Salussola

AutoriOlivieri, Antono
Anno Compilazione1998
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Biella.
Area storica
Compresa nel distretto vercellese per tutto il medioevo, Salussola fece parte in età moderna della Provincia di Biella. Le sue vicende storiche sono caratteristiche del territorio che gravita intorno al lago di Viverone.
Abitanti
2106 (Istat, 13° censimento).
Estensione
ha 3858 (Istat).
Confini
Cerrione, Verrone, Massazza, Buronzo, Villanova Biellese, Carisio, Cavaglià, Dorzano, Roppolo.
Frazioni
Arro, Brianco, San Secondo, Vigéllio, Campagnola, Campasso, Campagnola, Prelle (Istat, 13° censimento).
Toponimo storico
Nei documenti medievali il toponimo compare nella forma “Saluzola”, "Saluzolla", "Saluciola", "Saluzolia".
Diocesi
Appartenne alla diocesi di Vercelli fino al 1772, anno in cui fu istituita la diocesi di Biella, di cui entrò a far parte. In epoca francese fu operata una generale riforma dell’assetto delle circoscrizioni diocesane del Piemonte: il 23 gennaio 1805 il cardinale Giambattista Caprara emanò il decreto esecutoriale della bolla di Pio VII, con cui venivano soppresse 9 delle 17 diocesi piemontesi. Tra le soppresse Biella, il cui territorio diocesano venne ricompreso nella diocesi di Vercelli. Quest’ultima fu in pari tempo sottratta alla giurisdizione metropolitana milanese e inserita in quella torinese. La diocesi di Biella fu nuovamente istituita nel periodo della restaurazione.
Pieve
San Pellegrino di Puliaco fino al 1413, quando il vescovo di Vercelli aggregò la pieve di Puliaco e altre chiese alla chiesa di S. Maria di Salussola, assegnandole i diritti plebani (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 153 sg.). Per la pieve di S. Secondo si veda oltre, Luoghi scomparsi.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nel 1772 le parrocchie di Salussola vennero a far parte dell’allora eretta diocesi di Biella: esse erano quella di Salussola, di Salussola S. Secondo, di Arro e Vigellio (Lebole, La pieve di Biella, vol. I, p. 19). L’attuale chiesa di S. Secondo (per quella antica si veda oltre, Luoghi scomparsi) sorse come oratorio dopo il 1619; fu dotata di alcuni terreni nel 1650 per il mantenimento di un sacerdote che la officiasse, al fine di evitare ai fedeli (“huomini e particolari delle cassine e cantono di S. Secondo di Saluzola e altri particolari abitanti alle cassine al suddetto cantone circumvicine”, recita il doc. del 1650) il viaggio sino a Salussola. Fu, sembra, la distanza di Salussola a indurre gli abitanti del ‘cantone’ a chiedere lo smembramento e l’erezione di una parrocchia autonoma, concessa nel 1836. Da essa dipendevano i due oratori della Cà Bianca e del Carengo (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 132).
 
Monastero del B. Pietro levita, dipendente dall’abbazia di S. Genuario di Lucedio: la prima attestazione esplicita di una chiesa di S. Pietro di Salussola appartenente all’ordine benedettino è del 1217, e il primo priore è documentato nel 1226 (cfr. Lebole, La chiesa biellese, vol. I, p. 137 sg.). Secondo l'estimo delle chiese vercellesi del 1348 tra le celle dipendenti da S. Genuario va annoverata anche una “cella de Puliacho”, località del territorio di Salussola oggi scomparsa ma che doveva trovarsi in prossimità della frazione Vigellio (cfr. Lebole, La chiesa biellese, vol. I, p. 141: ).
 
Alla fine del XVIII secolo si apre, come in altre realtà coeve, la questione dello spostamento del cimitero annesso alla parrocchiale in zona meno prossima al centro abitato. Dalla petizione inoltrata nell'agosto del 1774 alla Segreteria di Stato per gli affari interni (A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Salussola, n. 40) risulta che nel 1769 la comunità, al fine di “evitare li pubblici scandali e provvedere alla tranquillità de’ cadaveri de defonti ed alla pubblica salute” aveva deliberato di trasportare il cimitero “alla parte laterale della chiesa parrocchiale fuori delle case e del pubblico passaggio”. Per addivenire al trasporto era necessario stipulare una permuta con il canonico Giovanni Maria Rondolino, possessore del canonicato eretto sotto il titolo dei Santi Fabiano e Sebastiano, che avrebbe dovuto cedere alla comunità un campo con viti sul fianco della parrocchiale immune dai pubblici carichi. Secondo il progetto delle 486 tavole complessive solo 25-30 erano destinate al cimitero, mentre il rimanente sarebbe stato oggetto di vendita da parte della comunità. Sappiamo che l'accordo finale fra il canonico e la comunità fu esito di un compromesso raggiunto davanti all’arcivescovo: il canonico avrebbe ricevuto in cambio del suo terreno 262 tavole del sito boschivo al Devesio, per il quale avrebbe pagato i carichi pubblici (vd. ordinato 31 maggio 1774, il tipo formato il 5 luglio dal misuratore Marchino, l'approvazione avuta il 20 giugno dall’ufficio di intendenza). Raggiunto l'accordo con il canonico, la comunità chiese e ottenne dalla Segreteria Interni l'autorizzazione per il trasporto del cimitero e la permuta dei terreni, anche grazie al parere positivo espresso dall’intendente di Biella, Quest'ultimo, interpellato dal ministro nel novembre 1774, confermò che l'attuale cimitero di cui disponeva la comunità era in una situazione indecente, proprio a causa della sua posizione. Essendo situato sul lato meridionale e occidentale della chiesa parrocchiale, cinto di muro ma aperto da due lati per permettere l'accesso alla chiesa, il fetore che emanavano i cadaveri ivi sepolti disturbava i fedeli che si recavano alle funzioni, e inoltre, dovendo lasciare aperte le porte per il transito di questi ultimi, vi accedevano anche gli animali, con le “mille indecenze” che l'intendente lasciava immaginare. Tali motivi rendevano degna della regia grazia la proposta della comunità, anche perché il progettato contratto con il canonico Rondolino era conveniente: il campo del canonico era situato in coerenza alla chiesa ma lateralmente a essa, più lontano dall’abitato e a mezzanotte, dunque in zona meno esposta al sole, e in cambio si sarebbero date al canonico 262 tavole di bosco comune di nessun reddito. Il re emise Regio Biglietto di autorizzazione al trasporto del cimitero e alla permuta prima della fine del 1774.
Assetto Insediativo
L'insediamento di Salussola è dislocato sulle sponde del torrente Elvo, che lo taglia da nord-ovest a sud-est. Il centro principale del paese si colloca sui rilievi che sorgono a destra del torrente, mentre nella pianura che si apre sulla sponda sinistra si collocano le frazioni di Vigellio e Arro. Sempre sulla sponda sinistra, alquanto discoste dal centro, vi sono le frazioni di S. Secondo e di Brianco.
Luoghi Scomparsi
Il trasporto della pieve da S. Pellegrino di Puliaco a S. Maria di Salussola nel 1413 sembra, stando alle informazioni fornite da Lebole (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 153), la sanzione a livello istituzionale-ecclesiastico di notevoli trasformazioni del tessuto demico e insediativo del territorio di Salussola. Il villaggio di Puliaco — che si trovava “presso Salussola e precisamente tra Vigellio e la strada per Massazza, in una località ancor oggi chiamata S. Pellegrino” — era sede, oltre che dell’importante pieve, anche di una chiesa intitolata a S. Lorenzo, e pare sia stato distrutto nel corso delle lotte di fazione del secondo decennio del Trecento. Del 1325 è un ricordo della oppugnatio del castello di Puliaco (e di quelli di Piverone e S. Germano), mentre un documento del 1329 cita individui “qui quondam steterunt Puliacii”. I documenti citati non permettono di tranne conclusioni definitive sul decadimento dell’abitato di Puliaco nel XIV secolo (ad esempio ancora nel 1340 si trova attestazione di un pievano di Puliaco, anche se non sappiamo se risiedesse a Puliaco), ma che la sede plebana fosse da tempo abbandonata è affermato con certezza dal documento del 1413 con il quale il vescovo di Vercelli opera il suo trasferimento a Salussola. Secondo il documento al tempo delle guerre tra guelfi e ghibellini i villaggi di Puliaco, Arro e Privato erano stati completamente distrutti e le loro chiese “filiis exorbatae et pastoris sollicitudine derelictae” e i loro fondi abbandonati “ob defectum cultorum” (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 153 sg.).
   Un fatto analogo dovette verificarsi, sempre a parere di Lebole (La chiesa biellese, vol. II, p. 131 g.), per l’abitato presso l’altra pieve situata nell’odierno territorio di Salussola, S. Secondo. Essa aveva ceduto le sue funzioni a Cavaglià a metà XIII secolo, ma dovettero essere le guerre tre e quattrocentesche a dare il colpo definitivo all’abitato, che si spostò verso le falde della collina dando luogo a un nuovo S. Secondo. L’antica pieve restò abbandonata, già nel 1350 fu classificata come “ecclesia campestris” e decadde progressivamente nei secoli successivi fino alla distruzione del 1786, narrata dal parroco di Salussola. Nel nuovo abitato un oratorio intitolato a S. Secondo sorse dopo il 1619.
Comunità, origine, funzionamento
Le attestazioni documentarie della località di Salussola cominciano con i diplomi imperiali alla chiesa eusebiana, sui quali gravano i noti problemi relativi alle falsificazioni operate dal vescovo di Vercelli Leone a cavallo fra X e XI secolo (per i quali si rimanda a Panero, Una signoria). Nel diploma di Ottone III al vescovo Leone del 7 maggio 999 (MGH, Diplomi Ottone II e Ottone III, to. II, doc. 323, p. 750) compare un Alberto e un Guglielmo "de Saluciola", mentre la località con le sue pertinenze ("Saluciolam cum suis pertinentiis") risulta confermata nel possesso della chiesa vercellese dall'imperatore Federico I (17 ottobre 1152 in MGH, Diplomi Federico I, to. 10/1, doc. 31, p. 52).
   Della comunità di Salussola, avanposto del vercellese verso Biella, si parla in un articolo del codice degli statuti biellesi, databile all'inizio del Trecento. In un momento di conflittualità tra le due comunità, gli statuti vietano di mercanteggiare o fornire aiuto o consiglio agli "uomini di Salussola"  (Sella, Statuta, vol. I, art. 273: "Item statutum et ordinatum fuit quod aliqua persona de bugella seu stans vel habitans in bugella non audeat vel presumat dare seu dari facere merchandiam seu conscilium auxilium vel fauorem hominibus Saluzolie nec alicui alteri terre vel persone rebelli Comunis bugelle seu facienti guerram comuni et hominibus de bugella").
   Il 12 agosto 1376 la comunità di Salussola giurò fedeltà a Galeazzo Visconti, ottenendo in cambio la conferma delle sue franchigie (Serra, Il castello, p. 41 sg.). Il Visconti promette di non infeudare il luogo e di mantenerlo sotto la propria diretta autorità, anche se si riservava il diritto di cederlo al marchese di Monferrato; unisce al comune di Salussola i territori di Puliaco e di Arro, fino a un miglio intorno ad essi, concedendo a Salussola tutti i diritti, onori e giurisdizioni pertinenti a quei luoghi; concede al comune di avere un castellano vicario di sua scelta indipendentemente da Vercelli, col diritto di amministrare i proventi comunali; impone a tutti gli abitanti l'obbligo di custodia notturna e diurna delle porte e delle mura del borgo, con l'obbligo di manutenerle e riattarle in caso di bisogno; a tutti gli abitanti era imposto di contribuire agli onera del comune, col diritto tuttavia, nel caso trasferissero domicilio fuori dal comune, di non essere tassati nella nuova località per i beni detenuti a Salussola; promette infine di non aumentare i dazi e i pegaggi esistenti, e esenta il comune da qualunque contributo alla città di Vercelli (Serra, ibid.).
   Nel suo studio su Salussola (Il castello, p. 42) Italo Serra descrive il seguente funzionamento dell'organismo comunale, ma senza indicare precisamente la fonte delle sue informazioni e l'epoca cui si riferiscono. La credenza era composta da 18 membri, e fra questi erano scelti quattro individui che venivano presentati al signore perché scegliesse il castellano. Due dei tre rimanenti svolgevano l'ufficio di consoli, il terzo quello di chiavaro. I credendari cominciavano il loro ufficio il giorno di S. Martino, dopo aver giurato fedeltà al signore, e rimanevano in carica un anno, per poi essere sostituiti da altri eletti da loro con voto segreto.
Statuti
Il Fontana (vol. III, p. 8) ricorda, senza darne la segnatura archivistica, un codicetto cartaceo del secolo XVI conservato nell'archivio di stato di Torino intitolato “Recognitione della comunità di Saluzola”: esso conterrebbe conferme degli statuti e privilegi della comunità concesse da Ludovico di Savoia nel dicembre 1456, da Iolanda nell’aprile 1472 e da Carlo III nell’agosto 1521. Esisterebbe poi, nel medesimo archivio, un codicetto seicentesco di atti di lite tra il marchese Ludovico di Cavoretto contro i fratelli Carlo e Filiberto Bochi “per causa di feudo in Salussola” che riprodurrebbe il “Tenor franchisiarum et immunitatum” di Salussola, con i capitoli confermati dal duca di Milano Filippo Maria Visconti nel gennaio 1427 su altri capitoli dell’agosto 1376; conferme posteriori quelle di Amedeo VIII di Savoia (19 maggio 1428), Ludovico (22 dicembre 1441).
   L’Indice de’ bandi, dissoluzioni de’ pascoli, ecc. (1605-1827) (A.S.T., Camerale, Inventari) segna per Salussola una interinazione senatoria di bandi campestri avvenuta il 3 settembre 1732 e una simile di bandi per caccia e pesca avvenuta il 23 settembre 1752 (f. 94 v).
Catasti
Da due visite ispettive della Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta si ricava l’esistenza presso l’archivio comunale di “una ricca e bella raccolta di registri catastali” (visita 1967): si tratta di 18 volumi di catasti dal 1701 al 1925. Di un “registro seu catasto comunis dicti loci”, logicamente privo della parte cartografica, parla un documento del 1550 dell’archivio comunale, relativo a una lite tra il nobile Gabriele di Bulgaro e la comunità per questioni di registro.
 
Una mappa del periodo francese con il territorio diviso in quartieri contrassegnati da lettere, e all’interno di ciascun quartiere particelle numerate progressivamente è presente in A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Salussola; Mazzo 1, "Saluzz[ola], Dorzano, e / Cavaglia". Carta in 4 parti dei Territori di Dorzano, di Cavaglià e di Saluzzola stata levata per Ordine del Governo dei 12 Brumajo Anno XI (3 novembre 1802) dall'Ing. Geometra Momo sulla Scala di 1/5000, s.d. 8 (Autore disegno originale: Momo).Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3. Vedi mappa 4.
Ordinati
L’archivio comunale conserverebbe, stando a una ispezione della Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta del 1985, ordinati e delibere comunali dal 1632 al 1925 in 25 unità archivistiche.
Dipendenze nel Medioevo
Salussola fu per tutto il corso del medioevo, come altri villaggi della zona e in particolare Cavaglià, compresa nel distretto del comune di Vercelli (del 1187 è un giuramento di cittadinatico di un abitante di Salussola (cfr. Pacta et conventiones, indice cronologico, n. 21), di cui seguì le sorti. Stette quindi sotto i Visconti a partire dagli anni trenta del Trecento.
   Nel novembre 1404 venne convocata la credenza di Salussola, distretto di Vercelli, per costituire procuratori per comparire di fronte al marchese Teodoro di Monferrato per esibirgli i capitoli da sottoporre alla sua conferma e “ad componendum, paciscendum ac pactas conventiones transactiones et concordias quaslibet faciendum et celebrandum” con il predetto marchese e i suoi officiali; e per giurare a nome della comunità che per tutto il periodo dei prossimi dieci anni “quo per illustrem dominum dominum comittem Papie data fuit et concessa civitas Vercellarum gubernanda et conservanda cum omnibus terris et castris districtus eiusdem erunt [la comunità e i suoi uomini] reverentes obedientes et fideles subditi prefato domino domino Marchioni et quibuscumque suis locumtenentibus, potestatibus, capitaneis, rectoribus et officialibus contra omnem hominem”. Capitano di Salussola era stato eletto il nobile vercellese Enrico Tizzoni (A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Salussola, n. 1). Salussola passò poi negli anni trenta del Quattrocento, con tutto il distretto di Vercelli, sotto il dominio Sabaudo. Un documento dell’aprile 1472 mostra i rappresentanti del comune di Salussola, il nobile Francesco Confalonieri di Salussola e Delfino de Boscho, presentarsi a Vercelli a Violante, tutrice del duca di Savoia Filiberto I in minore età, per prestare fedeltà e per far confermare e ratificare le franchigie, libertà, capitoli e privilegi della comunità già confermate dal predecessore Amedeo IX: la tutrice concesse la conferma, comandando al consilium nobiscum et citramontis ordinarium e al castellano di Salussola, a tutti gli officiali di osservare le dette libertà [A.S.T., Corte, Protocolli ducali, serie rossa, n. 118, f. 266].
Feudo
Nel marzo 1448 Ludovico duca di Savoia vendette a Ludovico di Valperga per 700 ducati oro l’infeudazione dei luoghi di Castronovo, Salamone, Dorzano, Paverano e loro pertinenze “sitorum prope et circa loca” di Roppolo, Cavaglià e Salussola con mero e misto impero, tutta la giurisdizione e tutti i diritti reali e personali “prout et quemadmodum illa tenebamus et possidebamus ante primam infeudationem [risalente al settembre 1441] per nos de castro Roppuli factam dilecto fideli scuttifero nostro Ludovico de Vallispergia factam” (A.S.T., Corte, Prov. di Vercelli, m. 22: il doc. è pervenuto in copia autentica del 1513 richiesta da Ludovico signore di Roppolo). La vendita venne fatta in aumento del feudo nobile e ligio e sotto lo stesso omaggio nobile e ligio “ad quod aliunde et pretextu predicti castri Roppuli ac pertinentiarum eiusdem nobis tenetur” il predetto Ludovico di Valperga. Dalla conclusione del documento, che reca la formula consueta con cui il duca di Savoia ordinava ai suoi officiali centrali e periferici di osservare quanto contenuto nel documento, risulta che i luoghi di Castronovo, Dorzano, Salomone e Peverano avevano un podestà sabaudo.
Mutamenti di distrettuazione
Nel XVI secolo Salussola, dopo il periodo francese, appare soggetta al diretto dominio dei duchi di Savoia: del 1582 è un consegnamento della comunità di Salussola al commissario sabaudo per le extente della diocesi e prefettura di Vercelli (ASTo, Corte, Paesi per A e B, Salussola, n. 3).
   Il comune di Salussola è compreso oggi nella provincia di Biella, istituita di nuovo, a più di un secolo dalla sua abolizione, con DL 6 marzo 1992, n. 248. Nell’aprile del 1622, quando Carlo Emanuele I aveva ripartito gli Stati di qua dai monti in 12 province (Duboin, t. IX v. XI, p. 337 sgg.), Salussola era compresa in quella di Vercelli. Sembra che la provincia di Biella sia stata creata dallo stesso Carlo Emanuele I nel novembre 1626 e che comprendesse allora anche il capitanato di Santhià (Mullatera, p. 238). Certamente comprendeva Salussola e avrebbe continuato a comprenderla per tutto il Settecento e, dopo l’intermezzo francese, per parte dell’Ottocento, fino all’abolizione della provincia stessa, avvenuta nel 1859 in seguito alla promulgazione della cosiddetta “legge Rattazzi” (legge 23 ottobre 1859, n. 3702: cfr. Raccolta di leggi, pp. 1150-1233). Questa legge, all’art. 1 del titolo primo, stabiliva dividersi il Regno “in Provincie, Circondarii, Mandamenti e Comuni” secondo la tabella annessa alla legge: Salussola (che aveva allora 2.091 abitanti) era compresa nella Provincia di Novara, Circondario II di Biella, ed era a capo di un mandamento comprendente i comuni di Cerione, Magnano, Zimone (pp. 1219, 1222). La situazione circoscrizionale mutò ancora, semplificandosi notevolmente, con il RDL 2 gennaio 1927, n. 1: per restare a ciò che ci riguarda venne  istituita (art. 1) la provincia di Vercelli con capoluogo Vercelli, comprendente i comuni già costituenti i soppressi circondari di Vercelli, Biella e Varallo Sesia, più i comuni di Borgo Vercelli e Villata. Vennero poi soppresse tutte le sottoprefetture e quindi, di fatto, i mandamenti, ai quali la legge Rattazzi aveva preposto gli intendenti, sostituiti dai sottoprefetti con RD 9 ottobre 1861, n. 250.
   Ho accennato prima al periodo francese: il territorio del Piemonte fu diviso con decreto del 13 germile a. 7 (2 aprile 1799) in 4 dipartimenti: Salussola restò compreso nel dipartimento della Sesia con capoluogo Vercelli. Lo stesso giorno venne decretato che il dipartimento della Sesia avrebbe compreso “il Vercellese propriamente detto, la provincia di Ivrea, il Biellese, l’alto e basso Novarese” e ne vennero stabiliti i confini. Il 28 piovoso a. 8 (28 gennaio 1800) il Primo Console emanò la legge riguardante la divisione del territorio della Repubblica: l’art. 1 stabiliva che il territorio europeo della Repubblica fosse diviso in Dipartimenti e in circondari comunali, conformemente a una tabella annessa alla legge: Salussola restò compreso nel Dipartimento della Sesia, sottoprefettura di Biella. Vedi mappa.
   Successivamente venne emanato (3 brumaio a. 11/25 ottobre 1802) un regolamento per la formazione delle assemblee politiche di cantone per i 6 dipartimenti in cui risultava ora divisa la 27 divisione militare, vale a dire il Piemonte: Salussola fu compreso nel cantone di Cavaglià (Dip. Sesia) insieme con Dorzano, Magnano, Zimone, Roppolo, Viverone, Carisio, S. Damiano, Villanuova di Massazza e Vergnasco.
Mutamenti Territoriali
Un mutamento territoriale dovette verificarsi in tempo imprecisato nell’estremità posta a sud-ovest del territorio di Salussola: la chiesa di S. Secondo — già pieve e poi progressivamente decaduta fino a essere detta, nel 1350, “ecclesia campestris” —, compresa in età moderna nel territorio di Salussola e nel suo distretto parrocchiale, in un documento (il citato doc. del 1350), relativo all’investitura da parte del vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi della terza parte della sua decima alla famiglia Ripa di Dorzano, è detta trovarsi “super territorio Dorzani” (Lebole, La chiesa biellese, vol. II, p. 134). Nel 1650, poco dopo la ricostruzione di S. Secondo come oratorio, il luogo apparteneva al territorio di Salussola.
Comunanze
Si veda la vicenda del 1774 relativa al trasporto del cimitero da un fianco all’altro della parrocchiale e della relativa permuta della comunità con il canonico Rondolino (sopra, Altre presenze ecclesiastiche). Quest’ultimo diede il campo di fianco alla chiesa dove bisognava stabilire il nuovo cimitero in cambio di 262 tavole di bosco comune “al Devesio”, per il quale il canonico avrebbe pagato i carichi fiscali.
   Di beni comuni trattano a lungo i carteggi ottocenteschi dell’Intendenza di Biella con la Segreteria di Stato per gli interni e i documenti allegati (A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Salussola): il patrimonio fondiario comunitario era notevole e dalla documentazione si deduce che nel periodo francese era stato messo a coltura, forse in seguito a usurpazione, da persone prive di beni o picoli proprietari terrieri. Il ceto dirigente comunale negli anni venti e trenta dell’Ottocento avviò una contrastata operazione di riappropriazione all’amministrazione comunale di tali beni: tutti i particolari dell’interessante vicenda vengono trattati nella sezione interpretativa della scheda (cfr. Descrizione Comune).
Liti Territoriali
Nei Riflessi della misura generale della Provincia di Biella [A.S.T., Camerale, I Archiviazione, Capo 21, Mazzo 32],  nella parte relativa a Salussola [f. 22],  si legge:
 
Termini racconosciuti con Dorzano, con quale sendo natta differenza d’alcuni beni, sentiti dal signor dellegato li agenti dell’una e dell’altra comunittà, visti li cattastri si manda includersi nella misura di Salussola e dedursi da Dorzano. Più vi sono giornate 100 circa nella regione detta Salione, Marcelengo e Fuliano contentiose con Massazza per qual si dice fatta oppositione al sig. Angiono in occasione della misura di quel luogo..
    
Una contesa territoriale con la comunità di Dorzano è documentata da una supplica della comunità di Salussola al re del 1766 [A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Salussola, fasc. 39]: la contesa, stando a quel documento, era iniziata con “testimoniali di visita” dell’aprile 1741 e continuate fino a una ordinanza dell’Ufficio della Regia Intendenza di Biella del luglio 1763. Quest’ultima ordinava una visita per il 4 agosto “per procedere — si legge sulla supplica —
all’oculare ispezione di un ragguardevole tenimento di beni comuni siti nella regione del Brianco, quali sebbene spettanti all’esponente, pretende ciò non ostante la comunità di Dorzano usurpare senz’alcun diritto e fondamento".
   La visita non era tuttavia stata eseguita né si era risolta la questione tra le due comunità, nonostante i reclami da parte dei privati, che rivolgevano istanze alla comunità di Salussola. Tale ritardo portava pregiudizio a Salussola, che si era più volte rivolta all’Intendenza. Dorzano vantava, non si sa con quale fondamento, la protezione del vassallo conte d’Eais. La cosa rischiava di andare per le lunghe mentre occorreva risolvere l’affare, e non tanto per il fatto esposto:
 
quanto altresì nell’andare al riparo di que’ considerevoli danni che al pubblico e al particolare ridondano per le continue corrosioni che in ogni caso di escrescenza del torrente Elvo sono cagionate dalla non regolata imbrigliatura della roggia di S. Damiano sita sovra queste fini, regione detta di S. Pietro, alli beni che ad essa inferiormente ritruovansi, perché vi si introduce una quantità d’acqua assai maggiore di quella che puossa essere nel suo alveo contenuta.
 
Come era noto all’intendente (commendatore Botton) Salussola sperava in un pronto provvedimento e implorava la protezione regia per ottenere che l’intendente effettuasse le visite opportune.
  Del maggio 1766 è poi un verbale di consiglio comunale di Salussola al quale, oltre al sindaco Antonio Cracco e i consiglieri, comparvero alcuni particolari “li quali espongano essere già da più anni a questa parte vertente lite tra questa comunità e quella di Dorzano per un tenimento proprio di detta presente comunità regione del Brianco denominato la Valetta della Chiesa ed in parte anche della Valetta grande, meglio descritto negli atti di visita, già "ad un tal ogetto seguita fin dall’anno 1741 senza che mai tale causa fosse ‘proseguita’ e ciò in grave pregiudizio della comunità di Salussola, mentre apparendo ora diversi segnali giustifficanti la linea divisionale delle fini di Dorzano e del presente luogo e vivendo ancora diversi particolari pratici di tali tenimenti, facilmente si può coll’esistenza de’ primi e deposizione di questi giustifficare la proprietà di detti tenimenti spettante a detta presente comunità.
   Al contrario, differendosi la causa, sarebbero potuti morire i testimoni e smarrirsi i segnali. Nel documento seguono le firme di 46 persone (molti illetterati). I congregati mandarono rassegnarsi l’ordinato all’intendente per le opportune sue determinazioni [Vd. anche scheda Dorzano].
Fonti
A.C.S. (Archivio Storico del Comune di Salussola). Vedi inventario.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie III, Biella, Mazzo 2, Foglio 1, Carta Topografica Regolare del Circondario di Biella / dipartimento della Sesia. Carta topografica regolare del circondario di Biella, dipartimento della Sesia, anni dal 1800 al 1814, Antonio de Steffani di Graglia Misuratore. Inchiostro e acquerello di vari colori (s.d.) [Autore disegno originale: Antonio Desteffani di Graglia]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Salussola; Mazzo 1, "Saluzz[ola], Dorzano, e / Cavaglia". Carta in 4 parti dei Territori di Dorzano, di Cavaglià e di Saluzzola stata levata per Ordine del Governo dei 12 Brumajo Anno XI (3 novembre 1802) dall'Ing. Geometra Momo sulla Scala di 1/5000, s.d. [Autore disegno originale: Momo]. Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3. Vedi mappa 4.
Bibliografia
Dizionario: Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990.
 
13° censimento: Istituto Nazionale di Statistica, 13° censimento generale della popolazione e delle abitazioni, 20 ottobre 1991. Fascicolo provinciale Cuneo, Roma 1994.
 
D. Lebole, La chiesa biellese nella storia e nell’arte, 2 voll., Biella 1962.
 
Manno: A. Manno, Bibliografia storica degli stati della monarchia di Savoia, 10 voll., Torino 1884-1934.
 
Mullatera: G. T. Mullatera, Le memorie di Biella, Biella 1968.
 
Serra: I. Serra, Il castello e il borgo di Salussola, in "Illustrazione biellese", a. 1934.
 
Pacta et conventiones: Il libro dei “Pacta et conventiones del comune di Vercelli, a c. di G. C. Faccio, Novara 1926 (BSSS, 97).
 
Raccolta di leggi, decreti, circolari ed altri provvedimenti dei magistrati ed uffizii pubblicati negli Stati Sardi nell’anno 1859, vol. XXIII serie V, Torino 1859.
Descrizione Comune
Salussola
Ci si occuperà qui della vicenda dei beni comuni di Salussola nella prima metà dell’Ottocento, con lo scopo principale di vedere come le competizioni che si accesero per il controllo e lo sfruttamento dei beni comuni abbiano assunto le caratteristiche di uno scontro tra ceti: quello dei grandi proprietari terrieri, che monopolizzavano la rappresentanza nelle istituzioni comunali, e quello di personaggi appartenenti a strati meno ricchi, la cui identità sociale è difficile individuare con precisione (le carte di seguito citate col solo numero di fascicolo sono tutte in A.S.T., Corte, Paesi per A e B, Salussola).
   Nel 1823 si incominciò a parlare della necessità di costruire un ponte sul torrente Elvo (n. 50). Nel 1824 la comunità avanzò la proposta di alienare beni comunali usurpati a coloro che li occupavano, impiegando il ricavato per la costruzione del ponte (n. 52). L’intendente, richiesto di fornire il suo parere, manifestò l’opinione che il progetto della comunità meritasse di essere approvato. L’Avvocato Generale dello Stato accordò il permesso per l’alienazione con procedura sommaria dei lotti di minor valore, ma non per quelli con valore eccedente le £ 240 di Piemonte nuove, per i quali ordinò all’amministrazione comunale di rivolgersi al Ministero dell’Interno. L’intendente, stimolato dall’amministrazione comunale, si rivolse al ministero sostenendo la proposta e argomentando che il comune possedeva beni comunali per 2000 giornate, “quantità esorbitante per i bisogni della comune, l’alienazione adunque di giornate 978 non può in alcun modo essere sensibile” dato anche che sino ad allora l’amministrazione ne era restata priva senza avvedersene; inoltre gli usurpatori erano più di 400 e molte usurpazioni erano di antica data. Infine le condizioni di vendita decise dal comune tenevano presente la situazione di fatto: la necessità di non ferire gli interessi di alcuni e la necessità di invogliare gli usurpatori all’acquisto. Si dilungava poi sull’utilità della costruzione del ponte. Un documento del 1827 informa che “la comunità di Saluzzola fu autorizzata ad addivenire senza formalità d’incanti all’alienazione di quelli fra li suoi beni usurpati il valore di cui non eccedesse le £ 240”. La vendita non andò a buon fine, sia per mancanza di acquirenti, sia perché la maggior parte dei terreni venne corrosa dall’Elvo. Si ricavò così una somma insufficiente alla costruzione del ponte (n. 53).
   Una relazione dell’intendente della provincia di Biella del 1831 (n. 59) ricorda che il territorio di Salussola si estendeva per 3895 ettari (oggi 3858) e che gran parte era costituita da gerbido e pascolo “proprio della comunità”. Pare che proprio nei primi anni trenta dell'Ottocento sia cominciata una querelle che impegnò molto l’intendente e il Ministero dell’Interno. Una supplica al re (ma sappiamo che non fu la prima) di due protagonisti della vicenda, G. D. Regis e G. Lorenza del borgo di Salussola, informa che i due volevano ottenere dalla comunità “l’allibramento di alcuni beni comunitativi resi a coltura mediante il pagamento dell’annuo fitto e delle taglie ponende” aggiungendo di aver ottenuto tali beni dalla comunità sin dal 1826 a £ 8 per giornata. Il sindaco aveva voluto aumentare il fitto a £ 22 per giornata “per rendere impossibilitati li affittavoli a continuare nel loro affittamento” (n. 61). I beni comunali coltivi ascendevano a mille e più giornate. Il ricorso al re era motivato perché i ricorrenti potessero ottenere il godimento di tali beni comunitativi mediante il corrispettivo annuale di un fitto modico, in modo da continuare a godere dei beni già prima posseduti, alleviando così “la comune miseria di molti poveri abitanti di detto luogo di Salussola”.
  Un ordinato della comunità (sindaco Carlo Masino) del 29 febbraio 1832 si occupò della supplica Lorenza-Regis. Sotto il cessato governo francese vari particolari di Salussola “in forza di pura usurpazione” erano entrati in possesso “di pressoché tutti i beni di proprietà comunale”, e continuarono in questo possesso sino al 1823 senza corrispondere alcun fitto alla comunità “anzi valendosi una parte di detti usurpatori di tale possesso per mantenersi nell’ozio e nell’abito di frequentare le osterie, a commettere furti di campagna quasi sicuri di andar esenti di punizione, adducendo che le cose rubate fossero prodotte dai beni usurpati alla comunità”. Ripristinato il governo attuale l’amministrazione comunale ravvisò il danno del perpetuarsi del possesso illegale non soltanto perché la comunità rimaneva priva del reddito dei suoi beni, ma, ed ecco il punto, “altresì perché, quantunque ristrettissima e mancante la popolazione, vedeva con suo dispiacere un buon numero d’abittanti atti a procaciarsi un onesto sostentamento colle giornaliere loro fatiche, e prestare il servizio che abbisognavano li registranti per la coltivazione dei loro beni, dati ai vizii sumentovati”. La comunità deliberò quindi di riappropriarsi dei detti beni comunali “e mercè le tante provvidenze emanate ne conseguì il salutare intento”. In seguito la comunità deliberò e ottenne il permesso sovrano di vendere la maggior parte di detti beni “accordando la prelazione ai possessori sull’estimo d’esperto”, impiegando il prezzo ricavato per eseguire opere pubbliche e estinzione di debiti. Altra parte dei beni comunali “fu assegnata a pascolo pubblico, a piantumata di pioppi per formare intanto un reddito alla Comunità”.
   In tal modo fu dato mezzo ai ‘registranti’ di tenere il bestiame necessario per produrre il concime indispensabile alla coltivazione dei propri beni “che sono l’unico prodotto del presente luogo e territorio"; ottenne anche che "alcuni di detti rappresagliatori in oggi si adoperano ed abbandonarono li vizii sunarrati da essi contratti pendente l’abusivo possesso di detti beni”; procurò inoltre reddito alla comunità evitando in tal modo tutte le imposizioni sul registro per i 4-5 seguenti. Vennero emessi decreti proibenti ogni coltivazione dei beni in questione in data 13 maggio e 12 luglio 1831, e la comunità "si oppose alle coltivazioni continuate non ostante le dette provvidenze, soffrendo insulti e affronti da parte degli usurpatori". Intervenne l’intendente per imporre fitto agli usurpatori “per non far distrurre, come aveva prima ordinato, i raccolti prossimi in allora alla maturità in detti beni illegalmente coltivati, credendo che l’aumento del fitto sarebbe stato un mezzo sufficiente per far cessare le ulteriori coltivazioni”.
   La questione continuò a essere agitata per molto tempo; Lorenza e Regis — accusati di essere degli agitatori, di aver goduto della licenza concessa agli usurpatori pendente il governo francese, di aver falsificato delle firme per dimostrare di avere grande seguito presso la popolazione povera — non si arresero e inondarono il Ministero di suppliche. Quest’ultimo se la prese con l’Intendente di Biella, ordinandogli di ridurre i ricorrenti alla ragione, di convincerli, cioé, di quanto erano buone le ragioni di chi sosteneva che il contadino che coltiva terra comunale a modico canone inclina fatalmente all’ozio, all’ubriachezza, al gioco, e di quanto è onesto invece il bracciante che coltiva la tanta terra di cui i ‘registranti’ sono carichi, vasti appezzamenti che per fruttare devono essere concimati, con il concime prodotto dal bestiame dei medesimi ‘registranti’, nutrito sulle terre comunali ridotte all’uopo a pascolo.
   A noi questa interessante vicenda serve per comprendere alcune questioni fondamentali relative ai beni comuni di Salussola (ma, p. es., la situazione è analoga per lo stesso periodo a Cavaglià, cfr. la relativa scheda). Ancora nella prima metà dell’Ottocento
i beni comunali ammontavano a enormi estensioni di terra: boschi, pascoli e terreni adatti alla coltura (sappiamo che negli anni '30 solo la parte di beni comuni adibita a pascolo costituiva quasi la metà del territorio comunale: 1590 ettari sui 3895 complessivi, A.S.T., Paesi in genere, b. 18/2). Il patrimonio terriero del comune costituiva dunque uno strumento fondamentale per orientare le scelte di politica economica a livello locale. Come abbiamo visto, il risultato delle competizioni intorno al loro uso e alla loro destinazione fu determinato dalle caratteristiche sociali del ceto dirigente locale, reclutato essenzialmente dalla classe dei grandi proprietari terrieri, e dal fatto che tale ceto dirigente trovò un sostanziale appoggio ai suoi disegni da parte del Ministero dell’Interno, entro un sistema di rapporti centro-periferia mediato dall’Intendente della provincia, la cui azione era in genere in piena consonanza con gli orientamenti dell’amministrazione comunale.