Villafalletto

AutoriFiore, Alessio
Anno Compilazione2014
Provincia
Cuneo
Area storica
Saluzzese-Cuneese
Abitanti
2899 (ISTAT 2011)
Estensione
2900 ha.
Confini
da nord a sud, in senso orario, Costigliole Saluzzo, Fossano, Savigliano, Tarantasca, Verzuolo, Vottignasco, Saluzzo, Busca e Centallo.
Frazioni
Monsola, Gerbola, Termine.
Toponimo storico
Villafalletto è attestata a partire dalla prima metà del XI secolo con il toponimo Villa (Carte varie, n. 5, a. 1020) che mantiene anche nei tre secoli successivi (Carte medievali, doc. 1). In seguito all'infeudazione ai Falletti diventa nota a partire dal Trecento nella documentazione come Villa Fallettorum, poi Villafalletto.
Diocesi
Durante il medioevo Villafalletto è parte della diocesi di Torino (Casiraghi 1979). Dal 1592 con la nascita della diocesi di Fossano, viene inserita in quest'ultima circoscrizione ecclesiastica, di cui ancora oggi fa parte (Morra 1995).
Pieve
La chiesa di S. Maria (poi detta S. Maria degli Alteni), situata a parecchie centinaia di metri dal nucleo insediativo, sulla sponda opposta del Maira, è nel medioevo sede pievana (Comino 1994). Da essa dipendono le chiese di Centallo e quelle di Busca.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La prima menzione di Villa, risalente al 1020, coincide con l'unica attestazione della chiesa di S. Giorgio (Carte varie, n. 5). L'ente in questione doveva trovarsi presso il sito originario dell'insediamento, nei pressi della località prediale S. Giorgio, attestata nei secoli successivi (vedi voce Assetto insediativo). Lo spostamento dell'insediamento presso la collocazione odierna, realizzatosi probabilmente nei decenni a cavallo del 1100, portò a un abbandono della vecchia chiesa e alla costruzione di un nuovo ente, dedicato a S. Pietro, collocato presso il castrum. Alla fine del XIII secolo il monastero di San Benigno di Quaranta disponeva di un significativo patrimonio fondiario nel territorio di Villa (Carte medievali, docc. 45-71); così pure l'abbazia cistercense di S. Maria di Pogliola. Il monastero di Pogliola riceve nel 1201 in dono dal vescovo di Torino una capella campestris già diruta (intitolata a S. Stefano) intorno a cui il cenobio organizza una grangia. La visita pastorale del 1584 si occupa solo della chiesa parrocchiale, intitolata ai SS. Pietro e Paolo; l'edificio risulta in buone condizioni ma viene ordinata la distruzione di due altari, indecentissimi (AAT, Visita Peruzzi, II, f. 209). Nel Seicento vengono fondati nel concentrico due oratori per le due confraternite localmente attive; quello intitolato a S. Giovanni decollato (confraternita della Misericordia o dei battuti neri) e quello intitolato all'Assunta (confraternita del Gonfalone o dei battuti bianchi).  Nel 1740 la comunità inzia i lavori di ricostruzione della chiesa parrocchiale, poi intitolata ai SS. Pietro e Paolo, ottenendone il giuspatronato (ACVillafalletto, Sez. I.233). A partire dal tardo Settecento si moltiplicano le cappelle rurali, per soddisfare i bisogni religiosi e rituali della popolazione abitante nei tetti e nelle cascine, come quella dedicata ai SS. Lorenzo e Sebastiano, a Monsola, o quella a S. Pietro in Vincoli, a Gerbola, o S. Giovanni.
Assetto Insediativo
Il toponimo stesso, Villa, indica un insediamento accentrato, non cinto da mura (Carte varie, doc. 5, a. 1020). La prima attestazione della località, risalente al 1020, indica quasi certamente un sito diverso da quello attuale, situato sulla riva opposta del torrente Maira (Barbieri 1994). È probabile considerato il toponimo e la data della prima attestazione che l'insediamento fosse piuttosto recente, realizzato nel quadro delle imprese di messa a coltura e disboscamento dell'area di pianura pedemontana, occupata nell'alto medioevo da grandi distese boschive. Già verso la metà del XII secolo Villa è tuttavia attesta come castrum de Villa, e dunque come insediamento almeno parzialmente fortificato (Carte medievali, doc. 1, a. 1163). In quella fase il sito insediativo sembra già coincidere con quello attuale, anche se non si può ipotizzare uno spostamento più tardo, intorno alla metà del XIII secolo (Barbero 1994, p. 122).  Nel Trecento il concentrico risulta diviso tra il castrum signorile (che occupa una parte consistente ma comunque minoritaria della superficie e il ricetto fortificato con le abitazioni dei sudditi (Viglino Davico 1994), identificabile forse con il burgo novo Ville menzionato in un documento del 1257. La bipartizione dell'insediamento risulta ancora oggi ben leggibile. A partire dal XV secolo sono attestati in misura crescente nelle campagne circostanti dei tecta, forme di insediamento sparso prima a carattere temporaneo e poi permanente. Questi nuclei sono attestati sia nelle nuove aree di dissodamento, come la Gerbola, al confine con fossano e Centallo, sia nelle zone tradizionalmente occupate da arativi. Già verso la fine del Quattrocento tra i tecta acquisisce una particolare rilevanza quello di Monsolle, definito anche locus e caratterizzato dalla presenza di un mulino (ACFossano, sez. I, mazzo 36, Copia attestationum testium..., a. 1489, ff. 136-140). Si tratta del primo nucleo dell'attuale frazione Monsola. Nel Settecento il paesaggio, ormai compiutamente agrarizzato, appare così punteggiato da una fitta rete di cascine e case sparse nel settore meridionale, mentre in quello settentrionale prevalgono alcuni addensamenti più significativi (Gerbola e Monsola; vedi Relazione dell'intendente Brandizzo). Più recente l'infittirsi dell'insediamento presso l'attuale frazione Termine, al confine con Costigliole e Verzuolo, dove ancora nel tardo Settecento si segnala una isolata cascina  (Rapetti-Rolfo 1994, p. 82).
Luoghi Scomparsi
Il vecchio sito di Villa(falletto), abbandonato sicuramente prima di metà XIII secolo doveva essere sulla riva opposta del torrente Maira rispetto a quello attuale, tra S. Maria degli Alteni (la vecchia pieve) e la località prediale di S. Giorgio. Foto aeree sembrano mostrare tracce di un ampio recinto presso la chiesa pievana (Viglino Davico 1994, p. 92).
Comunità, origine, funzionamento
La prima attestazione di una comunità strutturata a Villa risale al 1268, quando un sindicus agisce per conto del comuni Ville in un negozio con il cenobio di Staffarda (Carte medievali, n. 26). Risulta interessante sottolineare come la trattativa sia condotta da un rappresentante della comunità locale e non dei signori del luogo, indizio di una certa maturità e di una autonomia. Tale impressione è del resto confermata dall'affitto, da parte della comunità stessa, delle decime relative al suo territorio, ottenuta nel 1311 dal titolare delle stesse, il vescovo di Torino; la transazione ci consente di osservare anche un'accresciuta istituzionalizzazione della comunità, che risulta all'epoca dotata di syndaci et procuratores, nonché di un consiglio ristretto di una ventina di membri, a cui si affianca il consiglio allargato dei capifamiglia. Nel 1313 la comunità riceve del resto le sue prime franchigie dai marchesi, accrescendo e formalizzando le sue prerogative (Barbero 1994, pp. 123-125). L'infeudazione ai Falletti nel 1332 apre alla comunità nuovi spazi. In una prima fase i signori (una famiglia di ricchissimi finanzieri) sono infatti relativamente poco interessati alla dimensione economica del potere su Villafalletto, e la comunità ne approfitta per ricontrattare a suo favore le forme di gestione della fiscalità locale. Nel 1335 una transazione tra signori e comunità stabilisce infatti che i proventi della gabella sui transiti commerciali (Villafalletto è al centro di un reticolo stradale di importanza locale e sovralocale) saranno spartiti a metà tra signori e comunità (Barbero 1994, p. 133); nel periodo successivo i Falletti cercheranno di riprendere il controllo di questo fruttuoso cespite, e più in generale di ridurre le prerogative della comunità, ma senza successo. La comunità di Villafalletto riuscirà infatti, appellandosi alla giustizia sabauda a contenere le pretese signorili.
Gli statuti del 1433 (Il Libro degli Statuti, pp. 33-178) forniscono l'immagine di una comunità ormai altamente istituzionalizzata. L'organo decisionale è il consiglio ristretto, che conta una ventina di consiglieri; a questi si affiancano, in casi di particolari importanza altri venticinque capi di case, appositamente convocati; inoltre per due volte all'anno si riunisce pubblicamente l'arengo, a cui sono convocati tutti i capifamiglia. Vi sono poi massari addetti alla custodia di prati, ponti e chiuse d'acqua, esattori della gabella e della decima, il notaio del comune e vari sindaci ad hoc, per questioni specifiche.
Statuti
Nel 1313 la concessione di franchigie e libertà agli uomini di Villa da parte del marchese di Saluzzo comprende la facoltà di capitulare (cioè di redigere statuti) ad eorum voluntate, sanza la previa pprovazione marchionale. È probabile che al periodo immediatamente successivo risalga una  prima versione, perduta, degli statuti, in seguito almeno in parte rifluita in quella giunta fino a noi. (Il libro, p. 18). La prima versione completa degli statuti locali (risalente al 1433), con successive integrazioni è inserita nel Liber Statutorum et Franchixiarum et immunitatum (ACVillafalletto, Sez. I.1; testo edito in Il libro degli statuti). Una copia manoscritta del 1481 degli Statuti redatti nel 1433 è conservata presso l'archivio comunale (ACVillafalletto, Sez. I.2)
Catasti
Il primo Registro de' beni redatto in preparazione alla redazione del catasto del 1760 risale al 1756-1757 (ACVillafalletto, Sez. I.101). Il Cadastro invece al 1760 (ACVillafalletto, Sez. I.102); al catasto del 1760  sono allegate 4 cartine raffiguranti l'intero territorio comunale (ACVillafalletto, Sez. I.104-107).  Per quanto riguarda le fonti dinamiche relative al possesso fondiario il primo Libro dei trasporti conservato copre il periodo 1761-1807 (ACVillafalletto, Sez. I.108); il volume successivo copre gli anni 1816-1834 (ACVillafalletto, Sez. I.114)
Ordinati
Il primo volume dei Propositari è piuttosto precoce e copre il periodo 1504-1506 (ACVillafalletto, Sez. I.10). Segue una lunghissima lacuna fino ai primi decenni del Settecento. Il volume successivo copre infatti gli anni 1720-1726 (ACVillafalletto, Sez. I.11). Da qui in avanti la serie dei Propositari (Ordinati dal 1775) prosegue senza grosse soluzioni di continutà fino all'epoca napoleonica (ACVillafalletto, Sez. I.12-20, aa. 1726-1814). Manacano tuttavia le delibere relative  agli anni 1733-1738, 1748-1754 e 1772-1774.
Dipendenze nel Medioevo
Nell'XI secolo, sotto il profilo della giurisdizione civile, Villa(falletto) risulta inquadrata nel comitato di Auriate, a sua volta parte della marca arduinica di Torino (Sergi 1995). Con il collasso delle strutture di potere marchionali dopo il 1091 e la proliferazione di poteri di tipo signorile il controllo dei domini locali divenne sempre più stretto. Negli anni '60 del XII secolo cresce la presenza locale del marchese di Saluzzo che con una serie di acquisti da tre distinti nuclei familiare ottiene il controllo di beni e diritti sul territorio di Villa (Carte medievali, nn. 1-3, aa. 1163-1169). Nei decenni successivi il controllo dei marchesi dovette farsi decisamente più cogente e completo se nel 1218 la reggente del marchesato, Alasia, era in grado di concedere in feudo Villa, cum omni contito, poderio et districto, a Bonifacio di Lingueglietta, un aristocratico del suo seguito (Carte medievali, n. 16). I marchesi mantengono comunque precisi diritti di accesso al castello, di cui conservano l'alta sovranità; Villa rimane quindi parte integrante del principato. Nei decenni successivi i Saluzzo riprendono del resto il pieno controllo di Villa, che nel 1239 risulta amministrata da un opidano marchionis (castellano del marchese). Nel 1372 Villa, come altri centri di pianura del marchesato, viene conquistata dai conti di Savoia. A partire da questo momento Villafalletto sarà inserita nella dominazione sabauda, tranne una la (relativamente) breve parentesi della dominazione francese alla metà del Cinquecento e quella napoleonica (Barbero 1994, p. 132).
Feudo
Nel 1322, nel quadro di un'ampia permuta con i marchesi del Carretto, i Saluzzo concedono in feudo a questi ultimi Villa, che contntinua a essere inserita nel marchesato di Saluzzo (Barbero 1994, p. 129). Nel 1332 i del Carretto permutano i loro diritti su Villa con quelli su Ruffia, allora controllata dai Falletti; il marchese di Saluzzo acconsente alla transazione e i Falletti acquisiscono così il controllo di Villa, che manterranno per tutto l'Antico Regime (Carte medievali, docc.95-96).  Nel 1372 il conte Amedeo VI di Savoia, in guerra con i Saluzzo, prende il controllo con le armi di una notevole parte della pianura saluzzese. Il ramo dei Falletti signori di Villafalletto gli porge omaggio feudale. A partire da quel momento i Falletti continueranno a mantenere il controllo del feudo, ma come vassalli dei Savoia (Barbero 1994, p. 132). (. 1335 il marchese di Saluzzo reinfeduda Villa ai Falletti (Carte medievali, doc. 99). Nel 1372 i Falletti donano i loro diritti su Villa al conte Amedeo di Savoia e quest'ultimo li reinfeuda (Carte medievali,docc.103-104). Reinfeudazioni e omaggi si protrarranno per tutto l'Antico Regime (vedi ASTorino, Corte, Paesi, Provincia di Cuneo, mazzo 7, Villafalletto, n. 5, a 1590; e n. 7, a. 1612).
Mutamenti di distrettuazione
A partire dalla riforma provinciale dell'inizio del Seicento Villafalletto è compresa nella provincia di Cuneo, di cui segue le vicende
Mutamenti Territoriali
Non risultano mutamenti territoriali di rilievo
Comunanze
Nel 1335 una transazione tra signori e comunità stabilisce che i proventi della gabella sui transiti commerciali (Villafalletto è al centro di un reticolo stradale di importanza locale e sovralocale) saranno spartiti a metà tra signori e comunità (Barbero 1994, p. 133); nel periodo successivo i signori cercheranno di riprendere il controllo di questo fruttuoso cespite, ma senza successo. Nel tardo medioevo i beni comuni, pascoli e gerbidi, sembrano concentrati principalmente nell'area della Gerbola. Vendite di beni comuni a privati sono attestate a partire dal 1700 e proseguono fino ai primi decenni dell'Ottocento (ACVillafalletto, Sez. I.81, Alienazioni beni comunali, 1700-1840). Solo a partire dal 1815 il comune sembra interessarsi in modo autonomo alla gestione delle acque, cruciali per l'irrigazione dei ricchi terreni agricoli dell'area, mentre nella fase precedente il tema sembra essere stato di pertinenza signorile (ACVillafalletto, Sez. I.196, Torrente Macra. Bonifiche e ripari, aa. 1816-1841; Sez. I.204, Bealera Talù, aa. 1828-1851).
Liti Territoriali
Una prima area di tensione risulta quella al confine con Verzuolo. Un conflitto tra  le due comunità viene risolto da una sentenza del marchese di Saluzzo nel 1336 (Carte medievali, doc. 98). Si stabiliscono i confini e una zona di finaggio a controllo promiscuo. Permangono poi diritti d'uso da parte degli abitanti di Costigliole e Manta (Carte medievali, doc. 98). Un'altra zona di tensione è quella della Gerbola, un'area di finaggio, coperta da una vegetazione arbustiva, progressivamente messa a coltura dalla metà del Quattrocento. La bonifica dell'area porta alla luce  le tensioni tra le comunità che vantavano diritti in loco. La località è infatti contesa da Villafalletto, Centallo e Fossano. La disputa di confine con Centallo è temporaneamente risolta con una transazione del 1455 (ACVillafalletto, Sez. I.3, Compromesso per la definizione dei confini tra la comunità di Villafalletto e quella di Centallo); nel periodo successivo, nonostante il permanere di tensioni fino almeno all'inizio del XVI secolo, non sembrano intervenire modifiche di rilievo come mostra .una delimitazione territoriale del 1765 tra le due comunità (ACVillafalletto, Sez. I.9).  Appaiono stabili i confini con Busca, oggetto semplicemente di una ricognizione nel 1756, e così pure quelli con Savigliano (ACVillafalletto, Sez. I.5). Ben più complessa risulta invece la situazione nella zona di confine con Verzuolo e Costigliole, ulteriormente complicata per la presenza dei terreni immuni dipendenti dalla grangia cistercense di Pomarolo. Liti e ridefinizioni dei territori si susseguono dal 1336 alla metà del Settecento (ACVillafalletto, Sez. I.5)
Fonti
Fonti edite:
Alcuni docuementi inediti: 1431-1521, ed. M. Gattullo Comba, Appendice documentaria a Villafalletto. Un castello, una comunità, una pieve, a cura di R. Comba, Cuneo 1994, pp. 247-270.
Cartario della abazia di Staffarda, ed F. Gabotto et Alii, Pinerolo 1902-1903.
Carte medievali di Villafalletto (secoli XII-XIV), ed. M. Bosco, Cuneo 1994.
Carte varie a supplemento e complemento dei volumi II, III, XI, XIII, XIV, XV, XII, XXXVI, XLIV, LXVII, LXVIII della Biblioteca dell Società Storica Subalpina, ed. F. Gabotto et Alii, Pinerolo 1916.
Liber Statutorum et Franchixiarum et immunitatum (ACVillafalletto, Sez. I.1; testo edito in Il libro degli statuti)
Il libro degli statuti, delle franchigie e delle immunità del Comune di Villafalletto, ed. R. Comba, Torino 1970.
Fonti inedite:
AATorino, Atti di Visita, Visita Peruzzi, aa. 1584-1585.
ASTorino, Paesi, Provincia di Cuneo, mazzo 7, Villafalletto.
ACFossano, sez. I, mazzo 35, Atti della città di Fossano contro la comunità di Villafalletto per la Gerbola,  fatti l'anno 1445.
ACFossano, sez. I, mazzo 36, Copia attestationum testium..., a. 1489.
ACVillafalletto, Sez. I.3, Compromesso per la definizione dei confini tra la comunità di Villafalletto e quella di Centallo, a. 1455.
ACVillafalletto, Sez. I.196, Torrente Macra. Bonifiche e ripari, 1816-1841.
ACVillafalletto, Sez. I.10, Propositari, aa. 1504-1506.
Biblioteca Reale di Torino, Manoscritti di Storia Patria 855, Relazione dell'intendente Brandizzo, aa. 1750-1752.
Bibliografia
Barbero Alessandro, Politica e comunità contadina nel Piemonte medievale. Il caso di Villafalletto, in Villafalletto, pp. 113-158.
Barbieri Ezio, Una nuova lettura del documento del 1020 relativo a Villa(falletto), in Villafalletto, pp. 31-40.
Casiraghi Giampietro, La diocesi di Torino nel medioevo, Torino, 1979.
Comba Rinaldo, Villafalletto nel tardo Medioevo: dal «Libro degli statuti e delle franchigie» alla realtà economica, in Villafalletto, pp. 187-216.
Comino Giancarlo, Da S. Maria a S. Pietro di Villa: due chiese per una comunità, in Villafalletto, pp. 225-232.
Morra Carlo, La Diocesi di Fossano e i suoi vescovi, Fossano 1995.
Rapetti Anna, Rolfo Adriano, Dal paesaggio rurale odierno a quello medievale: un'indagine regressiva, in Villafalletto, pp. 41-84.
Sturani Maria Luisa, Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Id. (a cura di), Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di Geografia amministrativa. Atti del Seminario (Torino, 18 settembre 1998), Alessandria 2001, pp. 89-118.
Viglino Davico Micaela, Castello e ricetto: le strutture difensive di Villa e Vottignasco, in Villafalletto, pp. 85-102.
Villafalletto. Un castello, una comunità, una pieve, a cura di R. Comba, Cuneo 1994.
Descrizione Comune
Villafalletto
Villa (dalla metà del Trecento Villafalletto) è menzionata per la prima volta in un atto del 1020, c (Carte varie, n. 5). Essa risulta collocata nella pianura pedemontana cuneese, in una zona coperta all'epoca da fitti boschi, spesso di proprietà del fisco regio; la sua fondazione va dunque collocata nel quadro delle imprese di bonifica e disboscamento che interessano l'area in questione tra la fine del X e l'inizio del XII secolo. Lo stesso toponimo induce del resto a ipotizzare una fondazione ex-novo dell'insediamento. La località non risulta fin dalle origini di scarsa importanza. Ad essa è  infatti associata una pieve e un secondo ente religioso (S: Giorgio). Proprio la collocazione di questi due enti induce a pensare che all'inzio dell'XI secolo Villa occupasse un sito diverso da quello attuale, sulla sponda opposta del torrente Maira, tra la località prediale S. Giorgio (dove sicuramente sorgeva la vecchia chiesa poi abbandonata), attestata nei secoli successivi (vedi voce Assetto insediativo) e il sito occupato dalla chiesa pievana di S. Maria (più tardi detta degli Alteni). Lo spostamento dell'insediamento presso la collocazione odierna, realizzatosi probabilmente nei decenni a cavallo del 1100, portò a un abbandono della vecchia chiesa di S. Giorgio e alla costruzione di un nuovo ente, dedicato a S. Pietro, collocato presso il nuovo castrum (Carte medievali, doc. 1, a. 1163). Quando infatti nella seconda metà del XII secolo riprendono le menzioni documentarie della località essa è infatti definita castrum, a indicare una fortificazione almeno parziale del sito. Nel Trecento il concentrico risulta diviso tra il castrum signorile (che occupa una parte consistente ma comunque minoritaria della superficie) e il ricetto fortificato con le abitazioni dei sudditi (Viglino Davico 1994), identificabile forse con il burgo novo Ville menzionato in un documento del 1257. La bipartizione dell'insediamento risulta ancora oggi ben leggibile. A partire dal XV secolo sono attestati in misura crescente nelle campagne circostanti dei tecta, forme di insediamento sparso, prima probabilmente a carattere temporaneo e poi in misura sempre maggiore a carattere permanente. Questi nuclei di popolamento sono attestati sia nelle nuove aree di dissodamento, come la Gerbola, al confine con Fossano e Centallo, sia nelle zone tradizionalmente occupate da arativi. Già verso la fine del Quattrocento tra i tecta acquisisce una particolare rilevanza quello di Monsolle, definito anche locus e caratterizzato dalla presenza di un mulino (ACFossano, sez. I, mazzo 36, Copia attestationum testium..., a. 1489, ff. 136-140). Si tratta del primo nucleo dell'attuale frazione Monsola. Nel Settecento il paesaggio, ormai compiutamente agrarizzato, con la scomparsa pressochè totale di boschi e gerbidi a favore di arativi, prati e alteni, appare così punteggiato da una fitta rete di cascine e case sparse nel settore meridionale, mentre in quello settentrionale prevalgono alcuni addensamenti più significativi, in grado di polarizzare il popolamento (Gerbola e Monsola; vedi Relazione dell'intendente Brandizzo).
I dissodamenti tardomedievali delle aree periferiche, caratterizzate da copertura vegetativa arborea e in precedenza soggette a un uso almeno in parte promiscuo da parte di comunità diverse genera ovviamente conflitti, che caratterizzano con particolare intensità la fase tra la prima metà del Trecento e l'inizio del Cinquecento. Una prima area di tensione risulta quella al confine con Verzuolo. Una disputa tra  le due comunità viene risolto da una sentenza del marchese di Saluzzo nel 1336 (Carte medievali, doc. 98). Si stabiliscono i confini e una zona di finaggio a controllo promiscuo. Permangono poi diritti d'uso da parte degli abitanti di Costigliole e Manta (Carte medievali, doc. 98). Un'altra zona di forte tensione è quella della Gerbola, un'area di finaggio, coperta da una vegetazione arbustiva, progressivamente messa a coltura dalla metà del Quattrocento. La bonifica dell'area porta alla luce le tensioni tra le varie comunità che vantavano diritti in loco. La località è infatti contesa da Villafalletto, Centallo e Fossano. La disputa di confine con Centallo è temporaneamente risolta con una transazione del 1455 (ACVillafalletto, Sez. I.3, Compromesso per la definizione dei confini tra la comunità di Villafalletto e quella di Centallo); nel periodo successivo, nonostante il permanere di tensioni fino almeno all'inizio del XVI secolo, non sembrano intervenire modifiche di rilievo come mostra una delimitazione territoriale del 1765 tra le due comunità (ACVillafalletto, Sez. I.9). Notevoli, sempre nella stessa area, le tensioni con il ben più vivace centro di Fossano (ACFossano, sez. I, mazzo 36, Copia attestationum testium..., a. 1489, ff. 136-140). Appaiono invece stabili i confini con Busca, oggetto semplicemente di una ricognizione nel 1756, e così pure quelli con Savigliano (ACVillafalletto, Sez. I.5). Ben più complessa risulta invece la situazione nella zona di confine con Verzuolo e Costigliole, ulteriormente complicata per la presenza dei terreni immuni dipendenti dalla grangia cistercense di Pomarolo. Liti e ridefinizioni dei territori si susseguono dal 1336 alla metà del Settecento (ACVillafalletto, Sez. I.5).
Le liti mostrano chiaramente la centralità dello sfruttamento agricolo del territorio nell'economia locale. Il territorio di Villafalletto, completamente pianeggiante, si presenta infatti già all'inzio del Cinquecento come quasi interamente antropizzato e soggetto a uno sfruttamento capillare e intenso. Ma la collocazione di Villafalletto in uno snodo stradale locale, tra i percorsi che uniscono tra loro non solo alcuni dei centri più importanti dell'area (Cuneo, Saluzzo, Fossano) ma anche le vallate con la pianura; inoltre si tratta di uno dei percorsi che congiungono il Piemonte con la costa ligure e nizzarda; transitano così i carri carichi di sale della gabella e altre merci (Comba 1994, pp. 192-195; ACFossano, sez. I, mazzo 35, Atti della città di Fossano..., a. 1445). Non si tratta solo di sfruttare  passivamente la posizione (come fanno comunità e signori spartendosi a metà dal 1335 la gabella sui transiti; Barbero 1994, p. 133) ma anche di inserirsi in modo attivo nei circuiti di scambio. All'interno di questo panorama Villafalletto acquisisce una specializzazione nel commercio di bovini. Già nel tardo Quattrocento possiamo osservare Villafallettesi impegnati nell'intermediazione in questo settore (ACFossano, sez. I, mazzo 36, Copia attestationum testium..., a. 1489); la vocazione è del resto pienamente confermata in seguito. Ancora nel Settecento la località è infatti il principale mercato bovino della provincia di Cuneo, e ben due sono le fiere annuali che attirano venditori e compratori da tutta la zona, con forti guadagni per la comunità, nonostante la recente concorrenza nel settore della vicina Centallo (vedi Relazione dell'intendente Brandizzo).
Lo sviluppo economico e l'intraprendenza della comunità locale appaiono del resto strettamente connessi a partire dal tardo medioevo. La prima attestazione di una comunità strutturata a Villa risale al 1268, quando un sindicus agisce per conto del comuni Ville in un negozio con il cenobio di Staffarda (Carte medievali, n. 26). Risulta interessante sottolineare come la trattativa sia condotta da un rappresentante della comunità locale e non dei signori del luogo, indizio di una certa maturità e di una autonomia. Tale impressione è del resto confermata dall'affitto, da parte della comunità stessa, delle decime relative al suo territorio, ottenuta nel 1311 dal titolare delle stesse, il vescovo di Torino; la transazione ci consente di osservare anche un'accresciuta istituzionalizzazione della comunità, che risulta all'epoca dotata di syndaci et procuratores, nonché di un consiglio ristretto di una ventina di membri, a cui si affianca il consiglio allargato dei capifamiglia. Nel 1313 la comunità riceve del resto le sue prime franchigie dai marchesi, accrescendo e formalizzando le sue prerogative (Barbero 1994, pp. 123-125). L'infeudazione ai Falletti nel 1332 apre alla comunità nuovi spazi. In una prima fase i signori (una famiglia di ricchissimi finanzieri) sono infatti relativamente poco interessati alla dimensione economica del potere su Villafalletto, e la comunità ne approfitta per ricontrattare a suo favore le forme di gestione della fiscalità locale. Nel 1335  la transazione del 1335 mette nelle mani del comune la metà della gabella (Barbero 1994, p. 133); nel periodo successivo i Falletti cercheranno di riprendere il controllo di questo fruttuoso cespite, e più in generale di ridurre le prerogative della comunità, ma senza successo. La comunità di Villafalletto riuscirà infatti, appellandosi alla giustiia sabauda a contenere le pretese signorili.
Gli statuti del 1433 (Il Libro degli Statuti, pp. 33-178) forniscono l'immagine di una comunità ormai altamente istituzionalizzata. L'organo decisionale è il consiglio ristretto, che conta una ventina di consiglieri; a questi si affiancano, in casi di particolari importanza altri venticinque capi di case, appositamente convocati; inoltre per due volte all'anno si riunisce pubblicamente l'arengo, a cui sono convocati tutti i capifamiglia.
La comunità (e i suoi membri) appaiono in grado di cogliere le opportunità economiche offerte dal territorio. La forza economica si traduce del resto in capacità di azione autonoma, anche in opposizione ai signori, generando una sorta di circolo virtuoso. Rispetto ad altre località dell'area la comunità, almeno dal Trecento, risulta quindi decisamente meno schiacciata dalla prenza signorile e più in grado di perseguire un'autonoma progettualità.