Bergamasco

AutoriLombardini, Sandro
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
806 [censimento 1991]; 760 [dati comunali 1999].
Estensione
Ha. 1330 [ISTAT] / ha. 1305 [SITA]..
Confini
Bruno, Carentino,  Castelnuovo Belbo,  Incisa Scapaccino, Oviglio.
Frazioni
San Bernardino, Boschi, Vercellini. L’ISAT  (censimento 1991)  individua un “centro”, che raccoglie circa l’80 per cento della popolazione,  e due “nuclei”, che ne raccolgono poco più del 10 per cento, mentre quasi insignificante è l’insediamento in “case sparse”.  Vedi mappa.
Toponimo storico
Bergamascus, attestato dal 1192, forse di derivazione da un personale romano [Gasca Queirazza 1990, p. 73, s. v.; Olivieri 1965, p. 88, s. v.]; “Bergomatium” [Casalis 1834, p. 251].
Diocesi
Asti fino all’istituzione, nel 1175, della diocesi di Alessandria, alla quale Bergamasco fu assegnato forse già da allora. Quest’ultima diocesi, unita nel 1180 a quella di Acqui (dapprima con preminenza della sede alessandrina e quindi, dal 1203, aeque principaliter), nel 1214  fu soppressa e il suo territorio inglobato nella circoscrizione acquese. La preminenza acquese viene ribadita con forza agli inizi del secolo XVII mediante atti di giurisdizione del vescovo [Chenna 1785, p. 19; Chenna 1819, p. 7; Iozzi 1880; Savio 1898; A.S.T., Corte, Vescovati e arcivescovati, Alessandria, Mazzo 1, fasc. 17, Stato delle terre che sono dipendenti dal vescovado d’Alessandria, ed altre del medesimo contado soggetto a Diocesi di diversi vescovi, tanto sudditi che stranieri (25 gennaio 1728); A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, Vescovati e arcivescovati, Acqui (1720); A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Stato de’ beni, dei loro allibramenti e del rilievo delle debiture, secondo il Causato del 1780 (1782)].
Pieve
Non si hanno attestazioni.
Altre Presenze Ecclesiastiche
In un diploma di Enrico II del 1014, che conferma all'abbazia benedettina di San Benigno di Fruttuaria proprietà e privilegi, si fa menzione di alcune curtes […] et castella di Bergamasco appartenenti al comitato di Acqui [Sergi 1986, p. 311]. Quest’antica presenza dell’abbazia di Fruttuaria pone forse le basi per la lunga sopravvivenza del priorato di San Giacomo (di collazione pontificia),con i suoi ampi  possedimenti terrieri, in particolare alla Costiera di San Giacomo,  non iscritti a catasto fino alla fine dell’età moderna e in parte tenuti a regime enfiteutico da una rosa di concessionari locali. 
     Ancor più consistenti sono  probabilmente le proprietà dell’abbazia dei Santi Cristoforo e Nicola:  tre “masserie” che comprendono beni fondiari nei territori di Castelvero e Montemagno. Alla metà del Trecento, inoltre,  esisteva in Bergamasco un' abbazia dedicata a San Cristoforo, probabilmente di una certa importanza e ricchezza, stando almeno a una permuta di beni nel territorio d'Incisa effettuata nel 1342 tra l'abate e due marchesi d'Incisa.   Nel 1809 viene eretta la cappella di San Cristoforo nella masseria omonima [Moriondo 1967, vol. II, col. 594, n. 110; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato, nn. 31/1-32; vd. anche schede Castel Boglione e Montemagno].
      Più modesta, al confronto, la struttura parrocchiale, che risale all’antica chiesa cimiteriale di San Pietro, abbandonata in favore della parrocchia, o arcipretura, sotto il titolo della Natività di Maria Vergine, a sua volta sostituita, nella prima metà del secolo XIX in concomitanza con lo sviluppo del Borgo Nuovo,  da un edificio parrocchiale intitolato anche a San Giacomo, con un’assimilazione della  titolatura della “chiesa di campagna” di patronato gentilizio a Boschi. In età moderna, l’espansione della parrocchia e delle sue dipendenze vide un precoce impulso, ai primi del Seicento,  delle cappelle di San Carlo e dei Santi Bernardino, Rocco e Defendente, quest’ultima dotata di un nuovo altare nel 1772. La  Compagnia della  Santissima Trinità (1672) e la Compagnia del Santissimo Sacramento sono dotate di  modesti lasciti fondiari nel tardo Seicento e nel corso del Settecento.   
      La cappella votiva gentilizia, o marchionale, sotto il titolo di Maria Assunta nel palazzo dei  Moscheni viene fondata a fine secolo XVII. Verso la fine del secolo XVIII i beni ecclesiastici fiscalmente esenti, pari a oltre 737 giornate di Piemonte, ammontano a oltre un quarto del territorio di Bergamasco [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Stato de’ beni, dei loro allibramenti e del rilievo delle debiture, secondo il Causato del 1780 (1782);  Veggi 1981, 1987].
Assetto Insediativo
Nei primi decenni del secolo XI, il territorio di Bergamasco appare già incastellato, probabilmente sotto forma di una curtis cum castro; è stato ipotizzato un  insediamento ubicato sul rilievo dove sorge l’attuale abitato a presidio del prospiciente tratto del fiume Belbo e a difesa dei rustici sparsi nelle scarse aree bonificate presso il fiume, o nelle radure disboscate [Sergi 1986, p. 311].
       Durante l’età moderna, il carattere nucleato dell’insediamento ha  per corrispettivo un uso differenziato del territorio circostante: l’accesso al legname della zona boschiva gravitante sui boschi di uso collettivo, in particolare sul Bosco delle Sorti; le cascine appoderate, ubicate in parte a breve distanza dal concentrico; l’innesto sui transiti della cosiddetta “Strada franca” nel suo tratto meridionale aperto verso l’alta valle del Belbo. 
     Tra l’età moderna e quella contemporanea, l’abitato di Bergamasco si sviluppa intorno all’antico perimetro murario fino alla costruzione del cosiddetto Borgo Nuovo in un periodo situato tra il 1802 e il 1871 [Veggi 1981, p. 148]. [Regione Piemonte: cartografia cascine. Vedi mappa. (Una volta aperta la mappa, bisogna scegliere il comune e lo sfondo.)]
Luoghi Scomparsi
Il castello degli Incisa  [Sergi 1986, pp. 311-17].
Comunità, origine, funzionamento
L’individuazione delle istituzioni comunitative locali emerge con particolare evidenza nel tardo medioevo  e nell’ambito dei rapporti con i marchesi di Monferrato, a partire almeno da quando, nel  1368, il marchese Giovanni Paleologo emette una sentenza tra i marchesi e consorti d’Incisa, da una parte  e, dall'altra,  le singole comunità di Bergamasco, Carentino, Incisa e Castelnuovo [A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 35].
     Risale forse a quest’epoca -- e certamente alla presenza del dominio monferrino, probabilmente interpretabile come immediato dominio -- la promulgazione degli statuti, concessi alla comunità dal marchese di Monferrato [Gentile 1963; Sergi 1986, p. 313; Veggi 1981, p. 28]. I marchesi di Monferrato mostreranno un occhio di riguardo durante l’occupazione militare del marchesato d’Incisa del 1452, quando
Bergamasco verrà risparmiato dalla distruzione inflitta ai luoghi di Betonia e Cerreto [Sergi 1986, p. 312]. 
      La forza e l’organizzazione della comunità sono evidenti e assertive in più direzioni: la rivendicazione (per esempio nel 1553)  della nomina dei giusdicenti sulla base di una rosa di tre nomi  proposti al duca dalla comunità; la concessione alla comunità di costruzione di un mulino, nonché la riscossione dei diritti di transito sul torrente Belbo (1558). Nel 1608 Bergamasco chiede la separazione giurisdizionale definitiva dall’antico marchesato d’Incisa. [A.S.T., Corte, Paesi,  Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 7].
     Nei decenni finali del secolo XVII   sembrano cominciare a delinearsi conflitti intorno ai criteri di “residenza” necessari per partecipare sia alla vita politica locale nella elezione al consiglio sia alla fruizione dei redditi comunali  [A.S.T., Corte, Paesi,  Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 7], conflitti che si riacuiranno   negli anni venti del secolo XIX, questa volta  sotto forma di “discordie” tra “originari” e “forensi” determinate dalla costruzione del cosiddetto Borgo Nuovo e dalla definizione dei diritti di possesso e di proprietà sul Bosco delle Sorti, a quell’epoca è in via di parziale liquidazione  [A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, Mazzo 14].
Statuti
Forse risalenti alla seconda metà del secolo XIV (1368) e comunque all’appoggio concesso alla comunità dai marchesi di Monferrato [vedi Veggi 1981, p. 28], approvati dal marchese di Monferrato Guglielmo VIII Paloeologo nel 1453; riconfermati nel 1519, quindi a più riprese tra il 1567 e il 1653 dai marchesi d’Incisa [A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, Mazzo 14]; rinnovati e approvati dal duca di Mantova nel 1663  e 1664 [A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzi 7 e 41; II addizione, Mazzo 3;  A.C.B., Sez. 1,nn. 39 e 40; Nanni, s.d.]. Statuto comunale 2005: vedi testo.
Catasti
Mappa dei terreni intorno a Bergamasco dell’agrimensore Gian Domenico Facinotto, 1596 [A.S.T., Camerale, Articolo 962].  Catasto figurato, 1733 [A.C.B., Sez. 3.1, n. 917]; Catasti del 1790, 1798-1814, 1815-1820, 1825-1834 e successivi; “Stati generali di tutte le mutazioni di proprietà” e successivi [A.C.B., Sez. 3.2, n. 947 e successivi in Sezz. 3.1 e 3.2.].
Ordinati
“Registri dei Convocati” dal 1647 [A.C.B., Sez. 1.1, nn. 1 sgg.]. E’ attestata l’esistenza di compilazioni più antiche: “Nell’occasione delle passate guerre dell’anno 1557-1558, li soldati thedeschi del Colonnello Madruci s’abbotinorono et saccheggiorono detto luogo di Bergamasco et fra l’altre robbe esportarono il libro rosso delli ordini del Conseglio di detto luogo et lo straciorono et abbrugiorono” [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche e altre, Mazzo. 7, Confini, fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano (s. d., destinatario della nota: ambasciatore Pomponazzi?)].
Dipendenze nel Medioevo
Nel corso del secolo XII,  Bergamasco entra a far  parte dell’area egemonica dei marchesi d’Incisa, forse grazie a divisioni ed eredità tra i rami aleramici, ma, entro  fine secolo,   il perdurante controllo sul luogo esercitato di fatto dagli Incisa risulterà subordinato alla supremazia, sia pure contesa,  dei marchesi di Monferrato, a nome dei quali risulta in possesso degli Incisa entro il 1224 insieme a Carentino e a Castelnuovo Bormida [Incisa di Camerana 1965, p. 45; Moriondo 1967, Vol. I, col. 84; Albenga 1970, p. 28].
     Alla fine del secolo XIII Bergamasco entra nella zona di gravitazione del comune di Asti, con cui gli Incisa stipulano un’alleanza che prevede la cessione del castello e delle sue pertinenze, ma, a partire  dai primi anni del Trecento, si assiste a un riavvicinamento tra gli Incisa, organizzati in  consortile,  e i marchesi di  Monferrato, ai quali Bergamasco viene ceduta nel 1305 insieme con Carentino e Vaglio [Molinari 1810; Moriondo 1967, vol. II, col. 795; Sergi 1986, pp. 311-12].  Il rapporto tra i marchesi di Monferrato e gli Incisa si consolida nel corso del secolo XIV, mentre si rafforzano i rapporti di diretta fedeltà degli Incisa all’impero [Sergi 1986, p. 313; A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 35].
     In seguito alla pace di Lodi del 1454,  gli Incisa, che erano stati alleati dei duchi di Milano contro la Lega italica e i marchesi di Monferrato, vengono sciolti dal giuramento di fedeltà che li legava a questi ultimi; nel 1466 gli Incisa giurano fedeltà allo stato di Milano, coltivando,  tuttavia, notevoli margini di autonomia politica fino al ristabilimento di un effettivo dominio  da parte dei marchesi di Monferrato, compiuto entro il 1519  [A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 35].
Feudo
Il dominio degli Incisa su Bergamasco e sugli altri luoghi del marchesato (comprendente anche, nella sua massima ampiezza, Carentino, Incisa, Castelnuovo, Vaglio, Betonia, Cerreto e Corticelle ) è consolidato nel secolo XII e si articola, a partire dalla fine del secolo XII, in un consortile [Sergi 1986, pp. 312-13; A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 35].  A partire dalla fine del secolo XV,  i conflitti, o faide,  tra gruppi agnatizi più ristretti --  fratelli e cugini --,   sorretti di volta in volta da detentori superiori di potere ( in particolare il marchesato di Monferrato e lo stato di Milano), raggiungono un elevatissimo grado di violenza, che sembra minacciare di volta in volta la coesione territoriale e quella parentale del marchesato. La carriera più spregiudicata è forse  quella di Oddone, che, nel 1487, non soltanto esce vittorioso da una feroce vendetta contro i cugini Ippolito e Pietro Maria, ma ottiene dal marchese Bonifacio III di Monferrato l’investitura dell’intero marchesato insieme con il fratello Secondino e il  cugino Alberto, a esclusione degli altri consorti.  Oddone inaugura così la ricerca di un dominio personale ed esclusivo, diventando  vassallo sia del re di Francia sia del duca di Savoia,  per contrapporsi ai parenti già suoi alleati e sostenuti a loro volta dal marchese di Monferrato, dal quale Oddone verrà catturato e giustiziato nel 1519.
     Nonostante una breve infeudazione di Bergamasco a Gerolamo Perbono di Oviglio e alla cessione in favore dei marchesi di Monferrato dei diritti degli Incisa in cambio di alcuni beni allodiali a Castelnuovo Belbo, il figlio di Oddone, Gian Giacomo, otterrà una nuova investitura imperiale su tutti i luoghi del marchesato nel 1536. La faida tra due schieramenti bilanciati, e in particolare tra Gian Giacomo e il figlio  di Secondino, Boarello II, sarà alimentata fino al 1544 dagli alternanti appoggi esterni dell’imperatore Carlo V vuoi direttamente vuoi  mediante  il senato di Casale, finché Boarello II, rimasto erede unico del marchesato, rinuncerà nel 1544 ai suoi diritti in cambio dei feudi di Camerana e di Gottardo dopo una lunga lite davanti al senato di Milano con i Gonzaga, ormai divenuti marchesi del Monferrato.  
       Il dominio diretto dei Gonzaga viene interrotto almeno due volte:
nel 1552,  da un tentativo di infeudazione per vendita “con immunità perpetua” a Giacobino  Claveri da parte della Camera monferrina, provvedimento revocato di fronte all’opposizione della comunità;  nel 1612,  dall’infeudazione a Michele Peretti, marchese di Cellano. 
     Nel 1662 l’infeudazione ai fratelli Moscheni è accompagnata dalla dignità marchionale.  Le faida dello scorcio del secolo XVII tra i Moscheni e i Faà, feudatari di Carentino, si discosta dalla  tradizione locale di conflitti tra agnati e rami agnatizi [Albenga 1970; Giorcelli 1901-03; Incisa di Camerana 1965; Guasco 1911;  Sergi 1986; Veggi 1981]. Vi sono strascichi giudiziari  intorno ai diritti feudali spettanti ai  Moscheni e ai Buzzilaghi fino a secolo XX inoltrato (1868-96 e 1922-27) [A.C.B., Sez.  I, n. 296; A.S.T., Corte, Archivi privati, Faà di Bruno].
Mutamenti di distrettuazione
Feudo imperiale, appartenne al marchesato, quindi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto amministrativo,  era classificato fra le terre dello stato “al di là del Tanaro”. Nel coltivare larghi spazi di autonomia, i signori locali, marchesi d’Incisa, furono protagonisti di temporanee dedizioni e alleanze verso i duchi di Milano, il re di Francia e il duca di Savoia nel secolo XV e agli inizi del XVI. 
      Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708, Bergamasco entrò a far parte della provincia di Acqui. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798).
      Entro la maglia amministrativa francese, Bergamasco dapprima (1801) seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Asti. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento del Tanaro, circondario (arrondissement) di Acqui. Con il successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo dell’Acquese -- e dunque di Bergamasco -- fu quello del dipartimento di Montenotte, Sottoprefettura di Acqui, Cantone di Nizza (Vedi mappa 1; Vedi mappa 2.) [Bologna 1985; Sturani 2001; AN, Paris F2 I 863].
     Dopo la parentesi napoleonica, Bergamasco entrò a far parte della provincia di Acqui, a sua volta parte della più estesa circoscrizione amministrativa costituita dalla divisione di Alessandria (istituita nel 1818) [Sturani 1995]. In questo quadro, Bergamasco  fu compreso nel mandamento d’Incisa [A.S.A., Intendenza generale di Alessandria; Casalis 1834, p. 251]. In anni recenti, Bergamasco ha aderito alla Comunità Collinare Il Girasole.
Mutamenti Territoriali
Il comune di Carentino viene aggregato a Bergamasco nel 1928 [Istituto Centrale di Statistica 1930, p. 2], quindi  scorporato nel 1955-56 [A.C.B. Sez. 2.1.13, n. 359].
Comunanze
Bosco delle Sorti [A.C.B., Sez. 2.1.7, n. 294; Sez. 2.1.12, nn. 352-55; Sez. 2.5.1, n. 438]. A partire dal secolo XVII sono attestate le pressioni sui boschi comuni, che sfociano in liti giudiziarie mosse dalla comunità contro la “appropriazione”, da parte di privati,  di “legna e altri beni”  in località Caminata [A.C.B., Sez. I, n. 94; vd. scheda Cassine]. 
     Il problema della compartecipazione dei signori alle risorse collettive  si manifesta acutamente durante l’infeudazione ai Moscheni, che lamentano tanto il rifiuto della comunità, nel 1682, di riconoscere loro il diritto alla fruizione annuale del frutto dei boschi,  spettante ai residenti, quanto la “devastazione dei boschi” nel 1749.  In particolare, l’accesso al legname degli appezzamenti di bosco assegnati mediante sorteggio  viene invocato a quest’epoca come criterio di “franchisia” da parte degli abitanti possessori --  gli “originari” del luogo -- a fronte sia delle prerogative rivendicate dai signori sia dei diritti dei “forensi” [A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite, m. 137, Moscheni fratelli contro Bergamasco Comune (1682); A.S.T., Corte, Paesi,  Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 7]. 
     Vi sono  divisioni e vendite del territorio boschivo nel 1841-42 [A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, Mazzo 14]. L’uso delle “chiavi” per il Bosco delle Sorti è regolamentato nel 1895; una nuova regolamentazione è documentata per il periodo  1918-39 [A.C.B., Sez. I, nn. 141; 304]. Nel 1990 il territorio gravato  da usi civici è calcolato in meno di mezzo ettaro  [C.U.C.].
Liti Territoriali
Nel 1414,  i territori di Bergamasco e Carentino vengono definiti “con apposizione de’termini” rispetto a quello di Oviglio [A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 7]. I confini sono dichiarati “antichi” nel 1437, quando il riacuirsi della controversia verte sul pagamento dei “carichi” a Oviglio da parte di quei Bergamaschesi “che possiedono beni in quel territorio”;  la loro condanna da parte del delegato milanese è accompagnata dall’ordine di piantare nuovi termini divisori dalla  “ripa del Belbo in mezzo la bocca di Stampasso” lungo la “Valle Fredda“  e fino al “sentiero che tende” da Oviglio a Gamalero.
     Durante l’età moderna le vertenze per intorno ai confini con Oviglio sono un fulcro  di contenzioso giurisdizionale tra il marchesato del Monferrato e lo stato di Milano “per la gran quantità de’terreni che sono in contesa tra i due Stati” [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche e altre, Mazzo 7, Confini, fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano (s. d., destinatario della nota: ambasciatore Pomponazzi?)].
     Verso gli anni Sessanta del secolo XVIII Bergamasco fu impegnata in una duplice controversia territoriale con la comunità di Oviglio. La prima riguardava un appezzamento di terreno in prossimità del “rittano” detto dello Stampasso, rivendicato dalla comunità di Oviglio in quanto di proprietà del marchese Perboni, proprio feudatario,  e parte di un’appezzamento più grande che si estende al di là del “rittano”, dalla parte di Oviglio. L’appezzamento  risultava iscritto nel catasto di Oviglio, anche se al momento si trovava sulla sponda del “rittano” contigua al territorio di Bergamasco, ma solo a causa dello spostamento
dell’alveo del torrente in direzione di Oviglio. La comunità di Bergamasco argomentava, al contrario,  che lo Stampasso dividesse i territori dei due comuni e sosteneva il diritto ad annettersi la nuova porzione di terreno: “perché separata dall’altra pezza per accidentale caso della corrusione, ella pretende appartener al suo Territorio, come acquisto d'alluvione del ritano”.
     La seconda controversia riguardava invece una vigna nella regione della Battaglia, anch’essa ubicata “al di là di un fosso verso Bergamasco”. La comunità di Bergamasco pretendeva che l’appezzamento le fosse riconosciuto, in quanto il suo proprietario, un Ovigliese, pagava comunque regolarmente le taglie al comune ospite. Al contrario, Oviglio pretendeva l’aggregazione dell’appezzamento al proprio territorio, allegando  che esso vi fosse stato compreso in occasione della “misura” effettuata nel 1682 e portando a sua volta a sostegno della richiesta la "pacifica" riscossione dei carichi fiscali ricadenti sull’appezzamento in discussione [A.S.T., Camerale, II Archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, Mazzo 25, Stato delle questioni territoriali limitrofe con le comunità della Provincia d'Alessandria per la misura generale incominciata nell'anno 1761, s. d., cc.12-14].
      I conflitti di Bergamasco con Carentino  intorno alle  imposizioni fiscali per i beni posseduti dai Bergamaschesi sul territorio di Carentino sono concentrati e discussi davanti al senato del Monferrato in particolare negli anni  1508-31 e 1620, epoca in cui viene stimato che “nel finaggio et territorio di Carentino possedono molti particolari di Bergamasco tanti beni che quasi assendono alla terza parte del registro”: questi proprietari di fondi iscritti a catasto, o “a registro”, a Carentino invocano una “antica consuetudine, che allegano esser stata che fra essi duoi luoghi”, sulla base della quale  “né li uni né li altri fossero tenuti” al pagamento di tasse, “eccetto il fodro et camperia, per li beni che li uni possedono sopra le fini delli altri”  [A.S.T., Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 7; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, B, n. 9,  Documenti ed Atti circa la diferenza tra il Milanese e il Monferrato per le Contrade delle Franchiggie e degli Zucchi, pretese dalla Comunità d’Oviglio da una parte e da Bergamasco e Carentino dall’altra.; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche e altre, m. 7, Confini, fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano (s. d., destinatario della nota: ambasciatore Pomponazzi?); Camerale, II archiviazione, Capo 13, nn. 24-25 vd. anche scheda Oviglio].
      I confini con Incisa Belbo (oggi Incisa Scapaccino) sono oggetto di delimitazione nel 1905 [A.C.B., Sez. 2.1.13, n. 357; vd. anche scheda Incisa Scapacino].
Fonti
A.B.P.T. (Archivio della Biblioteca della Provincia di Torino), Documenti storici Monferrato, I, 1, 9,   Raggionamento sopra l’antiche strade militari del Monferrato fatto dal C.F.M. di Casale   già A.P. di questo D. (secolo XVIII), ms.
 
A.C.B. (Archivo Storico del Comune di Bergamasco), con inventario del 1988. 
 
A.R.M.O. (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII,   XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris)
 
A.S.A. (Archivio di Stato di Alessandria). Vedi inventario.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Po, Mazzo 1,"LE / COURS / DU PO / DEDIÉ AU ROY / Par son tres humble, tres obeissant / et tres fidele Serviteur et Sujet, le / P. PLACIDE Augustin Dechaussé, et / Geographe Ordinaire de sa Majesté". Carta Corografica in stampa del Corso del Fiume Po delineata e dedicata a S.M- Cristianissima dal P. Placido Agostiniano scalzo nel 1734. Sulla Scala di 1/253.600 (Note: La carta è formata da 5 fogli giustapposti. Il 1° reca l'indicazione "A PARIS 1704"; il 3° e il 4° sono datati 1703; sul 1° e sul 5° foglio è riportata la data di concessione del privilegio reale, rinnovato per 15 anni nel 1734. Cfr. anche Carte Topografiche Segrete, PO 29 E IV ROSSO, 1703-1734 (ma vd. Note) [Autore disegno originale: P. Placide; Autore incisioni: Berey; Autore edizione: "A PARIS / Chez les Augustins pres la Place des Victoires"]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie III, Monferrato, Mazzo 6, Carta topografica dell'Alto Monferrato, s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Archivi privati, Faà di Bruno.
A.S.T., Corte, Materie ecclesiastiche, Vescovati e arcivescovati, Acqui; Alessandria.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Ducato, ultima addizione: Giacomo Giacinto Saletta,   Ducato del Monferrato descritto, 1711, 7 tomi ms. (Saletta 1711).
A.S.T., Corte, Paesi,  Monferrato, Feudi per A e per B.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche, Mazzo 18, n. 19: M.A. Tartaglione,   Calcolo delle città, terre, anime e moggia de’ terreni del ducato di Monferrato  [inizi      del secolo XVII], ms.
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, B, Mazzo 14.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’   redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie   diverse (s. d., ma 1760/1769).
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B.N.F. département Cartes et plans, GE D-14266, Carte Topographique du Département de Montenotte / Rédigée par les soins de Mr le Comte de Chabrol Prefet. Echelle de 10. 000 Metres [=Om. 050 ; 1: 200 000 ] ; Dessinée par Cecchi, géographe, s.n. 1806-1812 [Autore del testo: Chabrol de Volvic, Gilbert de (1773-1843); autore: Cecchi (17..-18..? ; géographe)]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, GE D-14265, Carte Topographique du Département de Montenotte / Rédigée par les soins de Mr le Comte de Chabrol Prefet. Echelle de 10. 000 Metres [=Om. 050 ; 1 : 200 000 ] ; Dessinée par Cecchi, géographe, s.n. 1806-1812 [Autore del testo: Chabrol de Volvic, Gilbert de (1773-1843); autore:Cecchi (17..-18..?; géographe)].  Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, GE D-15141, Carte des provinces de Savone, d'Oneille, d'Acqui et d'une partie de la province de Mondovi formant l'ancien département de Montenotte / dressée par les soins de M. le Cte de Chabrol de Volvic, s.n., 1822 [Autore del testo: Chabrol de Volvic, Gilbert de (1773-1843) ]. Vedi mappa.
 
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Descrizione Comune
Bergamasco
       Una recente descrizione del territorio di Bergamasco ne riconduce la vocazione economica agricola  alla posizione defilata rispetto ai flussi di comunicazione e di transito [Sergi 1986]:
 
Attualmente il paese, che conta circa un migliaio di abitanti, ha una economia esclusivamente agricola, a causa della sua posizione decentrata rispetto alle principali arterie di comunicazione.
 
       Tuttavia,  questo nesso causale non vale per la storia di Bergamasco considerata su un lungo arco di tempo. Il territorio di Bergamasco, situato lungo la strada che presumibilmente da Forum Fulvii (l’attuale Villa del Foro) conduceva a Incisa, fu probabilmente abitato in epoca romana  e, forse,  anche in età neolitica.  Già incastellato e donato  all’abbazia di Fruttuaria nel 1014, esso congiunse per molti secoli la duplice vocazione di tappa lungo un importante asse di comunicazione a quella di centro di produzione e di commercializzazione della produzione agricola.  Questa duplice vocazione fu accentuata, tra il tardo medioevo e l’età moderna, da tre elementi interdipendenti, ciascuno dei quali ha ricevuto una qualche attenzione da parte degli storici, ma dei quali manca a tutt’oggi un inquadramento complessivo capace di restituircene le inflessioni e gli sviluppi nel corso del tempo. Questi elementi sono le vicende dei marchesi d’Incisa; la lunga vocazione commerciale e di gestione  dei transiti lungo il confine tra il marchesato del Monferrato e lo stato di Milano; le istituzioni politiche e amministrative del luogo di Bergamasco in quanto comunità.
     Il primo elemento ha attirato una meritata attenzione da parte della storiografia: si tratta della straordinaria resilienza della dinastia di signori locali, i marchesi d’Incisa, che si dimostrarono capaci, sulla base di antiche radici e su un arco di più secoli, di garantirsi un controllo egemonico su Bergamasco e su una serie di comunità circostanti, protese verso l’Acquese e note come il marchesato d’Incisa. E’ difficile, allo stato attuale della ricerca storica, delineare con qualche chiarezza quali aspetti di azione cooperativa prevalsero  di volta in volta entro lo stillicidio di controversie e rivalità che lacerarono il consortile, di odi e vendette  che ne contrapposero i singoli membri e i diversi rami.
     Emergono dalla storiografia gli indizi abbondanti di una tenace e più volte rinnovata  intraprendenza di singoli membri della parentela degli Incisa nell’istituire, coltivare e alimentare  spazi di manovra tra quelle stesse potenze  dominanti, innnanzitutto lo stato di Milano e quello del Monferrato, che avrebbero potuto schiacciarli: così, per esempio, quando, nel 1355, la nomina di un membro della famiglia, Guido,  a vescovo di Acqui consentì agli Incisa di ottenere la  revoca di una sentenza imperiale per fellonia risalente al 1190, o quando, quasi due secoli più tardi, dopo la cessione, nel 1519,  di ogni residuo diritto su Bergamasco, Carentino e Vaglio in cambio di alcuni beni allodiali a Castelnuovo Belbo, il marchese Oddone  riuscì a ottenere un decisivo intervento di reintegrazione nelle proprie prerogative feudali da parte dell’imperatore Carlo V [Albenga 1970; Sergi 1986].
    Il secondo elemento è la vocazione commerciale dell’area del marchesato d’Incisa, la cui importanza fu collegata per più versi   a forme di  persistente compattezza territoriale.  Il marchesato, grazie al controllo della valle del torrente Belbo, costituiva un corridoio di transito lungo la direttrice della riviera genovese, ma rappresentava anche un importante snodo, o crocevia,   sul quale s’innestavano e si smistavano due flussi commerciali in parte sovrapposti: quelli di Alessandria con il suo contado e quelli del Monferrato fino al Po e alla pianura vercellese. 
      Durante l’età moderna Bergamasco è interessata, sotto il nome di “Strada franca”,  a un diritto di transito di merci,  esente dal pagamento del cosiddetto  dazio di Alessandria, fra due sezioni dello Stato del Monferrato, quella situata a nord del Tanaro e quella posta a sud del fiume, prive di continuità territoriale perché ormai totalmente separate dall'incunearsi del territorio milanese. La questione riguarda una sezione  --  tra Fubine, ultima terra monferrina a nord del Tanaro, e Bergamasco, prima terra monferrina a sud del fiume --  dell'importante asse di comunicazione che unisce Casale alla riviera genovese. Il mezzo principale di attraversamento del Tanaro, per chi segue questa strada, è  il traghetto che unisce le sponde in un punto variabile secondo le condizioni delle acque, ma approssimativamente in corrispondenza dell'abitato di Felizzano, situato sulla riva sinistra del fiume. In questo contesto, la maggiore o minore estensione della franchigia del transito da Nord a Sud ha, comprensibilmente, notevole incidenza. La questione è considerata:
 
importantissima perché per essa strada passano tutte le robbe che vanno nel Monferrato oltre il Tanaro da questa parte in qua, et si permette il condur le vettovaglie liberamente, con tutto che passino per lo stato di Milano, dal quale è prohibito ordinariamente l’estrattione delle vettovaglie et a questo giova la franchezza che vi ha il Monferrato, et non per altro, poi che si pagano li dacij.
 
     Le sue dimensioni sono sostanzialmente tre: (a) la natura reale o semplicemente personale del diritto -- ossia, se l'esenzione riguardi solo i sudditi del Monferrato o chiunque trasporti merci dall'una all'altra parte del Monferrato stesso, indipendentemente dalla sua appartenenza statuale, (b) la tipologia delle merci esentate dal dazio (soltanto "biade", "vettovaglie" in generale, sale compreso, o addirittura qualsiasi tipo di merce?), (c) la più o meno precisa e restrittiva definizione del percorso  o dei percorsi interessati dall'esenzione dal dazio.
     I primi due  aspetti sono particolarmente rilevanti per via della folta presenza di mercanti e trasportatori genovesi impegnati soprattutto a importare nel Monferrato i prodotti della "marina" e ad acquistarvi riso e granaglie da esportare verso Genova e la sua riviera. Al riparo delle "bollette" che certificano l'origine monferrina delle merci trasportate, le loro compravendite si estendono però facilmente al territorio alessandrino circostante, sfuggendo al dazio e anche ai regolamenti annonari. Permettere poi che l'esenzione riguardi una pluralità di percorsi amplifica la stessa eventualità, tanto più che, come non mancano di rilevare le voci milanesi nella contesa, in concreto, si tratta in prevalenza di strade che attraversano territori dello stato di Milano generalmente in grado di produrre notevoli eccedenze commerciabili di cereali. L'evidente aspirazione monferrina a una pratica molto estensiva della franchigia si scontra perciò con un riconoscimento di principio assai più riservato da parte milanese.
      Tra stato di Monferrato e stato di Milano si riattiva così periodicamente attorno alla Strada franca un confronto di natura essenzialmente giudiziaria. A diverse riprese, tra la seconda metà del secolo XVI e la fine del XVII, si verificano episodi particolarmente clamorosi e ravvicinati di arresti e sequestri operati ai danni di convogli monferrini dai soldati incaricati di tutelare sul terreno gli interessi degl'impresari del dazio di Alessandria e delle entrate regie. Questi casi provocano l'intervento del duca di Monferrato e del suo Consiglio attraverso la presentazione di istanze e proteste presso i tribunali delle magistrature milanesi interessate [Giorcelli 1963; A.S.T., Corte, Monferrato, Materie Economiche, Mazzo 16 e 16.2, a cui si deve aggiungere un corposo fascicolo in A.S.T., Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Mazzo 10, Felizzano, numero 10].
      Molti indizi affioranti nella documentazione suggeriscono come il contenzioso tra giurisdizioni statali incentrato sui diritti di transito sia alimentato localmente dai conflitti entro il consortile degli Incisa, come anche da vertenze che contrappongono i signori alla comunità, sollevando in entrambi i casi il problema della natura personale o reale di una gamma di diritti e obblighi che, mentre  includono i transiti, investono la natura di altre risorse e prerogative.
     L’esempio più significativo è quello delle contrade denominate Franchigie e Zucchi, su cui, a partire dal 1534, il marchese Boarello II, nello sforzo di rivendicare i propri diritti di giurisdizione signorile sul luogo di Bergamasco, documenta innanzitutto gli stretti rapporti di dipendenza dei suoi coloni parziari, o “massari”, con i quali ha stipulato contratti di colonia e ai quali ha anticipato le scorte necessarie per la conduzione dei poderi  [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, B, vol. n. 9, Documenti ed atti circa la differenza tra il Milanese e il Monferrato per le contrade delle Franchiggie e degli Zucchi, pretese dalla comunità d’Oviglio da una parte e da Bergamasco e Carentino dall’altra (1247-1675)].
      Sulla scorta dei toponimi e della documentazione coeva è possibile tentare un abbozzo delle dimensioni territoriali del contenzioso. Si tratta di un insieme territoriale e fondiario assai vasto, sebbene dai contorni mal definiti, la cui superficie è stimata, sullo scorcio del secolo XVI, in circa 1500 giornate:  un’area comunque pari a oltre un terzo dell’estensione del territorio di Bergamasco.
     La zona, che giace “tra i luoghi di Oviglio da una parte e Bergamasco e Carentino dall’altra”,  presenta due caratteristiche di grande rilevanza.  Innanzitutto, da un punto di vista agricolo, si tratta, come emerge dalla documentazione, di una delle zone più fertili, meglio esposte e più idonee a una varietà di lente trasformazioni colturali, tra le quali l’appoderamento e, soprattutto,  una destinazione, almeno parziale, alla viticoltura --  attività che andrà probabilmente assumendo un peso a mano a mano crescente fino all’età contemporanea. Inoltre, a quanto traspare dalla documentazione, una parte sia della “Zucca” sia delle “Franchiggie” è occupata da “boschi”.
     In secondo luogo, la zona appare un itinerario privilegiato per i flussi di merci che percorrono sia la “Strada franca” sia i boschi cosiddetti della “Comuna” verso le valli del Belbo e del Bormida [A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, M, vol. n. 10, 1360 @ 1600. Volume di documenti ed atti sopra le diferenze che nacquero tralla Comunità di Cassine, Stato di Milano, da un canto, e quella di Mombaruzzo e liti consorti Fontanile, Quaranti e Castelletto Mollina del Monferrato, dall’altro, in ordine alla Comuna, terminato con abitramento delli 28 Giugno 1599. Coll’indice e tipo; Guglielmotti 2001; vd. scheda Cassine]. 
    La forza delle istituzioni comunitarie locali appare, durante l’età moderna, incentrata sulla rivendicazione di ascrivere a ciascuno dei singoli luoghi appartenenti al marchesato d’Incisa non soltanto la tradizione statutaria, dove esistente, ma anche e in particolare il diritto di essere, come in una vertenza del 1682 contro il marchese Moscheni:
 
liberi e franchi, sì per le robbe et bestie loro, come per le persone istesse dalla consegna e pagamento del pedagio di Vostra  Eccellenza et dal passaggio del ponte di Belbo. 
     
     La rivendicazione dell’esenzione dai dazi è sorretta a quest’epoca dalla:
 
consuetudine che gli huomini del Marchesato Incisa possano camminare per tutte le terre del detto Marchesato e suoi finaggii, cioè Incisa, Castelnuovo, Bergamasco, Carentino e Vaglio, con qualsivoglia robbe e merci proprie, senza pagar pedaggio di sorte nissuna, tanto toccando tutti li sudetti finaggii, quanto toccando un solo, si è osservata pacificamente, tanto avanti l’alienazione o sia infeudazione di esse terre, quanto di presente […] et occorrendo passar bestie, animali e merci forastiere di qualsivoglia sorte, pagando il pedaggio in una delle terre, sono esenti nelle altre, etiandio bisognando passar e toccare del finaggio tutte le dette terre”  [A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite, Mazzo 137, Moscheni fratelli contro Bergamasco Comune (1682)].