Giaveno

AutoriPeyrot, Silvio
Anno Compilazione1996
Anno RevisioneSuggerite integrazioni
Provincia
Torino.
Area storica
Provincia di Susa.
Abitanti
12864 [ISTAT 2011].
Estensione
(SITA) ha. 7134; (ISTAT) ha 7197.
Confini
Trana (est), Perosa Argentina, Pinasca, Cumiana e Coazze (sud), Valgioie (ovest), Avigliana (nord). Il comune si colloca in una posizione centrale nel bacino idrografico del Sangone (dai 400 m del fondovalle ai 2158 del Monte Uja) tra gli spartiacque Sangone-Chisone e Sangone-Dora Riparia, occupando una fascia pedemontana di grande importanza per il raccordo dei percorsi minori tra la valle di Susa e il Torinese, l'area Val Chisone-Pinerolese e il Piemonte meridionale (SERGI, 1981, 43).
Frazioni
Maddalena, Mollar dei Franchi, Pontepietra, Selvaggio, Barolà Colpastore, Baronera, Brancard, Brancard Monterossino, Brossa, Cascinassa, Case Tetti Brandol, Ciausi, Coccorda, Dalmassi, Fornello, Fratelli Piol Pogolotti, Girella Villa, Gischia Villa, Givé, Levra Sotto, Mut, Pianpaschetto, Pomeri, Roccette, Rossa, Tetti Via, Tonni, Verna-Chiarmetta, Via Caduti sul Lavoro, Via Case, Viretta, Case Sparse (ab. 1223).
Toponimo storico
Gavensis, vicus Iaveni, dovuto probabilmente alla presenza fondiaria di una importante famiglia di patroni della colonia torinese, i Gavi (CRESCI MARRONE - CULASSO GASTALDI, 1984, 166-174).
Diocesi
Dal 1622, con la soppressione dell'abbazia di S. Michele della Chiusa, entra a far parte della diocesi di Torino. In precedenza, un'ampia giurisdizione nullius diocesis fu esercitata dall'abbazia, il cui rettore, in un documento del 1305 (CASIRAGHI 1979, p. 94), è attestato come plebanus della chiesa laurenziana, a cui facevano capo altri edifici minori nella locale articolazione della cura animarum.
Pieve
L'attestazione della pieve pare essere tarda (secolo XIV), come tale coerente con l'importanza che il vicus ha acquisito nell'ambito della dominazione locale dei monaci clusini. Lo stesso richiamo al culto laurenziano, per quanto assai radicato e risalente in questo tratto delle Alpi occidentali, ha nella tradizione una precisa attestazione come culto praticato dai monaci di San Michele su invito di Ugo di Semur, abate di Cluny: il santo abate cluniacense sconsiglia ai monaci clusini di abbandonare la sede sull'alto del monte Pirchiriano insidiata dai fulmini, commemorando quotidianamente il martire Lorenzo (RAYNALDI, Vita sancii Ugonis, PL 159, coli. 895-906).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La vita della comunità è dominata nel Medioevo e nella prima età moderna dalla presenza del monastero di S. Michele della Chiusa, fondato da Ugone di Montboissier. La fabbrica fu posata nel 970, e la costruzione terminò nel 998 [AVOGADRO, Storia dell'abbazia, 19].
Nel 1103 lo stesso territorio di Giaveno viene donato al monastero da Umberto II di Moriana-Savoia. Al principio del XIII secolo pare che dipendessero dal monastero più di 140 chiese.
Nel 1571 il cardinale Guido Ferrero, abate commendatario di S. Michele, fonda il seminario abbaziale, che nel 1806 diventa seminario arcivescovile minore sotto la diocesi di Torino.
Nel 1622 viene eretta la collegiata nell'antica pievania di S. Lorenzo, da cui eredita l'intitolazione, su iniziativa del principe cardinale Maurizio di Savoia. Ciò consentì la strutturazione di una vicaria foranea d'impronta postridentina, come appare chiaramente dai motivi forniti per la fondazione (la presenza di "vituperevoli eccessi" nel monastero di S. Michele) (CLARETTA, Di Giaveno, Coazze e Valgioie, 73). La collegiata si pone quale prosecuzione dell'esperienza dei monaci benedettini di S. Michele della Chiusa [Sanctiones synodales abbatiae S. Michaelis de Clusa 1679; BERGERETTI, La collegiata di San Lorenzo, 2002], che vengono soppressi nello stesso anno e i loro redditi assegnati a S. Lorenzo. Sostanzialmente, l'operazione va inquadrata nel tentativo, riuscito, di una secolarizzazione di S. Michele, in quanto grande oppositore della riforma in Piemonte (CLARETTA, Di Giaveno, Coazze e Valgioie, 76).
In un primo momento, la collegiata godeva anche del priorato di S. Maria di Bagnolo, nella diocesi di Vercelli, che anticamente veniva conferita in commenda a uno dei monaci di S. Michele (AVOGADRO, 93). Il capitolo aveva dodici canonici. Abolito nel 1803 fu riaperto nel corso della Restaurazione, quando ne arrivò a contare otto, con a capo un prevosto laureato in teologia. Le prebende dei canonici erano poste in Lomellina (CASALIS).
Esistevano poi altre chiese nelle frazioni: S. Maria Maddalena (nella borgata omonima, fatta di casolari sparsi); la chiesa della "Provonda"; la chiesa di S. Giuseppe, a Sala, "ufficiata quasi come parrocchia da un sacerdote che vi risiede"; due oratori, di S. Giovanni Battista e di S. Rocco a Buffa, nella prima delle quali vi è obbligo di residenza per un cappellano sacerdote (CLARETTA, Di Giaveno, Coazze e Valgioie, 137). La ricca presenza di chiese (molte delle quali vantavano o avevano vantato anche titolo parrocchiale) riflette la struttura insediativa di Giaveno, suddivisa in frazioni nettamente staccate tra loro e a differente altimetria [Giaveno nei suoi monumenti].
Assetto Insediativo
Giaveno si presenta come un comune amministrativo formato da una pluralità di centri, di caratteristiche differenti tra loro. L’elemento più evidente consiste nella diversa altimetria a cui sono poste le frazioni: come ci informa l’attuale statuto, “l’altitudine massima è metri 2.158, quella minima 410” [Comune di Giaveno, statuto, delibera consiliare del 21/12/1999]. Il gran numero di frazioni ancor oggi presenti, alcune delle quali lontane dal capoluogo più di qualche chilometro (Viretta e Verna si trovano a più di sei), testimoniano di un nucleo insediativo fortemente sparpagliato.
Luoghi Scomparsi
Non risultano luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Il borgo è citato come vicus gavensis già nella cronaca di Novalesa, quando si descrive la strada percorsa da Carlo Magno nel 773 per aggirare le chiuse di S. Michele in Val di Susa. All'inizio del secolo XIII, Giaveno appare organizzata in una Universitas, e agiva con la rappresentanza di un sindicus [AGNES]. Questa prima rappresentanza collettiva era stata resa necessaria dall'opposizione che fece il castellano Uberto Gui a una coniuratio del 1219 degli uomini di Giaveno. Il documento si presenta dunque come il primo riconoscimento dell’Universitas cui però si contesta il diritto di istituirsi in una comunità organizzata sulla base di un giuramento collettivo [SERGI 1994, 118; CLARETTA, Cronistoria].
Statuti
L'11 gennaio 1454 vengono rilasciati degli statuti dall'abate commendatario Guglielmo de Varaz. Si tratta di un codice pergamenaceo articolato in 144 capitoli che riorganizzano e correggono gli statuta antiqua della comunità verosimilmente di impianto duecentesco [A.C.G., Pergamene, n° 116]. Il 12 dicembre 1561 il duca Emanuele Filiberto confermava alla "Comunità et huomini di Giaveno" i patti già firmati con l'abbazia. Comune di Giaveno, Statuto, delibera consiliare del 21/12/1999.
Catasti
In Archivio storico-civico sono presenti una rubrica di catasto del 1699 e due libri di mutazioni di proprietà (i "trasporti") relativi al Seicento. I libri di mutazioni riprendono nel 1789, data a cui risalgono i principali libri catastali sui vari territori che compongono Giaveno. Si tratta di dodici libri, stilati tra 1789 e 1792, relativi ai seguenti luoghi: Madalena e Comba di Fronteglio; Sala; "Libro di catastro del Borgo di Giaveno", Ruata Sangone e Paschetto e catastri dei forensi (in un unico volume); Monterussino e Provonda; Buffa e borgata Villa; Sala e Selvaggio; libro di catasto "capoluogo ossia Recinto". Inoltre, è presente un libro di "forensi, enfiteotici, feudali e immuni" (1789) e un altro "Catastro de' beni enfiteotici, feudali, immuni, ecclesiastici e comuni" (1791). Vi sono poi, risalenti al 1791, quattro volumi figurati "rappresentanti le valbe o sian regioni del territorio di Giaveno".
La serie riprende con i libri di mappe del catasto ottocentesco (primo quarto del secolo), suddivisi in ordine alfabetico (7 volumi), integrati dai libri di trasporti e da otto volumi, anch'essi ordinati alfabeticamente, di "Classement parcellaire et évaluation des imposables des proprietés foncieres de la section".
Al 1896 risalgono infine tre volumi di sommarioni di mappa, ordinati per fogli mappali.
Ordinati
Gli ordinati partono dal 1575 e proseguono in forma continua, con poche lacune, fino al 1873, quando inizia una serie più recente di disposizioni consigliari (ASCG, faldoni 285-309; l'unica mancanza di una certa rilevanza è relativa agli anni 1597-1614).
Dipendenze nel Medioevo
Nell’Alto Medioevo, Giaveno rientrava tra le proprietà dei marchesi di Torino. Nel 1101 risulta compresa tra i beni feudali del marchese Olderico Manfredi II.
Dopo il dissolvimento della marca, il 22 giugno 1103, Umberto II di Moriana-Savoia cede il territorio ai monaci di San Michele della Chiusa. Il tentativo del vescovo Carlo di farselo riconoscere nel 1159 dall'imperatore Federico I non ebbe alcun concreto risultato, se nel 1162 altro privilegio federiciano ne riconosceva il pieno possesso ai monaci clusini salvo iure comitis (SERGI 1994, 89). Nel 1219 una coniuratio degli uomini di Giaveno cercò di opporsi al monastero, ma con scarso successo [Pezziardi].
Nel 1255, Tommaso di Savoia e l'abate Guglielmo progettarono un'ardita permuta in base alla quale S. Michele avrebbe ottenuto una località sulla via francigena tra Avigliana e Aiguebelle in cambio della cessione di Giaveno, che alla fine però non si realizzò [ASCG, fald. 6, fasc. 1, Compromesso fra l'abate di S. Michele e il conte Tommaso di Savoia circa la permuta in favore del conte della Villa di Giaveno con sue pertinenze, contro il compenso da Avigliana ad Acquabella, copia del 15/1/1784; A.S.T., Corte, Paesi, Città e provincia di Susa,  Giaveno, Fascicolo 1.1].
A partire dal XIII secolo, la comunità pare comunque maggiormente incapsulata nel Principato sabaudo (SERGI, 1994, 103). Nell'articolazione del principato, Giaveno risulta infatti coordinata sulla base delle circoscrizioni castellane affermate dall'esperienza di governo dei figli di Tommaso I di Savoia per quanto concerneva la convocazione dell'esercito e le prime forme ibride di istanze necessarie d'appello.
Feudo
Nel 1206 Giaveno risulta infeudata a Bonivardo de Viana con un atto che ledeva i monaci di San Michele e che fu annullato da Innocenzo III. Altre forme di infeudazione attivate dai monaci a favore di funzionari locali, come la potente famiglia degli Albezi, non intaccarono l'integrità della giurisdizione clusina fino al riscatto delle bannalità e delle prerogative signorili da parte della comunità locale nel 1790, dietro il corrispettivo annuo capitalizzato di 2.800 lire di Piemonte [ASTO, Insinuazione Avigliana, cart. 1.790, not. Gallo, atto 8/3/1790].
Vi furono però nel tempo concessioni da parte del monastero, che diedero origine ad una giurisdizione feudale partecipata da vari consortili di famiglie del luogo. All’origine della partecipazione feudale da parte dei consortili sta l’atto del 7 luglio 1577 stipulato tra l’abate Guido Ferrero, la comunità di Giaveno (rappresentata da due sindaci) e l’università dei possidenti, con cui il monastero cedeva alcuni privilegi prima compresi nel feudo (caccia e pesca) e la bannalità sui forni.
A metà del Settecento, la giurisdizione del feudo risulta frazionata in sedici porzioni o punti. Dall'abbazia di San Michele della Chiusa dipendeva la giurisdizione detta de Feys per punti 1.6/12, la giurisdizione Guglielmetti per punti 5.6/12, per un totale di punti 7. Dal capitolo di Giaveno, cessionario, dipendeva la giurisdizione Peretti per punti 3.8/12, la giurisdizione di Paolo Giuseppe Valletto (cesionario del Roy) per 10/12, la giurisdizione della vedova Boardi (cesionaria del Roy) per 10/12, i cugini Goffi per punti 1.2/12, Paolo Giuseppe Valletto per punti 6.11/12, la vedova Bevilacqua per punti 1.3/12, gli eredi Giuseppe Antonio Bevilacqua per 4/12, per un totale di punti 9.
La compartecipazione nella giurisdizione era la condizione ritenuta necessaria per queste famiglie per potersi chiamarsi “nobili di Giaveno”, un’attribuzione dunque derivata dalle concessioni fatte dal monastero [CLARETTA, Storia diplomatica, 181; CLARETTA, Cronistoria, 345-349; G. MOLA DI NOMAGLIO, ad vocem; GUASCO, ad vocem].
Mutamenti di distrettuazione
Nel Cinquecento, la valle di Susa e quella del Sangone fanno capo nel Ducato di Savoia al governatorato di Avigliana per la giurisdizione militare e alla prefettura di Moncalieri per il contenzioso civile. Quest’ultima giurisdizione viene però abbandonata al momento della formazione della provincia di Susa nel 1621, di cui Giaveno fa parte. Nel corso della riorganizzazione della Vice-intendenza di Susa nell’età della Restaurazione si riattiva il mandamento di Giaveno entro la provincia segusina.
Mutamenti Territoriali
Si registrano, nel corso dell’età medioevale e moderna, continui micro-mutamenti territoriali, che interessano soprattutto l’area montana del comune [v. liti territoriali]. Con legge del 30 giugno 1857, la borgata Maddalena venne smembrata da Giaveno ed eretta in comune autonomo, ma fu in seguito riassorbita entro il comune [CASALIS 1856, 756].
Una vera e propria isola giurisdizionale fu invece il feudo di Colpastore (definito come “feudo semovente” dal Claretta [CLARETTA, Cronistoria, 44]), riconosciuto dai monaci di San Michele ai signori di Trana nel XIII secolo, ma di fatto distinto dall'area del feudo tranese e incuneato tra Giaveno e Trana (CASIRAGHI-CANCIAN, 1994).
Comunanze
Nel 1846 si contano nel comune 6067,22 giornate di beni comunali, di cui 3.177 giornate costituite da boschi e pascoli. I beni comuni sono concessi in locazione con contratti di durata ventennale, assegnati in pubblica asta, ad esclusione dell'alpe Gorreto (970 giornate) e 1838,83 giornate "site nelle regioni più elevate delle alpi, non suscettive di coltura" e adibite a pascolo comune [ASCG, fald. 82, fasc. 12, Atti di riparto dei boschi comuni sovra il territorio di Giaveno; fald. 85, fasc. 40, Stato generale degli affittamenti dei boschi comunali dal 1814 al 1833, 28/10/1837].
Liti Territoriali
Si conosce una serie considerevole di liti, alcune delle quali assai risalenti. I contenuti del conflitto paiono comunque diversificati. Sotto traccia resta anzitutto, per buona parte dell’età basso-medioevale e per la prima età moderna, una serie di questioni con l’abate, che si potrebbero definire a giusto titolo “giurisdizionali” ma che coinvolgono in vario modo il territorio, in particolare per quanto riguarda il reciproco riconoscimento di alcuni diritti [cfr. ASCG, fald. 7, fasc. 35, Cedola appellatoria della Comunità e uomini di Giaveno, i quali pretendono che l’abate riconosca le franchigie di Giaveno, prima di ricevere da parte loro i consegnamenti che ha richiesto, 22/10/1508; fald. 53, fasc. 34, Atti tra il comune e il procuratore abbaziale per il pagamento di alcuni canoni e prestazioni annuali, 1522; Atti di lite tra il comune di Giaveno e l’abate clusino per fatto di omaggi e investiture pretese, 1526].
Alla fine del Settecento vi sarà un ultimo ceppo di liti con l’abbazia riguardanti la banalità sui molini e l’obbligo del mantenimento degli esposti [ASTO, Paesi per a e per b, Giaveno, m. 21, Sommario della causa tra la comunità di Giaveno e l'Abbazia di S.Michele della Chiusa per riguardo all'obbligo del mantenimento degl'infanti esposti, 1796].
Varie liti, di natura fiscale, sono poi con il balivo di Avigliana e la Camera dei conti, in particolare relativamente al pedaggio ducale, in cui Giaveno e l’abate paiono invece solidali [ASCG, fald. 7, fasc. 6, Lettera del Duca di Savoia alla Camera dei conti circa la lite fra l’abate e Avigliana per il pedaggio ducale, 12/11/1482]. Il tema dei pedaggi tornerà anche in seguito, con liti con la comunità di Trana [ASCG, fald. 65, fasc. 17, Ricorso della comunità a S.A. Vittorio Amedeo contro il conte di Trana F. Onzino che pretende di far pagare pedaggi ai particolari di Giaveno transitanti per Trana e decreto di inibizione di molestia a quelli di Giaveno e citazioni a comparire avanti al Senato per giudizio, 22/10/1675] e con quella di Avigliana [ASCG, fald. 66, fasc. 5, Atti della comunità contro il pedagiere di Avigliana per il pedaggio, 1667].
Le questioni fiscali, ugualmente, sono un leitmotiv che compare più volte nella documentazione, rappresentando il costante tentativo del balivo di inserirsi nella giurisdizione dell’abate, in particolare tra Quattro e Cinquecento [cfr. in particolare ASCG, fald. 54, fasc. 2, Atti di lite tra Giaveno e Avigliana per ragione delle contribuzioni, 1528-30].
Motivi di lite sono, poi, gli alpeggi. Un conflitto piuttosto risalente riguarda l’alpe di Gorreto, il cui possesso è contestato da Coazze. La prima ricorrenza è attestata a inizio Trecento, relativa ad una controversia confinaria in cui interviene il balivo della Val di Susa
Rodolfo di Montmajor, imponendo una pena di cento lire viennesi affinché nulla venga innovato “super finibus dictorum locorum Iaveni et Coaciarum”.
Luogo del contendere è il molarium Alpete, un pascolo dell'area montana. In precedenza erano stati effettuati pignoramenti da parte degli uomini di Giaveno per autorità del loro castellano, Merquioto d'Albiez, contro uomini di Coazze in località Roccus Cireserii e Molarium Maynardi, che le due comunità ritengono appartenere, rispettivamente, ai loro territori. Viene anche saccheggiata la cella alpis Bocharde in qua tenebatur fructus dicte alpis. Per contro, Roleto Faiditi, signore di Coazze, aveva fatto pignorare i beni di Boneto Laurenza, intento nella confezione di una molam molandinariam in località Tortorello (oggi frazione di Valgioie, anch'essa feudo dei Faiditi), trovandosi tale località “in fine Covaciarum super via qua itur a Covaciis versus Sanctum Michaelem” [ASTO, Scritture della città e provincia di Susa, m. 6, fasc. 1, Ordine di Rodolfo di Monmaggiore Bailivo della Valle di Susa per il Conte Amedeo di Savoja alle Communità, et Uomini di Giaveno, e Coazze di niente innovare pendente la quistione avanti di lui vertente per riguardo a confini de loro rispettivi Territorj, 12/9/1307].
In seguito, il conflitto pare a lungo sopito, finché non compare un lodo arbitrale in data 30 agosto 1429, pronunciato da Claudio Aimar, signore di Reano eletto dai Giavenesi, e da Berlino Provana eletto dai Coazzesi (CLARETTA, Cronistoria, 68). La lite però prosegue, fino ad arrivare ad un secondo aggiustamento qualche anno più tardi [ASCG, fald. 51, fasc. 14, Transazione di lite tra le comunità di Giaveno e Coazze relativa ai confini e alla proprietà dei terreni all’inverso Sangone fino al colle della Rossa, 29/7/1457]. Ancora nella prima età moderna il conflitto pare essere attivo, con continue ricomposizioni e successivi atti di lite che riprendono la questione [ASCG, fald. 55, fasc. 8, Atti di lite tra la comunità e uomini di Giaveno contro la comunità e uomini di Coazze, riguardanti l’inverso Sangone, 1560-61; fasc. 9, Atti di lite tra la comunità e uomini di Giaveno contro la comunità e uomini di Coazze riguardanti il monte Mainardo, 29/8/1561; fasc. 10, Transazione tra la comunità e uomini di Giaveno e la comunità e uomini di Coazze per il monte detto Inverso Meinardo verso il colle della Rossa, confini del Delfinato, 1562-1600], che si protrarranno fino al tardo Settecento [ASCG, fald. 55, Transazione tra la comunità di Giaveno e quella di Coazze per la causa del monte Mainardo, 18/8/1765]. Come emergerà nel corso della Perequazione, il territorio era conteso perché considerato in comproprietà e dunque di difficile gestione [ASCG, fald. 68, fasc. 25, Atti civili della comunità contro Coazze per la comunione dei tenimenti Meinardo e altri, 1774-75; Ordinato del 24/5/1777 per un amichevole componimento sulla questione dei terreni con Coazze].
In generale, la montagna appare come un luogo contestato da più comunità, in quanto posseduto in comune [ASCG, fald. 52, fasc. 16, Carte relative alla vertenza sull’uso e possesso della montagna detta di Giaveno, 1485; 1511]. Altre liti sono infatti con Cumiana, ricomposte in un primo momento dall’abate in qualità di rappresentante di Giaveno [ASCG, fald. 53, fasc. 21, Accordo tra l’abate di S. Michele della Chiusa e la comunità di Giaveno con i nobili e la comunità di Cumiana circa i diritti su una montagna sita tra i territori di Giaveno e Cumiana, 30/8/1518; BERTOLOTTI], ma che continueranno anche in seguito [ASCG, fald. 57, Copia di testimoniali per la lite di Giaveno contro Cumiana per i confini, 26/7/1572; fald. 58, fasc. 5, 1/6/1579].
Fonti
A.A.T. (Archivio Arcivescovile di Torino).
A.A.T., G.C. Pezziardi, Registro delle scritture esistenti nell'archivio dell'insigne capitolo di Giaveno, con fogli vacui per successive aggiunte, Giaveno 1789, ms conservato in Archivio arcivescovile di Torino, p. 219.
A.C.G. (Archivio Storico del Comune di Giaveno).
A.C.G.,  serie Pergamene, n° 30.
A.C.G.,  n° 116: Statuti del 1454.
A.C.G., Ia sezione: fald. 6, fasc. 1, Compromesso fra l'abate di S. Michele e il conte Tommaso di Savoia circa la permuta in favore del conte della Villa di Giaveno con sue pertinenze, contro il compenso da Avigliana ad Acquabella, copia del 15/1/1784.
A.C.G., fald. 7, fasc. 6, Lettera del Duca di Savoia alla Camera dei conti circa la lite fra l’abate e Avigliana per il pedaggio ducale, 12/11/1482.
A.C.G., fald. 7, fasc. 35, Cedola appellatoria della Comunità e uomini di Giaveno, i quali pretendono che l’abate riconosca le franchigie di Giaveno, prima di ricevere da parte loro i consegnamenti che ha richiesto, 22/10/1508.
A.C.G., fald. 51, fasc. 14, Transazione di lite tra le comunità di Giaveno e Coazze relativa ai confini e alla proprietà dei terreni all’inverso Sangone fino al colle della Rossa, 29/7/1457.
A.C.G., fald. 52, fasc. 16, Carte relative alla vertenza sull’uso e possesso della montagna detta di Giaveno, 1485 e 1511,
A.C.G., fald. 53, fasc. 21, Accordo tra l’abate di S. Michele della Chiusa e la comunità di Giaveno con i nobili e la comunità di Cumiana circa i diritti su una montagna sita tra i territori di Giaveno e Cumiana, 30/8/1518.
A.C.G., fald. 53, fasc. 34, Atti tra il comune e il procuratore abbaziale per il pagamento di alcuni canoni e prestazioni annuali, 1522 e Atti di lite tra il comune di Giaveno e l’abate clusino per fatto di omaggi e investiture pretese, 1526; fald. 54, fasc. 2, Atti di lite tra Giaveno e Avigliana per ragione delle contribuzioni, 1528-30; fald. 55, fasc. 8, Atti di lite tra la comunità e uomini di Giaveno contro la comunità e uomini di Coazze, riguardanti l’inverso Sangone, 1560-61.
A.C.G., fald. 55, fasc. 9, Atti di lite tra la comunità e uomini di Giaveno contro la comunità e uomini di Coazze riguardanti il monte Mainardo, 29/8/1561.
A.C.G., fald. 55, fasc. 10, Transazione tra la comunità e uomini di Giaveno e la comunità e uomini di Coazze per il monte detto Inverso Meinardo verso il colle della Rossa, confini del Delfinato, 1562-1600.
A.C.G., fald. 57, Copia di testimoniali per la lite di Giaveno contro Cumiana per i confini, 26/7/1572; fald. 58, fasc. 5, 1/6/1579 (lite con Cumiana).
A.C.G., fald. 65, fasc. 17, Ricorso della comunità a S.A. Vittorio Amedeo contro il conte di Trana F. Onzino che pretende di far pagare pedaggi ai particolari di Giaveno transitanti per Trana e decreto di inibizione di molestia a quelli di Giaveno e citazioni a comparire avanti al Senato per giudizio, 22/10/1675.
A.C.G., fald. 66, fasc. 5, Atti della comunità contro il pedagiere di Avigliana per il pedaggio, 1667.
A.C.G., fald. 68, fasc. 25, Atti civili della comunità contro Coazze per la comunione dei tenimenti Meinardo e altri, 1774-75; Ordinato del 24/5/1777.
A.C.G., fald. 82, fasc. 12, Atti di riparto dei boschi comuni sovra il territorio di Giaveno; fald. 85, fasc. 40, Stato generale degli affittamenti dei boschi comunali dal 1814 al 1833, 28/10/1837.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Scritture della città e provincia di Susa, Mazzo  6, fasc. 1, Ordine di Rodolfo di Monmaggiore Bailivo della Valle di Susa per il Conte Amedeo di Savoja alle Communità, et Uomini di Giaveno, e Coazze di niente innovare pendente la quistione avanti di lui vertente per riguardo a confini de loro rispettivi Territorj, 12/9/1307; Paesi per a e per b, Giaveno, m. 21, Sommario della causa tra la comunità di Giaveno e l'Abbazia di S.Michele della Chiusa per riguardo all'obbligo del mantenimento degl'infanti esposti, 1796; Insinuazione Avigliana, cart. 1.790, not. Gallo, atto 8/3/1790.
Bibliografia
L. AGNES, Ricerche storico-giuridiche sulla comunità di Giaveno, dattiloscritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università, Torino 1970
L. ARIOLI, Vita della Sacra di San Michele della Chiusa, dalle remote origini al secolo XIV, Stresa, 1998
G. AVOGADRO DI VALDENGO, Storia dell'abbazia di San Michele della Chiusa, Novara 1837
A.L. BERGERETTI, La collegiata di San Lorenzo di Giaveno e le sue opere d'arte, Bussoleno (Torino) 2002
A. BERTOLOTTI, Cumiana. Notizie storiche, corografiche e biografiche, Firenze 1879
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Descrizione Comune

Giaveno

      I caratteri originali della storia giavenese e dei suoi insediamenti sono leggibili anzitutto nel rapporto con il monastero di S. Michele della Chiusa, che impedì in loco la formazione di giurisdizioni antagoniste. Fu ad esempio impedito lo sviluppo del monastero di S. Solutore di Torino, che in una data precedente al 1118 possedeva sul territorio di Giaveno la chiesa di S. Martino con quattro mansi [SERGI 1994, 94]. Dal 1103 (data della donazione di Giaveno all’abbazia), in particolare, il monastero clusino coordina la comunità locale sotto il controllo di gastaldi e, nel tardo Duecento, di castellani espressi dalle famiglie eminenti locali. Eco della tradizione pseudocarolingia potrebbe essere la menzione, nel 1327, di una località denominata “Castrum Charles, quod dicitur ab illis de Valle ludea rocus Saracceni” (i confini con Valgioie e Avigliana) [PATRIA 1993, 35], secondo l’uso trecentesco di segnalare come “saraceno” un manufatto obsoleto e dismesso [SETTIA,139], perlopiù altomedievale o tardoantico.
La località di Giaveno è teatro del racconto immaginifico che la cronaca di Novalesa offre della sua abbazia per celebrare le gesta di Carlo Magno impegnato a superare le difese longobarde di re Desiderio: il racconto, scritto nella seconda metà del secolo XI, accenna alla collocazione defilata di quel territorio rispetto all'itinerario francigeno della contermine valle di Susa, ma non tace di una area montana già intensamente abitata e localmente frequentata dai montanari che scendevano a valle [Cronaca di Novalesa].
Il rapporto con il monastero si riflette, in maniera più complessa, nella relazione con le comunità circostanti e con la stessa forma insediativa. In particolare, è attestato un conflitto assai risalente con la vicina castellania comitale di Avigliana. Il castellano aviglianese aveva infatti spesso preso sotto la sua protezione abitanti di Giaveno che tendevano a sottrarsi all'autorità dei monaci di S. Michele, mentre gli stessi Giavenesi tendevano a vedere nel potere del conte un potere in grado di contrapporsi alla signoria ecclesiastica nelle contese bannali [SERGI, 1994, 102].
Contestualmente, nel Trecento, si ha il tentativo di formare un insediamento più accentrato. Nel 1347 gli uomini di Giaveno si impegnano verso l’abate, Rodolfo di Montbel, a munire e cingere di mura il nucleo demico principale nel corso di cinque anni [ASCG, Pergamene, n° 30]. L'insediamento tende così a strutturarsi in un borgo murato intorno al castrum. Tuttavia, le “frazioni” e i nuclei demici sparsi restano di grande importanza, e non vengono di fatto sminuiti dalla fortificazione del borgo. L’elevato numero di case forti che punteggiano il territorio non darà anzi mai vita ad un insediamento “unico” [Il popolamento alpino, 78].
Poco dopo, nel corso delle campagne inquisitoriali che i domenicani tennero in Giaveno, in più riprese, tra il 1335 e il 1387 [MERLO 1977], la popolazione viene identificata ancora nelle varie ruate dall’insediamento puntiforme e nei casali isolati, attestandone l'immutata importanza nel tessuto connettivo del territorio.
L’assetto insediativo è infatti composto da una serie di frazioni poste a differente altimetria. In particolare, è l’area di montagna a essere attraversata per tutta l’età moderna da una continua conflittualità di natura giurisdizionale. Buona parte della zona è infatti formata da una serie di “compascui”, goduti da più comunità; soprattutto, sono risalenti (e resistenti nel tempo) le liti con Cumiana e Coazze. Ad emergere è dunque il tema di una montagna che produce ricchezza, attraverso l’alpeggio; la vastità dei territori comunali, d’altronde, comporta che le liti riguardino spesso intere montagne [ASCG, fald. 55, Transazione tra la comunità di Giaveno e quella di Coazze per la causa del monte Mainardo, 18/8/1765].
Da un altro punto di vista, resta molto forte per tutta l’età moderna e contemporanea una conflittualità che si potrebbe a ragione definire come “politica”, diversa da quella relativa alle risorse ma altrettanto importante per la definizione del territorio locale. In particolare, è questa la natura delle liti con Avigliana, che si configura già nel Medioevo come il principale centro direttivo del potere sabaudo nella zona. La dipendenza dai Savoia, sempre osteggiata dagli abati, ma non negata dalla comunità locale, aveva portato già nel Quattrocento a contestare l’obbligo di dipendenza dal tribunale aviglianese, mentre in età postridentina fu visto con grave sfavore, e perciò ostacolato, l'affermarsi di una comunità cappuccina alla Madonna dei Laghi, celebre santuario mariano aviglianese particolarmente voluto dal duca Carlo Emanuele I. Nel corso del tempo, è comunque certo che il conflitto, attivato da questo tema specifico, si diriga verso motivi di attrito più generali, anche se non meno forti. Ancora nell’Ottocento, nel periodo appena post-unitario, Cavour nota come nel collegio elettorale di Avigliana un candidato ottenga una maggioranza schiacciante ad Avigliana e nessun voto a Giaveno, dove è un altro a trionfare nettamente. La differenza è spiegata non in termini politici, ma viene motivata con la grande “inimicizia” che esiste da tempo tra le due comunità [Discorsi parlamentari del conte di Cavour, 23].
Anche dal punto di vista economico, la comunità vive in continuo bilico, alla costante ricerca di risorse alternative (trovate prima in una protoindustria precocemente sviluppata e poi nelle fabbriche) per sopperire alle deficienze granarie. Le difficoltà della comunità dal punto di vista annonario portarono nei momenti di crisi a scontri anche molto duri con le autorità centrali, come avvenuto nelle rivolte granarie di fine Settecento [Ricuperati, 354].
Non c’è dubbio che lo sviluppo manifatturiero sia di lungo periodo, giocato su più produzioni e dimensioni economiche, e appare così forse come l’elemento più rilevante della storia di Giaveno in età moderna e contemporanea, con chiare influenze sull’aspetto territoriale e sulla consistenza e la composizione dei nuclei demici.
Già nel Quattrocento è segnalato un artigianato evoluto, oggetto di una precisa politica economica, con la concessione di favorevolissimi contratti di borghesia ad abili artigiani provenienti dai centri manifatturieri piemontesi, disponibili a praticare la loro arte in Giaveno [CLARETTA 1875, 88-98].
Lo sviluppo si realizza soprattutto grazie al settore canapiero [Una fibra versatile, 171], in cui la comunità svolgerà un ruolo di primo piano all’interno del Ducato sabaudo, e alla lavorazione del ferro: “Non arme, ma ferramenta assai fabbrica anche Giaveno ove sono meglio di trenta fucine, e vi si fa anco copia di tele” [Garosci, 142]. In Giaveno non si produceva praticamente canapa, che veniva importata da mercanti-imprenditori del posto e di Carmagnola, i quali la facevano lavorare nei dintorni e poi la smerciavano in tutto il Piemonte. Il principale sbocco commerciale è comunque rappresentato da Torino, da cui viene importato anche il ferro in ghisa e rottame, che viene poi ridotto in lastre “per uso delle ruote de’ carri, barre e bacchette per ringhiere di ferro e ferrate, chiavi da fabbrica ed in utilj di campagna ed utensili da cucina”. Nel 1777 operano a Giaveno nove concerie e dieci martinetti, oltre a fornaci per mattoni e coppi, e ad una fiorente produzione di cappelli.
Una ricchezza considerevole è offerta dalle montagne, grazie alle “folte selve che numerose s’adergono nei monti di Giaveno, vi offrono un reddito considerevole, poiché la maggior parte del bosco che da esse si ricava venendo ridotto in carbone di eccellente qualità, è questo ricercatissimo nella capitale ed altrove” [CLARETTA, Di Giaveno, p. 129]. Notevole è poi la produzione di filati di seta, con la presenza di ben otto filatoi che funzionavano grazie all’innovativa tecnologia alla “piemontese”.
Si svolgevano inoltre in loco due fiere “di non poco concorso”, il 28 aprile e il 30 settembre. Il filo rosso dell’evoluzione manifatturiera continua in età contemporanea, quando Giaveno diventa un avamposto industriale di prima grandezza. Nel 1872 la ditta Fratelli Rolla possedeva 10.000 fusi e 190 operai, importava cotoni americani, e curava essa stessa la ritorcitura e la tintura del filo [CASTRONOVO, 79].