Moncestino

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria.
Area storica
Abitanti
229 (censimento 1991).
Estensione
643 ha (ISTAT); 668 ha (SI
Confini
A nord Crescentino e Fontaneto Po, a est Gabiano, a sud Villamiroglio, a ovest Verrua Savoia.
Frazioni
Cignaretto, Coggia e Seminenga. Tre «centri» sono identificati in età contemporanea dall’ISTAT come residenza del 65 per cento della popolazione, a cui si aggiungono quattro «nuclei» in un quadro insediativo quasi privo di «case sparse».
Toponimo storico
«Moncexinus», attestato dal 1348, e «Moncestinus» dal 1349 (Casalis 1842, p. 589; Gasca Queirazza 1997, p. 403; Olivieri 1965, p. 221). Il toponimo indica probabilemente il «mons», ossia, nell’accezione che tale termine aveva nell’organizzazione pagense romana, una terra comune degli abitanti di Ceste, stazione sulla strada da Pavia a Torino (Settia, 1970, pp. 50-51).
Diocesi
Vercelli fino alla costituzione della diocesi di Casale nel 1474, quando entra a far parte della nuova diocesi.
Pieve
San Vittore di Rosignano e San Pietro di Gabiano (ARMO, XVIII, p. 36; XXXIV, p. 109; Cognasso 1929, p. 224).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Una ecclesia sancti Martini de Moncexino è elencata nel registro della decima papale del 1348 tra i benefici dipendenti dalla pieve di Rosignano, mentre una chiesa de Montexino dalla stessa dedicazione compare nell’analogo registro del 1360. Si tratta evidentemente della stessa chiesa, che potrebbe inoltre identificarsi con la ecclesia sancti Martini de monteuisono o de Monte Ursino, anch’essa dipendente da Rosignano, presente invece solo nell’estimo del 1299 (ARMO, XVIII, p. 36; XXXIV, p. 109; Cognasso 1929, p. 224). Situate nell’odierno territorio comunale sono anche le chiese di Santa Maria delle Tre Valli e di San Giovanni di Tripolio,  elencate in quest’ordine fra le chiese facenti capo alla pieve di Gabiano nell’estimo del 1299 e nei due citati registri trecenteschi (l’elenco dei benefici del 1440 menziona soltanto la seconda) (ARMO, XVIII, p. 38; XXXIV, p. 112; CIX, p. 237; Cognasso 1929, p. 228).
     Nella prima età moderna, mentre la chiesa di San Martino sussiste come cappella castrense, le chiese della Madonna delle Tre Valli e di San Giovanni di Tripolio danno origine a un’unica parrocchia, con doppia intitolazione, consacrata durante la visita pastorale svoltasi nel 1565. I più antichi registri di battesimi, sepolture e matrimoni datano dal 1591. Alla metà del Settecento, il beneficio parrocchiale dispone di terre per 50 moggia di Monferrato e il suo reddito annuo si calcola in 300 lire piemontesi. Alla stessa epoca, nella parrocchia è presente la Compagnia del Santissimo Sacramento. Si segnala infine un beneficio («chiericato di San Graziano del castello») eretto nel 1550 e patronato del consortile dei signori del luogo, dotato di circa 12 moggia di beni fondiari (di cui 3 a Villamiroglio) (A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 32, Province di Casale ed Acqui. Memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii [1728-1729]; 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato [1729], cc. 46r e 176v-177r; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Mazzo 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tabb. 1-2; Di Ricaldone 1999, pp. 233-235).
Assetto Insediativo
Il territorio di Moncestino presenta, soprattutto in età medievale e moderna, una configurazione marcatamente «cantonale», favorita, da un lato, dalle sue principali caratteristiche morfologiche e produttive, dall’altro dalla debolezza o dal venir meno di una pressione signorile verso l’accentramento all’ombra della protezione del castello dopo la distruzione di questo, forse agli inizi del secolo XV (Casalis 1854, p. 421). Mentre, nell’età moderna, il dominio signorile mostra una strutturale inadeguatezza a orientare significativamente i processi di costruzione dell’insediamento, risulta invece essenziale la cooperazione dei diversi nuclei insediativi attorno al mantenimento dei flussi di comunicazione interni ed esterni si consolida tra medioevo ed età moderna nell’assetto a «cantoni» una pluralità di nuclei insediativi abitati da gruppi di discendenza a inflessione patrilineare di piccoli coltivatori-proprietari. «Cantone» termine corrente già nel secolo XII, nel senso di «quartiere cittadino» (1165) – il senso generalmente rilevato dai glossari (ad. es. Du Cange) –, nell’accezione di «nucleo abitato minore sottoposto ad altro maggiore» sembra peculiare dell’area monferrina (Settia 1983, pp. 175 e 180-181 n. 113).
Luoghi Scomparsi
Il percorso della strada collinare romana da Torino a Valenza passava ai piedi di Moncestino, località in cui vennero rinvenute tombe e altri reperti di epoca romana. Poco a ovest di Moncestino, la strada collinare varcava la valletta del rio Marca, toponimo che forse indicava il primitivo limite occidentale dello stanziamento germanico della valle Stura (Settia 1970, pp. 50-51).
Comunità, origine, funzionamento
Non dissimilmente dalle altre località situate lungo il Po tra i confini dei domini sabaudi e la città di Casale, la comunità godette, tra il tardo medioevo e l’età moderna, di un rapporto di diretta attenzione da parte dei marchesi del Monferrato per incoraggiare lo sviluppo di forti poteri comunitari e per circoscrivere la portata delle prerogative signorili.
Statuti
Confermati a più riprese nel corso dei secoli XVI e XVII (AST, Corte, Monferrato feudi).
Catasti
Nel 1757 la comunità riformò il proprio catasto, corredandolo di mappa e adottando la giornata di Piemonte come unità di misura della superficie agraria. L’estimo dei terreni si basava sulla loro produttività. Sia le abitazioni sia le «case di campagna» erano allibrate. Esclusi dall’iscrizione a catasto erano invece gli otto mulini ad acqua che nella seconda metà del XVIII secolo funzionavano lungo il Po. L’estimo, «antico», valutava la bontà dei terreni (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc.179r-182v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]).
Ordinati
Lo stato dell’archivio storico del comune di Moncestino, al 2002 in attesa di riordino, non consente di valutare la consistenza e le caratteristiche della documentazione conservata relativa alle deliberazioni del consiglio comunale.
Dipendenze nel Medioevo
È possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, Moncestino e buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato facessero parte della «iudiciaria torrensis» un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del X secolo, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli (Settia 1983, pp. 11-53). Sebbene le investiture ai Miroglio da parte dei vescovi di Vercelli vengono rinnovate nel 1329 e 1349, la dipendenza dai marchesi del Monferrato si stabilizza entro il secolo XIV (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Provincia di Casale, m. 4, Copia d’investitura concessa dal Vescovo di Vercelli a favore di Gioanni e Bonifacio Miroglj […] del castello e luogo di Miroglio con tutte le sue pertinenze […] ed altri luoghi della Diocesi di Vercelli […], 12 Maggio 1329; Copia d’investitura concessa dal Vescovo di Vercelli a favore di Bonifacio e Francesco Miroglj […] del castello e luogo di Miroglio con tutte le sue pertinenze […] ed altri luoghi della Diocesi di Vercelli, 25 Agosto 1349).
Feudo
Miroglio (dal 1314) (Guasco 1911, vol. II, p. 1038; AST, Corte, Paesi, Ducato di Monferrato, m. 50, fasc. 15, Stato delle città, communità e cassinali del Ducato di Monferrato, coi nomi de’ vassalli ch’anno prestato il giuramento di fedeltà a S. A. R., formato dal Consigliere Mellarède [s.d. ma attorno al 1710], c. 14; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, Provincia di Casale [1753], tab. 1, c. 10v).
Mutamenti di distrettuazione
Appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, quando, sebbene con nozione priva di un preciso contenuto amministrativo era classificata fra le terre dello stato «al di qua del Tanaro» o «Monferrato fra Po e Tanaro». Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 (riconosciuta internazionalmente con il trattato di Utrecht del 1713), entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) (Sturani 1995). Entro la maglia amministrativa francese, Moncestino seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del Casalese e quindi di Moncestino non mutò fino alla Restaurazione (Sturani 2001; ANP, F2 I 863 [Montenotte]). Dopo la parentesi napoleonica, Moncestino rientrò a far parte della ricostituita provincia di Casale, inclusa nel 1818 nella divisione di Alessandria e dopo ulteriori instabili riorganizzazioni a livello sovraprovinciale durante la prima metà del secolo, ridotta a circondario della provincia di Alessandria nel 1859 (Sturani 1995).
Mutamenti Territoriali
Non si hanno attestazioni.
Comunanze
Nella seconda metà del secolo XVIII la comunità possedeva «da tempo immemorabile» 336 moggia (corrispondenti a circa il 16 per cento dell’estensione complessiva del territorio comunale) di terreni posti in prossimità del Po, così classificati: «pascolo cespugliato» (circa 274 moggia), «ghiara nuda» (circa 19 moggia), «terra coltiva» (circa 41 moggia), quest’ultima in grado di fruttare annualmente circa 400 lire di fitti. Il «pascolo cespugliato», era descritto come «sterile e asciutto» e soggetto alle inondazioni del fiume. Inoltre, in località Privaglio, la comunità possedeva una notevole estensione di aratorio (56 moggia), distribuita in due appezzamenti di campo, che, affittati, rendevano annualmente, alla fine degli anni 1760, 518 lire. Sempre nella stessa località, era ubicata una vigna di oltre 6 moggia. Siamo così in presenza di un complesso di campi e vigna di proprietà comunale, pur non costituenti «alcun corpo di cassina». Tra i beni comuni, erano inoltre presenti quattro appezzamenti di bosco, per una superficie totale di oltre 36 moggia. Il taglio si regolava secondo un ciclo di otto anni. Non era consentito «boscheggiarvi», essendo il terreno «sterile e asciutto». Nel tardo secolo XVIII, per i terreni boscati della comunità sembrava esservi un rischio concreto di divenire oggetto di atti possessori da parte degli amministratori di grandi complessi vicini: all’inizio degli anni Ottanta la comunità si trovava in conflitto con l’economo regio del feudo di Verrua, che, nelle «giare sempre possedute dalla comunità», aveva fatto tagliare «una quantità di alberette di sommo riguardo». I beni della comunità erano fiscalmente immuni. Nel 1990 il territorio gravato da usi civici, considerati assenti dal comune, è invece calcolato in circa 37,07 ha dal Commissariato Usi Civici (AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Monferrato, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 179r-182v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]; AST, Sezioni Riunite,  I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse [s.d. ma 1760-1769]; CUC).
Liti Territoriali
Il periodo compreso tra l’ultimo quarto del XVI secolo e la fine del secolo successivo fu endemicamente caratterizzato dai conflitti che opposero i signori Miroglio di Moncestino ai signori di Crescentino e a quelli di Verrua, comunità estesa alla sponda opposta del Po e in territorio sabaudo, a proposito del controllo di quel tratto di fiume e dei terreni rivieraschi. L’accendersi delle dispute fu innescato da uno dei non infrequenti mutamenti di alveo del Po, che secondo la versione sostenuta dai feudatari di Crescentino ne aveva spostato il corso verso nord, dunque più addentro al loro territorio, in modo tale che entro i confini di quest’ultimo sarebbe ormai rimasta certamente compresa la sponda sinistra del fiume, sulla quale esisteva l’approdo settentrionale del «porto» di Moncestino, di proprietà dei Miroglio. A riprova delle loro rivendicazioni il conte di Crescentino poteva produrre la licenza concessa nel 1577 dal podestà del luogo in suo nome e della comunità al «portonaio» di Moncestino di «piantar la napola» del suo traghetto nei terreni («pascoli») della riva sinistra. E nel 1583 il giudice di Crescentino citava in giudizio il concessionario del porto per il mancato pagamento dei fitti dovuti per l’approdo al conte di Crescentino. Negli anni immediatamente successivi, la contesa locale diede origine, a causa dei suoi riflessi sulla definizione del confine di stato, a trattative fra delegati del duca di Savoia e di quello del Monferrato, scelti rispettivamente tra i senatori di Torino e di Casale. Questo intervento sfociò nel 1586 in una sentenza emessa dagli stessi delegati che dichiarò il confine tra i due territori contendenti al rio Poetto, assegnando quindi la riva sinistra del Po nel tratto interessato dalla disputa al territorio di Crescentino e dichiarando illecito l’approdo che vi tenevano i signori di Moncestino. Lungi dallo spegnersi, la contesa, per iniziativa soprattutto della parte sconfitta, si estendeva nel 1592 sui terreni della contrada della Nosetta, nella giurisdizione del feudo di Verrua, con un succedersi di atti possessori e rappresaglie sul bestiame al pascolo compiute dagli agenti dei feudatari delle due terre. Ancora fra il 1621 e il 1632, i Miroglio tornavano ad accusare di fronte alle magistrature monferrine i signori della riva sinistra di aver distrutto diversi termini di confine e approfittato dell’opera di corrosione del fiume per allargare indebitamente i propri territori in direzione di Moncestino. Nel corso degli anni Cinquanta del secolo, il conflitto si spostò sul controllo della navigazione fluviale e culminò con l’arresto operato dagli uomini dei conti di Moncestino a danno di barcaioli piemontesi diretti con sale e altre mercanzie al presidio di Trino. Non si spense però la contesa sui terreni alluvionali, se ancora nel 1688 i Miroglio si facevano promotori di incursioni nelle «ghiare» di Crescentino. Vedi mappa.   
   L’estensione del dominio sabaudo alla riva destra del Po in seguito all’annessione del ducato di Monferrato realizzatasi all’inizio del secolo seguente congelò in parte questi conflitti o quantomeno ne smorzò le manifestazioni più aggressive, ma non pose termine alle liti che insorgevano per il possesso delle «ghiare». Nel corso del secolo XVIII, per quanto riguarda Moncestino, esse sembrano però prevalentemente indirizzate verso territori contigui sulla sponda meridonale. Significativamente in occasione delle operazioni di misura territoriale intraprese dalla comunità di Moncestino poco dopo la metà del secolo, sorse infatti un contenzioso con la limitrofa comunità di Gabiano attorno al possesso di una superficie non irrilevante di pascoli rivieraschi. Vedi mappa. (A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, T, n. 6, Documenti che risguardano li confini di Trino con Camino e Bruzzaschetto, di Crescentino e Verrua con Fontanetto e Moncestino e Villamiroglio, spezialmente per alvei abbandonati, alluvioni, isolette del Po’, ragioni di porti e con un istromento di vendita di Moncestino, Villamiroglio e Rossingo fatta dai fratelli Mirogli Prevosto Gerosolimitano e Conte Andrea ai fratelli Pietro Francesco e Vincenzo [1314-1688]).
Fonti
AC Moncestino (Archivio Storico del Comune di Moncestino): al 2002 in attesa di riordino.
 
ANP (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804).
 
ARMO (Acta Reginae Montis Oropae), Biella, Unione Tipografica Biellese, 1945 (i documenti XVIII, XXXIV e CIX sono editi a cura di Giuseppe Ferraris).
 
A.S.A. (Archivio di Stato di Alessandria)
A.S.A., Senato del Monferrato, Atti di lite, m. 135.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino)
A.S.T., Carte topografiche e disegni,Carte topografiche per A e per B, Po , Mazzo 7, "PARTE DEL CORSO DI PO / dal Porto di Monteu, e parte di quello della Dora Baltea / superiormente al porto di S.t Anna, in vicinanza della / Cassina della Fessia, sino alla loro unione poco longi / da Moncestino". Parte del Corso del Fiume Po dal Porto di Monteu e parte di quello della Dora Baltea superiormente al Porto di S. Anna, in vicinanza della Cascina della Fessia, sino alla loro unione, poco lungi da Moncestino. Originale del Sig. Boerio; senza data. Sulla Scala di 1/4752. (Note: Carta con timbro del Dépôt Général de la Guerre.), s.d. [Autore disegno originale: Non indicato (ma con l'indicazione "Originale dal Sig.r Boerio")]. Vedi mappa.
Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 1, fasc. 18, Relazione dello stato e coltura de’ beni de’ territorj delle città e comunità della Provincia di Casale (1742-1743); n. 24, Casale. Stato delle liti attive e passive delle comunità (1757);
Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Casale, m. 2, fasc. 4, Monferrato. Ricavo de’ redditi di quelle comunità, misura de’ territorj e de’ beni antichi e moderni e notizie diverse (s.d. ma 1760-1769);
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie (regio editto 10 maggio 1734), mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2;
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 179r-182v; m. 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s.d. ma dopo il 1782); m. 18: Memorie del Basso Monferrato (s.d. ma 1784-1789); Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s.d. ma 1786); m. 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); m. 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729);
 
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
CLUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici, Torino).
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Guasco F., Dizionario feudale degli antichi stati sabaudi e della Lombardia. Dall’epoca carolingia ai nostri tempi (774-1901), Pinerolo 1911, 5 voll. (BSSS 54-58), vol. II, p.1038.
Ministero per l’agricoltura, industria e commercio, Variazioni avvenute nelle circoscrizioni amministrative del Regno dal 1° gennaio 1882 al 31 dicembre 1899, Roma 1900.
Raviola B.A., Il Monferrato gonzaghesco: istituzioni ed élites di un “micro-stato” (1536-1708), tesi di dottorato in Storia della società europea in età moderna, Università degli Studi di Torino, 1998-2001, coord. L. Allegra, tutor G. Ricuperati.
Regione Piemonte, Ricerca storica sulle isole amministrative della Regione Piemonte. Allegato allo schema del programma di modifica delle circoscrizioni comunali e di fusione dei piccoli Comuni, Torino 1994.
Settia A.A., Monferrato. Strutture di un territorio medievale, Torino 1983.
Settia A.A., Strade romane e antiche pievi fra Tanaro e Po, in «Bollettino storico-bibliografico Subalpino», 68 (1970), pp. 5-108.
Sturani M.L., Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di geografia amministrativa, a cura di Ead., Alessandria 2001, pp. 89-118.
Sturani M.L., Il Piemonte, in Amministrazione e territorio in Italia, a cura di L. Gambi, F. Merloni, Bologna 1995, pp. 107-153.
Torre A., Il consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell’Ancien Régime, Venezia 1995.
Descrizione Comune

Moncestino

          L’investitura di Moncestino alla famiglia Miroglio, definitiva a partire 1314, ebbe probabilmente, sul lungo periodo, l’effetto di rinsaldare, o cristallizzare, l’assetto insediativo e territoriale preesistente, anziché mutarlo in maniera sensibile, forse, almeno in parte, grazie al permanere, nel cuore dell’età moderna, di molti aspetti di un rapporto di dipendenza diretta delle comunità locali dal marchesato del Monferrato e dalla capacità di appello alle sue magistrature. Fino all’assorbimento del Monferrato entro i domini sabaudi ai primi del Settecento, Moncestino vide talvolta rafforzarsi, anziché affievolirsi, agli occhi delle autorità centrali del Monferrato il suo ruolo di comunità di frontiera, insieme a quella di Villamiroglio, non soltanto verso Crescentino e sul Vercellese, ma anche verso Verrua e i domini sabaudi sulle due sponde del Po, segnatamente durante il secolo XVII, limitando la capacità dei Miroglio di espandersi localmente con un dominio territoriale forte e compatto. Vi sono forti indizi di un controllo vigile e diretto del governo centrale e, in particolare, del castellano locale, nei confronti delle strategie espansive dei Miroglio, come quando, dopo la seconda Guerra del Monferrato, il conte Guglielmo, del ramo di Moncestino, viene accusato di avere tradito, tra il 1628 e il 1630, a favore dei duchi di Savoia.
Sebbene lo studio dei rapporti tra i Miroglio e le due comunità adiacenti di Moncestino e Villamiroglio, interessate alle loro prerogative signorili, attenda approfondimenti sistematici, è importante tenere presenti gli indizi di un impegno assai maggiore in un’attività che potremmo definire di coordinamento commerciale, più che non per la costruzione di un dominio compatto di tipo territoriale, o anche solo fondiario. La rete dei traffici si interseca profondamente, in quest’area, con quella delle giurisdizioni signorili. Ai signori appartengono la maggior parte dei pedaggi riscossi lungo i cammini, anzitutto la strada per il Genovese, oltre che luoghi di sosta e di deposito per gli uomini, gli animali e le merci che transitano sulle lunghe distanze. Alcuni esponenti delle famiglie signorili della zona appaiono direttamente impegnati ad accompagnare i convogli. Si tratta di famiglie che appartengono a configurazioni potenti, estese e ramificate, quali gli Scarampi di Camino e di diverse altre località del Monferrato e dello stato di Milano, talvolta impegnate in faide.
Non mancano dunque gli indizi di un interesse preminente dei diversi rami della famiglia Miroglio per il controllo, e probabilmente per il coordinamento, dei transiti, più che non per il controllo diretto di altre risorse locali. Le modalità dell’investitura di Moncestino e di Villamiroglio, da parte dei marchesi del Monferrato, a diversi rami della famiglia Miroglio suggeriscono i limiti che i poteri signorili erano destinati ad avere nelle due comunità e al tempo stesso il profondo rapporto di complementarietà economica destinato a caratterizzarle entrambe. L’investitura del 1314 comprendeva non soltanto Moncestino e Villamiroglio, ma anche, esplicitamente, una testa di ponte al di là del Po, con la prerogativa, almeno implicita, di gestire e controllare il transito del fiume. Tuttavia, la lunga serie di cause e contenziosi che si aprirono nell’età moderna sulla linea di confine con Verrua e con Crescentino sembra sortire l’effetto di minare non soltanto molti aspetti dell’esercizio delle prerogative signorili, ma i loro stessi presupposti di legittimità.
Di fatto, le prerogative dei signori nei confronti della comunità di Moncestino appaiono rintuzzate nel corso dell’età moderna dal ricorrente accoglimento di ricorsi di quest’ultima alla Camera ducale del Monferrato, ricorsi che investono sia la tutela di franchigie di commercio considerate indipendenti dalle prerogative signorili sia la natura stessa della giurisdizione, nel rifiuto del giuramento di fedeltà. Una notevole difficoltà per Miroglio, sul lungo periodo, è data dal coordinamento tra i diversi rami patronimici che condividono la signoria con titolo di conti palatini (conferito a ciascuno dei rami familiari nel 1569). A fronte di un identico patronimico, è rappresentata una varietà di interessi, luoghi di residenza e titoli di investitura che sfociarono a più riprese in almeno due tipi di controversie: le une riguardanti la conservazione delle eredità e delle successioni entro la linea agnatizia; le altre intorno alla gerarchia di prestigio e di potere tra i diversi rami familiari e i loro singoli componenti.
Alla seconda metà del Seicento risalgono, per esempio, le attestazioni documentarie delle controversie per la preminenza nei banchi di un ramo della famiglia della chiesa di Moncestino, che verranno incendiati da un altro ramo dei consignori. Il contenzioso si prolungherà per molti decenni. Ai primi dell’Ottocento, sotto il governo francese, il problema delle successioni per linea femminile nel feudo ormai estinto si riacuirà un po’ paradossalmente nel contenzioso tra i Miroglio e i Busca con una sentenza del Consiglio di prefettura che, mentre dichiara l’incompetenza della sede giudiziaria a risolvere i problemi di suuccessione feudale, stabilisce tuttavia l’illegittimità di una pretesa dei Busca alla successione per linea femminile (ANP, F2 I 1067). In un certo senso, si potrebbe dire che la tenacia con cui i Miroglio perseguono strategie di continuità patrilineare ricalca quelle delle famiglie di abitanti delle comunità loro sottoposte.
In realtà, non è facile, in assenza di studi specifici, valutare gli elementi di convergenza e quelli di divergenza tra i Miroglio, la comunità di Moncestino e le famiglie che la abitano. Emergono nella documentazione situazioni tanto d’incontro quanto di scontro: le prime, per esempio, nei momenti di aperta solidarietà tra signori e abitanti durante le «rappresaglie» subite da parte della comunità di Verrua nel corso del secolo XVII. È certo che una profonda convergenza d’interessi riguarda, in generale, il commercio, la mobilità di merci e di persone, in quanto ambito di attività integrativa rispetto a quelle agricole di sussistenza. D’altra parte, la vita agricola locale appare sostanzialmente sotto il controllo delle famiglie di coltivatori e piccoli conduttori, che si dedicano a una policoltura di sussistenza su terreni interessati solo in parte dalla viticoltura.
L’assetto territoriale di Moncestino è caratterizzato da un insediamento marcatamente policentrico, articolato in una maglia di nuclei, tradizionalmente denominati «cantoni». Questo assetto, nel corso dei secoli tra il medioevo e l’età contemporanea, si è mostrato refrattario a sviluppare centri di gravitazione consistenti e stabili.
Molti indizi di una vasta documentazione locale, che attende di essere studiata compiutamente, suggeriscono di ravvisare nell’organizzazione territoriale di Moncestino il risultato, su un arco di tempo assai lungo, di processi di eredità e successione tra gruppi di coltivatori-proprietari che dividono in loco, entro i gruppi di discendenza patrilineari, le case e i beni fondiari tra i discendenti maschi e dotano, al matrimonio, le figlie soprattutto di beni fiduciari. Le donne, al matrimonio, vanno ad abitare in casa del marito e vicino ai parenti di lui. L’effetto cumulativo di simili processi sulle forme di insediamento rurale è noto alla storiografia come «quartieri di lignaggio» ed è attestato in molte zone del Piemonte, e altrove, nelle quali furono deboli i processi di incastellamento e di sviluppo insediativo basati sulla sulla nucleazione in un concentrico (Regione Piemonte 1994, pp. 30-66).
Sarebbe azzardato, allo stato delle conoscenze, formulare ipotesi circa le origini e lo sviluppo dei quartieri di lignaggio a Moncestino, come anche in altre località monferrine di un’area situata in posizione strategica di controllo dei nodi stradali sulla direttrice Torino-Casale e su quella Vercelli-Asti. Insieme e analogamente a quanto avvenne per Pontestura, il controllo della zona offrì, per molti secoli, il controllo del transito del Po. Sebbene sia chiaro che l’importanza militare del sito determinò la costruzione di fortificazioni, probabilmente nel secolo XIII, all’epoca dei conflitti tra il comune di Vercelli e i marchesi del Monferrato, non sembra che l’apparato difensivo, peraltro effimero, abbia innescato un processo di nucleazione o concentrazione dell’abitato. Da quell’epoca in poi, Moncestino godette di una dipendenza diretta dal marchesato, che probabilmente favorì lo sviluppo di una forte autonomia amministrativa e ne garantì il consolidamento nel corso del tempo, come suggerisce, per esempio, la ricorrente conferma degli statuti locali. Un forte indizio di autonomia e forza delle istituzioni comunitarie è data dalla catastazione delle terre e delle case di ogni singolo cantone, che vincola direttamente le famiglie coltivatrici a un rapporto fiscale con lo stato nella certezza e permanenza del possesso della terra.
Le inchieste condotte dai funzionari statali nel corso del secolo XVIII ci offrono uno sguardo sintetico su alcune caratteristiche della vita locale. La Consegna del 1734 censisce 109 capifamiglia e un totale di 611 abitanti, contro i 102 «fuochi» e le 500 «anime» registrate dalla Statistica Generale del 1753. La Consegna, inoltre, censisce 278 capi di bestiame bovino, contro i 196 indicati nella Statistica Generale (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie [regio editto 10 maggio 1734], mazzo 6, Provincia di Casale, n.2; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 1).
Tra i «consegnanti» del 1734, si possono individuare: un ristretto strato superiore, che, accanto al conte Gerolamo Miroglio (Nicola e Pompeo Miroglio, abitanti in Moncestino, non risultano presenti, mentre Isidoro Miroglio abita a Ferrara), comprende un redditiere, il «ricevitore della posta», l’agente del castello e un chirurgo al servizio dell’esercito. Verso la stessa epoca, i Miroglio riscuotono un pedaggio «per acqua sul fiume Po’, per le robbe che si conducono al luogo di detto fiume». Gli stessi signori possiedono il «porto volante» sul fiume. Il detto pedaggio e il porto, concessi in affitto rendono 1400 lire l’anno (secondo il contratto d’affitto stipulato nel 1777). Inoltre, i feudatari esigono «la terza del prodotto de’ molini, o sia ripaggio».
Vi sono poi 14 capifamiglia artigiani; 90 agricoltori, fra i quali 2 servi, 5 «massari» e 83 capifamiglia qualificati semplicemente come «[lavoranti] di campagna». I massari e i servi risultano tutti alle dipendenze dei Miroglio, signori del luogo. I nuclei di massari comprendono in media 9,4 membri ciascuno e possiedono, sempre mediamente, 10,6 capi di bestiame bovino. Una famiglia di «lavoranti di campagna» conta invece in media 5,4 componenti e possiede 2,2 bovini (ma nel 41 per cento dei casi non ne possiede alcuno).
I dati ci forniscono uno sguardo sulla portata dei rapporti geografici che la popolazione stabilisce attraverso i i rapporti di matrimonio. Tra i massari, due provengono da altre località del Basso Monferrato, così come le loro mogli. Tra i restanti capifamiglia si contano 14 provenienze da altre località, tutte monferrine (e prevalentemente del Basso Monferrato) e, in misura minore, alessandrine (Annone) o appartenenti ad aree vicine a nord del Po (Crescentino e Verrua). Le uniche eccezioni sono costituite da due calzolai della Val Sesia.
Tra i 92 capifamiglia di sesso maschile di origine locale (esclusi i massari), 36 (ossia il 39,1 per cento ) risultano ammogliati con donne forestiere. Le località rappresentate sono 20, tutte riferibili all’area del Basso Monferrato, a esclusione di Verrua e di Villanova d’Asti. La comunità che conta il maggior numero di provenienze è Villamiroglio, con 7 casi; seguono Gabiano, con 5 casi; Castelletto Merli con 3; Calliano e Verrua con 2. Da ciascuna delle restanti comunità proviene una sola donna (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 10, Consegna della bocche umane e della bestie [regio editto 10 maggio 1734], mazzo 6, Provincia di Casale, n. 2).
Secondo la Statistica generale, l’estensione complessiva del territorio ammonta a 2072 moggia di Monferrato. Il dato corrispondente nel documento redatto dal consiglio della comunità il 5 gennaio 1782 in risposta alla circolare diramata dall’intendenza di Casale il 16 dicembre 1781, espresso in giornate di Piemonte (1700), risulta superiore di circa 45 giornate (ovvero) 53 moggia. La distribuzione proporzionale delle colture, a parte una quasi esatta corrispondenza della percentuale di territorio occupata dai campi, presenta notevoli discordanze. Nel documento più tardo la superficie coperta dai vigneti appare ridimensionata di quasi il 12 per cento (dal 58,9 per cento al 47,1 per cento ), mentre di pari entità appare la maggior estensione attribuita nel 1782 ai prati, agli incolti e ai terreni riservati al pascolo, ai boschi (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 4; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 179r-182v; m. 18, Memorie del Basso Monferrato [s.d. ma 1784-1789]).
Le tabelle dedicate dalla Statistica generale alla produzione agricola segnalano, accanto alla consueta carenza, rispetto al fabbisogno locale, di «meliga bianca» (pari all’86,6 per cento) e di «marzaschi» (l’84,9 per cento ), anche un forte deficit di frumento (mancherebbe il 58,5 per cento di quanto si consuma localmente). L’unico prodotto eccedente risulta essere il vino, per il 44,4 del totale prodotto. Nel 1781, gli amministratori della comunità indicavano tuttavia come produzione principale quella delle granaglie (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tabb. 5-9; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 26, Monferrato, m. 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781, cc. 179r-182v).
La Statistica generale riferiva inoltre come «molti» abitanti del luogo praticassero la pesca nel Po, «affittandone» il diritto nel territorio di Moncestino e in quello di Verrua e portando poi il pesce sui mercati di «diverse città». Diffusa sarebbe stata anche la prestazione di lavoro stagionale nei territori a nord del fiume e l’affitto di terreni sterposi da cui ricavare nutrimento per il bestiame e concime per i campi (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 79, Statistica generale, m. 6, Relazione della Provincia di Casale [1753], tab. 3).