Chivasso

AutoriBanfo, Giuseppe
Anno Compilazione1998
Anno RevisioneVersione provvisoria
Provincia
Torino.
Area storica
Monferrato, Chivassese (Vigliano 1969).
Abitanti
24758 al censimento del 1991.
Estensione
5131 (ISTAT 1991) e 5096 (SITA) ettari.
Confini
Brandizzo, Volpiano e San Benigno Canavese a ovest, Montanaro a nord-ovest, Caluso e Mazzé a nord, Rondissone a nord-est, Verolengo a est, Castagneto Po, San Raffaele Cimena e San Sebastiano da Po a sud.
Frazioni
Betlemme, Boschetto, Castelrosso, Torassi, Mandria, Montegiove, Mosche, Pogliani, Pratoregio, Borghetto, Campagna, Chiabotti, Crova, Fornace, Laietto, Molinetto Rosso, Neirole, Poasso, Pozzo, Prato del Signore, Speranza.
Toponimo storico
Le prime attestazioni del toponimo oscillano tra le forme Clavasium e Clavascum (SETTIA 1971, 528).
Diocesi
Ivrea.
Pieve
La pieve di S. Pietro (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, 1,83) nel 1415 fu trasferita nella Chiesa collegiata di S.ta Maria Assunta, ora parrocchiale (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 85 e 123 sgg.), a sua volta costruita su una chiesa precedente (XIII secolo), con lo stesso titolo. La chiesa di S. Pietro fu distrutta nel 1542. Nel concentrico esistono inoltre le parrocchie di S.ta Maria di Loreto, col convento dei Padri Minori Cappuccini, e di S. Giuseppe Lavoratore, di recente istituzione. Nel territorio comunale vi sono poi le parrocchie suburbane dei S S. Giovanni Battista e Rocco a Castelrosso (costruita nel 1758, su una chiesa già esistente; parrocchiale dal 1782), S.ta Margherita e S.ta Anna a Boschetto (costruita nel 1738-42; parrocchiale dal 1795) e S. Eligio a Mandria (parrocchiale dal 1768).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Chiesa e monastero di S. Antonio con ospedale, degli Antoniani, del XIV sec., ora scomparso (BETTICA-GIOVANNINI 1985, 39 sg.; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I. 86).
Convento di S. Bernardino, dei Padri Minori Osservanti, eretto nel 1479 (CASALIS, V, 1839, 51; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 87).
Chiesa di S. Calogero, nella regione “Delle coste”, presso Castelrosso, distrutta nel 1705 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 44).
Cappella di S. Grato, ora scomparsa (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA, 1986-87, II, 129) Convento di S.ta Caterina (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 27).
Convento di S.ta Chiara, delle monache Clarisse, eretto nel 1486, ora Palazzo Comunale (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 94 e II, 147 sgg.).
Convento di S. Francesco, dei Padri Minori Conventuali (CASALIS, V, 1839, 51; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, 1,87).
Chiesa di S. Giovanni della Nissola con ospedale, un tempo forse Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme, lungo la strada tra Chivasso e Volpiano (BETTICA-GIOVANNINI 1985, 41 sg. e 54 sg.; per la determinazione del luogo in cui sorgeva è molto utile il doc. 22 dicembre 1688 in ASC Brandizzo, Archivio Antico, Serie Prima, m. 1, vol. 11). Stranamente, una analoga intitolazione a S. Giovanni aveva anche l’ospedale che, a partire dal XV secolo, si trovava in contrada S. Marco, dietro al duomo di S. Maria (BETTICA-GIOVANNINI 1985, 54 sg.); tale ospedale fu distrutto nel 1705 e ricostruito nel 1707, col nome di chiesa di S. Giovanni Battista e S. ta Marta, tuttora esistente sulla attuale via Torino (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 145 sgg.).
Ospedale di S. Lazzaro, fondato nel XV secolo lungo la strada per Torino, già in disuso nel 1577, ora scomparso (BETTICA-GIOVANNINI 1985, 42).
Priorato di S. Marco, dei padri Umiliati; detto anche di S. Benedetto, ante 1265 (BSSS 42, doc. XIII, p. 288) (BORLA; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 84).
Chiesa di S.ta Margherita a Betlemme.
Chiesa della Confraternita di S.ta Maria degli Angeli, eretta nel 1512 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 137 sgg.).
Chiesa di S.ta Maria della Bajna (detta anche di Roccomador) con ospedale (BETTICA-GIOVANNINI, 1985, 42-45; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 99).
Chiesa di S.ta Maria Coronata, sull’attuale via Boria (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 117), in cui nel 1491 fu stabilito il convento di S. Agostino; i padri agostiniani si trasferirono poi nel convento di S. Nicola da Tolentino, eretto in regione Blatta nel 1493. Tale convento fu distrutto nel 1542 e gli agostiniani si ristabilirono presso la chiesa della Coronata nel 1548; soppresso nel 1797 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 117 sg.).
Convento delle monache di S.ta Maria di Leuca, tuttora esistente.
Chiesa di S.ta Maria, dipendenza di S. Maria di Lucedio, in regione Mezzanino, poi distrutta da una inondazione e ricostruita come chiesa di S.ta Maria dei Lucedani, in contrada S. Marco; ora scomparsa (BORLA; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 96).
Chiesa di S.ta Maria delle Misericordie con ospedale, forse eretta nel XIV secolo (BETTICA-GIOVANNINI 1985, 40; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 86).
Chiesa di S.ta Maria del Rosario a Pogliani.
Chiesa di S. Maurizio a Montegiove.
Priorato di S. Michele, dipendenza di S. Michele della Chiusa, fondato ante 1227 (BSSS 42, doc. IV, p. 277) e situato davanti al duomo di S. Eulalia, trasferito, dopo il 1504, nell’attuale via del Collegio (BORLA).
Chiesa dei SS. Pietro e Rocco, presso borgo S. Pietro, eretta nel XVI secolo, distrutta nel 1639 e riedificata col titolo dei SS. Crocifisso e Beato Angelo Carletti; distrutta nel 1705 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 83).
Chiesa di S. Rocco, in regione Rivera, eretta nel XV secolo (BORLA). Chiesa di S. Secondo a Mosche.
Ospedale Maggiore di S. Spirito, fondato nel 1525; si tratta dell’attuale ospedale civico (BETTICA-GIOVANNINI 1985, 45-50).
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Laberaria, Todullum (ROVANO 1981, appendice CCLVII) e “Pratum Rigium “ (sull'Orco, attualmente in territorio di Chivasso).
Comunità, origine, funzionamento
Non si conosce la data precisa di evoluzione del governo cittadino in forme comunalidi Chivasso: gli “homines Clavaxii” compaiono per la prima volta in un documento del 1235, ma senza alcun accenno a magistrature comunali (BSSS 42, doc. VI, p. 280). I consoli e il comune compaiono invece in un documento del 1251 (BSSS 43, doc. VII, p. 15).
Secondo gli statuti cinquecenteschi, l’organo collegiale di governo del comune era la credenza, formata da 36 membri eletti, fino al 1435, a suffragio diretto dai cittadini di tre fasce di censo, esclusi i poveri. Dopo l’annessione di Chivasso ai domini sabaudi, il Duca stabilì che il 20 dicembre di ogni anno i credendari in carica dovessero nominare i loro successori.
La credenza eleggeva i Consoli o Sindaci, di numero variabile tra tre e due. I consoli nominavano a loro volta sei sapienti, detti anche “eletti”, che fungevano da consiglio segreto; il consiglio dei sapienti venne soppresso nel 1755.
Statuti
I primi Statuti di Chivasso risalgono al 1306 e furono editi da Giuseppe Frola (BSSS 93).
Nel 1525 la Credenza diede ordine al notaio Bernardino Siccardi di copiare ed aggiornare l’antico Volumen Statutorum Comunis Clavaxij (ora scomparso, ma probabilmente risalente al XIV secolo). Il Siccardi produsse un volume manoscritto intitolato Liber Iurium Clavasiensium (ASCC, Atti antichi, m. 1, f. 1, Codice cartaceo degli statuti di Chivasso del XVI secolo), che nel 1533 venne stampato in 100 esemplari col titolo Iurium Municipalium incliti oppidi seu burgi Clavassii ecc., a Chivasso, presso il tipografo Francesco Garrone. (DELL’OLMO-SCUCCIMARRA 1986-87, II, 3 sgg.). Sempre nell’Archivio del comune, il fascicolo segnato “Atti antichi, m. 1, f. 2, Frammenti di Statuto (1333-1469)”, contiene soltanto un volume cartaceo non datato, ma del XV secolo, in cui sono trascritti 172 paragrafi statutari; di questo frammento esiste una copia, molto scorretta, in BRT, Miscellanea Storia patria, Statuti, vol. 2, n. 10.
Un nuovo Statuto è stato approvato dal Consiglio Comunale ed è entrato in vigore nel 1995.
Catasti
Libri delle consegne 1370-1682 (ASCC, Catasto antico, mm. 13-43) libri figurati, s.d. (ASCC, Catasto antico, mm. 57-61).
Libri di mutazioni 1677-1743; 1831-1873 (ASCC, Catasto antico, mm. 64-67).
Libri di trasporti 1713-1877 (ASCC, Catasto antico, mm. 69-81).
Catasto 1763, mappe (ASCC, Catasto antico, mm. 89-100).
Ordinati
ASCC, Atti antichi, mm. 24-108, Reformazioni (1388-1794)
ASCC, Atti antichi, mm. 109-111, Deliberazioni (1794-1814)
ASCC, Atti antichi, mm. 112-138, Ordinati (1814-1848)
ASCC, Atti antichi, mm. 139-250, Deliberazioni del Consiglio Comunale (1849-1899) ASCC, Atti antichi, mm. 151-161, Deliberazioni della Giunta Comunale (1849-1892)
ASCC, Atti 1925-1963, Deliberazioni di Giunta-Podestà-Commissario, mm. 1-2, Registro deliberazioni della Giunta (1889-1913)
ASCC, Atti 1925-1963, Deliberazioni di Giunta-Podestà-Commissario, mm. 3-6 e 9-12, Registro deliberazioni del Podestà (1913-1930; 1932-1938)
ASCC, Atti 1925-1963, Deliberazioni di Giunta-Podestà-Commissario, mm. 7-8 e 13-15; Registro deliberazioni del Commissario Prefettizio (1930-1932; 1938-1946)
ASCC, Atti 1925-1963, Deliberazioni di Giunta-Podestà-Commissario, mm. 16-34. Registro deliberazioni della Giunta (1946-1964)
ASCC, Atti 1925-1963, Deliberazioni di Consiglio, mm. 1-19 (1899-1964)
ADCC, Serie a parte, cat. I. 8. 1, Deliberazioni della Giunta municipale, mm. 1-145 (1965-1991)
ADCC, Serie a parte, cat. 1.8.2, Deliberazioni del Consiglio comunale, mm. 1-74 (1965-1991)
Dipendenze nel Medioevo
Un diploma di Ottone m del 999, che cita un diploma di Lotario del 843, conferma il porto di Chivasso, sul Po, al monastero di S. Genuario di Lucedio (MGH, Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae, II, doc. 232, p. 751).
Nel 1019 il conte Ottone Guglielmo dona Chivasso al monastero di Fruttuaria (SCARSO 1976, 43; HPM, Chartarum I, doc. CCXLIX, col. 429).
Nel 1159 la località è concessa da Federico I al vescovo Carlo di Torino (BSSS 36, doc. 24), ma già nel 1164 lo stesso Federico I conferma Chivasso a Guglielmo di Monferrato. (SETTIA 1971, 530).
La tradizione storiografica locale vuole che fossero proprio i marchesi aleramici a costruire il castello di Chivasso, di fronte alla chiesa di S. Maria Assunta, nel 1178 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA. 1985, I, 85 e 113); certo è che nel 1224 il marchese Guglielmo di Monferrato dichiara che Chivasso è un suo allodio (CANCIAN 1983) e che nel 1227 il marchese Bonifacio riconosce di tenere Chivasso in feudo da Oberto, vescovo di Ivrea (BSSS 5, doc. 118).
Intorno al 1239 i marchesi di Monferrato stabilirono la loro Corte a Chivasso e il luogo rimase sotto il loro dominio fmo al 1435, quando Giangiacomo Paleologo cedette Chivasso a Ludovico di Savoia (SETTIA 1971, 530; DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 142; ASCChivasso, Atti antichi, m. 1, f. 6).
Chivasso ebbe ufficialmente titolo di città con decreto di Vittorio Amedeo II del 5 giugno 1690 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 102), confermato poi nel 1759 (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 103; ASCChivasso, Atti antichi, m. 3, n. 75).
Feudo
Nel 1753 Carlo Emanuele III infeudò i cantoni di Boschetto e Cene, a nord di Chivasso al conte Verulfo dei Verulfi, già signore di Viù (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 180).
Gli abitanti degli antichi cantoni dei Torassi, Berre e Margherite, detti tutti insieme “Castelrosso”, chiesero nel 1694 che il loro territorio venisse separato da quello di Chivasso (ASCC, Atti antichi, m. 5, n. 6). Il Duca Vittorio Amedeo II, con Regia Patente del 14 luglio 1694 investì il nuovo feudo di Castelrosso al Senatore Giovanni Pietro Margherio di S. Giorgio Canavese, col titolo comitale (ASCC, Atti antichi, m. 3, n. 73; AST, Camerale, Patenti controllo Finanze, R 1693-1694 f 228: Smembramento dei cantoni di Torassi, Berri e Margherite da denominarsi Castelrosso, ed infeudazione al senatore Margherio). Margherio morì improvvisamente il 18 novembre 1694; suo fratello Giovanni Francesco vendette nuovamente i beni a Chivasso (ASCC, Atti antichi, m. 5, n. 6). L’annessione venne sottoscritta il 24 aprile 1695 e da allora la municipalità di Chivasso assunse il titolo di contessa di Castelrosso (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 102 sg.).
Mutamenti di distrettuazione
Intorno al 1450 i chivassesi invasero una parte delle terre contese al comune di Montanaro in regione Campagna e vi distrussero le vigne che vi avevano piantato i montanaresi. Ludovico di Savoia nominò allora tre arbitri (il conte Amedeo di Challand, il marchese Antonio di Romagnano, Valfredo Allingi, consigliere ducale), affinché, insieme a due monaci di Fruttuaria, due consoli di Chivasso e i due consoli di Montanaro, dirimessero la controversia. Gli arbitri stabilirono i confini dei territori delle due comunità e sentenziarono che, per risarcimento dei danni subiti, Montanaro ricevesse da Chivasso un’area di gerbido di 25 giornate. Lo strumento fu rogato a Chivasso il 6 agosto 1457 dal notaio Michele De Briona (ASCC, Atti antichi, m. 2, n. 37 e 38).
Nonostante l’accordo, i chivassesi non consegnarono la terra prevista, cosicché Ludovico di Savoia, con decreto dell’ottobre 1461 inviò nuovamente Valfredo Allingi a Chivasso. L’arbitro si recò il 23 gennaio 1462 nella località Fontagnola (presso la frazione Pogliani), fece misurare le 25 giornate dovute e le assegnò a Montanaro con atto rogato sul posto da Giacomo Enrico di Pavone (DONDANA 1884, 49 sg.).
Tuttavia, la controversia tra le due comunità continuò fino all’8 gennaio 1519, quando Montanaro restituì a Chivasso le 25 giornate di terra (DONDANA 1884, 54).
Neppure quest’ultimo atto mise però fine alle reciproche rivendicazioni, poiché ancora negli anni successivi abbiamo notizie di liti per questa parte di terreni agricoli (ASCC, Atti antichi, m.331, n.6: Istromento di transazione con Montanaro e Chivasso e particolari per 25 giornate di terreno, 1524). Certo è che i chivassesi cercarono di trarre profitto da questo continuo stato di conflittualità e incertezza territoriale, poiché nel 1571 l’amministrazione sabauda ordinò la misurazione coatta di 55 giornate di terreno, in regione Campagna o Prato del Marchese, che la città di Chivasso non aveva mai descritto e consegnato, evitando così di pagare le imposte dovute (ASCC, Atti antichi. m.. 3. n. 70, Dichiarazione di tutti i beni posseduti dalla città di Chivasso).
Quasi due secoli dopo la questione era ancora aperta: intorno al 1739, per far fronte ai debiti. il comune di Montanaro procedette alla vendita di grandi porzioni dei propri beni comuni, tra cui la “campagna.della levata” (140 giornate), il prato “delle baracche” (3 giornate) e i beni esterni alla “campagna grande”. Tale vendita fu però impugnata in giudizio dal comune di Chivasso, che rivendicava diritti su tali beni in virtù del documento del 1457 (AST, Mat. Eccl., Abbazie, Abb. S. Benigno di Fruttuaria, n. 34; DONDANA 1884, 184).
Nel 1744 la comunità di Montanaro presentò un nuovo ricorso contro il comune di Chivasso, poiché in occasione della Misurazione Generale erano nate delle controversie riguardanti gli ultimi due termini confinari, presso il confine con il comune di Caluso. Il 23 settembre 1745 il Senato di Piemonte sospese definitivamente la causa per “assenza di termini pregiudiziali” (AC Montanaro, Cat. I, Liti, m. 173).
Un successivo documento, non datato, ma della seconda metà del XVIII secolo (AC Montanaro, Cat. I, Liti, m. 187), ci informa che la causa tra Montanaro e Chivasso era ripresa, limitatamente al primo termine confinario, in località Campagnetta, poiché in quel punto non era stato possibile identificare i confini stabiliti dagli atti del 1457. La comunità di Montanaro sosteneva che il confine continuava in linea retta, procedendo dai termini precedenti, mentre Chivasso sosteneva che il confine compiva un angolo, fino al termino detto della Ceresa. (In quattro grandi mappe, di cui una del 1743, tre senza data, ma coeve alla precedente, sono disegnati con precisione i confini tra le comunità di Chivasso e Montanaro, ed è segnalata la regione Campagnetta, come controversa tra le due comunità: AC Montanaro, Cat. X, m. 879). Ancora nel 1761 e nel 1781 fu necessario ristabilire la linea di confine tra i due comuni.
A causa della notevole instabilità del torrente Malone, che mutava spesso il proprio corso e cancellava i termini confinari, vi era notevole incertezza sui confini tra Chivasso e Brandizzo. Si ha notizia di una prima determinazione di tali confini con l’atto del 2 aprile 1450, rogato dal notaio De Spagnolis: vi si leggeva che erano stati piantati cinque tennini, l’ultimo dei quali oltre il fiume Malone, verso Brandizzo, a venti trabucci dalla chiesa di S. Giovanni della Nissola; da questo termine, andando verso sud, ne era stato piantato un’altro oltre il Po, sui confini di Cimena (attuale comune di S. Raffaele), sulla via Cimenasca. Tale divisione era stata ancora rivista e approvata nel 1508 e nel 1592 (ASCC, Atti antichi, m. 10, n. 1: Istromenti tra la comunità di Chivasso e Brandizzo, 1450-1709). Nell’atto del 1592 si legge che in quel tempo erano stati rinnovati i termini, prendendo come punto di riferimento i resti della chiesa di S. Giovanni e la via Cimenasca, ricordata dai testimoni come passante presso la chiesa diroccata di S. Feriolo, distante 65 trabucchi dalla torre del castello di Cimena.
Nel 1664 sorsero discordie riguardo al possesso dell’area denominata “la Giaretta” o “Giaro dei Conigli”: tale area andava “dalla bocca di Malonetto fino al Po, e da lì all’alveo dove un tempo scorreva il Malone, e ora scorre il Malonetto”, per una superficie di 54 giornate, 76 tavole e 10 piedi, escluso l’alveo del Malonetto. In seguito a un’ispezione dei rappresentanti delle due comunità, si concluse che i terreni contestati si trovavano nel territorio di Chivasso; tuttavia nel 1687 ricominciò la causa ed entrambe le parti presentarono atti e testimonianze per provare il possesso dei beni, finché non si giunse a un accordo e si piantarono nuovi termini confinari.
Tale causa riprese ancora l’anno successivo e finalmente, il 22 dicembre 1688, si pattuì che la Giara dei Conigli era compresa nel territorio del comune di Chivasso, il quale però la concedeva in enfiteusi al comune di Brandizzo (ASCBrandizzo, Archivio Antico, Serie Prima, m. 1, vol. II, Transazione tra le comunità di Chivasso e Brandizzo, 1688).
Il 22 maggio 1756 fu nuovamente necessario piantare nuovi termini tra i comuni di Brandizzo e Chivasso, a partire dal territorio di Cimena (ASCBrandizzo, Archivio Antico, Serie Prima, m. 22, Atti di liti).
Da tempo immemorabile gli spostamenti dell’alveo del Po avevano dato origine a un contenzioso tra le comunità di Castagneto e di Chivasso, per il possesso delle zone di esondazione, del letto del fiume e delle varie isole. Il 30 agosto 1723 l’intendente Conte Roffredo sentenziò che tutti i territori oltre il Po, tra Cimena e S. Sebastiano, comprese le isole Galleani e Cornaglia, nonché le giare e i gorretti, appartenevano al territorio di Castagneto.
Il comune di Chivasso oppose subito appello, citando, in un opuscolo a stampa, una lunga serie di documenti, dal 1305 al 1722, che comprovavano i suoi diritti su quei beni.
Il Senato di Torino, l’11 settembre 1727 pronunciò una sentenza secondo cui i beni oggetto della precedente sentenza appartenevano alla comunità di Castagneto, ma l’alveo del Po rimaneva in possesso della città di Chivasso, compreso il ramo del fiume più vicino a Castagneto e tutti i terreni da quel ramo verso Chivasso (ASCBrandizzo, Archivio Antico, Serie Prima, m. 9, Atti di liti; ASCC, Atti antichi, m. 165: Reformazioni contro Castagneto, 1724-1727).
Mutamenti Territoriali
Comunanze
Negli ultimi anni del XIV secolo, Teodoro II di Monferrato fece costruire un canale che, partendo dal territorio di Foglizzo, attraverso Montanaro, serviva a condurre l’acqua del torrente Orco nella “Campagna” di Chivasso (si tratta dei beni comuni di tutta la vasta area a nord della città, dal corso del torrente Orco alla frazione Mandria; ai confini con Caluso si conserva il toponimo. Cfr. DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1988, 19). Nel 1402 le 200 giornate della “Campagna” furono divise in lotti di 10 giornate che furono ceduti a proprietari di Chivasso, ad eccezione della parte che il marchese tenne per sé, che corrisponde all’area denominata “Prato del Marchese” o “Prato del Signore”, presso la cascina che porta ancora questo nome, a nord della frazione Montegiove (BORLA, 1348 sgg. DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, I, 121).
Liti Territoriali
Fonti
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Chivasso).

A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
Bibliografia
ASCC = Archivio Storico della Città di Chivasso
R. BETTICA, Cronache della nobile città di Chivasso, Chivasso 1985.
G. BORLA, Memorie istorico-cronologiche della Città di Chivasso, ms. sec. XVIII, già conservato presso l’Archivio Storico della Città di Chivasso, ora scomparso. Copie dirette di questo manoscritto sono conservate presso l’Archivio del Duomo di Chivasso, la Biblioteca Diocesana di Ivrea e la Biblioteca Civica di Ivrea.
Esistono poi tre sintesi manoscritte (sec. XVIII) dell’opera di BORLA., col titolo di Memorie istoriche della città di Chivasso, nella Biblioteca Reale di Torino, Storia Patria 506, 579 e 621.
BSSS 5 = Le carte dell’archivio vescovile di Ivrea fino all’anno 1313, a cura di F. GABOTTO, Pinerolo 1900 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 5).
BSSS 36 = Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, a cura di F. GABOTTO, G.B. BARBERIS, Pinerolo 1906 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 36).
BSSS 42 = Le carte dell’archivio comunale di Chivasso, a cura di V. DRUETTI, in Cartari minori, Pinerolo 1908 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 42).
BSSS 43 = Le carte dell’archivio comunale di Gassino, a cura di F. GABOTTO, Pinerolo 1911 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 43).
BSSS 9; = Statuta Clavaxii, in Corpus Statutorum Canavisii, a cura di G. FROLA, Pinerolo 1918 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 94).
P. CANCIAN, La carta di mutuo di Guglielmo VI di Monferrato a favore di Federico II, in “Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino”, LXXXI (1983), pp. 729-749.
CAPELLA, Chivasso ieri e oggi, Chivasso 1958.
G. CASALIS, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, V, Torino 1839, pp. 44-77.
DELL’OLMO, L. GUIDA, Chivasso francescana, Torino s.a.
DELL’OLMO, R. SCUCCIMARRA, Il libro “B” delle Mutazioni del vecchio Catasto di Chivasso, Chivasso 1985.
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Descrizione Comune

Chivasso

La costruzione del territorio relativo a Chivasso parte dalle rive del Po, o meglio dalla confluenza del torrente Orco nel Po: infatti è probabilmente quella la sede del porto fluviale che nel X secolo apparteneva al monastero di Lucedio. L’insediamento altomedievale, denominato borgo S. Pietro, sorse presso tale porto, a breve distanza dal guado dell’Orco, a occidente dell’attuale centro cittadino; tale era anche la sede della chiesa plebana. dedicata sempre a S. Pietro. La comunità traeva probabilmente la maggior parte del proprio sostentamento dalla pesca e dai traffici, sia fluviali, sia terrestri, lungo l’antica strada romana Torino­-Pavia, che passava a nord dell’abitato (SPEGIS 1988); relativamente limitato doveva essere lo sfruttamento agricolo del territorio, concentrato soprattutto sulle pendici della collina di Castagneto, a sud del Po, e sui pochi terreni a nord della strada, ottenuti tramite il disboscamento dei margini della vasta Silva Fullicia, che allora occupava gran parte del territorio tra l’Orco e la Dora Baltea.
I limiti del territorio chivassese erano dunque di carattere naturale a nord (la selva), ovest e sud (i fiumi e la collina), mentre a oriente, lungo la strada, erano stabiliti dai terreni di pertinenza della comunità di Verolengo.
L’insediamento dei marchesi di Monferrato a Chivasso, tra XII e XIII secolo, e la costruzione (o ampliamento) del castello, situato a occidente del borgo S. Pietro, provocarono un notevole sviluppo del nuovo borgo sorto proprio nei pressi di tale castello, e denominato di S.ta Maria, dalla chiesa ivi esistente. Lo spostamento del centro ideale della città presso il castello venne ufficializzato all’inizio del XV secolo, col trasferimento della sede plebana nella chiesa di S.ta Maria, riedificata per l’occasione. L’antico borgo di S. Pietro fu completamente distrutto dai francesi nel 1542 e l’area, rimasta fuori dalle fortificazioni urbane, cominciò a essere riedificata soltanto nel XIX secolo.
Differente è il discorso che riguarda la formazione del territorio comunale, e va diversificata a seconda delle direzioni di sviluppo.
Verso settentrione, l’espansione agricola di Chivasso, attraverso disboscamenti e dissodamenti, procedette lentamente durante il XIII e XIV, finché, tra il 1391 e il 1402, il marchese Teodoro II di Monferrato fece costruire un canale, poi detto roggia di Campagna, il quale, partendo dal territorio di Foglizzo, conduceva l’acqua dell’Orco nella vasta area incolta a nord di Chivasso (vedi sopra, al paragrafo COMUNANZE), permettendo così lo sfruttamento agricolo di queste terre e l’ulteriore espansione dei coltivi, con la scomparsa pressoché totale della selva,
La frazione Montegiove, a nord-ovest di Chivasso, nacque proprio in seguito a questi dissodamenti, intorno a1 1420, nei pressi della cella dei monaci dell’ospizio di Monte Giove (Gran S. Bernardo) che si trovava in quel luogo (BEITICA-GIOVANNINI 1985, 55). L’ultimo disboscamento verso settentrione avvenne, tramite incendio, nel 1454, nell’area dove sorse la frazione Boschetto (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 180).
L’espansione dei coltivi di Chivasso generò subito una situazione di conflitto con la comunità di Montanaro, che stava espandendo i propri terreni nella stessa zona, La prima forma di contrapposizione fu violenta: intorno al 1450 i chivassesi invasero una parte delle terre contese e vi distrussero le vigne che vi avevano piantato i montanaresi. Successivamente si ricorse a soluzioni giudiziali, le quali tuttavia, nonostante una lunga sede di sentenze e compromessi, non risolsero mai definitivamente la questione (vedi sopra al paragrafo MUTAMENTI TERRITORIALI).
Vedi anche: ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 21, Termini divisionali tra Chivasso e Montanaro (1743); ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 29, Vertenza territoriale Chivasso-Montanaro (1743).
In parte diversa è la situazione verso occidente: con la comunità di Brandizzo i confini territoriali erano naturalmente segnati dai torrenti Orco e Malone; in particolare, Chivasso, che possedeva dimensioni e risorse umane notevolmente superiori a Brandizzo, aveva rapidamente allargato il proprio raggio d’azione oltre questi due fiumi, ma, fino all’espansione agricola del XV secolo, sulle due rive del Malone vi era sempre stata una fascia incolta e boschiva che era indifferentemente usata da entrambe le comunità. L’allargamento dei coltivi aveva tuttavia notevolmente assottigliato tale fascia e alla metà del XV secolo assistiamo alle prime controversie tra le due città, che però, a differenza del caso di Montanaro, non riguardano terreni agricoli, ma i diritti di fare la legna e di raccogliere ghiaia sulle rive e le isole del Malone.
Le controversie erano generate, oltre che dai palesi e volontari sconfinamenti, dalla notevole instabilità del corso d’acqua, che tendeva a sommergere i termini confinari e a mutare spesso le proprie aree di esondazione. Anche in questo caso le sentenze e i compromessi non sortirono alcun effetto stabile fino all’introduzione dei catasti parcellari, nel XVIII secolo (vedi sopra al paragrafo MUTAMENTI TERRITORIALI, e anche: ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 2, Confini territoriali tra Chivasso, Brandizzo, Castagneto Po e Cimena (1595); ASCC, Catasto antico, Planimetrie, Il. 23, Confini tra Chivasso, Brandizzo, Castagneto, Cimenasco, S. Raffaele).
Molto simile a quello con Brandizzo è il problema che riguarda i confini meridionali del territorio chivassese, poiché in quella direzione era il Po che segnava il confine col comune di Castagneto.
Nel corso del Medioevo, l’alveo del Po e le pendici della collina oltre il fiume erano aree normalmente affittate dai chivassesi, soprattutto per le attività di pesca e per procurarsi legname. Nel XIV secolo abbiamo le prime notizie di controversie confinarie con la comunità di Castagneto, segno evidente che i castagnetesi tentavano, con successo, di allargare il loro ambito di dominio verso nord, al fine di accedere alle risorse del fiume (ASCC, Atti antichi, m. 2, n. 18: Atto di compromesso tra Chivasso e Castagneto per differenze di confine, 1323).
Un secondo motivo di conflitto tra le due comunità non riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali, bensì l’imposizione di tributi: con la più precisa definizione degli ambiti territoriali dei due comuni, era nata una controversia su chi dovesse riscuotere i tributi sui terreni dei castagnetesi emigrati a Chivasso e dei chivassesi con proprietà a Castagneto (ASCC, Atti antichi, m. 2, un. 25 e 26: Atto di compromesso tra Chivasso e Castagneto per differenze di confine, 1386); il problema si complicò dopo il 1435, quando Chivasso passò ai Savoia, mentre Castagneto rimase nei domini dei marchesi di Monferrato, cosicché il disaccordo tra le due comunità divenne una questione di politica estera e come tale regolato da trattati tra i due governi (ASCC, Atti antichi, m. 9, n. 1: Copie non autentiche d’istromenti riguardanti li confini territoriali tra Chivasso e Castagneto,1502-1512; ASCC, Atti antichi, m. l0, n. 2: Istromenti tra la comunità di Chivasso e Castagneto Po, secc. XVI-XVII).
La controversia tornò a riguardare esclusivamente lo sfruttamento dell’alveo del Po dopo l’unificazione sabauda, nel 1714, e quindi fu in parte risolta soltanto nel corso del XVIII secolo, con la determinazione di confini che in pratica esclusero Castagneto dall’accesso al fiume (vedi sopra al paragrafo MUTAMENTI TERRITORIALI).
Sostanzialmente analoghe, anche se meno frequenti sono le controversie confinarie con i comuni di S. Raffaele e S. Sebastiano Po.
Vedi anche: ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 2, Confini territoriali tra Chivasso, Brandizzo, Castagneto Po e Cimena (1595); ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 23, Confini tra Chivasso, Brandizzo, Castagneto, Cimenasco, S. Raffade; ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 51, Linea territoriale Chivasso-S. Sebastiano (1712); ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 44, Vertenza Chivasso-Castagneto Po (1747); ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 11. Termini divisionali Chivasso-Castagneto Po (1824); ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 31, Confini Chivasso­Castagneto-S. Sebastiano (1836).
I confini orientali del comune di Chivasso, verso Verolengo, furono invece stabiliti con una misurazione ed un atto del 1304 (ACVerolengo; edito in DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1988, 25 sg.). Probabilmente proprio questa precoce definizione dei rispettivi ambiti di dominio, nonché l’assenza di corsi d’acqua o foreste nella zona, determinò una ridottissima conflittualità tra le due comunità. È comunque da notare che il confine del 1304, tuttora invariato, è rappresentato da una linea nord-sud assolutamente rettilinea, dai confini con Rondissone alla regione Busignetto, presso Castelrosso; tale caratteristica denuncia chiaramente l’artificiosità del confine, che non rappresenta il limite raggiunto dalle due comunità nello sfruttamento dei fondi agricoli, bensì la divisione consensuale di un’area che probabilmente era allora ancora totalmente occupata dalla selva. A sud di Busignetto, dove invece il territorio era già dissodato, il confine si sposta invece nettamente verso oriente, ad indicare una maggiore espansione agraria della comunità di Chivasso.
L’attuale frazione Castelrosso corrisponde infatti ad un’area di forte tensione territoriale. Tale area, comprendente i cantoni di Torassi, Berre e Margherite, era un luogo di antico insediamento umano, favorito dalla collocazione a cavallo della strada romana. È probabile che nel corso del Medioevo questi cantoni avessero tentato di sottrarsi all’influenza chivassese e costituire un comune autonomo, anche se di questo processo non è rimasta traccia; certo è che nel XVI secolo il luogo di Castelrosso aveva diritto ad un proprio consigliere nella credenza di Chivasso (CASALIS, V, 1839,49).
Proprio facendo leva sui sentimenti autonomistici della popolazione, nel 1694 il conte Giovanni Pietro Margherio riuscì a separare Castelrosso da Chivasso e a farselo infeudare da Vittorio Amedeo II. La separazione fu di breve durata, poiché l’anno successivo il conte morì e suo fratello Giovanni Francesco vendette il feudo al comune di Chivasso (vedi sopra al paragrafo FEUDO).
Le velleità autonomistiche della popolazione di Castelrosso si trasferirono allora sul piano religioso.
Nel 1758 venne costruita, nella borgata Berre una nuova chiesa, e immediatamente dopo la popolazione chiese la creazione di una nuova parrocchia, indipendente dalla collegiata di Chivasso. I canonici chivassesi si opposero fermamente al progetto e ne nacque una disputa, in cui furono coinvolti anche i vescovi di Ivrea e Torino, che si concluse soltanto nel 1782 con la creazione della parrocchia dei SS. Giovanni Battista e Rocco. (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA. 1986-87, II, 178 sg.) Il sentimento autonomistico dei castelrossesi è ancor oggi molto vivo.
Particolare è la vicenda della porzione nord-occidentale del territorio, ai confini con Rondissone e Mazzé.
In seguito ad un Regio Biglietto del 3 agosto 1763 e a una convenzione stipulata nello stesso mese ed anno, nel Gennaio del 1766 il Regio Patrimonio sabaudo acquistò terreni sul territorio dei comuni di Chivasso, Mazzé e Rondissone per la costruzione di una Regia Mandria di Cavalli. La comunità di Chivasso vendette al Fisco ampi terreni nel settore nord-orientale della “Campagna”, per un totale di 60 giornate di coltivo, per il prezzo di lire 1750, e 300 giornate di gerbidi comuni, con l’impegno di vendere altre 100 giornate all’occorrenza, tutte al prezzo di 40 lire a giornata (ASCC, Atti antichi, m. 5, n. 3). Il fisco regio provvide a scavare una rete di canali per irrigare la tenuta e a costruire un vasto fabbricato per alloggiare i cavalli e i circa 400 addetti adibiti all’allevamento; nel 1768 vi fu istituita la parrocchia di S. Eligio. L’allevamento equino non ebbe successo e nel 1798 fu trasformato in allevamento ovino per la produzione di lana pregiata; in quel periodo la tenuta aveva raggiunto l’estensione di 2019 giornate di terreno. Nel corso del XIX secolo i beni furono dismessi e affittato o venduti a privati, tornando così sotto la diretta giurisdizione dei rispettivi comuni di origine (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA 1986-87, II, 181-184). Si veda anche: AST, Camerale, Patenti controllo Finanze, bigl. 5, nn. 21-25-37-53-57-60-62-65-92-103-121-150-179-182; bigl. 6, un. 10-27-36-49-55-83-86-115-156; 7,1-29-36-73 (1763-1775); bigl. 8, n. 17 (1775); bigl.103, n.53 (1799); pat 19, n. 70 (1819): ASCC, Atti antichi, m 5, il. 3, Scritture riguardanti la costituzione della tenuta della Mandria Reale (1763-1839).
Sulla definizione del territorio a nord, verso Caluso, ci sono rimaste soltanto delle planimetrie del XVIII secolo, per differenze di confini, che però non ci consentono di comprendere la specificità del problema in quest’area (ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. 4, Vertenza territoriale Chivasso­-Caluso, 1755; ASCC, Catasto antico, Planimetrie, n. l0, Linea di demarcazione Chivasso-Caluso, 1750). È comunque da notare che nella zona a cavallo tra i territori di Montanaro, Caluso e Chivasso si conservarono a lungo le ultime vestigia a selva e palude della medievale Silva Fullicia; a partire dal XVII secolo, in questa palude malarica, denominata non a caso “le Moie”, gli uomini di Caluso avevano tentato di impiantare delle risaie, ma con scarso successo, cosicché il coltivo vi si poté espandere solo dopo le bonifiche del XVIII secolo (DELL’OLMO, SCUCCIMARRA. 1986-87, II, 180). Non a caso dunque, analogamente a quanto rilevato per i confini di Verolengo, anche il confine con Caluso è pressoché interamente rettilineo, a indicare probabilmente una divisione territoriale condotta su un’area non ancora sfruttata dal punto di vista agricolo.