Loreglia

AutoriColombo, Emanuele
Anno Compilazione2012
Provincia
Verbano-Cusio-Ossola
Area storica
Abitanti
260 abitanti [1 gennaio 2012. Dati ISTAT]
Estensione
Ha. 915 [ISTAT].
Confini
Casale Corte Cerro, Germagno, Ornavasso, Quarna Sopra, Valstrona.
Frazioni
Chesio. Vedi mappa.
Toponimo storico
Probabilmente dal latino Laurelia oppure Aureliacum [Cane 1907, p. 216].
Diocesi
Ha storicamente sempre fatto parte della diocesi di Novara [Morbio 1841].
Pieve
Fa parte del vicariato di Luzzogno.  Per tutto il Medioevo, Loreglia e le altre comunità della valle risultano dipendenti dalla parrocchia di Omegna, che nel 1133 veniva descritta come Plebem Vemeniae cum Cappellis suis [Cane 1907, p. 167]. La prima parrocchia a staccarsi dalla pieve fu Luzzogno (che già almeno dal 1400 manteneva in loco un cappellano a sue spese), eretta il 5 marzo 1455. Nel 1554 si separò da Omegna la parte inferiore della valle, tra cui anche la parrocchia di Loreglia, ancora unita a Germagno [Documenta separazioni Germagni, Laureliae et Chesii a matrice Eumeniae anno 1554 die 19 aprilis, cit. in Cane 1907, p. 14, a quanto pare conservato nell'archivio capitolare di Omegna]. La chiesa matrice omegnese conservò comunque alcuni importanti diritti locali, fra cui quello di raccogliere le decime sulle castagne dei paesi circostanti [Mariani 2006; vd. anche scheda Germagno].
Il vescovo Bascapè annovera nel 1615 le parrocchie della valle come facenti parte della pieve di Omegna. Dopo l'erezione a parrocchie di Sambughetto nel 1639 e Campello nel 1749 la valle fu staccata da Omegna e costituito il vicariato di Luzzogno [Bascapè 1612; Bazzetta de Vemenia 1914]. La prima visita pastorale al vicariato di Luzzogno ormai staccato da Omegna risale al 1735 da parte del vescovo Giberto Borromeo [A.V.N., Visite pastorali, t. 259, 1735].
Altre Presenze Ecclesiastiche
La cura parrocchiale di San Gottardo di Loreglia si staccò da quella di Germagno nel 1590 sotto il vescovo Speciani [Bazzetta de Vemenia 1914, pp. 179-80].  Per tutta l'età moderna, la parrocchia di San Gottardo comprende anche la cura di Chesio. Quest'ultima si distacca da Loreglia, dopo un aspro contenzioso, solo il 12 dicembre 1836 sotto il vescovo Morozzo, allorché l'oratorio di San Rocco diventa parrocchia [Cane 1907, p. 7]. A quanto pare il diritto parrocchiale acquisito da Chesio venne però contestato anche in seguito dalla parrocchia loregliese [A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni I° versamento, b. 415, Loreglia, fasc. 2, Servizio religioso per la frazione Chesio, Supplica alla prefettura da parte di alcuni abitanti della frazione perché sia confermato un parroco in Chesio, 20/8/1869].
Nella parrocchiale di Loreglia risultano fondate le confraternite del Santissimo Sacramento (£253 di reddito nel 1759) e della Beata Vergine del Rosario. A Chesio, oltre all'oratorio di San Rocco poi divenuto parrocchia, esisteva nel 1759 anche un oratorio dedicato alla Beata Vergine delle Grazie, che risultava sede di due benefici. Un terzo oratorio, dedicato alla Visitazione della Beata Vergine detta del Rondone,  era inoltre ubicato all'Alpe della Locchia, con un servizio di messe finanziato da un beneficio di giuspatronato della famiglia Cane [A.V.N., Teche, Loreglia, t. 1, Costituzione in patrimonio di una cappellania a favore del chierico Bernardino Cane fattogli da Giovanni Cane del medesimo luogo, 15/9/1701; A.V.N., Visite pastorali, t. 299, ff. 95 e segg., 27/5/1759]. San Rocco era sede di un importante beneficio, fondato dall'arciprete di Sizzano don Carlo Giuppini il 24/11/1712, che ne aveva lasciato il giuspatronato alla famiglia Gianoli, di cui era parente,  essendo Rocco Gianoli cognato del fondatore. Il beneficio risulta fondato su rendite derivanti da capitali, e poi integrato dagli uomini della comunità di Chesio [A.V.N., Visite pastorali, t. 299, f. 121, Nota de Beneficij esistenti nel distretto della parrocchia di S. Gottardo del luogo di Loreglia, 1759]. Tipicamente, i benefici della cura sono quasi tutti fondati sopra capitali [A.V.N., Visite pastorali, t. 299, f. 152, Nota de capitali dell'oratorio della BV delle Grazie di Loreglia con gli interessi decorsi e non pagati; f. 201, interrogatio a Giovanni Stefano Ferrari sui capitali del beneficio Giuppini di Chesio,  26/5/1739].
Felice Giulio Cane,  nel suo libro su Chesio,  identifica altre quattro cappelle:  quella di Maria Ausiliatrice alla Motta, edificata nel 1743, una cappella del Carmine al Molino presso l'officina elettrica Calderoni (1733), una di Sant'Antonio presso il cimitero (1870), e un'altra dedicata a San Grato e Sant'Antonio sulla strada per la Loccia [Cane 1907, p. 10].
Assetto Insediativo
Villaggio a habitat frammentato. Al suo interno, la comunità è distinta chiaramente in due insediamenti maggiori: Chesio e Loreglia, ciascuno dei quali ha una sua parrocchia. (Vedi mappa.) A livello più generale, il villaggio sviluppa la propria economia  sull'alpeggio, che prevede la formazione di piccoli insediamenti stagionali in altura, coincidenti con i periodi concessi per il pascolo. L'alpe della Locchia pare comunque abitata regolarmente dalla famiglia Cane, ed è sede di una installazione religiosa dotata di un beneficio [Cane 1907, p. 7; vd. Altre presenze ecclesiastiche].
Luoghi Scomparsi
Alpe Balmuzia, citata nel Quattrocento come luogo conteso tra Germagno e Loreglia, poi citata dal Casalis, e attualmente scomparsa [A.C.G., b. 1, perg. 2, Contradizione e appellazione contro una sentenza della comunità di Loreglia per alpe Balmuzia, 14/10/1417].
Comunità, origine, funzionamento
La comunità intesa da un punto di vista amministrativo sorge relativamente tardi. Loreglia risulta infatti per tutta l'età moderna una dipendenza di Omegna, almeno dal punto di vista fiscale e giurisdizionale. Le forme con cui Loreglia o la stessa Chesio possono dirsi comunità sono tutt'altro che scontate; e presuppongono una costante ridefinizione sia nei rapporti con Omegna sia con il territorio racchiuso entro la/le "comunità" di Loreglia/Chesio.
Sui rapporti con Omegna si discute in particolare nel corso di una disputa sorta tra quest'ultima e le comunità, o "terre",  della valle, che poco dopo il passaggio del Novarese al Regno di Sardegna nel 1743 avevano dato vita a proteste per una nuova ripartizione dei carichi. I tumulti avevano visto il loro apice nel "numeroso concorso di uomini armati nel borgo di Omegna", per protestare contro i regolamenti annonari introdotti dopo il passaggio allo Stato sabaudo. Le richieste delle comunità di valle intendevano in particolare ridiscutere le modalità di governo e di ripartizione dei carichi della pieve. Il governo della pieve spettava a Omegna, che poteva disporre di tre voti su quattro nel consiglio generale, nonostante avesse un estimo di gran lunga inferiore rispetto alla somma delle altre terre. Una prima, embrionale forma di organizzazione politica della valle Strona esclusa Omegna sembra affacciarsi  il 23/10/1747 e 30/11/1748, allorché si riuniscono due consiglieri per comunità a Casale Corte di Cerro in casa di Carlo Giuseppe Giano. L'iniziativa, tuttavia,  non ebbe seguito [Cane 1907, p. 174].
La convenzione stipulata in seguito ai tumulti avrebbe dovuto riformulare le modalità di governo della pieve, assegnando la carica di sindaco generale a un forese, ma non fu osservata da Omegna. Dopo una lunga controversia di fronte al Senato di Piemonte, le comunità della valle furono liberate con sentenza senatoriale del 13 giugno 1757 dalle imposizioni relative al maestro, medico, e quaresimalista, di cui godeva quasi esclusivamente Omegna [Bazzetta de Vemenia 1914, pp. 322-23]. Il funzionamento politico della valle non fu però intaccato. Alla data del 1756, la pieve di Omegna contava 20 comunità fiscalmente obbligate in solido. All'interno del riparto, Loreglia assieme a Chesio figurava avere un estimo di £17 e sei soldi [Bazzetta de Vemenia 1914, pp. 322-23]. 
I processetti preparatori di Carlo VI, di poco precedenti, accennano comunque a una consistenza comunitaria compiuta. Nel corso degli interrogatori, si dice esplicitamente che:
Con Loreglia e Chesio non vi è altro comunetto unito, ma fanno comune da sè pagando però li carichi ordinari e straordinari con Omegna sudetto capo di pieve [A.S.M., Confini parti cedute, cart. 24, fasc. 11, Communis Loreliae et Chesij, 23/6/1722].
Parrebbe dunque che l'aspetto fiscale, predominante nella Lombardia spagnola per la costruzione della comunità, fosse in realtà meno importante in quest'area.
La riflessione aperta dai processetti porta dunque a un'idea differente di comunità,  che si riassume principalmente in due aspetti, vale a dire nella gestione dei diritti sulle alpi che ricadevano sotto la giurisdizione di Chesio e Loreglia, e nel finanziamento della prebenda parrocchiale. Per quanto riguarda il primo punto, la regolazione dei diritti di pascolo e dell'uso delle comunanze in genere, è, come in altre comunità della valle, uno dei processi principali che porta alla definizione comunitaria [Vd. Comunanze]. Le spese annue della comunità riportate nei processetti insistono invece soprattutto sul secondo punto, ovvero sull'aspetto religioso (le spese consistono in £381 per la prebenda parrocchiale, £120 per il mantenimento della chiesa, £27 per decima, £7 per la cera alla parrocchiale di Omegna). Non a caso, il pagamento della prebenda era direttamente collegato alla riscossione degli affitti di due molini che erano di proprietà comunale , con riferimento a due:
molinetti ad usanza del paese quali lavorano con acqua del fiume di rapina e sono propri della communità quali restano fittati nell'anno presente in £140, de quali se ne serve il comune per pagare parte della prebenda al sig. curato del luogo [A.S.M., Confini parti cedute, cart. 24, Fasc. 11, Communis Loreliae et Chesij, 23/6/1722].
In ogni caso, l'aspetto comunitario pare quantomeno ambiguo se osservato da un'ottica meramente amministrativa. Chesio e Loreglia, infatti, pur condensate in un'unica realtà dal punto di vista fiscale, appaiono in realtà distinte per quanto riguarda la gestione degli usi civici. Il caso più eclatante riguarda alcuni compascui, come quello dell'alpe Bagnone, in cui non rientra Loreglia, ma soltanto Chesio [Vd. Comunanze]. La distinzione è importante, poiché il compascuo sulle alpi gioca un ruolo fondamentale sia dal punto di vista economico sia da quello aggregativo.
Gli statuti locali del 1712 fanno riferimento alla elezione di un console quale garante del buon funzionamento della comunità [A.C.L., b. 88, fasc. 1, Ordinato generale dei capi di casa della comunità di Loreglia concernente la fissazione dei boschi comunali di Tensa e di vari altri statuti locali, 1712; Cane 1907, pp. 20-24]. Un consiglio comunale più articolato vide la luce solo a partire dal 1776, in seguito all'emanazione del Regolamento de' pubblici dell'anno precedente [Petracchi 1962]. In precedenza, si radunava talora un pubblico consiglio, inteso però come riunione di tutti i capi di casa.
Statuti
Gli statuti sono quelli di Omegna e pieve, in cui rientrava Loreglia. Tali statuti sono compilati a partire dal 1384 con aggiunte fino al 1622 [Statuta sive legge municipale totius Communitatis, universitatisque Eumeniae et plebis, condita sub felici regimine illustrissimi et eccellentissimi DD Galeaz. Vicecomitis et comitis Virtutum Mediolani, imperialisque vicarii generalis sub anno MCCCCLXXXIV excepta a Joan. Bapt. Zanola publico novariensis etc. Eumeniae MDCXXII, 308 ff.; Bazzetta de Vemenia 1914, p. 415; Statuta Eumeniae, in De Regibus 1946; Fontana 1907, vol. II, p. 308].
A livello locale esistono regolamenti relativi al pascolo e ai beni comunali in genere. In particolare, nel 1712 furono promulgati dal consiglio "diversi ordini e statuti per il maggior beneficio della comunità", approvati dal Senato di Piemonte in data 27 luglio del medesimo anno [A.C.L., b. 88, fasc. 1, Ordinato generale dei capi di casa della comunità di Loreglia concernente la fissazione dei boschi comunali di Tensa e di vari altri statuti locali, 1712; riproduzione in Cane 1907, pp. 20-24]. Gli statuti in oggetto raccolgono i regolamenti locali sui diritti di pascolo, utilizzo dei boschi, mulini, e usi civici in genere. Inoltre, gli statuti designano esplicitamente un console e il rettore della chiesa di San Rocco di Chesio quali principali garanti dei regolamenti.  Sparsi, si trovano diversi regolamenti locali concernenti gli usi civici e l'uso dei beni comunali [A.C.L., b. 18, fasc. 29, Progetto di regolamento sullo stramatico e buscaglio, 1866; ivi, b. 65, fasc. 4, Regolamento per godimento in natura di beni comunali, 1874-1914]. Statuto comunale 2005. Vedi testo.
Catasti
Sono conservati in A.C.L. un Partitario catastale con rubrica, relativo agli anni 1714-20, di poco precedente al catasto cominciato da Carlo VI [A.C.L., b. 67, fasc. 1]; un Sommarione di Loreglia con Chesio del 1769 [ivi, fasc. 2]; un Sommarione del 1774 [ivi, fasc. 3]; un Partitario catastale ottocentesco [ivi, b. 68, fasc. 1], e un Libro dei trasporti o mutazioni d'estimo, con indice, composto da tre registri [ivi, fasc. 2]. Catasto teresiano del 1722 [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Teresiano, Allegato A, Lorelia e Chesio] (Vedi mappa) e il Catasto Rabbini del 1861 [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Rabbini, Loreglia]. Vedi mappa.
Ordinati
In A.C.L. le deliberazioni iniziano nel 1776 e proseguono poi senza interruzioni [A.C.L., b. 3, Deliberazioni 1776-1797; b. 4-12, Deliberazioni 1782-1928].
Dipendenze nel Medioevo
Le dipendenze medioevali di Loreglia, assieme a quelle della Valle Strona, si desumono da quelle di Omegna, a cui il luogo è sempre stato unito. Nel 1117 il vescovo di Novara Riccardo investì i conti di Crusinallo del diritto di riscuotere le decime ecclesiastiche della Pieve di Omegna. Con la convenzione dell'11 agosto 1221 il comune di Novara fece acquisto dai conti di Crusinallo di Omegna, Crusinallo, Scona, Mesima, Gattico, per la cifra di £1300 imperiali. In seguito, nel corso delle lotte intestine per il controllo del Novarese, la fazione risultata vincitrice (la cosiddetta pars rotonda, i Ghibellini) effettua nel 1311 una spedizione armata contro la parte guelfa, rifugiatasi a Cerro e Crusinallo dopo la fuga da Novara. L'anno seguente, nel 1312, Omegna si costituisce come libero comune passando così sotto la giurisdizione di Novara, a sua volta sotto il dominio di Milano [Cognasso 1971].
     Nel 1361 i Visconti intraprendono un'azione contro Omegna distruggendone il castello sul Poggio Mirasole e i resti difensivi di Crusinallo, i cui nobili erano già in gran parte emigrati. Nel 1397, con diploma del 25 gennaio, Omegna con i paesi dipendenti e la valle Strona entrarono a far parte della contea di Angera all'interno del Ducato visconteo.
     A Chesio si trasferiscono intanto i Cane o Cani, nel 1425, parenti di quel Facino Cane condottiero dei Visconti e padrone del Novarese fino al 1412. Nel 1447, dopo la morte di Filippo Maria Visconti, viene proclamata la Repubblica Ambrosiana, che riconosce Omegna terra libera. Il 5 maggio del 1450 Omegna e Valstrona vengono infeudate ai Borromeo, ai quali Ludovico il Moro le toglie nel 1494. Alla sua caduta, cinque anni dopo, Omegna e le terre dello Strona vengono nuovamente concesse ai Borromeo in cambio di una grossa cascina situata alle porte di Milano [Cane 1907; Bazzetta De Vemenia 1914 e 1930; Andenna 1982; Beretta 1974; Cavalli 1980; Montanari 2002; Monferrini 2003].
Feudo
Le vicende di Loreglia in quanto feudo sono storicamente legate a quelle di Omegna, entro la quale è sempre stata compresa. Come tale, pur trovandosi vicino al feudo vescovile della Riviera d'Orta, non ne faceva parte. La Riviera intesa come signoria comprendeva infatti i territori del Lago d'Orta inferiore, con Gozzano e Soriso, ma non Omegna.
     La prima infeudazione di età moderna risulta quella ai Borromeo il 5 maggio del 1450, rinnovata nel 1499 dopo essere stata revocata da Ludovico il Moro nel 1494. I Borromeo avevano ottenuto anche il privilegio di libera escavazione nelle miniere dell'area. Per tutta l'età moderna risulta infeudata con la Valle Strona ai Borromeo [Cavalli 1980, p. 151]. Omegna costituiva a fine Quattrocento la sede di una delle dieci podesterie dello "Stato Borromeo" [Meschini 1995, p. 104]. I diritti feudali, che nel corso del secolo XVIII si trasformarono nell'esazione di un censo per ciascuna comunità, furono soppressi in periodo napoleonico, ma poi reintrodotti nel 1814 e quindi definitivamente aboliti nel 1848 [Cane 1907, p. 164].
Mutamenti di distrettuazione
Dal 1535 il Novarese entra a far parte della dominazione spagnola. Dal 1560 circa si costituisce il Contado di Novara, cioè l’istituzione per la riscossione dei carichi fiscali dalle comunità rurali [Gnemmi 1981]. Loreglia, in quanto terra della giurisdizione di Omegna, non ne fa però parte. Secondo la descrizione fiscale dello Stato del 1626, invece, la terra di Loreglia, conteggiata in 3745 pertiche milanesi fiscali, rientra – attraverso l'appartenenza a Omegna – in un'area definita come "Lago Maggiore". Come tale, essa risulta censita all'interno del Ducato di Milano e non del Contado di Novara. Nel complesso la giurisdizione di Omegna è tassata in £1046 [Descrittione 1626].
     Omegna e la Valstrona passano, con la pace di Aquisgrana del 1743, al Regno di Sardegna. Con la Repubblica Cisalpina, entrata in vigore nel 1800, il cantone d'Omegna (sottoposto al V° distretto con sede ad Arona) entrò a far parte del dipartimento dell'Agogna nella Repubblica Cisalpina. Nel 1805 figura come sottoposto alla Vice-prefettura di Arona.
     Dal 1815, dopo il ritorno all'interno del Regno di Sardegna, Loreglia fa parte del mandamento di Omegna, provincia di Pallanza [Casalis 1841, p. 891]. Con il regio editto del 10/11/1818, Omegna venne costituita in mandamento, appartenente alla giurisdizione del Senato di Piemonte, divisione di Novara e provincia di Pallanza.
     Nel 1992 il comune di Loreglia è passato dalla provincia di Novara alla provincia del Verbano Cusio Ossola. In anni recenti ha aderito alla Comunità Montana Due Laghi, Cusio Mottarone e Valstrona.
Mutamenti Territoriali
Tutta l'area della Val Strona è stata generalmente soggetta a sommovimenti territoriali, sia a livello locale sia a livello centrale, con progetti di aggregazione della vallata. Localmente, i mutamenti territoriali possibili sembrano legati soprattutto al controllo dei  singoli alpeggi, o alpi,  da parte delle comunità, con liti territoriali frequenti e persistenti particolarmente intense nel caso di Loreglia e Chesio. Vi è tuttavia da rilevare come la suddivisione dei diritti di pascolo, che non avviene sulla falsariga della comunità amministrativa o fiscale, ma in base agli insediamenti, abbia di fatto eliminato alla base la spinta centrifuga di Chesio, che infatti prenderà corpo solo in ambito religioso.  Chesio infatti può godere dei diritti di pascolo in quanto insediamento o frazione, e non pare pertanto interessata a costituirsi come comune a tutti gli effetti. La gestione della prebenda la porta piuttosto all'amministrazione di una cura in proprio.
     A livello centrale, si registrano dall'età napoleonica in poi tentativi di aggregare la vallata, come ad esempio ci informa un questionario relativo a Fornero, che si era proposto quale collante della corona di insediamenti della Val Strona nel 1807. Fornero dichiarava di essere:
comune il più piccolo della valle e forse del dipartimento si è sempre da lungo tempo retto ed amministrato da se senza ostacoli, perché quei pochi individui che vi si trovano in puro sentimento di patriottismo si prestano ad ogni sorta d’impiego, a cui vengono chiamati gratuitamente, onde perdurando nel presentaneo suo stato ne sentirebbe più utile di qualunque aggregazione immaginabile.
L’intera valle, aggregata, non avrebbe raggiunto i 3000 abitanti:
allora Fornero se è lecito far dal grande al piccolo de’ paragoni, se non è superbia il dirlo, propone e ricorda l’esempio dell’Aia nell’Olanda,
considerando:
l’osservazione della centralità di Fornero rapporto agli altri comuni della valle; della facilità della strada non montuosa, e per conseguenza dell’accesso al medemo con pari distanza da ogni parte [A.S.N., Dipartimento dell'Agogna, cart. 552, risposta di Fornero al prefetto del 7/11/1807].
Il progetto di riunione della valle in un unico comune fu realizzato in età fascista. Il comune di Valstrona fu costituito concentrandone sette: Forno, Fornero, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola e Sambughetto, giustificando la nuova amministrazione comunale attraverso una determinazione geo-fisica [il cosiddetto bacino dello Strona] [Beretta 1974; Regio Decreto N. 2521 del 22/12/1927]. Il nuovo comune sarebbe nato ufficialmente il 28 gennaio del 1928, con l'aggiunta nel 1929 anche di Campello dei Monti.
     Subito dopo la seconda guerra mondiale, iniziò tuttavia un dibattito riguardante una nuova separazione di alcuni comuni da Valstrona, che sarebbero poi risultati essere Massiola, Loreglia e Germagno. Ciò portò il 9 giugno 1955 alla cessione di territorio da parte del comune di Valstrona, e alla ricostituzione dei comuni di Germagno, Loreglia e Massiola [D.P.R. N. 416 del 02/04/1955; vd. anche  schede Germagno, Massiola e Valstrona].
Comunanze
Nel 1974, come ci informa il perito incaricato dal Commissario agli usi civici:
Dalle ricerche effettuate mi risulta che la superficie dei terreni promiscui predetti è di ettari 220.30.40, stando ai rilievi e ai calcoli che figurano dal nuovo catasto [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Comunicazione da parte del perito Giuseppe Torrero in data 14/5/1974, Cravanzana].
Le aree di Montebuglio (oggi all'interno del comune di Casale Corte Cerro) e di Chesio rappresentano le due grandi regioni degli usi civici, che, come avviene anche nelle comunità circonvicine, paiono praticati sulla totalità dei beni comunali. La precedente indagine di epoca fascista, con decreto del Commissario del 1941, riconosceva l'ammontare dei terreni sottoposti a uso civico in 285.27.15 ettari [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. usi civici di pascolo e legnatico, Decreto di chiusura del 26/6/1941]. La risposta del sindaco Cane ai quesiti posti dal neonato Commissario agli usi civici, di poco antecedente all'aggregazione, riporta una stima diversa, ma fa riferimento a calcoli assai generici. Secondo Cane vi erano infatti nel 1925 circa 470 ettari di terreno soggetto a usi di pascolo e legnatico:
Tutte le famiglie del comune che sono circa 130 esercitano il diritto di legnatico, pascolo e raccolta delle foglie per fare stramatico per le bestie, e per fare pagliacci per dormire le persone. Chi risiede nel comune e paga la tassa fuocatico ha tali diritti. Gli usi sono regolati da consuetudine
e non esistono titoli ricognitivi [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. usi civici di pascolo e legnatico, Risposta del sindaco Cane del 2 dicembre 1925].
     La consistenza dei beni comunali è tuttavia ben lungi dall'essere chiara, con un fenomeno di costante incorporazione da parte dei privati e di abbandono per quelli di minore valore. Come emerge da un'indagine del Corpo reale del genio civile del 1939:
Dall'esame degli atti è risultato che i terreni in questione benché di proprietà comunale in gran parte sono stati abusivamente incorporati in proprietà privata, mentre altri sono in completo abbandono [A.S.N., Provincia di Novara, cart. 573, fasc. beni comunali, foglio del Corpo reale del genio civile, 7/3/1939].
Su deliberazione del podestà, dopo pochi mesi avvenne la formale vendita della maggior parte dei lotti (42 su 45]) [ivi, vendita reliquati di terreni, 7/6/1939]. Anche in seguito, il comune dovrà intervenire "per delimitare la proprietà comunale da quella privata" [A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni, III° versamento, b. 43, Loreglia, fasc. 5, beni comunali, Incarico al geometra Vittorio Beltrami da Omegna per regolamento di confini in località "Pianaccia", 15/3/1958].
     La situazione relativa ai beni comunali è complicata dal regime di diritti che vigono su di essi, in particolare su quelli di maggiore valore economico. La regione dell'alpe Bagnone è il caso più vistoso, essendo sottoposta ad un regime di compascuo condiviso tra gli insediamenti di Montebuglio e di Chesio. Il primo tentativo di regolazione, che rimanda a pratiche di molto antecedenti, risale al 1562,  allorché:
Con convenzione 27 aprile 1562 rog. Caccino, tra il comune et homini di Montebuglio ora frazione di Casale Corte Cerro, ed il comune et huomini di Chesio, ora frazione del comune di Valstrona, veniva regolato il diritto di pascolo, promiscuo ai terrieri dei due ex comuni anzidetti, con l'esclusione di bestie forestiere sull'alpe Bagnone, sita in territorio di Valstrona. La comunione del pascolo diede però luogo successivamente ad altre contestazioni che vennero regolate e definite con una nuova transazione, intervenuta tra il comune di Montebuglio ed i livellari di Chesio-Loreglia il 7 gennaio 1866. Con questa transazione si convenne la divisione dell'Alpe tra le due parti, in base ad un tipo del geometra Pattoni, col diritto promiscuo di pascolo sull'intero comprensorio a favore dei terrieri di Montebuglio. Nessuna causa di dissenso venne dopo di allora a turbare il godimento dell'Alpe Bagnone per parte degli abitanti di Montebuglio, aggregato ora al comune di Casale Corte Cerro, e dei livellari di Chesio-Loreglia frazione di Valstrona [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, sottofasc. Geom. Torrero, Sentenza nella causa del comune di Casale Corte Cerro per i terrieri di Montebuglio ed il comune di Valstrona, per i terrieri di Chesio e Loreglia, 25/6/1931; vedi anche A.C.L., b. 21, fasc. 4, Atto di convenzione per l'alpe Bagnone, trascrizione di atto mancante del 1572].
I vari accordi raggiunti nel tempo, e la stessa sentenza del 1931, cercavano di regolare l'uso promiscuo del pascolo ma non frenarono certo il contenzioso, poiché tali diritti potevano essere minacciati da atti che sottintendevano tentativi di appropriazione da parte di singoli o gruppi attivi nella zona. Per esempio, la causa del 1931 era stata innescata da un:
tale Boretti Giovanni di Valstrona, resosi acquisitore di una casera costruita sulla parte dell'Alpe, in godimento dei Montebugliesi e del terreno annesso, da certi Maffioli, [che] pretese di portare al pascolo sull'Alpe stessa il suo bestiame. Insorsero allora i frazionisti di Montebuglio, con ricorso in data 10 maggio 1931
contro Boretti. Come dice la sentenza, il ricorso avvenne "senza indagare sui rispettivi diritti" delle comunità ma mantenendo la promiscuità. Ancora in età fascista, si assiste a una chiara riaffermazione del sistema di compascuo. Una specifica ordinanza del podestà chiarisce un fatto importante, ovvero che:
Interpellati i maggiorenti di Montebuglio, Loreglia e Chesio hanno questi fatto conoscere che se anche teoricamente la promiscuità venisse sciolta gli interessati continuerebbero nel loro godimento come per il passato,
mostrando uno scollamento tra pratiche locali e normativa. La dimensione della conflittualità era ritenuta ovviamente decisiva:
La particolare configurazione del terreno poi non permette una divisione della promiscuità senza far nascere litigi che potrebbero arrecare grave nocumento all'economia locale e disordini fra gli abitanti dei tre paesi interessati [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. Decreto di conservazione promiscuità fra i frazionisti di Montebuglio e di Loreglia e Chesio del comune di Valstrona, Alpe Bagnone, Petizione del podestà di Valstrona e del commissario prefettizio di Casale Corte Cerro del 24/6/1938 per conservare la promiscuità determinata dall'atto 27/4/1562, cui segue Ordinanza del Ministero per l'agricoltura e per le foreste del 6/12/1938 che riconosce in 286 ha l'area sottoposta a usi civici].
     Nel Dopoguerra, con la legge 17/4/1957 n. 278, intesa a regolare la gestione dei beni civici frazionali, viene costituito un Comitato per l'amministrazione separata dei beni civici della frazione Montebuglio. I terreni di Loreglia vengono così ripartiti in tre aree: (1) Pascolo appartenente alla frazione di Montebuglio; (2) “Parte boschiva e pascolativa,”
denominata Bagnone, appartenente per metà alla frazione Montebuglio e per l'altra metà alla frazione di Chesio e Loreglia per cui è in corso il procedimento per lo scioglimento della promiscuità”; (3) regione Fieno Secco (prati e pascoli): "concessa fin da epoca antica a privati di Chesio", precisamente attraverso una serie di livelli [C.U.C, b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, sottofasc. Geom. Torrero, Ordinanza del commissario del 19/8/1960].
Tutta la questione viene ripresa negli anni Settanta dal Commissario agli usi civici e affidata al geometra Torrero, che viene incaricato di predisporre un progetto per lo scioglimento della promiscuità. Come lo stesso Torrero ben presto si accorse, tuttavia, un puro scioglimento dei diritti di promiscuità rischiava di generare altra conflittualità, oltre a non cambiare probabilmente le pratiche in essere. Il problema era relativo al fatto che da tempo i frazionisti di Chesio godevano da soli degli usi civici, ma all'interno di non più praticato (bensì ancora vigente)] regime di promiscuità. Una spartizione dei diritti, pur riconoscendo una preminenza a Chesio, avrebbe probabilmente reinnescato un difficile processo di negoziazione degli usi. Paradossalmente, lo schema sembra dunque essersi ormai rovesciato, a causa di uno stravolgimento del rapporto intrattenuto dagli insediamenti con le risorse montane: la pratica accenna a un possesso esclusivo, laddove la sedimentazione degli usi tradottasi in norma o quasi-norma qualifica invece un regime di compascuo a quanto pare non più esistente.
     Questo rovesciamento è puntualmente ricostruito da Torrero per trovare una possibile soluzione al problema. In tal senso, viene esclusa la prima proposta sul tavolo, che prevedeva di assegnare a Chesio il diritto di:
pascolare il loro bestiame e di tagliare il fieno nella regione Fieno Secco [...] mentre i frazionisti di Montebuglio potranno pascolare bestiame nella località sudetta. I frazionisti di Chesio pagheranno però al comune di Montebuglio
£ 45. I diritti di Chesio sarebbero dunque stati più ampi poiché solo essi potevano tagliare il fieno e "soltanto dopo tale taglio il bestiame delle due frazioni poteva essere condotto al pascolo nella regione Fieno Secco". La conclusione era che "Lo scioglimento della promiscuità avrebbe pertanto comportato l'assegnazione ai frazionisti di Chesio di una pezza notevolmente maggiore di quella che sarebbe stata da riservare ai frazionisti di Montebuglio".
     La soluzione suggerita da Torrero è invece diversa, e poggia sulla cessione unilaterale dei diritti a Chesio, in sostanza riconoscendo esplicitamente l'esistenza di un possesso ormai completo su quei beni da parte di quest'ultimo: "Sarebbe stato opportuno, quindi, che i frazionisti di Montebuglio cedessero le loro pretese ai frazionisti di Chesio che così anche di diritto avrebbero continuato ad esercitare da soli sui terreni in questione quei diritti di fienagione e di pascolo che finora da soli, ma di fatto, avevano esercitato da lungo tempo", proposta accolta da entrambi i frazionisti e ratificata il 23/1/1973 con l'assegnazione in pieno dominio dei terreni a quelli di Chesio [C.U.C, b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, sottofasc. Geom. Torrero, ratifica del 23/1/1973].
     Successivamente alla cessione dei diritti a Chesio, si registrano in loco frequenti tentativi di sdemanializzazione. A fare da miccia è, nel 1973, l'alienazione dei terreni soggetti a usi civici al Consorzio per lo sviluppo del patrimonio montano dell'alpe Bagnone. Gli scopi dichiarati sono quelli del:
miglioramento dei pascoli, esecuzione di opere di sistemazione montana per la difesa del patrimonio boschivo dal pericolo di incendi, la costruzione di stalle per il ricovero di animali, nonché la formazione di una strada interpoderale per il miglior accesso ai terreni montani costituenti gli alpeggi Loccia, Castelvaga, Frera e Bagnone [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. CorrispondenzaApprovazione del verbale dell'amministrazione separata dei beni civici di Chesio, 21/10/1973].
A dicembre dello stesso anno, il Commissario informa la Regione di un tentativo di vendere tutta l'area del Fieno secco a un consorzio di "notabili" non meglio identificato, operazione resa ora possibile dal pieno dominio sui terreni riconosciuto a Chesio. Come rilevava il Commissario:
La secolare contesa sembra far presupporre un certo rilievo economico connesso allo sfruttamento agro-pastorale del terreno Fieno secco: non si capisce bene, pertanto, perché ora improvvisamente si voglia privare la popolazione di Chesio di quel terreno.
La conclusione era che:
Comunque in linea di legittimità, non potendosi negare alla frazione e al comune la possibilità di deliberare la vendita del terreno, deve essere da essi pretesa però la dimostrazione che questa volontà si appoggia a un interesse pubblico prevalente su quello di conservare ai terreni l'antichissima loro destinazione,
con la valutazione di tale prevalenza spettante al Ministero per l'Agricoltura e le Foreste [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Il Commissario alla regione Piemonte e al sindaco di Loreglia, 5/12/1973].
     Nel 1975 si ripropone un problema analogo. Una lettera inviata al Commissario da un allevatore, Clorindo Cane, lamenta che:
la commissione degli usi civici di Chesio con quella di Loreglia e Montebuglio stanno vendendo del terreno di proprietà dei terrieri di Chesio-Loreglia-Montebuglio ad una società di Milano" per fare un villaggio residenziale per circa 2.000 persone, che verrebbe costruito "proprio sul terreno ove pascola il mio bestiame circa 40 mucche 80 capre etc.; l'alpe si chiama Colle Bagnone: il terreno che vogliono vendere è quasi il tutto della proprietà sopra descritta.
Poco dopo, il Commissario interviene per far notare che l'alpe era sottoposta alla legge sugli usi civici e per alienarla era pertanto necessario il parere del ministero. Esisteva inoltre ancora un'intera zona, denominata "livelli di Montebuglio", composta da 22 enfiteuti, in cui il dominio diretto dei terreni era di proprietà del comune di Buglio [C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Lettera di Clorindo Cane del 15/5/1975 al Commissario]. Peraltro, secondo il Commissario esistevano anche seri problemi di identificazione dei terreni sottoposti a usi civici, poiché il catasto Rabbini era difforme da quello conservato in comune.
Liti Territoriali
>La gran parte delle liti territoriali che vedono coinvolta Loreglia riguardano anzitutto i compascui [Vd. Comunanze], e poi il rapporto interno con Chesio. Per quanto concerne il primo punto, si registrano svariate tensioni con le comunità circostanti, anche se i conflitti sono difficilmente inquadrabili dal punto di vista del rapporto tra comunità fiscali o ancor peggio comuni amministrativi. Da una parte, sono proprio queste tensioni con altri insediamenti a spingere verso la creazione di una comunità definita, utilizzata per affermare e salvaguardare i diritti di pascolo o compascuo.
     Dall'altra, queste pratiche hanno avuto anche una chiara influenza sul rapporto tra comuni amministrativi. Questo è il caso, per esempio, del bosco in comune tra Loreglia e Montebuglio, chiamato "tenimento sociale", che genera una strisciante conflittualità tra amministrazioni comunali [cfr. A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni I° versamento, b. 415 (Loreglia), fasc. 4, Taglio d'erbe sui tenimenti comunali, 30/7/1865, discussione dell'adesione da parte di Montebuglio ai regolamenti loregliesi sul taglio delle erbe nel tenimento sociale. Da gestire vi sono parecchie multe in cui erano intercorsi i montebugliesi. Si veda anche A.C.L., b. 5bis, Relazione di perizia del tenimento Bagnone per la questione tra Buglio e Loreglia e il comune di Luzzogno].
     Per quanto riguarda invece il rapporto con Chesio, vi è anzitutto da segnalare che la conflittualità interna non ha mai portato a una separazione in due diverse comunità amministrative. Il conflitto si condensa invece attorno alla separazione parrocchiale della cura di Chesio, realizzata nel 1836 dopo una lunga controversia [Cane 1907, pp. 34-53]. Anche in seguito la chiesa costituirà un polo di conflitto territoriale, che porterà alla discussione su una possibile separazione del bilancio comunale di Chesio da quello di Loreglia [A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni I° versamento, b. 415 (Loreglia), fasc. 7, Separazione del bilancio comunale della frazione Chesio, 6/5/1863. La pacificazione:
verrebbe anche a far cessare le continue discordie che havvi tra esse e farebbe così rivivere la pace da tanto tempo desiderata in queste due frazioni].
Subito dopo l'unità, il conflitto si trasferisce all'interno del consiglio comunale, dopo che Chesio riesce a conquistare la maggioranza [Ivi, fasc. 10, 8/2/1862, foglio del Ministero dell'Interno in cui si dà conto che:
diversi consiglieri ed abitanti di Loreglia fanno reclami contro quel sindaco che dichiarano troppo parziale verso la frazione di Chesio,
domandando pertanto lo scioglimento del comune stesso; Ivi, fasc. 12, Irregolarità sulle elezioni comunali. Si veda in particolare un'Inchiesta sulle elezioni comune di Loreglia ad opera della Regia giudicatura di Omegna in data 2/9/1861. Il ricorso da parte di Giovan Battista Cane rende esplicito il conflitto, poiché:
Gli elettori della frazione di Chesio, interessati acché l'elezione non vada nulla, sostengono che le liste vi erano visibili, mentre che i due elettori di Loreglia, che soli presero parte contro il prestabilito accordo di astenersi, affermano che le liste elettorali non vi erano].
Fonti
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A.C.L. (Archivio Storico-Civico di Loreglia)
A.C.L., b. 1, perg. 2, Contradizione e appellazione contro una sentenza della comunità di Loreglia per alpe Balmuzia, 14/10/1417;
A.C.L., b. 5bis, Relazione di perizia del tenimento Bagnone per la questione tra Buglio e Loreglia e il comune di Luzzogno;
A.C.L., b. 13, fasc. 12, Confini territoriali. Vertenza con comune di Luzzogno; fasc. 18, Nomina due rappresentanti per la divisione con Buglio del tenimento Bagnone;
A.C.L., b. 18, fasc. 29, Progetto di regolamento sullo stramatico e buscaglio, 1866.
A.C.L., b. 21, fasc. 4, Atto di convenzione per l'alpe Bagnone, trascrizione di atto mancante del 1572;
A.C.L., b. 65, fasc. 4, Regolamento per godimento in natura di beni comunali, 1874-1914;
A.C.L., b. 88, fasc. 1, Ordinato generale dei capi di casa della comunità di Loreglia concernente la fissazione dei boschi comunali di Tensa e di vari altri statuti locali, 1712.
A.S.M. (Archivio di Stato di Milano). Vedi inventario.
A.S.M., Confini parti cedute, cart. 24, fasc. 11, Communis Loreliae et Chesij, 23/6/1722.
A.S.N. (Archivio di Stato di Novara). Vedi inventario.
A.S.N., Dipartimento dell'Agogna, cart. 552, risposta di Fornero al prefetto del 7/11/1807;
A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni I° versamento, b. 415, Loreglia: fasc. 2, Servizio religioso per la frazione Chesio, Supplica alla prefettura da parte di alcuni abitanti della frazione perché sia confermato un parroco in Chesio, 20/8/1869; fasc. 4, Taglio d'erbe sui tenimenti comunali, 30/7/1865; fasc. 7, Separazione del bilancio comunale della frazione Chesio, 6/5/1863; fasc. 10, 8/2/1862, foglio del Ministero dell'Interno; fasc. 12, Irregolarità sulle elezioni comunali, in part. Inchiesta sulle elezioni comune di Loreglia ad opera della Regia giudicatura di Omegna in data 2/9/1861; fasc. 14, Mutuo attivo di lire 500 proveniente dal legato Sale, 16/3/1862; fasc. 19, Accettazione del legato della Marchesa Giovanna Maria Cerruti. Controfirmato dalla Regia intendenza provinciale di Pallanza, in data 21/1/1859;
A.S.N., Provincia di Novara, cart. 573. fasc. beni comunali, foglio del Corpo reale del genio civile, 7/3/1939; ivi, vendita reliquati di terreni, 7/6/1939;
A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni, III° versamento, b. 43, Loreglia, fasc. 5, beni comunali, Incarico al geometra Vittorio Beltrami da Omegna per regolamento di confini in località "Pianaccia", 15/3/1958.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete,  Borgonio B 5 Nero, Mazzo 1, v. immagine 2 ("CARTA / DEL / BURGOGNO"). Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16) (Note: Sul verso: "Alto Novarese". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 1 nero), 1772. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, v. immagine 3 ("CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA […]"). Borgonio (Ingegnere) Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16) (Note: Sul verso: "Carta II. / Che contiene il Novarese alto, e basso, / Vigevenasco, e la Valle di Sesia, con la maggior parte del / Biellese, e Vercellese, e piccola parte del Ducato d'Aosta, e / delle Provincie d'Ivrea, e Lumellina con lo Stato di / Milano, Cremasco, Bergamasco, e parte de' Svizzeri, / Bresciano, Cremonese, Principato di Pavia, / e Lodigiano". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero) [Stagnon 1772]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Mazzo 2,"CARTA TOPOGRAFICA / DELL'ALTO NOVARESE / DELLA VALLE DI SESIA / E DELLA / RIVIERA / D'ORTA" Carta Topografica dell'Alto Novarese, della Valle di Sesia e della Riviera d'Orta; sulla scala di 1/95040: senza data e senza signatura. [Note : Sul verso: "Turin [...] 5 Mai 1808" ), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto teresiano. Allegato A, Mappe catastali teresiane, Mazzo:  Portafoglio 203, Circondario di Pallanza, Mandamento di Omegna, Lorelia e Chesio,  Lorelia et Chesio Pieve d'Omegna Ducato di Milano, fatta in occasione della misura generale di questo Stato dal geometra Ferdinando D'Orenbeque, principiata lì 27 maggio e terminata li 16 agosto 1722. Assistito da Enrico Lucca, Pietro Mangone, Gioachino La Croix e Rocco Buget et Giuseppe Gabotte. Coppiata dalli dissegnatori Gerolamo Givone e Francesco Antonio Novarese in fogli 23  (Data: 1722). Fogli 1-23. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario di Pallanza, Mappe,  reti poligonali, linee territoriali, Mazzo 53, Loreglia, Mappe originali del comune di Loreglia e Rilevamenti particellari (Data: 1861). Fogli 1-5. Vedi mappa.
A.V.N. (Archivio Storico Diocesano di Novara). Vedi inventario.
A.V.N., Visite pastorali, t. 259, 1735, vescovo Giberto Borromeo; Visite pastorali, t. 299, Loreglia, ff. 95 e segg., 27/5/1759, vescovo Balbis Bertone. In particolare: Nota de Beneficij esistenti nel distretto della parrocchia di S. Gottardo del luogo di Loreglia, 1759; Nota de capitali dell'oratorio della BV delle Grazie di Loreglia con gli interessi decorsi e non pagati; Interrogatio a Giovanni Stefano Ferrari sui capitali del beneficio Giuppini di Chesio,  26/5/1739;
A.V.N., Teche, Loreglia, t. 1, Lista delli creditori della Compagnia del Santissimo Sacramento eretta nella parocchiale di S. Gottardo nella terra di Loreglia; Lista delli creditori della Compagnia del Santissimo Rosario eretta nella parocchiale di S. Gottardo nella terra di Loreglia, 13/8/1652; t. 1, Costituzione in patrimonio di una cappellania a favore del chierico Bernardino Cane fattogli da Giovanni Cane del medesimo luogo, 15/9/1701; t. 1, Fasc. Carteggio, foglio della Curia vescovile di Novara del 6/9/1939; t. 1, Fasc. Suppliche e corrispondenza, Supplica del parroco Ferdinando Barbaglia di Loreggia, lettere al vescovo del 29/11/1945 e 21/6/1945.
C.U.C., (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino)
C.U.C., b. 38, Loreglia, fasc. usi civici di pascolo e legnatico, Risposta del sindaco Cane del 2/12/1925; b. 38, Loreglia, fasc. Geom. Torrero, Sentenza nella causa del comune di Casale Corte Cerro per i terrieri di Montebuglio ed il comune di Valstrona, per i terrieri di Chesio e Loreglia, 25/6/1931; b. 38, Loreglia, fasc. Decreto di conservazione promiscuità fra i frazionisti di Montebuglio e di Loreglia e Chesio del comune di Valstrona, Alpe Bagnone, Petizione del podestà di Valstrona e del commissario prefettizio di Casale Corte Cerro del 24/6/1938 e Ordinanza del Ministero per l'agricoltura e per le foreste del 6/12/1938; b. 38, Loreglia, fasc. usi civici di pascolo e legnatico, Decreto di chiusura del 26/6/1941;b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, sottofasc. Geom. Torrero, Ordinanza del commissario del 19/8/1960; b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, sottofasc. Geom. Torrero, ratifica del 23/1/1973; b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Approvazione del verbale dell'amministrazione separata dei beni civici di Chesio, 21/10/1973; b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Il Commissario alla regione Piemonte e al sindaco di Loreglia, 5/12/1973; b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Comunicazione da parte del perito Giuseppe Torrero in data 14/5/1974, Cravanzana;  b. 38, Loreglia, fasc. Corrispondenza, Lettera di Clorindo Cane del 15/5/1975 al Commissario;
C.U.C., b. 69, Valstrona, fasc. Val Strona costituito con RD 22/12/1927 dei soppressi comuni di Fornero, Forno, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, Sambughetto, Sentenza nella causa del comune di Casale Corte Cerro per i terrieri di Montebuglio ed il comune di Valstrona, per i terrieri di Chesio e Loreglia, 25/6/1931; b. 69, Valstrona, fasc. Val Strona costituito con RD 22/12/1927 dei soppressi comuni di Fornero, Forno, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, Sambughetto, Relazione sulle risultanze dell'istruttoria eseguita per l'accertamento degli usi civici nel comune di Valstrona (Novara), 4/8/1938.
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Descrizione Comune

Loreglia

Loreglia si sviluppa come comunità sulla base anzitutto della relazione con gli alpeggi, o alpi,  e le relative pratiche, che si riflettono nell'intenso dibattito sugli usi civici. In tal senso, pare evidente lo scollamento tra comune amministrativo/giurisdizione e comunità tout court.
     La nascita della comunità pare legata alla necessità di regolare i diritti di uso delle alpi, in particolare per quel che riguarda l'alpe Bagnone di Chesio o la Loccia. Non è un caso che la più antica ricorrenza della comunità "Chesio" riguardi una sentenza del 1453 in cui si cercano di definire i confini tra Chesio, Luzzogno, Massiola e Loreglia [Cane 1907, p. 13]. Uno dei problemi maggiori consiste nella regolazione dei diritti sui compascui, terreni cioè soggetti a usi civici assieme ad altre comunità, e sottoposti anche, almeno nel nostro caso, a un regime di comproprietà. La questione riguarda soprattutto le alpi con il maggior valore economico, e si risolve in una comunione di usi tra comunità. Si parla a tal proposito di "società" tra comunità, per esempio in un atto del 1722 [Notta delli particolari homini di Chesio, Comune di Loreglia come per società anticha possediamo in comunione ad altri particolari di Luzogno, Inuggio et Massiola, un tratto di pascolo in montagna, dove si dice l'alpi di Maecglia o sia campanaro, situato tra li comuni di Luzogno, Buglio, Loreglia, e Chesio, e Massiola et altri particolari pure di Chesio, e Luzogno per confini de loro propri pascoli, anno 1722 ali 6 settembre, cit. in Cane 1907, p. 33, e rogato poi dal notaio Boretti di Luzzogno il 24/9/1782]. Si noti peraltro come Chesio e Loreglia siano considerate due comunità perfettamente distinte, nonostante da un punto di vista fiscale e giurisdizionale rientrassero sotto il cappello "Loreglia".
    I regolamenti locali raccolti nel 1712 parlano di Loreglia e Chesio assieme, anche se di fatto si rivolgono soprattutto a quest'ultima comunità dove gli usi civici erano più numerosi e importanti economicamente, tanto da essere citati esplicitamente dallo storico locale Felice G. Cane come "Statuti di Chesio" tout court, nonostante nella promulgazione si faccia chiaro riferimento ad entrambi gli insediamenti:
[h]avendo la Communità di Loreglia e Chesio Valle di Strona Giurisdizione d'Omegna in pubblico Consiglio fatto diversi ordini, e statuti [Cane 1907].
Non a caso, le elezioni dello stesso anno premiano come rappresentanti della comunità un console originario di Chesio e il rettore di San Rocco, vale a dire della parrocchia di Chesio.
     Una particolare enfasi è portata dagli statuti sulle modalità con cui si può appartenere a questo genere di comunità. In particolare, la possibilità di "tenere fuoco" con diritto di pascolo non può essere rilasciata a stranieri:
se prima non havaranno addimandato licenza in pubblica piazza ali uomini d'essa comunità, quale si dovrà concedere con la limitazione di quei termini che a loro parerà bene" [Cane 1907, p. 21, punto 10 degli statuti di Chesio].
Gli statuti si risolvono così, piuttosto tipicamente, in un lungo regolamento inteso a definire l'utilizzo delle risorse locali (boschi, pascoli, pesca). Tuttavia, essi non prevedono la nomina di persone specificamente incaricate dalla comunità alla sorveglianza dei campi; invece, fanno riferimento a individui di volta in volta nominati informalmente dal console o dal rettore di San Rocco, facendo intendere che l’esercizio di vigilanza era gestito a livello comunitario.
     In generale, possiamo parlare di un rapporto sfrangiato fra comune e gruppi locali, i quali danno vita a “comunità di pratiche” largamente indipendenti dalla comunità fiscale e amministrativa. Come è stato notato, esiste un “rapporto complesso tra confine territoriale e uso pastorizio dell’alpe” [Palmero 2007, p. 148; si veda anche Boyer 1990], il quale tende a segmentare, oppure, all’opposto, a unire diverse comunità, dando vita a “comunità di pratiche” o di usi, che comprendono insediamenti facenti capo a diverse comunità fiscali.
     Questa relazione sfilacciata permane anche dopo che Loreglia si stacca da Omegna e diventa un comune amministrativo a tutti gli effetti. Il passaggio dell'amministrazione degli usi civici dai consorzi frazionali al comune amministrativo, che avviene nel 1906, non sembra cambiare di molto le cose [C.U.C., b. 69, Valstrona, Fasc. Val Strona costituito con RD 22/12/1927 dei soppressi comuni di Fornero, Forno, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, Sambughetto, Relazione sulle risultanze dell'istruttoria eseguita per l'accertamento degli usi civici nel comune di Valstrona (Novara), 4/8/1938]. Il tipo di economia a cui dà vita lo sfruttamento degli usi civici è, generalmente, tutt'altro che immediato da captare. I processetti del 1722, concepiti come preparazione per il catasto di Carlo VI, si pongono in particolare il problema dell'autonomia alimentare del paese, una questione tradizionale nelle inchieste sulle comunità di antico regime. Secondo le interrogationes:
Li terreni del commune di Loreglia e Chesio sono in parte prati asciutti, in parte aratori vitati, et in parte bosco castanile, da taglio, brughiere e zerbidi. 
In particolare:
Nel lavorativo si semina della segale in ragione di uno staro nostra misura per pertica e se ne racoglie tre in quattro stara misura ordinaria compresa la semenza. Il vitato renderà circa due brente di vino nostra misura per pertica al anno, il prato renderà circa un fasso e mezzo di fieno per pertica, et il castanile renderà un frutto di circa soldi sette per pertica all'anno compreso il buono con l'inferiore. Il terreno lavorativo e prato valerebbe circa £100 alla pertica, e la selva come sopra £20.
Nonostante queste produzioni, tuttavia, si poneva un chiaro problema di bilancia commerciale a livello comunitario:
De grani, vino et altro se ne comprano più tosto che vendere, benché quasi tutti li huomini sijno per il mondo a guadagnarsi il vitto" [A.S.M., Confini parti cedute, cart. 24, Fasc. 11, Communis Loreliae et Chesij, 23/6/1722].
La comunità, all'epoca,  contava 490 anime. In effetti, questa descrizione per quanto estemporanea indica un problema economico fondamentale per la comunità. Se cioè tutti i comunisti godevano dei diritti di pascolo, alpeggiavano e potevano installare casere, evidentemente soltanto poche famiglie erano in grado di praticare con successo un commercio su vasta scala dei prodotti. Quest'ultimo sembra essere stato in particolare il caso dei Cane, che erano comunque una parentela molto ampia.
     La retorica sull'economia degli alpeggi si snoderà in realtà su altre coordinate, sottolineandone la povertà di fondo e, di conseguenza, quella del paese. Per esempio,  il comune amministrativo di Valstrona così puntualizzava a proposito dei diritti di promiscuità:
Sull'alpe Bagnone sorgono stalle e casere, costruite dai terrieri di Loreglia-Chesio e di Monte Buglio con uso promiscuo tra di loro. Stante le miserevoli condizioni della popolazione di tutta la vallata, che vive dei semplici prodotti di latticini o della produzione e lavorazione del legno, specialità di Valstrona, è da escludersi ogni possibilità di alienazione o legittimazione dei beni comunali [C.U.C., b. 69, Valstrona, fasc. Val Strona costituito con RD 22/12/1927 dei soppressi comuni di Fornero, Forno, Germagno, Loreglia, Luzzogno, Massiola, Sambughetto, Sentenza nella causa del comune di Casale Corte Cerro per i terrieri di Montebuglio ed il comune di Valstrona, per i terrieri di Chesio e Loreglia, 25/6/1931].
     Le interrogationes condotte nel corso dei processetti del 1722 additano (anche qui, seguendo un'interpretazione tradizionale) l'emigrazione quale principale mezzo per colmare questo divario. Come suggerisce implicitamente lo stesso Felice G. Cane,  l'emigrazione e la parallela costruzione della ricchezza in sede locale sono da valutarsi in base alle parentele. Quest'ultime sono interpretabili come veri e propri gruppi poli-funzionali, in parte dediti all'emigrazione, in parte alle economie locali, spostando le loro forze in maniera strategica a seconda delle circostanze. Pare comunque acquisito che i grandi acquisti granari siano finanziati attraverso questa logica di accumulo, che muove risorse attraverso i territori per mezzo della dispersione della parentela, come ad esempio nel 1602 allorché i Chesiani acquistarono collettivamente dai Borromeo grani per 384 lire [Cane 1907, p. 16].
     Sono proprio i membri dei due casati più importanti, i Cane e Gianoli, a inserirsi a Torino come negozianti di ferro, una delle specialità della valle, fino a divenire fornitori ufficiali del Regno nel Settecento [Cane 1907, p. 17]. Forse anche l'assenza di beni esenti sull'intero territorio del villaggio, segnalata dai processetti, è l'indizio della creazione di una maglia di solidarietà parentale corrispondente all'intera comunità, che elimina alla base la necessità di staccare enclaves privilegiate corrispondenti ai maggiori lignaggi [A.S.M., Confini parti cedute, cart. 24, Fasc. 11, Communis Loreliae et Chesij, 23/6/1722, peraltro da leggersi in correlazione con il basso livello di tassazione della giurisdizione]. L'emigrazione a Torino è da ricondurre proprio a queste famiglie allargate; a tal proposito, un documento segnala che i Gianoli nel 1693 avevano acquistato due terzi di una piazza di calzolai:
con tutti gli arnesi, istrumenti, ed altre cose che spettano a detta piazza con le ragioni ad essa spettanti e competenti in vigore de privilegi concessi all'Università de zavattini, qual piazza è posta nella città di Torino nel cortone di S. Gabriel.
Significativamente, l'altro terzo della piazza era posseduto da Guglielmino Manzoni proveniente da Loreglia [Cane 1907, pp. 18-19]. Un'emigrazione altrettanto intensa era diretta a Vigevano, dove "un tempo vi furono fino a dieci botteghe di calzolai di Chesio" [Cane 1907, p. 11].
     La comunità pare inoltre attraversata da flussi transnazionali riconducibili a questa emigrazione prestigiosa fondata sulla parentela. La famiglia Job rappresenta probabilmente il caso più rilevante. Provenienti dai ranghi della piccola nobiltà rurale trentina soggetta al Principato, nel 1604 ottennero da Rodolfo II la nobiltà imperiale ereditaria. Pur non essendo chiaro quando giunsero a Chesio, svilupparono in età moderna un commercio di oggetti di legno tornito almeno fra tre differenti regioni alpine, ovvero Tirolo, Valstrona e Grigioni, in ciascuna delle quali risiedevano membri della famiglia [Cane 1907, pp. 66-69].
     Più complesso ancora il caso dei Cane, la parentela più numerosa di Chesio e Loreglia, al centro di un sistema di alleanze matrimoniali che copre entrambe le comunità ("Non credo che vi sia a Chesio una sola famiglia, la quale non abbia avuto qualche relazione di parentela coi Cane", dice Felice G. Cane, lo storico locale di Chesio discendente della famiglia [Cane 1907, p. 86]. Parte di una parentela estesissima che si era diffusa nel Basso Medioevo tra Liguria, Lomellina, Monferrato, i Cane erano passati poi in Vall'Anzasca, dove erano titolari di alcune miniere, e quindi in Val Strona nel Quattrocento [Vd anche scheda Macugnaga]. A Chesio essi investono progressivamente sempre di più, come si nota in particolare da fondazioni più tarde, la maggiore delle quali quella dell'Istituto Cane di Chesio [comprendente un asilo infantile e una scuola mista unica di grado inferiore], fondato il 10/8/1928 con lascito da parte di Giuseppe Michele Cane [A.C.L., fondo Istituto Cane; l'anno successivo fu eretto in ente morale con Regio Decreto del 26 luglio 1929, n. 1698 ].
     L'immigrazione temporanea di cui parla Felice G. Cane è perciò da riferirsi a una complessa circolazione di migranti in seno alle parentele, perlomeno le più estese (sicuramente i Job, i Cane, i Gianoli), ragion per cui i singoli finivano per "turnare" tra differenti luoghi e potevano così ritornare frequentemente in montagna.
     La sfera d'azione della beneficenza è ritagliata in maniera originale su una distribuzione per focolari. In tal senso, essa sembra ricalcare i meccanismi della confraria di Santo Spirito, assente in questa comunità; in maniera analoga alle confrarie,  prevale infatti nella comunità un'idea di carità rivolta all'insieme dei terrieri e non ad una lista di poveri [Torre 2011]. Al comune spetta per esempio l'amministrazione di un legato del sale:
il cui interesse deve annualmente convertirsi nella distribuzione di tanto sale ai fuocolanti del luogo [A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni I° versamento, cart. 415, fasc. 14, Mutuo attivo di lire 500 proveniente dal legato Sale, 16/3/1862].
La pratica è certamente almeno seicentesca, poiché la distribuzione del sale focolatim è accertata già in alcune liste di distribuzione [Cane 1907, p. 25], ed era stata in seguito prevista esplicitamente da alcune donazioni private, quali il legato della Marchesa Giovanna Maria Cerruti [A.S.N., Prefettura affari speciali dei comuni I° versamento, cart. 415, fasc. 19, Accettazione del legato della Marchesa Giovanna Maria Cerruti. Controfirmato dalla Regia intendenza provinciale di Pallanza, in data 21/1/1859]. Il testamento della marchesa risaliva al 16/9/1840 e legava un capitale di £3.000 lire per destinare una quantità di sale a tutti i focolari di Chesio e Loreglia]. Funzionante secondo le medesime modalità, esisteva anche un legato del riso, fondato da Gio. Batta Boggietti nel 1712, con un capitale di £1000 lire [Cane 1907, p. 26].
     La connessione di questi legati con le istituzioni religiose e in particolare i benefici è evidente; un indizio in questo senso lo fornisce proprio la storia del legato del riso, che dura fino al 1740 allorché è inserito in una cappellania, decretando dunque la fine delle distribuzioni. La stessa sorte sembra aver subito quello del sale, che più tardi rientra come legato generico all'interno della chiesa parrocchiale di San Gottardo [A.V.N., Teche, Loreglia, t. 1, Fasc. Carteggio, foglio della Curia vescovile di Novara del 6/9/1939].
     Benefici e prebende segnano profondamente la vita comunitaria. La prebenda parrocchiale è uno dei temi fondamentali attorno a cui si coagula la comunità, come mostra la separazione della cura di Chesio da Loreglia. Il Libro del cantone di Chesio consiste in un'oblazione fatta da tutti i terrieri per costituire la prebenda, la quale viene così a coincidere con un luogo (altrimenti detto cantone) che si autonomizza dal punto di vista parrocchiale [cfr. Oblazione fatta dai terrieri di Chesio per formare la prebenda parrocchiale, 1833, cit. in Cane 1907, p. 39].
     La vita delle istituzioni religiose in genere appare importante per questi insediamenti alpini anche in tempi recenti. Ancora nel 1945, la proposta del parroco loregliese di unire alla sua parrocchia i:
seguenti Alpi: Quaggione, Rolaccio, Vance, Colletta, Strevo, Rosaccia dato che i proprietari son tutti loregliesi e Loreglia ne è il paese più vicino
incontra una reazione recisamente negativa da parte di Germagno, il cui popolo "si sentì sconcertato e allarmato". L'accordo già raggiunto tra i due parroci sfuma così rapidamente. Nell'ottica dei terrieri, l'appartenenza parrocchiale mantiene infatti una capacità maggiore di influenzare gli insediamenti e i diritti locali rispetto al comune amministrativo [A.V.N., Teche, Loreglia, t. 1, Fasc. Suppliche e corrispondenza, Supplica del parroco Ferdinando Barbaglia di Loreggia, lettere al vescovo del 29/11/1945 e 21/6/1945].
     Tipicamente, i benefici consistono perlopiù in crediti capitali. Il beneficio più importante, fondato a S. Rocco di Chesio dall'arciprete Giuppini, consiste in sei capitali per un totale di £8018 , che conferiscono al 5 per cento una rendita di £409 annue. Come chiarisce un'interrogazione a Giovanni Stefano Ferrari per accertarsi della fondatezza del beneficio, la strategia finanziaria dell'arciprete aveva privilegiato i censi rispetto ai depositi ("Suppongo siano tutti capitali censi perché il fu sig. arciprete Giuppini voleva fossero censi, e non depositi"), e si era incentrata sulla richiesta di garanzie e anche sul ricorso a forme di riscossione forzata:
sono tutti esigibili, e si pagano da tutti senza contradizione, benché qualche volta il fu sig. arciprete Giuppini, vivendo, sia obligato a lasciar correre qualche papelle contro qualcheduno che tardava il pagamento, il che fatto veniva pagato puntualmente. [ A.V.N., Visite pastorali, t. 299, ff. 201-202, 26/5/1739, interrogatio a Giovanni Stefano Ferrari].
Il beneficio risulta fondato, dunque, su prestiti concessi con grande attenzione a diversi individui dall'arciprete Giuppini nel corso della sua vita, poi fatti confluire dentro San Rocco. Il beneficio è in seguito integrato da una colletta degli uomini di Chesio, derivante dalla rinuncia al legato di Gio. Batta Boggietti, vale a dire il fondatore dell'annuale distribuzione di riso che si teneva precedentemente nella comunità. Quest'ultima considerazione illumina il rapporto tra legati e costruzione della comunità, con un travaso dei crediti accumulati dai terrieri attraverso il lascito di Boggietti, i quali vengono destinati a un beneficio che gioca un ruolo importante nel processo che porta all'autonomia della cura di Chesio.