Mombercelli

AutoriRaviola, Alice B.
Anno Compilazione2003
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia

Asti.

Area storica

Val Tiglione.

Abitanti

2234 (ISTAT 1991).

Estensione

14,20 kmq.

Confini

A nord-ovest Rocca d’Arazzo, a nord-est Rocchetta Tanaro, a est Belveglio e Vinchio, a sud Castelnuovo Calcea, a sud-ovest Montegrosso d’Asti, a ovest Montaldo Scarampi.

Frazioni

Nessuna frazione amministrativa. Fino al censimento del 1981 erano ritenute tali le località di Ronchi e Variala, già attestate in età moderna, ma attualmente non più in possesso dei requisiti (distanza dal centro abitato, numero di ab.) per costituire frazioni a sé. Lo stesso vale per la Piana, la parte bassa del paese dove risiede parte della popolazione e si trovano numerose attività commerciali. Assai numerosi e persistenti nel tempo, tuttavia, i toponimi relativi alle suddivisioni interne del territorio: Noceto, già attestata nel Medioevo; reg. Pozzolo; Moncucco; Ronchi, Laioli, Tocco (XIX sec.) (Monticone 1957, p. 10); Gazo; Variala; Moncucco; Costarossa; Freto; Nisorella; Vallone; Resio; Crocetta; Fontamersa; Fontanabuona; ecc.

Toponimo storico

«Montebersarius», attestato nel 1182 (Le carte dell’abbazia di San Bartolomeo, p. 46); «Mombersario», «Montebersario» nel XIII secolo (Le carte dell’Archivio capitolare di Asti). Almeno tre sono le etimologie proposte per il toponimo di Mombercelli: Monte «berceaux» (dal francese «pergolato»); «Monbirsan», equivalente a «luogo di caccia», ricordato in una fonte ecclesiastica relativamente recente e non supportato da prove documentarie (Monticone 1957, p. 22); «Monte barcarium», calcato sul lemma tardo-latino birca (una specie di betulla), forse più attendibile in riguardo al tipo di vegetazione presente in loco in età medievale (Fasano, Franco 1999, p. 12).

Diocesi

Mombercelli appartenne a un’enclave a sud del Tanaro, composta anche dalle località di Costigliole, Agliano, Vinchio, Castelnuovo Calcea e Calosso, soggetta alla diocesi di Pavia sin dal X-XI secolo (Bordone 1980, p. 34). Ad essa continuò ad appartenere in età moderna, sotto la vicaria di Costigliole, e sino al 1843, quando fu assegnata a quella di Asti e costituita vicaria a sua volta (Monticone 1957, p. 16).

Pieve

Nessuna attestazione.

Altre Presenze Ecclesiastiche

L’attuale parrocchiale, intitolata a San Biagio, è frutto di ricostruzioni, modifiche, ampliamenti susseguitisi nel corso dei secoli. Sulla base di una notizia ricavata dal Codex Astensis, è stato supposto che il suo primo nucleo fosse costituito dalla cappella del castello che sorgeva sul colle Serra ed era dedicata a Sant’Andrea (Monticone 1957, p. 15). I primi dati certi, però, si ricavano soltanto dalla visita pastorale effettuata da un delegato del vescovo di Pavia nel 1576: egli visitò in primo luogo l’oratorio di San Giacomo, di proprietà della comunità, divenuto luogo di culto principale poiché l’antica parrocchiale, dedicata a San Giuliano, sorgeva fuori dal centro abitato (Cartello 1999, p. 76). Esistevano a Mombercelli anche una compagnia del SS. Sacramento e una confraternita dei Battuti, in linea con altre realtà dell’Astigiano di Antico Regime (Cartello 1999, p. 77; Parola 1999). San Giuliano risultava invece quasi diroccata e anche il cimitero ad essa attiguo, ancora utilizzato, versava in pessime condizioni di manutenzione. Altrettanto poteva dirsi della chiesetta campestre di San Dionigi, ridotta a un cumulo di macerie, e della quale era frequentato dalle famiglie della località, poco fuori il paese, solo il cimitero (Cartello 1999, p. 77).
Nel 1605 la comunità, probabilmente sollecitata dalle autorità ecclesiastiche, deliberò di far costruire una nuova parrocchiale abbattendo l’oratorio di San Giacomo, troppo piccolo per gli usi della popolazione, ed edificandola sullo stesso sito. Fu mantenuta anche la dedicazione a San Giacomo (Cartello 1999, p. 78). Nel 1752 l’edificio, a una sola navata, fu ampliato con la costruzione del coro (Monticone 1957, p. 16). Secondo la Relazione statistica del 1754, la cura delle anime di Mombercelli continuava a spettare alla parrocchiale, dedicata, però, non più soltanto a San Giacomo, ma anche ai SS. Biagio e Giuliano. Se quest’ultimo nome andava a riprendere quello dell’antica parrocchiale ormai del tutto abbandonata, non si hanno spiegazioni plausibili per la comparsa di San Biagio tra i santi protettori della comunità. All’epoca, comunque, la parrocchiale era dotata di un reddito annuo di £ 650 (AST, Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 1, Stato della provincia di Asti, Terre delle Langhe della Provincia d’Asti, c. 10). La parrocchiale fu interessata da alcuni lavori di restauro nel 1826 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 3).
Sempre in età moderna furono costruite a Mombercelli una chiesetta dedicata a San Rocco (probabilmente post 1630) e altre intitolate a San Giuseppe, San Sebastiano e San Tommaso. Altre sorsero nel corso del XIX secolo nelle frazioni di Piana (dov’è appena stata ultimata la costruzione di una nuova chiesa), Variala, Ronchi, Laioli e Costarossa (Cartello 1999, p. 79). Meno chiara la genesi del cosiddetto santuario della Madonna di Fontanabuona, detto oggi della Madonna dell’Assunta, chiesetta campestre già attestata nel 1575, lazzaretto nel XVII secolo e oggetto della devozione popolare per via di un miracolo che vi avrebbe operato S. Antonio (Monticone 1957, p. 16).

Assetto Insediativo

Sito sulla riva sinistra del Tiglione, il paese sorge sulla dorsale che unisce i due colli di San Dionigi e Serra, che danno tuttora il nome a due delle borgate di Mombercelli. Parte delle attività commerciali e delle abitazioni si trovano però in località Piana, lungo la strada provinciale di collegamento con Asti.

Luoghi Scomparsi

Secondo una testimonianza desunta dal Codex Astensis, a Mombercelli, tra XII-XIII secolo, erano presenti ben quattro castelli: uno di questi si sarebbe trovato in località Mons Puteolo (Pozzolo) e avrebbe probabilmente fatto capo a un villaggio fortificato di cui non si ha più traccia (Fasano, Franco 1999, p. 23). Con riferimento al catasto del 1774, invece, risultano scomparse piccole borgate o case sparse corrispondenti ai toponimi di Montrento, Pamperduto, Parniero, Pratorotondo, Vallone di Mussa, «al Cabanone», alla Bellona (dove erano concentrate le proprietà della famiglia Bellone), Val Borrina, Val del Zucco e Vallone del Moro (AC Mombercelli, m. 205, Catasto, 1774).

Comunità, origine, funzionamento

È difficile individuare con precisione una data per la nascita della comunità di Mombercelli. Le prime attestazioni del luogo, infatti, richiamano più che altro all’esistenza di domini loci che ne controllavano il territorio e non all’attività di un comune che a questi fosse alternativo o contrapposto. Un «dominus Enricus Montibersarii», per esempio, compare tra i testimoni di un atto di compravendita di un terreno posto in Vigliano effettuato da tali Baiamot e Anselmo il 27 aprile 1182 (Le carte dell’abbazia di San Bartolomeo, p. 46). In un atto del 2 aprile 1201 riportato dal Codex Astensis (doc. 171) è ancora menzionato Enrico da Mombercelli il quale, insieme con Alberto e Monaco Sardo, Rodolfo da Mombercelli, Alberto Sardo e Merlo da Malamorte (Belveglio), prestarono giuramento di fedeltà alla città di Asti a nome di Mombercelli e Malamorte (Monticone 1957, p. 23). La presenza di domini, più che di rappresentanti della comunità, resta costante anche negli anni successivi: nel 1277 un «Anfossus de Mombersario» fu presente come testimone a un contratto d’affitto stipulato ad Asti tra tre abitanti di Quarto (Le carte dell’Archivio capitolare di Asti, p. 193), mentre nel 1281 il «dominus Henricus Spelta de Montebersario» è annoverato tra i canonici di San Secondo d’Asti (Le carte dell’Archivio capitolare di Asti, p. 245).

Catasti

Catasto della comunità di Mombercelli fatto dal misuratore Carlo Giuseppe Molina, 1774 (m. 205); Libro dei trasporti della comunità di Mombercelli, XVIII-XIX sec. (m. 206); Libro dei trasporti, XIX sec. (m. 207); Atti preparatori, 1724-1896 (m. 210).
     Mappe catastali attuali: vedi mappe.

Ordinati

Il primo volume conservato riguarda gli anni 1564-1574; dal II (1593-1616), la serie è pressoché completa per l’intero Antico Regime.

Dipendenze nel Medioevo

Escludendo il cenno a Mombercelli contenuto nel celebre memoriale apocrifo di Raimondo Turco, signore di Mombercelli e Malamorte (Belveglio) deceduto nel 1092 (Monticone 1957, p. 20), il documento più antico in cui è menzionato il luogo è il testamento del 1125 con il quale Bonifacio del Vasto, discendente di Aleramo, lasciò al minore dei suoi sette figli, Ottone Boverio, la contea di Loreto comprendente Costigliole, Agliano e Mombercelli stesso (Bordone 1983; Provero 1991; Fasano, Franco 1999, p. 17).
Un atto dell’11 marzo 1148 del Codex Astensis fa invece riferimento alla cessione di metà del castello e villaggio di Vigliano fatta dai «signori di Mombercelli» alla città d’Asti. Pare, dunque, che la comparsa di domini loci sia stata piuttosto precoce e che la giurisdizione del luogo fosse frammentata, come tenderebbe a dimostrare la presenza di tre o quattro castelli ipotizzata per Mombercelli medievale. Nel contempo si deduce che sin dal XII secolo la località e la zona circostante (in particolare Vigliano e Belveglio) fossero soggette all’influenza astigiana che andava a intaccare quella del marchese di Monferrato. Lo testimoniano vari atti, sempre riportati dal Codex a ulteriore riprova del legame tra Asti e Mombercelli: il 7 dicembre 1186 Gualfredo di Mombercelli cedette ad Alberto di Canelli le sue porzioni di Mombercelli, Vigliano e Malamorte, cedute poi dallo stesso Alberto ad Asti (Codex Astensis, docc. 20-21); il 26 giugno 1188 Enrico di Mombercelli consegnò ad Asti i suoi beni in Mombercelli e Belveglio; il 13 novembre 1189 Mafredo Tiburo donò ad Asti la quarta parte di Mombercelli, venendone poi investito; pochi giorni dopo, Gualfredo e Alberto Lanerio fecero altrettanto coi propri beni mombercellesi; il 22 marzo 1200 Arnaldo Balzano e Guglielmo, figli di Rodolfo da Mombercelli, giurarono fedeltà al comune di Asti (Codex Astensis, docc. 22-24). Infine, nel 1209 Merlo da Mombercelli vendette al podestà di Asti Enrico Zaccio la sedicesima parte del feudo (Codex Astensis, doc. 136; Monticone 1957, p. 24); nel 1277 il celebre cronista Ogerio Alfieri e i suoi fratelli cedettero al comune di Asti le loro quote di giurisdizione in Mombercelli e nel 1290 le famiglie Catena, Sbarati e Pavesi fecero altrettanto con le loro porzioni (Monticone 1957, pp. 24-29; Codex Astensis, doc. 161). I marchesi di Monferrato non erano dunque riusciti a contrastare il potere astigiano in loco: se nell’aprile del 1206, infatti, il marchese Guglielmo aveva stipulato un accordo con Asti secondo il quale Mombercelli, Vigliano e Belveglio avrebbero dovuto ricadere sotto la dominazione di entrambi, a maggio il patto era già stato sciolto a vantaggio della sola supremazia astigiana (Monticone 1957, p. 28). Nel 1314, come Asti, Mombercelli ricadde sotto il dominio angioino seguendo le sorti del comune di Asti. Alcune sue porzioni, tuttavia, non cessarono di dipendere da vassalli legati ai marchesi di Monferrato o all’Impero come mostra la frammentazione giurisdizionale di Mombercelli in età moderna (Raviola 1999).

Feudo

Sottoposto al controllo di domini di Mombercelli nei secoli XII e XIII e a quello delle famiglie Scarmpi e Turco nel XIV, il feudo ebbe una giurisdizione tripartita per buona parte dei secoli dell’età moderna: nel Cinquecento, infatti, essa risultava divisa in tre parti controllate una dagli Asinari del ramo di Bernezzo, una dai Bellone, famiglia di origine monferrina radicatasi in loco, e una dai Maggiolini, patrizi comaschi e sudditi del Ducato di Milano al cui dominio Mombercelli, terra imperiale, era indirettamente soggetto. Ancora in occasione dei consegnamenti feudali del 1753, il luogo risultava feudo dei Maggiolini per la metà e degli Asinari di Bernezzo e dei Bellone per gli altri due quarti (Manno 1895-1906, vol. I, p. 277; Raviola 1999).

Mutamenti di distrettuazione

Soggetto all’influenza del Contado d’Asti nei primi secoli del medioevo, in seguito al matrimonio di Valentina Visconti con Luigi di Valois (1387) Mombercelli fu tra le terre dell’Astigiano che passarono sotto la dominazione del ducato di Milano. A questo appartenne fino al 1737 quando, durante la guerra di Successione polacca, fu tra le località cedute al Regno di Sardegna (Raviola 1999). Assegnato alla provincia di Asti, ne fece parte fino al 1799 per essere poi aggregato al dipartimento di Marengo, avente per capoluogo Alessandria, durante gli anni della dominazione napoleonica (Sturani 2001). In seguito alla Restaurazione restò alla provincia di Alessandria, ma nella divisione di Asti (AST, Corte, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 1, 1824) e fu costituito capo di mandamento per le circostanti località di Agliano, Belvedere, Castelnuovo Calcea, Montaldo Scarampi, Montegrosso e Vinchio (Informazioni statistiche 1852, p. 2). Al principio del 1834 si diffuse la voce che al luogo sarebbe stato sottratto il titolo (probabilmente a causa di una banda di malviventi, guidata dal mombercellese Pietro Castino, che creò numerosi problemi di ordine pubblico in paese e nei dintorni) (AST, Corte, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 6, 1834). In realtà, il provvedimento non fu attuato e Mombercelli restò a capo del mandamento. Nel 1935, all’atto di costituzione della nuova Provincia di Asti, fu a questa assegnato.
    
In anni recenti ha aderito alla Comunità Collinare Val Tiglione e Dintorni Unione di Comuni.
 

Comunanze

Nel 1848, per ricavare denaro da destinare a lavori pubblici di vario tipo, il comune deliberò la vendita di 17,48 giornate di terreni comunali, suddivisi in 15 lotti, con una base d’asta di £ 6907 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 11).

Fonti

A.C.M. (Archivio Storico del Comune di Mombercelli). R
iordino e inventario D. Frejlino, M. Parola, 1999.


A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, reg. 1, Stato generale in tabelle della provincia d’Asti, tabelle intitolate Terre delle Langhe della Provincia d’Asti; reg. 2;
Camera dei Conti, Feudi imperiali, b. 435, Mombercelli (1556-1731);
Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12 (1824-48).

Bibliografia

Bordone R., Città e territorio nell'alto Medioevo: la società astigiana dal dominio dei Franchi all'affermazione comunale, Torino 1980 (BSSS 200).

Bordone R., Il “famosissimo marchese Bonifacio”. Spunti per una storia delle origini degli Alerami detti del Vasto, in «BSBS», 81 (1983), pp. 587-602.

Bordone R., Proposta per una lettura della Corografia di G. S. Decanis, Asti 1979.

Bordone R., Trasformazione della geografia del potere tra Piemonte e Liguria nel basso medioevo, in Incastellamento, popolamento e signoria rurale tra Piemonte meridionale e Liguria. Atti del Secondo Convegno, Acqui Terme, 17-19 novembre 2000, Bordighera-Acqui Terme 2000.

Le carte dell’abbazia di San Bartolomeo di Azzano d’Asti (952, 1151-1299), a cura di A.M. Cotto, G.G. Fissore, S. Nebbia, Torino 1997 (BSS 214).

Le carte dell’Archivio capitolare di Asti (secc. XII-XIII), a cura di A.M. Cotto, G.G. Fissore, P. Gosetti, E. Rossanino, Torino 1986 (BSS 190).

Cartello F., Sull’antica parrocchiale, in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999, pp. 75-79.

Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1842, pp. 464-466.

Cassioli M., La Chiesa cristiana evangelica di Mombercelli, in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999, pp. 149-160

Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 febbraio 1901, Roma 1902, vol. I.

Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, I, Roma 1887, II-IV, Roma 1880.

Fasano N., Franco L., Paesaggio, economia e dominio signorile a Mombercelli nell’età medievale, in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999, pp. 11-28.

Giannoni D., Castelli e signorie in Val Tiglione nel processo di trasformazione politica del territorio medievale in Asti, in «BSBS», 72 (1974), pp. 401-447.

Informazioni statistiche raccolte dalla Regia Commissione superiore per gli Stati di S.M. in terraferma, Stamperia Reale, Torino 1839 e 1852.

Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999.
Monticone L., Storia di Mombercelli, Asti 1957, riedita in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999.

«Il più acurato intendente». Giuseppe Amedeo Corte di Bonvicino e la Relazione d’Asteggiana del 1786, a cura di B.A. Raviola, Torino 2004.

Provero L., Quadro territoriale e progetti di affermazione dei primi marchesi del Vasto (XII secolo), in «BSBS», 89 (1991), pp. 5-89.

Raviola B.A., Un feudo tripartito: Mombercelli, terra imperiale, ed i suoi feudatari durante il dominio dello Stato di Milano (1538-1736), in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999, pp. 29-74.

Raviola B.A., Il Monferrato gonzaghesco. Istituzioni ed élites di un micro-stato (1536-1708), Firenze 2003.

Renosio M., Una comunità contadina, in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999, pp. 121-134.

Renosio M., La gestione del territorio, in Mombercelli. I primi mille anni di un paese in cui il pane si chiama vino, Asti 1999, pp. 135-148.

Sturani M.L., Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di geografia amministrativa, a cura di Ead., Alessandria 2001, pp. 89-118.

Descrizione Comune

Mombercelli

     Due sono gli aspetti fondamentali della storia di Mombercelli tra medioevo ed età moderna: la frammentazione della giurisdizione del luogo, che ebbe inevitabili conseguenze sull’organizzazione politico-economica della comunità, e la sua posizione di confine tra Contado d’Asti e Stato di Milano che fece del paese un centro commerciale di relativa importanza.
     Partiamo dal primo aspetto. A stipulare patti di alleanza con il comune di Asti sin dal XII secolo furono svariati domini loci, laici e presumibilmente comproprietari di quote del castello. Oltre a più generici «signori di Mombercelli», si trattava di esponenti delle famiglie Alfieri, Balzani, Spelta, Sbarati, Pavesio che progressivamente, tra XII e XIV secolo, accrebbero le proprie prerogative signorili in loco fino a concentrare su di sé, ma sempre frazionati, diritti giurisdizionali ed economici. Alcuni di essi, come gli Spelta, erano anche legati alla Chiesa di Asti: nel 1267, per esempio, il canonico Oddone Spelta acquistò un appezzamento a Quarto e testimoni dell’atto furono «Alexander de Roca, qui stat cum ipso domino Oddone et Gallus Maxella de Montebersario» (Le carte dell’Archivio capitolare di Asti, 1986, p. 509). La presenza di un mombercellese può essere letta come segno dell’incipiente signoria degli Spelta su Mombercelli; non a caso, nel 1281, tra i canonici di San Secondo d’Asti era annoverato un «dominus Henricus Spelta de Montebersario», ormai identificato con il luogo su cui esercitava potere (Le carte dell’Archivio capitolare di Asti, p. 245).
A giudicare da altri documenti dell’epoca disponibili per Mombercelli, la proprietà fondiaria (soprattutto vigneti e campi) era in mano ai vari domini i quali, ciascuno per la propria porzione, provvedevano a farla lavorare da mezzadri legati alla terra da contratti più o meno lunghi e sempre vincolati dalla clausola della melioratio. Essi, inoltre, incameravano tutti i proventi derivanti dall’esercizio della caccia, della pesca, dall’uso di forni e mulini, dai transiti, dalle esigenze di difesa del castello (corveés con turni di guardia e lavori di manutenzione dell’edificio), dalle regalie connesse alla coltivazione dei fondi (Fasano, Franco 1999, pp. 16-19). La proliferazione delle giurisdizioni signorili in loco ha anche portato a ipotizzare, sulla base di alcune indicazioni del Codex Astensis, l’esistenza di ben quattro castelli; l’unico certo, tuttavia, è quello che, dal XIII secolo almeno, appartenne alla famiglia Alfieri e che nel 1329 fu acquistato dagli Scarampi, che andavano consolidando il loro potere nel Piemonte meridionale (Fasano, Franco 1999, p. 24; Bordone 2000). Altri signori, però, si affiancarono a questi nel secolo successivo: i Panizzone, i Bonvicino, gli Asinari di Cassasco, i Bellone e i Turco.
Con la cessione di Mombercelli al Ducato di Milano nel 1535, la frammentazione giurisdizionale fu in parte ridotta dalla progressiva scomparsa dei signori quattrocenteschi e dalla tripartizione del feudo tra Bellone, Asinari e Maggiolini, patrizi milanesi che investirono notevoli energie nel controllo del luogo ingaggiando lotte feroci e interminabili con i condomini (Raviola 1999). La concentrazione del potere in tre famiglie, costrette peraltro a coabitare in ali diverse del castello, ebbe naturalmente riflesso sulla distribuzione della proprietà fondiaria. Nel 1754, a passaggio avvenuto di Mombercelli al Regno di Sardegna, la sua giurisdizione risultava ancora suddivisa tra il conte Alessandro Maggiolini, che ne possedeva 2/4 e lì risiedeva, il marchese Giovanni Bellone, di Pavia, anch’egli residente in loco e proprietario di 1/4, e, per l’ultimo quarto, il marchese Giuseppe Asinari Rossiglione di Bernezzo, capitano delle guardie reali e residente a Torino. I tre feudatari vantavano ancora diritti di pedaggio sui transiti che interessavano il paese (AST, Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 1, Stato della provincia di Asti, Terre delle Langhe della Provincia d’Asti, cc. 9v-10, 35v-36, 94v). Analizzando poi il catasto elaborato nel 1774 dal misuratore Carlo Giuseppe Molina risultano ancora evidenti le conseguenze di una politica signorile avviata nel Cinquecento: la maggior parte del registro, infatti, è composta dai «beni allegati, immuni ed enfiteuta» degli eredi dei tre casati, due dei quali –Maggiolini e Asinari – ancora stabili sul territorio, costituito in complesso da 3755 giornate. Gli Asinari di Bernezzo possedevano 184,5 giornate, 83 delle quali direttamente controllare dai feudatari e le restanti affittate a esponenti delle famiglie Adorno, Gagliardo, Mazzetto e Sosso. I Maggiolini, invece, erano proprietari di ben 938 giornate (soprattutto vigneti, ma anche boschi), 719 delle quali affittate a vari Bellone (sconfitti e declassati nelle faide sei-settecentesche), Castino, Cavallotto, Gagliardo, Gatto, Guerzo, Mazzetto, Oldano, Ponzo, Sconfienza, Tobia e Vercelli. La concentrazione dei beni Maggiolini era tale che il misuratore, completando il lungo elenco, concluse «dichiarando esser compresi nelle sudette giornate 719, tavole 19, piedi 6, e così nelli soldi 341 [di registro] […] li beni che sono soggetti al pagamento dell’annuali carichi comunitativi e ciò per esser che la comunità del presente luogo non è in grado di identificare quali siano li beni allodiali per separarli dalli feudali» (AC Mombercelli, Catasto, m. 205, c. 203v).
I cognomi degli affittuari, peraltro, sono quelli delle principali famiglie del paese, presenti in consiglio comunale e ritagliatesi un ruolo a servizio dell’uno o dell’altro feudatario. Essi, insieme con gli Aresca, i Biglia, i Ferrero, i Rafino, si spartivano, naturalmente in porzioni ben più piccole, il resto del territorio comunale, con la concentrazione, ravvisabile per alcuni nuclei di tipo patrilineare, in determinate zone: gli Adorno in Sario (tuttora gli Adorno sono detti «’d Sari»), i Ponzo in Val Borrone e così via. Pochi i beni comuni e parrocchiali: 144 giornate in tutto, delle quali solo 19 del comune, 102 della parrocchia e le restanti delle parrocchie di Montaldo Scarampi e Montegrosso; a queste andavano aggiunte le 52,84 giornate occupate dalle 31 strade pubbliche che innervavano il centro abitato e i dintorni (AC Mombercelli, Catasto, m. 205, c. 203v). Oltre che di strade, il luogo, a differenza di altre aree dell’Astigiano, era relativamente ricco di boschi, per lo più inglobati nelle proprietà dei Maggiolini e oggetto di contese tra questi e l’Intendenza di Asti che tentava di regolamentarne l’uso anche a vantaggio di manifatture di carattere provinciale (Raviola 2004).
Quanto al secondo punto, cioè alla vocazione commerciale di Mombercelli (Bordone 1979, p. 152: «Mombercelli è mercantile assai»), se ne ha già traccia in un atto del 1189 con il quale i signori di Mombercelli esonerarono gli Astigiani diretti a Savona e a Genova dal pagamento dei pedaggi imposti sulle loro terre (Fasano, Franco 1999, p. 18). Ancora, nell’atto di cessione di Asti e dintorni a Roberto d’Angiò del 1314 sono menzionati il pedaggio grosso dei forni e altri pedaggi gravanti sulle merci in transito a Mombercelli, a riprova della strategicità della posizione del paese, sito sulla strada che conduceva da Asti alla Liguria (Monticone 1957, p. 31; Fasano, Franco 1999, p. 15). Anche l’accanimento con cui prima Asti, poi gli esponenti di alcune casate nobili astigiane, come gli Alfieri, tentarono di assoggettare Mombercelli sarebbe indice dell’ampia disponibilità di risorse locali. Secondo lo studio dei toponimi ricavabili dal catasto del 1774, infatti, il territorio di Mombercelli offriva innanzitutto notevoli risorse boschive, la cui presenza era testimoniata da nomi come «Castagnetto, Castagnassa, Frascheia o Fraschetta, Noceto o Noseto, Pobieto o Poblej, Oldani, Valle del Lisso, Mandola, Val di Persico, Valcornate» (Fasano, Franco 1999, p. 13). Era molto ricco di acque, come dimostrano altri toponimi (Gorreto, Debatto, Pontetto, Valgordo, Peschiera e altri), e dunque adatto alla coltivazione e alla pratica della pesca in acqua dolce (Fasano, Franco 1999, pp. 14-15), testimoniata quest’ultima dall’esistenza di diritti di aquaticum e piscationes posseduti dai signori del luogo (Giannoni 1974, p. 426).
Nel 1754, all’atto delle ricognizioni sabaude, il paese contava 2000 abitanti, ripartiti in 337 fuochi. Buona parte di essi, stagionalmente, si trasferiva in Lomellina per la semina e la raccolta del riso, ma, a differenza che in altre località della zona, a Mombercelli, distante dal Genovesato solo 25 miglia, si teneva un mercato settimanale nel giorno di lunedì durante il quale provenivano soprattutto dall’Alessandrino commestibili, pollame, nonché «panine et ferramenta» (AST, Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 1, Stato della provincia di Asti, Terre delle Langhe della Provincia d’Asti, cc. 9v-10, 35v-36, 94v). Inoltre, grazie alla presenza di 20 fornelletti da seta, venivano anche lavorati i bozzoli (circa 200 rubbi all’anno). La stessa abbondanza di strade era sintomatica dell’attitudine del luogo e degli abitanti al commercio.
Dal punto di vista della produzione locale, le 4000 giornate di terreno che componevano il territorio comunale, erano adibite per la maggior parte a vigneto (2700 giornate); il resto era suddiviso tra campi coltivati a grano (836), pascoli e gerbidi (260), prati (114) e boschi (90). La coltivazione ceralicola, in prevalenza di frumento, fruttava all’epoca 33.900 lire. Se il vino era sovrabbondante, mancavano però segale, barbariato, meliga e altri marzaschi per un costo totale di più di 26.000 lire. L’allevamento era scarsamente praticato e, in complesso, gli abitanti disponevano di 50 paia di buoi, 88 di vacche da giogo, 143 manzi, 30 ovini, 10 cavalli, 4 muli e 30 asini (AST, Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 1, Stato della provincia di Asti, Terre delle Langhe della Provincia d’Asti, cc. 42, 67, 95).
I confini del territorio comunale non erano dissimili da quelli attuali: secondo la Statistica del 1754, infatti, Mombercelli confinava con Vinchio, Belvedere, Rocchetta Tanaro, Rocca d’Arazzo, Montaldo, Montegrosso e Agliano (AST, Camera dei Conti, Seconda Archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 1, Stato della provincia di Asti, Terre delle Langhe della Provincia d’Asti, c. 41v). La varietà dei confini e la vicinanza con l’Alessandrino e il Genovese rendeva sensibile il problema del contrabbando, più volte sottolineato e combattuto (con scarsi risultati) dall’intendente G.A. Corte di Bonvicino tra il 1783 e il 1790: come ebbe a scrivere il funzionario sabaudo, la recente acquisizione agli Stati sardi e la secolare predisposizione allo scambio rendevano i Mombercellesi poco obbedienti alle normative sabaude e troppo acuto lo «spirito d’indipendenza» degli amministratori comunali (Raviola 2004). Queste caratteristiche non vennero meno in epoca napoleonica, durante la quale la forte disparità tra le proprietà dei Maggiolini e della restante popolazione creò tensioni politiche e offrì il destro ad alcuni piccoli possidenti di fare carriera, non senza che i feudatari riuscissero a riproporsi come sindaci e che il contrabbando continuasse a costituire una delle principali fonti di guadagno di Mombercelli.
Nel 1824, con Regio Biglietto del 1 maggio, la comunità ottenne la facoltà di esigere nuovi dazi su alcune derrate per far fronte alle ingenti spese del periodo. Furono imposti su vino e aceto, birra, acquavite e liquori vari; sui bovini, gli ovini, i suini e le capre; sulla carne fresca e salata venduta al dettaglio; sui cereali importati e macinati nei mulini locali (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 1). Data la floridità del mercato locale, nel 1836 il comune dovette persino nel 1836 acquistare la casa di un particolare e abbatterla per estendere la piazza dove era praticato (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 8, 1836-37, Atti d’Intendenza d’Asti). Altri lavori di ampliamento furono realizzati tra il 1840 e il 1841 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 10). Furono effettuati anche interventi di miglioramento della viabilità, spesso promossi dall’Intendenza di Asti: ad esempio nel 1827, quando la comunità avrebbe voluto che la contessa Laura Avogadro Maggiolini, proprietaria di un mulino sul torrente facesse «abbassare la diga o […] operarvi uno scaricatojo», su suggerimento dell’Intendenza fu invece fatto riparare e sopraelevare un ponte sul Tiglione in regione San Sebastiano per una spesa complessiva di £ 1385 ripartite a metà tra il comune e la nobildonna (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 2). L’episodio, così come il ricorso presentato dal conte Carlo Maggiolini nel 1833 per ottenere il pagamento di un censo annuo di £ 75 da lui rivendicato (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, M, m. 12, fasc. 5, 1833, dicembre 14, lettera di Angelo Melano dall’Intendenza di Asti), lasciano intendere che l’ingerenza dei Maggiolini nella vita politico-economica della comunità fosse all’epoca ancora piuttosto forte. Sarebbe venuta meno nella seconda metà del XIX secolo, con l’estinzione della famiglia e con la progressiva frammentazione del suo patrimonio, che avrebbe contribuito ad accrescere la classe dei piccoli proprietari.
Dal punto di vista demografico, nel 1839 Mombercelli contava 2440 abitanti, suddivisi in 554 nuclei familiari (Informazioni statistiche 1839, p. 27). Nel 1848 il numero degli abitanti era salito a 2786 (Informazioni statistiche 1852, p. 2) e risultava ulteriormente cresciuto nel 1901, con una popolazione complessiva di 4162 ab., 1896 dei quali residenti in paese o nelle frazioni di Piana, Laioli, Tocco e Variala, e 2031 in case sparse sul territorio comunale (Censimento 1902). Nel 1911 gli abitanti erano scesi a 2659, sempre divisi tra il paese, le frazioni di cui sopra (a Laioli fu anche costruita la scuola) e altre nuove come Cavino, Crocetta, Freto, Gazo, Moncucco, Pontetto, Porizzi e Resio, tutti toponimi già attestati dal Catasto settecentesco (Censimento 1914). Si assistette a una ripresa dopo il primo conflitto mondiale: 4103 ab. nel 1921, 1972 dei quali in Mombercelli e i restanti in Piana, Laioli, Variala e Tocco (non più segnalate le altre piccole frazioni) (Censimento 1927). Dieci anni più tardi, una nuova flessione portò la popolazione a 3432 unità (Censimento 1933) e da allora il calo demografico fu pressoché costante: dai 3283 ab. nel 1937 (Censimento 1937) si passò, per esempio, ai 2356 del 1951 (anno in cui furono nuovamente censite le frazioni minori sopra citate) (Censimento 1951). Nel frattempo Mombercelli aveva vissuto la drammatica esperienza della Seconda Guerra mondiale e della resistenza partigiana di cui fu centro fondamentale in tutta la Val Tiglione, nonostante – o proprio a causa del – il radicamento in loco del partito fascista e la vittoria di quello monarchico al referendum del 1946 (Renosio 1999, pp. 103 sgg.). Alcuni, già dalla seconda metà dell’Ottocento, avevano preferito abbandonare il paese emigrando nelle città vicine o negli Stati Uniti e nel secondo dopoguerra – anche a causa del mancato allacciamento con la ferrovia – il fenomeno s’intensificò con un declino demografico vicino al 50% e arrestatosi al 17,4% tra il 1951 e il 1971 (Renosio 1999, pp. 129-135).
Attualmente, a dispetto dello spopolamento che l’ha colpito nel corso del XX secolo e che continua a interessare altre località limitrofe, Mombercelli gode di una certa stabilità, se non di un lievissimo incremento demografico. Si è infatti passati dai 2216 abitanti del 1971 ai 2234 del 1999, impiegati in buona parte nelle aziende vitivinicole che costituiscono l’ossatura dell’economia locale, sebbene non manchino piccole imprese specializzate nella produzione di pezzi meccanici e di lavorazione del legname (Renosio 1999, p. 131; Mombercelli 1999, pp. 181-182). Si può segnalare che in paese, come a Casorzo (si veda la scheda dedicata a Casorzo) e a San Marzano Oliveto, è attiva dal 1866 una sede della chiesa evangelica, ben integrata nel tessuto sociale e titolare di una casa di riposo per anziani (Cassioli 1999).