Valenza

AutoriCerino Badone, Giovanni
Anno Compilazione2008
Anno RevisioneVersione Provvisoria
Provincia
Alessandria
Area storica
Alessandrino
Abitanti
20.329 (ISTAT 2007).
Estensione
50,05 kmq.
Confini
A nord Bozzole, Frascarolo, Suardi, Torre Beretti e Castellaro, a est Bassignana, a sud-est Pecetto di Valenza, a sud Alessandria, a sud-ovest San Salvatore Monferrato, a nord­ovest Mirabello Monferrato, Pomaro Monferrato e Giarole. 
Frazioni
Villabella, Montevalenza. Vedi mappa.
Toponimo storico
Il nome Valenza è associato al municipium romano di «Forum Fulvii quod Valentinum» (Pais 1918, p. 669). 
Diocesi
E' probabile che Valenza sia appartenuta, prima del X secolo, alla diocesi di Milano, come si evincerebbe dal giuramento che gli ufficiali del comune dovevano prestare in base agli statuti del 1397 (Cartario alessandrino vol. II, p. 341). Una parte del territorio apparteneva alla diocesi di Casale, come testimonia la dedicazione della chiesa di Montevalenza a San Eusebio. Nel 1096 il «presbiterus Petrus» donava la pieve di Santa Maria al vescovo di Pavia. La diocesi appare immutata sino al 1803, quando Valenza fu scorporata dalla diocesi pavese per essere incardinato in quella casalese dalla quale, nel 1817, venne distaccata per passare definitivamente a quella di Alessandria. Discorso a parte per Lazzarone-Villabella, la cui chiesa parrocchiale, dedicata a Sant'Agata, rimase sempre nella diocesi di Casale, alla quale ancora appartiene. 
Pieve
Dietro il duomo, nella stessa collocazione attuale, si trovava il campanile, rifatto nel 1557, dove si conservava l'orologio, le campane, e un predio armato (ASM, vicende dei comuni). Alle dipendenze del duomo era la canonica, l'annessa prevostura, il cimitero (AD Pavia, Visite pastorali, Valenza). Al suo interno esistevano, oltre all'altare maggiore, altri dodici altari: S. Massimo, S. Giuseppe, S. Bartolomeo, S. Bernardino, SS. Sacramento, S. Tommaso d'Aquino, S. Giacomo maggiore, SS. Trinità, S. Antonio da Padova, S. Stefano, S. Sebastiano, dell'Ascensione. Il 20 ottobre 1619 fu posta la prima pietra del nuovo duomo, quello attualmente visibile, che mantenne l'orientamento di quello più antico, ma di dimensioni maggiori (Cartario alessandrino vol. II, pp. 393-457).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Gasparolo lamentava maggiore documentazione relativa alle origini e sviluppi relativi al piccolo tempio (Cartario alessandrino vol. II, pp. 542-544). Altre confraternite dotate di un loro luogo di culto erano quella di San Giacomo (chiesa di San Giacomo) (AD Pavia, Valenza, busta 118), di San Giovanni Decollato (al cui interno erano tumulati i condannati a morte; nel 1793 fu trasformata in magazzino militare, quindi affidata al seminario: AD Pavia, Valenza, busta 119; Visite Pastorali, Valenza, 1606, 1765), San Rocco (la cui chiesa originaria risultava allo stato di rudere nel 1838, trasferendosi così presso la chiesa di Santa Caterina: AP Valenza, mazzi 1331, 1335, 1348) e della SS. Trinità (la cui chiesa, terminata nel 1587, fu di fatto ricostruita nel 1815 a causa dell'incuria - era stata trasformata in magazzino durante l'occupazione napoleonica -). Confraternite senza chiesa erano quelle del SS. Sacramento, ospitata nel Duomo, e del Suffragio, ospitata nella chiesa della SS. Annunciata (AC Valenza, I serie, Catasto, Allegato A). Adiacente e sulla stessa linea della facciata di Palazzo Pellizzari sorge la piccola chiesa dedicata a San Pietro. La sua fondazione risale al sergente Pietro Camasio, oriundo spagnolo, il quale fu qui tumulato nell'aprile del 1684 (AP Valenza, mazzo 1196, 1198, 1199, 1200). Sotto il patronato della famiglia Piazza fu alienato ai Cordara Pellizzari. Posta ben fuori dal centro storico, anche se oggi assorbita dallo sviluppo edilizio della moderna Valenza, esisteva la chiesa campestre della B.V. della Pietà. Prima un pilone posto ad un incrocio di vie, quindi una piccola cappella, nel XIX divenne una vera e propria chiesa, conosciuta in loco con il nome di «la Madonnina» (AP Valenza, faldd. 1150, 1151, 1153, 1155, 1156, 1157, 1158, 1159, 1160).
Assetto Insediativo
L'abitato di Valenza si è sviluppato su un pianoro posto a sud del corso del Po, isolato da due valloni a ovest e ad est. Il corso d'acqua, i suoi traffici, il porto ed il traghetto sono stati i veri propulsori della creazione della città, del suo successivo sviluppo. Il centro storico, un tempo rinchiuso entro fortificazioni, ha una pianta di esagono irregolare, organizzato in tre sorti, o terzieri; Astigliano, Bedogno e Monasso (Cartario alessandrino vol. I, pp. 142-144). Astigliano, il più esteso, rappresentava la parte centrale della città e veniva distinto da quello di Monasso, situato a ovest, dall'attuale via Felice Cavallotti. Bedogno, posto ad est, era distaccato da Astigliano da quella che è oggi via Cavour. Il sistema viario interno era caratterizzato dalla "gran croce", ossia dall'incrocio delle due strade maestre che recavano alle rispettive porte cittadine, di Po, di Alessandria, di Bassignana e di Casale. Tale impostazione ancora oggi caratterizza il centro storico valenzano. 
Luoghi Scomparsi
Astiliano era un borgo posto probabilmente in direzione sud-ovest, e fu uno dei propulsori per la costruzione di Valenza sul pianoro prospiciente il fiume Po. Il borgo, pur perdendo importanza, continuò a sopravvivere sino al XV secolo, quando fu definitivamente abbandonato, sebbene la pieve era ancora esistente. La sua importanza era tale che, sebbene ridotta a rudere, veniva appellata «Duomo d'Astiliano» (Cartario alessandrino vol. I, p. 143). 
Comunità, origine, funzionamento
La comunità di Valenza ebbe come nucleo aggregante la pieve di Santa Maria, la quale, nel donativo al vescovo di Pavia, non appartiene ancora ad una civitas o ad un oppidum, ma ad un semplice «loco et fundo Valenza» (AD Pavia, Valenza, Mazzo 120). I marchesi del Monferrato, pur lasciando alla città un minimo di libertà politica a livello locale, mantengono uno stretto controllo politico, mandando al «loco et fundo» «milites et capitanei». La prima attestazione di una realtà di centro urbano, o almeno di borgo, è del 14 marzo 1199, quando in un prato nelle vicinanze di Valenza il marchese Bonifacio di Monferrato e suo figlio Guglielmo giurano, agli ambasciatori di Milano e Piacenza, di osservare le decisioni che le due città e Lantelmo da Monza prenderanno riguardo alle discordie cogli Alessandrini, gli Astigiani e i Vercellesi. Presenti all'evento Ogerio, «capitaneus de Valeva» e Alessio da Valenza (Manaresi 1919, CCXII, p. 303). Nel 1204 un simile giuramento è rogato «iuxta fossatum loci de Vallenza» (Manaresi 1919, CCLXII, p. 363). Lo stesso anno si assiste per la prima volta alla presenza in atti ufficiali di consoli del comune di Valenza. Durante la Quarta Crociata il marchese del Monferrato cedette la città in ipoteca a Pavia in cambio di soldi per finanziare la spedizione in oriente. I Pavesi la mantennero sino ad esaurimento del debito, restituendola infine al marchese. 
Statuti
Cristoforo Barni (ASA, carte giudiziarie fatte in Valenza, filza 1299; AC Valenza, I serie, Statuti, Codice 1496). La riforma statutaria più importante avvenne nel 1585 per opera di due giureconsulti, Vincenzo Annibaldi ed Oliviero Panizzone Sacco. Con questo statuto fu retta la comunità di Valenza sino all'annessione sabauda. Il 26 gennaio 1585 furono approvati dal re di Spagna. La relazione al re, che governava su Valenza con il titolo di duca di Milano, raccontava come a sedare antiche e lunghe controversie tra i «poveri» di Valenza ed il comune, circa il regime comunale, erano stati proprio di due redattori del nuovo statuto, i quali d'accordo con i due ordini dei «poveri» e dei signori avevano compilato statuti speciali, approvati da tutti i capi famiglia (AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, mazzo 10). In realtà i «poveri» per tutto il 1584 furono oggetto di minacce, al punto che si videro costretti a dar sfogo alle loro lamentele occupando il palazzo comunale, e stendendo un documento notarile esponendo tutti i ricatti e malversazioni dei quali erano oggetto. Nel Natale del 1584 giunse da Milano Oliviero Panissone Sacco, senza addurre motivazioni radunò i capi famiglia nel comune, obbligandoli con la forza della guarnigione a partecipare all'assemblea. A porte sprangate lesse i nuovi statuti, piuttosto velocemente, anche se apparve a tutti chiaro che si trattava di una riforma che andava a scapito del potere contrattuale della comunità nei confronti del governatore di Milano. Sempre con violenza furono fatti giurare. I Valenzani tentarono per vie legali e religiose di sciogliersi dal giuramento, ma invano (ASA, fondo notarile, notaio Giovanni Matteo Stanchi, filza 1233). Gli statuti furono editi nel 1586; Ordini et riforma stabiliti l'anno MDLXXXV nel Consiglio Generale, et capi di casa della terra di Valenza, sopra il buon governo, publica quiete, et conservatone d'essa. Con la narrazione del modo tenuto nel loro stabilimento. Et sieme li Statuti antichi di detta Terra, mai più sinhora stampati. Aggiuntovi gl 'ordini fatti sopra la pesa delli grani, et farine. Et li Capitoli della Ferrazza revisti, et renovati, con li suoi Indici per maggior commodità. Et l'approbatione del Senato Eccellentiss. In Milano. Apresso Gio. Battista Colanio 1586. Con i Capitoli della Ferrazza erano codificati e regolati anche i Bandi campestri e le diverse disposizioni daziarie. Lo statuto rimase intatto sotto tutto il dominio spagnolo. Soltanto nella seconda metà del XVII secolo il consiglio comunale richiese al governatore di Milano di non includere Valenza nella grida del 1669 che proibiva di intervenire ai consigli tutti coloro i quali servivano il re, o che godevano di esenzioni. I procuratori del comune facevano notare che il consiglio era composto da decurioni tratte da famiglie valenzane per diritto ereditario. La nuova grida di fatto impediva questa consuetudine, decapitando il consiglio. Il governatore si pronunciò a favore del comune di Valenza (ASM, censo, comuni, Valenza, fald. 2144). Valenza riuscì a mantenere i suoi statuti anche sotto il nuovo dominio di Vittorio Amedeo II (AST, Camera dei Conti, Provvidenze e concessioni sovrane, Registri controllo finanze, registro 1706-1707). Il 15 agosto 1734 il consiglio generale dei capi di casa approvava i nuovi capitoli della Ferrazza o Bandi campestri, iterinati dal Senato di Torino il 30 giugno 1735 (AST, Corte, Paesi di nuova addizione [per A e B], Vol. II, Valenza). Il 30 giugno 1747 Carlo Emanuele III stabiliva una nuova procedura per la formazione del consiglio della città (AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Mazzo 22).
Catasti
Il più antico catasto conservato risale al 1488 (AC Valenza, I serie, Catasto), cui seguirono aggiornamenti nel 1614 e nel 1617. Il catasto, definito «spagnolo», è del 1639, mentre sono conservati anche libri dei possessi, anni 1622 e 1652, nonché libri per gli estimi degli anni 1622, 1639, 1654, 1675, 1690, 1709, 1718, 1735. L'amministrazione sabauda impose la redazione di un nuovo catasto nel 1740 (AC Valenza, I serie, Catasto, carte relative alla misura generale 1740). Il risultato fu la grande mappa catastale completata nel 1763 (AC Valenza, I serie, Catasto, Allegato A). Il successivo catasto è del 1888 (AC Valenza, III serie, Catasto). Una parte della documentazione catastale è conservata presso l'Archivio di Stato di Alessandria (ASA, Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Valenza: atti catastali). Il fondo è stato versato nel 1967 dall'Ufficio Tecnico Erariale di Alessandria e negli anni 1989 e 1996 dall'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Valenza. Comprende atti catastali (registri delle partite, registri delle matricole, tavole censuarie, domande di voltura, schede e fogli di mappa) del vecchio catasto terreni del comune di Valenza, del nuovo catasto terreni (1931), del vecchio catasto fabbricati (1871) e del nuovo catasto edilizio urbano (1939) relativi alle località di: Valenza Po, Villabella, Alluvioni Cambiò, Bassignana, Pecetto e Rivarone. Le mappe sono conservate separatamente rispetto al resto del fondo in una cassettiera della sala 6. I numerosi cambiamenti del corso del Po costrinsero sempre il comune di Valenza a monitorare i cambiamenti territoriali, se non altro per scongiurare o vincere eventuali liti territoriali. Numerose carte e disegni dei territori comunali, dei lavori effettuati o da farsi, sono conservati in un apposito fondo, detto dei «tipi» (AC Valenza, Fondo d'addizione, Tipi). Lazzarone-Villabella realizzò il proprio catasto dal 1761, completandolo nel 1784 (AC Valenza, Archivio di Lazzarone, I serie, catasto). Il lavoro fu però ripreso completamente tra il 1800 ed il 1803, ed ancora nel 1822, 1869, 1874 e 1890 (AC Valenza, Archivio di Lazzarone, II serie, catasto). 

 

Ordinati
Presso l’Archivio Storico del Comune di Valenza si conservano i verbali del consiglio comunale dal 1712, raccolti a volumi (AC Valenza, I serie, Ordinati). Sono altresì conservate, dal 1409, le deliberazioni comunali (AC Valenza, I serie, Deliberazioni).
Dipendenze nel Medioevo
Nel XIII secolo Valenza entrò sempre più nell'orbita viscontea, al punto che i territori circostanti risultavano, all'inizio del XIV secolo, in mano viscontea a scapito dei Monferrato e di Valenza stessa. Per sottrarsi alla morsa viscontea, giurò prima fedeltà all'imperatore Enrico VI come attestato da ufficiale atto notarile del 30 ottobre 1310 consegnato nel duomo di Milano da quattro ambasciatori del comune (ASPi, Diplomatico, Roncioni, 642). Quindi nel 1322 ospitò Bertrand du Poget che intendeva celebrare in città il processo per eresia a Matteo Visconti. I risultati furono politicamente scarsi, al punto che non solo la città risultava di fatto isolata in un territorio controllato dai Visconti, ma anche militarmente schiacciata; Bassignana era ora un potente porto fluviale fortificato dal quale Matteo poteva permettersi di controllare e bloccare Valenza, all'interno della quale Du Poget fu costretto a rimanere rinchiuso sino al 25 agosto 1324 (Cerino Badone 1999, pp. 21-32). Si sottomise nuovamente ai marchesi del Monferrato nel 1347, con patto stipulato nella chiesa di Monasso (Cartario alessandrino vol. I, p. 31). Nonostante tentativi, tradimenti e sommosse interne, culminate quasi sempre con l'eliminazione dei capi, come avvenne nel gennaio del 1360 con l'esecuzione di Lancia Bombelli, Franceschino Bombelli, Giovanni e Pieruccio Annibaldi, Valenza rimase nell'orbita monferrina (AST, Corte, Monferrato, Feudi, mazzo 66). Nel 1370 Gian Galeazzo Visconti decise di conquistare Valenza con un assedio che durò ben dieci mesi. La conquista gli sarà confermata dall'imperatore Venceslao, insieme a Bassignana e Pecetto (I Registri Viscontei, p. 120). Nel 1404, come tutte le colline del Po, Valenza fu dominio di Facino Cane, il quale ne prese possesso per conto del marchese del Monferrato. Morto Facino nel 1412, sua moglie andò in sposa a Filippo Maria Visconti, costringendo Valenza a prestare fedeltà nuovamente ai duchi di Milano (Carte alessandrine all'archivio di Milano, p. 119). Alla morte di Filippo Maria Sforza, Valenza fu oggetto di interesse da parte di Lodovico di Savoia, il quale però poté fare piuttosto poco per strapparla all'influenza milanese; nel 1454 Lodovico fu costretto a riconsegnare Valenza, Bassignana, Pecetto, Pietra Marazzi, Frascarolo, Torre Beretti e Montecastello al duca Francesco Sforza (AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandria, Mazzo 18). Nonostante le preghiere del consiglio generale di Valenza, il duca concesse in feudo Valenza alla famiglia Vimercati con il titolo di conte, nella figura di Gaspare Vimercati, il 17 agosto 1454 (ASM, Indice registri ducali, Reg. DD., fol. 781, filza 7). 

 

Feudo
Il duca Galeazzo Maria Sforza, una volta morto Gaspare Vimercati, concesse il feudo di Valenza al fratello Sforza Maria, duca di Bari, il 1 gennaio 1468 (ASM, Indici registri ducali, filza 2). Da questa data la città di fatto diviene un dominio personale della famiglia ducale. Il 6 marzo 1513 risulta investito del feudo il vescovo di Lodi, Ottaviano Maria Sforza (ASM., Feudi imperiali, Comuni, Valenza, Mazzo 700). Poco dopo il duca Massimiliano investiva suo fratello Francesco, duca di Bari. Tra il 1515 ed il 1522 la città è occupata dai Francesi, i quali la infeudarono a Giulio Sanseverino (ASM, Censo, Comuni, Valenza, busta 2144). Nel 1522 incomincia l'infeudazione ai Gattinara; il vercellese cardinal Mercurino Gattinara, cancelliere di Carlo V, aveva perorato alla corte di Madrid la causa del duca Francesco Sforza, privato del suo ducato dai Francesi di Francesco I Valois. Dopo la riconquista di Milano, Carlo V rimise sul trono ducale Francesco, con il titolo di Francesco II 27 luglio, riconoscente di quanto il Gattinara aveva fatto presso la corte imperiale, infeudò Valenza e Gattinara al cardinal Mercurino (ASM, Indici registri ducali, Reg. 9, folio 1). La figlia Elisa, sposata con Alessandro di Lignana, consigliere e ciambellano Cesareo, divenne il 23 luglio 1529 feudataria di Valenza, sino alla data della sua morte, il 24 luglio 1536. Suo figlio, Mercurino II Gattinara-Lignana, ottenne tutti i privilegi fiscali del nonno il 3 agosto 1549, dopo che già il 22 dicembre 1545 aveva ottenuto il giuramento di fedeltà da parte del feudo di Valenza. Gli successe il figlio Alessandro il 12 marzo 1564, che mantenne il titolo comitale sino alla morte, il 26 novembre 1588. Lo seguì Mercurino III, dopo che ebbe regolato la successione, vasta e dispersa tra ducato di Monferrato, Savoia e Milano, con i fratello minori. Con l'investitura di Gabrio Gattinara-Lignana, il feudo fu diviso, in quanto tutti i possessi monferrini andarono al fratello Alessandro. Senza discendenza maschile, nonostante l'interessamento di numerosi pretendenti, lasciò suo erede universale il pronipote Paolo Canobio, mentre il feudo, alla morte dell'ultimo conte nel 1681, fu devoluto alla Regia Camera (ASM, Feudi Imperiali, mazzi 700-701). I pretendenti al feudo non si arresero e aprirono una serie di cause, tutte infine seppellite con la conquista sabauda di Valenza nel 1706 (AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, mazzo 19). Con patenti del 22 gennaio 1743 Carlo Emanuele III infeudò la città di Valenza del titolo di «contessa di Monte», titolo che mantenne sino al 1798 (AST, Camera dei Conti, Controllo generale finanze, Regie patenti, vol. 17). Monte era stato nel 1305 infeudato dai Paleologi ai Cattanei, ma nel 1347 Giovanni II Paleologo lo consegnava definitivamente a Valenza (Quaglia 1839, p. 38). 
Mutamenti di distrettuazione
Pedina monferrina per il controllo dei confini meridionali del marchesato, Valenza rimase saldamente in mano marchionale sino agli inizi del XIV secolo, quando la signoria di Matteo Visconti, sfruttando la testa di ponte di Bassignana, minacciò seriamente l'autonomia cittadina e i suoi territori. La conquista viscontea si ebbe però solo nel 1370 con Gian Galeazzo Visconti. La conquista gli sarà confermata dall'imperatore Venceslao, insieme a Bassignana e Pecetto (IRegistri Viscontei, p. 120). Nel 1404, come tutte le colline del Po, Valenza fu dominio di Facino Cane, il quale ne prese possesso per conto del marchese del Monferrato. Morto Facino nel 1412, sua moglie andò in sposa a Filippo Maria Visconti, costringendo Valenza a prestare fedeltà nuovamente ai duchi di Milano (Carte alessandrine all'archivio di Milano, p. 119). Alla morte di Filippo Maria Sforza, Valenza fu oggetto di interesse da parte di Lodovico di Savoia, il quale però poté fare piuttosto poco per strapparla all'influenza milanese; nel 1454 Lodovico fu costretto a riconsegnarla al duca Francesco Sforza (AST, Corte, paesi di nuovo acquisto, Alessandria, Mazzo 18). Rimase pertanto legata alle sorti del ducato di Milano sino alla formale cessione cesarea del 23 gennaio 1707 (Cerino Badone 2007, p. 335) e alla ratifica della pace di Utrecht del 1713. Fece parte del mandamento di Valenza e della provincia di  Alessandria.  Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province sabaude attuata nel 1749 e si mantenne perciò sino alla caduta dell'antico regime in Piemonte nel dicembre del 1798. Tra il 1713 ed il 1798 era tenuto a fornire un'aliquota al Reggimento di Fanteria Provinciale Casale. Nel 1796 risultavano in servizio attivo e presenti sotto le armi 61 militari. La fine delle guerre napoleoniche fece scendere l'aliquota a 52 uomini nel 1816, e 21 nel 1836. Nella maglia amministrativa francese, Valenza seguì le sorti dell'intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato senza alcuna alterazione territoriale, alla circoscrizione di Alessandria. Prima fece parte del Dipartimento del Tanaro sino al 1799. Dopo la riorganizzazione amministrativa del 1801 fece parte del dipartimento di Marengo, rimanendo in questa situazione sino al 1815, quando ritornò nel mandamento di Valenza nella provincia di Alessandria (Quaglia 1839).    

 

Mutamenti Territoriali
La città di Valenza ha assorbito il comune di Lazzarone (attuale frazione Villabella). Gli archivi del comune di Lazzarone sono stati versati nell'Archivio Storico del Comune di Valenza. Gli ultimi atti sono del 1938 (AC Valenza). Altri mutamenti riguardano il confine settentrionale del comune, in quanto vincolato al movimento del greto del Po (cfr. il lemma 'Liti territoriali'). Per i restanti confini già i catastali del 1325, 1342, 1372, 1392 illustrano una realtà ben definita (AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, mazzo 18). Nel 1550 i rappresentanti di Alessandria, Valenza, Bozzole, Lazzarone, San Salvatore, Pecetto, Rivarone, Montecastello, Pietra Marazzi, Pavone, Piovera definirono i confini del contado del Pavese, del Monferrato e della città di Alessandria (AST, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, mazzo 18).  

 

Comunanze
Le comunanze della città di Valenza erano poste in corrispondenza dell'area golenale del Po e nelle rive del rio Grana, i cui greti erano inseriti in una particolare categoria catastale, «Laghi, Fiumi, Stagni, Paludi e Torrenti». Le comunanze nel 1836 raggiungevano 68 ettari, 41 are e 72 metri quadri, ed erano interamente coperte da bosco. Le aree soggette alla categoria «Laghi, Fiumi, Stagni, Paludi e Torrenti» erano assai più vaste, e comprendevano un'area di 205 ettari e 20 are (Quaglia 1839, pp. 110).
Liti Territoriali
Bozzole anche Breme e Sartirana, tuttavia le liti proseguirono nel 1586, nel 1601, ed ancora nel 1772 (AC Valenza, Sezione I, Liti, Liti con Bozzole; ASA, fondo notarile, notaio Pietro Paolo Del Pero, filza 1144). Il comune di Valenza si metteva in lotta contro chiunque tentasse di occupare o alienare le isole, di nuova od antica formazione e cercasse di ricavarne qualche vantaggio economico (AST, Corte, Monferrato, Feudi, mazzo 66).
Fonti
A.S.T., Camerale, Carte topografiche e disegni, Disegni Monferrato Confini, Volume C, mazzo 35,  Cuccaro & c. - 1348-1681. Volume di documenti riferibili alle pendenze territoriali fra lo Stato di Milano e il Monferrato, cioè tra Quargnento e Lu, S. Salvatore e Cuccaro, e tra Bergoglio e Castelletto Scazzoso. Coll'Indice, e Tipi, s.d. [Autore disegno originale: Pietro Curtio Bonetti]. 
A.S.T., Camerale, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie III, mazzo 4, Po,  Distacco fatto dal Pó d'una porzione d'alluvione nella Regione Ottina Territorio della Città / di Valenza rilevato da me sott[oscritt]o Ing[egner]e li 14, e successivi del mese di luglio 1809 per concessione / de Possessori della madesima. Distacco fatto dal Po d'una porzione d'alluvione nella Regione Ottina Territorio della città di Valenza rilevato da me sottoscritto Ingegnere li 14 e successivi del mese di luglio 1809 per concessione de' Possessori della madesima". Valenza, 10 novembre 1809, G. Balladore Ingegnere. Inchiostro e acquerello verde, azzurro ( Data: 1809-11-10 [data dell'originale]) [Autore disegno originale: G. Balladore]   Vedi mappa.
Bibliothèque nationale de France, département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5120), Valence, ville forte d'Italie, des estats de Milan ...,  chez le Sr de Fer (A Paris), 1692.  Vedi mappa.
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Descrizione Comune

Valenza

Il nome Valenza è associato al municipium romano di «Forum Fulvii quod Valentinum», ora considerato come l’associazione del centro di Villa del Foro con il centro romano sul quale poi sorse l’attuale centro storico (Pais 1918, p. 669). Nel 1096 compare la dicitura di «in loco Valentiae», in un documento dove «presbiter Petrus» dona una cappella di sua proprietà intitolata a S. Maria (il futuro duomo) al vescovo di Pavia (AD Pavia, Valenza, Mazzo 120). Nel 1310 è la città di «Valentia» a rendere omaggio all’imperatore Enrico VII, come attestato da ufficiale atto notarile del 30 ottobre 1310 consegnato nel duomo di Milano da quattro ambasciatori del comune (ASPi, Diplomatico, Roncioni, 642). Nel 1454 Antonio Trotti informa il duca di Milano che «Valenza» è stata conquistata (ASM, carteggio interno). Così la più antica carta a stampa conosciuta, su disegni del cartografo G. Gastaldi e realizzata da G. Giolito a Venezia nel 1556, riporta il nome di «Valenza» giunto immutato sino a noi (Giolito 1556). Nel 1460 contava 800 fuochi. Nel 1796 i fuochi erano saliti a 1.023, con una popolazione complessiva di 5.262. Nel 1816 si contavano 6.365 abitanti, nel 1836 erano 7.693. Nel contempo Lazzarone, poi divenuto frazione Villabella, faceva registrare le seguenti cifre: 1796, 95 fuochi e 511 abitanti; 1816, 98 fuochi e 517 abitanti; 1836, 109 fuochi e 542 abitanti. A Valenza l’aumento della popolazione fu costante: nel 1861 erano 10.702, nel 1871 10.724. Il livello degli abitanti si mantenne costante sino alla 1881, quando il censimento fece registrare 10.867 anime. Nel 1901 salirono a 11.688, per decrescere progressivamente sino alle 11.038 anime del 1921. A causa dello sviluppo dell’artigianato orafo la popolazione
aumentò, prima regolarmente; 11.885 abitanti nel 1931, 12.195 nel 1936, 13.650 nel 1951. La fusione con il comune di Lazzarone, divenuto frazione Villabella, il sempre maggiore successo dell’oreficeria valenzana attirò numerosi nuclei famigliari non solo dai paesi vicini, che si trasferirono in città, ma anche da numerose città italiane, al punto che nel 1961 la popolazione era salita a 18.563 abitanti, sino a raggiungere la cifra record del 1971 di 23.061. Da allora, causa il decentramento della produzione orafa verso comuni confinanti e relativo trasferimento della manodopera, la popolazione è progressivamente diminuita, passando dai 22.606 abitanti del 1981, ai 21.402 del 1991 e i 20.339 del 2001. Valenza sembra essere una comunità dotata del necessario potenziale per espandersi ed aprire una propria area ai propri interessi politici, economici, militari. La presenza del fiume Po, via di comunicazione, e dunque di transiti, di ricchezza, comunicazione, sembra essere un elemento aggiuntivo a questo nucleo di potenza latente. Eppure, come libero comune, Valenza non decolla. Non solo, ma sin da subito sembra preoccuparsi di cercare il vicino potente in grado di proteggere la città garantendo quel minimo di libera amministrazione. E così sarà per i marchesi del Monferrato e per i Visconti poi. Il territorio è delimitato da due elementi geografici ben precisi; il Po e le colline. (Vedi mappa) Il fiume segna anche un limite verso nord, il confine con la Lomellina, con la Lombardia. A sud le colline sembrano suggerire il limite estremo dell’espansione di Valenza, entro quel “catino”, rinchiuso dalle creste di San Salvatore (e la torre dei Paleologi segna ancora oggi di chi fossero quelle terre vicine), da Pomaro (altra fortificazione in ambito monferrino) e Pecetto. Tutto intorno dunque vicini troppo potenti, Alessandria e Casale, per potersi espandere convenientemente verso sud. Dunque Valenza pedina di altre potenze, e l’analisi delle sue fortificazioni lascia chiaramente intendere che oltre alla difesa del borgo, le fortificazioni servivano anche a tenere a bada eventuali velleità di rivolta dei Valenzani. I Visconti costruirono la loro fortificazione principale non nel settore più debole della cinta, quello sud verso Alessandria, ma nell’angolo nord/ovest, sopra il corso del Po, in grado dunque, come le fortificazioni della vicina Bassignana, di ricevere rinforzi fluviali. Dopo di che la comunità di Valenza aveva ben chiaro di essere qualcosa di distaccato  Prima in maniera più netta dai marchesi del Monferrato, assai meno con i Visconti, i quali con un assedio di 10 mesi nel 1370 renderanno chiaro alla cittadinanza in quale direzione pendeva la bilancia dei rapporti di forze. Ed ecco che infine la città è costretta a giurare fedeltà, e ad accettare un feudatario. La presenza di fortificazioni, di una guarnigione, ha una ricaduta diretta sulla città e sul tessuto urbano; basti pensare al castello visconteo e ai successivi ingrandimenti legati al presidio spagnolo, i quali giungono ad occupare 1/4 della superficie cittadina (Vedi mappa.). Con la demolizione delle mura la città iniziò l’espansione, piuttosto lenta, verso sud, ampliamenti incoraggiati dalla possibilità di sfruttare il vasto pianoro che si estende in direzione delle colline del Po Lo spostamento del greto del fiume Po verso nord, avvenuto intorno al primo decennio del XIX secolo, modificava il rapporto che esisteva da secoli tra la città e il corso d’acqua. In particolare, se non venivano intaccate le attività legate alla pesca, assai meno marcata era la necessità di mantenere un porto fluviale. Un cambiamento venne con la costruzione della linea ferroviaria Alessandria-Casale nel 1854 e la costruzione di un nuovo ponte sul Po per la linea Alessandria-Voghera, ultimata nel 1857, costruito non più nelle vicinanze della città, ma circa cinque chilometri verso nord. La strada ferrata sposta l’asse di sviluppo della città da sud a ovest; opifici, nuovi quartieri sono costruiti verso la nuova stazione ferroviaria, seguendo una linea di sviluppo che, di fatto, si è mantenuta inalterata dalla seconda metà del XIX secolo ai giorni nostri.