Castellania

AutoriLeggero, Roberto
Anno Compilazione2002
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
105 (1991).
Estensione
796 ha (ISTAT); 740 ha (SITA).
Confini
A nord Costa Vescovato, a est Avolasca e Garbagna, a sud Sardigliano e S. Agata Fossili, a ovest Carezzano.
Frazioni
Mossabella, Sant’Alosio, Sant’Andrea. Queste località compaiono nella documentazione della fine del XVI secolo come dipendenti da Castellania (ASM, Feudi Camerali, Parte antica, 138, 7 dicembre 1596). Vedi mappa.
Toponimo storico
Castellania, «Caste(l)lania», attestato a partire dal 1180 [Dizionario di toponomastica 1990, p. 167].
Diocesi
Tortona. La diocesi di Tortona, nel corso del XIX secolo, fu soppressa per alcuni anni. Nel 1803 la diocesi veniva soppressa ed essa passava a quella di Alessandria (costituita ex novo nel XII secolo durante la lotta contro Federico I e a cui Tortona aveva dovuto cedere una parte dell’antico distretto ecclesiastico). Nel 1805, però, la diocesi di Alessandria (e dunque anche quella di Tortona) passava alla sede episcopale di Casale. Nel 1817, infine, «previo accordo» con Vittorio Emanuele III, papa Pio VII ricostituì la diocesi di Tortona, distaccandola dalla provincia ecclesiastica di Milano e inserendola in quella di Genova [Goggi 1973].
Pieve
Baselica [Goggi 1973, p. 54].
Altre Presenze Ecclesiastiche
S. Biagio (parrocchiale) citata nelle fonti a partire dal 1500 (Bergaglio 1977, p. 250). Nell’area della chiesa di S. Biagio esisteva una chiesa, oggi scomparsa, dedicata a S. Marziano e dipendente dalla chiesa di Carezzano. All’interno del castello di S. Alosio esisteva poi un oratorio dedicato a S. Bernardo mentre un altro oratorio, intitolato a S. Giuseppe, sorgeva in località S. Andrea (Bergaglio 1977, p. 250).
Assetto Insediativo
Situata nel cuore del Vescovato (l’antica enclave nel contado di Tortona di proprietà della chiesa tortonese), Castellania è ubicata a 15 Km dalla città, in zona collinare. Il suo territorio è compreso tra il rio Castellania e l’Ossona e ha un’altezza media di 400 m (essendo il Monte S. Vito, di 624 m., il punto più alto del comprensorio comunale).
     Accanto alle frazioni compaiono, nella documentazione storica, i luoghi di Baselica, Valsorda e Lugagnano. Baselica è presente nei documenti fin dal 1184, allorché un uomo di Mondovico rubò una vacca a tale Pingotto residente appunto a Baselica [Goggi 1973, p. 54]).
Luoghi Scomparsi
Castello, Valsorda.
Comunità, origine, funzionamento
La comunità, la cui esistenza è già attestata nel 1180 (Dizionario di toponomastica 1990, p. 167), deriva dall’unione di luoghi, Baselica e Lugagnano. Secondo Merloni, il comune deriverebbe dall’unione delle due località citate e di Castello, «che faceva parte invece, del distretto della città» mentre Baselica e Lugagnano erano inserite nel Vescovato (Merloni 1989, p. 94). In effetti, la documentazione distingue tra castel S. Alosio e «alterius loci de Sancti Alosio qui non est Castellania eiusdem tamen iurisdictionis et districtus seu episcopatus» (ASM, Feudi Camerali, Parte antica, 138 [7 dicembre 1596]). Ciò dipende dal fatto che, nella seconda metà del XIII secolo, S. Alosio fu affidata dal vescovo alla famiglia de S. Alosio (poi Rampini) i quali procedettero ad incastellare la località (Merloni 1989, p. 94). Probabilmente la concessione episcopale faceva parte di una strategia di contrapposizione tra castra volta a riaffermare la presenza dell’ordinario diocesano nei confronti della città di Tortona (un caso analogo si determinò a Galliate, nel Novarese, dove si contrapposero le fortificazioni del vescovo e del comune). Nel 1391 si ebbe una disputa tra i Rampini e gli homines della comunità di S. Alosio poiché questi ultimi ritenevano di essere subordinati esclusivamente al vescovo di Tortona e di non dover «facere baltriscam fossatu dicti castri» (ASTo, Paesi di nuovo acquisto, Tortonese, Mazzo 16, S. Alosio, n. 1). Dal documento che viene prodotto e nel quale si ribadiscono i diritti dei Rampini, apprendiamo, inoltre, che da più di un secolo gli abitanti di S. Alosio «erano tenuti a far la guardia giorno e notte al castello, suddivisi per squadre, così come a tener puliti i fossati […] e a prestare la loro opera nelle necessarie incombenze di manutenzione» [Merloni 1989, p. 94].
Statuti
Sono perduti gli statuti del Vescovato, dove peraltro si ricorreva non solo agli Statuti che regolavano l’intera enclave vescovile ma si utilizzavano anche quelli di Tortona per certe particolari procedure [Statuta civitatis Derthonae, Mediolani 1573; A.C.T., Volumi Privilegi-Statuti, nn. 6 e 9].
Catasti
A.S.M., Confini, Parti cedute, 11, fasc. Catastro del Perticato Ecclesiastico del Contado di Tortona estratto dall’Archivio della Regia Camera; molto interessante la vertenza che occorre, nel 1727, tra le «terre piccole» e le «terre grosse» (tra le quali era compreso il Vescovato) circa il problema del pagamento delle tasse relative al «censimento» da farsi (le terre piccole vogliono pagare per quota e quelle grosse per perticato [A.S.M., Confini, Parti cedute, 18, fasc. Inter diversas Communitates Comitatus Derthone super diversa methodo Repartiendi Impositionis]. Interessanti sono anche i Processi di seconda stazione per il bobbiese il tortonese e il vigevanasco [A.S.M., Confini, Parti cedute, 31] che presentano un resoconto dei livelli e delle proprietà comuni, i censi pagati dalle comunità e le entrate dei «particolari» delle comunità stesse. Dalla documentazione risulta che i comuni del Vescovato e segnatamente Castellania non disponeva, all’inizio del XVIII secolo, di catasto: «il perticato del territorio tutto non si può accertare per non esservi in comune catastro ma solo il libro vecchio del registro imperfetto della somma totale». Secondo Merloni il territorio del comune ammontava a 6658,18 pertiche [Merloni 1993, p. 131].
     Catasto teresiano (1724) [A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto teresiano, Allegato A. Mappe catastali teresiane, Circondario di Tortona, Mandamento di Villavernia,  Castellania, Mappa del territorio di Castellania, Contado di Tortona, fatta in occasione della misura generale dello Stato di Milano dalli cesarei geometri Giovanni Mayer ed Andrea Tentorio, principiata alli 19 settembre, terminata alli 18 novembre col assistenza di sottoscritti Domenico Valenzona, Simon Barbieri, Antonio Sant'Andrea, Francesco Tentorio, Pietro Magister. Copiata da me Giovanni Enrico Eck anno 1724 in fogli 13] Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3. Vedi mappa 4. Vedi mappa 5. Vedi mappa 6. Vedi mappa 7. Vedi mappa 8. Vedi mappa 9. Vedi mappa 10. Vedi mappa 11. Vedi mappa 12. Vedi mappa 13.
Ordinati

                 

Dipendenze nel Medioevo
Castellania era inserita nel territorio del Vescovato e dipendeva, attraverso i Rampini, dal vescovo di Tortona fin dal XII secolo, ad eccezione della località Castello che dipendeva invece dalla città di Tortona. Secondo quanto afferma Merloni (Merloni 1993, p. 128) «per le questioni di interesse generale, riguardanti tutto il territorio dell’Episcopato o quando si trattava di difendere i diritti comuni minacciati, si riuniva in Carezzano o in altra località di quel dominio, un’assemblea generale dei credenziari. In quella sede, talvolta, veniva eletto un procuratore speciale nella persona di un uomo di legge, al quale veniva affidato l’incarico di trattare con la controparte nell’interesse del Vescovato».
Feudo
Castellania era inserita nel territorio del Vescovato, dipendente direttamente dal vescovo di Tortona fin dal XII secolo. Nel 1222 le «terre di S. Alosii et Castellaniae» vengono concesse dal vescovo di Tortona, Pietro, a Enrico de Cruce e Robaldo Valani e «riconfermate nel 1224 per gli anni successivi» (Garberi 1981, p. 13). Successivamente, nella seconda metà del XIII secolo secondo Merloni la località di S. Alosio «fu infeudata dai vescovi ad un ramo della nobile stirpe manfredinga, che dal possesso si disse de S. Alosio e più tardi Rampini» (Merloni 1989, p. 94). Bergaglio, nella Guida di Tortona e del Tortonese afferma invece che la concessione feudale ai Rampini avvenne solo nel XV secolo (Guida di Tortona 1977, p. 251). Tuttavia la posizione di Merloni appare convincente in quanto egli cita due documenti, il primo del 10 ottobre 1380 in cui i Visconti concedono un privilegio di immunità ed esenzione per il ruolo svolto dai Rampini (grazie alla fortezza di S. Alosio) nelle lotte politiche dell’epoca a fianco della potente famiglia milanese; il secondo documento è del 27 aprile del 1391 e da esso «apprendiamo che gli abitanti del luogo, da più di cento anni erano tenuti a fare la guardia giorno e notte al castello, suddivisi per squadre, così come a tenere puliti i fossati del maniero ed a prestare opera nelle necessarie incombenze di manutenzione» (Merloni 1989, p. 94). Un successivo privilegio di Ludovico Sforza (5 dicembre 1496) riconferma i diplomi precedenti. Il ramo di S. Alosio della famiglia Rampini si estinse nel XVII secolo e di conseguenza il feudo transitò nelle mani della famiglia Castellini.
     Goggi (sulla base, però, di indizi discutibili) afferma che Baselica deve essere appartenuta ai conti di Barbiano e ad essi infeudata. Nel 1250 Baselica viene nominata tra le terre appartenenti al contado di Pavia. Più convincente appare l’affermazione che nel 1408 Baselica facesse parte del feudo di Broni per essere successivamente venduta a Giovanni Attendoli. Interessante anche l’informazione della contesa insorta tra Baselica e un membro della famiglia Corti di Pavia il quale aveva usurpato mille pertiche di terra alla comunità (il riferimento generico di Goggi non permette però ulteriori accertamenti [Goggi 1973, p. 54]). Nel 1311 tale Baserica de Baserica diventa sindaco del comune di S. Alosio.
Mutamenti di distrettuazione
Castellania apparteneva al distretto territoriale del Vescovato (l’antica enclave, ricavata all’interno del contado urbano), sul quale il vescovo di Tortona esercitava l’alta signoria. Tale appartenenza rimase pressoché immutata nel corso del tempo tranne quando, tra il 1597 ed il 1613, Castellania ed altre località del Vescovato vennero temporaneamente affidate al vescovo di Lodi, ritornando infine nella disponibilità dell’ordinario diocesano di Tortona. Soltanto nel XVIII secolo (9 gennaio 1784) il Vescovato, e Castellania con esso, passerà al Regio Patrimonio di Casa Savoia, essendo stato ceduto dal vescovo di Tortona, Carlo Maurizio Peiretti, contro il titolo di principe di Cambiò. Durante l’occupazione francese il comune si trovava inserito nel dipartimento di Genova.
Mutamenti Territoriali
Il comune di Castellania venne generato dall’unione di Baselica e Lugagnano, e si presenta come già esistente nel XII secolo, anche se i diversi loci componenti il comune risultano ancora individuabili per lungo tempo nelle loro caratteristiche specifiche. La comunità di Castellania mostra poi una caratteristica interessante per il fatto che, nella località di S. Alosio (che sarà accorpata al comune soltanto nel XIX secolo), si confrontarono la presenza della città di Tortona e del potere episcopale attraverso il possesso e l’erezione di strutture fortificate. La prima deteneva il castello di S. Alosio mentre il secondo affiderà ad un proprio uomo la realizzazione di una nuova fortificazione. Merloni, infatti, ritiene determinante nella nascita del comune di Castellania l’unione delle due località citate di Baselica e Lungagnano con quella di Castello (Merloni 1989, p. 94), luogo, quest’ultimo, sottoposto alla giurisdizione cittadina (minuscola enclave nella più ampia enclave episcopale del Vescovato). Nel 1596, in occasione del giuramento imposto ai capifamiglia di Castellania dagli ufficiali spagnoli incaricati di fare «l’apprensione» delle terre episcopali, emerge una situazione particolarmente complessa per quanto riguarda la situazione del comune: Basilica compare ancora come luogo individuabile e a sé stante ma citato come dipendente da Castellania («sub Castellania»); la stessa espressione accompagna il nome di altre località e cioè quelle di Mossabella, «Montis», Valsorda, S. Alosio, «Lovagnani» (Lugagnano), «Pontiselli», S. Andrea (ASM, Feudi Camerali, Parte antica, 138, 7 dicembre 1596). Il documento poi individua un «alterius loci de Sti. Alosio qui non est [de] Castellania», di cui viene specificata la indipendenza rispetto al comune, perché poteva esserci pericolo di confusione con il S. Alosio dipendente invece da Castellania («Sti. Alosii sub Castellania») verosimilmente il villaggio incastellato nel XIII secolo dai de S. Alosii (poi Rampini), homines dell’ordinario diocesano (Merloni 1989, p. 94). Peraltro, nel 1723, quando il «delegato cesareo Battista Pozzi» interrogò i consoli delle comunità del Vescovato, Siccus de Otonis, rappresentante di Castellania, rispondendo alle domande del delegato affermava «il nostro comune viene formato da quattro ville, cioè dalla villa chiamata Basilica, la villa chiamata Sant’Andrea altra chiamata Valsorda e l’altra Castellania» In tutto, però, erano quarantadue i «luoghi» che formavano il comune – affermarono i testimoni – anche se ne non ne fornirono un elenco preciso. Sempre secondo le testimonianze rese nel 1723, i confini del comune cono i seguenti: «[la comunità di Castellania] è confinante a mattina con quella di Garbagna feudo vescovile ora posseduto dal sig. Principe Doria mediante termini posti di nuovo a mezzogiorno con S. Agata e Bavantore come sopra a sera con Perleto et a null’ora con quello di Costa mediante sempre termini e segni dividenti». Non è impossibile che l’affermazione «posti di nuovo» sia da riferire ad una contestazione in merito ai confini, però già risolta al momento della testimonianza, come avviene per la pressione esercitata dalle comunità in mano al Doria anche in altre comuni (Stazzano, per esempio, aveva in corso, nel 1723, una lite con la comunità di Vargo «feudo del Sig. Principe d’Oria» per una contestazione circa la proprietà di cinquanta pertiche di terreni di confine), benché i testi di Castellania escludano esplicitamente che esistano liti in atto con altri comuni. Nel 1723 la consistenza numerica degli abitanti di Castellania viene stimata in 221 unità (ASM, Confini, Parti cedute, 16, fasc. Castellania). Nel 1806, sotto l’amministrazione napoleonica, i comuni di Castellania e S. Alosio si presentavano ancora come separati, tant’è vero che S. Alosio ricevette un contributo per i comuni più poveri (corrispondente a 14,94 franchi) mentre Castellania non riceve niente. Nel 1810 si progettava di riunire Perleto a Castellania ma gli abitanti di Perleto proposero invece la riunione del loro comune a Carezzano – da loro più frequentato – come effettivamente poi avverrà. Nel 1811, essendo abortito il primitivo progetto coinvolgente Perleto, viene aggregato al comune la località di S. Alosio; entrambe le località erano in quel momento dipendenti dal cantone di Villalvernia [A.N.P., F2 I 856: Limites des départements étrangers. Genes an XIII-1814].
Comunanze
Secondo quanto affermato da Simon de Otonis nel 1723 la comunità non dispone di beni comuni né propri né in associazione con altri: «la comunità nostra non ha entrata di alcuna sorta né in particulare né in persona […] se non che si paga qualche livello e qualche censo» (ASM, Confini, Parti cedute, 16, fasc. Castellania). Tra il 1806 e il 1811 si dipana la vicenda relativa alla vendita di un bosco di Baselica ad un privato; l’11 dicembre 1806: il prefetto di Genova scrive al ministro dell’Interno: «trasmetto domanda del signor Magenta di Sedone, regno d’Italia, “tendante à lui faire ceder […] un bois appartenant à la paroisse de Basilica, arrondissement de Voghera, moyennant une rente annuelle de 454 f. e 54c”». Il 26 febbraio 1807: il ministro dell’Interno scrive al ministro delle Finanze: «trasmetto domanda del comune [sic, ma Baselica non viene mai citata negli elenchi di comuni stilati dall’amministrazione francese dove compare invece come parrocchia] di Basilica di concedere al Magenta un bosco, contro pagamento di 450 fr da versare annualmente al curé. Magenta si impegna anche a fare migliorie a sue spese per 3377fr 10c. Chiedo parere» (ANP, F3 II Genes 1).
Liti Territoriali
Dalla documentazione settecentesca sembra trasparire una contestazione dei confini con Garbagna, località già feudo vescovile ed in seguito possesso dei Doria, che risulta però già risolta nel 1723. A questa data i testimoni affermano esplicitamente, dietro richiesta del «delegato cesareo» che li sta interrogando, che Castellania non ha alcuna controversia per questione di confine. Il sospetto dell’esistenza di una lite risolta viene dall’espressione che i testi utilizzano ricordando i confini del territorio comunale: «è confinante a matina con […] [la comunità] di Garbagna […] mediante termini posti di nuovo». Sono attestati, nella documentazione coeva, altri casi nei quali la pressione esercitata dalle comunità in mano al Doria produce un contrasto tra comuni confinanti.
Fonti
Fonti edite
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Cronaca di Tortona, a cura di L. Costa, Torino 1814 (rist. anast. a cura di U. Rozzo, Tortona 1986).
 
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Fonti inedite
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A.N.P. (Archives Nationales, Paris):
A.N.P., F2 I 856, Limites des départements étrangers. Genes an XIII-1814;
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A.S.P. (Archivio di Stato di Pavia).
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A.S.T. (Archivio di Stato di Torino)
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A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Tortona 4 A VII Rosso, Mazzo 1, "Carta del Tortonese". Carta topografica del Tortonese. Fol. 1 Mss. senza data e senza sottoscrizione. (Note: Carta con timbro del Dépôt Général de la Guerre), s.d. Vedi mappa.
A.S.T., Sezioni Riunite, Catasti, Catasto teresiano, Allegato A. Mappe catastali teresiane, Circondario di Tortona, Mandamento di Villavernia,  Castellania, Mappa del territorio di Castellania, Contado di Tortona, fatta in occasione della misura generale dello Stato di Milano dalli cesarei geometri Giovanni Mayer ed Andrea Tentorio, principiata alli 19 settembre, terminata alli 18 novembre col assistenza di sottoscritti Domenico Valenzona, Simon Barbieri, Antonio Sant'Andrea, Francesco Tentorio, Pietro Magister. Copiata da me Giovanni Enrico Eck anno 1724 in fogli 13.  Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3. Vedi mappa 4. Vedi mappa 5. Vedi mappa 6. Vedi mappa 7. Vedi mappa 8. Vedi mappa 9. Vedi mappa 10. Vedi mappa 11. Vedi mappa 12. Vedi mappa 13.
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Descrizione Comune
Castellania
     Il confronto tra i confini attuali del comune di Castellania, che si trova a ridosso del territorio dei comuni di Garbagna, Sardigliano, Sant' Agata Fossili, Carezzano, Costa Vescovato, Avolasca, e quelli del 1723 quando la comunità risulta «confinante a mattina con quella di Garbagna […] a mezzogiorno con S. Agata e Bavantore […] a sera con Perleto et a null’ora con quello di Costa» mostra chiaramente come l’estensione del territorio sottoposto amministrativamente a Castellania sia andata aumentando mentre lo stesso avveniva per altre comunità (come quella di Carezzano per esempio) le quali, assorbendo a sé località minori, hanno spostato ed ampliato i propri confini fino a toccare territori comunali un tempo non coerenti. Il carattere “composito” del territorio di Castellania emerge con singolare chiarezza dalla documentazione sia allorché si consideri la antica presenza del comune di Tortona a S. Alosio, sia che si faccia riferimento alla situazione del XVI secolo. In quel momento di grande sconvolgimento e di tensione per il territorio del Vescovato i documenti ci mostrano una comunità che raccoglie sotto di sé un numero consistente di luoghi.
     Naturalmente occorre riflettere sull’espressione usata dai funzionari al servizio del governo spagnolo quando essi scrivono che Basilica, Mossabella, Montis, Valsorda, S. Alosio (Sti. Alosii sub Castellania), Lovagnani (Lugagnano), Pontiselli, S. Andrea, si trovano «sub Castellania» (ASM, Feudi Camerali, Parte antica, 138, 7 dicembre 1596). Perché si è voluto mantenere il nome del luogo accompagnandolo all’espressione «sub»? Perché i funzionari non si sono semplicemente riferiti a queste località come a “Castellania”? L’espressione sembra indicare con chiarezza la presenza di un vero e proprio distretto amministrativo (cioè di un distretto di castello formatosi, con ogni probabilità, già nel XII sec.), dipendente dalla villa di Castellania, e quindi di istituzioni amministrative inferiori nei singoli insediamenti rispetto a quelle presenti nel capoluogo. In effetti nella testimonianza di Simon de Otonis si trova precisato tale concetto: «il nostro comune viene formato da quattro ville, cioè dalla villa chiamata Basilica, la villa chiamata Sant’Andrea altra chiamata Valsorda e l’altra Castellania la quale è villa un poco più grossa delle tre nominate ed in questa poi si trattano gli affari della comunità ed in tutto saranno luoghi quarantadue e fanno un comune solo» (ASM, Confini, Parti cedute, 16, fasc. Castellania).
     I termini «villa», «comunità» e «comune» (relativi tutti a Castellania) vengono utilizzati, nella documentazione esaminata, in riferimento a cose diverse: il primo segnala un insediamento ben distinguibile nelle sue caratteristiche specifiche («villa un poco più grossa»); il secondo individua invece un insieme di «ville», cioè quello che potremo chiamare un distretto, mentre il terzo si riferisce ad un ente giuridico ben preciso che ha la propria sede nella «villa» di Castellania e che da questa prende il nome. Il documento del 1596, inoltre, presenta un «alterius loci de S.ti Alosio qui non est [de] Castellania», di cui viene specificata la indipendenza rispetto al comune, perché poteva presentarsi il rischio di confonderlo con il S. Alosio dipendente invece da Castellania; anch’esso, però, faceva parte delle terre episcopali come specificato («eiusdem tamen iurisdictionis et districtus seu episcopatus») tant’è vero che gli abitanti prestano il giuramento richiesto dagli ufficiali spagnoli.
     Se si deve supporre che la distinzione tra S. Alosio de Castellania e S. Alosio indipendente dal comune di Tortona derivi dalla presenza di un castrum cittadino (assumendo perciò la contiguità insediativa tra il primo e il secondo), la originaria situazione di opposizione tra il comune di Tortona e il vescovo, si sarebbe risolta a favore del presule diocesano grazie all’incastellamento affidato ai Rampini. Il fatto che i Rampini stessi, grazie al controllo del castrum abbiano potuto svolgere una politica di “pubbliche relazioni” autonoma cercando il sostegno di altre istituzioni “superiori” (ciò traspare, per esempio, dalla patente concessa il 10 ottobre 1384 da Galeazzo Visconti ai signori di S. Alosio d’immunità ed esenzione dall’estimo di Tortona cfr. AST, Paesi di nuovo acquisto, Tortonese, mazzo 16, S. Alosio) per consolidare la propria posizione, non è affatto indice di estraneità dalla sede episcopale che infatti i Rampini stessi giungeranno ad occupare con Enrico Rampini vescovo dal 1413 al 1450. Lo stesso Berruti, cronista tortonese decisamente avverso alle pretese di controllo ed espansione territoriale dell’episcopato, conferma che, alla fine del XVI secolo, la salda presa del vescovo su S. Alosio non si era allentata:
ed è cossa notoria che Castel Santo Alosio paga li suoi beni e pagar deve cum la città, ancor che io creda che non pagi in alcun modo, anchor che ne la tavola nova de cavalli de tassa, quelli dil vescovato si faccianno dar fori in la tavolla in questo modo, fraudolentemente cioè, le terre di lo Espiscopato cum Castello Santo Alosio caval. 32. Non di meno sumerai la vera tavola di camera de li luochi dil vescovato che troverai che sono al deto numero de cavalli e più, senza Santo Alosio […] et cognoserai questo esser una expressa malitia et fraude, cum la qualle vogliono includere deti luochi cum loro, poi che hanno solo la villa et non il castello; et la villa la tavola non la nomina, quantunque sij divisa dal castello, poi che la villa è delo Episcopato et il castel dila città.
     Nella parte della cronaca dedicata ai diritti della città di Tortona sul castello di S. Alosio, Berruti ricorda che esso «non fu comune», citando poi gli atti di un’accusa di omicidio formulata nei confronti di Pasino Rampino «dil deto castello» rimessa dal duca Francesco II nelle mani del podestà di Tortona come giudice competente. Berruti rivendica fortemente il castello di S. Alosio quale «castel districtual […] posto nel corpo di le terre di lo Episcopato; è però di la città et suo membro» e accusa il presule tortonese perché «si sforza voler includerlle nel corpo di suo Episcoparo et farseli sugeto in temporalle a guisa dile altre terre corpo, non obstante che siano, cioè Castel Santo Alosio Corpo Santo dila città». Viene il sospetto che entrambi i contendenti abbiano ragione nel senso che il comune aveva effettivamente posseduto un castrum a S. Alosio soggetto alla giurisdizione podestarile ma esso non era più efficiente e il castrum al quale Berruti si riferisce era quello realizzato dai Rampini su sollecitazione episcopale essendo risultato “vincitore” nella contrapposizione tra castra. Il castrum dei Rampini non corrispondeva però alla struttura rivendicata dallo scrittore tortonese, tant’è vero che Pasino Rampini viene indicato da Berruti stesso come «del detto castello». È interessante che, quasi a confermare l’equivoco nel quale lo scrittore poté cadere, laddove nella sua cronaca Berruti cita i privilegi e gli atti pubblici conservati nell’archivio di Tortona e «specialmente in uno mazo de scriture o sij plico intitullato Plicus scripturarum pro Santo Alosio et Sarizzola, nel quale vi sono molte ragioni et specialmente le infrascritte: Qui cascano le ragioni» egli non concluda il ragionamento.
     Il testo, infatti, a questo punto si interrompe per circa sei righe dove, come commenta Sergio Pagano «avrebbero dovuto trovar luogo le “ragioni” che poi l’Autore non ebbe evidentemente modo di porre» (Berruti 2001, p. 140). Proseguendo la sua analisi della situazione di S. Alosio Berruti imputa anche alla iniziativa dei Rampini, cioè ad una iniziativa locale, e al tentativo di evadere la tassa sul sale imposta dalla città la difficoltà di Tortona di rientrare in possesso di S. Alosio. La tarda aggregazione di S. Alosio a Castellania realizzatasi soltanto in età napoleonica dipenderà certo dalle vicende che sono state ricordate ovvero l’iniziativa episcopale e la capacità locale di agire autonomamente. Assai interessante risulta la fallita aggregazione a Castellania del comune di Perleto che viene invece aggregato a Carezzano. La stessa sorte spettò a Castellania in epoca fascista quando, tra il 1928 ed il 1929, il comune venne soppresso e aggregato a quello di Carezzano salvo essere disaggregato e ricostituito nel 1947 [Guida di Tortona 1977, p. 199].