Sant'Antonino di Susa

AutoriPeyrot, Silvio
Anno Compilazione1996
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Torino.
Area storica
Balivato valsusino (castellania di Susa).
Abitanti
3930.
Estensione
(SITA) 1055; (ISTAT) 996.
Confini
Vaie (est), Coazze (sud),Villarfocchiardo (ovest), Borgone Susa e Condove (nord) tramite la Dora.
Frazioni
Cresto, Mareschi, Vignassa, Case Sparse (ab, 34).
Toponimo storico
Burgus Sanate Agate, vicus Sancti Anthonini, vicus o burgus Sancti Antholini. I due agionimi si hanno nel secolo XI, a breve distanza uno dall'altro: nell'atto di fondazione di San Giusto del 1029, Sant'Agata (CIPOLLA, 1896) e, nella vita dell'abate Benedetto II di San Michele della Chiusa, Sant'Antonino (SERGI, 1983).
Diocesi
Diocesi di Torino, per la chiesa di Sant'Antonino dei cano­nici di Noble Val (poi chiesa esente nella dipendenza prima da San Giusto, quindi da San Michele della Chiusa). Diocesi di Torino, ma prepositura esente per la chiesa di San Desiderio, dipendente dal monastero benedettino di San Giusto di Susa.
Pieve
L'area rientrerebbe nel distretto della pieve di Santa Maria Maggiore di Susa, ma non risulta in alcun modo documentata.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Grangia cistercense e ospedale dipendente dal monastero di Santa Maria di Brione (L. FERRUA, 1980). Grangia certosina dipendente dalla certosa di Monte Benedetto (M. BOSCO, 1974)
Luoghi Scomparsi
Borgo Sant'Agata. Si tratta di una semplice sostituzione esaugurale dell'agionimo della chiesa principale, che im­porta dal Rouerge il culto di Sant'Antonino prete e martire, evento legato alle prime vicende insediative del luogo lungo la via Francigena.
Comunità, origine, funzionamento
Gli “homines Sanctii Antonini" costituiscono un soggetto collettivo nei resoconti del­la castellania di Susa della seconda metà del secolo XIII. Nel 1385, il co­mune e la universitas Sanctii Antonini, per voce del loro sindicus Antonio de Bardonisca, riconoscono i loro obblighi verso il conte di Savoia con una atto ricognitivo collettivo (C. ROTELLI, 1973).
Statuti
Non risultano statuti.
Catasti
AST, Camerale: napoleonico e Rabbini. Fonti precatastali e registri recognitivi (secoli XVI - XVIII) ASCSA.
Ordinati
Con molta discontinuità dal secolo XVII.
Dipendenze nel Medioevo
Dai canonici di Noble Val e dal monastero di San Giusto di Susa, dal castellano di Susa per il conte di Savoia. A partire dalla seconda metà del secolo XIII dall'abbazia di San Michele della Chiusa.
Feudo
Il villaggio presenta una signoria ecclesiastica organizzata in una prepositura maggiore (canonici di Sant'Antonino; poi monaci di San Michele) e in una prepositura minore, che costituisce un appannag­gio riservato all'ufficio del sacrista del monastero di San Giusto in Susa; dal tardo Duecento, tutti si riconoscono nel potere coordinante dei con­ti di Savoia. I due terzi del feudo spettavano al parroco pro tempore. Il terzo collegato alla prevostura di San Desiderio (che risulta priva di cura d'anime e comunque completamente in rovina du­rante la visita di Gabriele Ignazio Bogino, vicario di San Michele della Chiusa, nel 1744),con la soppressione dell'abbazia di San Giusto fu de­voluto al Regio patrimonio, quindi infeudato al conte Pullini e infine riscattato dalla comunità.
Mutamenti di distrettuazione
Sant'Antonino rientra nel­l'area della castellania di Susa; dopo il 1592 nell'area del governatorato del Forte di Santa Maria di Susa e dopo il 1621 nella provincia di Susa.
Comunanze
A metà Settecento, delle 2418 giornate che compon­gono il territorio comunale, 444 risultano comunitarie, classificate come pascoli e gerbidi. Risultano inoltre 100 giornate di terreno paludoso a ridosso della grangia certosina di Comboira. Sulla base di una dichiarazione dei carabinieri Reali in data 13 ottobre 1925, vengono segnalate terre comuni a uso pascolo per una superficie di circa 400 et­tari. Sulla base di accertamenti richiesti dal Commissariato per la liqui­dazione degli Usi Civici, risultano beni demaniali per ettari 377.61.81 e beni comunali alienabili per ettari 33.70.44. In sede di liquidazione ven­gono accertati 412 ettari, di cui inalienabili (categoria A) 362, e 50 ettari in categoria B, dei quali si provvede all'alienazione come boschi cedui in regione Vernetti (CLUC, Sant'Antonino).
Liti Territoriali
Varie liti territoriali con il vicino comune di Villarfocchiardo per la costruzione di opere idrauliche lungo il corso della Dora. Lite con il comune di Coazze per i tenimenti di bosco e pascolo a ridosso del Col Bione, per i quali, fin dal 1385, il co­mune si fece riconoscere dal conte una salvaguardia dagli uomini di Coazze. Di piena proprietà della prevostura maggiore risultava poi la tenuta della Moschettera e prato Siberto, di 181 giornate, inserita tra i territori di Vaie, Coazze e Sant'Antonino, concessa in enfiteusi agli uo­mini di Coazze (APSA, carte antiche). Intervenne, nella controversia insorta con i Coazzesi, che per la mancata soluzione del canone enfiteutico furono contestati nel diritto d'uso della tenuta, lo stesso abate di San Michele della Chiusa, con l'accordo di pagare nel giorno di sant'Andrea sei soldi di buona moneta: quattro al prevosto maggiore e due al prevosto minore di San Desiderio, come appare da due distinte transazioni, l'una del 19 settembre 1378 e la successiva conferma del 29 maggio 1480 (loc. ult. cit).
Fonti
A.C.S. (Archivio Storico del Comune di Sant'Antonino di Susa).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
AC Rivoli (Archivio storico della Città di Rivoli)
Atti di lite, Cause e liti, Atti Rivoli Communità contro Pullini [di Sant'Antonino] 71.4 Codice Paese Italia (IT) Istituto di conservazione Archivio Storico del Comune di Rivoli Segnatura definitiva L 353 Segnatura originaria in lettere scanzia ottava, casella quarta Segnatura originaria in numero 71 Numero contenitore fisico definitivo 524.4 Titolo originale Atti Rivoli Communità contro Pullini [di Sant'Antonino] Contenuto contiene: testimoniali di presentazione Data Specifica 1814.
Bibliografia
G. CASIRAGHI. La diocesi di Torino nel Medioevo, Torino 1979 (BSS, 196).
G. CASIRAGHI, L'organizzazione ecclesiastica di San Michele della Chiusa nella diocesi di Torino )sec. XI-XIV), in "B.S.B.S.", 85 (1986), pp. 57 -135.
G. CASIRAGHI - P. CANCIAN, Vicende, dipendenze e documenti dell'Abbazia di San Michele della Chiusa, Torino 1993 (BSS, 210).
C. CIPOLLA, Le più antiche carte diplomatiche del monastero di San Giusto di Susa (1029 -1212). in "Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo", 18 (1896), pp. 68 - 75.
G. CLARETTA. Storia diplomatica dell'antica Abbazia di San Michele della Chiusa con documenti inediti, Torino 1870.
G. CLARETTA, L'Abbazia di San Michele della Chiusa nel Medioevo. Notizia storico-critica e sfragistica, in "Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino", 22 (1886 - 87), pp. 371 - 391.
L. PATRIA, Prima del Laietto. Chiese, oratori e cappelle cimiteriali su terra monastica di San Giusto di Susa fsecc. XI - XV). in San Bernardo a Laietto. Chiese, cappelle e oratori frescati nella valle di Susa tardogotica, Susa 1992, pp. 9 - 59.
C. ROTELLI, Una campagna medievale. Storia agraria del Piemonte fra il 1250 e il 1450, Torino 1973.
G. SERGI, L'aristocrazia della preghiera. Politica e scelte religiose nel Medioevo italiano. Roma 1994.
G. SERGI, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995.
Descrizione Comune
Sant’Antonino di Susa
     La località fu denominata burgus Sancte Agate nell'atto di fondazione del monastero di S. Giusto di Susa (1029), ma è già citato come vicus Sancti Antonini nella narrazione delle vicende che spinsero l'abate Benedetto II di S. Michele della Chiusa a scegliere un esilio volontario fuori dalle terre di sua giurisdizione durante un violento conflitto con il vescovo di Torino Cuniberto. Le vicende a cui il cronista si riferisce sono della metà del secolo XI e la cronaca fu redatta alla fine di quello stesso secolo, o nei primissimi anni del successivo.
     Nel 1147, un docu­mento di conferma delle immunità del monastero di S. Giusto di Susa, rilasciato dal conte sabaudo Amedeo III, abbandona l'originaria de­nominazione di borgo Sant'Agata e introduce ormai senza incertezze il nuovo agionimo. L'arrivo del culto rovergate di sant'Antonino fu fa­vorito dai marchesi di Torino secondo una carta — peraltro non origi­nale — del 1043 e la modificazione dell'agionimo avrebbe dunque avu­to un significato esaugurale con l'affermarsi della nuova devozione.
     Quando, peraltro, nella seconda metà del secolo XIII, la chiesa di Sant'Antonino passò, per pochi anni, sot­to il controllo di San Giusto di Susa e, definitivamente, sotto la giurisdi­zione di San Michele della Chiusasi perse la nozione dell'origine rovergate del santo; in età moderna si considerò il patrono del comune come un esponente di quella legione tebea che forniva popolarissime figure santorali in questo tratto delle Alpi.
     Si deve considerare come, nell'archivio parrocchiale di Sant'Antonino si abbia notizia dell'abate Decano, che, il 9 maggio 1273, fece autenticare come vidimus l'atto del marchese Enrico e della contessa Adelaide del 1043, poiché a San Michele era possibile rafforzare il controllo su Sant'Antonino proprio grazie ai suoi originari collegamen­ti con le terre del sud dell'attuale Francia e, in modo particolare, al priorato clusino di Catus.
     Precedentemente, nel 1247, l'abate Giacomo di Susa si era fatto riconoscere da Innocenzo IV la prevostura di Sant'Antonino pagando un'annualità censuaria alla casa madre di Rodez. L'operazione avrebbe permesso all'abate di Susa di consolidare il dominio sul villaggio, che già deteneva per un terzo in base all'atto di fondazione di S. Giusto (1029) con il controllo della prevostura di S. Desiderio. Le due prevosture venivano normalmente indicate nelle fonti: la maggiore (Sant'Antonino) e la minore (S. Desiderio).
Per mo­tivi che la documentazione non consente di appurare, l'operazione di S. Giusto non si realizzò pienamente e, nel 1278, Girardo Girardi, fiducia­rio del monastero di S. Michele della Chiusa, priore di Beaume e "tenenti domum Sancti Antholini", riceve un atto di fedeltà di un nuovo abitante in Sant'Antonino, con l'appoggio del castellano di Avigliana.
Minor peso, sotto il profilo signorile, ebbero le presenze cistercensi e certosine delle grange di Sant'Antonino e Comboira. Le monache di Brione vi sono attestate, oltre che con una grangia, anche con uno hospitale (attestato, però, solo nel secolo XIII), situato presso la chiesa mag­giore. La grangia certosina di Comboira si inseriva invece in un'area marginale e paludosa verso i confini con Villarfocchiardo, dove peraltro lo sfruttamento dell'incolto produttivo permetteva una significativa speculazione dell'allevamento ovino e bovino.
Le due chiese locali (la "maggiore" ora clusina, e la "minore" da sempre di San Giusto) avevano il pieno controllo sul villaggio e sviluppavano una locale signoria di banno, riconoscendo la superiorità e il coordina­mento del conte sabaudo. Nel 1385 gli uomini di Sant'Antonino, sia del piano che della montagna, riconoscono di dover partecipare all'eserci­to del conte: secondo le consuetudini del monastero di Susa se uomini dell'abate segusino, ovvero secondo le consuetudini degli uomini di Susa e valle se uomini della prevostura maggiore.
Le due chiese con­trollano la bannalità minore e rurale e anche la maggiore, a eccezione dei cinque banni regali dell'effusione di sangue, incendio, furto, spergiuro e adulterio. Pagano inoltre al conte la taglia, il giogatico e vari diritti censuali, mentre, per il ramagium, se gli armenti vengono os­pitati nei domicili e nel chiostro della chiesa maggiore, quest'ultima percepisce il diritto bannale.
Il controllo delle due chiese include anche il funzionamento della comunità: nel 1330 un atto di sindacato deciso dai capi di casa del villaggio viene rogato durante un'assemblea che si tiene presso la chiesa maggiore e i due prevosti lo ratificano come atto di controllo.
Nel Settecento la situazione appare immutata: la parrocchia esercita la signo­ria per due terzi, mentre il terzo della prevostura minore (poiché la chiesa di S. Desiderio è in completa rovina) risulta ormai consolidato nella mensa di San Giusto. La giurisdizione spirituale è ormai esercita­ta dalla sola chiesa di Sant'Antonino, che riscuote le decime, ridotte, in base a una convenzione del 21 giugno 1599, a un censo di 39 scudi d'oro.
I beni ecclesiastici “immuni” ammontano a oltre 332 giornate, di cui 80 formano il patrimonio della cascina parrocchiale, tanto che la chiesa era una delle più ambite della valle di Susa, con un reddito annuo che era stimato (1753-1777) in 1800-2000 lire di Piemonte.
La produzione agraria era organizzata in circa 700 giornate di campi e prati, 800 gior­nate di castagneti e ontani, oltre a 1000 giornate di bosco nell'area mon­tana, per una popolazione stimata, a metà Settecento, in 530 unità. Scarsissima era la produzione del vino, di scadente qualità, per il quale si registravano 95 giornate di alteni. Una certa crescita era stata registrata per le attività artigianali e di appoggio al transito lungo la strada reale, tanto che l'intendente Alessandro Rossi, nel 1777, segnala "diversi artisti, osti e prestinai ed è provvisto di negozio di pannine, telerie, ferro e serve di tappa a molti de' viandanti, trafficanti e forestieri a preferenza delle altre longo la rotta".
Vi era una fabbrica "di vasi da terra", mentre una dozzina "di particolari di questo luogo pren­dono sovente l'impresa di condurre per via di radelli sulla Dora legna­mi da fabbrica che si provvedono da Chiomonte, Gravere, Mattie e S. Giorio e conducono essi boscami sino ad Alpignano dove da certo Gardino sono ricevuti e si fanno poscia condurre alla capitale col mez­zo di carri". Anche i buoi del villaggio (nel 1753 se ne contavano 36) erano usualmente impiegati per i trasporti delle merci, "in tempo d'in­verno ed anche intervallatamente pendente l'anno possono fare di­verse condotte di grivere (formaggi) da Susa a Torino e soglieno in essa capitale ricaricare sale per servizio de' banchi della Provincia e questo commercio può fruttare a questo luogo annualmente lire 500".
Lo sviluppo di Sant'Antonino percepibile alla fine dell’Antico regime proseguì in età napoleonica e durante i primissimi anni della Restaurazione. Il Comune chiese di essere elevato a capo di un nuovo mandamento provin­ciale. Richiese anche di ottenere un mercato ebdomadario, ma trovò sempre l'opposizione di altri comuni già sede di mercato. Il migliora­mento della viabilità locale spinse la comunità a provvedere con nuovi ponti all'attraversamento della Dora verso Borgone, ma la situazione del fiume verso Villarfocchiardo fu invece fonte di liti continue con quella comunità, che era solita provvedere alla salvaguardia del suo ter­ritorio con dighe e respingenti, che scaricavano la forza del fiume verso la sponda destra, in territorio di Sant'Antonino.