Moncenisio

AutoriSaracco, Monica
Anno Compilazione2007
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Torino.
Area storica
Valle di Susa.
Abitanti
46 (ISTAT 2001).
Estensione
3,98 kmq (ISTAT 2001).
Confini
A ovest e a nord Sollières, Bramans, Lanslebourg, Lanslevillard e Bessans, a est e a sud Novalesa, a sud-ovest Venaus.
Frazioni
Assenti secondo la fonte Istat.
Toponimo storico
«Ferreria» (secc. XIII-XVI), «Ferriera» e «Ferrera» (secc. XVIII-XIX), fino al 1940 il comune si chiamava Ferrera Cenisio.
Diocesi
Originariamente l’area di Ferrera era parte della diocesi di Moriana, ma nel secolo IX la valle, dal Moncenisio fino al ponte Volonia di Avigliana, passò alla diocesi di Torino, poiché era stata assegnata al Regno Italico dopo la conquista franca. Il vescovo di Moriana, però, non si diede per vinto e nei secoli successivi tentò ancora, inutilmente, di estendere il suo controllo sulla valle (un episodio, ad esempio è del 1262; Casiraghi 1979; Casiraghi 2001). Ferrera, dalla sua comparsa nella documentazione nel secolo XIII, è in una situazione differente: pur inserita nella diocesi di Torino, dipendeva da un punto di vista ecclesiastico dall’abbazia di Novalesa, che nominava i parroci, garantiva la cura d’anime e assumeva le decime. L’unica visita pastorale del vescovo di Torino alle chiese della Val Cenischia è quella del 1594 da parte del vescovo Broglia, che ne sottolinea, comunque, la dipendenza dall’abbazia (AA Torino, sez. VII, 1594, ff. 490-498). Nel 1772 viene eretta, non senza contestazioni da parte della diocesi di Moriana, la diocesi di Susa, che comprendeva il territorio di Ferrera e che svolse nell’area una parte ben più attiva di quella svolta dalla diocesi di Torino. Le prime visite pastorali a Ferrera sono infatti del 1781 e proseguono ordinatamente per tutto l’Ottocento (AD Susa, 3e, F. 70, f. 6; F. 71, ff. 2, 3, 4, 9, 10). Pochi decenni dopo la nascita della diocesi, l’abbazia venne soppressa dal governo napoleonico e, quando fu ripristinata, non riuscì ad acquisire il ruolo che aveva in precedenza sul territorio circostante. Anche la diocesi di Susa fu soppressa in età napoleonica, dal 1803 al 1817, ma la cosa non ebbe particolari conseguenze sull’organizzazione ecclesiastica della valle (AD Susa, 3e, F. 68, f. 2). La diocesi di Moriana non smise di interessarsi all’area oltre il valico, anche se con la fine dell’età carolingia il piano del Moncenisio e l’ospizio, dipendevano indubitabilmente dalla diocesi di Torino: infatti nel 1386 e poi nel 1455 l’ospizio pagava il cattedratico al vescovo di Torino (Casiraghi 1979; Casiraghi 2001). Nei secoli successivi il piano passò sotto il controllo del vescovo di Moriana, che continuò a cercare un ruolo anche nell’area della val Cenischia: infatti nel 1770 il vescovo Giuseppe Filippo Martiniana consacrò la parrocchia di S. Giorgio di Ferrera. Negli anni 1832-1836 si è conservato un carteggio tra l’abate di Novalesa e autorità varie ecclesiastiche e laiche circa l’appartenenza dell’ospizio del Moncenisio alla diocesi di Susa o a quella di Moriana; tale documentazione si riferisce proprio al periodo in cui più accesa era la controversia per il possesso del piano del Moncenisio e l’abate cercava in tutti i modi di legare quell’area alle istituzioni del lato piemontese delle Alpi (AD Susa, 3c, F. 49, f. 1). Il passaggio del piano del Moncenisio al Regno d’Italia al momento della cessione della Savoia alla Francia, ebbe come risultato il fatto che negli anni Settanta dell’Ottocento, secondo un dizionario dei comuni del nuovo Regno, la diocesi di St-Jean-de-Maurienne controllasse almeno una chiesa nel territorio italiano, si trattava probabilmente della cappella di S. Nicolao o della cappella della Madonna della Neve alla Gran Croce (Castiglioni 1874, p. 252). Le variazioni del territorio di Ferrera, dovute alla sua particolare posizione di confine, hanno provocato l’anomala situazione per cui, nel tempo, parte dell’area comunale appartenesse a una diocesi differente. Come i poteri secolari si sono contesi il piano del Moncenisio, così hanno fatto anche quelli ecclesiastici. Oggi il territorio del comune di Moncenisio appartiene alla diocesi di Torino.
Pieve
La pieve di S. Maria di Susa aveva il controllo su tutte le chiese della valle, ma quella di Ferrera, essendo parte del territorio dell’abbazia di Novalesa che godeva di immunità ecclesiastica, non risulta da essa dipendente. Le chiese di Ferrera, come quelle degli altri paesi dell’isola giurisdizionale novalicense, esulano dalla rete pievana della diocesi di Torino e dipendono, per amministrazione dei sacramenti e cura d’anime, direttamente dall’abbazia. Non risulta infatti che la chiesa di Ferrera abbia mai pagato il cattedratico al vescovo di Torino, mentre le decime erano raccolte dall’abate di Novalesa (Casiraghi 1979).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa locale di S. Giorgio viene eretta in parrocchia il 17 febbraio 1464 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 13, fasc. 12bis) ad opera di Eusebio di Margario, arcidiacono di S. Eusebio di Vercelli, uno degli amministratori esterni che si occuparono di gestire l’abbazia nella seconda metà del secolo XV, prima che il duca di Savoia nominasse Giorgio Provana abate commendatario perpetuo. La parrocchia ricevette poi la visita del vescovo di Torino Broglia nel 1594 (AA Torino., 7.1.9, Visita Broglia, f. 490). Le cappelle di S. Barbara, nell’abitato, S. Giuseppe e S. Pancrazio, attestate nel 1781, ma probabilmente molto più antiche (AD Susa, 3d, F. 62, f. 2; F. 64, f. 1; F. 65, f. 1; F. 66, f. 1; AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mappa nn. 32, 33, 34), sono sempre appartenute al territorio comunale, mentre quelle sul piano del Moncenisio hanno avuto alterne vicende legate ai contrasti tra i comuni di Ferrera e Lanslebourg e tra le diocesi di Torino (e poi Susa) e Moriana. Del resto anche la stessa parrocchiale viene consacrata nel 1760 dal Cardinale di Martiniana, vescovo di Moriana (AD Susa, 3 d, F. 64, f. 3). Durante la lite che, nella prima metà del XVIII secolo, opponeva Ferrera e l’abate a Lanslebourg per il possesso del piano del Moncenisio emerge che le cappelle in quell’area non avevano goduto nei secoli precedenti dell’immunità novalicense e avevano ricevuto sempre le visite pastorali del vescovo di Moriana (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 16, f. 1). La cappella della Madonna della Neve alla Gran Croce si trovava nel territorio comunale di Ferrera fino alla fine della seconda guerra mondiale, ma dipendeva già da molto tempo dalla parrocchia di Nostra Signora Assunta di Lanslebourg; anche la cappella di S. Nicola sull’alpe omonima è appartenuta al territorio comunale fino a quella data, nel 1825, nel 1840 e nel 1846 è infatti annoverata tra le cappelle di Ferrera con S. Barbara, S. Giuseppe e S. Pancrazio. È indicativo che nell’archivio comunale di Moncenisio, oltre ai registri parrocchiali di S. Giorgio, ci siano anche quelli della parrocchia dell’Assunzione di Lanslebourg nella diocesi di Saint-Jean de Maurienne per gli anni che vanno dal 1861 al 1942, dall’unità d’Italia alla seconda guerra mondiale, cioè gli anni in cui il piano del Moncenisio appartenne al territorio di Ferrera (AC Moncenisio, cat. XII, ff. 59-62). Questo significa che in quel periodo, anche se alcune cappelle si sono trovate all’interno dei confini comunali non hanno cessato di dipendere dalla parrocchia della città francese; non fu così in precedenza perché in età napoleonica le cappelle del Moncenisio dipendevano dalla parrocchia di Ferrera, ma non erano sul suo territorio comunale e solo nel 1824 il piano del Moncenisio tornò sotto la giurisdizione della parrocchia di Lanslebourg (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 43, f. 10). La cappella di S. Maurizio, probabilmente di origine medievale, segnava il confine storico tra la Savoia e il Piemonte e con molta probabilità fu sempre parte del territorio di Lanslebourg, oltretutto nel breve periodo in cui Ferrera acquisì il piano del Moncenisio la cappella doveva ormai essere ridotta a un rudere. Altre cappelle sparse sui vari alpeggi, attestate nel 1859, sono S. Bartolomeo e Nostra Signora delle Grazie (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, somm. e matr., n. 22 ). Oggi, oltre alla parrocchia di S. Giorgio, sul territorio comunale ci sono le chiese di S. Giuseppe, nel centro storico, S. Antonio, sulla strada per Novalesa, S. Barbara, verso il valico, e S. Pancrazio.
Si attestano anche alcune compagnie: la Compagnia del Santo Rosario, fondata da Tommaso Filippo Bonini, frate predicatore, il 24 aprile 1758, attestata ancora nel 1781, nel 1825, nel 1837, nel 1846 (AD Susa, 3 d, F. 62, F. 2; F. 64, f. 1; F. 65, f. 1, F. 66, f. 1) e poi ancora nel 1860 (si conserva un registro datato ma non compilato; AD Susa, Fondo Parrocchia di S. Giorgio di Ferrere Cenisia, F. 6, f. 30) Si registra, inoltre, la presenza della confraternita di S. Antonio, fondata dall’abate commendatario Carlo Francesco Badia intorno al 1728 (AD Susa, 3d, F. 65, f. 1) di cui si ha ancora notizia dal 1859 al 1916 (AC Moncenisio, cat. XV, F. 1, f. 1; AD Susa, 3d, F. 66, f. 1).
Assetto Insediativo
L’abitato di Ferrera è sempre stato accentrato, ma alla Gran Croce, che almeno dal secolo XVI segnava il confine con Lanslebourg, c’era un piccolo gruppo di casupole e una taverna per i viaggiatori in transito (Caradini 1964). Nella relazione della Perequazione Generale del Piemonte, cioè nella prima metà del secolo XVII, l’abitato di Ferrera risulta accentrato, allodiale e composto precisamente da 20 fuochi (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo. 21, m. 161, f. 271r); questi dati sono confermati anche dalla relazione dell’Intendente della Provincia di Susa, databile al 1753 circa, secondo il quale l’abitato era composto sempre da 20 fuochi per 105 anime (BRT, Descrizione della provincia di Susa, Storia patria 854, f. 4). Nel 1959 il confine arrivava fino all’alpe S. Nicolao, sulla strada di Francia, dove c’era la cappella omonima e sul piano del Moncenisio c’erano solo le Case Caffo e altre grange sparse; l’abitato di Ferrera era accentrato lungo il corso del Cenischia, disposto parallelamente alla strada e sembra non aver subito sostanziali modifiche rispetto al secolo precedente (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mappa nn. 32, 33, 34).
Luoghi Scomparsi
Non se ne registrano.
Comunità, origine, funzionamento
La comunità di Ferrera non beneficia delle franchigie che il priore Amedeo concede alle comunità di Novalesa e Venaus nel 1279, nel documento infatti è esplicitato che le concessioni non valgono per gli uomini che abitano Ferrera e il Moncenisio (Bollea 1933, doc. 217, p. 268). Si può supporre che la comunità, più piccola e con risorse minori delle altre, non avesse ancora raggiunto un buon livello di organizzazione per potersi relazionare credibilmente con l’autorità abbaziale, contestualmente è possibile che Novalesa non volesse concedere una certa indipendenza alla comunità per mantenere più serrato il controllo sul valico e sugli introiti che ne derivavano. Nel 1326 compare la comunità di Ferrera, con quelle di Novalesa e Venaus, in una controversia con il priore per il diritto di caccia e pesca sui terreni monastici, diritto accordato in cambio della manutenzione di quei boschi (diritti confermati nel 1468; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 31, f. 7). In cinquant’anni anche Ferrera sembra aver acquisito lo stato di comunità organizzata anche se nel 1338, quando Novalesa e Venaus reclamano il mantenimento delle loro franchigie, la comunità di Ferrera non compare in alcun modo, probabilmente l’abate riusciva ancora a mantenere uno stretto controllo sugli uomini che abitavano quei luoghi (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 31, ff. 2, 6). Le suppliche della comunità e la concessione di franchigie e privilegi da parte dell’abate si susseguono con un certa continuità per i secoli XVII e XVIII (AC Novalesa, F. 14, f. 1; F. 275, f. 5; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 28, f. 10). Nel Settecento le conferme dei privilegi, relative soprattutto all’esenzione dal pagamento del pedaggio e dei dazi sulle merci locali, derivano direttamente dall’autorità regia che, nel 1735, nel 1738 e nel 1739, concede lettere patenti; quest’ultima in particolare specifica che l’esenzione dai pedaggi concessa alle comunità dipende dal fatto che queste devono occuparsi della manutenzione di strade e ponti tra Susa e Lanslebourg (AST, Camera dei Conti, Patenti controllo finanze, Patenti 12.109; 13.163; AST, Corte, Paesi per A e B, mazzo 12, f. 6). Il controllo del passaggio del Moncenisio è sempre stato importantissimo e le comunità evidentemente erano in grado di trattare il loro ruolo così importante direttamente con le autorità superiori. La dipendenza dall’abate, inoltre, non è esente da conflitti: nel 1760 la comunità di Ferrera, insieme a Novalesa e Venaus, muove una causa contro l’abbazia per la restituzione di alcune tasse pretese negli anni precedenti ingiustamente dal castellano dell’abate (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 42, f. 97). Dopo l’età napoleonica l’abbazia perde il suo ruolo egemone e la comunità ne approfitta per evitare anche i fitti legati allo sfruttamento dei suoi terreni: nel 1826 il monastero chiama in causa le comunità di Novalesa, Venaus e Ferrera per il mancato pagamento dei fitti in contanti e in natura che queste hanno interrotto dal 1801, in piena dominazione napoleonica, e l’anno successivo le comunità sono obbligate ad ottemperare a quei pagamenti (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 42, f. 105; m. 29, f. 42; già nel 1817 ne aveva richiesto il pagamento; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 44). Nel 1838 la comunità termina la costruzione di una nuova casa comunale costruita accanto alla canonica e vende quella che veniva usata in precedenza (AST, Corte, Paesi per A e B, Ferrera, m. 3, ff. 2-3).
Statuti
Mancano, ma sappiamo dell’esistenza di bandi campestri nel 1585 grazie a riferimenti presenti in una lite con la comunità di Novalesa (AC Novalesa, F. 44, ff. 4-5); successivi sono i bandi campestri del 25 aprile 1781, emessi dall’abate commendatario Pietro Antonio Lineo, signore di Novalesa, Venaus, Ferrera e Camerletto (AST, Corte, Paesi per A e B, Ferrera, m. 3, f. 1; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 12, f. 8; m. 43, f. 7; m. 44, f. 34).
Catasti
Tra i documenti abbaziali si conserva una minuta del registro di un catasto del 1552 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 13, n. 35). Un registro della Perequazione Generale del Piemonte per il controllo dei beni e dei catasti delle singole comunità (1680-1711) ci informa che all’inizio del secolo XVIII, nell’archivio comunale di Ferrera, c’era un catasto completo dei registri corrispondenti (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, m. 161, f. 264r). Una relazione dell’Intendente di Susa del 1827 sostiene invece che nell’archivio comunale di Ferrera non c’era né mappa, né catasto, ma solo libri di consegnamenti irregolari e registri di mutazioni in grave disordine (AST, Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, f. 28). Esiste il catasto Rabbini, risalente per Ferrera al 1859 (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mm. 32, 33, 34, matrice e sommarione 22) Si conserva nell’archivio comunale un catasto riferito agli anni 1936-1944 (AC Moncenisio, cat. V, F. 29).
Ordinati
Non rinvenuti.
Dipendenze nel Medioevo
Già il testamento di Abbone, il fondatore di Novalesa, nel secolo VIII garantiva all’abbazia un patrimonio compatto in val Cenischia, anche se prima del secolo X non possiamo pensare che l’abate esercitasse una signoria territoriale. Solo con il ritorno dei monaci a Novalesa alla fine del secolo X questi poterono lentamente costruire una solida base signorile intorno all’abbazia che si protrarrà ininterrotta nei secoli (si veda ad esempio le conferma dell’immunità per tutte le terre abbaziali del 1014 e la donazione adelaidina del 1078; Cipolla 1901, doc. 58, p. 134; doc. 69, p. 168). La salda giurisdizione locale che Novalesa perfezionò nel secolo XIII coesisteva con il principato sabaudo che ne garantiva il riconoscimento formale (Sergi 2004). Anche la giurisdizione penale apparteneva all’abate, che gli venne riconfermata, ad esempio nel 1277 per tutti i suoi territori dal giudice della valle di Susa (Chiaudano 1927, doc. 14, p. 96).
Feudo
Il controllo dell’abbazia sul territorio della comunità resta stabile fino alla fine del Settecento; l’immunità, ancora confermata dall’autorità papale nel 1672, concede all’abbazia il pieno controllo temporale e spirituale sui territori che le appartengono (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 15, f. 1). Esistono numerosi documenti in cui la comunità conferma la propria fedeltà al priore, e poi all’abate, e ne riceve in cambio franchigie e privilegi, ad esempio nel 1322, nel 1520, nel 1558, nel 1601 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 5, f. 21, m. 13, f. 15; m. 44, f. 3; AC Novalesa, F. 275, f. 1); in particolare il 21 giugno 1575 la comunità di Ferrera, rappresentata dal sindaco Giovanni Giacomo Caffo, si riconosce sotto la giurisdizione dell’abbazia (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 49, f. 3, p. 50). Il controllo abbaziale era esercitato da un castellano di nomina abbaziale che gestiva la giurisdizione sul territorio: ad esempio nel 1346 è Guglielmo de Montebello, nel 1365 è Giovanni di Giaglione (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 6, ff. 3, 27). La gestione della giurisdizione non è differente anche molti secolo dopo: nel 1775, ad esempio, l’abate Antonio Sineo nomina castellano Chiaffredo Maineri per i territori di Novalesa, Venaus e Ferrera (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 29, f. 28). Il controllo esercitato dal castellano abbaziale doveva essere piuttosto opprimente se la comunità riuscì ad ottenere dall’abate Carlo Provana il privilegio che la carica non venisse occupata almeno dal 1520 al 1527 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 28, f. 1). Anche l’amministrazione della giustizia continuava a spettare all’abbazia e si conservano alcuni registri cinquecenteschi che raccolgono le cause civili e criminali relative al territorio controllato dall’abate (1591-1592; 1593-1595; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 55, ff. 2, 3), inoltre si conserva la nomina del giudice per tutti i territori dipendenti dall’abbazia fatta dall’abate commendatario Provana nel 1665 (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 44, f. 13). Con l’età napoleonica, nel 1798, l’abbazia venne soppressa e tutte le istituzioni monastiche rientrarono nella normale amministrazione statale cessando di essere isole giurisdizionali. Anche dopo il ripopolamento dell’abbazia, nel 1818, questa non raggiungerà più il ruolo egemone che aveva in precedenza, nonostante i tentativi per riaffermare il proprio potere: ad esempio nel 1827 il monastero rivendicò il pagamento di fitti, censi e decime che gli erano dovuti dalla comunità prima della soppressione napoleonica (AC Novalesa, F. 275, f. 16).
Mutamenti di distrettuazione
Quello che caratterizza storicamente questo territorio è in primo luogo il fatto di trovarsi in un’area di confine, tra Longobardi e Franchi nell’alto medioevo, poi tra i due regni franchi d’Italia e Borgogna, in seguito, nei secoli sabaudi, tra Piemonte e Savoia e infine tra Italia e Francia. L’altra caratteristica peculiare di questo territorio è il fatto di essere un’area montana di raccordo grazie al passo del Moncenisio. Date queste necessarie premesse, da un punto di vista storico la Val Cenischia può essere associata all’adiacente, più estesa, val di Susa. Nella prima metà del secolo X la valle di Susa e la val Cenischia sono inquadrate nella marca d’Ivrea, subito dopo diventano parte della marca di Torino. Al disfacimento di quest’ultima, alla fine del secolo XI, sono i conti di Savoia ad ottenere progressivamente il controllo sulla valle di Susa. Il loro sistema amministrativo, già operante dal secolo XIII, si basava sui castellani e sui balivi, loro superiori gerarchici, che gestivano la giurisdizione su porzioni abbastanza limitate del territorio. L’area di Novalesa tecnicamente dipendeva dal castellano di Susa, ma si trattava di un’isola giurisdizionale e dunque non ne subiva il controllo. In età moderna Novalesa diventa parte della Provincia di Susa, anche se il piano del Moncenisio nel XVIII secolo dipendeva dalla Provincia di Moriana e dunque era parte del territorio di Lanslebourg (AST, Corte, Paesi per A e B, Susa, m. 2, nn. 26, 27). Nel Settecento Ferrera apparteneva alla Divisione di Torino, Provincia di Susa, Mandamento di Susa. In età napoleonica, con l’annessione del Piemonte alla Francia, il piano del Moncenisio venne separato dal territorio di Lanslebourg per farne un comune indipendente e tutto il territorio fu incluso nel Dipartimento dell’Eridano, con sede a Torino (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 43, f. 8). La provincia di Susa scomparve come unità amministrativa nel 1859 e Susa divenne sede di sottoprefettura e capoluogo di circondario (Corino, Dezzani 1986). Con la cessione della Savoia alla Francia, il piano del Moncenisio fu aggregato al territorio di Ferrera e rimase all’Italia. Al momento dell’unità, dunque, Ferrera, con l’altopiano del Moncenisio, apparteneva alla Provincia di Torino, al Circondario e al Mandamento di Susa (Dizionario 1861; Castiglioni 1874; Corino, Dezzani 1986). Il circondario di Susa venne poi abolito nel 1926. Attualmente il comune di Moncenisio aderisce alla Comunità Montana dell’Alta Valle di Susa.
Mutamenti Territoriali
La particolare posizione di Ferrera ha provocato una serie di mutamenti significativi legati, soprattutto negli ultimi due secoli, alle maggiori vicende storiche dell’Italia e della Francia piuttosto che alle relazioni con i paesi confinanti. Il possesso del piano del Moncenisio, con l’ospizio, la Gran Croce e il passo vero e proprio, è stato spesso motivo di lite tra i due comuni confinanti di Ferrera e Lanslebourg, non senza l’intervento dei poteri maggiori che avevano tutto l’interesse a controllare e a gestire il passaggio e a garantirne l’organizzazione ordinata e l’accessibilità. Nei secoli XVI e XVII la Gran Croce delimitava il confine tra Piemonte e Savoia: da una parte c’era il territorio di Ferrera, dall’altro il piano del Moncenisio, appartenente a Lanslebourg (Caradini 1964). Nel 1717 l’abate Ferrero di Lauriano, prevosto di S. Maria del Moncenisio, intentò una causa contro i comuni di Lanslebourg e Lanslevillard per ottenere la fornitura di legna che queste gli dovevano e per chiedere il ristabilimento dei confini tra la prima e Ferrera nella zona dell’abitato della Gran Croce, i cui abitanti erano accusati di sfruttare un bosco appartenente alla prevostura; questo episodio dimostra che anche nel secolo XVIII il confine tra le due comunità non era definito in modo preciso e aveva una certa fluidità a seconda degli interessi dei contendenti (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 41, f. 92). Nel 1729 una lunga lite oppone Ferrera, insieme con l’abate di Novalesa, a Lanslebourg per il possesso del piano del Moncenisio. Dall’ingente documentazione prodotta risulta che il piano dipendeva dal castellano di Moriana già dal secolo XIV e che la manutenzione di quella parte di strada era spettata al comune francese per i secoli XVI e XVII; gli inviati del governo centrale, incaricati di dirimere la questione, suggerirono invece di allargare i confini di Ferrera fino a comprendere l’ospizio e il lago. La questione non venne risolta in quel momento e continuò ad opporre i protagonisti per molto tempo ancora (AST, Corte, Paesi per A e B, Novalesa, m. 12, f. 7). L’importanza e l’interesse per il passo è dimostrato ulteriormente in età napoleonica quando venne decretata la formazione di un comune autonomo sul Moncenisio; nel Settecento il piano del Moncenisio era parte di Lanslebourg, quindi la comunità in questione osteggiò violentemente la formazione di un nuovo comune che l’avrebbe privata di una parte così importante del suo territorio (AST, Camera dei Conti, Indice dei Feudi, vol. 328, dove il piano del Moncenisio è attestato come appartenente alla provincia di Moriana; AST, Corte, Paesi per A e B, Moncenisio, m. 18). Negli anni Trenta dell’Ottocento il piano del Moncenisio era ancora parte del comune di Lanslebourg, ma nel 1859, in seguito alla cessione della Savoia alla Francia, secondo il catasto Rabbini, il territorio comunale comprendeva anche l’altopiano con il Lago Grande, l’ospizio e la Gran Croce, in particolare il confine arrivava fino all’alpe S. Nicolao, sulla strada di Francia, dove c’era la cappella omonima (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mappa nn. 32, 33, 34). Sarà dopo la seconda guerra mondiale, con il trattato di pace tra Italia e Francia, che il piano del Moncenisio tornerà definitivamente alla Francia (Pari 1989).
Comunanze
I beni comuni di Ferrera compaiono nella documentazione nel secolo XVI grazie alle liti territoriali (cfr. il lemma ‘Liti territoriali’) e constavano di boschi e alpeggi che gli abitanti potevano sfruttare per il pascolo e la raccolta di legna. I beni comunali registrati nel Catasto Rabbini nel 1859 sono significativi e consistono in pascoli, prati e boschi (AST, Camera dei Conti, Catasto Rabbini, somm. e matr., n. 22). Nel 1925 una relazione del ministero parla di precisi usi civici che il sindaco assicura subordinati al pagamento di tasse e all’osservanza di un regolamento municipale da «tempo immemorabile». Negli anni Trenta e Quaranta del Novecento i beni comunali erano piuttosto significativi e comprendevano boschi, un mulino oltre ai predetti ben regolamentati usi civici (AC Moncenisio, cat. V, F. 17, ff. 2, 6, 7, 13). Nel 1935 i beni comunali erano ettari 760.28.72, suddivisi in territorio pascolivo e boschivo e seminativo e prativo; proprio in quell’anno, in seguito alle disposizioni per la liquidazione di usi civici, si dispose la vendita di ettari 5.36.84. Le operazioni di riordino dei beni comunali terminarono nel 1941 (CLUC, Moncenisio).
Liti Territoriali
Nel 1505 Novalesa e Ferrera sono in lite per il possesso di una montagna nell’area del passo del Moncenisio (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 33, f. 7); solo nel 1531 Novalesa e Ferrera giungono a una transazione per la determinazione dei rispettivi territori (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 13, f. 21); ma più tardi, nel 1585, la comunità di Ferrera protesta contro la comunità di Novalesa responsabile di aver tagliato degli alberi sui suoi beni comuni, protesta a cui Novalesa risponde affermando diritti preesistenti (AC Novalesa, F. 44, ff. 4-5). All’inizio del secolo XVI si registra un contenzioso per le strade del Moncenisio tra il castellano di Moriana e l’abate (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 14, f. 12,12bis; m. 13, f. 14). Tra il 1722 e il 1724 Venaus si oppone a Ferrera e Novalesa per il controllo di un sentiero che correva lungo il torrente Cenischia: sulla riva sinistra correva la strada reale che era però sottoposta a frequenti frane, per questo il controllo sul sentiero alternativo era così importante; gli abitanti di Venaus lamentano il fatto che i viaggiatori provenienti da Novalesa e diretti a Susa utilizzino il detto viottolo arrecando danni ai loro campi coltivati che lo costeggiano; la controversia si prolunga per alcuni anni fino a quando è Venaus ad avere la meglio: il passaggio per il viottolo viene impedito a beneficio delle due preesistenti strade: l’una passava nell’abitato di Venaus e l’altra costeggiava la montagna (AST, Camera dei Conti, I Archiviazione, Ponti e strade, m. 1, f. 9; Fracchia 2010). Nel 1729 una lunga lite oppone Ferrera a Lanslebourg per il possesso dell’alpe Margaria e si allarga a implicare il controllo del piano del Moncenisio, la cui giurisdizione è rivendicata dall’abate di Novalesa almeno fino alla fonte Varcenisia. Nel 1730 una prima visita dell’incaricato Giovanni Francesco Caselette, Conte delle Gravere non riesce a risolvere la questione. Dalle relazioni del 1732 e del 1733 degli incaricati regi (il presidente Sicardi e i senatori Bonaudo e Cassotti) risulta che il passo alpino faceva parte del territorio di Lanslebourg almeno dal secolo XIV e che nei secoli XVI e XVII questa comunità aveva provveduto alla manutenzione della strada; tuttavia gli stessi propongono, con grande lungimiranza, di allargare i confini di Ferrera e la giurisdizione dell’abate di Novalesa fino a comprendere il piano del Moncenisio, in cambio di un fitto annuo da versare a Lanslebourg, in modo da legarlo al territorio del Piemonte in caso di permuta della Savoia. Dal canto loro Lanslebourg e l’abate di Novalesa restano sulle loro posizioni rivendicando l’indiscusso possesso del piano e motivandolo con documentazione e testimoni (documentazione che, nel caso dell’abbazia di Novalesa, era molto più antica e cospicua). Ancora la situazione non si risolve: il piano resta a Lanslebourg mentre l’alpe Margeria a Ferrera, anche se gli uomini della comunità francese possono sfruttarla, limitatamente, per il pascolo (AST, Corte, Paesi per A e B, Novalesa, m. 12, f. 7; AST, Corte, Paesi per A e B, Susa, m. 7, f. 2; AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 16, f. 1; m. 15, ff. 12, 13, 17). In una relazione sulla provincia di Susa del 1753 si annota che la questione del confine tra i due comuni non è ancora risolta e il possesso dell’alpe della Margaria non è ancora risolta (AST, Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, f. 18). Il possesso di quell’alpe era conteso già nel 1573, quando la Camera dei Conti ne contestava il possesso all’abbazia; un documento dello stesso anno comprova diritti e confini del monastero dimostrando che l’abbazia aveva semplicemente ceduto il godimento dell’alpe a Lanslebourg in cambio di un fitto; questo documento è però conservato solo in una copia del secolo XVIII, proprio quando il contenzioso per il suo possesso era nel pieno del suo svolgimento, cosa che ci induce a dubitare della sua autenticità.
Fonti
A.A.T. (Archivio Arcivescovile di Torino).
A.A.T.,  sez. VII, 1594, f. 490-498.
A.C.M. (Archivio Storico del Comune di Moncenisio).
     l’archivio comunale di Moncenisio oggi è composto da 70 faldoni; la documentazione non è più antica degli anni Trenta del secolo XIX. Già in una relazione sullo stato degli archivi comunali della provincia di Susa del 1825 risulta che la sequenza delle carte non era regolare.
A.C.M.,  Cat. V, Proprietà comunali, FF. 17, 29;
A.C.M., Cat. V, Catasto (1936-1944), F. 29;
A.C.M., Cat. X, Opere pubbliche, F. 44;
A.C.M., Cat. XII, Stato civile, FF. 59, 62;
A.C.M., Cat. XV, Sicurezza pubblica, F. 1.
A.C.S. (Archivio Storico del Comune di Susa).
A.C.S., Cat. I, f. 83, f. 5;
A.C.S., Cat. V, F. 876, f. 2.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Catasto Rabbini, mappe 32, 33, 34; matrice e sommarione 22;
A.S.T., Camera dei Conti, I Archiviazione, Ponti e strade, m. 1, ff. 7, 9;
A.S.T., Camera dei Conti, II Archiviazione, Capo 21, mm. 16, 83, 101, 161;
A.S.T., Camera dei Conti, II Archiviazione, Patenti controllo finanze1300-1717; 1717-1800;
A.S.T., Camera dei Conti, Indice dei Feudi, voll. 315, 326, 328;
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, ff. 18, 27, 28;
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Moncenisio, m. 18;
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Ferrera, m. 3;
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Novalesa, m. 12;
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Susa, m. 2, ff. 26, 27; m. 7, f. 2;
A.S.T., Corte, Abbazie, Novalesa, m. 5, f. 21, Documenti vari sec. XIV; m. 6, f. 3-27m; Documenti vari sec. XIV; m. 13, f. 1-35, Documenti vari sec. XVI; m. 14, ff. 1-37, Atti di lite; m. 15, ff. 1-17, Documenti vari secc. XVII-XVIII; m. 16, f. 1, Atti di lite sec. XVIII; m. 17, f. 3, Registro dei consegnamenti, 1365; m. 18, f. 1, Registro dei consegnamenti, 1433-1436; m. 21, f. 1, Registro dei consegnamenti, 1455-1456; m. 22, f. 1, Registro dei consegnamenti, 1513; m. 23, f. 2, 3, Registro dei consegnamenti, 1495, 1494-1495; m. 28, ff. 1, 11. Franchigie e privilegi; m. 29, f. 47, Registro dei consegnamenti, quattrocentesco; m. 29, ff. 19-53. Documenti vari secc. XV-XIX; m. 31, ff. 6, 7, Franchigie e privilegi; m. 32, ff. 19, 20, 22, Documenti vari sec. XVII; m. 33, f. 7, Atti di lite; m. 35, f. 27; Atti di lite; m. 41, f. 92, Atti di lite; m. 42, ff. 97, 105; Atti di lite; m. 43, ff. 7, 8, 10, 11; Bandi campestri; documenti di età napoleonica; m. 44, ff. 3, 13, 34, 35, 39; Atti di lite; m. 49, f. 3, Registro dei consegnamenti 1575-1578; m. 55, f. 1, Registro delle cause della curia di Novalesa 1593-1595; m. 58, f. 1, Registro dei consegnamenti 1663; m. 60, ff. 4, 5, Registro dei consegnamenti 1773-1775; Registro dei consegnamenti 1773-1779; m. 69, Registri delle cause della curia di Novalesa 1551-1556.
A.V.S.  (Archivio Storico della Diocesi di Susa).
A.V.S., Fondo parrocchia di S. Giorgio di Ferrera Cenisio (1713-1993);
A.V.S.,3d, F. 62, f. 2; Stati delle parrocchie, 1771-1782;
A.V.S.,3d, F. 64, f. 1, 3; Stati delle parrocchie, 1825, 1840, 1843;
A.V.S.,3d, F. 65, f. 1; Stati delle parrocchie, 1840, 1843;
A.V.S.,3d, F. 66, f. 1; Stati delle parrocchie, 1846-1848;
A.V.S.,3e, F. 70, f. 6, Visita pastorale Ferraris, 1782;
A.V.S.,3e, F. 71, f. 2, 3, 4, Visite pastorali, 1825, 1825-1826;
A.V.S.,3e, F. 71, f. 9, A.V.S.,,Visite pastorali Forzani, 1841-1843, 1843.
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino).
B.R.T., Storia patria 854, Descrizione della provincia di Susa.
C.U.C .(Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Moncenisio.
Bibliografia
Non esiste alcuna bibliografia sul comune di Moncenisio, mentre gli studi relativi all’abbazia di Novalesa sono numerosissimi; questi ultimi però, in gran parte, non riguardano direttamente la storia della comunità, per questo di seguito riportiamo solo le ricerche più specifiche e i testi che sono stati usati per la compilazione della scheda.
Cartario della abazia di Breme, a cura di L.C. Bollea, Torino 1933 (BSSS 127).
Carandini L., Il grande valico, Novara 1964 (rist. an. Arignano 1994).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1833-1856, voll. VI, X e XVI.
Casiraghi G., La diocesi di Torino nel medioevo, Torino 1979 (BSS 196).
Casiraghi G., L’organizzazione ecclesiastica nelle valli di Susa e di Moriana dall’VIII al X secolo, in «BSBS», 99 (2001), pp. 363-379.
Castiglioni P., Circoscrizioni e dizionario dei comuni del Regno d’Italia (secondo censimento 1871-72), Roma 1874.
Chiaudano M., Le curie sabaude nel secolo XIII, Torino 1927 (BSSS 53/2).
Cipolla C., Appunti dal codice novalicense del Martyrologium Adonis, in Id., Ricerche sull’antica biblioteca del monastero del monastero della Novalesa, Torino 1894, pp. 21-58.
Corino P.G., Dezzani L., Una strada per il Moncenisio da Amedeo II di Savoia a Napoleone I Bonaparte, Susa 1986.
Fracchia B.M., Il controllo sul sistema stradale della Provincia di Susa nel XVIII secolo: il caso di Venaus e Novalesa, in «Segusium», 49 (2010), pp. 187-198.
Lunardi G., Bartolomasi N., Popolla G., L’abbazia di Novalesa (726-1996), Pinerolo 1998.
Lunardi G., I rapporti tra l’abbazia e il borgo di Novalesa (726-1856), in Novalesa. Una storia tra fede e arte. Atti del Convegno, Novalesa 21 agosto 1999, S. Ambrogio 2000, pp. 51-71.
Manno A., Dizionario feudale degli antichi stati continentali della monarchia di Savoia (1720-1797), Firenze 1845.
Monumenta Novaliciensia vetustiora, I, a cura di C. Cipolla, Roma 1898 (Fonti per la Storia d’Italia 22).
Pari F., A proposito di “La chapelle de Saint Nicolas de la plaine” Cenisio e di qualcos’altro: le traité de paix avec l’Italie, 1947, in «Segusium» 26 (1989), pp. 29-48.
Sergi G., Novalesa fra storia e storiografia, in Novalesa. Nuove luci all’abbazia, a cura di M.G. Cerri, Milano 2004, pp. 21-33.
Descrizione Comune

Moncenisio

     La comunità di Ferrera Cenisio è contrassegnata da due caratteri distintivi che caratterizzano le sue vicende lungo i secoli: la dipendenza dall’abbazia di Novalesa e la prossimità al valico del Moncenisio.
      Se da un lato il controllo abbaziale sembra saldo e incontrastato fin dal secolo XIII, dall’altro, nei secoli successivi, più volte emergono tentativi di aggirarlo per affermare i diritti della comunità. L’abbazia agisce più volte per difendere i suoi beni minacciati dai tentativi dei singoli o delle altre comunità di appropriarsene. Ne è un esempio la ricognizione e la misura dei beni attuata dall’abbazia nel 1716 appositamente per difendersi dagli usurpatori (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 15, f. 8). Le comunità sottoposte, dal canto loro, sono interlocutrici attente ed esigenti: a metà del secolo XVIII rivolgono una supplica direttamente all’abate commendatario per lamentare gli abusi dei monaci cistercensi, sostituitisi ai benedettini (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 14, f. 34). Solo però con l’affrancamento dal potere giurisdizionale novalicense, all’inizio del secolo XIX, la comunità di Ferrera poté agire in modo più autonomo.
La presenza del valico ha segnato fortemente tutte le vicende e il carattere di Ferrera, i cui abitanti hanno sempre tratto grande vantaggio dal loro ruolo di guide per i numerosi viaggiatori che lungo i secoli hanno affrontato il passo. A metà del secolo XVIII la maggior parte degli abitanti di Ferrera erano impiegati come guide e portantini per il Moncenisio (AST, Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, f. 18; BRT, Descrizione della provincia di Susa, Storia patria 854, p. 50). Del resto la configurazione geografica non forniva agli abitanti molte alternative. Le tre comunità erano responsabili della manutenzione della strada e dei ponti e più volte il governo centrale è intervenuto per assicurare che tale manutenzione fosse assidua e precisa (AST, Corte, Abbazie, Novalesa, m. 32, f. 22 [1663]). Prima del secolo XVI Ferrera aveva un ruolo cruciale per i viaggiatori: nel secolo XV vi erano ben quattro alberghi. Più tardi, con il diffondersi delle carrozze, fu Novalesa ad acquisire importanza; infatti qui venivano smontate per il passaggio del valico e il tragitto, a quel punto, evitava l’abitato di Ferrera (Caradini 1994); inoltre i direttori di passaggio si trovavano a Lanslebourg e a Novalesa (AST, Corte, Paesi per A e B, Susa, m. 7, f. 2). Nel secolo XVI, dunque, perse il suo ruolo come luogo di passaggio a favore di Novalesa e venne totalmente tagliata fuori con la costruzione della strada napoleonica nel 1806.
Il governo centrale ha sempre mostrato grande interesse per il valico: nel secolo XVIII la gestione del passaggio del Moncenisio e il sistema dei portatori fu regolato da rigide disposizioni; ad esempio nel 1788 il Moncenisio ricevette in una lettera patente le disposizioni per la scrittura del regolamento di passaggio (AST, Camera dei Conti, Patenti 1717-1800, Editti, 11.1).
Il territorio del piano del Moncenisio, interessato da numerose liti per diritti giurisdizionali e confini comunali, in età napoleonica venne sganciato dalla contesa tra le due comunità confinanti di Lanslebourg e Ferrera per diventare un comune autonomo. Il decreto napoleonico del 20 dicembre 1807 stabilisce l’erezione in comunità del territorio del Moncenisio; nel decreto attuativo del 10 novembre 1810 vengono specificati i confini del nuovo comune che, composto dalle borgate Centro (accanto all’ospizio), Ramassa e Gran Croce, doveva estendersi a nord lungo il nuovo confine di Lansleboug, a est lungo la linea tra quel comune e Lanslevillard, a sud lungo il confine di Ferrera, a ovest lungo la linea tra i comuni di Lanslebourg e Bramans. Il nuovo comune avrebbe dovuto appartenere al mandamento di Susa ed è proprio l’Intendente di questa città a denunciare il fatto che il decreto nel 1816 non si era ancora attuato e gli abitanti del Moncenisio continuavano a pagare tasse e tributi a Lanslebourg e a riferirsi al mandamento della Moriana. Secondo una dettagliata relazione, la comunità francese aveva ignorato il decreto di divisione per una lunga serie di motivi dai quali appuriamo che: in primo luogo il confine tra Lanslebourg e Ferrera era il confine tra Piemonte e Savoia fissato nel 1798, inoltre che gli abitanti del comune francese avevano interessi economici molto forti su questi luoghi legati al pascolo e ai suoi prodotti e, infine, che numerosi dei suoi abitanti usavano risiedervi durante i mesi estivi. Il governo centrale risponde a questa supplica in modo altrettanto particolareggiato mettendo in evidenza l’importanza del passo del Moncenisio e la necessità che la popolazione venisse incrementata per migliorare l’organizzazione del passo e che il piano era più facilmente raggiungibile da Susa, per l’amministrazione e la riscossione dei tributi, che non da S. Giovanni di Moriana. Da una successiva relazione dell’Intendente di Moriana emerge che erigere una nuova comunità era interesse principalmente dei religiosi di S. Maria del Moncenisio e non delle poche famiglie, di lingua francese, che vi abitavano. Lanslebourg lamenta proprio il fatto che immediatamente i religiosi avevano assunto il ruolo di sindaci e avevano già imposto il pagamento di tasse sul passaggio del loro bestiame. Nei progetti di attuazione, oltre a passare al mandamento di Susa, la nuova comunità doveva passare anche dalla diocesi di Moriana a quella di Torino, questo provocò le proteste dell’arcivescovo di Chambery, Irénée-Yves La Salle, che il 1 settembre 1816 lamenta di non essere stato avvertito del passaggio del Moncenisio dalla sua arcidiocesi a quella di Torino. A questo punto i due intendenti si accordano per organizzare un incontro tra i rappresentanti della nuova comunità e i rappresentanti di Lanslebourg per discutere dei diritti che questi ultimi reclamavano sul nuovo territorio autonomo. Tale riunione ebbe effettivamente luogo nel 1817 ma viene abbandonata sdegnosamente dai rappresentanti di Lanslebourg, che rifiutano l’erezione in comunità di Moncenisio. Nel 1820 i confini della comunità di Moncenisio non erano ancora stati fissati e il Consiglio Comunale non era stato nominato (AST, Corte, Paesi in genere e per province, Susa, m. 91, f. 24). La controversia non riuscì ad essere sanata e l’Intendente di Moriana richiese, in una relazione dell’8 luglio 1822, l’unificazione dei due territori visto che la divisione non si era mai realmente attuata e che gli abitanti del Moncenisio erano troppo pochi per sostenere le spese di un comune (AST, Corte, Paesi per A e B, Moncenisio, m. 18). Tale riunificazione fu sancita ufficialmente il 6 agosto 1822 (AST, Camera dei Conti, Patenti controllo finanze, v. 27, f. 182).
La nuova strada ottocentesca, che tagliava fuori il paese dal percorso, ha segnato il lento declino economico e anche numerico degli abitanti. Oggi la Gran Croce, il lago, e il colle del Moncenisio sono compresi nel territorio francese.