Traves

AutoriCaffù, Davide
Anno Compilazione2012
Provincia
Torino.
Area storica
Valli di Lanzo.
Abitanti
564 (comune di Traves 2012).
Estensione
10,75 Kmq (ISTAT 2001).
Confini
A nord Pessinetto, a est Germagnano, a sud-ovest Viù, a nord-ovest Mezzenile.
Frazioni
Non ci sono frazioni amministrative.
Toponimo storico
La più antica attestazione del toponimo risale a un documento del 1164, nel quale si fa riferimento ad «Andreas de Traves» (Dizionario di toponomastica 1990, p. 784). Con il R.D. n. 751 del 12 aprile 1937 Modificazioni della denominazione di alcuni comuni e frazioni in Provincia di Torino il nome del comune fu modificato in «Trave» affinché «mandasse un suono di più chiara italianità» (AC Traves, Inventario, p. 3). Nel 1955 il nome fu ripristinato in «Traves».
Diocesi
A differenza di quanto avvenne per la Valle di Susa, dall’alto medioevo il confine della diocesi torinese nelle valli di Lanzo avrebbe raggiunto lo spartiacque alpino (Casiraghi 1979, p. 46)
Pieve
Il principale edificio religioso di Traves è la chiesa di San Pietro in Vincoli, costruita nella borgata Villa. Tale edificio ottenne il titolo di parrocchiale solamente il 14 gennaio 1616 (Loi 2001-2002, p. 69). La prima visita pastorale fu quella del vescovo Beggiano nel 1674 (AA Torino, visita pastorale del vescovo Beggiano [1674], 7/1/20, c. 43v).
Nel 1752 il vescovo di Torino Roero, visitando la chiesa del luogo, rilevò che «ab annis 130 circiter in parochialem erecta, media illius dismembratione ab ecclesia parochiali loci Mexenilis» (AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], 7/1/32 c. 299v). L’annotazione del presule conferma grossomodo la datazione seicentesca per l’acquisizione del titolo di parrocchiale e rileva come ciò avvenne per separazione dalla parrocchia di Mezzenile. Fino ad allora i Travesini si sarebbero quindi recati a Mezzenile per tutte quelle funzioni religiose riservate alle chiese parrocchiali e, prima ancora, forse a Lanzo (Loi 2001-2002, p. 69; Casiraghi 1979, pp. 84-85; si veda la scheda dedicata a Mezzenile).
Altre Presenze Ecclesiastiche
All’inizio del Seicento, quando ancora la chiesa di S. Pietro in Vincoli non aveva ottenuto il titolo di parrocchiale, è attestata la confraria dello Spirito Santo, un’associazione laica che raccoglieva i maggiorenti locali e che in numerosi casi sarebbe stata il primo organo rappresentativo della comunità (AC Traves, Archivio Storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14, n. 14; Quaccia 2007, p. 931). La confraria era ancora attestata nel 1709 insieme a un non precisato beneficio di S. Lucia (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasto, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Traves).
A metà Settecento il vescovo di Torino Roero non registrò alcun edificio religioso al di fuori della chiesa parrocchiale. Il censo annuo della comunità ammontava a 200 lire. L’altare centrale, dedicato a S. Pietro in Vincoli, era gestito dalla confraternita della S. Croce, che disponeva anche di un oratorio e contava circa 300 confratelli. Gli altari laterali erano dedicati alla Beata Vergine del Suffragio e alla Beata Vergine del Rosario ed erano gestiti dalle omonime confraternite, che contavano rispettivamente circa 140 e 400 confratelli (AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], cc. 294-297). Il presule visitò anche l’altare dedicato a S. Antonio abate, che però versava in pessime condizioni.
Un secolo dopo il vescovo Fransoni non trovò più un altare dedicato a S. Antonio abate, ma registrò l’esistenza di due nuove confraternite, una dedicata proprio al santo e l’altra, forse, a S. Giacomo (AA Torino, visita pastorale del vescovo Fransoni [1843], cc. 058-63). In quegli anni erano ancora attive: la confraternita della S. Croce con un reddito annuo di 500 lire, quella di S. Maria del Suffragio con reddito annuo di 450 lire e quella della Beata Vergine del Rosario, della quale non fu però precisato il reddito.
In occasione della visita pastorale il presule si recò anche nei «saccelia ruralia» (ossia cappelle o oratori rurali) di: S. Grato, S. Andrea nella regione «dicta gli André», S. Rocco nella regione «dicta Le Teseo», oggi Le Tese (AA Torino, visita pastorale del vescovo Fransoni [1843], c. 63).
All’inizio del Novecento era attiva anche una congregazione di Carità (Milone, Milone 1911, p. 201). Nel 1977 la parrocchia di S. Pietro possedeva un’abitazione in località Villa e numerosi «beni rustici», composti da 26 terreni usati come incolti, bosco, arativo e soprattutto pascolo (AST, Sezioni Riunite, Prefettura di Torino, Atti amministrativi, Versamento 2001, Culti, Traves).
Assetto Insediativo
Attualmente l’insediamento è suddiviso fra gli insediamenti presenti sui contrafforti del monte Calcante, alcuni dei quali si sono di fatto uniti alla borgata Villa, sede del comune e della parrocchiale, e i gruppi di case (Grangia, Biò, Rozello) al di là del torrente Stura lungo la strada provinciale che collega Lanzo alla Valle di Ala di Stura e alla Val Grande.
Seguire le vicende degli insediamenti lungo la strada provinciale è più semplice, perché dalle mappe del catasto Rabbini si ricava che nel 1865 esistevano solo «Borgata Grangia» e «Borgata Albio», il cui nome attuale è Biò, e quindi le case in regione Rozello sarebbero state costruite dopo quella data (AST, Sezioni Riunite, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, distribuzione dei fogli di mappa e linea territoriale, Traves). La loro costruzione andrebbe messa in relazione al ponte carreggiabile e in muratura, realizzato proprio in quegli anni a ridosso dell’abitato, che sostituì i precedenti e instabili ponti di legno, periodicamente distrutti dalle piene della Stura (Loi 2001-2002, p. 4). Uno dei principali problemi della comunità fu infatti quello di garantire lo stabile collegamento degli insediamenti presenti sulle pendici del monte Calcante con la strada provinciale.
A metà Ottocento costituivano nuclei più o meno autonomi la borgata «Villa», a nord-est «borgata Malerba», a sud «borgata S. Andrea», «borgata Bertale» e le più lontane «borgata Tese» e «case Ticinelli», oggi Tisinelle (AST, Sezioni Riunite, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, distribuzione dei fogli di mappa e linea territoriale, Traves). A favorire la crescita della borgata Villa e degli insediamenti limitrofi, al punto che ora sono gli uni addossati agli altri, furono la collocazione della chiesa parrocchiale e della sede comunale nella stessa borgata Villa. Tale situazione si era così consolidata che la costruzione dell’edificio scolastico nella borgata Villa, avvenuto alla fine dell’Ottocento, non fu causa di discordie fra le varie borgate (AC Traves, Archivio Storico, Scuole, fald. 59, fasc. 2). L’adiacente borgata Andrea ottenne la costruzione di un nuovo cimitero fra il 1832 e il 1838 (AC Traves, Archivio Storico, fald. 60, Lavori pubblici, fasc. 9).
Fu uno sviluppo prevalentemente ottocentesco, quando la popolazione di Traves raggiunse l’apice con circa 900 unità (http://www.tuttitalia.it/piemonte/81-traves/statistiche/censimenti-popolazione/), che portò anche alcune borgate a dotarsi di edifici religiosi (nella regione S. Grato, nelle borgate S. Andrea e Tese: AA Torino, visita pastorale del vescovo Fransoni [1843], c. 63). Nel 1834 la comunità chiese un finanziamento per la costruzione di un nuovo cimitero a S. Andrea, perché quello precedente era troppo piccolo (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, T, mazzo 25, fasc. 2).
L’assenza di tali edifici religiosi nelle visite pastorali settecentesche conferma l’espansione demografica ottocentesca, forse legata a un più intenso sfruttamento delle miniere presenti nel monte Calcante. Il 20 ottobre 1700 vivevano a Traves solamente 354 abitanti che furono registrati tutti insieme e non suddivisi per frazioni, come avvenne, per esempio, a Mezzenile (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 1, Consegne di bocche umane e del bestiame per la levata del sale, mazzo 30, fasc. 22). Le modalità della registrazione non negano certo l’esistenza di case sparse o di borgate, ma ne confermano la scarsa rilevanza. I dati sulla popolazione di Traves del 1724 (436 abitanti: Loi 2001-2002, Appendice doc. 6) e del 1752 (433 abitanti: AA Torino, visita pastorale del vescovo Roero [1752], cc. 294-300) confermano che l’area era scarsamente abitata.
Gli altri gruppi di case sparse (Tiglierai, Perini, Luisetti e Campetto), che non sono attestate nelle mappe del catasto Rabbini ebbero quindi vita effimera: crebbero fra la seconda metà dell’Ottocento, quando il comune raggiunse l’apice della popolazione, e il Novecento per poi spopolarsi quando l’emigrazione portò al decremento della popolazione comunale (G. Milone, P. Milone, Notizie delle Valli di Lanzo, Torino 1911, p. 200).
Nel 1959 il comune di Traves e la parrocchia ratificarono l’attuale organizzazione degli spazi pubblici comunitari, giungendo a una permuta di beni: l’area «già attualmente piazza comunale» venne ceduta dalla parrocchiale in cambio di 2 terreni appartenenti al comune di Traves da adibire a piazza della Chiesa. Tale permuta sanciva giuridicamente uno stato di fatto iniziato nel 1932, quando il comune aveva preso possesso dei terreni parrocchiali per costruire l’edificio comunale e allargare la strada cedendo in cambio alla parrocchia l’usufrutto di altri terreni comunali (AST, Sezioni Riunite, Prefettura di Torino, Atti amministrativi, Versamento 2001, Culti, Traves).
Luoghi Scomparsi
Non sono attestati luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Nell’elenco dei fuochi (ossia dei nuclei familiari) presenti nelle Valli di Lanzo redatto nel 1359 e nell’elenco delle comunità delle Valli che rivolsero una supplica ai Savoia del 1420 non compaiono riferimenti al comune di Traves (Loi 2001-2002, pp. 57-59; AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 10). Neanche nel 1601 Traves compare fra le località che consegnavano i loro beni (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 3, Consegne delle terre del Piemonte 1601).
Fino all’inizio del Seicento i Travesini agivano quindi all’interno di uno dei comuni circostanti. Ciò non significa che non esistesse un gruppo di uomini che viveva nel territorio dell’odierna Traves, ma che non aveva istituzioni comunali autonome. Nel 1416, per esempio, i Travesini facevano parte della comunità di Lanzo (Loi 2001-2002, pp. 60-62; Milone, Milone 1911, p. 202). Pertanto occorre valutare con cautela le affermazioni di Gustavo Mola di Nomaglio, il quale attesta una «comunità di Traves» già nel 1371 e nel 1416 (Mola di Nomaglio 2006, p. 620).
Alla base della nascita del comune di Traves ci fu la duplice iniziativa del marchese Sigismondo II d’Este, il quale contenne l’ingerenza del borgo di Lanzo sulle comunità della Valle e concesse ai Travesini di potersi separare dal comune di Germagnano dando così vita a un loro autonomo comune.
Nel 1621 dietro al pagamento di un’ingente somma di denaro, il marchese concesse agli abitanti delle Valli di Lanzo da lui dipendenti alcune prerogative, come «fare edifici, molini, fornelli, fusine et altri ingeni […] andare alla caccia, pescare et servirsi d’ogni fiume e rivo discorrente per esse Valli a loro beneplacito» (Loi 2001-2002, pp. 63-70). Ai castellani era imposto di tenere «Tribunali, uno per la Valle del Tesso, Germagnano e Traves, e l’altro per la valle di Stura» (Loi 2001-2002, pp. 63-70). All’anno successivo risale l’approvazione di Carlo Emanuele I. Come rileva Cristiano Loi tali concessioni andavano a compromettere le prerogative degli abitanti di Lanzo e del loro castellano, che non compaiono nell’atto, e possono pertanto essere lette come un’apertura del feudatario nei confronti delle comunità delle Valli. Non bisogna dimenticare che pochi anni prima la chiesa di S. Pietro in Vincoli aveva ottenuto il titolo di parrocchiale separandosi da Mezzenile (cfr. il lemma ‘pieve’).
Il 15 febbraio 1624 il marchese d’Este procedette alla effettiva divisione dei territori di Germagnano e di Traves, che aveva autorizzato tre anni prima. L’atto, che si è conservato in copia del 1807, testimonia la nascita della comunità di Traves, rappresentata da un sindaco e da un consigliere, e i suoi antichissimi legami con le comunità di Lanzo e di Germagnano (AC Traves, Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14; Loi 2001-2002, pp. 107 e sgg.). I rappresentanti del comune furono nuovamente attestati nel 1654 (AC Traves, Archivio Storico, Rapporti con i feudatari, fald. 15, fasc. 1).
I primi Bandi campestri conservatisi, ossia le disposizione che avrebbero dovuto normare la gestione del territorio e che indicano quindi una piena operatività del comune, risalgono al 26 luglio 1719 (AC Traves, Archivio storico, fald. 15, Bandi campestri, fasc. 4; Loi 2001-2002, pp. 74-85). Nel Settecento il Conseglio ordinario e particolare d’esso luogo era composto da un sindaco e da due consiglieri, affiancati da un segretario (AC Traves, fald. 18, Atti deliberativi, fasc. 1; Loi 2001-2002, pp. 74-85).
Statuti
I più antichi statuti che regolarono la vita a Lanzo e nelle Valli furono quelli concessi da Margherita all’inizio del Trecento e confermati da Amedeo VI di Savoia nel 1351. Tali statuti riconoscevano agli abitanti di Lanzo alcune prerogative, che però non valevano per i valligiani, come la credenza, che aveva la facoltà di prendere decisioni valide per tutta la castellata, «tam in loco Lancei quam in villaribus Lancei et districtu» (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 1). Ai valligiani fu estesa l’esenzione «ab omnibus roiidis, carrigii», eccetto quelli dovuti al castellano di Lanzo, e da tutti i pedaggi «per stratam que dicitur strata Ripariroli versus Canapicium» ossia verso Torino e il Canavese. Agli abitanti delle valli era inoltre richiesto un censo annuo di 150 lire viennesi. Gli statuti regolavano fra le altre cose il pascolo del bestiame negli alpeggi in quota (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 1, c. 38).
L’importanza di tali concessioni, e soprattutto l’esenzione dai pedaggi, si ricava dalla costanza con la quale gli abitanti delle Valli di Lanzo ricorsero direttamente ai Savoia e ai loro tribunali per averne la conferma, anche se spesso comportava il pagamento di una cospicua somma di denaro. Ciò avvenne nel 1357, 1544, 1545, 1550, 1551, 1565, 1577, 1607, 1611, 1615, 1617, 1635, 1638, 1645, 1648, 1678, 1690, 1696 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 3). Si tratta di concessioni molto ampie, come precisò Vittorio Amedeo II, perché i privilegi avevano valore:
non solo per gli habitanti ne’ luoghi di Lanzo, Valle e distretto, compresevi quelli di Lemie, Forno et Uscelli, quantunque non registranti, ma anche li nativi, o pure oriundi, eziandio non habitanti, con ciò però che siano stati registrati, e li oriundi si intendono li particolari, li padri dei quali siano nati in detti luoghi, e li nepoti per avo paterno (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 3).
Nuove suppliche furono rivolte ai Savoia nel corso del Settecento per ottenere la conferma dei privilegi: 1705, 1709, 1772 e 1774 (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 13).
All’inizio del Settecento il consiglio della comunità di Traves ottenne l’autorizzazione per «provveder ad alcuni abusi consistenti in questo territorio» tramite l’emanazione di Bandi Campestri (Loi 2001-2002, pp. 86-91), che furono approvati dal Senato nel 1718. Dal loro contenuto si ricavano alcune norme molto diffuse nei villaggi dell’epoca, come il divieto di pascolare il bestiame nei terreni altrui, e altre invece più specificamente rispondenti alle caratteristiche del territorio di Traves, come il divieto di scavare gallerie nei terreni comuni per la ricerca di ferro o di assumere minatori non residenti a Traves. Il minerale ferroso e la sua lavorazione costituivano infatti un’importante fonte di reddito sia per la comunità sia per i suoi abitanti.
Tale situazione cambiò nel corso del Settecento, perché i Savoia incentivarono l’estrazione mineraria consentendo la costruzione di gallerie e lasciando ai feudatari la possibilità di subentrare nello sfruttamento delle miniere presenti nel feudo. Sarebbe stato questo uno dei motivi che spinsero Michele Rebuffo all’acquisto del feudo di Traves (Loi 2001-2002, pp. 86-91).
Nell’archivio comunale sono conservati i bandi campestri a partire dal 1667 (AC Traves, Archivio Storico, Bandi campestri, fald. 15, nn. 3-6). Tale materiale venne rielaborato nell’Ottocento con il Regolamento di polizia rurale del 1893-1894 (AC Traves, Archivio Storico, Regolamenti comunali, fald. 15, n. 8).
Catasti
Poiché la comunità di Traves ottenne solo all’inizio del Seicento l’autonomia da quella di Germagnano, la documentazione precedente deve essere cercata negli Archivi Storici del comune di Germagnano (cfr. il lemma ‘Comunità, origine, funzionamento’).
Nell’Archivio Storico del comune di Traves non si sono conservati catasti seicenteschi. Dai Registri degli atti insinuati si possono però ricavare alcune informazioni sui pagamenti della comunità, che erano solitamente ripartiti su documentazione catastale (AC Traves, Archivio Storico, Atti sottoposti all’insinuazione, fald. 20, nn. 1-3, [1731-1818]).
Le notizie relative ai catasti della comunità sono quindi indirette. Dall’atto di acquisto di beni e diritti dei signori Carroccio si ricava che tali beni erano registrati «nelli catasti della comunità» e «esso registro di tutto suo territorio» era stato appena rinnovato (AC Traves, Archivio Storico, Rapporti con i feudatari, fald. 15, fasc. 1). Nel documento si fa inoltre rifermento ad «antecedenti cattasti vecchi».
La documentazione fiscale conservatasi risale al Settecento con i Quinternetti esattoriali e i Ruoli dei contribuenti, continui dal 1741 (AC Traves, Archivio Storico, Quinternetti esattoriali e Ruoli delle imposte, faldd. 29-39).
Ordinati
I più antichi ordinati del comune di Traves risalgono al Settecento, ma la serie non è continua: 1723-1725; 1754-1767; 1792-1798; 1799; 1802-1807; 1814-1815. È conservata con continuità a partire dal 1817 (AC Traves, Archivio Storico, Atti deliberativi, faldd. 16-18).

 

Dipendenze nel Medioevo
Nei secoli centrali del Medioevo le Valli di Lanzo gravitavano su Mathi, come indica la terminologia più antica: «Vallis Amathegis» o «Mathigo» o «Matigasca» (Loi 2001-2002, pp. 9-12). Nel 1001 Ottone III confermò a Olderico Manfredi un terzo di «Matigo» e, forse, le Valli (MGH, Diplomata II, doc. 408, pp. 841-842). Nel 1026 Corrado II confermò a Bosone e Guidone, figli del marchese Arduino, la terza parte di «Matengum» (MGH, Diplomata IV, doc. 67, pp. 83-84). Nel 1004 la signoria di Lanzo sarebbe stata ceduta da re Arduino a un consortile locale (Loi 2001-2002, p. 14). Nell’area delle Valli di Lanzo vantava diritti anche il vescovo di Torino Landolfo (Loi 2001-2002, pp. 20-27).
Nel 1130 Amedeo III di Savoia avrebbe ottenuto il temporaneo controllo delle Valli di Lanzo, al punto da poter confermare alla Badia di San Salvatore le donazioni fatte dai presuli torinesi (Loi 2001-2002; pp. 20-27).
Nel 1159 Federico Barbarossa ricompensava il vescovo di Torino Carlo, suo alleato, confermando alla Chiesa torinese vari beni, fra i quali la «curtem de Matigo cum tota valle Mategasca, curtem de Lances» (MGH, Diplomata X, doc. 252, p. 51). L’ascesa del borgo di Lanzo avrebbe quindi sostituito Mathi come centro politico, militare e commerciale delle Valli.
Il 3 giugno 1163 Guiberto e Gualtieri, figli di Robaldo di Lanzo, cedettero a Guglielmo il Vecchio, marchese di Monferrato, i villaggi di Leinì e «Tulfo» con i diritti giurisdizionali (Caffù 2008). Sebbene la cessione riguardi località canavesane, l’atto testimonia comunque i legami fra l’élites signorile di Lanzo e il marchese di Monferrato. L’area delle Valli di Lanzo era quindi contesa fra il vescovo di Torino, il marchese di Monferrato e i conti di Savoia.
Nel 1219 il vescovo di Torino Giacomo I concesse ai «dominis de Lanzo» elencati e, in generale, ai componenti del consortile signorile di «tenere mercatum in Lanzo», trattenendo per la Chiesa torinese «terciam partem illius mercati et omnium proventum ipsius tam de iudicaturis et bampnis et curarie» e di ogni altro reddito legato al mercato (Le carte dello Archivio Capitolare di Torino, doc. 170, p. 179).
Negli anni successivi il controllo di Lanzo sarebbe passato ai Savoia: nel 1235 Amedeo IV otteneva l’investitura del feudo di Lanzo dal vescovo di Torino (Loi 2001-2002, pp. 20-27) e, in effetti, nella seconda metà del Duecento cessarono le rivendicazioni dei vescovi di Torino su Lanzo. Su Lanzo aveva però diritti anche il monastero di S. Mauro, perché papa Innocenzo IV intimò all’abate di non vendere «aliqua de bonis immobilibus que in districtu et dominio castri de Lanceo obtinetis» (Cartario della abazia di San Solutore, doc. 22, p. 308). Nel 1266 il marchese di Monferato giurò fedeltà al presule «specialiter» per il «castrum Lancei», che dichiarò di tenere dalla Chiesa torinese (Le carte dello Archivio Capitolare di Torino, doc. 275, pp. 292-293).
Nel 1272 fu Guglielmo VII, marchese di Monferrato, a concedere agli abitanti di Lanzo il diritto di fare il mercato (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 1). Dai Savoia il controllo di Lanzo era quindi passato ai marchesi di Monferrato. Nel 1286 i monaci di S. Mauro di Pulcherada concessero a Guglielmo VII in enfiteusi per 29 anni: «montanas et Alpes que sunt a Cruce de Rovet territorii Lancei supra usque ad summitates […] cum villis infrascriptis et ho minibus ipsarum, iuribus, racionibus et accionibus earumdem» (Cartario della abazia di San Solutore, doc. 26, p. 312). Il castello di Lanzo sarebbe tornato definitivamente ai Savoia nel 1296, in quanto parte della dote di Margherita, figlia di Amedeo V di Savoia, e sposa di Giovanni, marchese di Monferrato (Guasco 1911, p. 882; Loi 2001-2002, pp. 33-37).
L’atto che segnò la piena acquisizione dei diritti giurisdizionali da parte dei Savoia risale però al 1341, quando Aimone di Savoia permutò con il monastero di S. Mauro di Pulcherada alcuni beni fondiari in cambio dei diritti giurisdizionali su Lanzo, la valle d’Ala e quella di Cantoira (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 3). A questo atto seguì l’instaurarsi di nuovi rapporti fra Aimone e alcuni visconti di Baratonia, che ricevettero in feudo dal conte di Savoia quei beni che prima detenevano dal monastero (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, nn. 4-6).
Feudo
Nel 1533 il castello, il territorio e il mandamento di Lanzo furono investiti in feudo a Giacomo de’ Medici, marchese di Marignano, per la cifra di 4000 scudi (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 13; Guasco 1911, p. 882; Loi 2001-2002, pp. 46-47; Mola di Nomaglio, 2006, p. 619). Traves faceva allora parte del feudo di Lanzo. Il feudo rientrò in possesso dei Savoia nel 1545, dietro alla restituzione della somma versata per l’acquisto del feudo, alla quale si aggiunsero altri 600 scudi per i miglioramenti apportati (AST, Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, n. 14).
Nel 1577 il feudo di Lanzo, che comprendeva le Valli di Lanzo e del Tesso ma non la Valle di Viù, fu eretto in marchesato e concesso da Emanuele Filiberto a Filippo I d’Este (Mola di Nomaglio, 2006, p. 619). Nel 1624 la comunità pagava al marchese una taglia annua di 13 lire (AC Traves, Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14). I discendenti di Filippo I d’Este tennero il feudo fino agli anni Venti del Settecento, quando Vittorio Amedeo II lo riscattò indennizzando Sigismondo II d’Este.
Negli anni immediatamente successivi il marchesato di Lanzo fu smembrato in feudi di minori dimensioni, che furono venduti all’asta (Carpano 1931, p. 18). Nel 1724 l’avvocato Michele Rebuffo offrì la somma di 5500 lire ottenendo il feudo di Traves (Guasco 1911, p. 1674; Mola di Nomaglio, 2006, p. 619). L’atto precisava che al feudatario spettavano 18 lire e 5 soldi dalla comunità per l’estrazione del ferro e la bannalità dei mulini, di cui non era precisato l’importo (Loi 2001-2002, p. 92-94). Nel 1734 il conte Michele Rebuffo consegnò i beni del feudo, cui si aggiungevano gli affitti dei particolari,
col titolo e dignità comitale, mero et misto imperio, prima e seconda cognizione di tutte le cause civili, criminali e miste con autorità di elleggere li giudici, fiascali, segretari, campari, ed altri inservienti alla giustizia con la raggione delle pene, multe, emende e condanne, confische, segreteria civile e criminale con l’annualità di lire diciotto e soldi cinque, che paga la comunità per l’escavazione del minerale di ferro (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 370, foll. 49-50).
L’investitura fu rinnovata nel 1757 al figlio di Michele, Gaspare Francesco Rebuffo. Secondo Loi una delle principali fonti di guadagno dei conti non erano tanto i proventi del feudo, quanto le ricchezze del sottosuolo, perché i Rebuffo possedevano a Usseglio una fabbrica per la lavorazione del minerale estratto, che veniva poi trasportato in Svizzera e Germania (Loi 2001-2002, pp. 95-100).
Mutamenti di distrettuazione
All’interno dei domini sabaudi l’area della valle di Susa e delle Valli di Lanzo costituiva un balivato, «l’unico che i Savoia abbiano insediato di qua dai monti», indicato nella documentazione anche come «terra vetus» (Barbero 2002, pp. 11 e 24). Il balivato, che comprendeva 8 castellanie fra cui quella di Lanzo, aveva sede a Susa.
Nel Cinquecento i domini piemontesi furono suddivisi in 7 province: alla provincia denominata «Piemonte» con sede a Moncalieri fu attribuita l’area compresa fra Po e la Stura di Lanzo (Sturani 2001, p. 93 n. 10). Nonostante amministrativamente gravitassero su Torino, nel 1561 gli abitanti delle Valli di Lanzo supplicarono Emanuele Filiberto di scorporarli dalla prefettura di Ivrea, «per essersi troppo discomodo, più longa e trista strada, e molto pericolosa per le boschine e varie acque, e torrenti e ancora perché è necessario passar per le fini di molte terre del Stato di Monferrato» per essere giudicati a Torino (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 3). Tale supplica fu accolta.
A partire dal Seicento le province furono più volte ridefinite in numero e dimensioni. Nel 1622 Carlo Emanuele suddivise il Piemonte in 12 province: le Valli di Lanzo furono inserite nella provincia di Torino (Cozzo 2007, p. 201) e vi rimasero fino all’occupazione francese (Sturani 1995, p. 132). Nel corso del Settecento il numero delle province crebbe, raggiungendo la ventina, ma le Valli di Lanzo dovrebbero aver continuato a dipendere da Torino anche se la Stura di Lanzo (o lo spartiacque alpino) segnò il confine fra la provincia di Torino e quella di Susa (Sturani 2001, p. 118).
Nel 1799 le province settecentesche furono soppresse e sostituite dall’amministrazione francese con 4 dipartimenti: le Valli di Lanzo furono inserite nel dipartimento dell’Eridano, con capoluogo Torino (Sturani 2001, p. 105). Nel 1801 la trasformazione del Piemonte nella 27° Divisione militare francese non modificò l’appartenenza delle Valli di Lanzo alla prefettura di Torino, ma sancì la nascita del circondario di Lanzo, rivitalizzando centralità amministrative di antica origine (Sturani 2001, p. 108). Durante gli anni dell’occupazione francese infatti Lanzo divenne una sottoprefettura e poi capo cantone (Carpano 1931, p. 19).
Con la Restaurazione l’organizzazione amministrativa francese fu cancellata e sostituita, nel 1818, da 4 grandi divisioni al di sopra delle province con funzioni di coordinamento civile e militare: Lanzo, inserita nella provincia di Torino, faceva capo a Torino (Sturani 1995, p. 132). Nei decenni successivi il numero delle province diminuì parallelamente al loro ampliamento territoriale, tuttavia tali cambiamenti non ebbero grandi effetti per Traves che dipese stabilmente da Torino.
Dalla documentazione fiscale risulta che a metà Ottocento il villaggio di Traves era inserito nel mandamento di Ceres (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasti, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Traves). Nel 1927 i circondari e i mandamenti furono soppressi.
Mutamenti Territoriali
Il tardivo riconoscimento dell’autonomia comunale comportò la necessità di creare un territorio di pertinenza, che venne separato da quello di Germagnano (cfr. il lemma ‘Comunità, origine, funzionamento’). A occuparsi di tale incombenza fu nel 1624 il marchese d’Este, feudatario di entrambi i luoghi (cfr. il lemma ‘Feudo’). Alla comunità di Germagnano fu riconosciuto tutto il territorio a nord della Stura di Ala e a est della Stura di Viù, che proprio a Traves si congiungono. Ai Travesini spettò invece l’area compresa fra i due torrenti e quindi anche il versante orieltale del monte Calcante (AC Traves, Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14). Se in linea di principio fu scelto il letto dei torrenti per dividere i territori di Traves e Germagnano, più complessa fu l’assegnazione di alcuni terreni situati esattamente al confine, che furono inseriti nel territorio di Traves in cambio del pagamento di 4700 fiorini alla comunità di Germagnano, perché parte di tali beni erano stati attribuiti a Germagnano dopo una lite con Viù. Agli abitanti di Traves, che si trovavano ad abitare a ridosso della Stura di Viù, ossia forse i nuclei che avrebbero dato vita alla «borgata Tese» e alle «case Ticinelli», fu concesso il diritto di pascolare il bestiame anche al di là del fiume nel territorio di Germagnano (AST, Sezioni Riunite, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, distribuzione dei fogli di mappa e linea territoriale, Traves; Loi 2001-2002, pp. 70-73).
Altri terreni, invece, di proprietà del marchese di Lanzo, restarono comuni alle due comunità, che li usavano sia come pascolo sia per ricavarne legna, in cambio di un canone proporzionato all’estensione delle terre, che venne quantificato in 13 lire per Traves e in 37 lire per Germagnano (Loi 2001-2002, pp. 70-73). In particolare entrambe le comunità insistevano sull’area, in cui oggi sorge l’abitato di Funghera, che è nel territorio di Germagnano (Loi 2001-2002, Appendice doc. 1). Questa divisione non comportò lunghe liti con la comunità di Germagnano.
Nel 1709 il territorio comunale di Traves ammontava a 1133 giornate e 53 tavole (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasto, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Traves). Dalla documentazione relativa alla Perequazione generale del Piemonte risulta un contenzioso con Mezzenile per alcune giornate di beni comuni nella regione «della Bastia», che erano registrati a Traves, la cui estensione varia a seconda dei documenti fra 117,41 e 125,72 giornate (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, nn. 101-102).
Nel 1911 il territorio comunale era stimato in 9,631 kmq dai fratelli Milone (G. Milone, P. Milone 1911, p. 200). Qualche aggiustamento potrebbe essere avvenuto nel Novecento in seguito alla ricostruzione del comune di Pessinetto avvenuta nel 1934, dopo un’effimera unione con Mezzenile (si veda la scheda dedicata a Mezzenile). In quell’occasione il territorio di Pessinetto, il cui territorio nel Settecento era all’interno di quello Mezzenile e pertanto non confinava con Traves, acquisì tutto il territorio di Mezzenile al di là della Stura.
Comunanze
I primi beni comuni arrivarono alla comunità dalla spartizione delle proprietà comuni fra Germagnano e Traves (cfr. il lemma ‘Mutamenti territoriali’). Si trattava soprattutto di pascoli e boschi, affittati ai particolari per il pascolo del bestiame oppure per il taglio del legno (AC Traves, Archivio Storico, Beni comuni, fald. 20, fascc. 7-11 [1662-1700]). Agli abitanti di Germagnano che vivevano «nella reggione di Tessinelle» e a quelli di Castagnole e Colbertrano, borgate di Germagnano, fu concesso di pascolare il loro bestiame nella regione «alla costa d’aprile» che era stata attribuita al territorio di Traves (AC Traves, Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14; Loi 2001-2002, Appendice doc. 1).
Ai Travesini furono invece riconosciuti:
li beni comuni esistenti nel mezzo, ossia centro di fiume di Stura e del fiume d’acqua Chiara nominate Lunello, grande Andretto, Grofaliai, Travesai, Fenoglieri, Bellacomba, Lodaglia […], et le coste d’aprile coherente al fiume di Covere, la punta di Lunello, la punta di Calcante, la punta di Travesoai, la punta delle Scavoglieri, la punta di Bella Comba, la punta delle coste d’aprile, li particolari di Chiamperone, il fiume d’acqua Chiara, et li particolari di Traves, salve altre etcetera se vi fossero […]. Salva anche ragione alli particolari di puoter boschiare in detta regione nominata alle coste d’aprile, cioè dalla via per la quale si va da Traves in Viuso in giù, cioè dalla via in fuori, come anche di poter boschiare da sudetta via in sù et dette regioni di costa d’aprile pertanto come di estensione giornate cinque di misura vicine dette giornate a detta via et non di più, né altrimenti, perché così tra esse parti è stato convenuto transeguito, et accordato. Più hanno convenuto che li beni communi esistenti di qua dalla Stura, cioè dal luogo di Germgnano fino al rivo della Rivera di longo in Lanzo, et da detto fiume di Stura fino alla sommità del monte Vejcappo, et come anche tutti gli altri beni ivi adherenti massima verso la fontana Rossa Ressino, et siano communi tra gli uomini, et communità di Germagnano, Traves et villaggi predetti di maniera tale che li uomini d’esse communità et ivi abitanti possino pascolar, boschiar, e servirsi d’essi beni d’oggi an poi comunemente, et per indivisi, et caduna communità a rata di suo registro, assignati nelle divisioni per avanti fatte (Loi 2001-2002, Appendice doc. 1).
Qualche anno dopo, nel 1665, la comunità comprò dai signori Carroccio di Lanzo un secondo nucleo di beni o diritti da destinare all’uso collettivo, anche se tali beni non furono descritti (AC Traves, Archivio Storico, Rapporti con i feudatari, fald. 15, fasc. 1). Nel 1709 i beni comuni ammontavano a 583 giornate e 39 tavole (il territorio comunale misurava 1133 giornate e 52 tavole, 144 giornate e 63 tavole erano di proprietà della parrocchiale di S. Pietro: AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasto, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Traves). Di questi solo 147 giornate sono indicati come beni sfruttabili con profitto dalla comunità (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 370, fol. 111). Nel 1715 il segretario comunale indicò come beni immuni della comunità piccoli boschi di rovere nella regione della Costa e alcune «rocche» in montagna e dichiarò che si trattava di terreni incoltivabili e di «nessun reddito», usati per lo più come pascoli, probabilmente per limitare le richieste di denaro da parte del sovrano (AST, Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 320, fol. 311).
La comunità di Traves traeva inoltre importanti entrate, affittando lo sfruttamento delle miniere presenti nel territorio comunale. Nel 1672 fu stipulato un contratto d’affitto della durata di 4 anni con un privato, che si impegnò al pagamento di 50 lire l’anno (AC Traves, Archivio Storico, Beni comuni, fald. 20, fasc. 8, Beni comuni [1672-1775]). Le miniere sul monte Calcante, dalle quali si estraeva ferro, rame e nichel costituivano un’importantissima risorsa per la comunità e i suoi abitanti che le sfruttavano fin dal Medioevo. Dall’indagine svolta in occasione dello smembramento del marchesato di Lanzo si ricava che la comunità pagava annualmente 8 sestari d’avena e 2 lire al feudatario per poter estrarre i minerali. I Travesini avevano inoltre riscattato le «miniere di ferro in grana dette di Luneli, della Priascola e Hanes», dalle quali i particolari del luogo ricavano «tre o quattro mila salmate di ferro» all’anno (Mola di Nomaglio, 2006, p. 619).
Per difendere tali beni il comune avviò periodicamente la loro ricognizione, al fine di contestarne l’usurpazione da parte dei particolari (AC Traves, Archivio Storico, Beni comuni, fald. 20 fasc. 12 Misure di beni comunali usurpati [1726-1780]). L’atto fondamentale per la loro difesa fu la «misura, estimo ed allibramento dei beni comuni» del 1749, sulla quale ancora nell’Ottocento la comunità si basava per contestare le appropriazioni (AC Traves, Archivio Storico, Beni comuni, fald. 20, fasc. 15). La comunità procedette anche alla stesura dell’«indice alfabetico di tutti quei particolari che hanno appropriato beni sul comune di Traves prima della misura seguita nell’anno 1750 per mezzo del notario et agrimensore Gio Batta Tuppati, col loro nome, cognome e denominazione di ciascuna pezza si è come risulta dalla misura coll’indicazione della pagina, e delle tavole» (AC Traves, Archivio Storico, Beni comuni, fald. 20, fasc. 15). Dall’elenco si ricava che tali beni erano soprattutto pezze di arativo, prato, pascoli e bosco.
Nel 1863 i comuni di Germagnano e Traves procedettero all’amichevole divisione dei beni che ancora detenevano in comune, anche se non se ne conosce l’esito (AC Traves, Archivio Storico, fald. 22 fasc. 4)
Liti Territoriali
La comunità di Traves partecipò alle liti per la difesa del territorio comunale fin da quando faceva parte del comune di Germagnano. Ai Travesini fu infatti chiesto di contribuire economicamente alla lite, avviata prima della separazione, per un porto sul Stura conteso fra Germagnano e Viù (AC Traves, Archivio storico, fald. 20, Beni comuni, fasc. 14). Agli anni successivi invece risale la lite con Viù per la divisione di alcune montagne, in particolare per li regioni dette «la costa d’Aurile, Gran Merano, Bella Comba, Fenoglieri» e altre (AC Traves, Archivio Storico, fald. 22, fasc. 3).
Una lunga lite oppose anche le comunità di Traves e di Mezzenile. Iniziata nel Settecento la lite si potrasse oltre la sentenza del Tribunale di Torino del 1893, che attribuì al comune di Traves alcuni pascoli contesi con Mezzenile (si veda la scheda dedicata a Mezzenile).
Le comunità di Germagnano, prima della separazione da quella di Traves, e di Mezzenile si erano accordate sui diritti di pascolo e di bosco nelle aree denominate «Pessinetto di fuori, Mombresto, Ramondeti, Costra, Frutteri, Bioletto e Cresto», alcune delle quali sono nel territorio di Germagnano-Traves e altre in quello di Mezzenile (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102, cc. 33-34). In particolare fu riconosciuto «che fosse lecito in avvenire et in perpetuo alle borgate sudette di Mezenile di pascolare e boscheggiare sopra li comuni esistenti nel monte detto della Bastia» per la cui servitù i Mezzenilesi pagavano 3 emine di segale all’anno alla comunità di Germagnano. Agli abitanti delle borgate di Mezzenile era stata inoltre concessa la possibilità di appropriarsi al massimo di 3 giornate di detti beni, purché fossero registrate nel catasto di Germagnanano, oltre le quali sarebbero stati eccessivamente limitati i diritti comuni di pascolo e sfruttamento del bosco (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102). Il canone annuo fu poi sostituito da un censo unico di 200 fiorini. In seguito a tale accordo, i Mezzenilesi avevano probabilmente registrato a Mezzenile quei beni che avevano acquisito nel territorio di Traves costituendo così delle isole territoriali mezzenilesi all’interno del territorio di Traves.
La situazione precipità nella seconda metà dell’Ottocento, quando il comune di Mezzenile introdusse una tassa sui pascoli che solamente «pochi» Travesini pagarono.
La sentenza del Tribunale di Torino fu favorevole ai Travesini, perché dichiarò illegittima la pretesa della comunità di Mezzenile di «iscrivere sui propri ruoli della tassa pascolo sul monte Bastia i comunisti di Traves» (AC Mezzenile, Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 10 Liti comunità di Traves e altri contro la comunità di Mezzenile), in quanto «non compete» al comune di Mezenile «alcuna ragione territoriale sopra il tenimento comune» anche se fu concesso agli abitanti di Mezzenile e delle borgate di «continuare nel possesso, in cui sono, di pascolare e boscheggiare in detto tenimento e fare altri usi loro concessi» (AST, Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, n. 102). Nel 1914, su mozione della comunità di Traves, si giunse a una rettifica dei confini territoriali fra i comuni Traves, Germagnano e Mezzenile che non fu però accetta dai Mezzenilesi.
Inoltre gli abitanti della frazione Pugnetto, appartenente al territorio di Mezzenile, furono accusati di aver danneggiato il territorio di Traves con lavori di scavo per l’estrazione del ferro. I beni contesi erano quantificati in circa 20 giornate «fra prati, e rippe e boschi», dei quali usufruiscono gli abitanti di Pugnetto, benché non contribuissero al registro di Traves. Anzi, la comunità di Traves affittava metà dei boschi e l’altra metà l’assegnava gratuitamente ai capi famiglia in base alla quantità di beni registrati al fine di consentire il pascolo e lo sfruttamento delle risorse boschive (AC Traves, Archivio Storico, Atti di lite, fald. 21, fasc. 8)
Fonti
AA Torino (Archivio Arcivescovile di Torino):
visita pastorale del vescovo Beggiano (1674), 7/1/20, c. 43v;
visita pastorale del vescovo Roero (29 agosto 1752), 7/1/32 cc. 294-300;
visita pastorale del vescovo Fransoni (22 maggio 1843), 7/1/83 cc. 058-63;
AC Mezzenile (Archivio Storico del Comune di Mezzenile), Archivio Storico, sezione I, serie 2, Cause e liti, fald. 2, fasc. 10 Liti comunità di Traves e altri contro la comunità di Mezzenile.
AC Traves (Archivio Storico del Comune di Traves):
Inventario;
Archivio Storico, Rapporti con i feudatari, fald. 15, fasc. 1;
Archivio Storico, Bandi campestri, fald. 15, nn. 3-6;
Archivio Storico, Regolamenti comunali, fald. 15, n. 8;
Archivio Storico, Atti deliberativi, faldd. 16-18;
Archivio Storico, Atti sottoposti all’insinuazione, fald. 20, nn. 1-3 (1731-1818);
Archivio Storico, Beni comuni, fald. 20, fascc. 7-14 (1662-1700);
Archivio Storico, Misure di beni comunali usurpati, fald. 20 fasc. 12 (1726-1780);
Archivio Storico, Atti di lite, fald. 21, fasc. 8;
Archivio Storico, fald. 22 fascc. 3-4;
Archivio Storico, Quinternetti esattoriali e Ruoli delle imposte, faldd. 29-39;
Archivio Storico, Scuole, fald. 59, fasc. 2;
Archivio Storico, fald. 60, Lavori pubblici, fasc. 9.
AST (Archivio di Stato di Torino):
Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di Ricerca, mazzo38, fasc.16; mazzo 57, fasc. 12; mazzo 78, fasc. 12;
Corte, Paesi, Paesi per A e B, L, mazzo 3, fasc. 1, 3, 13;
Corte, Paesi, Paesi per A e B, T, mazzo 25, fascc. 1-2;
Corte, Paesi, Torino, mazzo 16, fasc. 3, Lanzo e Valle, nn. 1, 4-6, 10, 13-14;
Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Catasto, Catasto sabaudo, Allegato I, Libri misure generali, Circondario di Torino, mandamento di Ceres, Traves;
Sezioni Riunite, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, distribuzione dei fogli di mappa e linea territoriale, Traves;
Sezioni Riunite, Prefettura di Torino, Atti amministrativi, Versamento 2001, Culti, Traves;
Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Consegne diverse, art. 531, par. 1, Consegne di bocche umane e del bestiame per la levata del sale, mazzo 30, fasc. 22; par. 3, Consegne delle terre del Piemonte 1601;
Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Piemonte, Feudalità, Consegnamenti, art. 737, par. 1, mazzo 370, foll. 49-50; mazzo 320, fol. 311;
Sezioni Riunite, Ufficio generale delle Finanze, II archiviazione, Perequazione generale del Piemonte, capo 21, nn. 101-102.
Bibliografia
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Sturani M.L., Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di geografia amministrativa, a cura di Ead., Alessandria 2001, pp. 89-118.
Descrizione Comune

Traves

     Le notizie relative alla storia di Traves e della sua comunità sono piuttosto scarse. Questa situazione è aggravata dalla tardiva nascita della comunità, formalizzata solo all’inizio del secolo XVII. Nei secoli precedenti coloro che vivevano nell’attuale territorio comunale di Traves si dovevano recare a Germagnano per le principali funzioni civili e a Mezzenile per quelle religiose. Nei secoli medievali era invece probabilmente Lanzo Torinese a svolgere queste funzioni.
     La documentazione è quindi piuttosto tarda ed è giunta in modo molto parziale. Agli eventi fortuiti si sono aggiunti interventi mirati che hanno portato alla perdita di parte del materiale conservato negli archivi della comunità, perché non è casuale che oggi a Traves manchino tutti i catasti più antichi, attestati nella documentazione coeva, come non è casuale la situazione di Mezzenile, dove a essere andate perse sono le deliberazioni del consiglio comunale anteriori all’Ottocento. Tali iniziative, di cui non è stato possibile individuare le modalità, non impediscono però di delineare le linee di formazione del territorio di Traves e della sua comunità.
Nell’Ottocento le risorse del territorio erano, oltre a qualche trota pescata nella Stura, la segale prodotta però «in poca quantità», castagne, noci, patate, pere e mele (Casalis 1853, p. 226). L’agricoltura era infatti sfavorita dalle condizioni climatiche e dalla conformazione del terreno, che non si prestava all’uso di animali nei lavori agricoli. Ai prodotti della terra si aggiungeva un po’ di artigianato, perché «pressoché in tutte le case di Traves si fabbricano chiodetti, che si vendono nei mercati di Lanzo e nella capitale» (Casalis 1853, p. 226). I Travesini lavoravano in proprio parte del minerale che estraevano nel territorio comunale oppure nelle fonderie attive a Mezzinile, Pessinetto, Ala di Stura e proprio a Traves, come testimonia il canale delle fucine attestato nelle mappe del catasto Rabbini (AST, Sezioni Riunite, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, distribuzione dei fogli di mappa e linea territoriale, Traves; Carpano 1931, p. 35). Si producevano soprattutto chiodi e ferri di cavallo, chiodi per l’edilizia e per scarponi. Ancora alla fine dell’Ottocento si chiesero vari permessi per nuove gallerie minerarie sul monte Calcante fra i territori di Mezzenile e Traves alla ricerca di rame, nichel e cobalto (AST, Corte, Distretto minerario del Piemonte, I versamento, Miniere, Permessi di Ricerca, mazzo38, fasc.16; mazzo 57, fasc. 12; mazzo 78, fasc. 12). Localmente si lavoravano anche la lana, il cuoio, la carta e la seta destinate ad alimentare i centri produttivi canavesani (Carpano 1931, p. 37).
La linea ferroviaria che unisce Torino alle Valli di Lanzo fu inaugurata nel 1869 fino a Cirié, prolungata fino a Lanzo nel 1876 e a Ceres nel 1916 e 4 anni dopo elettrificata (Carpano 1931, pp. 38 e 103). La precocità con cui tale progetto fu realizzato testimonia l’importanza delle Valli e la loro integrazione nell’economia piemontese.
L’allevamento di ovini, bovini e caprini era invece sviluppato, soprattutto in montagna. D’estate dalle borgate di Traves o dalla pianura il bestiame veniva portato a pascolare in montagna. Le «muande» erano le prime abitazioni a essere occupate in primavera.
Hanno ancora alberi fruttiferi, campi di patate e pascoli irrigui e talora anche il fienile. I gias e alp sono sopra le muande, e generalmente al disopra del limite del bosco. Le une e gli altri sono costruiti di pietra con muri a secco e constano di tre edifici unito o isolati: uno per abitazione umana, la ciavanna; uno per il bestiame, il port; uno per il latte, il veilin. Talora ve n’ha ancora uno per i formaggi, la crota (Carpano 1931, p. 27).
Nel Novecento la popolazione di Traves iniziò a calare. Lo sviluppo del turismo invernale legato al boom economico degli anni Cinquanta limitò temporaneamente l’emigrazione, offrendo nuove opportunità di lavoro ai Travesini, ma non arrestò il fenomeno. Fra il 1951 e il 1991 la popolazione decrebbe da più di 700 abitanti a circa 500 (http://www.tuttitalia.it/piemonte/81-traves/statistiche/censimenti-popolazione/).