Cereseto

AutoriCaffù, Davide
Anno Compilazione2007
Provincia
Alessandria.
Area storica
Basso Monferrato. Vedi mappa 1.Vedi mappa 2.
Abitanti
431 (ISTAT 2001); 484 (ISTAT 2007).
Estensione
10,42 Kmq.(ISTAT).
Confini
A nord-ovest Serralunga di Crea, a nord Pontestura, a nord-est Ozzano Monferrato, a est Treville, a sud-est Sala Monferrato, a sud Ottiglio, a sud-ovest Moncalvo, a ovest Ponzano Monferrato.
Frazioni
Non vi sono frazioni amministrative. Vedi mappa.
Toponimo storico
Nel 999 «Cirisidio» (MGH 1956, p. 750, doc. 323); nel 1020 «Cerexetus» (Le carte dello archivio capitolare di Casale, p. 5, doc. 3); nel 1095 «Cerexedi» (Settia 1983, p. 196); nel 1224 «Cerese» (Settia 1983, pp. 420n e 440).
Diocesi
Benché Giuseppe Turroni abbia sostenuto che  il villaggio di Cereseto appartenesse alla diocesi di Asti fino al 999 – la sua ipotesi si basa sulla circostanza  che Graseverto da Cereseto era arcidiacono della curia astigiana (Turroni 1963, p. 190) –, mancano prove documentarie a sostegno di  questa ipotesi (sui confini delle diocesi di Asti e di Vercelli si veda: Settia 1991, pp. 267-271). Infatti i beni che la famiglia di Graseverto possedeva a Cereseto intorno all’anno mille erano allodiali,  non già beni feudali della chiesa astigiana (MGH 1956, p. 750, doc. 323; Le carte dello archivio capitolare di Casale, pp. 4-6, doc. 3).
Pieve
La pieve di San Cassiano di Cereseto risale forse al secolo IX (Settia 1983, p. 177; Banfo 2001, pp. 165, 173 e 182). Per le attestazioni successive si veda ARMO, XVIII, p. 38 e XXXIV, p. 112.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nel 1095 Ottone di Abelarda, un ricco possidente di origine franca, donò ai monaci di San Pietro di Breme alcuni beni a Cereseto (Settia 1983, pp. 166 e 196). Non è però chiaro se i monaci si fossero o meno installati nel territorio di Cereseto, perché vi sono indizi a sostegno di entrambe le ipotesi: se l’attuale parrocchiale di Cereseto è intitolata a San Pietro e la chiesa plebana di San Cassiano fu retta da monaci benedettini (e poi dai cistercensi di Lucedio: Carzino 2003, p. 112), Tuttavia non vi sono documenti relativi a Cereseto nel cartario dell’abbazia di Breme (Cartario della abbazia di Breme).
     Poco si sa della collegiata di San Cassiano, sede plebana, che nel 1348 aveva 4 chierici (ARMO, XXXIV, p. 112) e fu retta in seguito dai monaci, per poi essere progressivamente abbandonata, al punto che, nell’Ottocento, il parroco celebrava al suo interno solamente quando era ammalato qualche abitante delle vicine cascine (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 315).
     Nel 1348 sono attestate la chiesa di San Pietro e la «cappella Sancti Thome de Cerexeto» (di quest’ultima non vi sono attestazioni successive: ARMO, XVIII, p. 38 e XXXIV, p. 112; Cognasso 1929, p. 227). Nella relazione della visita apostolica del 1577, monsignor Girolamo Regazzoni, vescovo di Novara, indicò come parrocchiale la chiesa di «S.ta Maria di Cereseto» (AD Casale, Visite pastorali, Decreti della visita apostolica di Monsignor Girolamo Ragazzoni [1577], vescovo di Novara, mazzo 458, c. 87). Si tratta forse della chiesa di Santa Maria della Neve, attualmente alla Madonnina, frazione di Serralunga di Crea, oppure di Santa Maria dei Monti nel territorio di Ottiglio (cfr. le schede dedicate a Serralunga di Crea e a Ottiglio). La chiesa parrocchiale di Cereseto è intitolata a San Pietro, a cui in epoca recente è stato aggiunto San Paolo (Carzino 2003). Nell’Ottocento la parrocchia aveva redditi di oltre 1300 lire, che derivavano in gran parte da beni fondiari (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, cc. 308v-309r).
     Nel Seicento fu costruita la chiesa di San Rocco e nel Settecento quella dei Santi Giacomo e Filippo. Quest’ultima fu gestita dall’omonima confraternita, che non aveva redditi e si manteneva con le elemosine ricavate dalla partecipazione alle cerimonie funebri (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 333v). Le altre chiese di Cereseto sono San Defendente, San Grato e la cappella campestre di San Martino (costruita nell’Ottocento fra Cereseto e Ottiglio in prossimità della cascina Raviara, che è in parte nel territorio di Ottigio: Carzino 2003, p. 111). Nel 1748 è menzionata anche la chiesa di San Sebastiano che non esisteva più nell’Ottocento (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Ignazio Della Chiesa [1746-1758]. Relazioni. Città e diocesi, mazzo 480, fasc. 495, c. 456v). È attestata una cappella nella cascina Monsa, che era appartenuta ai domenicani (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 315v).
     Furono attive a Cereseto la confraternita «de Sancto Petro», menzionata negli statuti del 1358 (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358]); la compagnia del SS. Sacramento dal 1577 (AD Casale, Visite pastorali, Decreti della visita apostolica di Monsignor Girolamo Regazzoni [1577], vescovo di Novara, mazzo 458, c. 87), quella del Rosario eretta nel 1635 e quella della Dottrina cristiana (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 333; Cereseto, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese  Arte e Storia. Sito web (2013)).
Assetto Insediativo
L'espressione «in loco et fundo Cerexeto vel in eius territorio», presente in un documento del 1020, potrebbe indicare l’esistenza a Cereseto di un piccolo centro rurale con un proprio territorio (Le carte dello archivio capitolare di Casale, p. 5, doc. 3; Settia 1983, p. 180). L’ubicazione della chiesa plebana a est dell’attuale centro abitato di Cereseto potrebbe lasciar supporre uno spostamento dell’insediamento avvenuto nell’alto medioevo. Poiché la pieve di San Cassiano non sorgeva direttamente su un percorso stradale (Settia 1991, p. 264), è possibile che fosse vicina al centro abitato. In ogni caso, i Ceresetesi avrebbero progressivamente abbandonato il sito di San Cassiano e gli insediamenti sparsi per trasferirsi accanto al castello, costruito sul colle, a un’altezza di circa 280 metri s.l.m. (situazioni analoghe sono state studiate in Settia 1973).
     Sebbene non sia possibile ricostruire una precisa cronologia di tale spostamento, la costruzione di nuovi edifici religiosi sul colle – non è però possibile stabilire l’ubicazione della scomparsa cappella di San Tommaso – e l’assunzione di funzioni parrocchiali da parte della chiesa di San Pietro indicano che, nel Trecento, l’attuale centro abitato di Cereseto iniziò a competere con i siti precedenti (ARMO, XVIII p. 38 e XXXIV, p. 112). Gli statuti del 1358 indicano come «villa» l’insediamento collinare e riferiscono che il consiglio comunale si riuniva nella chiesa di San Pietro (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rubb. 38 e 96).
     Poiché negli statuti medievali sono menzionate la «porta nova» e la «porta veteri», è probabile che l’insediamento sorto accanto al castello fosse cinto da mura (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta, rub. 71). Il processo di accentramento dell’abitato attorno al castello deve però confrontarsi con la presenza nel territorio di Cereseto di alcuni nuclei insediativi, che nei coevi statuti furono definiti «cantoni» (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta, rub. 11). La struttura insediativa di tipo “cantonale” era molto diffusa in questa zona di Monferrato (Settia 1983, pp. 175 e 180-183).
     Benché nel 1833 il prevosto Pietro Castagna lamentasse che «la popolazione è dispersa in molte cassine, e lontane» (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 320), la scomparsa e la decadenza degli edifici religiosi presenti nel territorio di Cereseto indicano che nel corso dell’età moderna l’abitato collinare sorto accanto al castello era riuscito a prevalere come centro politico e religioso sulle case sparse. Dell’abbazia di San Cassiano, ancora menzionata nell’Ottocento, non restano attualmente che poche rovine nei pressi di una cascina. Nella chiesa che fu dei domenicani e in quella di San Martino i sacramenti erano celebrati solamente quando vi’erano infermi nelle vicinanze (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, cc. 314v-315v; cfr. il lemma ‘Altre presenze ecclesiastiche’).
     Attualmente appartengono al comune di Cereseto appena alcune abitazioni dell’insediamento di la Madonnina, mentre i «piccoli cantoni di Cadefranchi e di Cadegiovani», di cui Casalis registrò l’accorpamento a Cereseto, sono considerati case sparse (Casalis 1857, p. 407).
Luoghi Scomparsi
Non sono attestati luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
La prima menzione di una comunità istituzionalmente organizzata risale al 1358, quando due discreti vires ricevettero l’incarico di redarre gli statuti del comune e degli uomini di Cereseto (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rub. 1). Poiché costoro furono indicati come «capitulatores, emendatores, et correctores capitolorum et statutorum», potrebbe essere esistito un precedente testo statutario oggi perduto. Organizzatasi in comune, la comunità dei Ceresetesi potrebbe aver cercato di presentarsi come uistanza distinta dal consortile signorile locale, eventualmente alternativa a esso nei rapporti con il potere marchionale. Nella redazione del testo statutario non risultano infatti interferenze signorili e la loro successiva rielaborazione fu ratificata unicamente dal marchese di Monferrato, come avvenne, per esempio, per il capitolo 94 approvato nel 1457 (Turroni p. 1963, p. 195).
     L’esenzione dalla registrazione dei beni che i condomini possedevano «in villa, posse, seu territorio Cerexeti», cui invece erano tenuti i Ceresetesi (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rub. 96), suggerisce l’esclusione dei primi dalla confraria dello Spirito Santo, un’associazione laica che raccoglieva i maggiorenti locali e che in numerosi casi sarebbe stata il primo organo rappresentativo della comunità (Quaccia 2007, p. 931). Gli statuti prevedevano che «quilibet persona de Cerexeto, qui sit in registro usque ad quantitatem librarum quinque, et ab inde supram, debeat intrare in confraternitate Sancti Spiritis» (come precisa successivamente il testo statutario, si tratta della confraria dello Spirito Santo: AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rub. 102, fol. 29; cfr. il lemma ‘Catasti’).
     Gli statuti prevedevano che il podestà, i consoli e i rettori fossero affiancati da un consiglio composto da non più di 21 «homines Cerexeti», senza però precisare se esistessero distinzioni tra coloro che abitavano nel centro collinare e coloro che invece risiedevano nei cantoni (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rub. 117). Benché l’insediamento di Cereseto si sia sviluppato accanto al castello, la comunità appare in grado di esercitare un forte controllo sia sullo sviluppo del centro collinare e sulla manutenzione delle sue strutture sia sui beni e sulle abitazioni presenti nel territorio circostante (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rubb. 28, 34, 63, 77, 90 e 92).
Statuti
Gli statuti comunali risalgono al 1358 (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358]). Il 3 luglio 1536, Carlo V approvò gli statuti di Cereseto (AC Cereseto, serie I, m. 22, liti). Non è possibile sapere se si trattasse del testo medievale, forse parzialmente modificato, come era avvenuto nel 1457 (Turroni p. 1963, p. 195), oppure di una nuova redazione. Nel 1798 sono attestati i Bandi campestri (Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 3). Statuto comunale 2010: vedi testo.
Catasti
Gli statuti comunali del 1358 stabilivano che la taglia fosse pagata sulla base dei beni inseriti nel «registro venditionis» e nel «registro empionis» (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rub. 70, fol. 18). Nell’archivio del comune di Cereseto sono conservati: le Consegne delle bocche dal 1599 al 1612, quella del 1718 e i catasti del 1688 e del 1790 (AC Cereseto, serie I, mm. 24-27, catasti). Nel 1784 gli amministratori di Cereseto si dichiarano favorevoli alla preparazione di un nuovo catasto, perché quello del 1718 era privo di misura e di mappa (AST, Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 41). Dichiararono inoltre di disporre del Libro dei trasporti che risaliva al 1768 (AST, Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 13).
Ordinati
Gli statuti comunali risalgono al 1358 (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358]). Il 3 luglio 1536, Carlo V approvò gli statuti di Cereseto (AC Cereseto, serie I, m. 22, liti). Non è possibile sapere se si trattasse del testo medievale, forse parzialmente modificato come era avvenuto nel 1457 (Turroni p. 1963, p. 195), oppure di una nuova redazione. Nel 1798 sono attestati i Bandi campestri (Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 3).
Dipendenze nel Medioevo
E' possibile che Cereseto appartenesse alla Iudiciaria Torrensis, un distretto minore che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, dalle propaggini orientali della collina torinese fino alla confluenza del Po e del Tanaro. Questa circoscrizione perse comunque un’autonoma caratterizzazione pubblicistica intorno alla metà del secolo X (Settia 1983, pp. 11-53).
     A partire dagli anni della sconfitta di Arduino d’Ivrea, la chiesa di Vercelli e la canonica di Sant'Evasio di Casale ottennero alcuni beni a Cereseto: nel 999 Ottone III donò a Leone gli allodi («predia») di Graseverto e di suo fratello (MGH 1956, pp. 749-751, doc. 323; il diploma sarebbe però stato interpolato in questa parte, per cui non fu Ottone III a confiscare i beni di Graseverto, bensì il vescovo di Vercelli a rivendicarli negli anni successivi, riuscendo a ottennrli da Corrado II: Panero 2004, pp. 54-97). Nel 1020, Graseverto II donò una pezza di terra alla canonica di Sant'Evasio (Le carte dello archivio capitolare di Casale, pp. 4-6, doc. 3). Sia Graseverto sia il figlio, appartenenti forse a una famiglia astigiana o comunque legata alla chiesa di Asti (Turroni 1963, p. 190), radicati a Cereseto, come indica il predicato di provenienza, disponevano di importanti beni allodiali ed erano in grado di prendere le armi per sostenere Arduino d’Ivrea. Si potrebbe pertanto concludere che furono i primi signori documentati di Cereseto.
     Le vicende politiche a loro sfavorevoli li costrinsero a subire l’ingerenza della chiesa di Vercelli e a cercare forse di controbilanciarne il potere, stabilendo nuovi legami con la canonica di Sant'Evasio di Casale (sui beni del capitolo di Casale si veda: Ripanti 1970). I rapporti dei domini locali con la canonica di Sant'Evasio di Casale spiegherebbero così perché, nel 1164, Federico Barbarossa non abbia inserito Cereseto tra i feudi e gli allodi che riconobbe a Guglielmo il Vecchio, marchese di Monferrato (MGH 1979, docc. 466-467, pp. 376-379; Banfo 2001, p. 377). Nel 1224, Cereseto risulta, però, tra i beni allodiali dei marchesi di Monferrato (Settia 1991, p. 440; Banfo 2001, p. 444). Nel 1355 l’imperatore Carlo IV confermò ai marchesi di Monferrato i loro possessi, fra i quali Cereseto (AC Cereseto, serie I, m. 22, liti; Turroni 1963, p. 194).
Feudo
Nel 1247 Bonifacio II, marchese di Monferrato, infeudò Cereseto al figlio illegittimo Bastardino, che prese il predicato di Cereseto (Guasco 1911, p. 514). Nel 1428 Facino di Cereseto vendette a Giovanni Giacomo, conte di Biandrate, metà del feudo con il castello, il «mero et misto imperio» e la giurisdizione (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 3: Ricorso di Gasparre di Biandrate per esser investito del feudo di Cereseto come agnato collaterale in 8° grado di Gio Giacomo di Biandrate [17 settembre 1528]). Nel 1537 i conti di Biandrate furono privati del feudo per lesa maestà e il duca Federico Gonzaga lo cedette al capitano Giovanni Pasquerio (Guasco 1911, pp. 515-516; Manno 1892, p. 229). Nel 1439 Domenico de Bondoni di Trino acquistò un sesto del feudo di Cereseto da Facino di Cereseto e ne fu quindi investito nel 1443 dal marchese di Monferrato. Tale investitura fu confermata ai due figli di Domenico. Tuttavia, nel 1529 la parte del «castri Cerexeti, et sexta parte jurisdictionem et parte fodri et emolumentos» fu incamerata per inadempienza del feudatario Baldassare de Bondoni (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 1: Relazione del conte Guglielmo di S. Giorgio dei conti di Biandrate alla marchesa di Monferrato donna di Alençon della causa del fisco marchionale contro Baldassar de Bondonis per una porzione del feudo e dei redditi di Cereseto [9 giugno 1529]). Nella prima metà del Cinquecento i marchesi di Monferrato rientrarono quindi in possesso delle quote cedute in feudo da Facino di Cereseto circa un secolo prima.
     Le investiture successive sono più difficili da ricostruire: nel 1553 è attestato come feudatario di Cereseto Giovanni Battista Alberigi (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 6: Relazione dell’auditore di Bolzola sopra la deroga implorata dal conte Carlo Francesco Cozio, presidente del Senato di Mantova, per trasportare la primogenitura e fedecommesso dei beni di Cereseto sulli beni di Nuvolato pervenutigli in permuta dal conte Alberigi Quaranta [18 giugno 1678]) e nel 1593 il feudo fu investito a Germanico di Savorgnan, la cui famiglia avrebbe tenuto Cereseto fino al 1756 (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 2: Testamento del marchese Germanico Savorgnano di Cereseto in cui fra le altre cose istituisce una primogenitura nel detto marchesato di Cereseto [30 maggio 1595]; Guasco 1911, p. 515; Manno 1892, p. 229). Il feudo di Cereseto fu eretto in marchesato nel 1587 (Carzino 2003, p. 35).
     Nel 1677 il conte Alberigi Quaranta ottenne i beni che il feudatario Carlo Francesco Cozio aveva in Cereseto in cambio di altri beni nel Mantovano (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 6: Relazione dell’auditore di Bolzola sopra la deroga implorata dal conte Carlo Francesco Cozio, presidente del Senato di Mantova, per trasportare la primogenitura e fedecommesso dei beni di Cereseto sulli beni di Nuvolato pervenutigli in permuta dal conte Alberigi Quaranta [18 giugno 1678]). Nel 1727 il feudo fu acquistato da Francesco Antonio Ricci, conte di Piovà, e rimase alla famiglia Ricci fino al 1916 (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 2; Carzino 2003, p. 40).
Mutamenti di distrettuazione
Cereseto apparteneva al marchesato, poi ducato, di Monferrato, e risultava fra le terre «al di qua del Tanaro», o della provincia di Casale. Dopo l’annessione del ducato di Monferrato agli Stati sabaudi – avvenuta nel 1708 e riconosciuta internazionalmente nel 1713 con il trattato di Utrecht – il comune di Cereseto fu inserito nella provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla successiva sistemazione delle province piemontesi del 1749 e si mantenne tale fino alla conquista napoleonica del Piemonte avvenuta nel dicembre 1798 (Sturani 2001, p. 118).
     Le comunità della provincia di Casale furono aggregate senza sostanziali alterazioni a una circoscrizione di estensione variabile, che aveva come capoluogo Alessandria. Si trattò del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo periodo di occupazione francese (1799), e del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale, in seguito al ritorno dei Francesi e alla riorganizzazione amministrativa del 1801. Il circondario di Casale non fu modificato dal successivo rimaneggiamento del 1805 (Sturani 2001). Vedi mappa.    
     Dopo la parentesi napoleonica, fu ripristinata la provincia di Casale, a sua volta inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria (Sturani 1995, p. 132). Nel 1859 la circoscrizione di Casale fu ridotta a circondario della provincia di Alessandria (Sturani 1995, p. 133). All’interno della circoscrizione di Casale, il comune di Cereseto fu inserito nel mandamento di Ottiglio (AST, Paesi per Provincia in generale, mazzo 45, fasc. 26). Nel 1927 i circondari furono soppressi, per favorire il rafforzamento e il riordino delle prefetture, che, per quanto riguarda Cereseto, aveva sede a Casale Monferrato.
Mutamenti Territoriali
Nel 1528 gli abitanti di Ozzano rivendicarono come beni allodiali 3 moggia nel territorio di Cereseto, rifiutandosi di contribuire alle imposte (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 3: Ricorso di Gasparre di Biandrate per esser investito del feudo di Cereseto come agnato collaterale in 8° grado di Gio Giacomo di Biandrate [17 settembre 1528]). Non è però possibile stabilire se il rifiuto di contribuire alle imposte avviasse un contenzioso territoriale con il comune di Ozzano.
     Nel 1781 gli amministratori locali affermarono che il territorio di Cereseto aveva una superficie di circa 1708 moggia (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del Sig. Intendente generale in data delli 19 dicembre 1781). Nonostante l’incertezza circa l’esatta estensione del moggio (il documento non precisa se si trattasse di un moggio di Monferrato, un moggio grande o un moggio piccolo) e la probabile omissione della superficie occupata dagli immobili, risulta comunque un territorio comunale inferiore di qualche chilometro quadrato rispetto a quello attuale. Tale discrepanza potrebbe essere dovuta alla parziale modifica dei confini comunali con Serralunga di Crea (AC Serralunga, Atti Archivio di Deposito, Categoria I, Amministrazione, n. 2: Rettifica di confine con il Comune di Cereseto [1954]; cfr. la scheda dedicata a Serralunga di Crea) e all’attribuzione di Castellino e di Quarzi, che appartenevano a Cereseto, a Moncalvo (cfr. la scheda dedicate a Moncalvo).
Comunanze
Gli statuti comunali del 1358 regolarono l’accesso del bestiame «in aliquo bosco poderii Cerexeti, videlicet in bosco veteri» fino a maggio e nel bosco «novellus» fino a luglio (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta [1358], rub. 43). La comunità poteva quindi usufruire dei boschi di Cereseto per il pascolo.
     Negli anni Novanta del Seicento i Ceresetesi denunciarono di essere stata costretti a vendere molti beni comuni – senza però elencarli – per far fronte ai carichi fiscali (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 5: Memorie riguardanti il feudo di Cereseto).
     Nel 1751 gli amministratori di Cereseto sostennero che le vigne e i prati di uso comune ammontavano a circa 164 moggia (AC Cereseto, serie I, m. 49, beni comuni). Oltre a questi beni, la comunità disponeva anche di un bosco, che era ritenuto insufficiente per far fronte al fabbisogno locale (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 14, Boschi e selve 1771-1780, cc. 65-66). I Ceresetesi erano però tenuti a fornire al presidio di Rosignano una certa quantità di legna: il bosco non doveva essere così piccolo come lamentavano gli amministratori locali (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 5: Memorie riguardanti il feudo di Cereseto). Alla fine Settecento, il totale dei beni comuni (pascoli, boschi e gerbidi) era di circa 55 moggia e pertanto – se si esclude l’imprecisione della registrazione documentaria – nella seconda metà del Settecento si era verificato un consistente impoverimento delle risorse comuni (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 18: Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura dei territori).
     Nell’Ottocento la comunità usufruiva di un bosco ceduo nelle regioni Corte e Vallivana (AC Cereseto, serie I, m. 49, beni comuni) e di un forno (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 6).
Liti Territoriali
Mancano attestazioni di liti territoriali.
Fonti
AC Serralunga (Archivio Storico del Comune di Serralunga di Crea), Atti Archivio di Deposito, Categoria I, Amministrazione, n. 2: Rettifica di confine con il Comune di Cereseto, 1954.
AD Casale (Archivio Storico della Diocesi di Casale Monferrato):
      Visite pastorali, Decreti della visita apostolica di Monsignor Girolamo Regazzoni   (1577), vescovo di Novara, mazzo 458, cc. 87-88;
         Visita pastorale del vescovo Monsignor Ignazio Della Chiesa (1746-1758). Relazioni. Città e diocesi, mazzo 480, fasc. 495, cc. 449-457v
        Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila (1830-1846). Risposte, mazzo 515, cc. 306-349v.
AST:
       Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Po, Mazzo 1,"LE / COURS / DU PO / DEDIÉ AU ROY / Par son tres humble, tres obeissant / et tres fidele Serviteur et Sujet, le / P. PLACIDE Augustin Dechaussé, et / Geographe Ordinaire de sa Majesté". Carta Corografica in stampa del Corso del Fiume Po delineata e dedicata a S.M- Cristianissima dal P. Placido Agostiniano scalzo nel 1734. Sulla Scala di 1/253.600 (Note: La carta è formata da 5 fogli giustapposti. Il 1° reca l'indicazione "A PARIS 1704"; il 3° e il 4° sono datati 1703; sul 1° e sul 5° foglio è riportata la data di concessione del privilegio reale, rinnovato per 15 anni nel 1734. Cfr. anche Carte Topografiche Segrete, PO 29 E IV ROSSO, 1703-1734 (ma vd. Note) [Autore disegno originale: P. Placide; Autore incisioni: Berey; Autore edizione: "A PARIS / Chez les Augustins pres la Place des Victoires"]. Vedi mappa.
     Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 10, n. 6/2: Consegne delle Bocche umane e delle bestie [Regio Editto 10 maggio 1734]; n. 9: Ricavo generale delle Bocche umana e del bestiame portato dall’editto del 10 maggio 1734;
         Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 11, n. 24: Conto generale dei fondi e delle spese per la riparazione delle strade nell’anno 1764; nn. 26-29;
          Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 14, Boschi e selve 1771-1780, cc. 65-66;
          Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 121: Provincia di Casale, stato dei redditi giurisdizionali secondo li consegnamenti fatti da vassalli e possessorid’essi
            Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del Sig. Intendente generale in data delli 19 dicembre 1781; n. 15, n. 17: De daciti e redditi comunitativi,   e di ciò che caduna delle infranotate comunità della Provincia di Casale s’esige de Registro convenzionato, e di quanto caduna comunità paga in Camera [1707]; n. 18: Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura dei territori; n. 41;
            Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 1: Relazione del conte Guglielmo di S. Giorgio dei conti di Biandrate alla marchesa di Monferrato donna di Alençon della causa del fisco marchionale contro Baldassar de Bondonis per una porzione del feudo   e dei redditi di Cereseto [9 giugno 1529]; n. 2: Testamento del marchese Germanico Savorgnano di Cereseto in cui fra le altre cose istituisce una primogenitura nel detto marchesato di Cereseto [30 maggio 1595]; n. 3: Ricorso di Gasparre di Biandrate per esser investito del feudo di Cereseto come agnato collaterale in 8° grado di Gio Giacomo di Biandrate [17 settembre 1528]; n. 4: Suppliche diverse della comunità e delli uomini di Cereseto; n. 5: Memorie riguardanti il feudo di Cereseto; n. 6: Relazione dell’auditore di Bolzola sopra la deroga implorata dal conte Carlo Francesco Cozio, presidente del Senato di Mantova, per trasportare la primogenitura e fedecommesso dei beni di Cereseto sulli beni di Nuvolato pervenutigli in permuta dal conte Alberigi Quaranta [18 giugno 1678];
           Corte, Monferrato Province, Provincia di Casale, Cereseto, mazzo 3: n. 1: Patenti del  marchese Guglielmo di Monferrato d’esenzione e immunità a favore di Merlino di Modigliana, conduttore delle sue armi in tutti li carichi ed imposte reali […] per tutti i beni posseduti nei feudi di Cereseto e Casorzo [5 aprile 1480];
          Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo 45, fascc. 11, 15, 22, 26, 27, 28, 30, 33.     35, 46.
          Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, nn. 1-6.
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5042), Estats du duc de Savoye ...sous le nom de Piémont...le duché de Montferrat.... par le Sr Sanson d'Abbeville, chez Pierre Mariette (Paris), 1665 [Sanson, Nicolas (1600-1667). Cartographe]. Vedi mappa.
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Descrizione Comune
Cereseto
 
La popolazione di Cereseto che oggi risiede sul colle presso il castello signorile dovette in passato vivere dispersa nel territorio circostante. Nel secolo XI il piccolo centro abitato rurale dotato di un proprio territorio sorgeva forse nei pressi della chiesa plebana di S. Cassiano, a est dell’attuale Cereseto (Le carte dello archivio capitolare di Casale, p. 5, doc. 3; Settia 1983, p. 180). I documenti di quel periodo non attestano l’esistenza di strutture fortificate. Motivazioni difensive e la presenza di forze signorili favorirono la costruzione di un castello sul colle e accanto a questo sorse un nuovo villaggio. Il processo che portò il nuovo centro collinare a prevalere sulla sede plebana e sulle case sparse dislocate nel territorio di Cereseto si concluse solo di recente, dato che all’inizio dell’Ottocento la popolazione risultava ancora dispersa in molte cascine (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 320). Se la costruzione del castello e la formazione di un villaggio sul colle possono risalire ai secoli centrali del medioevo, il processo di gerarchizzazione dei nuclei insediativi presenti sul territorio fu dunque lungo e articolato. Solo in alcuni momenti e grazie a poche fonti è possibile tentare di ripercorrere i cambiamenti intercorsi nella struttura insediativa del
territorio di Cereseto.
La metà del Trecento rappresenta un periodo storico particolarmente ben documento. Da un lato, l’attestazione della chiesa di S. Pietro, che potrebbe risalire almeno a cinquant’anni prima (ARMO, XVIII p. 38) è un indizio importante della crescita dell’insediamento collinare, che doveva tra l’altro essere circondato da mura (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta, rub. 71; le antiche mura sono menzionate dal prevosto Pietro Castagna: AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, c. 318v; Casalis 1857, p. 407).
La struttura insediativa era però molto fluida come dimostra la scomparsa della cappella di S. Tommaso attestata nel 1348 e non più ricordata nel 1440 (ARMO, XXXIV p. 112 e CIX, p. 236). Dall’altro, la chiesa plebana di S. Cassiano contava 4 chierici e disponeva di beni tre volte superiori a quelli di S. Pietro (ARMO, XXXIV, p. 112). Gli statuti medievali riportano inoltre l’esistenza di cantoni, ossia di insediamenti minori sparsi nel territorio di Cereseto, mostrando che il castello non era riuscito ad attrarre popolazione in modo tale da privarne gli altri insediamenti (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta, rub. 11).
Anzi, per affermare la propria autorità sugli insediamenti sparsi nel «poderii Cerexeti» gli amministratori comunali dovevano far aggiustare o far costruire le «pontixellas», ossia dei ponticelli posti su piccoli corsi d’acqua o su fossati, ogni qual volta fosse stato loro richiesto dagli abitanti dei cantoni e approvato dal consiglio. Poiché gli statuti medievali non precisano se ci fosse una divisione tra i consiglieri della villa e quelli dei cantoni, si può solo notare che il comune rivendicava la gestione e quindi il pieno controllo del territorio comunale, ma non era in grado di imporlo, perché doveva “pagare” l’acquisizione di questa prerogativa facendosi carico economicamente dei lavori:
 
item statutum et ordinatus est, quod domini potesta, seu consul, vel rector Cerexeti teneat et debeat facere aptari omnes pontixellas poderii Cerexeti per cantonas ad expensas comuni totiens quotiens eisdem denunciatum fuerit per illas de cantono ad laudandum hominus, qui in consilio eligentur (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta, rub. 11).
 
Gli statuti medievali indicano che il comune di Cereseto era in grado di gestire la struttura insediativa dell’abitato – evidente nel consistente numero di capitoli riservati alla gestione delle vie e dei fossati (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta) – ponendo il problema di quale fosse il principale promotore dell’accentramento dell’abitato. A favorire l’insediamento collinare furono i maggiorenti locali, inseriti nel consiglio comunale e riuniti nella confraria dello Spirito Santo, oppure i feudatari che a loro volta cercavano di controllare il villaggio sorto attorno al castello e la stessa istituzione comunale? A partire dal 1224, quando Cereseto risulta un bene allodiale dei marchesi di Monferrato (Settia 1991), nell’élites locale furono inseriti prima i discendenti illegittimi degli stessi marchesi e, in seguito, gli esponenti di importanti famiglie monferrine e mantovane (Raviola 2003).
Nel Settecento i feudatari di Cereseto e gli enti religiosi presenti nel territorio disponevano di beni fondiari immuni pari rispettivamente al 13% (si trattava dei beni dei marchesi Ricci e dei marchesi Scarampi: AC Cereseto, serie I, m. 1, carte antiche) e al 10% dell’intera superficie adibita alle attività agricole (il territorio produttivo di Cereseto era di circa 1708 moggia, i beni feudali immuni erano circa 227 moggia e quelli ecclesiastici circa 174 moggia: AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 18: Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura dei territori). I campi erano circa il 66%, i prati circa il 24%, i boschi e i gerbidi insieme circa il 2%, anche se gli amministratori locali sostenevano che il principale prodotto di Cereseto fosse il vino, la cui produzione occupava poco più del 6% della superficie produttiva. Il territorio di Cereseto aveva quindi una vocazione prevalentemente agricola. Gli statuti medievali ricordano la coltivazione di cereali, della canapa, della vite e di alberi da frutta e la produzione di zafferano (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 1: Cereseti Statuta, rubb. 20 e 22).
Anche i redditi signorili dipendevano in gran parte dalle produzioni agricole, perché i 100 scudi d’oro in cui si stimava il reddito signorile nel 1528 derivavano in gran parte dalla cascina Merli (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 3: Ricorso di Gasparre di Biandrate per esser investito del feudo di Cereseto come agnato collaterale in 8° grado di Gio Giacomo di Biandrate [17 settembre 1528]). I signori potevano contare anche sui redditi ricavati dall’amministrazione della giustizia e dal fodro (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 1: Relazione del conte Guglielmo di S. Giorgio dei conti di Biandrate alla marchesa di Monferrato donna di Alençon della causa del fisco marchionale contro Baldassar de Bondonis per una porzione del feudo e dei redditi di Cereseto [9 giugno 1529]), ai quali il marchese Ricci aveva aggiunto circa 100 lire annue ricavate dall’osteria (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 23, Beni feudali, n. 121: Provincia di Casale, stato dei redditi giurisdizionali secondo li consegnamenti fatti da vassalli e possessori d’essi).
Nel 1678 Carlo Francesco Cozio, lamentando lo stato di devastazione in cui si trovavano i suoi beni a Cereseto, si soffermò principalmente sulle attività agricole: il marchese aveva dovuto concedere a livello due cascine (la Buffalore e la Ruscola) e
 
non era in stato di far le spese grandi per reparar le ruine grandi cagionate nelle passate guerre tanto nelle fabriche, quanto nel rimetter le viti morte et vecchie, piantar caneti, disherbar le terre coltive, et estirpar li spini, et finalmente nel provveder le sovventioni tanto di bestiami quanto di sementi (AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 6: Relazione dell’auditore di Bolzola sopra la deroga implorata dal conte Carlo Francesco Cozio, presidente del Senato di Mantova, per trasportare la primogenitura e fedecommesso dei beni di Cereseto sulli beni di Nuvolato pervenutigli in permuta dal conte Alberigi Quaranta [18 giugno 1678]).
 
Le numerose guerre che furono combattute in quest’area di Monferrato nel corso del Seicento causarono gravi danni anche al comune di Cereseto. La «strata grossa» che collegava Casale a Moncalvo non fu infatti un elemento di sviluppo, ma di crisi, perché venne usata per lo spostamento delle truppe (nell’Ottocento l’amministrazione comunale cercò di collegare Cereseto alla nuova strada provinciale che da Casale portava ad Asti e a Torino: AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 45, n. 4). Le devastazioni dovute alle guerre e l’inasprimento fiscale misero in difficoltà sia il comune, che non disponeva di pedaggi, gabelle, dazi e mulini, sia i Ceresetesi (Raviola 2003, p. 417; AST, Corte, Monferrato Feudi, I, Cereseto, mazzo 25, n. 5: Memorie riguardanti il feudo di Cereseto). Con il secolo XVIII, la situazione era migliorata e la comunità disponeva di catasti e delle risorse economiche per prepararne di nuovi (AST, Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 15). In particolare, i catasti della prima metà del Settecento dividevano il territorio di Cereseto in “circoli”, valutando anche la qualità dei terreni per il primo circolo, e registravano tutte le abitazioni, sia quelle dell’abitato sia quelle sparse nel territorio, dimostrando un forte controllo da parte del centro comunale (AST, Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 26, Monferrato, n. 13: Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale in risposta alla circolare del Sig. Intendente generale in data delli 19 dicembre 1781).
     Nel corso dell’età moderna il centro collinare prese progressivamente il sopravvento sugli insediamenti sparsi nel territorio di Cereseto. Fu l’istituzione comunale, retta dai maggiorenti locali, a guidare questo processo di accentramento, anche perché il castello signorile non poteva svolgere un ruolo attivo nell’accentramento dell’abitato, risultando diroccato a partire dal 1735 (Sergi 1986, p. 559). L’obbligo della registrazione dei beni inserito negli statuti medievali e la precisione dei catasti favorirono la sottomissione del territorio anche dal punto di vista fiscale. Parallelamente, la parrocchiale di San Pietro prese il sopravvento sugli entri religiosi presenti nel territorio, al punto che, nell’Ottocento, il prevosto di San Pietro celebrava i sacramenti nella chiesa dell’abbazia di San. Cassiano, in quella che era stata dei domenicani e nella cappella di S. Martino solamente quando vi erano infermi nelle vicinanze (AD Casale, Visita pastorale del vescovo Monsignor Francesco Ignazio Ichieri Malabaila [1830-1846]. Risposte, mazzo 515, cc. 314v-315v). La decadenza di questi edifici religiosi non implica uno spopolamento delle cascine e delle case che sorgevano nelle loro vicinanze. Anzi, tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento, la popolazione di Cereseto era notevolmente cresciuta, passando da circa 860 abitanti a circa 1300 (AST, Sezioni Riunite, II archiviazione, capo 10, n. 9: Ricavo generale delle Bocche umana e del bestiame portato dall’editto del 10 maggio 1734; capo 10, n. 6/2: Consegne delle Bocche umane e delle bestie [Regio Editto 10 maggio 1734]; AST Corte, Paesi per Provincia in generale, mazzo 45, fascc. 22, 33) e negli anni Settanta del Novecento il 39 per cento della popolazione continuava a risiedere nelle “case sparse” (Carzino 2003, p. 190). Lo spopolamento di Cereseto, la cui popolazione è attualmente di circa 480 abitanti (ISTAT 2007), e il conseguente abbandono delle case sparse è stato recente, così come la distruzione dell’abbazia di San Cassiano, di cui non si conservano se non poche rovine (Carzino 2003, pp. 112-113).