Peveragno

AutoriComino, Giancarlo
Anno Compilazione1996
Provincia
Cuneo
Area storica
Cuneese.
Abitanti
4876 (ISTAT 1991).
Estensione
6836 ha (ISTAT 1991).
Confini
A nord Beinette, a est Chiusa Pesio, a sud Limone Piemonte e Boves, a ovest Cuneo.
Frazioni
Il territorio comunale comprende alcune frazioni e borgate montane: S. Giovenale, Madonna dei Boschi, Montefallonio, Pradeboni, in pianura si trovano quelle di S. Margherita e di S. Lorenzo.
Toponimo storico
Piperanium, Piperagnum, quest'ultima pura variante grafica che si afferma nel latino notarile a partire dal XV secolo, forse dietro influenza della lingua parlata. L'origine del toponimo è stata variamente interpretata, anche in modo fantasioso: la più attendibile pare essere quella di Bertano, che la fa risalire ai Pipa, antica famiglia morozzese detentrice di vasti beni nei territori di Morozzo, Chiusa e Cuneo [Ristorto 1990, p. 18]. Il primo documento che lo riporta è una vendita fatta a favore dei certosini di Pesio del 25 settembre 1299 [Comba 1983, p. 58].
Diocesi
Peveragno fa parte della diocesi di Asti fino al 1388, quando rientra nel territorio assegnato alla nuova diocesi di Mondovì.
Pieve
«Plebs Baennarum superiorum» (Beinette): la bolla di Eugenio III del 1153, confermando alla Chiesa di Asti il possesso della pieve di Beinette, le assegna anche il castello di Forfice (Comba 1983, pp. 57-58). La situazione è immutata nel 1345, allorché alla stessa è sottoposta un'unica chiesa, senza intitolazione santorale, la «ecclesia de Forficibus» (Conterno 1988, p. 27).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Parrocchia dell'Annunciazione di Maria SS., con chiesa di origine medievale, ma ampliata e modificata nel 1725. Sono inoltre presenti: la cappella di S. Pietro in Vincoli; l'oratorio della confraternita di S. Croce; il Santuario della Madonna dei Boschi (o del Borgato), nell'omonima frazione; la vicaria curata autonoma di S. Margherita, fondata il 20 ottobre 1953, con la cappella gentilizia di Tetto Grosso; la parrocchia di S. Giovanni Battista, con chiesa di origine medievale, ampliata nel 1771; la cappella di S. Pietro di Forfice, legata all'antico insediamento che precede la fondazione di Peveragno; la Parrocchia di S. Giovenale, già dipendente da quella di S. Giovanni Battista e costituita autonomamente nel 1916; la parrocchia di S. Lorenzo, già succursale di quella di S. Giovanni Battista, fondata nel 1946; la Parrocchia di S. Maurizio in Pradeboni, staccata da quella di S. Maria per la distanza dal capoluogo (3 km) ed eretta in forma autonoma da mons. Ghilardi nel 1844; la parrocchia-santuario della Madonna delle Grazie in Montefallonio (Monfajonis), anch'essa anticamente faceva parte di quella di S. Maria, da cui fu separata nel 1944 per essere poi costituita in parrocchia autonoma nel 1982; le cappelle di S. Rocco, S. Giorgio, S. Margherita, S. Bernardo, S. Magno; il convento dell'ordine domenicano, eretto nella seconda metà del Quattrocento con un vicariato di religiosi sotto la guida del padre maestro Biagio Berra, inquisitore; il monastero delle clarisse con chiesa dedicata ai Santi Bovo e Pietro martire, soppresso nel 1579, le sue rendite vengono assegnate al seminario di Mondovì (Annuario 1978, pp. 86-89; Ristorto 1990, pp. 113-127; Scher 1878, pp. 50-52).
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Forfice: la villa deve essere sorta tra il 1041 e il 1153; gli estremi cronologici sono forniti dal diploma imperiale di Enrico III del 26 gennaio 1041 e dalla bolla di Eugenio III già citata; nel 1151 troviamo per la prima volta un «Fulchardus de Forfece». Essa sorgeva tra il Pesio e il Colla, a due chilometri circa di distanza dall'attuale Peveragno, e la particolare conformazione della valle, che si biforca in due vallette più anguste per il frapporsi di una propaggine della Bisalta, spiegherebbe il nome «Forfex», cioè forbice. L'insediamento fu abbandonato nel XIV secolo (Comba 1983, pp. 57-58).
Comunità, origine, funzionamento
Numerosi atti della certosa di Pesio attestano l'esistenza di una comunità ben organizzata a livello politico già nell'antico insediamento di Forfice: nel 1251 i suoi sindaci rinunciano ai diritti di camparia che il comune e gli uomini del luogo possiedono sui castagneti di proprietà della certosa per 40 soldi (Ristorto 1990, p. 15). Per avere una attestazione della presenza di un organismo comunitario nella nuova villa occorre attendere la seconda metà del Trecento, al momento della concessione degli statuti da parte del marchese di Monferrato.
Statuti
Concessi dal marchese Giovanni II di Monferrato e confermati, con qualche aggiunta, da Teodoro II il 1 dicembre 1384, comprendono 148 capitoli, suddivisi in quattro collazioni (Statuta loci Piperagni 1616). Nell'archivio comunale sono conservati i Bandi campestri (1676; 1712; 1729); i Regolamenti di polizia urbana e rurale (1853-55; 1865-1927); e il Regolamento di polizia rurale (1867-1932) (AC Peveragno, cat. III, cl. 2, cart. 166).
Catasti
Registri catastali dal n. 1 al n. 40 (1610-1915); matrici catastali in 12 voll. (1770­1914); mutazioni di proprietà, 4 voll. (1818-1877); mappa in 58 ff. su tela (1839-1910); planimetrie delle alpi comunali Costarossa e Rotonduto; planimetrie sciolte delle delimitazioni di proprietà (XX secolo).
Ordinati
1590-1630; 1680-1706; 1712-1717; 1721-1723; 1725-1726; 1729-1730; 1733­1735; 1752-1764; 1767-1772; 1774-1776; 1778-1794; 1796-1804; 1802-1810; 1816-1831.
Dipendenze nel Medioevo
Dalla villa di Forfice, località incastellata che è alle origini dell'attuale Peveragno, si denominano dei signori che compaiono per la prima volta nel 1200: il 3 aprile di quell'anno, ad un atto di vendita ai Certosini di Pesio è presente un Raimondo «de Forfice», al quale, come signore del luogo, il venditore consegna una pezza di castagneto perché ne investa i monaci, ricevendo in cambio quanto previsto come acconzamento (Caranti 1900, II, p. 133). Nel 1212 egli compare nella clientela del vescovo di Asti; l'anno seguente riconosce di tenere in feudo da quest'ultimo quanto possiede non solo in Forfice, ma anche in Chiusa, Mirabello e Beinette, e gli giura fedeltà (Il Libro Verde della Chiesa di Asti, I, doc. 41, p. 93; II, doc. 232, p. 104). Successive investiture da parte dell'episcopato astigiano attestano la sopravvivenza dei signori di Forfice fino al 1349, quando, accanto all'antico luogo da cui si denominano, compare ormai la villa e il castello di Peveragno (Ristorto 1990, p. 18).
Feudo
Tramontata la potenza del vescovo di Asti, quasi in coincidenza con l'istituzione della nuova diocesi di Mondovì, Peveragno è dominata dal marchese di Monferrato, che concede gli statuti, e poi dal principe d'Acaja. Passata ai Savoia nel 1419, viene infeudata con Boves nel 1605 a don Amedeo di Savoia, nel 1611 a Gerolamo Germonio e l'anno seguente al principe Tommaso. Il 4 marzo 1621 viene concessa ai fratelli Cesare e Francesco Grimaldi di Boglio col titolo comitale, e a questa famiglia rimane fino al periodo dell'occupazione francese (Ristorto 1990, pp. 71-84).
Mutamenti di distrettuazione
Nella competizione tra le villenove di Cuneo e di Mondovì per la formazione di un proprio distretto, Peveragno rientra precocemente (prima metà del XIV secolo) nella sfera di influenza della prima, senza che traspaiano contestazioni; l'istituzione delle province non modifica uno stato di fatto ormai acquisito: Peveragno è assegnata a quella di Cuneo.
Mutamenti Territoriali
Il territorio, per come viene a costituirsi a seguito delle liti con le comunità vicine, rimane invariato.
Comunanze
Un «consegnamento» del 1713 registra beni, pascoli e gerbidi per 9600 giornate, posti sulla montagna detta «Bisimalda» (Bisalta), una parte delle quali (le alpi di Balma, Morteis, Prato Vinero), già alienate nel 1679 a Sebastiano Pennello, con la condizione di sottoporle a registro per un ammontare di 31 soldi all'anno; gerbidi paludosi, giare arenose e sassose presso i torrenti Colla e Biale (AC Peveragno, cat. I, cl. 4, Consegnamenti, n. 35; cl. 9, Liti, n. 138). Nel 1730 vengono censite poco meno di 2760 giornate di boschi, scese ad appena 1751 nella «consegna» del 15 maggio 1771 (AC Peveragno, Consegnamenti, n. 35).
Un'ampia documentazione di questo secolo è conservata nell'archivio del Commissariato per la liquidazione degli usi civici: l'ispettore capo forestale nel 1925 rileva che fra il 1776 e il 1874 la comunità di Peveragno aveva venduto a diversi abitanti della frazione Pradeboni i beni della regione Rotonduto, riservandosi il diritto di godimento promiscuo, che si è ulteriormente ristretto dopo la formazione del nuovo catasto, in quanto la maggior parte di loro si è fatta intestare tali beni come se fossero di pertinenza esclusiva. Il perito comunale, sulla base del catasto descrittivo e non avendo rintracciato i contratti, non è in grado di accertarli; per farli emergere dunque si ricorre ad un escamotage: li si invita, per mezzo del loro parroco, a presentarsi allo stesso perito per farsi diminuire la tassa agricola.
Nel 1936 vengono liquidati gli usi civici per il pascolo e il legnatico, versando al comune una somma di denaro; da una relazione dello stesso anno risulta che le terre di uso civico di Peveragno superano di poco i 1485 ettari. Due particelle vendute senza l'autorizzazione del Ministero dell'Agricoltura vengono recuperate dal comune nel 1977, invece un'altra particella viene riscattata l'anno prima dalla signora che l'ha avuta in eredità dal padre versando la somma di 19.700 lire (CLUC, Provincia di Cuneo, Peveragno, cart. 163).
Liti Territoriali
Con Cuneo e Beinette per i confini (1395-1715); con Chiusa per confini e pascoli (1585-1774).  Risale al 1436 la vera e propria delimitazione dei confini tra Chiusa e Peveragno, per cui è intervenuto il consiglio ducale di Amedeo di Savoia, dopo una mediazione del priore certosino, con approvazione anche del marchese Bonifacio di Ceva: i nuovi termini apposti -- si direbbe -- traggono solo in parte spunto da una conformazione del suolo che non suggerisce nette demarcazioni, e comunque la delimitazione non impedirà il fatto che i Peveragnesi continuino a sfruttare secondo determinate condizioni boschi e pascoli della comunità chiusana; inoltre occorre reiterare l'operazione nel 1496, perché alcuni termini sono stati mossi [Camilla 1985, pp. 275-325, docc. 4 e 5,  e pp. 382-404, doc. 15]. La questione però non è mai definitivamente appianata, se ancora nel 1765 occorre piantare nuovi termini, mentre nel 1776 si affrontano pendenze territoriali con la più settentrionale Beinette [A.C.C.P., Ordinati, voll. 94 e 96; vd. anche schede Beinette e Chiusa di Pesio].
     Con Cuneo e Boves per confini, pascoli e acque (1754-1763) [A.C.P.,  cat. II, cl. 9, cartt. 127-134].
Fonti
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Cuneo).
Documenti, vol. 13, nn. 4-5.
A.C.C.P. (Archivio Storico del Comune di Chiusa di Pesio).
A.C.C.P., Ordinati, voll. 94 e 96.
A.C.P. (Archivio Storico del Comune di Peveragno):.
A.C.P., cat. I, Infeudazioni e Diritti signorili;
A.C.P.,cat. I, cart. 2, Privilegi e concessioni, nn. 10-12;
A.C.P.,cat. I, cl. 4, Consegnamenti, n. 35; cl. 9, Liti, n. 138;
A.C.P.,cat. II, cl. 9, cartt. 127-134; cat. III, cl. 2, cart. 166.
A.C.P., cat. V, Proprietà comunali, alpi e selve, cart. 191, nn. 134-136.
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Provincia di Cuneo, Peveragno, cart. 163
Bibliografia
Bertano L., Storia di Cuneo. Medioevo (1198-1382), I-II, Cuneo 1898.
Camilla, Piero,  La vicenda de La Chiusa di Pesio sino allo stato moderno attraverso i suoi documenti, Cuneo, Biblioteca della Società per gli studi storici, archeologici e artistici della Provincia di Cuneo, 22, 1985.
Caranti A., La Certosa di Pesio. Storia illustrata e documentata, I-II, Torino 1900.
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di
Sardegna, XIV, Torino 1846, pp. 424-429.
Comba R., Metamorfosi di un paesaggio rurale. Uomini e luoghi del Piemonte sud- occidentale fra X e XVI secolo, Torino 1983.
Conterno G., Pievi e chiese tra Tanaro e Stura nel 1388, in La diocesi di Mondovì: le ragioni di una storia. Miscellanea di studi storici nel VI Centenario 1388-1988, Farigliano 1988, pp. 7-55.
Diocesi di Mondovì, Annuario 1978, Mondovì 1978.
Guglielmotti P., I signori di Morozzo nei secoli X-XIV: un percorso politico del Piemonte meridionale, Torino 1990 (BSS 206).
Il Libro Verde della Chiesa di Asti, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1907 (BSSS 26). Ristorto M., Peveragno nei secoli, Cuneo 1990.
Scher T.S., Monografia di Peveragno. Memorie storiche e statistiche, Mondovì 1878. Statuta Communitatis Bovisii, Taurini 1703.
Statuta loci Piperagni, Monteregali 1616.
Descrizione Comune
Peveragno
     Il territorio dell'attuale Peveragno si distende alle pendici della Bisalta (2404 m) e ha rivelato, anche recentemente, tracce di insediamenti celto-liguri; appartiene linguisticamente all'area occitana, di cui occupa l'estremità orientale. Il nucleo storico più antico del paese è delimitato dall'ambito del ricetto, ed è sorto nel Trecento più a valle dell'antico castello di Forfice, di cui rimangono sparse tracce nella zona di Madonna dei Boschi. È sempre arduo stabilire esatte connessioni tra antico e nuovo insediamento: pare accertato che il castello di Forfice garantisse un buon punto di appoggio nel controllo della fascia pedemontana, che metteva in comunicazione con i passi alpini più agevoli; una presenza dei signori di Morozzo (Guglielmo di Morozzo) è attestata per il 1168 (Guglielmotti 1990, pp. 127-128; 163-164).
     Se da un lato Forfice vive dello sfruttamento di estesi castagneti, dall'altro l'espandersi delle acquisizioni territoriali della certosa di Pesio nel corso del Duecento contrasta vivacemente la presenza dei «domini de Forfice», che si legano al vescovo di Asti per vedersi riconosciuti i loro diritti non solo in quest'ultima località, ma anche in Chiusa, Mirabello e Beinette. Il villaggio è dotato di una vita comunitaria organizzata già nel 1235, in grado di trattare, nel 1251, con i certosini con il beneplacito di Raimondo di Forfice; anche il notaio è del luogo. Nell'istituzione comunale pare avere una parte rilevante l'«hospicium» dei Broperi, e tre di loro fanno formale rinuncia nel 1256 ad un credito dovuto dalla certosa di Pesio (Ristorto 1990, pp. 15-18).
     È la nascita della villanova di Cuneo e il suo espandersi nel XIV secolo che determina i più vistosi cambiamenti nella zona, unitamente alla competizione tra i poteri sovralocali, Acaja e Monferrato soprattutto. Assistiamo così a tentativi, prima timidi, poi sempre più convinti, di formare un distretto da parte di Cuneo e di Mondovì: le due villenove intendono assicurarsi il controllo di aree che insistono sui valichi alpini e sulla pianura, per coordinarne le potenzialità economiche e sfruttarle a livello politico. Il territorio del nuovo villaggio di Peveragno, più che non quello di Forfice, su cui però non sappiamo quasi nulla, sembra favorire questo approccio dinamico: il 15 luglio 1395, con la mediazione dei due vicari, quello sabaudo di Cuneo e quello monferrino di Peveragno, vengono delimitati i confini delle due comunità, segnati dal torrente Colla; Cuneo potrà stabilire in essi campari e custodi delle vigne, degli alteni e di altre proprietà, mentre gli uomini di Peveragno saranno tenuti a pagare il fodro e le taglie come i Cuneesi (AC Cuneo, Documenti, vol. 13, n. 5).
      Il passaggio al dominio degli Acaja consente di ottenere privilegi e immunità, che verranno gelosamente difesi fino al tempo di Emanuele Filiberto, in particolare acquisiscono la facoltà di imporre il giovatico e il pedaggio per le merci transitanti sul loro territorio, potranno tenere il mercato ogni lunedì e la fiera a S. Andrea, il libero uso dei mulini e dei forni del paese (Ristorto 1990, pp. 24-26).
     La ricchezza di acqua è alle origini di controversie lunghe ed estenuanti con le comunità vicine, dalle quali Cuneo e Mondovì cercano di trarre il massimo profitto: già nel 1334 la lite per la bealera Vermenagna aveva coinvolto anche le comunità di Castelletto e Montanera, confermate a Cuneo fino ad arrivare ai confini di S. Albano, mentre Mondovì avrebbe potuto spingersi fino al territorio di Morozzo e allo Stura, se entro la Quaresima avesse potuto dimostrarne il diritto (AC Cuneo, Documenti, vol. 13, n. 4). Nel 1424 vengono delimitati quelli con Boves, in particolare per quanto riguarda le «alpi»: Peveragno ottiene quelle in direzione di Vernante, con libero transito, sulla via che conduce a questo luogo, delle bestie cariche di fieno e castagne. I pastori lamentano però che l'erba non è sufficiente e che sono costretti ad andare su altre alpi oltre la Colla, alle quali non possono accedere se non attraversando il territorio di Boves: si conviene che due «probiviri», uno di Beinette e uno di Vernante, debbano dirimere la questione (Statuta Communitatis Bovisii 1703, pp. 168-175).
     Il Quattrocento è il secolo delle limitazioni territoriali, che permarranno fino alla perequazione del secolo XVIII: nel 1426 vengono fissati quelli con Beinette e nel 1435 quelli con Chiusa; nel 1442 si stabilisce che gli uomini di Peveragno dovranno far registrare nel catasto di Cuneo quei beni immobili che possiedono o possiederanno nel territorio di quest'ultima, con reciproca esenzione da gabelle e taglie (Ristorto 1990, pp. 42-46). La comunità ottiene numerose conferme dei propri privilegi, tra cui la facoltà di possedere «pascoli et paschuaggi con le fidanze del pascolar tutte le bestie forastiere d'ogni sorte, che di tempo in tempo vengono pascolar sopra il finaggio e territorio di Peveragno, et montagne, alpi, selve e boschi di detto luogo» (1563); nonostante sia ricca di acque, si vede costretta a chiedere al duca di poter costruire una bealera per condurle dal finaggio di Roaschia, suscitando l'opposizione di Cuneo e di Boves. Il privilegio viene revocato, quando l'opera era già stata compiuta ed erano stati sborsati 1000 ducati [A.C.P., cat. I, cart. 2, Privilegi e concessioni, nn. 10-12].
     Importante snodo per la condotta del sale da Limone a Villafalletto, Peveragno ne acquista ogni mese 25 «carrate», con un costo di 100 scudi; contribuisce all'aggravio del carico fiscale la vicinanza dei due «porti» di Cuneo e di Mondovì, inoltre da circa dieci anni per le liti con la prima, con Boves e Chiusa, il registro è diminuito di 30 lire. Il quadro, dunque, che emerge dalla supplica inviata al duca Carlo Emanuele I nel 1584 è fortemente negativo, anche per le molte «tempeste e fallanze»: la richiesta è di una diminuzione del tasso (AC Peveragno, cat. I, cart. 2, Privilegi e concessioni, n. 12). La risposta è l'infeudazione del luogo, insieme con Boves, prima, per breve tempo, al fratello naturale del duca, poi a Gerolamo Germonio e a Tommaso di Savoia, infine ai marchesi Grimaldi di Boglio con titolo comitale (1621): ciò provoca l'aumento del tasso sul sale e la perdita dei diritti sui mulini, i forni e le gabelle, che la comunità si era visti riconoscere al momento della dedizione ai Savoia (Ristorto 1990, 71-74).
     Uno dei momenti chiave per la definizione di quella parte del territorio che insiste su più comunità è la vertenza per i beni di Riforano, Ceresana, Praforchetto e Trucchi dove corrono i confini tra i distretti di Mondovì, di Cuneo e la comunità di Beinette. Mondovì concede a Peveragno 800 giornate entro le regioni sopra indicate, in cambio del pagamento di 70 fiorini all'anno di censo, ma mantiene tutti i diritti sulle acque che vi scorrono; nella regione dei Trucchi viene eretta in seguito una cappella intitolata a S. Rocco «per averlo a protettore contro le febbri ed altri mali facili ad incogliersi in quei luoghi allora paludosi e malsani», mentre la cura pastorale è demandata ancora al parroco di Santa Maria, che vi mantiene la piena giurisdizione.
     A inizio Settecento ai Trucchi abitano circa 300 persone che, pur comprese nel territorio di Morozzo, non hanno reciso i loro legami con il luogo d'origine: anche quando ottengono, con decreto vescovile di mons. Isnardi il 20 giugno 1716, l'erezione di S. Rocco in parrocchia, si riservano la facoltà di poter battezzare i loro bambini in Santa  Maria «quando loro aggrada, onde poter godere dei privilegi concessi ai nati e battezzati in essa» [Scher 1878, pp. 56-59]. L'editto della perequazione porta ad una riconsiderazione dei termini confinari: di qui le ricognizioni di metà Settecento, con Cuneo, Chiusa e Boves, tendenti a preservare il diritto di pascolo e l'uso delle acque, che alimentano i mulini,che Peveragno ha riscattato dai marchesi Grimaldi [A.C.P,. cat. I, Infeudazioni e Diritti signorili; cat. II, Liti].
     Nella seconda metà dell'Ottocento si assiste a consistenti vendite di beni comunali, che non fanno altro che dare, in molti casi, sanzione legale ad appropriazioni da parte di particolari, che la comunità non potrebbe mai recuperare: tra il 1875 e il 1923 vengono così vendute la regione Pasturina, la selva comunale Filous, il bosco Eremita, la selva Balmasso, il gerbido Rassano, la selva Nuvolent; altri boschi e pascoli vengono ceduti nel 1925 alla Direzione Generale delle Foreste [A.C.P., cat. V, Proprietà comunali, alpi e selve, cart. 191, nn. 134-136]. Il fatto che Peveragno non venga preso in considerazione nel progetto di riordinamento circoscrizionale di epoca fascista depone a favore di una compattezza del suo territorio che la pressione dei comuni di Cuneo e Mondovì aveva contribuito non poco a determinare.