Treville

Anno Compilazione2002
Provincia

Alessandria

Area storica
Abitanti

296 [censimento 1991]; 287 [dati comunali 1999].

Estensione

467 ha. [ISTAT]; 440 ha. [SITA].

Confini
Cereseto, Ozzano Monferrato, Sala Monferrato.
Frazioni
Secondo i dati del censimento del 1991, circa il 64  per cento degli abitanti (188) risiede nel centro che dà nome al comune. Il restante della popolazione si distribuisce fra i nuclei di Bettola Nuova e Cascina Solito (29 abitanti) o tra le “case sparse” (79 abitanti). Nelle fonti relative ai secoli XVI-XIX figura un numero assai più folto di “contrade” o “cantoni”, collegati da un fitto reticolo di strade vicinali che si aprono sulle direttrici che conducono a importanti centri di mercato e di transito, quali Moncalvo, Pontestura e Trino [Spina 1994, pp. 76-77 e 152; A.C.T., I sezione, n. 74, Strade e ponti; II sezione, Categoria X, Lavori pubblici, I, Strade e piazze]. Vedi mappa.
Toponimo storico
Trivilla, forma che compare per la prima volta nel 1202, nell’atto di infeudazione del luogo ad Anselmo Musso da Paciliano, da parte del marchese Bonifacio I di Monferrato [Spina 1994, p. 20].
Diocesi
Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando venne inclusa nella nuova circoscrizione diocesana. 
Pieve
San Cassiano di Cereseto [cfr. infra A.R.M.O.; Cognasso 1929].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Le quattro rationes decimarum  relative alla diocesi di Vercelli compilate negli anni 1299, 1348, 1360 e 1440 menzionano una chiesa a Treville e una chiesa ad Arliate [per quest’ultima località, vd. Luoghi scomparsi]. Le rispettive dedicazioni, riportate soltanto nei due elenchi trecenteschi, sono a Sant’Ambrogio e a San Quirico [A.R.M.O., XVIII, p. 37; XXXIV, pp. 111-112; CIX, p. 236; Cognasso 1929, pp. 226-227].
     Con la dissoluzione del sistema plebano, entrambe le chiese funzionarono per un certo tempo come parrocchie, finché la chiesa di Arliate, privata dalle vicende del popolamento del complesso insediativo circostante, decadde a semplice chiesa campestre, mentre la chiesa di Sant’Ambrogio acquisiva il titolo di pievania. Tale processo, iniziato probabilmente attorno alla metà del secolo XV, risulta pienamente compiuto alla fine del secolo successivo, all’epoca della visita pastorale del vescovo Marcantonio Gonzaga (1590).
     La cancellazione definitiva della chiesa di San Quirico dal panorama cultuale trevillese avvenne però soltanto nell’età contemporanea, quando fu sancita dalla traslazione e aggregazione alla parrocchiale di Sant’Ambrogio del titolo dell’antica chiesa. In effetti, fino alla metà dell’Ottocento, la chiesa di San Quirico continuò a rappresentare un punto di riferimento essenziale per la vita religiosa di Treville. Oltre che a svolgere una permanente funzione di chiesa cimiteriale, ancora verso il 1830, il luogo veniva officiato nel giorno del santo titolare e in occasione della Pentecoste, ossia in una ricorrenza dalle forti valenze integrative [Spina 1994, pp. 20-24]. L’associazione particolare con tale momento liturgico e la prossimità di alcuni terreni (controllati, almeno nel secolo XVIII, dal consiglio comunitativo) che vengono indicati nelle fonti comunali come “beni di Santo Spirito” ne fanno una possibile sede di “confraria” [A.C.T., I sezione, n. 3, Convocati, ordinati e deliberamenti (1615-1706), convocato 9 agosto 1678; A.C.T., I sezione, n. 37, Terreni, f. 13, Affittamento della vigna di Santo Spirito nella contrada del Baione (1797-1799)].
     La robusta e durevole vitalità simbolica della chiesa campestre trova un contrappunto nella modestia del profilo cerimoniale mantenuto dalla chiesa parrocchiale sostanzialmente fino al secolo XVIII.
     Gli atti delle visite pastorali compiute dai vescovi casalesi nel corso della prima età moderna segnalano in effetti a più riprese, accanto a una virtuale assenza di benefici d’altare, l’essenzialità e talvolta l’insufficienza dell’arredo liturgico. Colpisce in particolare i visitatatori, senza che pervengano a mutarlo, lo stile disadorno che circonda la funzione battesimale, ossia precisamente una prerogativa peculiare della parrocchia. Ancora alla metà del secolo XVIII, la chiesa di Sant’Ambrogio non figura del resto tra le parrocchie monferrine meglio fornite di propri beni fondiari e di redditi (anche se un lascito abbastanza cospicuo, risalente all’epoca della peste del 1630, ha in parte corretto una ancora più precaria situazione precedente). La vecchia parrocchiale, quasi giustapposta, nella sua ubicazione, alla residenza fortificata dei signori e alla loro cappella privata (di probabile origine quattrocentesca), sembra  caratterizzarsi a lungo prevalentemente come luogo di sepolture comuni [Spina 1994, pp. 29-34; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzi 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); 37, Relazione generale dell'operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24  giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729), cc. 86v-87v; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale, tabb. 1-2 e testo corrispondente].
     La sua ricostruzione in altro sito nel 1772-1782, promossa da una vasta mobilitazione comunitaria, indica tuttavia che nuove strategie di investimento cerimoniale hanno da qualche tempo cominciato a indirizzarsi verso la parrocchia. La contesa sull’assegnazione dei banchi che subito si accende all’indomani della consacrazione del nuovo edificio costituisce un esempio particolarmente eloquente dell’apertura dello spazio della parrocchia alla competizione per il prestigio locale [Spina 1994, pp. 34-42; A.C.T., I sezione, n. 60, Affari di culto, fasc. 1, Costruzione della nuova chiesa parrocchiale (1769-1797); fasc. 2, Distribuzione dei banchi nella nuova chiesa parrocchiale, con decreto di Giuseppe Luigi Avogadro, vescovo di Casale (1782)]. Ma già nella prima metà del Settecento non mancano i segni di una riconfigurazione, più dinamica e conflittuale, della scena parrocchiale, ad esempio, nel crescente attivismo devozionale della compagnia del Santissimo Sacramento, segnato da una lunga lite con il pievano attorno al possesso dei proventi di un ingente legato pio [Spina 1994, pp. 75-76; A.C.T., I sezione, n. 60, Affari di culto, fasc. 6, Confraternita del Santissimo Sacramento. Atti della lite contro il pievano di Treville Giovanni Bernardo Bosio per l’eredità Giuseppe Stura (1734-1779)].
     Accanto alla parrocchiale e alla chiesa di San Quirico, nel territorio di Treville si possono individuare altre tre presenze ecclesiastiche decentrate di un certo rilievo: la chiesa di San Bernardo, attestata per l’ultima volta negli atti della visita pastorale svoltasi nel 1577; la chiesa di Santa  Caterina, non più menzionata dal 1830; la piccola chiesa di San Giacomo, già citata nelle visite pastorali del secolo XVI e tuttora esistente, ai piedi della sommità su cui sorge la parrocchiale. La chiesa di Santa  Caterina, quasi diruta alla fine del secolo XVI , fu ricostruita intorno al 1675. In quanto stazione principale nella processione delle Rogazioni, costituiva evidentemente un importante punto di riferimento per l’identificazione dei confini comunali [Spina 1994, pp. 42-44].
     Tra i sodalizi religiosi presenti nell’età moderna (accanto alla “confraternita” dello Spirito Santo, ai disciplinanti della confraternita del Crocifisso e alla compagnia del Rosario) emerge la compagnia del Santissimo Sacramento. Essa, già attiva nel secolo XVI nell’accompagnamento del viatico agli infermi (uno dei compiti caratteristici della compagnia) e nel secolo successivo presente ad esempio attraverso la concessione di prestiti alla comunità e la gestione (sotto la sovrintendenza di delegati scelti dal consiglio comunitativo) di una distribuzione pentecostale di pane “a tutti li huomini et persone che andranno a pigliar detta elemosina”, assunse come si è detto particolare visibilità cerimoniale nel corso del XVIII secolo e nella prima metà dell’Ottocento, quando si insediò nella chiesa di San Giacomo [Spina 1994, pp. 12-113 e 147; Treville, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia. Sito web (2013)].
Assetto Insediativo
Numerosi indizi nelle fonti dell’età moderna inducono a ritenere che l’attuale assetto insediativo di Treville sia notevolmente più concentrato che in passato. Tra i secoli XVI-XIX, il territorio di Treville dovette presentare una configurazione marcatamente “cantonale”, favorita, da un lato, dalle sue principali caratteristiche morfologiche e produttive (segnate dalla viticoltura in terreni collinari, occupante tra il 50  per cento e il 60  per cento della superficie agricola comunale, secondo valutazioni settecentesche), dall’altro, dalla debolezza o dal venir meno di una pressione signorile verso l’accentramento all’ombra della protezione del castello
 . Mentre, nell’età moderna, il dominio signorile mostra una strutturale inadeguatezza a orientare significativamente i processi di costruzione del territorio (per esempio, non possiede diritti di esazione sui transiti e si segnala per la debolezza del suo radicamento patrimoniale, con la virtuale assenza di proprietà immuni), risulta invece essenziale la cooperazione dei diversi nuclei insediativi attorno al mantenimento dei flussi di comunicazione interni ed esterni, rinsaldata da periodiche aggregazioni rituali, di carattere processionale o attorno a centri cultuali collocati in posizioni che ci appaiono indubbiamente strategiche.
     Il duplice valore integrativo della fitta maglia delle strade, documentata, in particolare, nelle fonti sette-ottocentesche, si esercita infatti sia verso l’interno, cioè come connettivo tra i numerosi nuclei insediativi e case sparse compresi entro i confini comunali, sia verso l’esterno, come modalità d’inserzione dell’economia locale a forte vocazione esportatrice nei circuiti commerciali regionali (fonti della metà del secolo XVIII segnalano un’esportazione di oltre il 60  per cento della produzione vinicola locale e per contro una forte dipendenza dall’esterno per quanto riguarda l’approvvigionamento di cereali) [A.S.T., Camerale, I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 1, fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tabb. 4, 8-9 e 11; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 309r-310v]. Che quest’ultima funzione si avvalga di tracciati costruiti attraverso un calibrato processo di adattamento alle concrete caratteristiche politiche delle aree circostanti (basti pensare alla trama dei dazi e dei pedaggi che nel Monferrato di antico regime costitutiva spesso l’ossatura del controllo territoriale perseguito dai maggiori poteri signorili) è rivelato, per esempio, dalla resistenza opposta dall’amministrazione comunale ai progetti governativi di costruzione di un più rettilineo asse stradale Moncalvo-Pontestura avanzati nel tardo Settecento, e dalla difesa del più tortuoso, ma collaudato, tracciato originario [Spina 1994, pp. 76-77].
Luoghi Scomparsi
Arliate, insediamento sorto a settentrione di Treville, sulle alture che sovrastano l’odierna strada da Ozzano alla valle Cerrina, probabilmente in corrispondenza dell’attuale regione Crosia. Il luogo, sul quale sorse in età romanica la chiesa di San Quirico (conservatasi fino ai nostri giorni), è documentato come Arliato o Arriliato (abl.) nelle rationes decimarum vercellesi dei secoli XIII-XIV. Non sono note l’epoca della fondazione dell’insediamento e quella del suo abbandono, benché quest’ultimo sia certamente avvenuto prima del XVI secolo [Spina 1994, pp. 20-21].
Comunità, origine, funzionamento
Come documentano i suoi statuti, tra i più precoci del Basso Monferrato, Treville appare dotata di compiute istituzioni comunali alle soglie del secolo XIV. Gli statuti tendono visibilmente a sottolineare la dipendenza diretta della res publica comunale dal principe e dal potere giurisdizionale dei consoli. A questi ultimi sono attribuiti in primo luogo l’esclusivo possesso dei bandi campestri, dal quale viene esplicitamente esclusa ogni possibilità di interferenza da parte del podestà o castellano (cap. 2), la nomina di campari (capp. 14, 65, 70-72) e la facoltà d’imporre bandi “civili” (capp. 57 e 59). Inoltre, si prevede che in manibus consuluum il podestà presti giuramento agli “statuti e ordinamenti” del luogo, all’atto del suo insediamento (cap. 1).
     Alcune norme aggiunte nel 1495 sembrano voler ulteriormente imbrigliare l’autorità podestarile e rafforzare l’autonomia politica del consiglio della comunità. Anzitutto, viene  riservata ai consoli l’esecuzione dei bandi emessi dal podestà e da qualsiasi altra autorità avente giurisdizione sul territorio del comune. Ma, soprattutto, si stabilisce l’obbligo, per lo stesso podestà, del giuramento nelle mani dei consoli per autenticare ogni singola incriminazione pronunciata, pena la nullità del bando emesso (cap. 104). Si tratta di una procedura che sottopone il potere di perseguire i rei da parte del giusdicente di nomina signorile alle stesse condizioni di legittimità che valgono per le accuse mosse da privati, a proposito di azioni che non li hanno danneggiati personalmente (cap. 23), una restrizione che invece non colpisce le accuse mosse dai campari ai violatori dei bandi campestri (cap. 14).
     Inoltre, nel campo della procedura civile, una nuova norma prescrive al podestà di rimettere le cause tra abitanti di Treville, soprattutto se affines, all’arbitrato di boni viri, qualora una delle due parti lo richieda (cap. 101). Infine gli statuti, nella versione del 1495, stabiliscono che le riunioni e le deliberazioni del consiglio della comunità possano svolgersi senza il permesso del podestà, al quale vietano inoltre di intervenirvi (cap. 105) [Calleri 1901, in particolare: pp. 16-18, 24-27, 33-34].
Statuti
Gli Statuta et ordinamenta loci Trevillae, composti di 100 capitoli, risalgono al 1303. Furono integrati da 11 nuovi capitoli nel 1495 e più volte confermati nel corso dei secoli XVI e XVII dai marchesi, poi duchi, del Monferrato. Pare che attorno all’ultimo decennio del secolo XIX , l’archivio comunale ne custodisse ancora una copia redatta a fine secolo XV [Spina 1994, pp. 46, 53]. Oggi lo stesso archivio conserva due trascrizioni della versione del 1495 effettuate alla fine del XVII secolo dal segretario ducale Giacomo Giacinto Saletta, che sono alla base dell’edizione pubblicata nel 1901 [A.C.T., I sezione, n. 1, Statuti; Calleri 1901]. Statuto comunale 2001. Vedi testo.
Catasti
Per tutta l’età moderna la comunità non possedette un vero e proprio catasto corredato di mappa. Almeno a partire dalla metà del XVII secolo, si approntarono tuttavia a più riprese “consegnamenti” dei beni fondiari e si annotarono i mutamenti di proprietà (nei “libri dei trasporti” o “di trasporto”). I consegnamenti consistevano nella denuncia da parte di ogni singolo proprietario degli appezzamenti posseduti (descritti secondo localizzazione, destinazione colturale, estensione e confini) e nell’attribuzione a ciascuno di essi di una determinata quota d’estimo espressa in moneta esattoriale o “di registro”.
     Le più antiche unità archivistiche conservate nell’archivio storico comunale contenenti documentazione di tipo catastale sono costituite da registri dei consegnamenti e dei mutamenti di proprietà che risalgono ad anni compresi tra il 1652 e il 1813, oltre che da “vacchette ed estimi territoriali” compilati fra il 1675 e il 1743 [A.C.T., Sezione Catasto, Consignamenta, nn. 207-209; Estimi catastali, nn. 210-211; Ufficio del catastaro, nn. 229-230].
     A Treville, il criterio ispiratore dell’estimo era quello, assai diffuso nel Monferrato, dei “circoli”, che prescindeva in genere da una valutazione puntuale della produttività, spesso assai diversa, dei terreni compresi in ognuna delle fasce circolari (sette, a Treville) in cui il sistema portava a suddividere la superficie agricola comunale. Quanto ai fabbricati, la consuetudine invalsa qui come in altri luoghi (e, del resto, in armonia con le disposizioni dell’editto di perequazione del 1731) era di allibrare soltanto le “case e cascine disperse per il territorio”, lasciando esenti da tassazione fondiaria “le case e i siti dell’abitato” [A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 309r-310v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/1789); I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/ 1769)].
Ordinati
Conservati per i periodi: 1499-1556 (in maniera discontinua e frammisti a lettere e provvedimenti marchionali), 1615-1698, 1707-1739, 1743-1798 e dal 1814 in poi [A.C.T., I sezione, nn. 2-4, Convocati, ordinati e deliberamenti].
Dipendenze nel Medioevo
E’ possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, Treville e buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato facessero parte della “iudiciaria torrensis”, un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del X secolo, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli [Settia 1983, pp. 11-53]. A Treville, gli Aleramici trovavano un potenziale antagonista nella chiesa vercellese, ma, in ogni caso, dall’inizio del secolo XIII il luogo appare stabilmente soggetto al loro dominio [Spina 1994, p. 19].
Feudo
Treville risulta infeudata nel secolo XIII ai Musso, signori di Paciliano. Nel secolo XV appartenne ai Colombo, signori di Cuccaro. Devoluta nel 1435 al medico marchionale Giacomino di Biandrate, rimase ai suoi discendenti fino al 1536, quando ne furono privati per fellonia nei confronti dei nuovi principi Gonzaga. Il feudo fu allora assegnato con titolo comitale ai mantovani Strozzi, i quali, alla fine del secolo lo alienarono agli Amorotto Andreasi da Grado, anch’essi gentiluomini mantovani. Nel 1699, questi ultimi vendettero a loro volta il feudo a un esponente della famiglia patrizia casalese Gozzani, di origini mercantili e in seguito affermatasi nelle magistrature ducali. Nel 1652 la contea di Treville era stata elevata alla dignità di marchesato  [Guasco 1911, p. 1678; Spina 1994, pp. 25-26; A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753), tab. 1 e testo corrispondente; A.S.T., Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s. d., ma attorno al 1710); sulle strategie professionali e sociali dei Gozzani cfr. Raviola 2001, pp. 457-458].
Mutamenti di distrettuazione
Appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto amministrativo era classificato fra le terre dello stato “al di qua del Tanaro” o “Monferrato fra Po e Tanaro” e direttamente ricadenti nell’area di gravitazione della città di Casale.
     Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708, entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Sturani 1995].
     Entro la maglia amministrativa francese, Treville seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Treville non mutò fino alla Restaurazione [Sturani 2001; A.N., Paris F2 I 863 (Montenotte)]. Vedi mappa.
     Dopo la parentesi napoleonica, Treville rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 [Sturani 1995].
Mutamenti Territoriali
Non sono attestati mutamenti territoriali di rilievo. Una proposta governativa di aggregazione al comune di Ozzano, avanzata nel 1867, fu recisamente respinta dal consiglio comunale e rimase inattuata [Spina 1994, pp. 85-86].
Comunanze
Nella seconda metà del secolo XVIII, le terre possedute dalla comunità ammontavano approssimativamente al 2,5  per cento del territorio comunale. Si trattava per quasi due terzi di bosco ceduo e per circa un terzo d’incolti utilizzati per il pascolo. Esistevano tuttavia anche alcuni appezzamenti di “vigna arativa” o “terra coltiva e vignata”, situati nelle contrade Paesana e Baione (in quest’ultima regione si segnalano in particolare vigne e campi di Santo Spirito), abitualmente affittati per periodi pluriennali, tramite pubblico incanto. Anche alcuni appezzamenti d’incolto venivano concessi in affitto a privati, mediante la stessa procedua dell’asta pubblica.
     I boschi comuni erano distribuiti in diverse contrade collinari. Il taglio si svolgeva secondo un ciclo di dieci anni e ogni anno fruttava circa 1000 “pezzi” di legna “minuta” (cioè legna da ardere o utilizzabile per i sostegni necessari alle viti). Se ne calcolava un reddito monetario medio di £20 all’anno. I boschi vengono descritti come “sterili d’erba” e in essi non si permetteva agli abitanti di “boscheggiare”, ossia “roncare” e pascolare i propri animali [A.C.T., I sezione, n. 37, Boschi e foreste, fascc. 8-9; Terreni, fasc. 13; A.S.T., Camerale, II archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 309r-310v; Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/1789); I archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769)].
    A partire dagli anni a ridosso della metà del secolo XIX, si assiste dapprima a un processo di dissodamento dei terreni boschivi (1841-1851), quindi a una progressiva alienazione degli incolti e dei siti di strade abbandonate, che sembra compiersi sostanzialmente fra il 1852 e il 1889. Ancora alla fine del secolo si affittavano invece appezzamenti di aratorio e di “terreno vignato”; nel 1990 il territorio gravato  da usi civici è calcolato in ha. 8, 16 ca.  [A.C.T., I sezione, n. 37, Boschi e foreste, fasc. 11; Terreni, fascc. 15-17 e 20; n. 38, Terreni; n. 39, Terreni, fascc. 1-6; C.U.C.].
Liti Territoriali
Non si segnalano liti territoriali. Quando, negli anni Ottanta del secolo XIX, sorsero alcune questioni relative alla linea di confine con Ozzano, esse vennero definite per via amichevole tra i due comuni [A.C.T., I sezione, n. 20, Confini territoriali, fasc. 1, Confine territoriale fra Treville e Ozzano. Carteggio (1881-1882); fasc. 2, Mappa territoriale (1881-1886)].
Fonti
A.B.P.T. (Archivio della Biblioteca della Provincia di Torino).
A.B.P.T., Documenti storici Monferrato, I, 1, 9, Raggionamento sopra l’antiche strade militari del Monferrato fatto dal C.F.M. di Casale già A.P. di questo D. [secolo XVIII], ms.
A.C.T. (Archivio Storico del Comune di Treville)
A.C.T. , I sezione, n. 1, Statuti; nn. 2-4, Convocati, ordinati e deliberamenti; n. 20, Confini territoriali; n. 37, Boschi e foreste; Terreni; n. 60, Affari di culto; n. 74, Strade e ponti; II sezione Categoria X, Lavori pubblici, I, Strade e piazze; Sezione Catasto, Consignamenta; Estimi catastali; Ufficio del catastaro.
A.N.P. (Archives Nationales, Paris). Vedi inventario.
A.N.P. (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863   [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune   d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII    (1804).
A.R.M.O. (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris).
A.S.A. (Archivio di Stato di Alessandria). Vedi inventario.
A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite, Mazzo 135, Treville Comune contro Capitolo di Santa Maria di Piazza, Casale (1680); Mazzo 206, Treville Comune contro Convento di Santa Croce in Casale (1719). Si tratta di cause riguardanti il regime fiscale dei beni posseduti nel territorio di Treville dai due enti ecclesiastici casalesi: il capitolo della collegiata di Santa  Maria di Piazza e il convento degli agostiniani di Santa Croce; Mazzo 153, Treville, Agenti del Comune, Ricorso 1695: ricorso per ottenere il rimborso delle spese subite a causa degli “alloggiamenti” imposti dalle truppe imperiali occupanti durante la guerra della Lega d’Augusta.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Dipartimenti, Mazzo 1, "DÉPARTEMENT / DE / MARENGO / Divise en 3 Arrondisemens / et en 31 Cantons." Carte dei dipartimenti della Dora (n.1), di Marengo (n. 2, 2 bis), del Po (n. 3), della Sesia (n. 4), delle Alpi Marittime (n. 5, 5 bis). Note : In alto: "N.° 101.", "ATLAS NATIONAL DE FRANCE", s.d., [Autore incisioni: P.A.F. Tardieu; autore edizione: P.G. Chanlaire]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Po, Mazzo 1,"LE / COURS / DU PO / DEDIÉ AU ROY / Par son tres humble, tres obeissant / et tres fidele Serviteur et Sujet, le / P. PLACIDE Augustin Dechaussé, et / Geographe Ordinaire de sa Majesté". Carta Corografica in stampa del Corso del Fiume Po delineata e dedicata a S.M- Cristianissima dal P. Placido Agostiniano scalzo nel 1734. Sulla Scala di 1/253.600 (Note: La carta è formata da 5 fogli giustapposti. Il 1° reca l'indicazione "A PARIS 1704"; il 3° e il 4° sono datati 1703; sul 1° e sul 5° foglio è riportata la data di concessione del privilegio reale, rinnovato per 15 anni nel 1734. Cfr. anche Carte Topografiche Segrete, PO 29 E IV ROSSO, 1703-1734 (ma vd. Note) [Autore disegno originale: P. Placide; Autore incisioni: Berey; Autore edizione: "A PARIS / Chez les Augustins pres la Place des Victoires"]. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Paesi, Ducato del Monferrato, Mazzo 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarede (s. d., ma attorno al 1710); n. 28, Memorie diverse riguardanti le debiture del Monferrato e le alienazioni cadenti sovra l'ordinario (1770).
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, T, Mazzo 25 bis, Treville.
A.S.T., Corte, Monferrato, Materie economiche, Mazzo 18, n. 19: M.A. Tartaglione, Calcolo delle città, terre, anime e moggia de’ terreni del ducato di Monferrato  [inizi del secolo XVII], ms.
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 1, fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); n. 24, Casale. Stato delle liti attive e passive delle comunità (1757).
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s. d., ma 1760/1769).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 309r-310v.
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia  di Casale (s. d., ma dopo il 1782).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/ 1789).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 18, Comunità della Provincia di Casale che  affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s. d., ma 1786).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24  giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale (1753).
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5042), Estats du duc de Savoye ...sous le nom de Piémont...le duché de Montferrat.... par le Sr Sanson d'Abbeville, chez Pierre Mariette (Paris), 1665 [Sanson, Nicolas (1600-1667). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
Saletta 1711 (A.S.T., Corte, Monferrato Ducato, ultima addizione: Giacomo Giacinto Saletta, Ducato del Monferrato descritto, 1711, 7 tomi ms.).
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Raviola, Blythe Alice, Il Monferrato gonzaghesco: istituzioni ed élites di un “micro-stato” (1536-1708), tesi di dottorato in Storia della società europea in età moderna, Università degli Studi di Torino, 1998-2001, coord. L. Allegra, tutor G. Ricuperati.
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Treville, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese Arte e Storia (2013). Vedi testo.
Descrizione Comune

Treville

          Le dominazioni feudali che si succedettero a Treville dal secolo XV alla vigilia del XVIII non furono caratterizzate dalla intraprendenza politica che ritroviamo in altre formazioni signorili monferrine. A partire dal 1536, i signori di Treville, esponenti dell’aristocrazia di corte mantovana, furono quasi sempre lontani e interessati soprattutto a garantire, attraverso un esercizio quanto più possibile rigoroso delle proprie prerogative giurisdizionali, la regolarità del prelievo sui redditi locali.
        In tale contesto, poterono mantenere un saldo profilo politico alcuni fuochi di identità territoriale svincolati da significative associazioni con il potere feudale. Anzitutto, le istituzioni comunali, che si segnalano nell’area monferrina per la loro precoce formazione e il duraturo esercizio di una sfera di autonomia giurisdizionale. Ci appaiono in questo senso indicative le limitazioni imposte all’autorità del giusdicente nominato dal feudatario, simbolicamente espresse, ancora nei secoli XVI e XVII, dal giuramento di fedeltà “in manibus consuluum” agli statuti e alle consuetudini del luogo, un rituale altrove obliterato da tempo come lesivo dei diritti del signore [Spina 1994, p. 46]. Più concretamente, la capacità da parte dei Trevillesi di sottrarsi al tribunale signorile si manifestò, durante il secolo XVII, in una frequente attivazione della procedura di appello diretto alla giustizia equitativa del principe [Spina 1994, p. 60].
     Ancora più diretto fu l’intervento comunale riguardante la ricognizione e la salvaguardia del territorio. Il consiglio comunitativo si fece ad esempio promotore della costituzione di autonomi strumenti di polizia rurale e di difesa dei confini, quali, nel 1618, l’istituzione della “ferracia” (una formula che prevedeva la concessione in appalto delle funzioni di custodia dei confini e di vigilanza sulle proprietà) e, nel 1622, la nomina di “saltuari” con compiti analoghi. Inoltre, nel 1635, i consiglieri si attribuirono unilateralmente la facoltà di giudicare e sanzionare le violazioni dei diritti di proprietà e delle norme relative all’uso dei beni collettivi, ossia il possesso dei “bandi campestri”, qualche tempo prima (1623) contestato al feudatario [Spina 1994, pp. 59-60, 62 e 137-138].  
     Ma anche la puntigliosa rivendicazione dei fossati e delle muraglie in parte dirupate del recinto, attraverso atti possessori che s’infittiscono soprattutto nei primi vent’anni del secolo XVIII (sotto forma di  taglio degli sterpi e potatura degli arbusti di capperi che vi crescevano) testimonia di una caparbia volontà di annessione del controllo territoriale entro la competenza giurisdizionale degli organismi comunitativi. La sostanziale prevalenza della comunità nella contesa sul possesso dei ripari del recinto sarebbe stata infine sancita dalla loro demolizione per fare spazio alle fondamenta del nuovo edifico parrocchiale, una decisione cui il feudatario dovette infine accondiscendere dopo l’iniziale resistenza tentata negli anni fra il 1768 e il 1772 [Spina 1994, pp. 29 e 128-129].
     Nelle fonti di età moderna è inoltre possibile scorgere altre forme di integrazione del territorio, di natura rituale, che ci inducono ad attribuire all’assertiva presenza comunitaria un orizzonte costituito dal buon funzionamento dell’economia locale.  La Statistica generale del 1753 fornisce un dato sull’estensione complessiva del territorio (1053 moggia) inferiore di 297 moggia rispetto alla quantità (fornita per approssimazione) che si trova nelle risposte del consiglio comunitativo (convocato del 29 dicembre 1781) ai quesiti posti dalla circolare diramata dall’intendenza provinciale il 16 dicembre 1781 (1350 moggia).
     Il quadro della distribuzione delle colture offerto dalla Statistica generale degli anni centrali del Settecento attribuisce maggior spazio alla vigna (il 60,8  per cento del territorio) e minore estensione all’aratorio (il 21 per cento) rispetto al convocato del 1781, che assegna ai vigneti il 53  per cento del territorio e ai campi il 24,1  per cento, pur non ribaltando dunque la netta prevalenza della vite sui cereali. I prati risultano occupare circa l’8  per cento della superficie agricola comunale secondo la Statistica e quasi il 14  per cento secondo l’atto del 1781 che, per contro, segnala una presenza più esigua dell’incolto (lo 0,8  per cento, a fronte del 2, 8  per cento indicato nella Statistica). In tutte e due le fonti, infine, i boschi si attestano attorno all’8  per cento.
     Le tabelle della Statistica generale dedicate alla produzione agricola registrano una netta insufficienza della produzione frumentaria in rapporto alle necessità del consumo locale (il 36,4  per cento del fabbisogno), accanto a una forte eccedenza di vino (il 61,9  per cento del prodotto). Anche qui, infine, si riscontra, benché attenuata rispetto ad altri luoghi, la consueta carenza di “meliga bianca” (nella misura del 67,4  per cento del fabbisogno locale) e di “marzaschi” (del 72,8  per cento).
     La Statistica generale caratterizza la popolazione locale come dedita esclusivamente all’agricoltura. Ma, più specificamente, l’economia locale, quasi esclusivamente dipendente dalla produzione vinicola fino alle soglie del secolo XX (a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento si aprirono per i Trevillesi possibilità di impiego nell’industria, in particolare nei cementifici sorti nell’area tra Ozzano, Rosignano e Vignale [Spina 1994, p. 91]), preclude in larga misura un equilibrio imperniato sull’autoconsumo e necessita perciò di una sicura proiezione esterna legata al mantenimento di flussi commerciali sovralocali e alla sicurezza dei transiti. Si tratta di esigenze che, in un contesto politico regionale per lungo tempo discontinuo e conflittuale, e in assenza della protezione assicurata da una signoria a forte progettualità territoriale, potevano effettivamente trovare un tentativo di risposta alla scala dell’interazione fra segmenti insediativi e fra questi e un principio di organizzazione di livello comunale.
     Consideriamo più da vicino, per esempio, la persistente vitalità cultuale della chiesa campestre di San Quirico. La chiesa sembra in qualche modo associata ai beni del Santo Spirito situati nella vicina contrada Baione (almeno dal tardo XVII secolo, controllati dal consiglio comunitativo, che li concede in affitto a privati) [A.C.T., I sezione, n. 3, Convocati, ordinati e deliberamenti (1615-1706), convocato 9 agosto 1678; A.C.T., I sezione, n. 37, Terreni, f. 13, Affittamento della vigna di Santo Spirito nella contrada del Baione (1797-1799)]. D’altro lato, la versione locale della leggenda del martire Quirico elabora mitologicamente la sua collocazione lungo un asse di comunicazione tra la valle Cerrina e Cella [Spina 1994, p. 18]. Qui, dunque, in occasione della Pentecoste, il nucleo forse più antico e sacralizzato di beni di uso collettivo diveniva perodicamente teatro della celebrazione di un rituale federativo tra diversi segmenti insediativi e produttivi del territorio, in nome, si potrebbe dire, della loro vocazione esportatrice e del suo necessario supporto cooperativo. 
     Altro momento intensamente vissuto dalla popolazione locale fino a tempi recenti [Spina 1994, p. 113], la processione delle Rogazioni che faceva perno sulla chiesa di Santa Caterina testimonia di un’esigenza forse di carattere più difensivo, nei confronti di rischi di attrazione territoriale da parte dei feudi e delle comunità limitrofe e appare in qualche modo la trascrizione e legittimazione rituale dell’attività quotidiana dei campari della ferracia e dei loro successori a presidio dei confini.
     Infine, la parrocchia, depositaria del carisma unificante delle reliquie, alternativo al prestigio signorile incorporato nella casaforte e nella cappella dei signori e luogo di sepolture prive di distinzioni [Spina 1994, p. 93], celebrò un’immagine di eguaglianza comunitaria fino a quando lo sbiadire del feudo come entità giurisdizionale e la tardiva ma rapidamente crescente affermazione delle strutture e delle logiche amministrative dello stato sabaudo consentì al notabilato trevillese l’assunzione di forme più diversificate e competitive di rappresentanza degli interessi locali. Una evoluzione che, parallelamente, portò la compagnia del Santissimo Sacramento (un’istituzione che ci appare caratterizzata da una fisionomia locale particolarmente complessa) dalla concentrazione sui rituali redistributivi a una logica di “concorrenza cultuale” con il pievano [sull’evoluzione tra sodalizi religiosi, parrocchia e identità locali nel Piemonte di antico regime cfr. Torre 1995].
     E’ tuttavia interessante notare come l’elisione simbolica delle distinzioni, a lungo essenziale alla vitalità della formazione territoriale cui diedero vita le popolazioni trevillesi e le loro élites, abbia lasciato una traccia permanente nella cultura politica locale, se, ancora nel 1897, l’amministrazione comunale riuscì a imporre, sia pure per breve tempo, nel cimitero appena ampliato, l’anonimato delle sepolture [Spina 1994, p. 95].