Desana

AutoriRao, Riccardo
Anno Compilazione2008
Provincia
Vercelli.
Area storica
Contado di Vercelli.
Abitanti
1040 (ISTAT, 2001); 1101 (Comune, 2009); 1109 (ISTAT, 2009).
Estensione
1653 ha(ISTAT).
Confini
Vercelli (Vc), Asigliano (Vc), Costanzana (Vc), Tricerro (Vc), Ronsecco (Vc), Lignana (Vc).
Frazioni
Desana non ha nessuna frazione.
Toponimo storico
Dexana, Desana.
Diocesi
Vercelli.
Pieve
Nello stato della decima del 1298-1299 Desana è ricordata tra le località che non sottostanno ad alcuna pieve (ARMO, p. 27: “iste sunt ecclesie que non sunt alicuius plebanatus”). Nel 1345 (in un periodo in cui, come meglio si vedrà, il villaggio risultava abbandonato), la chiesa di San Pietro, la parrocchiale, fu annessa alla luminaria del capitolo di Sant’Eusebio (ABC Vercelli, Atti Privati, cartella 39, doc. in data 1345, marzo 2). Nello stato della decima del 1348 la chiesa di Desana risultava effettivamente dipendente dal capitolo di Sant’Eusebio (ARMO, p. 79).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La visita pastorale del vescovo Giovanni Stefano Ferrero, effettuata a Desana il 14 giugno 1606 (ASVc, Visite pastorali, bobina 2, volume 2, f. 60v-62), ricorda le seguenti presenze ecclesiastiche. Il principale insediamento ecclesiastico era costituito dalla collegiata intitolata ai santi Pietro, Maurizio e Alessandro, coincidente con la parrocchiale e istituita nel 1508 da Ludovico Tizzoni, che si era riservato la nomina dell’abate e dei canonici (Orsenigo, Vercelli Sacra, pp. 254-255; Casalis, s.v. Dezana, p. 73). Nel villaggio e nei suoi pressi, oltre alla fabrica di San Sebastiano, è menzionata anche la chiesa di San Pietro extra dicti loci. Nel territorio comunale (nelle “fini”) erano presenti l’oratorio di Sant’Ambrogio, la chiesa di San Maurizio e quella di Santa Maria di Settime. Quest’ultima presenza era costituita da un monastero femminile, attestato sin dalla metà del XII secolo (Ferraris, Le chiese “stazionali”, p. 98, Cassetti, Il monastero di S. Maria, p. 103): il monastero, era stato fondato tra il 1150 e il 1156 da Alcherio di Pezzana, il cui figlio Ottone Preve, nel 1188, risultava essere advocatus dell’ente (Cassetti, Il monastero di S. Maria, p. 103; AST, Materie ecclesiastiche, Sant’Andrea, mazzo 1). Attorno al cenobio si era creato un piccolo insediamento, i cui abitanti erano registrati a parte nei libri di taglia di età viscontea (AC Vercelli, Libro di Taglia del 1393 [2], f. 223v): verso la metà dell’Ottocento il Casalis ricordava che “fra le varie frazioni che vi dipendono, havvi una borgata detta Settime, i cui terrazzani formano la vigesimaquarta parte della total popolazione del comune” (Casalis, s.v. Dezana, p. 73).
Le chiese di San Pietro e di San Maurizio erano invece probabilmente le antiche chiese di Desana, rimaste al di fuori del recinto murario in seguito alle trasformazioni insediative dovute all’affrancamento del borgo o, forse, alla ricostruzione dei Tizzoni e soppiantate dalla costruzione della nuova parrocchiale che ne richiamava l’intitolazione (Ferraris, Borghi e borghi franchi, p. 157; per la chiesa di San Maurizio, documentata dal 1156, Orsenigo, Vercelli Sacra, p. 254; per le metamorfosi insediative si veda invece oltre, s.v. Assetto insediativo). Si devono inoltre ricordare l’importante presenza fondiaria dell’abbazia di Sant’Andrea di Vercelli, ben documentata nel XIV secolo, e i diritti di decima del capitolo di Sant’Eusebio di Vercelli.
Risulta particolarmente significativa, per la precoce altezza cronologica, la presenza di un edificio di culto emerso nell’ambito degli scavi nella zona di Settime: esso parrebbe risalire all’età tardo antica (Ambrosini, Pantò, Desana, località Ciapéli).
Assetto Insediativo
Lo sviluppo dell’habitat nel territorio di Desana risale all’età antica, come confermerebbero consistenti ritrovamenti archeologici del V secolo già noti nell’Ottocento (Bussi, Profili storici del Vercellese). Gli scavi recenti hanno avvalorato tale precocità insediativa, riportando alla luce, nella regione Ciapéli, nei pressi di Settime, una villa tardo-antica dotata di edificio di culto (Chiarlone, Il sito di Desana; Pantò, Settime di Desana; Ambrosini, Pantò, Desana, località Ciapéli). I resti altomedievali (VII; VIII-IX secolo) di tale abitato hanno evidenziato forme di insediamento sparso, con abitazioni costruite in materiali leggeri: in particolare attraverso l’impiego di legno e argilla cruda su zoccoli di muratura (Chiarlone, Il sito di Desana, p. 96; Pantò, Settime di Desana, 120).
La curtis incastellata di Desana compare nella documentazione scritta nel 1003, in occasione di una donazione di Arduino di Ivrea al preposito e arciprete della cattedrale di Vercelli Cuniberto (Panero, Una signoria vescovile, p. 78).
Per Desana è possibile ricostruire nel dettaglio le vicende del popolamento medievale: un’analisi approfondita della documentazione inedita consente di ridimensionare l’ipotesi, accettata da Carlo Dionisotti, di un ruolo preponderante delle vicende belliche, in particolare del saccheggio del 1357 raccontato dall’Azario, alla base dello spopolamento dell’abitato (Dionisotti, Il comune di Desana, pp. 10-11). Già sul finire del Duecento il borgo, affrancato dal comune di Vercelli forse anche per migliorarne la consistenza demografica, risultava scarsamente abitato: nel 1286, a una ricognizione di confini fra Desana, Costanzana e Tricerro, presenziò quella che sembra essere l’intera popolazione maschile adulta del luogo. Si trattava di due consoli, cinque credenziari, tredici vicini, e un certo Olrico Marchisio “qui consuevit habitare in dicto loco”: in tutto una ventina di persone. Anche supponendo che alcuni uomini fossero assenti, si potrebbe stimare – considerando che ogni fuoco fosse costituito di circa 5 persone – una popolazione totale inferiore a un centinaio di anime (AST, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 4, doc. in data 1286, aprile 13). Le attestazioni esplicite di abbandono del villaggio si situano tra il 1379 e il 1411, ma è probabile che già prima della metà del secolo il centro attraversasse una fase di sofferenza demografica. Nel 1336, un contratto di locazione di un’estesa tenuta, denominata “Paradiso”, da parte dell’abbazia di Sant’Andrea a favore di Giovanni e Giacomo di Graziano di Desana, conferma che il borgo era abitato, ma suggerisce nel contempo che le possibilità di diserzioni temporanee fossero concrete (Nel 1315, la tenetura “que appellatur Paradissus in poderio Dexane” era stata fra le località dell’ospedale di Sant’Andrea oggetto di una salvaguardia da parte del marchese di Monferrato: ASVc, AOSAVercelli, Pergamene, mazzo 1830, doc. in data 1315, febbraio 12. Singoli abitanti di Desana sono documentati anche nel 1335, 1336 e nel 1337: ivi, mazzo 1835, docc. in data 1335, giugno 8, 1336, agosto 11, 1337, agosto 8): alcune clausole precisavano che i contadini non erano tenuti al versamento del fitto nel caso fosse scoppiata una guerra generalis che avesse impedito loro di recarsi nel fondo e di abitare nel villaggio (AST, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 6, doc. in data 1336, aprile 5: “esset guerra generalis per quam non possent ire ad dictum nemus eis debeat diminui per illud tempore quod non possent habitare in dicta terra nec ire ad dictum boschum”). In maniera analoga, nel 1341 un’ulteriore investitura di una frascheta prevedeva la possibilità di inadempienza del contadino, in caso di spopolamento dell’insediamento (“salvo quod si causa guerre [...] locus Dexane remanere inhabitatus, quod pro illo tempore quo iacet inhabitatus ad solucionem ficti minime teneatur”: AST, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 6, doc. in data 1341, dicembre 16).
Se gli accordi per non pagare il canone in tempi di guerra sono frequenti nella contrattualistica dell’epoca, il riferimento esplicito a eventi che impedissero di abitare il borgo rimandano a un insediamento evanescente, dove risiedere soltanto se possibile e da abbandonare nei momenti di difficoltà. Sembrerebbe delineare un villaggio abbandonato, popolato da poche famiglie in maniera precaria, un’altra investitura di Sant’Andrea, posteriore di circa un quarto di secolo circa: nel 1364, l’abate locò a Guglielmo di Graziano detto “de Penecho” di Desana, un consanguineo di Giovanni e Giacomo, un sedime dell’elimosineria “in burgo Dexane”, confinante con un certo Muta e con Giacomo Peneco di Graziano. Il contratto prevedeva condizioni favorevoli per i locatari: Guglielmo ricevette la legna necessaria per costruire edifici sul fondo (“causa ponendis in hedificiis fiendis in dicto sedimine”) e ottenne il rimborso delle eventuali migliorie. Anche in quest’occasione una clausola stabiliva che se per motivi bellici non fosse stato possibile abitare il sedime, il canone non sarebbe stato corrisposto (AST, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 7, doc. in data 1364, giugno 11: “item stetit et convenit inter dictas partes quod si esset vel acciderit talis guerra dicta locatione durante quod dictus Guillielmus vel eius heredes non possent habitare sedimen, tunc ipse Guillielmus vel eius heredes non teneantur ad solucionem dicti ficti. Item toto tempore quo habitare non possent in dicto sedimine occaxione predicta a dicto ficto sint et essent deberi adsoluti”). Attesta la permanenza di una popolazione residente una scrittura dell’anno successivo: nel 1365, i canonici di Sant’Eusebio concessero la decima del luogo a Giacomo Coppe, Giovannino de Cossato detto di Sale e Guglielmo Squellario, “omnibus habitatoribus terre Dexane” (ABC Vercelli, Atti privati, cartella 46, doc. in data 1365, giugno 8). Negli anni Ottanta, i Visconti cercarono di ripopolare la villa, disabitata, secondo i provvedimenti della dominazione milanese, da più di trent’anni, incontrando, tuttavia, un fallimento a causa delle nuove migrazioni innescate, sul finire del secolo, da un incendio e dalle scorrerie di Facino Cane (AC Vercelli, Ordinati, 1, f. 39v.). Il fatto che tale insediamento venisse registrato nei libri di taglia soltanto a partire dal 1392, tra le “ville et habitantes additi de novo in extimo”, in una fase di pressante ricerca di nuove risorse fiscali da parte dell’amministrazione viscontea, suggerisce un effettivo processo di spopolamento (AC Vercelli, Libro di Taglia del 1392, Porta Pusterna; a margine l’inserimento veniva tuttavia cassato attraverso la seguente rubrica: “cassatus dictus burgus quia exemplatus errore Georgius Cochorelle”. Desana compariva tra i centri “additi de novo” anche nel 1393: ivi, Libro di Taglia del 1393 [2], f. 223v).
Desana, secondo l’atto di rifondazione del 1411, “inabitatus est et stetit pluribus annis preteritis” (I Biscioni. Nuovi documenti e regesti cronologici, doc. 1, pp. 9-18). Attestazioni esplicite dell’avvenuto ripopolamento per Desana, dopo alcuni tentativi dei Visconti sul finire del Trecento, devono essere riferite agli anni 1420-1422, quando il villaggio ospitava con certezza una comunità. Qualora si indaghi nel concreto la consistenza di tale popolazione risalta la sua esiguità: nel 1422, nel consiglio del comune degli homines si presentarono dieci individui, più dei due terzi dell’intero collegio, indizio di una comunità probabilmente non superiore ai trenta-cinquanta fuochi (ABC Vercelli, Atti privati, cartella 61, doc. in data 1420, febbraio 4; ivi, cartella 62, doc. in data 1422, gennaio 27. Quest’ultimo documento fu rogato nel castello di Desana, “sub porta dicti castri”, alla presenza di un famulus del castellano e di Guaschino “de Gervaso de Rippis habitator dicti loci Dexane”: è possibile ipotizzare una recente immigrazione del de Gervaso dalla vicina Rive).
Dopo la rifondazione, il castello dei Tizzoni risulta assumere un ruolo centrale nella vita del borgo, come centro di potere dei feudatari. È probabile che i Tizzoni avessero effettuato consistenti investimenti nella ristrutturazione dell’edificio, di cui è attestata, nel 1456, la presenza di una “sala magna”, preceduta, secondo un documento degli stessi anni, da un portico (ASVc, AC Desana, mazzo 8. Cfr. anche ABC Vercelli, Desana, scritture riguardanti la decima, doc. in data 1456 febbraio 1 e AST, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 36, doc. in data 1467, gennaio 13: “in castro dexane ... sub portichu dicti castri ante et prope salam magnam”).
Nel XVI secolo la comunità risultava avere una notevole consistenza demografica, assai più cospicua rispetto alle stentate dinamiche medievali. Nel 1567 si ricordano ben 1030 appartenenti alla comunità, per 280 capicasa, raccolti nella chiesa di Santa Maria di Veneria (Gazzera, Memorie storiche dei Tizzoni, pp. 92-93; Dionisotti, Il comune di Desana, p. 20). I libri degli imposti, se non consentono di certificare tale ottimistica stima, lasciano comunque intendere una popolazione di circa 500-700 anime tra Cinque e Settecento, registrando 155 nominativi nel 1566, 141 nel 1625 e 176 nel 1732 (ASVc, AC Desana, mazzo 38). Dati più precisi sono forniti dalla Perequazione, già nota al Dionisotti, che menziona 683 abitanti, ripartiti in 134 famiglie, nel 1710. Lo stesso Dionisotti ricostruisce con sicurezza l’aumento demografico in concomitanza con il trionfo della risicoltura: 1431 abitanti nel 1838, 1570 nel 1848, 2029 nel 1881 (Dionisotti, Il comune di Desana, p. 42). In età moderna si registra inoltre la notevole diffusione dell’abitato intercalare, con la creazione di numerose cascine.
Luoghi Scomparsi
Nel 1223 sono menzionati il castello e villaggio di Villa Ragla, probabilmente inclusi nel territorio di Desana o di Tricerro (Ferraris, Le chiese “stazionali”, p. 253). Nel territorio di Desana era inoltre inclusa la località di Dosonasco, attestata nel 1350 (ibidem, p. 117) e ancora menzionata (Dezanasco) nella perequazione del 1710 come località prediale (ASVc, AC Desana, mazzo 63, misura generale del territorio di Desana). Si deve infine ricordare che Desana stessa fu un villaggio abbandonato, anche se in maniera soltanto parziale, nel corso del XIV secolo (cfr. supra, s.v. Assetto insediativo). È probabile che tale periodo di diserzione, così come il probabile riordino edilizio avvenuto con l’affrancamento del borgo, avessero causato l’abbandono di alcune strutture insediative. Non si può stabilire con certezza se siano indizi di abbandono o soltanto di ulteriori metamorfosi insediative, forse in seguito all’affrancamento, alcune località prediali ricordate nel 1349: “in villario veteri dicti loci” e “in castro veteri dicti loci” (Il “Libro delle investiture”, p. 406).
Comunità, origine, funzionamento
Nel 1286, in un periodo di spopolamento, la comunità risultava retta da due consoli e da un consiglio di cinque credenziari. Facevano inoltre parte della comunità tredici vicini (AST, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 4, doc. in data 1286, aprile 13).
I rapporti interni della comunità risultano assai condizionati dalle difficili relazioni con i Tizzoni. Nel 1459, la comunità giurò fedeltà ad Antonio Tizzoni (Gazzera, Memorie storiche dei Tizzoni, pp. 160-161). Assai grave appare lo scontro con Agostino Tizzoni nella seconda metà del Cinquecento, che innescò un consistente flusso di fuoriusciti, culminato, nel 1567, con l’esodo dell’intera comunità (Gazzera, Memorie storiche dei Tizzoni, pp. 210). La comunità, desiderosa di sottrarsi ai soprusi del feudatario Agostino Tizzoni, si sottomise ai Savoia (Dionisotti, Il comune di Desana, p. 20). Dopo tali episodi, ulteriori liti con i Tizzoni si protrassero per tutto il Seicento (ASVc, AC Desana, mazzo 8). I rapporti furono ancora più tesi con i nuovi feudatari, i Magrelli. Nel 1736 è documentata una lite con tale famiglia per le prerogative del feudo: la comunità pretendeva di potere stabilire bandi campestri, di eleggere campari e di potere disporre dei pascoli, della pesca e della caccia nel territorio del comune (AST, Materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 4).
Un cospicuo elemento di conflittualità è inoltre rappresentato, nel Quattrocento, dai contrasti con la chiesa di Sant’Eusebio per il versamento delle decime. Conflitti e mediazioni con la comunità a tal riguardo sono documentati nel 1420, nel 1426, nel 1454, nel 1456 (ABC Vercelli, Atti Privati, cartella 62; ABC Vercelli, Desana, scritture riguardanti la decima).
A seguito dello sviluppo dell’abitato intercalare, in età moderna, la comunità si sforzò di vincolare i massari dei grandi proprietari agli oneri collettivi, in particolare al versamento delle imposte locali. Nel 1643, essa tentò di fare concorrere alle guardie per l’assedio di Trino il colonnello Cristoforo Alessandri per la cascina che possedeva nel territorio di Desana. Nel 1683, la collettività cercò di fare pagare le taglie ai massari residenti nelle cascine di Sant’Andrea di Vercelli (ASVc, AC Desana, mazzo 8).
Statuti
Non si sono conservati statuti. Esistono bandi campestri del 1737 (AST, materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 4).
Catasti
Si sono conservati i libri degli imposti dal 1566 (ASVc, AC Desana, mazzo 38), il Libro del catasto dal 1744 al 1763 e gli atti del 1754 per la formazione del catasto e la redazione delle mappe (ASVc, AC Desana, mazzo 63). Di notevole interesse il catasto a stampa del 1753 (stampato nel 1756): AST, Materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 4. Copia del catasto degli anni 1935-1955 è invece conservata in ASVc, Disegni, Mappe catastali). Non è stato possibile individuare il “catastum communitatis Decianae” del 1611 menzionato dal Bianchi alla fine dell’Ottocento (Bianchi, Le carte degli archivi, p. 464).
Ordinati
Gli ordinati si conservano dal 1583 (ASVc, AC Desana, mazzo 16, 1583-1648) fino al 1896 (ASVC, AC Desana, mazzo 37).
Dipendenze nel Medioevo
Dipendente, almeno dall’inizio dell’XI secolo, dalla chiesa cattedrale di Vercelli, nella seconda metà del Duecento Desana divenne borgo franco. Attorno alle metà del Trecento il dominio utile delle prerogative possedute dalla chiesa vercellese fu concesso dal vescovo Giovanni Fieschi alle stirpi dei Lignana e dei Pepia (Il “Libro delle investiture”, pp. 363, 406).
Feudo
La località fu concessa da Teodoro di Monferrato e quindi dal comune di Vercelli a Ludovico Tizzoni nel 1411, con ratifica ed infeudazione di Filippo Maria Visconti, che frattanto era succeduto al Paleologo nel governo della città eusebiana, nel 1412 (I Biscioni. Nuovi documenti e regesti cronologici, docc. 1-2, pp. 9-20). Nel 1417, alla morte di Giovanni Tizzoni, Desana fu contesa tra i figli Riccardo e Ludovico: essa pervenne a quest’ultimo, che rafforzò le sue prerogative patrimoniali in loco acquisendo beni e diritti dai Gigalotti e dai rettori della Carità di San Lorenzo: alla sua morte la località pervenne al figlio Antonio (Del Bo, Uomini e strutture, pp. 372-377). Nel Seicento, Desana si presentava come un feudo imperiale nelle mani dei Tizzoni, titolari di prerogative immunitarie (cfr. il catasto del 1611, che fa riferimento alla condizione di vicario imperiale del Tizzoni: Bianchi, Le carte degli archivi, p. 464). Oggetto di una lite per la successione alla morte di Carlo Giuseppe Francesco Tizzoni tra il 1676 e il 1680 (AST, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 17), il feudo, addivenuto nel 1691 al conte Antonio Francesco Bolgaro (AST, Paesi, Vercelli, mazzo 2), nel 1693 fu acquistato da Vittorio Amedeo II, che ne ricevette investitura imperiale nel 1699 (Dionisotti, Il comune di Desana, pp. 28-29). Nel 1734, i Savoia cedettero il feudo al cavalier Giovanni Pietro Marelli (AST, Paesi, Vercelli, mazzo 2; AST, Materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 4; ASVc, AC Desana, mazzo 38). Nel 1795, Desana fu infeudata al conte Tommaso Solaro di Moncucco (ASVc, AC Desana, mazzo 11).
Mutamenti di distrettuazione
Gli accordi tra i marchesi di Monferrato e Ludovico Tizzoni, cancelliere e in seguito consigliere marchionale (si veda Del Bo, Uomini e strutture, pp. 375-376), per la ricostruzione di Desana avvenuti nel 1411 sembrano denotare la crescente influenza dei marchesi sul borgo, che tuttavia non implicò un trasferimento di giurisdizione: la località rimase inquadrata nel Vercellese, pur mantenendo ampi ambiti di autonomia fiscale rispetto ad altri centri del distretto.
Mutamenti Territoriali
La principale mutazione paesaggistica del territorio di Desana sembra collegata all’avvento della risicoltura, che trasformò le attività economiche e le condizioni di lavoro del villaggio. Il suo impianto risulta piuttosto precoce per il Vercellese, su impulso del feudatario Agostino Tizzoni e in forte contrasto con la collettività. Secondo le lamentele della comunità raccolte nel 1567, tra i soprusi commessi dal Tizzoni, vi era anche l’avere costretto gli abitanti del borgo a seminare riso. Non solo numerosi uomini furono “forzati seminar li lini et rixi”: l’odiato feudatario requisì ai Desanesi diverse “terre nelle quali semina li rixi senza satisfatione alchuna” e di cui traeva esclusivo godimento. Tali fondi “che li pigliava per far rixo, herano seminate di segale et formento et le faceva guastare, a tal che perdevano la parte domenicale et dil massaritio, morendo de fame per la maggior parte” (Gazzera, Memorie storiche dei Tizzoni, doc. 41, p. 210). Bisogna sottolineare che, al di là dei risvolti conflittuali con la comunità, tale testimonianza conferma l’investimento dei feudatari per lo sviluppo delle risorse agricole, confermato anche da un atto di alcuni decenni precedente, con cui il duca di Savoia concesse a Giovanni Giacomo Tizzoni di fare un acquedotto nelle fini del villaggio per irrigare i suoi beni (AST, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 28, doc. in data 1545, marzo 17).
Lo sviluppo della risicoltura, come nel resto del Vercellese, ebbe un notevole incremento nel corso del Settecento. Già la misurazione del territorio in occasione della Perequazione del 1710 offre un’immagine dettagliata della distribuzione delle colture, mostrando il riso ben impiantato, soprattutto in alcune regioni periferiche, in particolare tra i beni feudali: si tratta di circa un quarto del territorio comunale, 1125,95 giornate su 4200 (ASVc, AC Desana, mazzo 63). Lo sviluppo del riso, promosso con insistenza dai grandi proprietari, sembra avere prodotto un vero e proprio effetto a catena, con una consistente riduzione delle altre forme di coltura. Da un procedimento giudiziario del 1739 emerge che “vari particolari di questo luogo hano seminato a riso giornate cento circa beni nella reggione detta la Lavazza quali prima si seminavano a grano e ciò d’opera dell’illustrissimo signor Conte di detto luogo”. In seguito a tale iniziativa, altri coltivatori cercarono di trasformare le terre vicine (“più voler altri particolari per far la muta de riso seminar a riso tutta la reggione detta delle are di giornate duecento circa”). Per cercare di frenare l’avanzata del riso, la comunità richiamò il rischio di salubrità dell’aria, poiché la regione interessata era vicina al villaggio, ma anche il rischio per le coltivazioni dei dintorni: la contrada confinava con le vigne del luogo, che sarebbero danneggiate dalla “nebia solita elevarsi ne risi” (ASVc, AC Desana, mazzo 8).
Nel 1806, fu la stessa comunità a cercare di trasformare un gerbido a riso, sollevando la reazione del prefetto del Dipartimento della Sesia, che vietò l’iniziativa. Secondo le sue parole, “il prefetto non può assolutamente dar la permissione di seminare a riso: l’utilità pecuniaria del commune non può esser posta in bilancio col danno gravissimo della sanità degli abitanti, oltre che questo seminerio, daneggiando le terre vicine, costringerebbe altri a seminerii abisivi di riso, che il prefetto non può tollerare” (ASVc, AC Desana, mazzo 141).
Comunanze
La misurazione generale del territorio in occasione della perequazione del 1710 registrava 326,45 giornate di beni “immuni e communi della comunità” su un territorio comunale di più di 4200 giornate. Sebbene la cifra possa risultare consistente, per quanto non enorme, occorre considerare che più di 200 giornate erano costituite da un unico bosco nella regione significativamente denominata “Comune”, descritta, ancora attorno alla metà del secolo successivo, dal Casalis: “evvi una foresta di giornate duecento dieci; essa per la più parte è comunale; vi annida poco selvaggiume” (Casalis, s.v. Dezana, p. 73). Gli altri beni comunali erano assai frammentati, composti di pascolo (una cinquantina di giornate) e risaie (35 giornate di bassa qualità: ASVc, AC Desana, mazzo 63).
La dinamica di erosione della proprietà collettiva, acceleratasi nel corso del Settecento in coincidenza con il consistente progresso del riso, è confermata da una lite avvenuta fra il 1739 e il 1743 con i nuovi feudatari, i Marelli, che avevano occupato numerosi gerbidi comunali (ASVc, AC Desana, mazzo 8; AST, Materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 4, anno 1739). Tali dispute tra feudatari e comunità devono essere inquadrate all’interno delle pretese dei nuovi feudatari sulle comunanze, che condussero i Marelli a rivendicare la gestione delle comunanze e dei diritti di pesca in ragione della loro natura feudale (per l’affitto della pesca cfr. anche AST, Materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 5, doc. in data 1759, gennaio 21).
Come si è visto nel corso del procedimento del 1806 (cfr. supra, s.v. Mutamenti territoriali), la comunità, accogliendo gli orientamenti economici più redditizi, trasformò numerosi suoi possedimenti in risaia. Se risaie comunali sono già menzionate nella Perequazione, nel 1827 il comune risultava possedere ben 60 giornate a riso (ASVc, AC Desana, mazzo 141), gestite tramite affitti (ASVc, AC Desana, mazzi 42-56).
Liti Territoriali
La documentazione ha trasmesso tracce relativamente scarse di liti territoriali con le comunità contermini. Si può cogliere l’eco di una conflittualità per motivi territoriali nella delimitazione dei confini della comunità da quelli di Costanzana e Tricerro nel 1286 (AST, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 4, doc. in data 1286, aprile 13).
La ricognizione dei confini del territorio comunale durante la Perequazione del 1710 mostra confini stabilizzati e per lo più condivisi con le comunità contermini. Il maggiore motivo di attrito era costituito dai termini con il territorio di Costanzana: quest’ultima comunità, in particolare, sosteneva che le sue terre oltrepassano i rivi Gardina e Lamporo voluti come confine da Desana (ASVc, AC Desana, mazzo 63). Sembrano avere avuto carattere più episodico le liti avvenute con particolari di Lignana nel 1633 e nel 1782 (ASVc, AC Desana, mazzo 10) e con i nobili dello stesso luogo nel 1542 (AC Vercelli, Armadio 57, 114/I, doc. in data 1542, marzo 13).
Fonti
Fonti inedite:
ABC Vercelli (Archivio Biblioteca Capitolare di Vercelli):
Atti privati, cartelle 39, 46, 61-62;
Desana, scritture riguardanti la decima.
AC Vercelli (Archivio Storico del Comune di Vercelli):
Armadio 57, 114/I;
Libro di Taglia del 1292 e Libro di Taglia del 1393 (2).
Ordinati, 1.
AST (Archivio di Stato di Torino):
Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzi 1-7;
Materie politiche per rapporto all’interno, Duca di Chiablese, Categoria seconda, mazzo 4;
Paesi, Provincia di Vercelli, mazzi 2, 17, 28, 36.
ASVc (Archivio di Stato di Vercelli):
AC Desana (Archivio storico del comune di Desana), mazzi 8, 10-11, 16-38, 42-56, 63, 141.
Archivio dell’Ospedale di Sant’Andrea di Vercelli (AOSAVercelli), Pergamene, mazzi 1830-1835
Disegni, Mappe catastali.
Visite pastorali, bobina 2, volume 2 (gli originali delle visite pastorali vercellesi, conservati presso la Biblioteca Agnesiana di Vercelli, non risultano essere consultabili).

 
Fonti edite:
Acta Reginae Montis Oropae (ARMO), Biella 1945, 3 voll.
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Descrizione Comune
Desana
     Le dinamiche istituzionali e insediative di Desana risultano spezzate al passaggio dal medioevo all’età moderna. Le vicende medievali, almeno sino al pieno Quattrocento, disegnano una comunità di scarsissima consistenza demografica, costretta a convivere con frequenti episodi di spopolamento temporaneo almeno sin dalla seconda metà del Duecento. Anche dal punto di vista istituzionale, i poteri signorili risultano piuttosto deboli: la chiesa cattedrale di Vercelli risulta detenere diritti signorili dall’XI secolo, in seguito concessi ad alcune stirpi aristocratiche, tuttavia indeboliti dall’affrancamento voluto dal comune di Vercelli. Dal XIII secolo, i canonici di Sant’Andrea di Vercelli erano una presenza politica importante, anche se limitata a una cospicua dotazione fondiaria. Desana si presenta come una comunità esigua, che si muoveva, nei secoli del medioevo, in un quadro politico frammentato, attraverso una molteplicità di interlocutori politici in competizione.
Il ripopolamento del borgo, a partire dai primi decenni del Quattrocento, inaugura una nuova fase di vita del villaggio. Se le evidenze documentarie lasciano intendere che a pochi anni dalla rifondazione la comunità era ancora poco popolosa, i dati demografici relativi all’età moderna presentano un quadro del tutto differente: Desana si presenta come un centro di medie dimensioni, rispetto alla media della Bassa Vercellese, con una popolazione compresa tra le 600 e le 1000 anime.
Il contesto appare mutato anche dal punto di vista politico: la comunità si deve confrontare con una presenza signorile forte, i Tizzoni. Al di là di alcuni aspetti eclatanti, su cui la storiografia locale ha molto insistito, come la fondazione della zecca (per esempio, Dionisotti, Il comune di Desana), i nuovi feudatari incisero a fondo sulla vita del villaggio, che assunse una posizione immunitaria rispetto alle altre terre del distretto vercellese. Essi ebbero un ruolo decisivo nell’introduzione a Desana della coltivazione che ancora oggi modella il paesaggio e l’economia locale: la risicoltura. Attraverso relazioni contrastate e per lo più conflittuali, i feudatari limitarono le capacità di sviluppo politico-istituzionale della comunità, ma sollecitarono anche, in alcune particolari circostanze, come negli anni della reazione ad Agostino Tizzoni nel terzo quarto del Cinquecento, la sua coesione in funzione anti-signorile.
Un tratto comune pare traghettare la Desana medievale in quella moderna: il costituire un territorio di frontiera, tra Vercellese e marchesato di Monferrato. Questo aspetto pare spiegare un’intensa mobilità degli uomini, indirizzati verso migliori condizioni di vita, ora verso i domini marchionali, ora verso quelli vercellesi, viscontei e infine sabaudi.