico è costituito da registri dei mutamenti di proprietà (Summae mutationum registri) del 1477-1478, 1483, 1487, 1489, 1492, 1518. Risale al 1521 una Summa registrorum communitatis Sancti Salvatoris, seguita da un Registrum possessionum consignatarum del 1553 e da altri registri delle proprietà fondiarie compilati nel 1571, 1595 e 1602. Sono poi presenti diversi altri Libri delle mutazioni o Libri dei trasporti, redatti nella seconda metà del XVI secolo (1560, 1565, 1576, 1578) e del XVII secolo (1607, 1617, 1619, 1650) [A.C.S.,  XXIX, Catasto, mappa, volture, I, Catasto e mappa, Mazzi 1-21].
     Negli anni 1680-1681 il territorio di San Salvatore fu sottoposto a misurazione generale e venne redatto un nuovo catasto, che rimase in vigore per più di un secolo [A.C.S., , XXIX, Catasto, mappa, volture, I, Catasto e mappa, Mazzi 23-24]. Il sistema di allibramento delle proprietà adottato nel catasto apparteneva al tipo probabilmente più diffuso nel Monferrato dell’età moderna ed era così descritto dagli amministratori della comunità nel 1781:
[I]l riparto [del carico fiscale gravante sulla terra] si regola a stara, otto de’ quali compongono il moggio di Monferrato, e si regola a circolo, e così a proporzione del primo, secondo, terzo, quarto e quinto circolo vi vole una maggiore o minore quantità di stara per formare un soldo di registro, cosicché tre stara nel primo circolo formano un soldo di registro, quattro nel secondo, sei nel terzo, dodici nel quarto e ventiquattro nel quinto, e tali circoli o sia riparti non si desumono dalla bontà del terreno, ma dalla distanza in cui si trovano da questo borgo.
Le case e i siti dell’«abitato» erano allibrati, così come le «case disperse nella campagna e territorio», ad esclusione, per «immemorabile privilegio» degli edifici e dei siti compresi «nel recinto dell’antico castello stato demolito», dei quali l’amministrazione comunale ignorava il preciso numero ed estensione, precisamente a causa della loro antica immunità. La documentazione relativa al secolo XVIII e alla prima metà del secolo successivo presente nell’archivio comunale comprende registri dei mutamenti di proprietà iniziati nel 1743, 1764 e 1774, catasti redatti nel 1788, 1802 e 1820. Vedi mappa. [A.C.S., , XVI, Miscellanea, Mazzo 22, fasc. 5, Taglie; A.C.S., , XXIX, Catasto, mappa, volture, I, Catasto e mappa, Mazzi 25-29; A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 279r-285v; mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s.d., ma 1784-1789); I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4, Monferrato,  Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d. ma 1760-1769); per una descrizione del sistema di allibramento per «circoli» o «fasce», quale appariva ai funzionari ducali nel tardo XVI secolo, cfr. Raviola 2001, pp. 157-159]. Il più antico catasto geometrico-particellare corredato di mappa conservato risale al 1910 [A.C.S., XXIX, Catasto, mappa, volture, I, Catasto e mappa, Mazzo 46]. 
Ordinati
La prima raccolta di convocati e ordinati riguarda gli anni dal 1524 al 1535. Include copie di ordinanze e gride dei marchesi del Monferrato, dell’imperatore Carlo V e dei suoi commissari, risalenti agli anni 1533-1535. Un secondo volume raccoglie atti giudiziari del giusdicente locale insieme con ordinati del consiglio della comunità che a essi si ricollegano, prodotti nel periodo 1528-1532. La conservazione degli ordinati si fa più regolare dagli anni Quaranta del XVI secolo in poi (a parte due estese lacune fra il secolo XVI e il secolo XVII e tra il secondo e il quarto decennio del secolo XIX ). La serie appare infatti abbastanza continua per quanto riguarda gli anni dal 1542 al 1548, dal 1559 al 1597, dal 1624 al 1813 e dal 1837 al 1850. Dalla metà del secolo XIX inizia la serie dei Verbali e Deliberazioni del consiglio e della giunta comunali [A.C.S., II, Convocati, ordinati, delibere, Mazzi 1-39].
Dipendenze nel Medioevo
L’antica corte di Genzano fece parte, nel quadro della distrettuazione carolingia, del comitato di Lomello. La zona in cui sorsero Genzano e, in seguito, San Salvatore divenne presto sede di un precoce radicamento patrimoniale aleramico [Merlone 1992, p. 654], ma ciò non impedì il fiorire in essa di poteri concorrenti, talvolta legittimati da investiture e concessioni imperiali, in primo luogo quelli del vescovo di Vercelli e dell’abbazia di San Pietro di Breme.
     Nel secolo XII, i luoghi di Genzano e di San Salvatore furono dapprima possesso del ramo aleramico intitolatosi dei marchesi di Occimiano (che dal 1119 li tennero formalmente per investitura del vescovo di Asti), fino a quando, nel 1164, l’imperatore Federico I, ne investì il marchese di Monferrato Guglielmo il Vecchio. Alle soglie del XIII secolo, le rivendicazioni dei signori di Occimiano si intrecciarono con le ambizioni del comune di Alessandria a contrastare ai marchesi di Monferrato la giurisdizione su San Salvatore. Le vicende di quest’ultima furono soggette per tutto il corso del Duecento ai mutevoli esiti della lotta tra i marchesi di Monferrato e la repubblica alessandrina [Casalis 1849, p. 756; Di Ricaldone 1999, pp. 808-809; Gobbi 1965, pp. 22-23; Sergi 1986, pp. 409 e 416].
Feudo
Nella carta di mutuo del marchese Guglielmo VI di Monferrato a favore dell’imperatore Federico II (1224), San Salvatore figura fra i luoghi che il marchese habet pro allodio suo, cioè non concessi in feudo a suoi vassalli [Cancian 1983, p. 734].
     La condizione di “terra immediata” del principe si mantenne anche per tutta l’età moderna, esclusa una breve parentesi, apertasi nel 1627 con l’infeudazione del luogo, costituito in contea unitamente a Capriata e Fubine, da parte di Vincenzo II Gonzaga al nipote Giacinto, ma conclusasi già nel 1630 con la morte di quest’ultimo e il ritorno, definitivo per San Salvatore, sotto la diretta giurisdizione dei sovrani di casa Gonzaga e successivamente Savoia [Di Ricaldone 1999, p. 809; Giorcelli 1904-1905, pp. 87, 293; Guasco 1911, pp. 1496-1497; A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 1 e testo corrispondente; A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s. d., ma attorno al 1710)].
     Ciò non esclude che diritti economici di natura feudale si siano nel tempo esercitati su risorse situate entro i confini della comunità. Si possono ad esempio citare le “ragioni” sui “fossi” e sui “rivaggi” di San Salvatore possedute dai patrizi alessandrini Guasco, da questi cedute nel 1598 alla camera ducale, che subito le rivendette [Guasco 1911, pp. 1496-1497; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B, S, Offerta di Gioanni Antonio Cavallo di scuti cento per la conferma della vendita fattagli dalla Ducale Camera de’ rivaggi e fossi di San Salvatore, colla relazione del Magistrato (21 novembre 1598)]. Nel territorio di San Salvatore si esigeva inoltre un pedaggio in mano per la quota maggiore al principe, ma spettante per tre mesi di esercizio all’anno al feudo di Castelletto Scazzoso [A.S.T., Camerale, I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769); A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia  di Casale (s. d., ma dopo 1782); A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 11].
     Infine, una porzione dell’ “ordinario” dovuto dalla comunità di San Salvatore alla camera ducale (e poi alla regia tesoreria) era stato alienato dai duchi al marchese e al conte Aldobrandino di San Giorgio, signori e alienatari dell’ordinario di Alice (odierna Alice Bel Colle) e Castel Rocchero [A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l’ordinario (1770; vd. anche schede Alice Bel Colle e Castel Rocchero)].
Mutamenti di distrettuazione
Appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto amministrativo,  era classificato fra le terre dello stato “al di qua del Tanaro” o “Monferrato fra Po e Tanaro”. Nel secolo XVII fu spesso sede di un governatore.
     Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708, entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798).
     Entro la maglia amministrativa francese, San Salvatore seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di San Salvatore non mutò fino alla Restaurazione [Sturani 2001; AN, Paris F2 I 863 (Montenotte)]. Vedi mappa.
     Dopo la parentesi napoleonica, San Salvatore entrò a far parte della provincia di Alessandria, a sua volta parte della più estesa circoscrizione amministrativa costituita dalla divisione di Alessandria (istituita nel 1818 e comprendente anche la vecchia provincia di Casale) [Sturani 1995]. In questo quadro, San Salvatore fu capoluogo di mandamento [A.S.A., Intendenza generale di Alessandria, Mazzo 223, Mandamento di San Salvatore; Casalis 1849, p. 753].
Mutamenti Territoriali
Non si segnalano mutamenti territoriali di rilievo.
Comunanze
E' probabile che, quantomeno durante l’età moderna, le terre di proprietà comunale fossero estremamente scarse. Fonti della seconda metà del secolo XVIII attestano come, all’epoca, San Salvatore non ne possedesse affatto [A.S.T., Camerale,  II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 279r-285v; A.S.T., Camerale, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s.d.,  ma 1784-1789); A.S.T., Camerale,, I archiviazione, Provincia di Casale, mazzo 2, n. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d., ma 1760-1769)].
Liti Territoriali
Posto ai limiti orientali del Monferrato, San Salvatore fu spesso interessato, durante la prima età moderna, da contenziosi territoriali che finivano inevitabilmente per ripercuotersi sulla definizione del confine con lo stato di Milano. Nel 1456 una sentenza emessa dai commissari delegati dal marchese di Monferrato e dal duca di Milano poneva provvisoriamente fine alle questioni territoriali aperte fra le comunità monferrine di Lu, Castelletto Scazzoso (odierno Castelletto Monferrato) e San Salvatore, da una parte, e Quargnento, comunità appartenente allo stato di Milano, dall’altro. Altre due vertenze, riguardanti i confini di San Salvatore con Valenza (dalla seconda metà del secolo XIV) e con il distretto di Alessandria, sollecitarono alla metà del secolo successivo, la prima, una misurazione svolta di comune accordo nel 1550 e, la seconda, una visita e descrizione unilaterale da parte milanese, nel 1551 [Vd. anche schede Lu, Quargnento e Valenza].
      La questione dei confini con Quargnento si riaprì negli anni dal 1578 e il 1580, quando il commissario del ducato di Milano «sopra la rinovazione dell’estimo» rivendicò al territorio di Quargnento l’intero complesso delle «cascine» (o «massarie» o «grange») di Bertondino, proprietà dei nobili monferrini Bobba, e circa 60 moggia dei vicini boschi che costoro possedevano sul monte e nella valle del Cremosino, tra la stessa Quargnento e Lu. I siti contestati a Bertondino riguardavano oltre 200 moggia di campi e vigneti, accanto ai quali (ritenuti dai monferrini appartenenti ai territori di San Salvatore e di Castelletto Scazzoso) le masserie dei Bobba comprendevano, anche secondo la versione monferrina, «molte altre terre poste sovra le fini indubitate di Quargnento et Alessandria». L’incertezza dell’attribuzione territoriale delle aree contestate era in parte radicata nello stesso arbitrato del 1456, che aveva adottato un criterio di spartizione essenzialmente basato sulla comunità di residenza dei proprietari dei beni posti in quelle aree, operando un caratteristico intreccio tra presenza patrimoniale privata e giurisdizione comunale (e qui, indirettamente, anche statale). Negli interstizi creatisi nella sovrapposizione e nel conflitto delle giurisdizioni sembra di fatto configurarsi una vasta zona di potenziale immunità, che doveva rendere ancora più problematica la definizione di un confine territoriale: i boschi del Cremosino appaiono in larga parte non «registrati» nei catasti delle comunità in conflitto, mentre sulle cascine dei Bobba vantano diritti i «registri» di San Salvatore, Castelletto Scazzoso, Quargnento e l’estimo civile di Alessandria (un segno della residenza nella città o comunque di un rapporto con essa da parte di alcuni esponenti del casato). Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
     Nei confronti di Valenza, si ripresentava, anche se a proposito di un’estensione assai inferiore di terreni (circa 37 moggia), un contrasto in parte analogo tra residenza fiscale dei proprietari e ubicazione dei fondi posseduti. Nel 1620, attraverso un atto di permuta, alcuni fondi situati nella regione Loverto, proprietà di un abitante di San Salvatore, ma attigua ai boschi della comunità di Valenza, erano stati aggregati a una cascina o masseria di un Valenzano. Attorno al 1660 risultavano iscritti nei catasti di entrambe le comunità e i proprietari rifiutavano di pagare le taglie a San Salvatore. Il contenzioso, trasferitosi a livello interstatuale, era ancora aperto nel 1679, quando la proprietà della cascina, detta La Bellona dal nome del suo primo proprietario, era da pochi anni pervenuta dapprima nelle mani del marchese Giacomo d’Incisa signore della Rocchetta (odierno Rocchetta Tanaro) e poi dei suoi eredi. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Nel 1677, l’intero tratto di confine delle comunità di Bozzole e San Salvatore con Valenza era stato oggetto di una visita di parte monferrina [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, C, Mazzo 35 (1348-1681), Volume di documenti rifferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, San Salvatore e Cuccaro e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso, cc. 1-5, 20, 36-63, 160, 162 e 164-214; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 7, Confini, n. 2, Relazione di Alberto Paltro al Marchese di Castiglione sopra le differenze de’ confini tra li uomini di Guargnento, Castelletto Scazzoso, San Salvatore e Cuccaro [9 novembre 1580]; n. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano (s.d., ma inizio del XVII secolo); vd. anche scheda Cuccaro Monferrato]. Entrambe le questioni occuparono in effetti, sia pure in tono minore, ancora gran parte del secolo successivo, quando ormai tutte le comunità coinvolte facevano parte di un unico stato, per chiudersi con una definitiva delimitazione dei confini tra San Salvatore, Quargnento e Valenza, stabilita nel 1763. La tendenza delle proprietà «forensi» (ossia di non residenti) a sottrarsi alla tassazione nel luogo in cui erano ubicate (e talvolta a trasformarsi in isole di immunità fiscale di fatto), appare anche nel contenzioso vertente nel 1618 dinanzi al senato di Casale tra San Salvatore e alcuni abitanti di Mirabello che possedevano beni sul suo territorio e rifiutavano di pagare le contribuzioni imposte alle comunità monferrine per il mantenimento dei soldati alloggiati in Moncalvo, Pontestura e Casale [A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite, f. 38 (1618-1624), San Salvatore Comune contro Particolari di Mirabello (1618)]. Anche se in questo caso, come in numerosi casi analoghi che si incontrano nelle fonti relative al Monferrato di antico regime, manca un collegamento con esplicite rivendicazioni riguardanti i confini tra comunità, questioni di questo genere rappresentavano indubbiamente un potente induttore di discontinuità territoriale nell’esercizio di una giurisdizione. Nel secolo XVIII, dopo l’annessione agli stati sabaudi, alcune questioni aperte, ma non approdate al contenzioso giudiziario e apparentemente di modesta entità, opposero inoltre San Salvatore alle comunità di Castelletto Scazzoso (con la quale, in realtà, i contrasti risalivano certamente a molto tempo addietro, visto che si ha notizia di una prima transazione in materia di confini intervenuta nel 1548), Lazzarone e Mirabello. Furono risolte con la definizione delle «linee di circonvallazione» dei rispettivi territori comunali negli anni 1784-1790 [A.S.T., Camerale,  II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 279r-285v; A.C.S., IX, Confini, Mazzo 1, fascc. 1-7; vd. anche scheda Mirabello Monferrato].
     Una lite, giunta alla metà del secolo dinanzi al senato di Torino e «molto dispendiosa», riguardò invece specifici diritti di accesso degli abitanti di San Salvatore a importanti risorse del territorio, situate tuttavia al di là dei confini comunali. All’epoca, la comunità ha infatti in corso una causa, intentata ai marchesi Della Valle, signori di Pomaro, «per difesa della ragione che credono avere li particolari di detto luogo di servirsi della roggia detta la Grana, decorrente pel territorio di Pomaro, feudo di detti Signori Marchesi, per porre a bagno le canape e farle asciugare nel zerbo detto il Zerbone». La disputa durava almeno dal 1625 e si protrasse per tutto il XVIII secolo e gran parte di quello successivo (fino cioè al 1871), quando, come controparte, ai feudatari di Pomaro si era ormai sostituita l’amministrazione comunale dello stesso luogo [A.C.S., XIII, Liti e cause, mazzo 3, fasc. 2; mazzo 5, fascc. 2-3; mazzi 6-7; mazzo 11; A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 1, n. 24, Stato delle liti attive e passive delle comunità (13 dicembre1757); vd. anche scheda Pomaro Monferrato]. (Vedi mappa.)
Fonti
A.C.S. (Archivo Storico del Comune di San Salvatore Monferrato)
A.C.S., IX, Confini, Mazzo 1, fascc. 1-7.
A.C.S., XI, Mazzo 2, Bandi politici e campestri, fascc. 1 e 3.
A.C.S., XII, Mazzo 2, Mercati e fiere, fasc. 1.
A.C.S., XIII, Liti e cause: Mazzo 3, fasc. 2; Mazzo 5, fascc. 2-3; Mazzi  6-7; Mazzo 8: fasc. 1, La comunità di San Salvatore contro i conti Giacomo e Giuseppe Tibaldé per il possesso dei forni (1760, 1770 e 1857); fasc.3, Bandi politici della comunità di San Salvatore, con le conferme del re Carlo Emanuele III e del Senato di Piemonte (1740); Mazzo 11.
A.C.S., XIII, Liti e cause, Mazzo 8.
A.C.S., XIV, Affari di culto, Mazzo 13, fascc. 5, 7, 8, 11.
A.C.S., XVI, Miscellanea, Mazzo 22, fasc. 5, Taglie.
A.C.S., XXIX, Catasto, mappa, volture, I, Catasto e mappa, Mazzi 1-21, 25-29.
A.C.S., Sezione separata, II, Opere pie e beneficenza, 1, Opere pie in generale, Mazzo 66, fascc. 2-3.
 
A.N.P. (Archives Nationales, Paris). Vedi inventario.
A.N.P. (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863   [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune   d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII    (1804).
 
A.S.A. (Archivio di Stato di Alessandria). Vedi inventario.
A.S.A., Intendenza generale di Alessandria, Mazzo 223, Mandamento di San Salvatore, Comune di San Salvatore, 1814-1839.
A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite, f. 38 (1618-1624), San Salvatore Comune contro Particolari di Mirabello (1618).
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Po, Mazzo 1,"LE / COURS / DU PO / DEDIÉ AU ROY / Par son tres humble, tres obeissant / et tres fidele Serviteur et Sujet, le / P. PLACIDE Augustin Dechaussé, et / Geographe Ordinaire de sa Majesté". Carta Corografica in stampa del Corso del Fiume Po delineata e dedicata a S.M- Cristianissima dal P. Placido Agostiniano scalzo nel 1734. Sulla Scala di 1/253.600 (Note: La carta è formata da 5 fogli giustapposti. Il 1° reca l'indicazione "A PARIS 1704"; il 3° e il 4° sono datati 1703; sul 1° e sul 5° foglio è riportata la data di concessione del privilegio reale, rinnovato per 15 anni nel 1734. Cfr. anche Carte Topografiche Segrete, PO 29 E IV ROSSO, 1703-1734 (ma vd. Note) [Autore disegno originale: P. Placide; Autore incisioni: Berey; Autore edizione: "A PARIS / Chez les Augustins pres la Place des Victoires"]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Disegni Monferrato Confini, Volume C, Mazzo 35, f. 3,  Disegno dei confini tra Lu, S. Salvatore e Quargnento. Cuccaro & c. - 1348-1681. Volume di documenti riferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, S. Salvatore e Cuccaro, e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso. Coll'Indice, e Tipi, s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Disegni Monferrato Confini, Volume C, Mazzo 35, ff. 4 e 5., Disegno di un sito conteso tra Valenza e San Salvatore. Volume di documenti riferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, S. Salvatore e Cuccaro, e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso. Coll'Indice, e Tipi, s.d. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Dipartimenti, Mazzo 1, "DÉPARTEMENT / DE / MARENGO / Divise en 3 Arrondisemens / et en 31 Cantons." Carte dei dipartimenti della Dora (n.1), di Marengo (n. 2, 2 bis), del Po (n. 3), della Sesia (n. 4), delle Alpi Marittime (n. 5, 5 bis). Note : In alto: "N.° 101.", "ATLAS NATIONAL DE FRANCE", s.d., [Autore incisioni: P.A.F. Tardieu; autore edizione: P.G. Chanlaire]. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, fasc. 18/2, Copia del concordato seguito avanti S. E. il Signor Primo Presidente Riccardi et l’Illustrissimo Signor Conte Intendente Garrelli tra la Communità di San Salvatore, le Compagnie del Santissimo Sacramento, Rosario et Suffraggio, errette nella Chiesa Parrochiale di detto luogo, da una parte, et il Signor Avocato Gio. Giacomo Leti, Arciprete e Vicario Foraneo d’esso luogo dall’altra (30 luglio 1720).
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie ecclesiastiche, Mazzo 5, fasc. 1, Relazione dell’Auditore Peroni sovra le differenze insorte tra l’Arciprete di San Salvatore e la comunità di detto luogo per l’amministrazione di quello spedale (2 dicembre 1696).
A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 10, Ricavo fatto dal Segretaro Saletta delle concessioni di fere e mercati fatte a diverse città e terre del Monferrato dai Duchi di Mantova (4 maggio 1711).
A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s. d., ma attorno al 1710).
A.S.T., Corte, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4/18, fasc. 4, Parere dell’Avvocato Generale Dani sul ricorso della comunità di San Salvatore per ottenere la permissione di formare e stabilire i bandi politici (6 giugno 1740).
A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l’ordinario (1770).
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B, S, Relazione del Magistrato sulla dimanda della comunità di San Salvatore per la conferma del privileggio di far il mercato ogni settimana (5 dicembre 1671).
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B, S, , Offerta di Gioanni Antonio Cavallo di scuti cento per la conferma della vendita fattagli dalla Ducale Camera de’ rivaggi e fossi di San Salvatore, colla relazione del Magistrato (21 novembre 1598).
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, S, Mazzo 16, San Salvatore (Casale), fasc. 1, Statuti del Comune di San Salvatore nel Ducato di Monferrato. Copie stampate nel 1621 dalla stamperia Gio. Calenzano nella Città d’Acqui. Con le conferme successive, che in un uno dei volumi giungono fino al 1656: Statuta oppidi Sancti Salvatoris Ducatus Montisferrati, Acquis, Apud Petrum Iohannem Calenzanum, MDCXXI (Statuta 1621).A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 279r-285v.
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia  di Casale (s. d., ma dopo 1782).
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A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzi  32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 72r-78r.
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A.S.T., Camerale, Carte topografiche e disegni, Disegni Monferrato Confini, Volume C, mazzo 35,  Cuccaro & c. - 1348-1681. Volume di documenti riferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, S. Salvatore e Cuccaro, e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso. Coll'Indice, e Tipi, s.d. [Autore disegno originale: Pietro Curtio Bonetti]. Vedi mappa.
 
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Descrizione Comune
San Salvatore Monferrato
          Per lungo tempo, nel tardo medioevo e nell’età moderna, la condizione di «terra immediata», la complessità dell’articolazione sociale, che si manifestava nella residenza di numerose famiglie nobili e detentrici di feudi, la ricchezza dei benefici e delle istituzioni ecclesiastiche, nonché l’importanza commerciale hanno conferito a San Salvatore una riconosciuta caratterizzazione “quasi-cittadina”. La formale concessione del titolo di città, pur ambita e richiesta diverse volte nei secoli XVIII e XIX, fu conseguita tuttavia soltanto nel 1894 [A.S.T., Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s.d.,  ma attorno al 1710);  nella relazione del consigliere Mellarède, San Salvatore è definita communeauté fort grosse, pretend titre de ville; A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, S, Mazzo 16, San Salvatore, fasc. 17, Istanza del comune per essere eretto in città (1842); Gobbi 1965, p. 109; Sergi 1986, p. 416].
     Durante l’età moderna, la comunità ricava una parte importante della propria fisonomia istituzionale, oltre che notevoli redditi comunali, dai diritti che esercita sulla trasformazione e sulla commercializzazione dei prodotti agricoli provenienti da un territorio assai più vasto di quello compreso entro i confini comunali. San Salvatore è infatti anzitutto luogo di un mercato settimanale di derrate e di bestiame, oggetto nel primo Cinquecento di privilegio e concessione ducale e verso la metà del Settecento ritenuto uno «dei più cospicui che si vedano in Monferrato e con numeroso concorso di popolo», ma già contemplato negli statuti. Questi ultimi si preoccupano in particolare di garantire, da un lato, un’area di immunità dalle iniziative giudiziarie intorno alla partecipazione al mercato e all’esportazione di vino e uve dal territorio, escluse quelle procedenti da un bando della giustizia del principe e da un’insolvenza relativa ai carichi fiscali della comunità, dall’altro, una forma di giustizia speditiva per le transazioni commerciali [Statuta 1621, pp. 8 e 90-91; A.S.T.,  Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, Mazzo 50, fasc. 10, Ricavo fatto dal Segretaro Saletta delle concessioni di fere e mercati fatte a diverse città e terre del Monferrato dai Duchi di Mantova (4 maggio 1711); A.S.T.,  Corte, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4/18, fasc. 4, Parere dell’Avvocato Generale Dani sul ricorso della comunità di San Salvatore per ottenere la permissione di formare e stabilire i bandi politici (6 giugno 1740); A.S.T.,  Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e per B, S, Relazione del Magistrato sulla dimanda della comunità di San Salvatore per la conferma del privileggio di far il mercato ogni settimana (5 dicembre 1671); A.C.S.,  XII, mazzo 2, Mercati e fiere, fasc. 1].
     Al possesso della prerogativa del mercato e alla necessità di vigilare sulla regolarità delle transazioni che sul mercato si svolgono, si richiama la richiesta di autorizzazione, avanzata nel 1740 dal consiglio comunitativo e accordata dal governo sabaudo, alla formazione di «bandi politici» ossia di un regolamento di polizia urbana. Anche se rimasta inappagata, è significativa l’aspirazione degli amministratori della comunità a vedere inoltre legittimato dal sovrano il diretto esercizio di una giustizia mercantile, di cui, accanto all’eco presente negli statuti (dove però essa è affidata al podestà o a un suo «luogotenente»), vi sono segni nella pratica recente.
     Ancora nei primi vent’anni del secolo XVIII, hanno in effetti operato due «provveditori», scelti fra i consiglieri comunitativi «per vegliare alla politica e polizia del luogo, la cognizione ed esecuzione delle condanne per le contravenzioni che si faranno ai bandi politici, indipendentemente dal giudice del luogo» e senza possibilità di appello [A.C.S., XI, mazzo 2, Bandi politici e campestri, fascc. 1 e 3; A.C.S., XIII, Liti e cause, mazzo 8, fasc.3, Bandi politici della comunità di San Salvatore, con le conferme del re Carlo Emanuele III e del Senato di Piemonte (1740); A.S.T.,  Corte, Ducato di Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4/18, fasc. 4, Parere dell’Avvocato Generale Dani sul ricorso della comunità di San Salvatore per ottenere la permissione di formare e stabilire i bandi politici (6 giugno 1740)].
       La comunità è inoltre titolare di altri diritti economici di notevole rilievo. Nel 1483 essa ha ad esempio ottenuto dal marchese Bonifacio II Paleologo, contestualmente alla conferma dei propri statuti, il possesso a titolo allodiale di tre forni bannali e dei redditi del «prestino» (ossia della privativa sulla panificazione), in compartecipazione, per l’altra metà, dapprima con la camera ducale e poi, dal 1681, in seguito a uno dei frequenti episodi di alienazione del patrimonio ducale nel tramonto dell’epoca gonzaghesca, con i conti Tibaldeo, residenti nel luogo.
     Spettano invece interamente alla comunità i redditi della «brenta» (ossia sulla certificazione della capacità dei recipienti destinati a contenere il vino) e del macello. L’impiego di questi ultimi è schiettamente cerimoniale, contestuale ai tempi forti della vita devozionale del borgo e, in particolare, alle solenni ricognizioni rituali del suo territorio. Vengono infatti devoluti ai cappuccini del convento del luogo nelle feste principali e in occasione delle processioni generali, oltre che per compensare il predicatore quaresimale [A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d., ma 1760-1769); A.C.S.,  XIII, Liti e cause, Mazzo 8, fasc. 1, La comunità di San Salvatore contro i conti Giacomo e Giuseppe Tibaldé per il possesso dei forni (1760, 1770 e 1857)].
     Un aspetto importante della giurisdizione comunitaria, riguardante da vicino la formazione e la riproduzione delle basi sociali e fiscali della comunità, è poi rappresentato dalle modalità di concessione della residenza, che nel territorio di San Salvatore come in gran parte delle comunità di antico regime è sottoposta a un certo numero di restrizioni. A San Salvatore e in diversi altri luoghi del Monferrato, la selettività delle nuove ammissioni è espressa soprattutto da una norma che impone ai nuovi abitanti anche nullatenenti di contribuire ai carichi fiscali per una quota minima fittizia di registro, detto «registro morto», fissata a San Salvatore in cinque soldi [Statuta 1621, pp. 28-29; per la particolare diffusione di questa consuetudine in area monferrina, cfr. per esempio A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Acqui, mazzo 1, fasc. 1, Ordinanza del Senato di Monferrato sul ricorso della comunità di Santo Steffano Belbo per essere mantenuta in possesso d’esigere sul registro morto il fumante verso li particolari (1719): in molte comunità della provincia acquese, a cominciare dalla stessa Acqui, «per non sovracaricarsi di abitanti nullatenenti, viene stabilito che chiunque abita in un luogo sia riputato come possidente una certa quantità di registro»).
     La Statistica generale del 1753 fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio (8485 moggia) inferiore di 2235 moggia rispetto alla quantità (fornita per approssimazione) che si trova nelle risposte del consiglio comunitativo (convocato del 24 dicembre 1781) ai quesiti posti dalla circolare diramata dall’intendenza provinciale il 16 dicembre 1781 (10720 moggia) [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale].
     Il quadro della distribuzione delle colture offerto dalla Statistica generale attribuisce maggior spazio alla vigna (il 49,3 per cento del territorio) e minore estensione all’aratorio (il 39,7 per cento) rispetto al convocato del 1781, che assegna ai vigneti il 43,8 per cento del territorio e ai campi il 42,3 per cento e dunque una sorta di equilibrio tra le due destinazioni dei terreni. I prati risultano occupare circa il 10 per cento della superficie agricola comunale secondo entrambi i documenti, mentre ai boschi, l’atto del 1781 attribuisce il 3,1 per cento a fronte dell’1,8 per cento indicato dalla Statistica. Quanto agl’incolti, tutte e due le fonti ne segnalano la completa o pressoché completa assenza (secondo il convocato del 1781, si tratterebbe al più di 2 moggia di terreno).
     Le tabelle della Statistica generale dedicate alla produzione agricola registrano una lieve eccedenza di frumento (pari al 2,6 per cento della produzione), accanto a una ben maggiore di vino (il 57,3 per cento del prodotto). Anche qui si riscontra invece la consueta carenza di «meliga bianca» (nella misura dell’85,7 per cento del fabbisogno locale) e di «marzaschi» (dell’84,3 per cento). Secondo quanto affermavano gli amministratori della comunità nel 1781, il territorio era in grado di fornire, nelle annate migliori, circa la metà delle granaglie necessarie al fabbisogno locale. La mancanza di terreni incolti costringeva peraltro gli abitanti ad acquistare altrove la legna loro occorrente.
     Era diffuso anche tra la popolazione di San Salvatore, secondo la Statistica generale, il lavoro stagionale al di fuori dei confini della loro comunità, in particolare, nei campi e nelle risaie della Lomellina, oltre che nei vigneti dei territori di Alessandria e di Valenza.
     Nella seconda metà del secolo XVIII il commercio del vino locale con il Milanese si allenta a motivo del dazio di uscita e di entrata nel territorio estero. Nel 1763 la comunità ottiene dal re una forte diminuzione del «diritto di bolla per l’estrazione del vino dal Monferrato». Nel 1786 è richiesta una nuova diminuzione [convocato 29/05 1786]. Accordata la diminuzione della metà del diritto di bolla e dazio. Vi è una richiesta di riduzione delle gabelle anche nel convocato o delibera del 21 febbraio 1774 [Di Ricaldone 1999, pp. 123-25 e 135].