Roure

AutoriTron, Daniele
Anno Compilazione1996
Provincia
Torino.
Area storica
Pinerolese e prima del 1714 Delfinato.
Abitanti
1019 (ISTAT 1991).
Estensione
5966 ha (ISTAT 1991); 5970 ha (SITA 1991)
Confini
A nord Mattie, Bussoleno e S. Giorgio di Susa, a nord-est Coazze, a sud-est Perosa Argentina, a sud Perrero e Massello, a ovest Fenestrelle.
Frazioni
Tre centri: Balma (municipio), Roreto, Villaretto, e 3 nuclei. Vedi mappa.
Toponimo storico
La presunta forma più antica «de Ruvore», fatta risalire da alcuni all’anno 1193, è destituita di qualsiasi fondamento: essa infatti proviene da un’indebita attribuzione alla località della val Chisone di un toponimo che appare in un documento del 22 marzo 1193, pubblicato da Gabotto (Carte varie a complemento dei volumi della Biblioteca), nel quale si parla di un «Aimonis de ruvore et eius filii Ardicionis»: ma il contenuto e il contesto di tale fonte («Tomaso di None, legato imperiale e podestà di Torino, a nome del Comune e con l’intervento dei consoli e dei nobili della città, dona beni alla chiesa di S. Pietro di Rivalta», secondo il regesto fatto dallo stesso Gabotto) non solo non autorizzano, ma anzi tendenzialmente escludono la possibilità di una tale identificazione. La forma «Roboretum Pinaroliorum» che si trova in Casalis alla voce «Roure», peraltro senza riferimenti ad anno o a fonti di sorta, appare dubbia e in ogni caso recente, poiché Roure fino al 1713 ha sempre fatto parte del Delfinato e non del Pinerolese. Roure, che nella parlata occitanico-provenzale locale tuttora in uso significa «rovere», «quercia», termine che ben illustra l’origine etimologica del toponimo, non sembra apparire nelle fonti anteriori all’inizio del secolo XVI (Martin 1973, p. 6), né compare nel fondamentale documento di «affictamentum» del 5 maggio 1344 (cfr. il lemma ‘Comunità, origine, funzionamento’). Qui si segnala che insediamenti ora facenti parte del comune, quali i villaggi di Villaretto (1064), Casteldelbosco, ovvero Chàteau du Boy (1239), e Bourcet (1239), vantano un’antichità ben superiore (Il gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 323-332). Infine, il comune ha avuto la denominazione ufficiale italianizzata di Roreto Chisone dal 1938 al 1975, anno nel quale è stata ripristinata la forma originale di Roure, tuttora in vigore.
Diocesi
Pinerolo. Prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese: Torino. Va però sottolineato che, per un lungo periodo, l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto alla fine del sec. XI, al tempo della sua massima espansione, erano state sottomesse all’abbazia di San Lorenzo di Oulx le quattro chiese della val Chisone allora esistenti: Pragelato, Usseaux, Fenestrelle e Mentoulles, cedute dal vescovo di Torino Guiberto I nel 1098 (Le carte della Prevostura di Oulx raccolte e riordinate cronologicamente, a cura di G. Collino, Pinerolo 1908, p. 68; Caffaro 1903, p. 225). Un secolo dopo, forse già nel 1200, sicuramente prima del 1228, si era avuta la erezione della chiesa di Mentoulles in priorato (intitolato a S. Giusto di S. Lorenzo), con la residenza di un piccolo gruppo di canonici regolari posto sotto l’obbedienza della abbazia di Oulx (Le carte della Prevostura di Oulx, p. 282; Pazè 1975, p. 22). Tale presenza canonicale durò probabilmente meno di un secolo, e dopo l’allontanamento di essi, la chiesa di Mentoulles continuava ad essere affidata a un «priore», cioè ad un religioso di Oulx che ne era titolare, ma si perdeva ogni traccia di forme di vita religiosa di tipo abbaziale (Pazè 1975, p. 23). Il progressivo declino della abbazia di Oulx, sotto la cui giurisdizione la val Pragelato (ossia l’alta val Chisone) si trovava, giunge all’apice nel secolo XVI: per compensare la diminuzione delle rendite dovuta alla svalutazione monetaria si ricorreva al cumulo degli incarichi: a un unico titolare venivano assegnati più benefici ecclesiastici. Il titolare, che non risiedeva sul posto e si limitava a riscuotere e amministrare la rendita delle decime, si faceva sostituire da vicari, in genere salariati con prebende miserevoli, e aventi una formazione e preparazione culturale piuttosto rudimentale, che venivano a costituire una sorta di “proletariato ecclesiastico”. Fu questa non ultima tra le cause che favorirono l’impetuoso affermarsi della Riforma protestante verso la metà del Cinquecento, in un territorio già fortemente pervaso nei due secoli precedenti da fermenti eterodossi ed ereticali, quali il movimento valdese (Merlo 1977). L’egemonia riformata di matrice ugonotta fu tale che per quasi un secolo portò alla scomparsa del cattolicesimo in tutta la valle. Solo alla metà del Seicento inizia la riscossa della Chiesa cattolica – basata sull’appoggio incondizionato datole dai poteri e dalle istituzioni sovralocali francesi –, dapprima ristabilendo la messa e la costruzione di nuovi edifici di culto, e successivamente riuscendo a ottenere, nel 1685, l’abiura o la cacciata dei Riformati e la distruzione dei loro templi. Negli anni successivi si assiste alla lenta agonia della fede riformata, costretta alla clandestinità (Pons 1969, pp. 3-36), che tuttavia riuscirà a resistere in qualche modo fino al 1730, data in cui un editto, che giungeva dopo uno stillicidio di misure restrittive e provvedimenti repressivi adottati a partire dal 1713 (anno del passaggio sotto i Savoia), ordinava espressamente la cessazione di ogni esercizio riformato nella valle, sia pubblico che privato, e obbligava tutti gli abitanti a una conversione formale. E tutto ciò anche a prezzo di un sensibile impoverimento demografico: sono nell’ordine di almeno 2 migliaia, infatti, i riformati pragelatesi che abbandoneranno via via terre e villaggi, per rifugiarsi in Germania, in particolare nel Württemberg e nell’Assia.
Pieve
Ben 3 parrocchie afferiscono al comune di Roure: quella di Villaretto, dedicata a S. Giovanni Battista; quella di Casteldelbosco (S. Stefano), e quella di Bourcet (visitazione di Nostra Signora) (Casalis 1854; Caffaro 1903, pp. 445-51). Prima della fine del secolo XVII, nessuna di esse era stata eretta in parrocchia, e i villaggi ora compresi sotto il comune di Roure facevano riferimento al priorato di Mentoulles. In Villaretto l’antica cappella di S. Giovanni Battista era però già esistente nel 1526, ma, dopo raffermarsi della Riforma, conobbe un’eclissi prolungata (la visita pastorale del 1583 la constata ridotta in «boutique»), fino a quando non venne reclamata nel 1629 dal priore di Mentoulles con un lungo e astioso processo giudiziario contro la comunità di Roure (Caffaro 1903, pp. 233, 288 e 445). La cappella, rifabbricata prima del 1664, era già officiata da un curato nel 1678, anche se i cattolici erano in quell’anno appena 22 persone (salite a 28 nel 1683). Nel 1688, dopo la forzata conversione dei protestanti del 1685, si costruì l’attuale edificio, eretto in parrocchia 10 anni dopo. Tale chiesa era definita «di patronato regio» nel 1759 con vicaria al Grand-Fayet (che non esisteva nel 1714, all’epoca del passaggio della Valle sotto i Savoia), sotto il titolo di S. Giacomo maggiore, il cui officiante doveva essere mantenuto dal priorato di Mentoulles. Dalla visita pastorale del 1835 si apprende che la chiesa parrocchiale, oltre all’altare maggiore, ne aveva altri due, dedicati al Crocifisso e all’Assunta. A Casteldelbosco, invece, un’antica cappella sotto il titolo di S. Caterina era ancora esistente nel 1543, ma venne distrutta o cadde in rovina dopo gli anni Sessanta del secolo XVI con l’avvento della Riforma. Il terreno sul quale sorgeva fu reclamato nel 1664 dal priore di Mentoulles insieme alla casa privata che nel frattempo vi era stata edificata: una transazione stabilì la cessione al priorato di parte della casa, che venne adibita a luogo di culto e nella quale, sempre sotto il titolo di S. Caterina, si officiava la messa almeno a partire dal 1677 (anche se nel 1683 i fedeli risultavano solo 65) e fino alla costruzione della nuova chiesa nel 1688 dedicata a S. Stefano, tuttora esistente. Questa, analogamente a quella di Villaretto, fu eretta in parrocchia dieci anni dopo, nel 1698, smembrando il grande priorato di Mentoulles; nel 1759 risulta anch’essa essere di patronato regio, ma senza vicaria, pur esistendo una cappella in regione Garnier. La visita pastorale del 1845 segnala, in aggiunta a quello maggiore, la presenza di un altro altare dedicato alla Vergine (Caffaro 1903, pp. 448-49). Anche l’attuale chiesa di Bourcet, dedicata alla Visitazione di Maria, come quella di Casteldelbosco e di Villaretto fu edificata nel 1688 e creata in parrocchia dieci anni dopo. Ma già prima, nel 1677, si era stabilito un curato con chiesa provvisoria (Caffaro 1903, pp. 350, 372 e 383). Nel 1717 la parrocchia contava appena 78 anime (Caffaro 1903, p. 422). Anch’essa nel 1759 risulta essere di patronato regio; dalla visita pastorale del 1835 si apprende dell’esistenza di un altare laterale dedicato a N. D. delle Grazie; nel 1845 la parrocchia risultava di 363 anime complessive.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Il territorio della parrocchia di Villaretto sorgeva un’antica cappella nella borgata di Gleisolle (che in patois significa «chiesetta»), scomparsa coll’avvento della Riforma. Sempre sotto la medesima giurisdizione ecclesiastica, esisteva una confraternita (del SS. Sacramento nel secolo XVIII), che, a inizio Cinquecento, possedeva più beni stabili della stessa chiesa di S. Giovanni Battista (Caffaro 1903, p. 446). A Villaretto, inoltre, sorgeva il principale dei 2 templi protestanti di Roure (l’altro era situato a La Balma), ai quali nel XVII secolo facevano riferimento la parte di gran lunga maggioritaria della popolazione; l’edificio fu costruito negli anni Sessanta del Cinquecento e, trasformato in chiesa, venne devoluto ai Cattolici nel 1685 in luogo della distruzione prevista dalla sentenza del re di Francia del 7 maggio 1685 (Pazè 1975, p. 291). Nella parrocchia di Casteldelbosco esisteva nel 1759 una cappella in regione Garnier, e risultava operante nel 1771 una compagnia del SS. Sacramento, che faceva la processione ogni terza domenica del mese. Inoltre, nel villaggio di La Balma, sul luogo di una cappella sita in regione Beauvoir e dedicata a Notre Dame de Beauvoir, già esistente nel 1526, venne costruito dopo il 1560 il secondo tempio protestante di Roure, poi demolito nel 1685. Assai più tardi (1824), sul suolo di quell’antica cappella e tempio, ne venne costruita un’altra, dedicata a N. S. delle Grazie (Caffaro 1903, p. 449; Pazè 1975, pp. 281-83). Dalla visita pastorale del 1771 alla parrocchia di Bourcet si viene a sapere della presenza di una cappella alla Gardiole: in quell’occasione ne veniva ordinata la demolizione, motivata dal fatto che i muri dell’edificio, innalzati con sole pietre a secco, non erano in grado di reggere la volta; dalla successiva visita del 1835 si apprende inoltre dell’esistenza anche qui della compagnia del SS. Sacramento (Caffaro 1903, p. 450). il territorio della parrocchia di Villaretto sorgeva un’antica cappella nella borgata di Gleisolle (che in patois significa «chiesetta»), scomparsa coll’avvento della Riforma. Sempre sotto la medesima giurisdizione ecclesiastica, esisteva una confraternita (del SS. Sacramento nel secolo XVIII), che, a inizio Cinquecento, possedeva più beni stabili della stessa chiesa di S. Giovanni Battista (Caffaro 1903, p. 446). A Villaretto, inoltre, sorgeva il principale dei 2 templi protestanti di Roure (l’altro era situato a La Balma), ai quali nel XVII secolo facevano riferimento la parte di gran lunga maggioritaria della popolazione; l’edificio fu costruito negli anni Sessanta del Cinquecento e, trasformato in chiesa, venne devoluto ai Cattolici nel 1685 in luogo della distruzione prevista dalla sentenza del re di Francia del 7 maggio 1685 (Pazè 1975, p. 291). Nella parrocchia di Casteldelbosco esisteva nel 1759 una cappella in regione Garnier, e risultava operante nel 1771 una compagnia del SS. Sacramento, che faceva la processione ogni terza domenica del mese. Inoltre, nel villaggio di La Balma, sul luogo di una cappella sita in regione Beauvoir e dedicata a Notre Dame de Beauvoir, già esistente nel 1526, venne costruito dopo il 1560 il secondo tempio protestante di Roure, poi demolito nel 1685. Assai più tardi (1824), sul suolo di quell’antica cappella e tempio, ne venne costruita un’altra, dedicata a N. S. delle Grazie (Caffaro 1903, p. 449; Pazè 1975, pp. 281-83). Dalla visita pastorale del 1771 alla parrocchia di Bourcet si viene a sapere della presenza di una cappella alla Gardiole: in quell’occasione ne veniva ordinata la demolizione, motivata dal fatto che i muri dell’edificio, innalzati con sole pietre a secco, non erano in grado di reggere la volta; dalla successiva visita del 1835 si apprende inoltre dell’esistenza anche qui della compagnia del SS. Sacramento (Caffaro 1903, p. 450).
Luoghi Scomparsi
Non esiste attestazione di luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Forme di organizzazione politico-istituzionali delle comunità della val Pragelato sono già in atto a partire almeno dal XIII secolo, periodo nel quale si assiste a un conflitto particolarmente accentuato coi Delfìni, che si prolungherà fino alla vendita del Delfinato alla Francia nel 1349. Le comunità trattano con il loro signore per ottenere l’approvazione o il rispetto di prassi e consuetudini elevate a fonte di diritto, mentre i Delfini tendevano a limitarne il valore disconoscendo quelle che non fossero incorporate in documenti scritti, esigendo altresì di vedere riconosciute determinate loro prerogative in nome di consuetudini alternative e contrapposte. Da tale dinamica traeva origine la necessità di fissazione per iscritto delle consuetudini, nella forma di concessione di privilegi da parte del signore, o di riconoscimenti rilasciati dalle comunità in cui venivano stabiliti i limiti dei diritti signorili, anche quando, come nel caso delle «reconnaissances», la motivazione ufficiale addotta era quella di sopperire alla perdita dei documenti giustificativi delle pretese dei Delfini causata da una inondazione del 1219 (Benedetto 1953, pp. 31 sgg.; Vaillant 1951).
Statuti
Di fondamentale importanza fu la concessione delle carte di franchigia del 29 maggio 1343, con le quali il Delfino Umberto II riconosceva alla quasi totalità delle comunità del Brianzonese i diritti di riunione e di elezione, confermava i loro diritti sui beni comuni, sui canali di irrigazione e sulle foreste, autorizzava il porto d’armi e il diritto di caccia. Un anno dopo, in base a un «affictamentum» del 5 maggio 1344 firmato ad Avignone dallo stesso Umberto II, le comunità della val Pragelato – e tra queste Casteldelbosco, ora borgata di Roure – ottenevano, mediante il pagamento di una somma una tantum (12.000 fiorini d’oro), l’estensione dei privilegi di tale carta, in cambio della corresponsione di una rendita annuale di 4.000 ducati da versare alla festa della Purificazione di Maria, ossia alla Candelora (2 febbraio) (Benedetto 1953, pp. 42 sgg. e 155 sgg., con trascrizione di entrambi i testi). Negli anni successivi, in forza dell’autonomia loro riconosciuta, le comunità rurali disciplineranno – con regolamenti, transazioni e ordinanze – vari aspetti della vita comunitaria, come le riserve di bosco e di pascolo, la macinazione delle granaglie, l’introduzione di bestiame estraneo nei territori comunali, e le nuove costruzioni (su tali provvedimenti assai utile risulta la consultazione di Martin 1972, pp. 13 sgg.).
Catasti
Nell’Archivio di Stato di Torino è conservato il Catasto Antico del 1781 (AST, Camera deiMappa, Matrice e Sommarione), del 1861- Conti, Finanze, Catasti, Allegato D, v. 104
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasto sabaudo, Allegato C. Mappe del catasto antico, Circondario di Pinerolo, Mazzo 23, Mandamento di Fenestrelle, Roure. Vedi mappa.
e quello di epoca napoleonica (AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasti, Franc. H, fasc. 86). Sempre ivi è disponibile l’intera documentazione del catasto Rabbini (comprensiva di 62-63. Inoltre nell’Archivio Storico del comune di Perosa Argentina (AC Perosa Argentina, Archivio ex comune di Meano, mazzo 5, f. 4) si rinveniva nel 1918 anche una mappa topografica del territorio di Roure del 1772. la più antica forma di catastazione esistenze consiste in un «accertamento» fatto il 21 settembre 1699 dall’intendente della generalità di Grenoble di nome Bochu, conservato nell’Archivio dipartimentale dell’Isère a Grenoble (Caffaro 1903, p. 227).
Ordinati
Nell’Archivio comunale a partire dagli inizi del XVIII secolo, con notevoli soluzioni di continuità.
Dipendenze nel Medioevo
Comitato di Torino fino al sec. XI, abbazia benedettina di S. Maria di Pinerolo (dal 1064), Delfini di Vienne (inizio XII sec.-1349), regno di Francia (fino al 1713).
Feudo
Nell’atto di fondazione dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo del 1064 e in quello di donazione alla medesima abbazia del 1078, è espressamente nominato, tra altri della stessa val Chisone, il villaggio «de Villareto» (Villaretto, ora facente parte del comune di Roure) «usque ad Petram Sextariam» o Sestrera e cioè Sestrières, oggi Sestriere (Il gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 319, 324, 343-44). Dopo le franchigie del 1343-44 concesse dall’ultimo dei Delfini, Umberto II, e il passaggio nel 1349 al regno di Francia, tutta la valle di Pragelato non venne mai infeudata; e anche dopo la cessione ai Savoia di inizio Settecento perdurò tendenzialmente questa situazione, anche se pare che il villaggio di Villaretto venisse infeudato nel 1738 col titolo baronale all’avvocato Stefano Giuseppe Ignazio Rostagni, per 4.000 lire (Casalis 1854, p. 518). Con manifesto del 24 settembre 1755 la val Pragelato venne posta in vendita. Ma in cambio di 14.000 lire di Piemonte riuscì a ottenere le patenti del 3 giugno 1756 che confermavano i precedenti diritti e privilegi. «Narra la tradizione che, per ottenere tale somma, le donne vendettero persino i loro ornamenti» (Caffaro 1903, p. 227).
Mutamenti di distrettuazione
Roure – e prima della sua comparsa i villaggi di Villaretto e Casteldelbosco compresi nel suo territorio – durante tutto il basso medioevo e la prima età moderna costituiva parte integrante del Delfinato, ed era inse­rito in un complesso sistema federativo, quello degli «Escartons». La comunità faceva parte dell’«escarton deça le Montgenèvre» di Pragelato che, insieme ad 4 altri escartons, formava il «Grand Escarton de Briançonnais», conosciuto anche come «République des escartons» (Fauché-Prunelle 1856-1857; Benedetto 1953, pp. 97 sgg.; Mantelli 1973; Bugny 1973). Passato sotto i Savoia nel 1713, Roure venne assegnato all’antica Provincia di Pinerolo, rimanendovi fino a quando, durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, venne aggregato al Cantone di Fenestrelle; con la Restaura­zione fece parte del Mandamento di Fenestrelle (compreso nel Circondario di Pinerolo) rimanendovi fino al 1923, anno di abolizione di questa circoscrizione am­ministrativa (Casalis 1854, p. 518).
Mutamenti Territoriali
Siamo di fronte a un’evoluzione degli insediamenti del territorio comunale in cui non emerge con chiarezza un centro principale e diversi nuclei tendono a restare in sostanziale equilibrio tra loro; l’importanza politico-amministrativa delle diverse borgate o villaggi che costituiscono il territorio comunale è variata nel tempo, ma senza che questo abbia comportato una forte egemonia di uno sugli altri: Villaretto e Casteldelbosco, che in epoca medievale e moderna dovevano costituire i centri maggiori e di più antico insediamento della zona – e che ancora oggi, non a caso, sono il cuore di due differenti parrocchie –, fanno già parte di un’unica unità amministrativa e fiscale almeno a partire da inizio Cinquecento sotto la denominazione di Roure, piccola villanova, sorta dove forse un tempo c’era un querceto o un bosco di rovere, scelta forse proprio per la sua “neutralità” e la sua medianità (anche spaziale) rispetto agli insediamenti maggiori – posti alle due estremità dell’area comunale – e situata all’imbocco del vallone laterale di Bourcet. Quest’ultimo presenta una forma d’insediamento che differisce sensibilmente dal resto del comune: al posto di una serie di nuclei e di veri e propri villaggi disposti in maggioranza sul fondovalle, troviamo qui piccole borgate disperse sulla sinistra orografica (a solatio) del vallone, il quale fa dunque un po’ storia a sé, come dimostra anche la presenza di una sua parrocchia specifica, e non ha mai potuto entrare in competizione per svolgere un ruolo di accentramento egemonico. La Salma, oggi sede del municipio, e sita a poca distanza dalla frazione di Roreto, fa parte della parrocchia di Casteldelbosco, senza esserne peraltro mai stata il nucleo principale; lo dimostra sia il fatto simbolico di non aver mai ospitato la chiesa parrocchiale sul suo territorio, sia la consistenza demografica: nel 1845 le anime di Casteldelbosco (1.268 in tutto), erano così ripartite: Casteldelbosco 602, Balma 381, Chargeoir 285 (Caffaro 1903, p. 449).
Comunanze
Tot. 4302,1298 ha; categ. «A»: 4302,1298 ha; categ. «B»: 0 ha (CUC, Prov. di Torino, cartella 225: Roreto Chisone).
Liti Territoriali
Un’antica transazione per l’uso dell’alpe di Chardouné del 27 giugno 1514 fra le comunità di Roure e di Mentoulles (Martin 1973, pp. 6 sgg.) indica che, come in molti casi analoghi relativi alla zona montana del Pinerolese più direttamente connessa all’attività di allevamento e pastorizia, l’organizzazione dello sfruttamento dei pascoli in quota, degli alpeggi, sollecita il processo di definizione del territorio comunale in termini spaziali di tracciamento dei confini.
Fonti
A.C.P. (Archivio Storico del Comune di Perosa Argentina).
A.C.P., Archivio ex comune di Meano, mazzo 5, f. 4.

A.C.R. (Archivio Storico del Comune di Roure).
 
A.S..T (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Finanze, Catasti, Allegato D, v. 104.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasto sabaudo, Allegato C. Mappe del catasto antico, Circondario di Pinerolo, Mazzo 23, Mandamento di Fenestrelle, Roure. Vedi mappa.
A.S.T., Catasto Francese  H, fasc. 86.

B.N.F. (Bibliothèque nationale de France, Paris). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE D-13120 Le Duché de Milan et les Estats du duc de Savoye partie de ceux de Mantoue et de la république de Gênes avec les diverses routes ou passages de France et d'Allemagne en Italie par les Alpes... / par N. de Fer ; Jacqueline Panouse, sculp. 30 milles [Auteur: Guérard, Nicolas (1648?-1719); Auteur: Panouse, Jacqueline. Graveur; Auteur: Fer, Nicolas de (1647?-1720). Cartographe.Éditeur, s.n.; Date d'édition: 1703]. Vedi mappa.
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Prov. di Torino, cartella 225: Roreto Chisone.
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Descrizione Comune

Roure

La storia politico-amministrativa di Roure, come dell’intera alta valle del Chisone – denominata «val Pragelato», in opposizione alla bassa valle chiamata «val Perosa» – è assai differente dalle altre comunità del “Pinerolese”, perché, pur essendo situata sul versante piemontese delle Alpi, fino al 1713 ha fatto parte integrante del Delfinato. Alla fine del secolo XI due dinastie, quella dei Delfini di Vienne e quella dei Savoia, in lotta tra loro, avevano esteso la loro influenza sulla regione delle Alpi Cozie, in cerca di legittimazione e riconoscimento della loro autorità. I Savoia, dopo alterne vicende, riuscivano a tenere la bassa val Chisone, la bassa val di Susa, la val S. Martino (ora Germanasca) e la val Pellice, creando, con la pianura pedemontana e, dall’altro versante delle Alpi, la Moriana e la Savoia, uno stato a cavallo delle montagne, collegato attraverso il Moncenisio. A loro volta, i Delfini di Vienne (divisi in tre dinastie: gli Albon, i Bourgogne e i Tour de Pin), occupavano, all’inizio del secolo XII, un vasto territorio alpino, composto dal Brianzonese, dall’alta val di Susa, dal Pragelatese e dall’alta valle Varaita. In particolare, fu il ramo degli Albon a penetrare nelle alte valli del Chisone e di Susa in occasione delle guerre seguite alla morte della celebre esponente della dinastia arduinica Adelaide (1091), dapprima attraverso la protezione accordata alla prevostura di Oulx, per poi affermarsi progressivamente come pienamente sovrano nel corso del XII secolo (Benedetto 1953, pp. 17 sgg.; Carutti 1893, p. 33). Quando, nel 1349, l’ultimo Delfino, Umberto II, cedeva l’intero suo territorio alla corona di Francia, anche le regioni transalpine – e dunque pure la val Pragelato – passarono sotto questa dominazione. In tal modo la Francia si trovava in possesso di un insieme di territori, il «Delfinato di là dei Monti», che, per la forma caratteristica di un grossolano becco d’uccello aperto, di cui il pragelatese costituiva la parte superiore, venne denominato «Bec Dauphin». La posizione di frontiera particolarmente avanzata del Pragelatese, cuneo delfinatese inserito nel cuore del ducato di Savoia, da cui era circondato da ben tre lati – a sud con la valle di S. Martino lungo la linea dello spartiacque, a est (ossia a fondo valle) allo sperone roccioso denominato Bec Dauphin (sopra Perosa Argentina), e a nord con la parte sabauda della val di Susa che raggiungeva Gravere – faceva sì che i contatti e gli scambi commerciali con la pianura pinerolese prospiciente subissero forti limitazioni, e che una parte non piccola del flusso economico, oltre alla totalità dei legami politico-amministrativi fossero indirizzati al di là del crinale alpino. Solo nel 1536, con la prima dominazione francese di Pinerolo, Torino, e di buona parte del Piemonte occidentale, la valle tornava, dopo più di quattro secoli, a essere riunificata in uno spazio geo-politico comune a quello delle valli circostanti, in specie con la parte bassa della val Chisone. Unificazione provvisoria, che terminerà nel 1574 con la restituzione di Pinerolo e degli antichi domini ai Savoia, ma che inaugurava legami commerciali, politici e religiosi che verranno ripresi e rafforzati nel secolo successivo con la nuova conquista di Pinerolo da parte della Francia di Richelieu, avvenuta nel 1630 e protrattasi per più di 60 anni, fino al 1697. La nuova separazione politica determinatasi col ritorno di Pinerolo ai Savoia sarà questa volta di breve durata, perché con la pace di Utrecht del 1713 l’intera valle, in cambio di altre compensazioni territoriali, verrà ceduta a questi ultimi – mutamento destinato ad essere definitivo – e i confini di stato furono fatti coincidere per la prima volta con il crinale alpino, mai considerato fino ad allora come una frontiera “naturale”. Prima di questo passaggio all’area pinerolese, Roure, insieme alle altre comunità della valle, era inserito in un più complesso sistema federativo, quello degli «escartons», che doveva discutere e regolare tutto ciò che concerneva gli interessi generali e particolari delle comunità stesse. Allorché nel 1343-44 si erano emancipate dai fardelli feudali su di loro gravanti, esse avevano iniziato a inviare due volte all’anno i loro delegati a Briançon «pour faire l’escart a proportion des feus», e cioè per ripartire le imposte (oltre che per decidere ogni altra questione comune): da qui il nome di escarton dato a un gruppo di comunità che si addossavano una certa quota di imposte, per ripartirsela poi tra loro. Il Bec Dauphin era diviso in tre escartons: quello dell’alta val Varaita (Casteldelfino), e i due «escartons deça le Montgenèvre» di Pragelato e di Oulx. Questi escartons, con gli altri due al di là dei monti (Briançon e Queyras), formavano il «Grand Escarton de Briançonnais», conosciuto anche come «République des escartons» (Fauchè-Prunelle 1856-1857; Mantelli 1973; Benedetto 1953, pp. 97 sgg.). Il potere del Delfino nella valle era rappresentato dal castellano; la val Pragelato costituiva una castellania a sé, il cui territorio coincideva con quello dell’escarton: in genere, però, una sola persona cumulava i benefici di castellano di Pragelato e di Cesana, qualche volta anche di Oulx o di Casteldelfino, e lo sostituiva un vice-castellano o luogotenente. Le loro funzioni erano state, prima del 1300, vastissime sul piano militare, come su quello giudiziario, amministrativo, fiscale: in pratica corrispondevano a quelle di un vassallo. Ma, a seguito della concessione delle carte di franchigia del 1343-44, vennero a perdere alcune delle loro prerogative, avendo le comunità ottenuto di pagare globalmente il carico fiscale (ripartendoselo poi tra di loro) alle casse del Delfino, e avendo visto riconosciuta la loro autonomia amministrativa. All’inizio del secolo XVI, si assiste anche alla privazione delle maggiori funzioni di intendenza militare, passate ai governatori militari di nomina regia. Mentre perdeva parte dei precedenti compiti, conservando solo l’amministrazione della giustizia minore e una generica sovrintendenza sulle comunità, l’ufficio di castellano subiva nel secolo XVI una profonda trasformazione, perché, da temporaneo e revocabile, diveniva vitalizio, ereditario e alienabile, secondo la medesima tendenza in atto in tutta la Francia di vendita delle cariche pubbliche. L’amministrazione della giustizia era il principale campo sottratto alle libertà comunali. Sopra al castellano, competente per le cause minori, stava il vicebalio di Briançon, mentre la giustizia maggiore era resa, per tutto il Delfinato, dal Consiglio delfinale, divenuto in seguito Parlamento di Grenoble, una delle supreme magistrature francesi, che era anche alla sommità della gerarchia amministrativa (Pazè 1975, pp. 15 sgg.). Il passaggio sotto i Savoia non comportò l’abbandono sostanziale delle “libertà delfinali” conquistate nei secoli passati, e Roure, insieme a tutta la val Pragelato fu una delle poche terre piemontesi a non essere infeudate alla nobiltà di toga piemontese. Dal punto di vista demografico, va detto che l’attuale consistenza di poco più di un migliaio di persone è il risultato del processo di un vistoso spopolamento iniziato al principio del nostro secolo, che ha ridotto di oltre i due terzi la popolazione residente, che fino a quel momento aveva invece conosciuto una forte tendenza ascendente, a partire almeno dalla seconda metà del XVIII secolo: nel 1777 infatti la popolazione di Roure assommava a 1.731 anime; nel 1847 erano salite a 2.965 e nel 1881 erano cresciute ancora ben 3360 persone (Caffaro 1893, p. 661), rimanendo poi la situazione stazionaria fino al 1897, anno in cui erano così distribuite fra le varie frazioni: Villaretto 1593, Casteldelbosco 1368 e Bourcet 399 (Caffaro 1903, p. 235). Nel 1845 la parrocchia di Villaretto contava 1666 anime, così ripartite: Villaretto 462; Flandre e Gleisolle 372; Villaret Damont 282; Grand e Ptetit Fayet 550 (Caffaro 1903, p. 447); quella di Casteldelbosco 1268, così ripartite: Casteldelbosco 602; Balma 381; Chargeoir 285 (Caffaro 1903, p. 449); quella di Bourcet contava 363 anime in tutto (Caffaro 1903, p. 450).