Cureggio

AutoriColombo, Emanuele
Anno Compilazione2008
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Novara
Area storica
Novarese
Abitanti
2.251 (1.093 M, 1.158 F) [dati censimento Istat 2001]
Estensione
Kmq 8,38
Confini
Boca, Borgomanero, Cavallirio, Fontaneto d’Agogna, Maggiora
Frazioni
Cascina Balchi, Cascina Prati, Cascine Enea, Cuscinetto, Marzalesco. Vedi mappa.
 
Toponimo storico
Varie le ipotesi sul toponimo, che è in ogni caso molto risalente. Il più accreditato è “curia regis” o “curtis regia”, da cui Quiregium, e deriverebbe appunto dalla presenza della corte di un re. Un’altra possibilità è Equiregium, dal nome dei cavalli che un qualche re avrebbe tenuto sul posto. Una linea d’interpretazione completamente diversa trova nel nome le voci celtiche Cur, caro, ed eg o ech, campo lavorato, e rimanderebbe all’importanza agricola di Cureggio in età romana e pre-romana [De Vit, p. 17].
Diocesi
Fa storicamente parte della diocesi di Novara.
Pieve
La pieve di S. Maria di Cureggio è una delle più antiche del Novarese, rimontando al VII secolo, e svolse un’importante funzione per la diffusione del cristianesimo nel medio Novarese. Tra IX e X secolo rientravano nella giurisdizione della pieve cureggese le chiese di Borgo S. Leonardo, S. Martino di Vergano, Boca, Piazo, Caristo. Nel XII secolo, il declino del ruolo di Cureggio, sostituito da Borgomanero, portò con sé anche quello della pieve, le cui chiese iniziarono a diventare autonome [Beccaria, Brevi linee per una storia].
Con la riorganizzazione bascapeiana in vicariati, Cureggio entra a far parte del vicariato di Borgomanero e Gattico [Bascapè].
Nella visita pastorale del 1590 del vescovo Speciano, S. Pietro di Marzalesco figurava tra gli oratori di Fontaneto, sottoposto dunque alla pieve di Suno. A partire dal 1597, rientra tuttavia sotto Cureggio e così anch’esso entro il vicariato di Borgomanero e Gattico. Ancora nel tardo Seicento, il curato di Fontaneto rivendicava il beneficio di S. Pietro di Marzalesco [Beccaria, Cureggio e i canonici di S. Giulio, p. 86].
Altre Presenze Ecclesiastiche
La parrocchia di Cureggio, intitolata a S. Maria Assunta, data probabilmente al XII secolo (tra 1100 e 1125) e venne costruita su una precedente cappella del IX-X secolo. Le altre chiese del territorio erano a fine Seicento quelle di S. Giovanni Battista (cioè il battistero, posto di dirimpetto alla parrocchiale), S. Rocco (costruita nel 1623 vicino alla prima cappella dedicata al Santo, edificata nel corso delle pestilenze del primo Cinquecento), S. Felicita (sita nella piazza principale del paese), S. Eustachio (ridotto però a una “cappelletta fuori di Cureggio dalla parte di sera, mezza rovinata e senz’altare”), S. Giorgio, S. Bernardo detto di Mombello, S. Lorenzo, S. Sebastiano, S. Francesco (il cui beneficio era di proprietà della famiglia Zanoli) e Santa Maria del Castellazzo [ASDN, Teche Cureggio, 1, Inventario del 1692]. Quest’ultima, detta anche Madonna dell’Uva per le vigne che la circondavano, sorgeva nell’antica area del castrum cureggese. Costruita una prima volta nel XII secolo, venne distrutta assieme al castrum da Galeazzo Visconti nel 1311. In seguito, essa appare di giuspatronato della famiglia che aveva la proprietà del colle: prima i Langhi (che erano stati investiti da Filippo Maria Visconti della cappellania di Cureggio), nel Sei-Settecento i Leruela-Caxa, poi nell’Ottocento i Carcano e infine i Conelli De Prosperi [Teruggi, Guelfi e ghibellini].
Tra Cureggio e le Cassine d’Enea, in una regione chiamata Monteregio o Rama esisteva poi un monastero con annessa chiesa detto di S. Maria della Rama, fondato nel 1518 dai successori di Galeazzo Visconti feudatario di Fontaneto, in seguito ad un suo lascito testamentario [De Vit, p. 142]. Soppresso il monastero (probabilmente nella seconda metà del Seicento sulla scia delle soppressioni innocenziane), rimase la chiesa, ancora attiva nell’Ottocento.
Nel territorio parrocchiale di Cureggio rientravano anche gli oratori di S. Pietro di Marzalesco e di S. Bernardo alle Cassine d’Enea [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 17, 1723]. La chiesa di S. Pietro, che il De Vit datava al XIII secolo, risale probabilmente all’XI. Nel 1857 fu inaugurata a Marzalesco una chiesa appena costruita, più vicino al centro della frazione, cui venne trasferita la dedicazione a S. Pietro. Di conseguenza, l’antica S. Pietro mutò la sua denominazione in Madonna della Neve [Fornara, San Pietro di Marzalesco].
A Cassine d’Enea l’unica chiesa risulta essere a inizio Settecento proprio l’oratorio di S. Bernardo, in cui esisteva un beneficio che permetteva di finanziare 120 messe annue da tenersi prevalentemente nei giorni festivi [A.V.N., Teche Cureggio, 1, 12/3/1703].
Assetto Insediativo
A inizio Cinquecento, Cureggio appariva come un borgo fortificato circondato interamente da fossato, con l’antica villa a nord-ovest del castello (il castrum de cureio è attestato per la prima volta nel 1025), il borgo antico a est e un piccolo quartiere di nuova costruzione a sud [Teruggi, Guelfi e ghibellini, p. 126]. Il cuore dell’antica villa era denominato con il toponimo tedenga. Il successivo burgus si espanse a sud di questo nucleo originario.
Con l’inclusione di Marzalesco e Cassine d’Enea nel Settecento, Cureggio diventa un comune dotato di tre corposi nuclei insediativi fra loro staccati. A sua volta, a Marzalesco esisteva “una cassina che si chiama la Colombara”, staccata dal corpo del paese [A.S.M., Feudi Camerali p.a., 105, interrogatio del 7/12/1714 di Gio. Batta Loria console di Marzalesco].
Comunità, origine, funzionamento
L’insediamento di Cureggio vanta un’origine antichissima, risalendo alla tarda età del bronzo.
Prima della fondazione di Borgomanero, avvenuta alla fine del XII secolo, quasi tutti i terreni poi appartenenti al nuovo borgo erano di proprietà di Cureggio, che si estendeva su circa i ¾ della corte di Baragiola [Beccaria, Cureggio e i canonici, p. 74].
Il vicus di Marzalesco è attestato per la prima volta nel 902 [Gabotto, Lizier, Moranti, Scarzello, Le carte dell’archivio capitolare di S. Maria, p. 31].
Per tutto il Cinquecento, la comunità si riunisce per le decisioni più significative nel sindacato (riunione di tutti i capi di casa), che si teneva in piazza. Comunque già dall’inizio Cinquecento a Cureggio e dopo il 1575 a Marzalesco esistevano due consoli, cui era demandata l’amministrazione comunale. Ancora nel 1714 non esisteva a quanto pare a Marzalesco un consiglio comunale, in una comunità del resto di appena 30 fuochi [ASM, Feudi Camerali p.a., 105, interrogatio del 7/12/1714 di Gio. Batta Loria console di Marzalesco]. A Cureggio vi erano però nel Cinquecento quattro “credenziari” o sindaci che coadiuvavano i consoli. Le riunioni comuni di sindaci e consoli rappresentarono di fatto per Cureggio l’embrione del consiglio comunale. Ancora nel 1714, quando Cureggio aveva 59 fuochi, non viene segnalata la presenza di un consiglio comunale vero e proprio ma vi sono ancora due consoli “li quali si mutano ogni sei mesi” [ASM, Feudi Camerali p.a., 105, relatione pro infeudatione del 19/11/1714]. La dizione della rappresentanza che viene utilizzata nei documenti ufficiali (per esempio le deroghe giudiziarie) è “Consules, sindici et homines loci Curegij” [ASM, Senato, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, 30, Cureggio, 25/6/1659].
Il momento in cui si forma un consiglio comunale vero e proprio è così quasi certamente databile all’epoca sabauda, probabilmente al 1771, da quanto cioè iniziano a essere disponibili gli ordinati della comunità (chiamati però significativamente “atti consolari”). A seguito del Regolamento dei pubblici (1775), Il consiglio risulta composto da cinque sindaci e amministra anche la comunità di Cassine d’Enea.
Statuti
In archivio storico-civico non sono conservati statuti della comunità, e anche altrove non sono segnalati. La loro mancanza è forse da connettere alla prolungata assenza di un consiglio comunale vero e proprio.
Catasti
In Archivio storico-civico sono presenti gli ordinati (sotto la dicitura di “atti consolari”, ma si tratta a tutti gli effetti delle deliberazioni del consiglio) a partire dal 1771 [ASCU, categoria I, cart. 2, atti consolari 1771-1795]. La serie riprende poco dopo, coprendo il periodo napoleonico [categoria 2, cart. 2, “atti consolari” 1797-1815] e, con una segnatura archivistica ancora differente, la Restaurazione e l’Unità [categoria 3, cartt. 46-48, 1816-1870].
Ordinati
La comunità “Ha le proprie mappe, cioè Cureggio con Marzalesco tutto unita, e Cassine d’Enea da se sola” [Prefettura dell’Agogna, 552, risposta del comune al prefetto relativamente alla proposta di aggregazione dei comuni di seconda e terza classe, 1807]. In archivio storico-civico sono presenti otto grossi volumi segnati genericamente come “catasto terreni”, che prendono nota delle proprietà di Cureggio (con le volture) apparentemente senza soluzione di continuità a partire dalla seconda metà del Settecento fino al Novecento. I volumi sono corredati da un indice dei possessori, uno di stato dei cambiamenti e un registro cronologico delle volture.
Per Cassine d’Enea sono inoltre presenti un catasto specifico e un sommarione sabaudo del 1776.
Dipendenze nel Medioevo
Ottone I assegnava il 29/7/962 la corte di Baragiola, comprendente Cureggio e Marzalesco, al capitolo dell’Isola di S. Giulio con la finalità di sottrarre queste terre ai conti di Pombia [Beccaria, La corte ottoniana]. All’inizio dell’XI secolo pare però che la corte fosse ricaduta nelle mani dei Pombia per alcuni decenni; nel 1039 il vescovo Gualberto la restituì al capitolo.Cureggio passa poi ai conti di Biandrate alla fine del XII secolo.
Marzalesco era invece nello stesso periodo un feudo dipendente dal monastero benedettino di Fontaneto intitolato ai SS. Fabiano e Sebastiano. Tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo l’abate del monastero incaricò una ricca famiglia locale della riscossione decimale, i Da Marzalesco. Verso la fine del XII secolo, Marzalesco passò assieme assieme al monastero di Fontaneto sotto l’abbazia dei SS. Giustiniano e Felino di Arona. Tra XII e XIII secolo i Da Marzalesco entrano in conflitto con l’abbazia, dando vita anche ad uno scontro armato. In seguito a ciò, nel 1214 l’abbazia vende la giurisdizione su Marzalesco al comune di Novara. Nel frattempo, anche Cureggio era entrato nel 1202 a far parte del comune novarese [Beccaria, Cureggio e i canonici di S. Giulio, pp. 79 e 86].
A inizio Duecento, Cureggio era ancora sede di due mansi appartenenti al capitolo di S. Giulio, che da tempo però aveva abdicato prima a favore dei conti di Pombia e dei da Biandrate, e poi del comune di Novara per quanto riguarda le più importanti funzioni pubbliche (amministrazione della giustizia, poteri militari, etc). A metà Trecento il potere del capitolo giuliano sull’area pare esser entrato ormai in crisi definitiva, come testimonia un atto di scomunica del 1331 diretto a tutti i consoli delle comunità che non pagavano più gli affitti ad Orta (tra cui Cureggio) [Teruggi, p. 108]. Contemporaneamente, peraltro, i mansi di Cureggio pagavano le decime a un terzo soggetto, cioè alla pieve e ai capitanei da essa nominati (probabilmente prima una famiglia Da Cureggio e poi una Da Boca).
Feudo
Cureggio e Marzalesco hanno fatto storicamente parte del feudo di Borgomanero, che era stato infeudato da Galeazzo Sforza alla famiglia Trivulzio il 21/11/1466. I Trivulzio rimasero titolari del feudo fino al 1549, pur con alcune interruzioni nel corso della guerra intercorsa tra 1513 e 1530, essendo essi fautori dei francesi (furono titolari del feudo Anchise Visconti nel 1513-15 e nel 1523-25; Giovanni de Urbina, un capitano spagnolo, tra 1526 e 1529; Mercurino Gattinara nel 1529-30). Nel 1549 la discendenza maschile dei Trivulzio si estinse. Carlo V eresse il feudo a Marchesato di Borgomanero e lo concesse nel 1552 assieme a Porlezza a Sigismondo d’Este [Privilegium errectionis Marchionatus Pheudorum Burgi Maineri & Porletiae concessum per Carolum Quintum Imperatorem marchioni Sigismundo Estensis & eius filiis & descentibus masculis, ASM, Feudi Camerali p.a., 105]. Il feudo rimase agli Este fino al 1757, quando morì senza eredi Chiara Colomba Cobianchi vedova di Gabriele d’Este. Nel 1763 i Savoia assegnarono il feudo al Duca del Chiablese, cui rimase fino all’estinzione dei diritti feudali nel 1797 [Monferrini, Cureggio e Marzalesco; Dessilani].
Mutamenti di distrettuazione
A partire dal 1535 il Novarese, come parte dello Stato di Milano, entra a far parte dell’impero spagnolo. Verso il 1560 nasce il Contado di Novara, istituzione intermedia tra la Regia camera e le comunità con scopi prevalentemente fiscali, nata dalla contrapposizione tra le campagne e le città per la definizione dell’estimo.
Per un breve periodo, dal 1713 (trattato di Utrecht) al 1738 (pace di Vienna) il Novarese passa sotto la dominazione austriaca.
Nel 1738 il Novarese entra a far parte del Regno di Sardegna fino al 1798, anno in cui vi fu la conquista napoleonica. Nel 1799-1800 si frappone la breve parentesi dell’occupazione austro-russa. Nel maggio del 1800 tornarono al potere i napoleonici. Il 7 settembre 1800 un decreto di Napoleone istituiva il Dipartimento dell’Agogna, con confine sul Sesia, che aveva come capoluogo proprio Novara. Il Novarese entra così a far parte del Regno d’Italia con capitale Milano, mentre il resto del Piemonte è incorporato nell’impero francese. La legge del 25 fiorile anno IX (13/5/1801) riorganizzava i dipartimenti; quello dell’Agogna comprendeva cinque distretti: Novara, Vigevano, Domodossola, Arona, Varallo Sesia. Nel 1814 il Novarese passa di nuovo ai Savoia.
Mutamenti Territoriali
Nel corso della formazione dell’estimo di Carlo V, Marzalesco venne inizialmente considerato unito a Cureggio, mentre la piccola comunità di Cassine d’Enea (Capsinae domini Aenaes de Torniellis), interamente di proprietà delle famiglie Tornielli e Cremona, riusciva già nel 1553 a figurare come corpo separato, mentre in precedenza Cassine era considerata unita a Cureggio per quanto riguarda la sua quota fiscale. Marzalesco diede vita allora ad un ricorso presso la Regia camera ed a una lite contro Cureggio che nel 1572 portava alla separazione tra le due comunità e dunque a una gestione indipendente della tassazione. Il magistrato incaricava infatti Gio Pietro Ugazio di fare “la separatione de carichi tra le Comunità di Cureggio et di Marcelesco, et assegnasse a caduna d’esse parti la sua contingente portione de carichi ci spetta, avuta consideratione alli beni et teste di detti huomini” [Monferrini, Cureggio e Marzalesco nel Cinquecento, p. 289].
Nel 1723 la situazione non era cambiata. Il console di Cureggio affermava che “Il nostro comune non è mai stato unito ad alcuna comunità, ma bensì dal nostro molto tempo fa si separò per via di quota il comune di Marzalesco, e sino ad ora ha fatto Comune da sé” [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, interrogatio del 13/8/1723 di Giovanni Erbetta, console della comunità]. Per quanto riguarda Marzalesco si diceva altresì che “cento anni sono era unito al comune di Cureggio, ma da allora a questa parte ha sempre fatto comune da sé” [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 bis fasc. 26, interrogatio del 2/6/1723 di Battista Ottoni, console della comunità].
Ancora nel 1723 Cassine d’Enea era considerato un comune a sé stante, nonostante dipendesse spiritualmente da Cureggio non avendo una propria parrocchia. Nel 1703 la comunità aveva appena “otto focolari et capi di casa” [ASDN, Teche, 1, 12/3/1703].
In età napoleonica Cureggio, Marzalesco e Cassine d’Enea figurano uniti in un unico comune, Cureggio. La riunificazione pare essere avvenuta in periodo sabaudo, come testimonia per Marzalesco la nota del regio tasso che vede Marzalesco essere censita assieme a Cureggio dal Generale delle finanze per il pagamento delle tasse [ASCU, 1, Nota del regio tasso, censo del sale et altri carichi da imporsi nella comunità di Cureggio e Marzalesco per l’anno 1776 e Causato della Comunità di Cureggio con Marzalesco per l’anno 1796]. Per quanto riguarda Cassine d’Enea, gli atti consolari di Cureggio di fine Settecento contengono un preambolo in cui si dice che il consiglio della comunità si occupa anche dell’amministrazione di Cassine d’Enea.
Comunanze
Nel 1602, a Cureggio vi erano 219 pertiche novaresi di beni comunali, a fronte di 582 ecclesiastiche, 6.325 appartenenti a cittadini e 1.640 a rurali [ASM, Feudi Camerali p.a., 412]. Specialmente a confronto con altre realtà dell’area tra Borgomanero e il Sesia, le comunanze paiono dunque poco sviluppate, sebbene da alcuni documenti cinquecenteschi sembrerebbe che in realtà le comunanze fossero più estese. In particolare, nel 1589 la comunità aveva acquistato dai Visconti di Fontaneto il bosco della rama, nel Monteregio, di circa 236 pertiche, e si era deciso che “la detta baraza si debba tensar da tre anni in tre anni cioè un terzo per caduno anno et qual terzo si debba dividere alla ratta dell’estimo di Cureggio che pagha con la detta comunità”, spartendo dunque i frutti del bosco secondo le quote d’estimo [Monferrini, Cureggio e Marzalesco, p. 276].
Nell’Ottocento il comune produce una raccolta di documenti per l’attestazione di diritti su svariati pascoli [ASCU, cart. 1, fasc. 27, Servitù attiva di pascolo sulla brughiera della Rama. Atti e documenti anteriori all’anno 1700 che provano l’esistenza della servitù a favore dei terrieri di Cureggio].
Nel 1723, le rendite di Cureggio consistevano in due moggia di prato affittate a lire nove l’anno e in un forno fittato a 103 [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 bis fasc. 26, interrogatio del 2/6/1723 di Battista Ottoni, console della comunità], che veniva regolarmente incantato anche in periodo napoleonico [ASN, Prefettura dell’Agogna, 370, comunicazione del cancelliere del censo di Borgomanero al prefetto del 12/1/1805], quando in realtà i forni affittati erano due essendosi aggiunto anche quello di Marzalesco, che era stata nel frattempo aggregata a Cureggio [ASN, Prefettura dell’Agogna, 370, 18/3/1808]. Nel Cinquecento uno dei forni comunali era appartenuto alla famiglia Langhi, che l’affittava regolarmente alla comunità, la quale a sua volta provvedeva a sub-affittarlo.
Liti Territoriali
È rimasta memoria di un’antichissima lite con Borgomanero, che data 1194 (pochi anni dopo la fondazione di quest’ultimo), e che vede contrapposti homines dei due luoghi. I cureggesi erano fittavoli del capitolo di S. Giulio e su istigazione dei canonici avevano demolito una roggia scavata dai borgomaneresi per derivare acqua dall’Agogna. Ne seguì un aspro conflitto e un periodo di tensioni tra Borgomanero e Novara (che aveva promosso la sua recente fondazione) da una parte e i canonici dall’altra. Negli anni Venti del XIII secolo le liti erano a quanto pare molto frequenti, e riguardavano in primis le acque ma anche i confini. Nel 1225 Borgomanero e Cureggio fissarono i confini tra i loro territori, operazione che sancì una momentanea vittoria di Cureggio, la quale riuscì a conservare buona parte dei suoi fondi.
È attestata poi una lite territoriale di Cureggio con Marzalesco, al tempo della compilazione dell’estimo di Carlo V. L’estimo considerò inizialmente uniti i due comuni, scatenando le proteste di Marzalesco, che nel 1569 ottenne una sentenza favorevole, cui rispose Cureggio nominando un paio di procuratori (Bernardo Palladio e Francesco Arrigone) che si opposero per suo conto alla decisione. Nel 1572, però, la Regia camera decise per la separazione, scindendo le due comunità. Cureggio continuò a opporsi alla decisione ma senza successo. Nel corso del secolo, la lite si sposta sul piano rituale: Cureggio si rifiuta di condividere con Marzalesco la carità della confraria di S. Spirito [Monferrini, Cureggio e Marzalesco nel Cinquecento, p. 289].
Fonti
A.S.M. (Archivio di Stato di Milano).
A.S.M., Censo p.a., cart. 1.076, richieste di moratoria di Cureggio del 16/9/1648 e del 5/10/1650;
A.S.M.,Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, Sommario di Cureggio, 1723; A.S.M.,Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, interrogatio del 13/8/1723 di Giovanni Erbetta, console di Cureggio; Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 17, 1723 (Cassine d’Enea);
A.S.M.,Confini parti cedute, cart. 23 bis fasc. 26, interrogatio del 2/6/1723 di Battista Ottoni, console di Marzalesco; Feudi Camerali p.a., cart. 105, Privilegium errectionis Marchionatus Pheudorum Burgi Maineri & Porletiae concessum per Carolum Quintum Imperatorem marchioni Sigismundo Estensis & eius filiis & descentibus masculis; Feudi Camerali p.a., cart. 105, interrogatio del 7/12/1714 di Gio. Batta Loria console di Marzalesco; A.S.M.,Feudi Camerali p.a., cart. 105, relazione pro infeudatione del 19/11/1714;
A.S.M.,Feudi Camerali p.a., cart. 412, 1602; Senato, Deroghe giudiziarie per corpi e comunità, cart. 30, Cureggio, 25/6/1659.
 
A.S.N. (Archivio di Stato di Novara)
A.S.N., Prefettura dell’Agogna, cart. 370, comunicazione del cancelliere del censo di Borgomanero al prefetto del 12/1/1805;
A.S.N., Prefettura dell’Agogna, cart. 370, 18/3/1808;
A.S.N., Prefettura dell’Agogna, cart. 552, risposta del comune al prefetto relativamente alla proposta di aggregazione dei comuni di seconda e terza classe, 1807.
 
A.V.N. (Archivio Storico Diocesano di Novara).
A.V.N.,: Teche Cureggio, 1, Inventario di tutti li beni mobili, stabili del 1649; A.V.N., Teche Cureggio, 1, Inventario del 1692;
A.V.N., Teche Cureggio, 1, 12/3/1703 (su Cassine d’Enea).
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Descrizione Comune

Cureggio

    Cureggio e la sua pieve vantano un’origine antichissima, avendo occupato quei territori che formeranno, dal XII secolo in poi, la comunità di Borgomanero, fondata dalla città di Novara e in cui si trasferirono buona parte dei cureggesi. Come riporta il Molli nella sua raccolta di notizie su Cureggio, “Oppidum elogiis veteribus insigne vocant quin imo ipse Merula inter praecipua Agri Novariensis” [Notizie su Cureggio, AM, 140]. In seguito, il suo ruolo di grande rilevanza nel medio Novarese fu sminuito proprio dalla crescente importanza di Borgomanero, che ne prese il posto. Iniziò da quel momento un rapido processo di erosione delle prerogative di Cureggio nella zona, partendo dagli aspetti ecclesiali (la pieve) per arrivare alla definizione del territorio. Nel 1225 furono fissati confini precisi tra Borgomanero e Cureggio: si diceva che i confini di Cureggio distavano soltanto “due lance di terra da dove iniziavano i fossati del borgo”.
Nei secoli del Basso Medioevo, tuttavia, l’espansione di Borgo ridusse costantemente l’estensione del territorio cureggese. Cureggio si avviò così a diventare una comunità satellite di Borgomanero, sia dal punto di vista commerciale (faceva infatti riferimento al mercato settimanale borgomanerese) sia da quello amministrativo.
Il Cinquecento è il secolo che vede la definitiva ascesa di Borgo. Il feudo, di cui fa parte Cureggio, viene eretto a marchesato e Borgo esercita una funzione molto importante nell’amministrazione della giustizia in quanto sede del podestà, che giudica anche molte cause di cureggesi [Zanetta]. La riforma ecclesiastica del Bascapè premia Borgo (pur in un primo momento in sodalizio con Gattico) mettendolo a capo del vicariato. A fine Cinquecento nasce il Contado di Novara, ovvero l’organismo di rappresentanza delle comunità rurali, in cui Borgo e i suoi notabili giocano un ruolo di prima grandezza mentre Cureggio non è nemmeno terra vocale, avente cioè diritto di parola durante le congregazioni dell’istituzione [Gnemmi].
A metà Seicento, Cureggio appariva particolarmente colpita dagli effetti della guerra dei Trent’anni, tanto che “di cento e più fuochi de quali consisteva detta terra sij ora ridotta a sei o sette a causa delli eccessivi carichi, alloggi, invasioni de nemici e spese indicibili causate da tanti esattori et commissari” [ASM, Censo p.a., 1.076, richiesta di moratoria di Cureggio del 16/9/1648]. Secondo un’altra richiesta di moratoria al Magistrato Ordinario, di poco successiva, alloggiamenti militari e invasioni avevano distrutto più di due terzi delle case, riducendo in povertà gli uomini, che peraltro rimanevano debitori in solido del debito dovuto dalla comunità [ASM, Censo p.a., 1.076, richiesta di moratoria di Cureggio del 5/10/1650]. La situazione di grave difficoltà era comune a diverse altre terre del Novarese, che si trovava al confine con il Piemonte sabaudo ed era un territorio d’importanza strategica per la corona spagnola (che concesse le moratorie richieste, sospendendo in particolare le esecuzioni di crediti contro particolari della comunità nel 1649 [AM, vol. 174, risposte alle moratorie a firma Bigarolus]).
Dal punto di vista economico, l’età moderna rappresenta per Cureggio un periodo di indebolimento delle proprietà fondiarie cittadine, in controtendenza con la gran parte del Novarese. A inizio Settecento, il territorio presenta una proprietà suddivisa in perticato civile (1.496 pertiche novaresi), di interessati milanesi (500), rurale (4.131), ecclesiastico esente (323) e non esente (60) [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, interrogatio del 13/8/1723 di Giovanni Zoppi, cancelliere della comunità]. Rispetto a fine Cinquecento-inizio Seicento si ha una notevole decrescita del patrimonio cittadino, sceso da più di 6.000 pertiche a meno di 1.500. Si può supporre che una delle ragioni fondamentali dello scadimento della proprietà cittadina stesse nello scarso valore dei terreni di metà Seicento, che potrebbe aver convinto alcuni grandi proprietari fondiari a rinunciare ai loro terreni per l’eccessiva tassazione. Non è però escluso che vi possano essere altre motivazioni, poiché le principali fonti sulla proprietà cinquecentesca riportano valori eterogenei e in contraddizione tra loro, come è stato rilevato in una recente pubblicazione sul tema [Monferrini, Cureggio e Marzalesco]. Un dato riportato da Mario Crenna [Crenna, p.231] relativo ad una misura del perticato risalente al 1548 (derivante probabilmente dalle misurazioni preparatorie per l’estimo di Carlo V, ma non è dato sapere poiché l’autore non cita le sue fonti) riporta una consistenza della proprietà civile (però solo di novaresi e dunque senza i cittadini di Milano) sensibilmente inferiore a quella che si ritrova negli antichi estimi conservati in archivio Molli, utilizzati da Sergio Monferrini. La divergenza è probabilmente da attribuirsi non tanto ad una misurazione sbagliata ma alla difficoltà di censire determinati terreni come rurali o come cittadini. Bisogna inoltre considerare che nei dati cinquecenteschi Marzalesco è solitamente censita assieme a Cureggio, tanto che anzi prese spunto dalle misurazioni dell’estimo per proclamare e rendere effettiva la propria autonomia comunitativa. Nel Settecento, Marzalesco e Cassine d’Enea erano invece comunità a sé stanti. Marzalesco era nel 1723 una comunità quasi interamente rurale, in cui vi erano proprietà di cittadini molto risicate, anche se comunque secondo un’indagine feudale del 1714 il territorio consisteva in appena 1.200 pertiche [ASM, Feudi Camerali p.a., 105, interrogatio del 7/12/1714 di Gio. Batta Loria console di Marzalesco].
Dal punto di vista agricolo, i terreni erano in larga parte asciutti: “Consistono li terreni in aratori semplici, prati, vigne spesse, ronchi, boschi da taglio e da lavoro, brughere, pascoli e zerbi, il tutto asciutto, a riserva […] delli prati che li possessori hanno la raggione d’adaquare con aqua che estraggono dal torrente Gogna, che solo serve in occasione di gran piogge” [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, Sommario di Cureggio, 1723]. Il perticato dei cittadini pagava nel 1723 ancora le tasse assieme alla città di Novara, ignorando la norma che fin da fine Cinquecento vuole che i beni dei cittadini risolvano le tasse seguendo il principio dell’in loco situs, cioè a seconda di dove sono effettivamente ubicati. I fondi vengono perlopiù affittati a massaro, con divisione a terzo del grano (un terzo al padrone, due terzi al coltivatore) e vino a metà, mentre i prati sono fittati a denaro. Le tasse si distribuiscono per un quarto sul personale e per tre parti sul reale, come si è detto consistente unicamente in beni rurali. L’imbotato era di proprietà del principe Trivulzio, che l’aveva acquistato in precedenza dal feudatario di Borgomanero. Per il personale, “il maschio da quatordeci anni sino alli 18 paga per mezza testa, e dalli 18 in avanti forma testa intiera; e le sole vedove sono caricate di mezza testa; restando le altre femine tutte esenti dai carichi” [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, interrogatio del 13/8/1723 di Giovanni Erbetta, console della comunità].
Nel 1723 Cureggio aveva 352 anime, mentre Marzalesco 158; a questa data, la popolazione è descritta come abbondante. Sempre nel corso delle inchiestepreparatorie per il catasto di Carlo VI emerge un notevole immobilismo nel mercato della terra, poiché “Saranno quaranta anni a questa parte, che non è seguita una minima vendita de nostri terreni” [ASM, Confini parti cedute, cart. 23 fasc. 11, interrogatio del 13/8/1723 di Giovanni Erbetta, console della comunità]. Peraltro, occorre rilevare che Cureggio e Marzalesco apparivano verso la fine dell’età moderna singolarmente prive di strutture di cui erano solitamente dotate anche le comunità più piccole. Nel 1714 esse erano del tutto prive di osteria, prestino e beccaria [ASM, Feudi Camerali p.a., 105, interrogatio del 7/12/1714 di Gio. Batta Loria console di Marzalesco]. La “bassa” complessità istituzionale della comunità nel corso dell’età moderna è testimoniata anche da una formazione molto tardiva del consiglio comunale (fatto abbastanza raro nel Novarese, in cui tra Cinque e Seicento si formano la maggior parte dei consigli), che viene impiantato solo nell’ultimo spicchio del Settecento, in seguito all’emanazione delle Regie costituzioni sabaude. In precedenza vi erano invece solo due consoli deputati all’amministrazione della comunità, che si riunivano talora assieme a quattro credenziari, ma in maniera del tutto informale, come comprova l’assenza di ordinati.