Mezzenile

AutoriCaffù, Davide
Anno Compilazione2012
Provincia
Torino.
Area storica
Valli di Lanzo.
Abitanti
844 (ISTAT 2001).
Estensione
28,98 kmq.
Confini
A nord Ceres, a est Pessinetto, a sud-est Traves, a sud Viù, a ovest Ala di Stura.
Frazioni
Bogliano, Monti e Pugnetto.
Toponimo storico
«Il toponimo sembra doversi accostare al sostantivo mediana, nel valore di ‘terra circuita da fiumi’» che in questo caso sarebbero la Stura di Ala e un suo affluente (Dizionario di toponomastica 1991, p. 464). Nel 1563 «Mezenillo» (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, art. 737, par. 2, mazzo 455); «Mezenilis» nel 1584 (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi [1584] 7/1/5, c. 185), «Meginilo» nel 1586 (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi [1586] 7/1/6, c. 199).
Diocesi
A differenza di quanto avvenne per la Valle di Susa, dall’alto medioevo il confine della diocesi torinese nelle valli di Lanzo avrebbe raggiunto lo spartiacque alpino (Casiraghi 1979, p. 46).
Pieve
Nel Basso Medioevo la chiesa di Mezzenile, che era dedicata a San Martino vescovo, dipendeva dalla chiesa pievana di S. Maria di Ceres, come quelle di Pessinetto e di Germagnano (Casiraghi 1979, p. 83). Ottenne il titolo di parrocchiale almeno dal 1547, quando fu visitata dal vescovo di Torino De Mari (AA Torino, visita pastorale del vescovo De Mari [1547], 7/1/2, c. 75v).
Nel 1752 il vescovo di Torino Roero, visitando la chiesa di S. Pietro di Traves, rilevò che «ab annis 130 circiter in parochialem erecta, media illius dismembratione ab ecclesia parochiali loci Mexenilis» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], 7/1/32, c. 299v). Il presule si riferiva alla creazione seicentesca della parrocchia di S. Pietro in Vincoli, il cui territorio fu staccato della parrocchiale di Mezzenile (si veda la scheda dedicata a Traves). Per quasi un secolo quindi la chiesa di S. Martino svolse le funzioni di chiesa parrocchiale anche per i Travesini.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La parrocchia di S. Martino fu visitata il 22 aprile 1584 dal vescovo Peruzzi insieme alla chiesa di S. Giacomo di «Gisola in valle Lancei» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi [1584] 7/1/5, cc. 185-186). Nella visita del 1586 il presule torinese rilevò che il parroco Giò Penuncellus, in base a una particolare licenza, celebrava sia nella parrocchiale, i cui altari erano dedicati a S. Lorenzo e alla Beata Vergine, sia nella chiesa di S. Giacomo «infra cura presenti ecclesiae, pro commoditate et comunis prefacti Gissole» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi [1586] 7/1/6, c. 199). Lo stesso giorno il presule andò a visitare anche l’oratorio della Società di S. Giovanni «de Pessineto» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi, [1586], cc. 199-202). Poiché fu visitato insieme agli altri edifici religiosi di Mezzenile, l’oratorio S. Giovanni «de Pessineto» dipendeva dalla parrocchia di S. Martino. Si trattò di un’appartenenza cinquecentesca, perché negli anni successivi la chiesa di S. Giovanni «de Pessineto» non fu più visitata insieme alle chiese mezzenilesi a differenza di altri edifici religiosi che, come la cappella di S. Antonio abate a Gisola nel luogo della Grangia, la cappella della Concezione della Beata Vergine a Pessinetto nella «piazzetta» e la cappella dedicata a «S. Blasii» in cima alla villa di Pessinetto, continuarono a dipendere da S. Martino di Mezzenile (AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], cc. 322-326).
Nel consegnamento dei beni del 1564 risultavano attive le confraria dello Spirito Santo di Bogliano, che aveva 4 pezze di prato e bosco «nelli fini di Bogliano», una della quali affittata dal castellano di Lanzo, e la confraria dello Spirito Santo di Mezzenile, che teneva metà dell’Alpe Boseri, una casa, alcuni prati e alberi (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, art. 737, par. 2, mazzo 455, cc. 300-301 e cc. 702-704). La confraria dello Spirito Santo era un’associazione laica che raccoglieva i maggiorenti locali e che in numerosi casi sarebbe stata il primo organo rappresentativo della comunità (Quaccia 2007, p. 931). L’esistenza di due confrarie, che registravano separatamente i loro beni, farebbe supporre un precoce sviluppo della borgata Bogliano.
Ricca di informazioni è la visita pastorale del vescovo Rorengo del 1769, che inizia con il sacello campestre di S. Bartolomeo, posto sulla strada che collegava Mezzenile a Ceres. Nella chiesa parrocchiale descrisse 7 altari: quello principale, dedicato a S. Martino, era gestito da due confraternite: la Società della Santissima Trinità (costituita nel 1677) e la Società del Santissimo Sacramento. Quest’ultima provvedeva insieme alla confraternita del Santissimo Rosario, che si occupava dell’omonimo altare, alla cera necessaria alle funzioni religiose. Gli altari laterali erano dedicati: allo Spirito Santo, sul cui altare era attiva la «sodalitas Disciplinator» dello Spirito Santo fondata forse nel 1685; alla Beata Maria Vergine «Cincturatorum», sul quale c’era la «Societas Cincturatorum» eretta nel 1661; a S. Ignazio de Loyola, affidato direttamente al parroco e non a una confraternita. Gli altari erano dedicati: alla Beata Vergine del Rosario, con l’omonima confraternita; a S. Antonio abate, senza confraternite che se ne occupassero, e alla Beata Vergine del Suffragio, sul quale c’era l’omonima confraternita creata nel 1685, che possedeva «tre petias prati, et nemoris in finibus ipsius loci, sita scilicet in regionibus Alteretto, Mogliasso et Costa-magrino» e dall’affitto dei quali ricava un livello annuo (AA Torino, visita pastorale del vescovo Rorengo [1769] 7/1/50, c. 118).
Molto numerosi erano anche gli edifici religiosi presenti sul territorio e destinati agli abitanti delle borgate: i sacelli della Beata Vergine di Nives e di San Bartolomeo, siti entrambi «in regione dicta villa inferiore» vicino al castello; quello di San Rocco, in regione Mombresso; quello della Beata Maria Vergine Assunta in Cielo, «in regione dicti de’e Monti» (o secondo Roero «in loco dicto li mansi di Bogliano»: AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], 7/1/34, cc. 322-326); quello di S. Grato «in regione dicta Rangirolo»; quello di S. Giorgio «in regione dicta Layetto» (non presente nella visita Roero); quello di S. Sebastiano e S. Rocco «in regione dicta Bernucchi»; quello di S. Lorenzo «in regione dicta Pugnetto», che aveva un cappellano a differenza degli edifici religiosi che erano officiati da priori; quello di S. Maria Maddalena «in regione Pessinetto di fuora», che distava dal luogo di Mezzenile più di mezzo miglio; quello dello Spirito Santo nella stessa regione, che aveva due altari laterali dedicati a S. Antonio da Padava e alla Beata Vergine delle Grazie; quello di S. Pietro e Paolo «in regione dicta Lasetta»; quello di S. Giuseppe «in regione dicta Caudana»; quello della Natività della Beata Vergine «in regione dicta La Murassa»; quello di S. Bernardo in regione Bogliano; quello della Beata Vergine della Consolazione, «in regione dicta Chiaulognano; e quello della Visitazione Beata Vergine «in regione dicta delli giardini» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Rorengo [1769] 7/1/50, cc. 114-154). A officiare in tutti questi edifici religiosi erano più di 10 religiosi. Nel 1752 il vescovo Roero visitò anche la cappella di S. Barnaba in regione «Li Remondetti» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], 7/1/34, cc. 322-326).
L’edificio religioso più importante del territorio di Mezzenile – e uno dei più importanti delle Valli di Lanzo – è il santuario di S. Ignazio sulla vetta del monte Bastia. Nel 1677 la comunità di Mezzenile deliberò di donare la cappella di S. Ignazio con il monte ai Gesuiti (AC Mezzenile, Inventario, p. XIX) e nel 1727 fu fondato il santuario di S. Ignazio (Carpano 1931, p. 18). Attualmente il santuario si trova nel territorio di Pessinetto, ma fino all’inizio del Novecento apparteneva ancora a Mezzenile.
L’attuale edificio parrocchiale risale all’inizio dell’Ottocento. Nel 1970 aveva un reddito di 600.000 lire annue ricavate «per servizi religiosi e per lo affitto di piccoli appezzamenti di terreni», prati e boschi di circa 76 are complessive (AST, Sezioni Riunite, Prefettura di Torino, Atti amministrativi, Versamento 2001, Culti, mazzo 45, Mezzenile). Dalla documentazione relativa alla ricostruzione della casa canonica risultano le compagnie del Suffragio, del Corpus Domini e dello Spirito Santo, che della casa canonica occupavano un piano. Nel 1965 erano attive anche le suore immacolate di Mezzenile che gestivano l’omonimo istituto. Attualmente nei pressi del castello dei conti Francesetti è presente anche la cappella di S. Anna.
Nel 1959 il gruppo «I veciu d’ Sant Second» di Torino dell’Azione Cattolica chiese il permesso per costruire un’edicola dedicata alla Madonna delle Grotte di Pugnetto in frazione Pugnetto (AST, Sezioni Riunite, Prefettura di Torino, Atti amministrativi, Versamento 2001, Culti, mazzo 45, Mezzenile).
Assetto Insediativo
Attualmente fanno parte del comune di Mezzenile le borgate di «Villa superiore», «Villa inferiore» e «Catelli», raggruppate nel «capoluogo» che è unito alla borgata Murasse (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2). Separate dal capoluogo sono, invece, a sud-ovest la borgata Rangiroldo e la franzione Monti, a sud la frazione Bogliano, a sud-est la frazione Pugnetto. Le altre borgate (Pessinetto Fuori e Gisola) sono oggi, come tutto il territorio di Mezzenile al di là della Stura, nel territorio del comune di Pessinetto (cfr. il lemma ‘Mutamenti territoriali’). Oltre a questi insediamenti, nel territorio comunale sono presenti decine di piccoli gruppi di case sparse. Nell’Ottocento Goffredo Casalis aveva contato «quarantatre villate» (Casalis 1842, p. 356).
Nel corso dei secoli alcuni di questi insediamenti riuscirono a crescere, ottenendo anche la separazione dal territorio mezzenilese. La comunità di Mezzenile doveva infatti essere una delle più antiche delle Valli di Lanzo, come indicherebbe l’ampio territorio che controllava fino al 1934 (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2).
Fra gli insediamenti più antichi c’era sicuramente la frazione Gisola, per la quale il vescovo Peruzzi annotò nel 1586 forme precoci di organizzazione comunale (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi [1586] 7/1/6, c. 199). La stessa chiesa di S. Giacomo con i suoi due altari era in grado di far concorrenza alla parrocchiale di S. Martino e risulta ben più sviluppata delle cappelle campestri costruite nei secoli successivi nelle altre frazioni. Al precoce sviluppo non seguì però una crescita tale da portarla all’autonomia amministrativa. La frazione ottenne solo la separazione della sua chiesa dalla parrocchia di S. Martino, probabilmente nel Settecento, quando non fu più visitata insieme agli edifici religiosi di Mezzenile (Milone, Milone 1991, p. 258). Inoltre non pare che fra Ottocento e Novecento fosse sede di una scuola. Negli anni Venti del Novecento aveva più o meno gli stessi abitanti della altre frazioni di Mezzenile (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2).
Un percorso diverso si può delineare per l’insediamento di Pessinetto. Nel 1586 l’oratorio di S. Giovanni «de Pessineto», da cui dovrebbe derivare l’attuale chiesa parrocchiale di Pessinetto, dipendeva dalla parrocchiale di S. Martino di Mezzenile (AA Torino, visita pastorale del vescovo Peruzzi, [1752], cc. 199-202). L’esiguità del territorio del comune di Pessinetto fino al 1927, la sua particolare conformazione, perché era inserito all’interno di quello di Mezzenile, e la presenza di un insediamento limitrofo («Pessinetto Fuori»), che ne riprendeva il toponimo ed era una frazione di Mezzenile, farebbero supporre che l’insediamento di Pessinetto fosse riuscito ad ottenere l’autonomia amministrativa separandosi proprio da Mezzenile.
Anche la comunità di Bogliano avrebbe avuto un precoce sviluppo, come dimostra l’attività della confraria dello Spirito Santo attestata fin dal 1564 (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, art. 737, par. 2, mazzo 455, cc. 300-301 e cc. 702-704). Nei secoli successivi l’insediamento si sviluppò grazie anche alla costruzione della cappella di S. Bernardo e fra Ottocento e Novecento ospitò una scuola, ma non raggiunse l’autonomia. Le altre scuole furono realizzate nel capoluogo e nelle frazioni Monti e Pugnetto. L’assegnazione della scuola a quest’ultima frazione, avvenuta negli anni Trenta del Novecento, fu particolarmente problematica (AST, Corte, Provveditorato agli Studi di Torino, Ufficio edilizia scolastica, Edilizia scolastica, Mattie-Mezzenile, mazzo 378, Mezzenile).
La crescita del numero degli altari presenti nella chiesa parrocchiale e la costruzione di altri edifici religiosi mostra l’espansione demografica delle borgate Villa superiore, Villa inferiore e Catelli fra Seicento e Settecento. Nel 1601 Mezzenile era una delle località più popolose delle Valli, perché contava 221 capi di casa (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 3, Consegne delle terre del Piemonte 1601). All’inizio del Settecento «villa maggiore» aveva 193 abitanti, borgata «delle Franchi» 130, borgata Catelli 102, borgata della «villa Lupane» 121, Murana 280, Bogliano 131, villa dei Monti 80, borgata Rangiroldo 93, villa di Lasetta 51, Pugnetto 130, Pessinetto di Fuori 144, Mombresto 117 e villa «Satoe» 127 (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 1 Consegne di bocche umane e del bestiame, mazzo 17, fasc. 30). Nel 1724 i capi casa erano 397 (Mola di Nomaglio 2006, p. 583). Nel 1769 la popolazione era più che raddoppiata con 2311 abitanti «non computatis tamen animabus locorum Pessinetti et Gisole» che ammontavano a 1493 persone (AA Torino, visita pastorale del vescovo Rorengo [1769] 7/1/50, c.120).
Le tre borgate furono raggruppate nel «capoluogo». Negli anni Venti del Novecento avevano di una centralità politica e demografica, ma non economica. Nel 1921 gli abitanti di Mezzenile erano 3048, suddivisi fra la frazione centro (la più popolata con 856 ab.), Murasse (429 ab.), Bogliano (375 ab.), Pugnetto (460 ab.), Pessinetto Fuori (492 ab.) e Gisola (436 ab.) (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2). Al primato demografico corrispondeva quello politico, perché fra i 20 consiglieri comunali 5 erano scelti dalla frazione centro, 3 ciascuno dalle altre frazioni. Tuttavia agli occhi degli abitanti delle frazioni, il capoluogo «non ha nulla e versa in condizioni infelici» (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2). Quando nel 1933 si iniziò a discutere la ricostruzione del comune di Pessinetto, che pochi anni prima era stato accorpato a Mezzenile, gli abitanti delle frazioni di Murasse, Pugnetto e Bogliano protestarono vivacemente, sostenendo che si recavano a Pessinetto per vendere i loro prodotti e per l’acquisto di beni di prima necessità e che vi erano gli uffici pubblici, un’importante fabbrica, un convitto di operaie, un asilo infantile e le organizzazioni del Regime fascista. A differenza della frazione capoluogo, Pessinetto era ben collegato, perché l’insediamento si era sviluppato sulla strada che collega Lanzo con la Valle di Ala e la Val Grande.
Luoghi Scomparsi
Non sono attestati luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Il primo atto dal quale emerge un’organizzazione comunale risale al 1420: la comunità di Mezzenile, insieme a quelle di Lanzo, Coassolo, Pessinetto e Ceres rivolse una supplica al sovrano chiedendo una revisione dei privilegi concessi (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 10).
Statuti
I più antichi statuti che regolarono la vita a Lanzo e nelle Valli furono quelli concessi da Margherita all’inizio del Trecento e confermati da Amedeo VI di Savoia nel 1351. Tali statuti riconoscevano agli abitanti di Lanzo alcune prerogative, che però non valevano per i valligiani, come la credenza, che aveva la facoltà di prendere decisioni valide per tutta la castellata, «tam in loco Lancei quam in villaribus Lancei et districtu» (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 1). Ai valligiani fu estesa l’esenzione «ab omnibus roiidis, carrigii», eccetto quelli dovuti al castellano di Lanzo, e da tutti i pedaggi «per stratam que dicitur strata Ripariroli versus Canapicium» ossia verso Torino e il Canavese. Agli abitanti delle valli era inoltre richiesto un censo annuo di 150 lire viennesi. Gli statuti regolavano fra le altre cose il pascolo del bestiame negli alpeggi in quota (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 1, c. 38).
L’importanza di tali concessioni, e soprattutto l’esenzione dai pedaggi, si ricava dalla costanza con la quale gli abitanti delle Valli di Lanzo ricorsero direttamente ai Savoia e ai loro tribunali per averne la conferma, anche se spesso comportava il pagamento di una cospicua somma di denaro. Ciò avvenne nel 1357, 1544, 1545, 1550, 1551, 1565, 1577, 1607, 1611, 1615, 1617, 1635,  1638, 1645, 1648, 1678, 1690, 1696 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 3). Si tratta di concessioni molto ampie, come precisò Vittorio Amedeo II, perché i privilegi avevano valore:
non solo per gli habitanti ne’ luoghi di Lanzo, Valle e distretto, compresevi quelli di Lemie, Forno et Uscelli, quantunque non registranti, ma anche li nativi, o pure oriundi, eziandio non habitanti, con ciò però che siano stati registrati, e li oriundi si intendono li particolari, li padri dei quali siano nati in detti luoghi, e li nepoti per avo paterno (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 3).
Nuove suppliche furono rivolte ai Savoia nel corso del Settecento per ottenere la conferma dei privilegi: 1705, 1709, 1772 e 1774 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 13).
I più antichi Bandi campestri conservati nell’Archivio Storico del comune risalgono al 1747. Contenevano norme a tutela delle proprietà dei particolari, regolavano il pascolo del bestiame, gli alberi da frutta, i canali, le strade e l’accesso al bosco e vietavano il taglio degli alberi d’alto fusto presenti nei boschi comuni (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 1, Atti antichi, fald. 1, fasc. 4 Bandi campestri).
Catasti
I più antichi catasti conservati risalgono alla seconda metà del secolo XVI. Si tratta del Libro dei consegnamenti con “Tenero della commissione” del 1564 (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, fald. 11, fasc. 1; Manno 1913, p. 399). Fra i secoli XVII e XVIII i cambiamenti di proprietà furono registrati nel Libro delle mutazioni dei registri della comunità di Mezzenile proveniente dal catasto formato l’8 settembre 1576 (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, fald. 12, fasc. 1). Nel 1693 il registro del luogo valeva 6383 lire e 15 soldi ducali (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, art. 455, par. 5bis, Causato della comunità di Mezzenile).
All’inizio del Settecento fu realizzato il Libro misurato dell’universal registro formato nell’anno 1727 per l’area al di qua della Stura, dal quale erano però escluse le regioni Pugnetto e Rù, descritte in un altro volume (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, fald. 13, fasc. 1). L’area al di là del torrente era registrata in un registro coevo (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, fald. 14, fasc. 1). Comprendeva l’intero territorio comunale invece il Quinternetto di tutti li particolari registrati e possidenti beni su le fini e Territorio di Mezzenile del 1769 (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, fald. 14, fasc. 2). Dalla risposta della comunità alle Regie Costituzioni del 1771 si ricava che c’era anche un Sommarione (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 1, Atti antichi, fald. 1, fasc. 1 Consegnamenti).
I catasti furono più volte rielaborati nel corso dell’Ottocento e del Novecento (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, faldd. 14-17).
Ordinati
Gli Ordinati più antichi sono probabilmente andati persi. La serie è continua a partire dal 1870 (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 4, Verbali di deliberazione, fald. 4 e sgg.).
Dipendenze nel Medioevo
Nei secoli centrali del Medioevo le Valli di Lanzo gravitavano su Mathi, come indica la terminologia più antica: «Vallis Amathegis» o «Mathigo» o «Matigasca» (Loi 2001-2002, pp. 9-12). Nel 1001 Ottone III confermò a Olderico Manfredi un terzo di «Matigo» e, forse, le Valli (MGH, Diplomata II, doc. 408, pp. 841-842). Nel 1026 Corrado II confermò a Bosone e Guidone, figli del marchese Arduino, la terza parte di «Matengum» (MGH, Diplomata IV, doc. 67, pp. 83-84). Nel 1004 la signoria di Lanzo sarebbe stata ceduta da re Arduino a un consortile locale (Loi 2001-2002, p. 14). Nell’area delle Valli di Lanzo vantava diritti anche il vescovo di Torino Landolfo (Loi 2001-2002, pp. 20-27).
Nel 1130 Amedeo III di Savoia avrebbe ottenuto il temporaneo controllo delle Valli di Lanzo, al punto da poter confermare alla Badia di San Salvatore le donazioni fatte dai presuli torinesi (Loi 2001-2002; pp. 20-27).
Nel 1159 Federico Barbarossa ricompensava il vescovo di Torino Carlo, suo alleato, confermando alla Chiesa torinese vari beni, fra i quali la «curtem de Matigo cum tota valle Mategasca, curtem de Lances» (MGH, Diplomata X, doc. 252, p. 51). L’ascesa del borgo di Lanzo avrebbe quindi sostituito Mathi come centro politico, militare e commerciale delle Valli.
Il 3 giugno 1163 Guiberto e Gualtieri, figli di Robaldo di Lanzo, cedettero a Guglielmo il Vecchio, marchese di Monferrato, i villaggi di Leinì e «Tulfo» con i diritti giurisdizionali (Caffù 2008). Sebbene la cessione riguardi località canavesane, l’atto testimonia comunque i legami fra l’élites signorile di Lanzo e il marchese di Monferrato. L’area delle Valli di Lanzo era quindi contesa fra il vescovo di Torino, il marchese di Monferrato e i conti di Savoia.
Nel 1219 il vescovo di Torino Giacomo I concesse ai «dominis de Lanzo» elencati e, in generale, ai componenti del consortile signorile di «tenere mercatum in Lanzo», trattenendo per la Chiesa torinese «terciam partem illius mercati et omnium proventum ipsius tam de iudicaturis et bampnis et curarie» e di ogni altro reddito legato al mercato (Le carte dello Archivio Capitolare di Torino, doc. 170, p. 179).
Negli anni successivi il controllo di Lanzo sarebbe passato ai Savoia: nel 1235 Amedeo IV otteneva l’investitura del feudo di Lanzo dal vescovo di Torino (Loi 2001-2002, pp. 20-27) e, in effetti, nella seconda metà del Duecento cessarono le rivendicazioni dei vescovi di Torino su Lanzo. Su Lanzo aveva però diritti anche il monastero di S. Mauro, perché papa Innocenzo IV intimò all’abate di non vendere «aliqua de bonis immobilibus que in districtu et dominio castri de Lanceo obtinetis» (Cartario della abazia di San Solutore, doc. 22, p. 308). Nel 1266 il marchese di Monferrato giurò fedeltà al presule «specialiter» per il «castrum Lancei», che dichiarò di tenere dalla Chiesa torinese (Le carte dello Archivio Capitolare di Torino, doc. 275, pp. 292-293).
Nel 1272 fu Guglielmo VII, marchese di Monferrato, a concedere agli abitanti di Lanzo il diritto di fare il mercato (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 1). Dai Savoia il controllo di Lanzo era quindi passato ai marchesi di Monferrato. Nel 1286 i monaci di S. Mauro di Pulcherada concessero a Guglielmo VII in enfiteusi per 29 anni: «montanas et Alpes que sunt a Cruce de Rovet territorii Lancei supra usque ad summitates […] cum villis infrascriptis et ho minibus ipsarum, iuribus, racionibus et accionibus earumdem» (Cartario della abazia di San Solutore, doc. 26, p. 312). Il castello di Lanzo sarebbe tornato definitivamente ai Savoia nel 1296, in quanto parte della dote di Margherita, figlia di Amedeo V di Savoia, e sposa di Giovanni, marchese di Monferrato (Guasco 1911, p. 882; Loi 2001-2002, pp. 33-37).
L’atto che segnò la piena acquisizione dei diritti giurisdizionali da parte dei Savoia risale però al 1341, quando Aimone di Savoia permutò con il monastero di S. Mauro di Pulcherada alcuni beni fondiari in cambio dei diritti giurisdizionali su Lanzo, la valle d’Ala e quella di Cantoira (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 3). A questo atto seguì l’instaurarsi di nuovi rapporti fra Aimone e alcuni visconti di Baratonia, che ricevettero in feudo dal conte di Savoia quei beni che prima detenevano dal monastero (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, nn. 4-6).
Feudo
Nel 1533 il castello, il territorio e il mandamento di Lanzo furono investiti in feudo a Giacomo de’ Medici, marchese di Marignano, per la cifra di 4000 scudi (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 13; Guasco 1911, p. 882; Loi 2001-2002, pp. 46-47; Mola di Nomaglio, 2006, p. 619). Mezzenile faceva allora parte del feudo di Lanzo. Il feudo rientrò in possesso dei Savoia nel 1545, dietro alla restituzione della somma versata per l’acquisto del feudo, alla quale si aggiunsero altri 600 scudi per i miglioramenti apportati (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 14).
Nel 1577 il feudo di Lanzo, che comprendeva le Valli di Lanzo e del Tesso ma non la Valle di Viù, fu eretto in marchesato e concesso da Emanuele Filiberto a Filippo I d’Este (Mola di Nomaglio, 2006, p. 619). Nel 1669 a Mezzenile possedeva alcuni beni feudali il conte Tommaso Granieri (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 265, fol. 160). I discendenti di Filippo I d’Este tennero il feudo fino agli anni Venti del Settecento, quando Vittorio Amedeo II lo riscattò indennizzando Sigismondo II d’Este. Negli anni immediatamente successivi il marchesato di Lanzo fu smembrato in feudi di minori dimensioni, che furono venduti all’asta (Carpano 1931, p. 18).
Nel 1724 il feudo di Mezzenile fu investito a Emanuele Beltramo, signore di Monasterolo, con il titolo comitale, la giurisdizione, la dignità comitale, prima e seconda cognizione di tutte le cause civili, criminali e miste, con l’autorità di eleggere giudici, segretari e campari, con la segreteria civile e criminale, i laudemi, i fitti, il fodro e la camparia «per la quale la comunità è solita pagare annualmente, cioè per li fitti minerali lire 11, soldi 2, per li laudemi lire 101» (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 373 foll. 273-275). Al feudatario spettavano fin dal 1564 anche ogni orso catturato nel territorio del feudo e la testa dei cinghiali (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, art. 737, par. 2, mazzo 455, cc. 746-747). Fu inoltre registrata la presenza di due miniere di ferro sul monte Calcante, delle quali almeno una del feudatario (Mola di Nomaglio 2006, p. 583).
Estintasi la famiglia Beltramo nel 1792, il feudo ritornò ai Savoia che ne investirono i conti Francesetti dal 1793 in cambio di 14000 lire (Mola di Nomaglio 2006, p. 584; Guasco 1911, p. 1000).
Mutamenti di distrettuazione
All’interno dei domini sabaudi l’area della valle di Susa e delle Valli di Lanzo costituiva un balivato, «l’unico che i Savoia abbiano insediato di qua dai monti», indicato nella documentazione anche come «terra vetus» (Barbero 2002, pp. 11 e 24). Il balivato, che comprendeva 8 castellanie fra cui quella di Lanzo, aveva sede a Susa.
Nel Cinquecento i domini piemontesi furono suddivisi in 7 province: alla provincia denominata «Piemonte» con sede a Moncalieri fu attribuita l’area compresa fra Po e la Stura di Lanzo (Sturani 2001, p. 93 n. 10). Nonostante amministrativamente gravitassero su Torino, nel 1561 gli abitanti delle Valli di Lanzo supplicarono Emanuele Filiberto di scorporarli dalla prefettura di Ivrea, «per essersi troppo discomodo, più longa e trista strada, e molto pericolosa per le boschine e varie acque, e torrenti e ancora perché è necessario passar per le fini di molte terre del Stato di Monferrato» per essere giudicati a Torino (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 3). Tale supplica fu accolta.
A partire dal Seicento le province furono più volte ridefinite in numero e dimensioni. Nel 1622 Carlo Emanuele suddivise il Piemonte in 12 province: le Valli di Lanzo furono inserite nella provincia di Torino (Cozzo 2007, p. 201) e vi rimasero fino all’occupazione francese (Sturani 1995, p. 132). Nel corso del Settecento il numero delle province crebbe, raggiungendo la ventina, ma le Valli di Lanzo dovrebbero aver continuato a dipendere da Torino anche se la Stura di Lanzo (o lo spartiacque alpino) segnò il confine fra la provincia di Torino e quella di Susa (Sturani 2001, p. 118).
Nel 1799 le province settecentesche furono soppresse e sostituite dall’amministrazione francese con 4 dipartimenti: le Valli di Lanzo furono inserite nel dipartimento dell’Eridano, con capoluogo Torino (Sturani 2001, p. 105). Tale organizzazione ebbe però vita effimera. Nel 1801 la trasformazione del Piemonte nella 27° Divisione militare francese non modificò l’appartenenza delle Valli di Lanzo alla prefettura di Torino, ma sancì la nascita del circondario di Lanzo, rivitalizzando centralità amministrative di antica origine (Sturani 2001, p. 108). Durante gli anni dell’occupazione francese infatti Lanzo divenne una sottoprefettura e poi capo cantone  (Carpano 1931, p. 19).
Con la Restaurazione l’organizzazione amministrativa francese fu cancellata e sostituita, nel 1818, da 4 grandi divisioni al di sopra delle province, con funzioni di coordinamento civile e militare: Lanzo, inserita nella provincia di Torino, faceva capo a Torino (Sturani 1995, p. 132). Nei decenni successivi il numero delle province diminuì parallelamente al loro ampliamento territoriale, tuttavia tali cambiamenti non ebbero grandi effetti per Mezzenile che dipese stabilmente da Torino e fu inserita nel mandamento di Ceres. Nel 1927 i circondari e i mandamenti furono soppressi.
Mutamenti Territoriali
Il territorio di Mezzenile subì numerosi mutamenti territoriali nel corso dei secoli, i più consistenti dei quali avvennero nel 1927 e nel 1934. Con il R.D. n. 2200 del giorno 11 novembre 1927 fu stabilita la soppressione del comune di Pessinetto e il suo accorpamento a Mezzenile (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 3).
Nel 1927 il territorio comunale fu quindi ampliato, perché acquisì quello che apparteneva a Pessinetto (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 3). Il territorio comunale acquisto era però sempre stato di modeste dimensioni se paragonato a quello di Mezzenile: nel 1709 ammontava a sole 57 giornate contro le 4439 giornate e 68 tavole di Mezzenile (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Pessinetto; AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Mezzenile).
Nel 1933 si iniziò a progettare la ricostruzione del comune di Pessinetto con la conseguente divisione del territorio di Mezzenile. Mezzenile avrebbe mantenuto tutto il territorio al di qua della Stura con le frazioni Mezzenile centro, Murasse, Bogliano e Pugnetto. Al nuovo comune di Pessinetto sarebbe stato concesso tutto il territorio del precedente comune soppresso più quello che Mezzenile aveva al di là della Stura con le frazioni «Pessinetto di Mezzenile» (il nome attribuito all’insediamento dopo la soppressione), Pessinetto Fuori e Gisola (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2).
Nel 1934 fu ricostituito il comune autonomo con nome «Pessinetto» (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 4). Il podestà di Mezzenile si lamentò per i «danni non indifferenti» subiti dalla comunità, giustificandoli però con la necessità di avviare in Mezzenile nuove attività commerciali per far fronte ai bisogni della popolazione. Nessuna protesta ufficiale riguardò invece la perdita di tutto il territorio al di là della Stura e dei suoi abitanti.
Comunanze
Nel 1709 delle 4439 giornate e 68 tavole che costituivano il territorio comunale: 64,27 appartenevano alla Chiesa, 74,93 erano di altri religiosi che pagavano solamente il tasso, e 1375,2 erano i beni della comunità (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Mezzenile). I beni comuni non furono descritti, ma potrebbero con le dovute cautele aver avuto destinazioni d’uso in proporzioni simili a quelle dei beni dei particolari: i campi nei quali si seminava segnale, orzo e avena ammontavano a 165,9 giornate, i prati a 781,54, i castagneti a 376,81, i boschi erano più di 1250 giornate, le alpi 353,8 (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Mezzenile).
Nel 1715 la comunità consegnò i seguenti beni comuni: un tenimento di circa 100 giornate in regione La Stossa che era usato come pascolo, 50 giornate di pascolo sul monte Calcante e 25 giornate di pascolo in regione Trucco (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 320, fol. 176).
Nel 1728 quasi 80 testimoni dichiarano che la comunità di Mezzenile aveva provveduto «alla misura generale per la formazione del nuovo catasto» e che nel territorio del Chiampasso erano presenti pascoli comuni (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 2 Beni comunali del Chiampasso).
Nel 1730 Mezzenile era in lite anche con Ceres per 115,99 giornate di beni comuni contesi (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, nn. 101-102). A sua volta la comunità di Traves contendeva a quella di Mezzenile alcuni terreni comuni, registrati nel territorio di Traves, la cui estensione varia a seconda dei documenti fra 117,41 e 125,72 giornate situate nella regione «della Bastia» (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102, cc. 33-34; cfr. il lemma ‘Liti territoriali’). Gli abitanti di Mezzenile e di due borgate li usavano per il pascolo e il boscheggiamento.
Nel 1743 la comunità di Mezzenile e i particolari di Rangiroldo procedettero alla divisione dei boschi presenti sulla montagna Chialmetta. La comunità assegnò ai particolari i pascoli per il bestiame e i boschi presenti sulla montagna in cambio gli abitanti della borgata accettarono di accatastare quei beni nei registri della comunità (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 8 Beni comuni della Chialmetta; fasc. 11 Proprietà della borgata Rangiroldo contro la comunità di Mezzenile). Nel 1887 i particolari chiesero al comune «l’esonero dalla tassa di pascoli nei beni comunali detti La Chialmetta».
In risposta alle Regie Costituzioni del 1771 in materia di boschi, la comunità dichiarò di possedere 50 giornate di bosco, 20 delle quali coperte da alberi d’alto fusto e le restanti da bosco ceduo (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 1, Atti antichi, fald. 1, fasc. 1 Consegnamenti).
Al fine di preservarli dalle usurpazioni e di riscuoterne l’affitto fra 1881 e 1905 venne approntato un apposito registro con l’elenco di tutti coloro che detenevano beni comuni, la loro quantità e il riferimento al catasto in cui erano registrati (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 12 Beni patrimoniali).
Nel 1930 fu avanzata la richiesta di scavare in alcuni terreni comunali di Mezzenile e su proprietà private appartenenti al territorio di Lanzo, al fine di trovare amianto e talco (AST, Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di ricerca, mazzo 49, fasc. 11).
Liti Territoriali
La conflittualità per questioni confinarie esplose nel corso del Settecento continuando in alcuni casi fino all’inizio del Novecento. Tale situazione era dovuta all’origine più antica del territorio di Mezzenile rispetto a quello di alcune comunità limitrofe (cfr. il lemma ‘Assetto insediativo’).
Nel 1730 la comunità di Mezzenile era in lite con quella di Lanzo per alcuni beni siti nelle regioni «d’Avaria, Brecco, Ronchi, Prato del Ponte e bosco del Bando» dell’estensione complessiva di 28,25 giornate (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, nn. 101-102). Tali beni erano registrati a Mezzenile, alla cui comunità furono forse riconosciuti, perché non fu prodotta ulteriore documentazione.
Molto più lunghe furono invece le cause che opposero Mezzenile al comune di Ceres, nel Settecento erano contese 115,99 giornate di beni comuni, e a quello di Traves, per terreni estesi fra 117,41 e 125,72 giornate nella regione «della Bastia» (Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, nn. 101-102; AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 1, Atti antichi, fald. 1, fasc. 1 Controversia fra comunità confinanti).
La conflittualità con la comunità di Ceres si riaccese nella seconda metà dell’Ottocento, perché nel 1868 il comune di Ceres aveva venduto a Rolando don Gabriele gli stabili comunali siti nella regione «detta Inverso della Vana et Almesio». Si trattava di un’area attribuita territorialmente alla comunità di Ceres ma sulla quale i Mezzenilesi rivendicavano «diritti di proprietà e territoriali» non riconosciuti da Ceres. La lite, discussa anche in tribunale, fu però risolta con un arbitrato: la comunità di Mezzenile non era in grado di far fronte all’aumento dei costi e il comune di Ceres aveva deciso di ritirarsi dalla controversia. L’arbitrato, che portò nel 1890 alla definizione dei confini fra i comuni di Ceres e di Mezzenile, fu quindi affrontato dalla comunità di Mezzenile contro il parroco di Ceres. Punto di partenza per il nuovo confine fu l’«ultima misura generale» dei due comuni realizzata nel 1859 (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 5 Beni comunali verso i confini con Ceres).
La comunità di Mezzenile dovette anche affrontare un’altra lunghissima causa per questioni territoriali promossa dal comune di Traves (si veda la scheda dedicata a Traves). Alla base della controversia c’era la divisione del territorio di Germagnano avviata nel 1619 (l’atto che la ratifica è del 1624: AC Traves, Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14), fra la comunità di Germagnano e quella di Traves che se ne staccava. In seguito a tale atto i beni sul monte Bastia erano stati assegnati ai Travesini. I Mezzenilesi li accusavano di aver esteso «abusivamente» questi beni usurpando quelli di Mezzenile nelle «due piccole zone del territorio comunale di Mezzenile nel bel mezzo del territorio comunale di Traves». Secondo loro, la divisione territoriale fra Germagnano e Traves avrebbe quindi inglobato nel territorio di Traves la «regione Cudai e la zona di beni privati in regione Riondetto» che appartenevano a Mezzenile. La comunità di Mezzenile sosteneva che «la zona soprastante detta La Bastia appartiene non solo topograficamente, ma territorialmente e legalmente in proprietà» e tutta l’area era «accatastata nei registri censuari di Mezzenile» (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 10 Liti comunità di Traves e altri contro la comunità di Mezzenile).
I Travesini sostenevano esattamente il contrario. Le comunità di Germagnano, prima di separarsi da quella di Traves, e di Mezzenile si erano accordate sui diritti di pascolo e di bosco nelle aree denominate «Pessinetto di fuori, Mombresto, Ramondeti, Costra, Frutteri, Bioletto e Cresto», alcune delle quali sono nel territorio di Germagnano-Traves e altre in quello di Mezzenile (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102, cc. 33-34). In particolare fu riconosciuto «che fosse lecito in avvenire et in perpetuo alle borgate sudette di Mezenile di pascolare e boscheggiare sopra li comuni esistenti nel monte detto della Bastia» per la cui servitù i Mezzenilesi pagavano 3 emine di segale all’anno alla comunità di Germagnano. Agli abitanti delle borgate di Mezzenile era stata inoltre concessa la possibilità di appropriarsi al massimo di 3 giornate di detti beni, purché fossero registrate nel catasto di Germagnanano, oltre le quali sarebbero stati eccessivamente limitati i diritti comuni di pascolo e sfruttamento del bosco (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102). Il canone annuo fu poi sostituito da un censo unico di 200 fiorini che cancellò la memoria di questa dipendenza. In seguito a tale accordo, i Mezzenilesi avevano probabilmente registrato a Mezzenile quei beni che avevano acquisito nel territorio di Traves.
La lite per la regione «della Bastia», che era già attiva nel 1709 (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 101-102), riesplose nella seconda metà dell’Ottocento, quando il comune di Mezzenile introdusse una tassa sui pascoli. Solamente «pochi» Travesini pagarono quanto richiesto da Mezzenile. Gli altri proprietari si dichiararono esenti in base all’atto di divisione territoriale del 1619-1624.
La sentenza del Tribunale di Torino fu favorevole ai Travesini, perché dichiarò illegittima la pretesa della comunità di Mezzenile di «iscrivere sui propri ruoli della tassa pascolo sul monte Bastia i comunisti di Traves» (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 10 Liti comunità di Traves e altri contro la comunità di Mezzenile), in quanto «non compete» al comune di Mezzenile «alcuna ragione territoriale sopra il tenimento comune» anche se fu concesso agli abitanti di Mezzenile e delle borgate di «continuare nel possesso, in cui sono, di pascolare e boscheggiare in detto tenimento e fare altri usi loro concessi» (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102). Nel 1914, su mozione della comunità di Traves, si giunse a una rettifica dei confini territoriali fra i comuni Traves, Germagnano e Mezzenile che non fu però accetta dai Mezzenilesi. Dal punto di vista territoriale la lite si risolse però a favore di Traves.
Fonti
A.A.T.(Archivio Arcivescovile di Torino).:
A.A.T., visita pastorale del vescovo De Mari [1547], 7/1/2, c. 75v;
A.A.T., visita pastorale del vescovo Peruzzi [1584] 7/1/5, cc. 185-186;
A.A.T., visita pastorale del vescovo Peruzzi [1586] 7/1/6, cc. 200 e sgg;
A.A.T., visita pastorale del vescovo Roero [1752], 7/1/32, c. 299v;
A.A.T., visita pastorale del vescovo Roero [1752], 7/1/34, cc. 322-326;
A.A.T., visita pastorale del vescovo Rorengo [1769] 7/1/50, cc. 114-154.
 
A.C.M. (Archivio Storico del Comune di Mezzenile):
Inventario;
A.C.M., Archivio Storico, sezione I, serie 1, Atti antichi, fald. 1, fasc. 1 Consegnamenti; fasc. 1 Controversia fra comunità confinanti;
A.C.M.,Archivio Storico, sezione I, serie 1, Atti antichi, fald. 1, fasc. 4 Bandi campestri;
A.C.M., Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 2 Beni comunali del Chiampasso; fasc. 5 Beni comunali verso i confini con Ceres; fasc. 8 Beni comuni della Chialmetta; fasc. 10 Liti comunità di Traves e altri contro la comunità di Mezzenile; fasc. 11 Proprietà della borgata Rangiroldo contro la comunità di Mezzenile; fasc. 12 Beni patrimoniali;
A.C.M., Archivio Storico, sezione I, serie 5, Catasti, faldd. 11-17;
A.C.M.,Archivio Storico, sezione I, serie 4, Verbali di deliberazione, faldd. 4 e sgg.;
A.C.M.,Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fascc. 2-4.
 
A.C.T.  (Archivio Storico del Comune di Traves).
A.C.T., Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di ricerca, mazzo 49, fasc. 11; mazzo 38, fascc. 15 e 24; mazzo 49, fascc. 9-18;
A.S.T., Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, nn. 3-6, 10, 13-14;
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, Lanzo, fascc. 1-3;
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, M, mazzo 9, Mezzenile, fascc. 1-3;
A.S.T., Corte, Provveditorato agli Studi di Torino, Ufficio edilizia scolastica, Edilizia scolastica, Mattie-Mezzenile, mazzo 378, Mezzenile;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, art. 455, par. 5bis, Causato della comunità di Mezzenile;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Mezzenile;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Pessinetto;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 265, fol. 160; mazzo 320, fol. 176; mazzo 373 foll. 273-275;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 1 Consegne di bocche umane e del bestiame, mazzo 17, fasc. 30;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 3, Consegne delle terre del Piemonte 1601;
A.S.T., Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, art. 737, par. 2, mazzo 455, cc. 300-301, 702-704,. 746-747;
A.S.T., Sezioni Riunite, Prefettura di Torino, Atti amministrativi, Versamento 2001, Culti, mazzo 45, Mezzenile;
A.S.T., Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, nn. 101-102.
Bibliografia
Barbero A., Il ducato di Savoia. Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano, Roma 2002.
Caffù D., Guglielmo il Vecchio acquista il controllo di Leinì e Tulfo, in «BSBS», 106 (2008), pp. 549-554.
Carpano S., Le valli di Lanzo, Torino 1931.
Cartario della abazia di San Solutore di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1908 (BSSS 44).
Le carte dello Archivio Capitolare di Torino fino al 1310, a cura di F. Gabotto, G.B. Barberi, Pinerolo 1906 (BSSS 36).
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1842, vol. X, pp. 356-366.
Casiraghi G., La diocesi di Torino nel medioevo, Torino 1979 (BSS 196).
Cozzo P., Il confine fra geografia politica e geografia ecclesiastica nel Piemonte di età moderna: una complessa evoluzione, in Lo spazio sabaudo. Intersezioni, frontiere e confini in età moderna, a cura di B.A. Raviola, Milano 2007, pp. 195-206.
Dizionario di toponomastica. Storie e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990.
Guasco Di Bisio F., Dizionario feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia, Pinerolo 1911 (BSSS 54-58).
Loi C., Ricerche storico-giuridiche sul comune di Traves in età moderna, Università del Piemonte Orientale, Facoltà di Giurisprudenza, A.A. 2001-2002.
MGH, Diplomata Regum et Imperatorurn Germaniae, II, Hannover 1893, doc. 408, pp. 841-842.
MGH, Diplomata Regum et Imperatorurn Germaniae, IV, Hannover-Lipsia 1909.
MGH, Diplomata Regum et Imperatorurn Germaniae, X, 2, a cura di H. Appelt, Hannover 1979.
Manno A., Bibliografia storica degli Stati della monarchia di Savoia, Torino, Fratelli Bocca Librai, 1913, vol. 9, pp. 398-399.
Milone G., Milone P., Notizie delle Valli di Lanzo, Torino 1911.
Mola di Nomaglio G., Feudi e nobiltà negli Stati dei Savoia : materiali, spunti, spigolature bibliografiche per una storia: con la cronologia feudale delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese 2006.
Quaccia F., La chiesa dei laici, in Storia della chiesa di Ivrea secoli XVI-XVIII, a cura di A. Erba, Roma 2007, pp. 871-959.
Sturani M.L., Il Piemonte, in Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, a cura di L. Gambi, F. Merloni, Bologna 1995, pp. 107-154.
Sturani M.L., Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di geografia amministrativa, a cura di Ead., Alessandria 2001, pp. 89-118.
Descrizione Comune

Mezzenile

     Benché le più antiche attestazioni della comunità risalgano al Quattrocento, i primi insediamenti nell’area di Mezzenile dovettero essere ancora più antichi come indicherebbe l’ampio territorio comunale. Mezzenile fu per secoli una delle comunità più popolose delle Valli di Lanzo.
Nel 1601 contava 221 capi di casa. Solamente Coassolo di Lanzo era più popolata con 276 capi-casa. Ceres ne aveva 217, Ala di Stura 162, Lanzo 143, Germagnano 71 e Cantoira 134 (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 3, Consegne delle terre del Piemonte 1601). All’inizio del Settecento, seppur suddivisi fra le numerose frazioni, a Mezzenile vivevano circa 1700 persone (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 1 Consegne di bocche umane e del bestiame, mazzo 17, fasc. 30). Nel 1769 la popolazione era salita a 2311 abitanti, esclusi quelli di Gisola (AA Torino, visita pastorale del vescovo Rorengo [1769] 7/1/50, c.120). Nel 1921 gli abitanti di Mezzenile erano 3048 sempre suddivisi nelle numerose frazioni (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione II, categoria I, Amministrazione, fald. 101, fasc. 2).
A differenza di altre località delle Valli che nel Novecento iniziarono a spopolarsi, a Mezzenile si registrano ancora numerosi tentativi di avviare attività economiche legate all’estrazione mineraria. Nel 1951 furono chiesti permessi per la ricerca di Talco e Amianto nella località «cappella del Giardino» così da estendere l’area di ricerca avviata nell’area Macerot (a ovest della «Cappella del Giardino»: AST, Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di ricerca, mazzo 38, fascc. 15 e 24). Nel 1940 era stata la FIAT a cercare ferro, pirite e amianto nel Rio dell’Uja (AST, Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di ricerca, mazzo 49, fasc. 9). I minerali più diffusi erano ferro, rame, nichel, cobalto scavati in varie regioni del territorio comunale (regione Luguetto, La Reis, case Buà, bastia di S. Ignazio e soprattutto sul monte Calcante: AST, Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di ricerca, mazzo 49, fascc. 9-18). L’elenco completo è però molto più lungo (Casalis 1842, pp. 359-366).
Nel Novecento furono cercati anche metalli nobili, come oro e argento, in regione La Neira e nei pressi del santuario di S. Ignanzio (AST, Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di ricerca, mazzo 78, fascc. 18-19). Sul monte Calcante era attestata anche una miniera d’oro anche se non è chiaro a quale epoca ne risalisse lo sfruttamento. I Mezzenilesi lavorarono a lungo in una sorta di industria domestica parte del minerale ferroso estratto nel loro territorio.
L’agricoltura era infatti piuttosto povera, perché sfavorita dalle condizioni climatiche e dalla conformazione del terreno, che non si prestava all’uso di animali nei lavori agricoli. L’allevamento di ovini, bovini e caprini era invece sviluppato, soprattutto in montagna. D’estate dalle borgate o dalla pianura il bestiame veniva portato a pascolare in montagna. Le «muande» erano le prime abitazioni a essere occupate in primavera. «Hanno ancora alberi fruttiferi, campi di patate e pascoli irrigui e talora anche il fienile. I gias e alp sono sopra le muande, e generalmente al disopra del limite del bosco. Le une e gli altri sono costruiti di pietra con muri a secco e constano di tre edifici unito o isolati: uno per abitazione umana, la ciavanna; uno per il bestiame, il port; uno per il latte, il veilin. Talora ve n’ha ancora uno per i formaggi, la crota» (Carpano 1931, p. 27).