Bonvicino

AutoriMorandini, Cesare
Anno Compilazione1996
Provincia
Cuneo
Area storica
Alta Langa.
Abitanti
127 (ISTAT 1991); 125 (SITA 1996).
Estensione
7,23 kmq (ISTAT 1991; SITA 1996).
Confini
A nord Dogliani e Somano, a est Bossolasco, a sud Murazzano, a ovest Belvedere Langhe.
Frazioni
Lovera. Vedi mappa.
Toponimo storico
«Bonovicino» (1325) (Conterno 1986, p. 111).
Diocesi
L'«ecclesia de Bonovicino» l’antica parrocchia di S. Lorenzo, compare nel registro delle Costituzioni del vescovo della diocesi di Alba del 1325 (Conterno 1986, p. 111). Passa alla diocesi di Saluzzo con bolla del 29 ottobre 1511 (Conterno 1986, p. 260), da questa alla diocesi di Mondovì con bolla del 20 ottobre 1817 (Amedeo 1989, p. 170).
Pieve
La chiesa di Bonvicino, con il titolo di S. Giacomo, appartiene alla circoscrizione di Dogliani della diocesi di Alba nel 1325 (Conterno 1986, p. 111).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nel secolo XII la chiesa di Bonvicino sotto il titolo di San Giacomo apparteneva all’abbazia benedettina di Spigno (Conterno 1986, p. 111)
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Non si hanno attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
La prima attestazione dell’esistenza di un insediamento è del secolo XII (Conterno 1986, p. 111); data l’assoluta esiguità della documentazione storica reperibile, le prime tracce dell’attività di un organismo comunitativo funzionante risalgono al Settecento.
Statuti
Non rilevati.
Catasti
Nell’archivio comunale sono conservati il registro catastale entrato in vigore il 16 gennaio 1788 (AC Bonvicino, Primo libro del Catasto. Catasto della comunità di Bonvicino), un libro dei trasporti dal 1869, uno dal 1871, uno dal 1884.
Ordinati
Delibere del consiglio comunale soltanto a partire dal 1891.
Dipendenze nel Medioevo
Nel comitato di Alba (Atlante 1973, tav. 5); cade poi, forse nel corso del Duecento come per Murazzano, nella signoria dei Saluzzo. Dal 1432 rimane in possesso, per due anni, di Francesco Sforza, generale visconteo, che lo restituisce ai marchesi di Saluzzo per l’intervento di Amedeo VIII di Savoia. Insieme al resto del marchesato di Saluzzo passa ai Savoia nel 1601 (Pio 1920, pp. 11-12).
Feudo
Nei domini dei marchesi di Saluzzo probabilmente a partire dal Duecento. Del 1364 è la prima attestazione della signoria (Giovannino di Saluzzo dei signori di Bonvicino), nel 1397 omaggio prestato dai Saluzzo al marchese di Monferrato per Bonvicino come feudo già da tempo in loro mano (Morozzo 1894, III, p. 132). Dal 1432 al 1434 è in mano a Francesco Sforza, generale visconteo, che lo restituisce ai marchesi di Saluzzo per l’intervento di Amedeo VIII di Savoia (Casalis 1834, p. 443). Attorno al Cinquecento i Savoia infeudano di Bonvicino i Ranieri di Cherasco, poi Giovanni D’Agliè dei conti di S. Martino. In seguito, nel 1549, si verifica la consignoria del presidente del marchesato Bernardino Porzio di Fossano, e dei Saluzzo di Mattone (nel 1539, Manno 1891, III, p. 185). Nel 1590, ormai dopo la riduzione dei titoli feudali a puramente onorifici e venali, passa per 1/3 a Domenico Belli d’Alba, gran cancelliere di Savoia; da questi, per via ereditaria femminile, ai Dal Pozzo, che ricevono il titolo di conte nel 1620. Nel 1746 Bonvicino è infeudata alla famiglia Corte (Manno 1891, III, p. 185).
Mutamenti di distrettuazione
Dal marchesato di Saluzzo ai domini sabaudi nel 1601(Pio 1920, pp. 11-12); nel Settecento nella provincia di Mondovì, e da questa a quella di Cuneo (1859).
Mutamenti Territoriali
Diminuito della frazione Lovera con R.D. del 27 gennaio 1884 con decorrenza dal 1 aprile 1884; il prov­vedimento viene revocato nello stesso anno.
Comunanze
Nel Settecento sopravvivono dei beni comuni antichi solo alcune giornate di bosco e gerbido, per lo più affittate a particolari, in regione Costato e al confine con Murazzano. Tracce pure di una discreta quantità di terreni di uso civico occupati dalla parrocchia locale (14 giornate e 32 tavole).
Liti Territoriali
Lite del 1884, sia pure di natura particolare, tra Bonvicino e Murazzano per il mantenimento del possesso della frazione Lovera.
Fonti
A.C.B. (Archivio Storico del Comune di Bonvicino)
A.C.B., Primo libro del Catasto. Catasto della comunità di Bonvicino [1788].
 
A.C.M. (Archivio Storico del Comune di Murazzano)
A.C.M., carte sparse: Copia di verbale del Consiglio comunale di Murazzano del 8 ottobre 1885
A.C.M., carte sparse: Memoria di don Giacinto Giuliano [1885];
A.C.M., carte sparse: Supplica a S.S.R. Maestà. “I sottoscritti elettori” [s.d.].
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, Mazzo 55, Mondovì, registro universale.
A.S.T., Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, Mazzo  90, fasc. 15: Mondovì comune et immune.
A.S.T.,Camera dei Conti, Articoli  616 e 619.
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, B, Mazzo  37.
Bibliografia
Amedeo R., Chiesa e clero nell’età napoleonica, in La diocesi di Mondovì. Le ragioni di una storia, Mondovì 1989, pp. 137-187.
Atlante storico della provincia di Cuneo, Novara 1973.
Casalis G., Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, II, Torino 1834.
Conterno G., Dogliani. Una terra e la sua storia, Dogliani 1986.
Manno A., Promis V., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino 1891.
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del monteregale ora Mondovì in Piemonte, Mondovì 1894.
Pio G.B., Cronistoria dei comuni dell’antico mandamento di Bossolasco con cenni sulle Langhe, Alba 1920.
Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno D’Italia, Torino (annate 1865 e 1884).
Descrizione Comune
Bonvicino         
          La povertà della documentazione antica su Bonvicino ha impedito una ricerca organica sulla sua storia territoriale; è stato nondimeno possibile individuarne alcuni caratteri peculiari, inserendo oltretutto tale povertà documentaria come elemento significativo.
     Il principale dei caratteri costanti di Bonvicino nei secoli appare essere l’estrema debolezza degli organismi comunitativi nell’intervenire nella gestione del territorio di loro competenza, debolezza che a tratti dà la suggestione addirittura della loro inesistenza. È il caso, ad esempio, della considerazione delle liti territoriali: non ve n’è traccia, nemmeno in fondi archivistici di comuni limitrofi. Eppure, da una ricerca toponomastica indiretta basata su liti tra altri comuni si è potuto constatare indirettamente come i confini di Bonvicino siano mutati nel corso dei secoli, con aggiustamenti di vario tipo, anche consistenti. Le ragioni di tale debolezza vanno forse ricercate nelle ristrette dimensioni del comune, che poteva non giustificare la gestione dei beni comuni attraverso il funzionamento di organismi comunitativi articolati, ma probabilmente soltanto attraverso una gestione personalistica e poco incline pertanto a lasciare traccia in atti ufficiali e formalizzati. Tale gestione non ha lasciato di sé nessuna testimonianza, nemmeno indiretta, fino al Settecento.
     In questo quadro si inseriscono altre due anomalie di Bonvicino: in primo luogo, in relazione e in gioco dialettico con la debolezza della comunità, la forza economica della parrocchia, che gestisce in proprio l’affitto di boschi e la raccolta di noci; in secondo luogo, il perdurare della consistenza dei beni feudali, che si mantiene ancora per buona parte del Settecento: per Bonvicino il processo del loro dissolvimento per conversione in beni allodiali per accatastamento – che può essere letto come un segno di modernizzazione nell’assetto del territorio – è stato più lento che per altre località della zona.
     Come rappresentazione gustosa della dialettica comune-parrocchia, giocata nel senso di una competizione/complicità in cui la parrocchia è l’elemento forte, costante della vicenda di Bonvicino, legata all’esiguità di un territorio poco popolato e povero, e del suo uso per la difesa dell’autonomia amministrativa del piccolo comune v’è il caso esemplare della lite dell’ultimo Ottocento per il mantenimento della frazione Lovera. In questa vicenda entrano tutti gli elementi caratteristici della situazione bonvicinese: la gestione personalistica del potere, sia comunale che parrocchiale, che a tratti appare come “extralegale”; la forza della parrocchia rispetto al comune, l’alleanza comune-parrocchia di fronte al pericolo della scomparsa – che vale per entrambi – della loro giurisdizione e del loro potere e in definitiva di Bonvicino come entità autonoma; il ritardo – dovuto a tutti questi concomitanti elementi – verso una sorta di modernizzazione dell’amministrazione territoriale, ritardo che si esplicita palesemente nella contrapposizione con il confinante comune di Murazzano nel corso della lite. Nel 1449 fu risolta una lite tra Bossolasco e Murazzano a proposito dei confini tra le due comunità e del possesso di un appezzamento sito nell’ultima appendice a nord dell’attuale territorio di Murazzano, ossia la porzione di terreno corrispondente all’attuale foglio IX del catasto compresa tra il corso del Belbo, il fossato di un suo affluente e la strada provinciale da Alba e Murazzano. Notizie sulla lite sono contenute nel esaminato da Pio [Pio 1920, pp. 74-75].
     È interessante notare come la descrizione dei confini secondo il piantamento dei termini svoltosi il 10 giugno 1449 che sanciva la composizione della vertenza, ci permetta – sia pur col beneficio dell’ipotesi – di definire alcune differenze di confine rispetto alla situazione attuale. Partendo da ovest, il confine con Bonvicino in corrispondenza con l’area contesa – non messo in discussione dalla lite – era segnato dalla via Tagliata, così come ora corre in prossimità della via Bossolasco-Murazzano. È però forse errato pensare ad una sovrapposizione pura e semplice delle due strade nei secoli: infatti esiste, nel territorio di Bonvicino, già nella valle del Rea più in basso dell’attuale strada, un toponimo «Tagliata», in cui passano alcune strade campestri: è possibile che dunque la via Tagliata fosse più a ovest della strada Bossolasco-Murazzano, e che dunque il confine con Bonvicino, per Murazzano, fosse diverso da quello attuale, ossia si spingesse alcune centinaia di metri più a nord. Procedendo ancora verso ovest, il piantamento dei termini avvenne individuando come confine tra Murazzano e Bossolasco il fossato delle Uvie, piccolo ruscello affluente del Belbo, che può corrispondere verosimilmente al vallone su cui il confine corre ancora oggi. Il confine fu fatto coincidere quindi con il corso del Belbo, com’è ancora. Oggi però il confine se ne distacca presto, e rimane per un buon tratto un poco più a valle della strada Bossolasco-Murazzano; nel 1449 fu invece fatto passare direttamente dal corso del Belbo alla via Qualandia. L’unica ipotesi che mi pare plausibile è che tale via corrisponda comunque alla strada Bossolasco-Murazzano che corre sul crinale, visto che secondo gli statuti la via toccava la Braida Gatti, e ancora oggi esiste un toponimo Gatti lungo quella strada; perché tale ipotesi abbia senso occorre ovviamente che valga quanto detto per la via Tagliata, ossia che questa dovesse correre nell’attuale territorio di Bonvicino, toccando la regione interessata dall’odierno toponimo.
     Se dunque vale questa ipotesi, i confini tra Bossolasco, Murazzano e Bonvicino dovevano essere leggermente diversi dagli attuali, e la regione contesa, che oggi forma una specie di appendice strozzata del territorio di Murazzano in quello di tre altri comuni (Bonvicino, Bossolasco, San Benedetto Belbo) essere ampia circa il doppio dell’attuale, rosicchiando una certa quantità di territorio a Bonvicino. Come detto all’inizio, però, non v’è traccia di liti o accordi tra Bonvicino e i comuni interessati alle mutazioni territoriali intervenute nell’area dal Quattrocento al Settecento, ossia Murazzano e Bossolasco.
     Nei dati rilevati in occasione della Misura Generale del 1703 riportati nei successivi registri della Perequazione settecentesca la comunità di Bonvicino risulta in possesso di quasi 15 giornate tra castagneti, boschi di altro genere e gerbidi, indicati tutti come «beni antichi della Comunità». Nel 1721, secondo quanto indicato dalla comunità medesima, viene però precisato più in particolare il tipo del possesso, ridimensionando alquanto l’estensione dei beni di uso civico. Innanzitutto i beni comuni sono saliti a 19 giornate e 20 tavole; di queste però, secondo una sovrapposizione curiosa e inusuale delle due “giurisdizioni” comunitaria e parrocchiale, ben 14 giornate e 62 tavole sono possedute dalla parrocchia di Bonvicino; delle pezze rimanenti, poi, soltanto 30 tavole sono effettivamente tenute dalla comunità, ed il resto è affittato a particolari [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 21, Mazzo 90, f. 15]. L’affitto dei beni comuni – non accatastati - avviene per incanto annuo al miglior offerente; si tratta di boschi di noci di una certa importanza economica, situati lungo il torrente Rea in regione Costato. I registri della Perequazione precisano però che la raccolta delle noci è sempre più scarsa e di basso reddito, e che quindi l’affitto pattuito annualmente è ogni anno più basso. Le 30 tavole dei beni di uso civico vero e proprio sono terre gerbide situate al meridionale confine con Murazzano: probabilmente ultima traccia di beni comunitativi antichi ben più ampi in quella Libro degli Statuti di Bossolasco,Mondovì comune et immune). regione. (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21, m. 78: immuni e comuni
     Dall’esame del catasto settecentesco più tardo si evince che il processo di depauperazione del patrimonio delle terre comuni testimoniato ai tempi della Perequazione era allora già compiuto, e non è ulteriormente proceduto. Sono attestate infatti all’incirca le stesse pezze già registrate come affittate a particolari per incanto o di uso civico, per un totale di 4 giornate e 84 tavole; la maggior parte è indicata però come di nessun valore, segno forse che l’uso agricolo della raccolta delle noci, già in crisi nel primo ventennio del secolo, è ormai decaduto, e così forse lo stesso affitto per incanto. È ancora solida la proprietà feudale di Giuseppe principe della Cisterna, conte di Bonvicino: circa 141 giornate, che commisurate alle 1677 complessive di beni allodiali – oltretutto cresciute dai primi del Settecento di 157 giornate, segno, al di là della probabile diversità dei criteri e della perizia dei rilevamenti, del procedere del processo di accatastamento dei beni feudali – rimangono in proporzione ancora sostanziose (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21, m. 55: Mondovì, consegna beni[1721]).Mondovì, registro universale collettabile e immune [1713]).
     Relativamente importanti anche i possedimenti di congregazioni religiose esterne a Bonvicino, quale la Congregazione di S. Filippo di Murazzano (circa 13 giornate) e il convento del Carmine di Dogliani (circa 8 giornate) [A.C.B.], della comunità di Bonvicino La frazione Lovera del comune di Bonvicino, benché da sempre appartenuta a questo comune, alla fine dell’Ottocento non ha una strada che la colleghi direttamente e agevolmente al capoluogo; per recarvisi, i Loveresi devono passare per l’abitato di Murazzano; la stessa frazione appare geograficamente appartenente all’area murazzanese piuttosto che a quella di Bonvicino.
      I Loveresi inoltre hanno alcuni motivi di lamentale nei confronti del loro comune: si disinteressa completamente della manutenzione delle strade e dell’edificio scolastico della frazione. Forse già in passato gli abitanti della Lovera hanno cercato di distaccarsi da Bonvicino, ma non v’è traccia di liti. Probabilmente è solo con la promulgazione della legge del Regno d’Italia che regolamenta la vita amministrativa e politica delle amministrazioni comunali e provinciali del 20 marzo 1865 (n. 2248) la prospettiva di un distacco si fa concreta e raggiungibile. Secondo quella legge una borgata ha la possibilità di staccarsi dal comune di appartenenza e aggregarsi ad un altro per decreto reale se la domanda viene firmata dalla maggioranza degli elettori di quella frazione, viene approvata dal consiglio provinciale e da quello del comune cui la frazione intende aggregarsi ( Gli abitanti della Lovera dunque si impegnano, nei primi anni Ottanta del sec. XIX, in operazioni burocratiche ed elettorali fino a giungere alla realizzazione delle loro istanze: con Regio Decreto n. 1909 del 27 gennaio 1884 la frazione è staccata da Bonvicino e aggregata a Murazzano, con decorrenza a partire dall’aprile di quell’anno ( 277).
     Subito l’amministrazione di Murazzano compie alcuni atti amministrativi a favore dei Loveresi: fa riaprire la scuola, chiusa per un contenzioso in corso con il curato della parrocchia succursale di Bonvicino, inizia la progettazione di una nuova strada più agevole per il collegamento con la frazione. Bonvicino però non intende subire passivamente la perdita della Lovera, essenzialmente per due motivi: in primo luogo la frazione rappresenta per la comunità il maggiore nucleo di popolazione di tutto il territorio, probabilmente superiore a quello dello stesso capoluogo, ed il suo distacco significa una riduzione drastica del peso demografico e politico del già piccolo comune, che corre, vista la sua estrema esiguità, il pericolo addirittura di una soppressione; in secondo luogo, la chiesa della Lovera è una succursale della parrocchia di Bonvicino, ed è retta da un prete combattivo e, come si vedrà in seguito, legato per motivi suoi peculiari al partito dei Bonvicinesi: forse entrano dunque in gioco i timori che un passaggio Primo libro del Catasto. Catasto[1788]).Raccolta ufficiale 1865, p. 417).Raccolta ufficiale 1884, IV, p. amministrativo della frazione a Murazzano possa trascinare con sé anche il passaggio della chiesa alla parrocchia di Murazzano, con conseguente impoverimento della parrocchia di Bonvicino della sua succursale più popolosa. Per rispondere al distacco della frazione i Bonvicinesi cominciano ad avere un atteggiamento ostile a quelli della Lovera, ed attuano un piano spregiudicato ed ingegnoso, almeno secondo il racconto di parte loverese [A.C.M, , carte sparse]: prevedeva che, una volta attuata l’aggregazione di una nuova frazione, i due comuni interessati dovessero ricompilare le loro liste elettorali in base alla nuova situazione demografica e procedere a nuova elezione degli organi amministrativi; approfittando di tale revisione, sempre stando al racconto dei Loveresi, l’amministrazione di Bonvicino avrebbe manipolato anche le liste vecchie nella parte concernente gli elettori della Lovera, facendo risultare in qualche modo che tali elettori non fossero stati in numero sufficiente per costituire una maggioranza in grado di sottoscrivere la domanda di distacco dal loro comune.
     La protestata manipolazione delle liste ebbe un immediato effetto: il decreto di distacco venne annullato. Già nel settembre i Loveresi mandarono una supplica a Sua Maestà, denunciando l’accaduto, e richiedendo la sospensione del decreto di revoca. La corte d’Appello di Torino ordinò il blocco delle iscrizioni nelle liste elettorali contestate, e le stesse elezioni comunali seguite al ritorno della Lovera a Bonvicino furono annullate per il vizio delle liste, in cui non erano stati reinseriti gli elettori loveresi. Per via della vertenza che si era aperta tra i due comuni, la collocazione amministrativa effettiva della Lovera rimase incerta per alcuni anni: anche se il periodo murazzanese ufficiale della frazione non superò lo scorcio del 1884, ancora nel 1886 Murazzano effettuava spese per la scuola della Lovera, comportandosi come se essa gli appartenesse ancora, probabilmente nella speranza che la vertenza ancora indecisa si volgesse a proprio favore. Pochi anni dopo – non è stato rintracciato alcun documento a riguardo – la frazione dovette tornare a tutti gli effetti sotto Bonvicino, ove è tuttora.
     La forza della lotta al provvedimento di distacco della Lovera da parte di Bonvicino è rimarchevole, e fa intuire come forse dovessero esserci alla sua base motivi più profondi delle semplici ragioni demografiche. Maggiori lumi a riguardo possono venire forniti dall’esame di una parallela vicenda riguardante la scuola della frazione: testimonia della virulenza della contesa e in particolare delle vertenze che l’annessione dovette far sorgere a motivo dell’ostilità verso Murazzano del parroco-maestro della Lovera, don Giuliano Giacinto. Anche grazie all’azione di quest’ultimo l’annessione non avvenne pacificamente come forse i Loveresi e i Murazzanesi avevano sperato in principio, ed anzi forse proprio la sua battaglia convinse i più a lasciare le cose come erano sempre state, per buona pace di tutti.
     Nel 1885, don Giuliano era curato da ventisei anni della chiesa di S. Martino della Lovera, succursale della parrocchia di Bonvicino; da ventuno era anche il maestro di scuola della frazione. Le lezioni si erano svolte sempre nei due locali attigui alla canonica, tenute sempre da don Giuliano fino al 1881, poi dalla maestra Rimondi, visto che in quell’anno il sacerdote si ammalò di vaiolo. Con il comune di Bonvicino i rapporti non erano idilliaci: proprio nel 1881 don Giuliano fece svolgere alcuni lavori ai locali, chiedendo e non ottenendo il finanziamento del comune; nel 1883 il comune stesso si rifiutò di pagare lo stipendio alla maestra, e dovette provvedere lui stesso. Bonvicino sembrava disinteressarsi alla scuola, lasciandola completamente alla responsabilità del prete. Don Giuliano, però, nei mesi che precedettero l’editto ufficiale di separazione da Bonvicino, quando ormai il distacco, anche se non ancora avvenuto, risultava però cosa ormai certa, cominciò ad avere un atteggiamento ostile nei confronti del nuovo comune. Fece abbattere un muro che separava la canonica dalla scuola, facendole diventare una sola unità abitativa; quando si presentarono gli operai del nuovo comune di Murazzano per Supplica a S.S.R. Maestà. “I sottoscritti elettori” [s.d.]).
     La legge del 1865 prendere possesso della scuola come bene comunale di proprietà di Murazzano, e per svolgere lavori di ampliamento deliberati dal consiglio comunale, don Giacinto si rifiutò di consegnare loro le chiavi, dicendo che l’edificio era casa privata di proprietà della parrocchia. Rimosse i banchi ed il materiale didattico, e chiuse la scuola [A.C.M., , carte sparse, verbale del Consiglio comunale di Murazzano del 8 ottobre 1885] . Il 15 luglio 1884 si svolse un’assemblea pubblica nel palazzo del comune di Murazzano, alla presenza di 300 persone; l’assemblea animatissima durò tutto il giorno, e protagonista dovette essere proprio don Giacinto, che espose le sue ragioni contro chi lo accusava di non voler consegnare le chiavi della scuola al comune. Gli animi, come si dice in questi casi, erano sempre più esacerbati. L’11 dicembre 1885, a scuola ancora chiusa, il prete invia al consiglio comunale di Murazzano un memoriale infuocato A.C.M., carte sparse]: subiti da Murazzano negli ultimi tempi, e difendendo il suo possesso dei locali, dicendo che «ciascuno in casa sua è re». In realtà, anche dal memoriale, il sacerdote avrebbe dovuto avere ragioni di astio con Bonvicino piuttosto che con Murazzano; quest’ultimo in fondo aveva soltanto chiesto l’accesso e l’uso della scuola già in precedenza riconosciuti pacificamente a Bonvicino; Bonvicino, invece, dal canto suo, non aveva pagato i lavori ai locali del 1881, né lo stipendio alla maestra Raimondi, anzi l’aveva «dileggiata». Bonvicino «non ha mai speso una lira» per la scuola, come riconosce lo stesso don Giacinto. Ma allora perché tanto astio verso Murazzano, che viceversa era intenzionato a rinnovare i locali? La risposta dev’essere nelle stesse parole del memoriale: se Bonvicino si è sempre disinteressato della scuola, e non ha mai speso una lira, dall’altro lato però, «sanno perfino i bimbi che il comune di Bonvicino non ha mai elevato la menoma pretesa sulla Canonica di S. Martino», cosa che invece, e a rigore di legge, pretende ora Murazzano.
     Si comprende allora che cosa doveva significare per don Giacinto il passaggio da Bonvicino a Murazzano; sotto l’amministrazione del microscopico comune lui costituiva la principale autorità della frazione, nel disinteresse di quello poteva disporre della scuola come cosa propria, e come tale gestiva lezioni e insegnanti. Murazzano, comunità ben più grande e burocraticamente più efficiente, prometteva più interessamento, e dunque, per il prete, l’abolizione di quei larghissimi margini di discrezionalità di cui aveva goduto da ventuno anni. Il confronto tra Murazzano e il prete si porrebbe insomma come una sorta di scontro tra la modernità dell’amministrazione e un vecchio stile di gestione delle attività pubbliche personalistico e quasi feudale, nutrito dall’inconsistenza dell’autorevolezza del comune bonvicinese, che continuamente oscilla tra la paura di ledere con l’affermazione dei propri diritti sui beni comunali un potere che probabilmente sente ben più forte e radicato del proprio, e il disinteresse – che diventa delega deresponsabilizzante – verso la scuola. L’amministrazione assenteista di Bonvictno, come abbiamo visto, scende in campo al fianco di don Giacinto, per non perdere la sua frazione più popolosa, e probabilmente scomparire anche come comune autonomo. La vertenza è di tipo territoriale, ma la ragione alla base della lite è la resistenza ad un processo di modernizzazione delle strutture amministrative. In sostanza si tratta di una coalizione tra la difesa (Bonvicino) della propria sopravvivenza pur nell’anacronismo della sussistenza di un comune dalle dimensioni così microscopiche da impedire probabilmente persino la distinzione tra gestione pubblica collegiale e potere personale non controllabile, e la difesa (don Giacinto) proprio di un ambito di potere personale sviluppatosi grazie all’impotenza del comune nei suoi confronti.
     È interessante notare come gli sconfitti risultino alla fine i Loveresi, sottoscrittori della domanda di distacco, e il comune vessillo della modernità amministrativa, Murazzano; vincitori, Copia di).Memoria di don Giacinto Giuliano [1885]), elencando tutti i torti gli amministratori di Bonvicino, assenteisti e auto-deresponsabilizzanti verso la frazione della Lovera, spaventati però dalla prospettiva della sua perdita che potrebbe significare anche la loro scomparsa come detentori di un potere, e pronti anche a falsificare le liste elettorali pur di non impoverire ancora il già piccolo peso politico del comune, e il prete-maestro, sceso in campo in difesa semplicemente della sua porzione di giurisdizione nata nello spazio lasciato vuoto dal comune debole e assente. Il comune di Murazzano rispose a don Giacinto che «la sua unica capacità è quella di cavadenti». Il tribunale di Mondovì sentenziò lo sfratto del prete, ma probabilmente, visto il ritorno della Lovera a Bonvicino, questo non fu mai eseguito, e don Giacinto l’ebbe vinta.