Curino

AutoriCerino Badone, Giovanni
Anno Compilazione2014
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Biella
Area storica
Principato di Masserano, Biellese
Abitanti
455 [ISTAT 2013]
Estensione
ha 2137 [Istat]
Confini
Brusnengo, Casapinta, Crevacuore, Masserano, Mezzana Mortigliengo, Pray, Roasio (VC), Soprana, Sostegno, Trivero, Villa del Bosco.
Frazioni
Chierro, Chiocchetti-Gianadda, Colmo, Demarchi, Gabella, Olzera, Ronco, San Bononio, San Nicolao, Santa Maria, Sasso, Vergnago, Vivaro [Istat].
Toponimo storico
La prima attestazione riferita a Curino, risalente all’anno 999, riporta il nome di Castrum Quirini [MGH DD II/2, n. 323, p. 750; BSSS 145, p. 118]. Nel secolo successivo il nome si modifica in Castrum, o Castellum, Quirini [BSSS, 146, Vol. I, p. 120; Vol. II, pp. 80, 92]. A partire dal XIII secolo inizia ad essere impiegato il termine loci Quirini, e dopo il 1250 solamente Comunità e Luogo di Curino [BSSS, 146, Vol. I, p. 141; Biella, Biblioteca Civica, Archivio Bolgaro, Libro dei debiti e crediti del Comune di Vercelli]. Le frazioni, o cantoni, di Curino – Santa Maria, San Martino, Romagnacco (San Bononio), Fariale (San Nicolao) e Gabella - vengono esplicitati per la prima volta nel giuramento di fedeltà del 1502 fatto dalla Comunità ai Fieschi [AST, Paesi, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 26].
Diocesi
Curino fa parte dell’Arcidiocesi di Vercelli, probabilmente già dal IV secolo d.C. L’attestazione antica più certa è tuttavia del X secolo [MGH DD II/2, n. 323, p. 750; BSSS 145, p. 118; Ughelli 1719, Vol. IV, p. 1101].
Pieve
Sul territorio della comunità si sono formate tra l'XI e il XVII secolo quattro distinte chiese parrocchiali: la parrocchia di Santa Maria e Matteo, quella di San Martino, di San Nicolao e di San Bononio. La chiesa parrocchiale di Santa Maria e Matteo situata nell’omonima frazione di Santa Maria, si formò come tale tra il XI e XII secolo. Entro il XV secolo venne elevata a parrocchia anche la chiesa di San Martino data la sua importante collocazione lungo la principale strada di comunicazione tra Curino e la pianura di Cossato [Barale 2003, p. 114; Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 455]. Altra chiesa parrocchiale è quella di San Nicolao, riconosciuta come tale alla fine del XIII secolo [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 55]. La chiesa di San Nicolao fu sede di una parrocchia fondata nel 1599, staccatasi da quella di Santa Maria e Matteo [ACVV, Acta et Decreta, Visite pastorali di Mons. Giovanni Stefano Ferrero, Vol. II, Fol. 262]. Nel 1645 anche gli abitanti dei cantoni di Colma e Romagnacco (ora San Bononio) riuscirono ad ottenere una completa autonomia con la creazione di una parrocchia con sede la chiesa di San Bononio [AP San Bononio]. Dal 1 gennaio 1987 le quattro parrocchie sono state riunite in un’unica parrocchia di Curino.
Si trattano qui di seguito: a. Fondazione delle parrocchie; b. Distretto pievano; c. Edifici storici e rapporti con le comunità; d. Rendite; e. Rapporti tra le parrocchie e con le altre presenze religiose.
 
a. Fondazione delle parrocchie. La prima attestazione di edifici religiosi esistenti sul territorio di Curino è del 12 marzo 1216, quando il vescovo di Vercelli Ugone cita Quirinum tra le località dotate di chiesa parrocchiale e cappelle [Barale 2003, p. 81]. Nella successiva bolla di Onorio III, dove si elencano i soggetti sottoposti a decima, risulta anche la Ecclesia Sancte Marie de Quirino [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 55]. L’edificio in questione è senza dubbio la chiesa di Santa Maria e Matteo, che si erige a parrocchia autonoma probabilmente entro la fine del XI secolo, staccandosi da quella di Santa Maria «ad naulam» nei pressi di Serravalle Sesia. Le strutture romaniche superstiti risalgono all’ultimo quarto dell'XI secolo e confermano la presenza di un edificio religioso in muratura di discrete dimensioni. Il primo parroco citato nei documenti è il presbiter Millianus citato in sopralinea nell’elenco delle decime della mensa vescovile di Vercelli del 1348 [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 181].
   Nel XV secolo nel territorio di Curino viene segnalata una seconda parrocchia: l’ecclesia di San Martino [Barale 2003, p. 114; Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 455]. L’Ecclesia Sancti Martini de Quirino compare nell’elenco delle chiese tassate per le decime papali nel 1298 [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 42] e nel 1348 [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 181]. In assenza di documentazione più antica non è da escludere che la costituzione di una parrocchia San Martino sia avvenuta già nel corso del XIII secolo per servire ai centri abitati costituitisi sulla creste che dominano la riva destra del Rio Bisingana nella zona meridionale, conosciuta come «Valle Mezzana», del territorio di Quirino. L’edificio è di antica fondazione, è ancora oggi orientato, nonostante la sua attuale veste tardobarocca. Il primo parroco ricordato nei documenti è un certo Antonius de Quirino registrato negli elenchi della tassa sinodale della Mensa vescovile di Vercelli nel 1438 [Barale 2003, p. 83].
   La terza parrocchia venutasi a formare è quella di San Nicolao. In precedenza la struttura funzionava da oratorio dell’omonimo cantone, sotto la rettoria del curato di Santa Maria e Matteo. Esisteva presso questo oratorio un edificio adibito a casa del custode della chiesa, come si può riconoscere dall’analisi delle strutture perimetrali dell’attuale casa parrocchiale. L’edificio, non ancora parrocchiale, fu registrato nell’Inventarium scripturarum quae reperiuntur in archivio multum Ill/tris R./mi D.D. Io Francisci Bonomi, ep. Vercell. de anno MDLXXVI. In questo documento è registrata l’electio facta in Jacobinum Conversum de possessionibus Ecclesiae S. Nicolai de Quirino de anno 1370 [Orsenigo 1909, p. 306]. La chiesa di San Nicolao vide le proprie prerogative crescere in maniera esponenziale sino ad ottenere, alla fine del XVI secolo, il riconoscimento a parrocchia. Tale passaggio fu una precisa ricerca voluta dalla comunità di San Nicolao per differenziarsi da quella di Santa Maria; il distacco fu ricercato a tal punto che gli abitanti del cantone giunsero ad esplicitare un’offerta di carattere monetario alla curia vercellese allo scopo di ottenere lo smembramento dalla parrocchia di Santa Maria [ACVV, Acta et Decreta, Visite pastorali di Mons. Goria, Vol. II, Fol. 215]. Nel 1599 finalmente risulta installato a San Nicolao Jacobus Mantinus Rector eccl. Parochialis S.cti Nicolai. Una volta ottenuta la parrocchia lo stipendio destinato al rettore, e il relativo compenso alla mensa vescovile, non vennero onorati. Uno degli attori della creazione della parrocchia, lo stesso parroco Jacobus Mantinus, non ottenendo il pagamento previsto, né le quote pattuite per la mensa vescovile, decise di abbandonare Curino. La parrocchia rimase vacante almeno sino al 1606, quando risulta presente per modum provisionis il sacerdote Pietro Lorenzo de Vidatro di Mosso [ACVV, Acta et Decreta, Visite pastorali di Mons. Stefano Ferrero, Vol. II., Fol. 362]. Gli abitanti di San Nicolao patteggiarono con il cappellano viceparroco di Santa Maria la presenza di un religioso che officiasse con regolarità. La rettoria rimase provvisoria sino al 1628, quando venne nominato parroco Antonio Ugazio, «hic redditus fuit neglectus et viceparocho pacta mercede sunt contenti» [ACVV, Acta et Decreta, Visite pastorali di Mons. Goria, Vol. II, Fol. 215].
   La quarta parrocchia del territorio quirinese è quella di San Bononio. La zona settentrionale del comprensorio di Quirino si presenta piuttosto scoscesa e tormentata, specie se raffrontata con quella meridionale. Le comunità di Romagnano (o Romagnacco) e della Colma erano servite anticamente da monaci benedettini inviati periodicamente dall’abbazia di San Michele di Lucedio [vd. Altre presenze ecclesiastiche]. Nel XIII secolo la zona in questione era di pertinenza della chiesa di Santa Maria, come attestato nel 1440 nell’elenco dei soggetti sottoposti ai contributi sinodali dove è chiaramente indicata l’Ecclesie S. Marie de Quirino cum ecclesijs SS. Nicolai et Bononij anexis sol. XXVI [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 455]. La locale chiesa di San Bononio, utilizzata come oratorio cantonale, era servita da un cappellano; come avvenuto per San Nicolao, anche a Romagnacco la comunità locale spinse per uno smembramento della parrocchia. Insieme alla comunità di Colma, nel 1629 fu presentata al vescovo di Vercelli una petizione perché fosse istituita una parrocchia dedicata al patrono della chiesa principale, San Bononio appunto, adducendo come validi motivi la lontananza dalla chiesa di Santa Maria, «la cattiva strada, il riale [trattasi del Torrente Bisingana] pericoloso, la comunità di 30 e più focolari, le difficoltà per battezzare e seppellire». Inoltre non era necessario neppure costruire una nuova chiesa, in quanto quella esistente era già «bene ornata, con campana e campanile e i mobili necessari per la S. Messa» [AP San Bononio, Fondazione]. Il vescovo fece una concessione a metà, permettendo l’ufficio della messa nei giorni festivi e la presenza di un viceparroco. Nel febbraio del 1654 il “Cantono di Romagnacco” tornò a bussare alle porte del palazzo vescovile di Vercelli richiedendo lo smembramento della parrocchia di Santa Maria e l’erezione di una parrocchia a Romagnacco. Le ragioni di tali richieste rimanevano del tutto simili a quelle del 1629, ma sul piatto i “secessionisti” potevano aggiungere non solo la presenza di una chiesa del tutto funzionale, in buone condizioni e restaurata di fresco, ma anche la presenza di una nuova sacrestia, di un battistero e di un cimitero. Furono fatte anche delle concrete promesse in denaro e per il sostentamento del parroco venivano garantiti cinquanta ducatoni d’argento all’anno, da versare metà nella festa di Sant’Eusebio e l’altra metà in occasione di quella di San Martino. Tali offerte colpirono la sensibilità del vescovo, che il 13 giugno 1654 poteva annunciare che «liberiamo, separiamo e dismembriamo definitivamente dalla parrocchia di S. Maria coloro che fanno parte della comunità di S. Bononio [ma non quella di Colma], con ogni facoltà ed autorità di eleggere e presentare al Vescovo di Vercelli il curato del luogo» [AST, Corte, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 29]. Il 17 luglio 1654 veniva eletto come primo parroco don Giovanni Valle [AST, Corte, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 29]. La scelta della curia, che non consultò in anticipo la comunità di Santa Maria, provocò l’apertura di una lite che si trascinò sino al 1661 [vd. punto e. Rapporti con le altre presenze religiose].
 
b. Distretto pievano.
Alla fine del XVII secolo il territorio della comunità di Curino risultava suddivisa in quattro distinte parrocchie, dalle quali dipendevano non meno di venti oratori e una cappella di grandi dimensioni. Disseminate lungo tutto il territorio erano situate almeno 37 cappelle campestri e 57 dipinti murali [situazione all’anno 1999. Censimento presentato in Barale 2003, p. 286]. Le parrocchie erano così organizzate:
- parrocchia di Santa Maria e Matteo. Contava oltre alla chiesa parrocchiale altri otto oratori ed una cappella così disseminati sul territorio: chiesa parrocchiale di Santa Maria e Matteo in località Santa Maria; oratorio di San Giorgio (a quota 538 tra la frazione Santa Maria e Termino); oratorio di San Rocco e oratorio di San Giacomo a Favi; oratorio di Santa Maria a Colmo; oratorio di Santa Elisabetta sul colle di Santa Elisabetta presso la frazione Olzera; oratorio di San Bernardo, poi di San Bernardo e San Bernardino da Siena, al cantone Vivaro; oratorio di Sant’Antonio in frazione Gnerro; oratorio dell’Immacolata, nel cantone Rocco di Santa Maria; cappella di San Rocco in cantone Gnerro.
- parrocchia di San Martino. Oltre alla parrocchiale erano presenti altri cinque oratori così collocati sul territorio: chiesa parrocchiale di San Martino, nel cantone di San Martino o “Valle Mezzana”; oratorio di San Rocco nel cantone Briasco; oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano, presso il cantone Gabella; oratorio di San Defendente, presso il cantone Bugellio; oratorio della Madonna della Neve, presso il cantone Cascina; oratorio di San Grato, sulla strada tra le frazioni Gianadda e Chiocchetti.
- parrocchia di San Nicolao. Gli edifici religiosi, compresa la chiesa parrocchiale, erano in tutto quattro: chiesa parrocchiale di San Nicolao alla periferia del cantone di San Nicolao; oratorio di San Rocco, presso il cantone di Vergnago; oratorio di Sant’Antonio Abate alla periferia del cantone Sasso; oratorio di San Carlo, nel cantone di San Nicolao.
- parrocchia di San Bononio. In questa parrocchia si contavano con la chiesa parrocchiale quattro edifici di culto principali: chiesa parrocchiale di San Bononio nel cantone di San Bononio; oratorio di Sant’Antonio Abate al cantone della Colma; oratorio di San Rocco nel cantone Campo; oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano al cantone di San Bononio.
Nel XX secolo le quattro parrocchie iniziarono ad essere tra di loro accorpate; il 6 aprile 1956 la parrocchia di Santa Maria fu unita aeque principaliter con la parrocchia di San Nicolao. Il 6 giugno 1961 fu la volta della parrocchia di San Bononio, che venne unita a quella di San Martino aeque principaliter [Barale 2003, p. 92]. Dal 1 gennaio 1987 le quattro parrocchie sono state riunite in un’unica parrocchia di Curino [Barale 2003, p. 83].
 
c. Edificio storico e rapporto con la comunità.
- parrocchia di Santa Maria e Matteo. Le strutture più antiche oggi evidenti della chiesa di Santa Maria sono inglobate nel campanile e nella pianta generale che, nonostante l’aspetto odierno, risulta ancora orientata. La visita pastorale del luglio 1573 descrive la chiesa come composta da tre navate con soffitto a capriata. Il pavimento, sino ad allora in terra battuta, era in fase di copertura con un battuto in pietra e calce. La chiesa, la cui facciata era collocata proprio davanti alla strada che dalla pianura biellese porta al passo della Colma e alla Valle Sessera, aveva la facciata sopravanzata da un portico. L’altare maggiore, staccato dalla parete di fondo, aveva il tabernacolo di legno, dietro al quale si elevava l’ancona con la figura della Madonna e di due angeli in legno. Sopra l’altare maggiore la capriata era chiusa su una volta affrescata. Nella navata di destra era collocato l’altare di San Giovanni Battista, a sinistra quello di San Giacomo e uno di Sant’Antonio abate, le cui cure e uffici erano pagati direttamente dalla comunità parrocchiale che in quegli anni contava 200 focolari con circa 800 persone. Staccato dal corpo dell’edificio principale il battistero, tutto in muratura e decorato con affreschi [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1573]. Nel 1606 risultava aggiunto l’altare della Madonna del Rosario, utilizzato e gestito dalla compagnia del Rosario [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Nel dicembre del 1630 i parrocchiani, e nella fattispecie quelli di Santa Maria e parte di quelli di Romagnago, decisero di raccogliere i fondi con una tassazione “per foco” destinati a pagare un artista valsesiano - Cristoforo Rocca di Roccapietra - un nuovo altare maggiore e una nuova ancona della Madonna, complice la crescente e sempre più acuta competizione con la nascente parrocchia di San Bononio [AP Santa Maria, Libro dei conti]. Nel 1632 iniziarono ad essere aperte nuove cappelle, come quella di San Giacomo, quella di San Carlo (1636), del Sacro Rosario (1637), del Suffragio (1695). Nel corso del XVIII secolo furono aggiunte le cappelle del Crocefisso e di San Giuseppe. I priori della parrocchia, tutti laici, dovevano essere eletti – o approvati dal parroco – ogni anno. Avevano l’incarico di raccogliere le offerte, le elemosine, il ricavo dell’incanto delle offerte, di percepire gli affitti dei beni della chiesa e riscuotere i redditi della stessa. Inoltre dovevano provvedere a tutto quello che era necessario al culto, come paramenti, ostie, cera, polvere per sparare i mortaretti, compenso ai musicanti e pranzo ai sacerdoti celebranti, quando la messa era da svolgersi negli oratori dei cantoni [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606; 1661]. Nel corso del XVIII secolo i priori rimasero in carica tre anni nella chiesa parrocchiale e per un periodo maggiore negli oratori.
- parrocchia di San Martino. L’edificio si presenta a tre navate e di forme barocche, anche se la fondazione, orientata, risulta quella antica. Le strutture, nonostante gli intonaci e gli apparati decorativi, è del XV secolo e più precisamente del 1438 [Barale 2003, p. 116]. La visita pastorale del 1573 ci informa che nella navata di destra era presente un altare intitolato a Sant’Antonio abate, in quello di sinistra quello dedicato ai Santi Fabiano e Sebastiano [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1573]. Nel 1606 Sant’Antonio fu sostituito dalla statua della Madonna per volere della compagnia del Santissimo Rosario e collocato in un altare situato nella navata destra. La popolazione della parrocchia era di 77 fuochi e 417 persone [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Nel 1661 l’altare dedicato a Sant’Antonio abate fu definitivamente soppresso e affidato alla Santissima Trinità [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661], a sua volta soppiantata nel 1770 dal Suffragio, al quale era stata aggregata l’omonima compagnia [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1770].
- parrocchia di San Nicolao. La chiesa attuale, sebbene ancora orientata, si presenta come il risultato di manomissioni e cambiamenti nella pianta messi in arte per volere del marchese di Masserano Besso Ferrero Fieschi, che fece demolire le navate laterali [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1573]. Queste furono ripristinate nel 1606 e nella nuova corsia laterale di destra fu edificato un altare dedicato alla Beata Vergine e gestito dalla compagnia del Santo Rosario [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Nel 1661 la compagnia fu estromessa dalla compagnia della Madonna del Carmine [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. L’edificio, nel quale veniva officiata quotidianamente la messa, e il vicino cimitero erano però considerati dagli abitanti del cantone di San Nicolao un luogo di ritrovo ideale per sbrigare faccende minute ed altri attività secolari, al punto che nel 1661 venne minacciato l’interdetto per 15 giorni se i «particulares ne audeant tractare saecularia in coemiterio seu loco sacro sub eadem poena» [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. La chiesa rimase sempre molto frequentata e fu necessario, nel 1811 e nel 1860, allungare la facciata e il presbiterio.
- parrocchia di San Bononio. La visita pastorale del 1606 parla di una chiesa composta da due navate, una principale e una secondaria [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. L’edificio fu ampiamente restaurato nel 1654 con lo scopo dichiarato di staccarsi dalla parrocchia di Santa Maria. Nel 1662 vennero avviati i lavori per la costruzione dell’attuale parrocchiale, che al contrario degli esempi precedenti non è più orientata. Internamente sono presenti un altare dedicato alla Madonna Immacolata (1694) e l’altare del Suffragio.
 
d. Proprietà e rendite.
- parrocchia di Santa Maria e Matteo. La relazione della visita pastorale del 1606 afferma che il parroco riceveva una congrua dalla comunità, sumptibus Comunitatis [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Tali transazioni vennero regolate nel 1762 con una convenzione tra la comunità di Santa Maria e il parroco che prevedeva il pagamento di uno somma complessiva di 57 ducatoni [AP Santa Maria, fogli sparsi]. Tale convenzione non sembra aver avuto gli effetti sperati dal parroco, il quale nel 1770 si lamentava che «la chiesa parrocchiale non ha alcun reddito e viene mantenuta dalle limosine che si fanno dal popolo, eccettuati alcuni legati» [AP Santa Maria, visite pastorali]. Il cantone di Santa Maria forniva, a quello che sembra, solo l’olio della lampada al Santissimo. I soldi pattuiti nel 1762 finirono per stipendiare un cappellano, eletto col consenso del parroco di Santa Maria. Il cantone imponeva una tassa ai parrocchiani, con la quale pagavano il “salario” al cappellano, a condizione che aiutasse il parroco nelle sue funzioni e che fungesse da maestro elementare [Barale 2003, p. 166].
- parrocchia di San Martino. Il parroco di San Martino percepiva nel 1606 70 monete d’oro del principato di Masserano, che la comunità recuperava con una colletta famiglia per famiglia. Data tale rendita il vescovo sollevò il cantone di San Martino dalla raccolta della congrua [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Questo divieto fu tuttavia aggirato dalla parrocchia modificando, con atto notarile, la definizione stessa di congrua addizionandola alle normali elemosine, ma di fatto rimettendola come tassa obbligatoria per la comunità. Nel 1657 tale congrua assommava a mezzo quartarone per focolare [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. La cifra iniziò ad essere ritenuta intollerabile provocando una lite tra i cantoni di San Martino e Gabella contro la parrocchia [vd. Rapporti con le altre presenze religiose].
- parrocchia di San Nicolao. La congrua della parrocchia di San Nicolao nel 1606 assommava a 66 monete d’oro del principato di Masserano [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Tale cifra incominciò a divenire troppo elevata nel secondo decennio del XVII secolo, e i pagamenti non vennero onorati al punto che nel 1628 la congrua era stata nuovamente patteggiata «pacta mercede sunt contenti» sino alla loro progressiva totale erosione nel corso del secolo successivo [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1628; 1661].
- parrocchia di San Bononio. Per la parrocchia di San Bononio fu stabilito nel febbraio del 1645 il pagamento di una congrua di cinquanta ducatoni d’argento ogni anno, di cui metà da consegnare nelle mani del parroco in occasione della festa di San Martino [AST, Corte, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 29]. Nel 1785 la congrua fu rinegoziata in lire e stimata in lire 225 [AP San Bononio, Fogli sparsi].
 
e. Rapporti tra le parrocchie e altre presenze religiose.
Nell’elenco dei soggetti sottoposti ai contributi sinodali del 1440 troviamo l’Ecclesia S. Marie de Quirino cum ecclesijs SS. Nicolai et Bononij anexis sol. XXVI [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. I, p. 455]. In questo periodo viene così sottolineata la dipendenza delle chiese di San Nicolao e San Bononio nei confronti di quella di Santa Maria. La creazione di una parrocchia a San Bononio nel 1654 provocò una reazione molto dura da parte della comunità di Santa Maria, la quale reputava tale area come sua parte integrante ed inalienabile della sua parrocchia. Sorse una lite che giunse all’attenzione del vicario generale, il quale inviò da Santhià il prevosto locale, don Giuseppe Viglevano, ad ascoltare le due parti in lite e a cercare di ricomporre la frattura [Orsenigo 1909, p. 303]. Don Viglevano fece redigere l’atto di fondazione della parrocchia da un notaio nel luglio del 1657, in modo che non vi potessero essere ulteriori dubbi e contestazioni [AP San Bononio, Fondazione]. Ma il parroco di Santa Maria continuò a fomentare la lite sino a quando, nel 1661, il vescovo fu costretto a inviare sul posto ancora una volta don Viglevano con un segretario, con il quale nel dicembre di quell’anno percorsero in lungo in largo il territorio di Curino, constatando in prima persona le difficoltà di collegamento tra i cantoni di Santa Maria e San Bononio. La neve, il freddo e il rischio di rovinose cadute nel torrente Bisingana furono più che sufficienti per convincere don Viglevano della validità della separazione delle due chiese [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. Forti di queste vicende gli abitanti di San Bononio, dal momento che pagavano la congrua al parroco, pretesero il giuspatronato. Il principe di Masserano fu di tutt’altro avviso e pretese una rosa di nomi dai quali scegliere il curato. La nomina poteva essere uno strumento di negoziazione con il feudatario, come accadde nel 1738, nel 1747 e nel 1752. La scelta di un candidato non grato alla comunità portava all’immediata sospensione del pagamento della congrua e ad una rinegoziazione del candidato da eleggere. Sebbene di facciata il candidato fosse quasi sempre riconfermato, di fatto la sua sostituzione con persone grate agli indigeni era solo una questione di tempo. Nel 1785 la giurisdizione su Curino passò al Senato di Piemonte che la rimise alla comunità stessa [AST, Corte, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 29]. Nel 1832 la popolazione rinunciò a pagare le 490 lire di congrua necessarie per esercitare il giuspatronato, e nello stesso tempo anche l’ultimo principe di Masserano, sebbene de facto privato di questa prerogativa, rinunciò a sua volta al giuspatronato su Curino.
Nel 1657 la somma necessaria a pagare la congrua alla parrocchia di San Nicolao divenne insostenibile dalla popolazione, innescando una lite tra i cantoni di San Martino e Gabella contro la parrocchia. La visita pastorale del 1661 segnala che tra i due contendenti ci fossero «maxima dissidia». Il visitatore vescovile durante la visita del 1661 constatò che i due documenti rogati nel 1657 e nel 1659, in base ai quali il parroco pretendeva una doppia congrua, erano non validi. Pertanto fu stabilito un nuovo canone fissato nella somma di 40 ducatoni, 20 da consegnare alla festa di San Giovanni, e 20 a quella di San Martino [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Alla fine del XVII secolo il territorio della comunità di Curino risultava suddiviso in quattro distinte parrocchie, dalle quali dipendevano non meno di venti oratori e una cappella di grandi dimensioni. Disseminate lungo tutto il territorio erano situate almeno 37 cappelle campestri e 57 dipinti murali. Di seguito si dà l'elenco dei principali enti ecclesiastici del territorio comunale articolato nelle seguenti categorie:
1. Oratori.
2. Confraternite (in ordine alfabetico).
3. Altre presenze religiose minori.
4. Proprietà e rendite.
 
1. Oratori
 
Nel territorio della parrocchia di Santa Maria e Matteo:
 
Oratorio di San Giorgio (post XIV secolo, costruzione attuale XVII secolo). Piccola chiesa campestre realizzata sulle rovine di un’antica fortificazione medievale. Lavori di rifacimento integrale della piccola struttura originaria furono avviati nel XVII secolo. Si tratta di una sorta di luogo che identificava le comunità dei cinque principali cantoni di Curino (Santa Maria, San Martino, San Nicolao, Gabella e Romagnacco) le quali nel settembre del 1715 sentirono la necessità di pronunciare un voto comune per la conservazione e manutenzione dell’edificio con la sistemazione di un eremita a presidio e tutela dell’edificio; tali voti furono rinnovati nel 1777 [AP Santa Maria, Oratorio di San Giorgio].
 
Oratorio di San Rocco  (attestazioni del XVI secolo, costruzione attuale del XVIII secolo). Nel XVI secolo era presente sullo stesso luogo una piccola cappella dedicata a San Rocco, la cui gestione e manutenzione era garantita dalle 16 famiglie dei cantoni Favi e Castenia. Dopo i restauri del XVII secolo l’oratorio fu dotato di una rendita annua di 110 lire, grazie alla quale era possibile svolgere una funzione religiosa alla settimana da parte del cappellano di Santa Maria [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Tra il 1770 e il 1773 la chiesa fu completamente demolita e ricostruita. L’oratorio aveva come attivo i censi di almeno sei famiglie locali e alcuni appezzamenti di terra che erano coltivati a biada, castagne e vite. Con tali proventi era possibile coprire le spese di manutenzione, pagare la cera, il sacrestano e i chierichetti per il triduo e le feste principali, e per far celebrare alcune messe lasciate come legato. Oggi abbandonato, l’edificio è collassato in più punti. La parabola storica dell’oratorio di San Rocco sta seguendo quella dell’oratorio, seu capellam, di San Giacomo, costruito nelle vicinanze e scomparso dopo la visita pastorale del 1606.
 
Oratorio di Santa Maria (attestato nel XVI secolo, costruzione attuale del XVIII secolo). Il piccolo oratorio, soggetto alle visite pastorali del 1606 e del 1661, fu totalmente ricostruito tra il 1721 e il 1739 [AP Santa Maria, Oratorio di Santa Maria]. L’oratorio era stato costruito principalmente per servire gli abitanti del cantone di Colmo, nel quale erano stati costituiti dei fondi che permisero di aprire alcuni censi. In questo luogo era celebrata la festa dei santi Fabiano e Sebastiano e la festa della presentazione della Vergine al tempio. Dopo il 1850 i censi vennero chiusi e non rimasero attivi che la raccolta delle elemosine, le offerte della festa e l’affitto del sagrato come aia per l’essiccazione del fieno.
 
Oratorio di Santa Elisabetta (1628). L’edificio fu costruito in due momenti, nel 1628 e nel 1661 come attestano le visite pastorali e la tessitura muraria. Nel 1661 per la festa di Santa Elisabetta era concessa l’indulgenza plenaria [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606].
 
Oratorio di San Bernardo, poi di San Bernardo e San Bernardino da Siena (1661). Nel 1661 esisteva un piccolo oratorio dedicato dapprima solo a San Bernardo, poi a San Bernardo e a San Bernardino da Siena. Tra il 1711 e il 1750 la struttura venne completamente ricostruita. L’oratorio aveva un priore che si curava della manutenzione della chiesa e dei festeggiamenti che si celebravano il 20 maggio e il 16 giugno per i santi titolari, rispettivamente San Bernardino e San Bernardo. L’oratorio aveva come reddito il fitto di tre pezzi di terra. Abbandonato da decenni è quasi del tutto crollato [AP Santa Maria, Registro dell’Oratorio di San Bernardino e Bernardo].
 
Oratorio di Sant’Antonio (fine XVIII secolo). Posto al centro della frazione Gnerro, l’edificio risale alla seconda metà del XVIII; viene menzionato per la prima volta nel 1770 [AP Santa Maria, Relazione parrocchia 1770].
 
Oratorio dell’Immacolata (attestato dal XVI secolo). Nel 1606 era descritto come una piccola cappella dotata di volta, ma con una copertura in paglia, aperta nella facciata con pavimento in terra battuta [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Nel 1632 si segnalava che questo oratorio aveva delle rendite generate da lotti di terreno coltivati a castagno [AP Santa Maria, libro dei conti]. Dalla seconda metà del XVII secolo l’edificio subì vaste modifiche e restauri terminati solo nel 1770; nel 1792 fu aggiunta anche una sacrestia. Oltre all’Immacolata era venerato San Defendente [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1770; 1896].
 
Cappella di San Rocco (XVI secolo). Era una piccola cappella costruita nei pressi del cantore Gnerro dedicata a San Rocco. Risulta descritta nella visita pastorale del 1606 come una semplice cappella, chiusa da una cancellata di legno, sormontata da una croce. Aveva un custode che fungeva da tesoriere. [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Sul sedime della cappella fu edificato l’oratorio di Sant’Antonio.
 
Nel territorio della parrocchia di San Martino:
 
Oratorio di San Rocco (XV secolo). Eretto nel cantone Briasco, questo oratorio era già presente nel XV secolo, come ricordato nella visita pastorale del 1606 [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. L’edificio era stato eretto per servire alla popolazione locale che agli inizi del XVII secolo contava 17 fuochi e 160 persone. La chiesa venne completamente ricostruita nel 1718; al suo interno l’iconografia – ad affresco e dipinti – ricordava e celebrava San Rocco, ripreso anche in facciata, l’Immacolata Concezione, Santa Liberata e San Giovanni Battista. Le famiglie locali si tassavano per dotare l’oratorio di una propria rendita, sino alla cessione di un piccolo lotto di terra coltivato a castagno [AP San Martino, Oratorio di San Rocco]. Nel XVIII secolo fu costituita una cappellania laicale, con una rendita di 240 lire, estintasi nel corso del secolo successivo.
 
Oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano (XIV secolo). Nel 1573 esisteva presso il cantone Gabella un oratorio, gestito dalla famiglia Bozzio [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. L’edificio e le sue suppellettili risultavano agli inizi del XVII secolo piuttosto malconci; la visita pastorale del 1606 richiese urgenti lavoro di restauro e la sostituzione dei logori paramenti sacri per un tempio che doveva servire a 19 fuochi e 130 persone. Nella seconda metà del XVII secolo l’edifico venne completamente ricostruito nelle sue forme attuali.
 
Oratorio di San Defendente (secolo XV). Edificato nel cantone Bugellio, questo oratorio era inizialmente una semplice cappella che, secondo il visitatore vescovile del 1606, era completamente aperta in facciata, con volta a mattoni e non pavimentata. Nonostante la pochezza architettonica godeva di una rendita di una moneta d’oro all’anno e quattro appezzamenti di terra. Serviva come luogo di preghiera per la popolazione di Bugellio che contava 16 fuochi e 100 persone [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Dopo il 1661 l’oratorio venne completamente ricostruito a spese della comunità.
 
Oratorio della Madonna della Neve (metà XVII secolo). Menzionato per la prima volta nella visita pastorale del 1661. Probabilmente sorto intorno ad un pilone o a una piccola cappella votiva, nella seconda metà del XVII il santuario fu meta di pellegrinaggi sempre più intensi, data la notizia che si era sparsa tra la popolazione delle numerose grazie accordate dalla Madonna. Il visitatore pastorale nel 1661 già segnalava la presenza di numerosi ex-voto di cera e di metallo appesi alle pareti, quadretti e altri oggetti [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. La chiesa fu ulteriormente ingrandita sino alle forme attuali nella seconda metà del XVII secolo. Le suppellettili interne furono donate in quegli anni da benefattori di Curino residenti a Roma; di qui anche lo stretto collegamento tra la basilica di Santa Maria Maggiore e il titolo di questo oratorio alla Madonna della Neve. L’edificio era luogo di solenni funzioni in occasione delle celebrazioni della Madonna della Neve (10 agosto), di Sant’Antonio da Padova, Sant’Antonio Abate, Sant’Anna e San Giovanni Battista.
 
Oratorio di San Grato (1746). L’oratorio, posto lungo la strada provinciale dopo la frazione Gianadda, fu eretto nel 1746 in sostituzione di una piccola cappella campestre il promotore della costruzione fu Giovanni Gianadda, figura di spicco del cantone di Gianadda, che donò 50 lire sulle 101 necessarie a completare l’opera. Ovviamente il primo priore fu il figlio di Giovanni Battista Gianadda. Dedicato ai santi Grato e Francesco, aveva come dote alcuni appezzamenti di terra. Nei pressi dell’edificio esisteva un piccolo oratorio dedicato a Sant’Antonio abate, totalmente in rovina all’epoca della visita pastorale del 1573 [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1573].
 
Nel territorio della parrocchia di San Nicolao:
 
Oratorio di San Rocco (attestato nel XVI secolo). L’oratorio di San Rocco al cantone Vergnano fu registrato durante la visita pastorale del 1606 come una piccola chiesetta campestre, voltata, con pavimento in terra battuta e aperta in facciata, dedicata a San Rocco. Il visitatore pastorale consigliava importanti lavori di restauro che risultavano eseguiti nella successiva visita del 1661 in cui l’oratorio risultava dedicato a San Rocco e San Defendente [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606; 1661]. L’oratorio aveva una piccola rendita garantita dall’affitto di due appezzamenti, uno dei quali nel centro del paese ottenuto abbattendo un grande albero di castagno. Il secondo fondo era un lascito del nobile Guglielmo Ferraris, uno dei priori dell’oratorio, del 1749 [AP San Nicolao, Libro dell’Oratorio di San Rocco].
 
Oratorio di Sant’Antonio Abate (post 1661). Situato nei pressi del cantone Sasso, fu costruito alla fine del XVII secolo; in precedenza non risultano edifici religiosi in questo luogo [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. Probabilmente eretto dopo un lascito di denaro e terreni, l’oratorio di Sant’Antonio Abate aveva come dote un fondo coltivato a noci che veniva affittato. Era utilizzato durante la festa patronale del santo titolare e in quella di San Grato. La messa veniva celebrata anche il giorno successivo «per consumar le specie» [AP San Nicolao, Relazione della Parrocchia]. Nel 1777 un proprietario fondiario di Sasso, Ballada-Trottino, lasciò i suoi beni alla comunità di Sasso con l’obbligo della celebrazione di una messa festiva da celebrare all’altare della Madonna del Carmine nella chiesa di San Nicolao e l’onere di insegnare «le prime lettere dell’alfabeto» ai ragazzi del cantone nell’ambiente dell’oratorio di Sant’Antonio. Tale istruzione veniva impartita dal locale rettore.
 
Oratorio di San Carlo (post 1628). Citato per la prima volta nella visita pastorale del 1661 [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661], l’oratorio fu costruito dopo il 1628 – data della precedente visita pastorale – allo scopo di ricordare il passaggio di San Carlo Borromeo durante il suo tragitto lungo la strada da Masserano a Crevacuore. Era una costruzione molto semplice, coperta solo di tegole su una capriata in legno e con il pavimento in terra battuta. La messa era celebrata in occasione della festa di San Carlo e di Santa Liberata. Nel 1939 l’edificio risultava del tutto abbattuto al suolo ad accezione di «cinque pilastri, alti 5 metri, che minacciano di cadere» [Barale 2003, p. 139]. L’edificio fu totalmente rifatto ed inaugurato nel 1941.
 
Nel territorio della parrocchia di San Bononio:
 
Oratorio di Sant’Antonio Abate (post 1661). Costruito per iniziativa delle famiglie del cantone della Colma, possiede una documentazione amministrativa che ha inizio dal 1739. Il 17 gennaio veniva celebrata una messa con una raccolta di elemosine tra gli abitanti di Colma e Romagnacco che possedevano greggi ed armenti. Come dote l’oratorio possedeva due fondi coltivati a castagno [AP San Bononio, Libro dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate].
 
Oratorio di San Rocco (post 1661). Edificato su una piccola edicola campestre, l’oratorio di San Rocco e San Desiderio al cantone Campo possiede una documentazione amministrativa dal 1737. Dotato di alcuni fondi di terra, risultava utilizzato anche per la festa della Purificazione della Vergine. Raccolte di fondi destinati all’ampliamento dell’oratorio effettuate nel XIX secolo non ebbero i risultati sperati e la struttura rimase quella originaria [AP San Bononio, Libro dell’Oratorio di San Rocco].
 
Oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano (post 1661). Documentato dal 1733 [AP San Bononio, Libro dell’Oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano], dal 1904 è luogo anche della celebrazione della Madonna del Buon Consiglio.
 
2. Confraternite
 
Confraria della Carità di S. Orso (attestata dal XVIII secolo). Presente nel cantone di San Nicolao, possiede una scarsa documentazione che inizia dalla metà del XVIII secolo. Si deduce che la confraria avesse un priore e che possedesse alcuni beni [AP San Nicolao, fogli sparsi].
 
Confraternita del Santissimo Sacramento e degli Apostoli (post 1539). Presente sul territorio di Curino dal XVI secolo, fu una delle prime compagnie religiose. I confratelli erano retti da un priore che durava in carica un anno. Durante le funzioni dovevano indossare un camice bianco con cappuccio e cingolo. Per il cantone di Santa Maria fu stabilito che il colore del camice dovesse essere di colore blu. Ogni terza domenica del mese compivano una processione eucaristica nell’interno delle chiese di Santa Maria, San Nicolao e San Martino o sul sagrato della chiesa stessa. Preparavano la casa del malato che doveva ricevere il viatico, curavano la processione del Corpus Domini [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606; 1661]. Non possedeva rendite fisse, ma solo i proventi della loro partecipazione alle sepolture. La compagnia si sciolse prima del 1918.
 
Compagnia del Santo Rosario (operante dal XV secolo). Aveva sede nel cantone di Santa Maria e aveva un proprio altare all’interno della chiesa parrocchiale. I priori dovevano essere rinnovati ogni anno e presentare il resoconto al parroco [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. Nel corso del XIX secolo la compagna fu sciolta e sostituita dalle Figlie di Maria.
 
Confraria di Santo Spirito (ante XVI secolo). Nel XVI secolo era segnalata sul territorio del cantone di Santa Maria una confraria di Santo Spirito, che possedeva una casa e alcuni fondi. Nel 1606 tale confraria risulta del tutto scomparsa, la casa abbattuta e al suo posto era presente un campo coltivato a castagni [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1606]. I catasti [vd. Catasti] segnalano beni della confraria nei cantoni di Santa Maria, San Bononio, San Martino, San Nicolao e Romagnacco-San Bononio. Dopo il 1818, con la riforma amministrativa del comune, i fondi e i beni attribuiti alla confraria divennero l’Opera pia di Santo Spirito concentrata, che nonostante il nome era di natura totalmente laica [AC Curino, Congregazione di Carità]. Nel 1900 possedeva 31 appezzamenti di terra, per un totale di 293 are e una rendita di 288 lire e 55 centesi annui [AC Curino, Catasto Rustico, Registro delle partite].
 
Compagnia del Suffragio (1670). Fondata nel 1670, aveva sede in tutte le parrocchie di Curino. Il regolamento variava di sede in sede; in breve riuscì a catalizzare una grande quantità di lasciti ed offerte divenendo nel XVIII secolo la compagnia più ricca della comunità ed una delle realtà economiche principali della zona, alla quale si iscrissero praticamente tutti i fuochi di Curino. La gestione era affidata, per ciascuna parrocchia, ad un priore e a un tesoriere che rendevano conto annualmente al parroco della gestione. Le quattro compagnie del Suffragio si sciolsero entro l’anno 1900.
 
Confraternita della SS. Trinità (ante 1661). Segnalata nella visita pastorale del 1661 nella chiesa parrocchiale di San Martino, la confraternita prevedeva per i soci un abito rosso e la cura dell’altare di Sant’Antonio, che trasformò e dedicò alla SS. Trinità [ACVV, Visite Pastorali, Curino, 1661]. Aveva un tesoriere che amministrava i beni con i proventi dei quali veniva preparato il pane che, benedetto, era distribuito nel giorno della festa della SantissimaTrinità. Le ultime notizie documentate della confraternita sono del 1842 [AP San Martino, volume di amministrazione].
 
Compagnia della Beata Vergine del Carmelo (1654). Fu fondata nella parrocchia di San Nicolao da don Pietro Antonio Ugazio nel novembre del 1654 ed ebbe facile presa sulla popolazione. Tale istituzione non solo inculcava e sviluppava la devozione della Madonna, ma era promesso ai devoti iscritti, che portavano lo scapolare e seguivano le norme della compagnia, il “privilegio sabatino”: il giorno di sabato seguente la loro morte sarebbero stati liberati dalla Madonna dalle pene del Purgatorio [Campana 1943, Vol. II, p. 365]. Aveva, ed ha tuttora, sede presso la chiesa parrocchiale di San Nicolao e cura l’altare della Madonna del Carmelo.
 
3. Abbazie, monasteri, conventi
 
Priorato benedettino di San Bononio (secolo XI). L’abbazia di San Michele di Lucedio aveva fatto erigere a Romagnacco un priorato e deciso la costruzione di un piccolo edificio di culto dedicato a San Bononio. Il sito fu però abbandonato probabilmente nel corso del XII secolo [Acta Reginae Montis Oropae, Vol. II, p. 105, nota di G. Ferraris].
 
4. Proprietà e rendite
 
Le proprietà e le rendite in mano ad enti religiosi esistenti sul territorio di Curino variarono spesso nel corso degli anni. Il catasto rustico [AC Curino, Catasto Rustico, Registro delle partite] riporta questa situazione all’anno 1900:
Chiesa di Santa Maria;
Chiesa parrocchiale di San Martino; quattro appezzamenti di terra, due coltivati a vite, e tre a prato, per un totale di 222 are e una rendita di 87 lire;
Chiesa parrocchiale di San Bononio; sette appezzamenti di terra, dei quali uno coltivato a vite, due a prato, due a bosco, per un totale di 54 are con una rendita di 120 lire;
Oratorio di San Bernardo e Bernardino (Santa Maria); 15 are di bosco, con una rendita di 2 lire;
Oratorio di San Giorgio (Santa Maria); 23 are (13 coltivato, 10 a brughiera) con una rendita di 11 lire;
Oratorio di Santa Elisabetta (Santa Maria); 19 are di terreno coltivato a vite con una resa di 32 lire;
Oratorio di San Grato (San Martino); 80 are di terreno, delle quali 15 coltivabili, 3 coltivate a vite, 17 a prato e 45 improduttive, con una rendita di 11 lire e 60;
Oratorio di San Rocco (San Martino); 6 are, delle quali 4 di sagrato e 2 di coltivo a vite, con una rendita di 70 centesi di lira;
Oratorio di San Sebastiano (San Martino); 40 are di terreno, 18 coltivati, 2 coltivati a vite, 17 di bosco e 3 a gerbido, con una resa di 8 lire e 39 centesimi;
Oratorio di San Defendente (San Martino); 17 are di terreno, suddivise in terreno agricolo (4 are), prato (4 are), vigna (2 are), bosco (4 are) e gerbido (3 are), con una rendita di 4 lire e 49 centesimi;
Oratorio di Sant’Antonio (San Bononio); 8 are suddivise in un campo coltivato a vite e uno a bosco, con una rendita di 90 centesi di lira;
Oratorio di San Rocco (San Bononio); 5 are, coltivate a vite (3 are) e a gerbido (2 are), con una rendita di 5 lire e 55 centesimi;
Oratorio di Sant’Antonio (San Nicolao); 5 are, delle quali 3 coltivate a vite e due a prato, con una rendita di 7 lire;
Oratorio di San Rocco (San Nicolao); 1 ara coltivata a vite, con una rendita di 15 centesimi di lira;
Oratorio di San Rocco (Favi); 2 are di terreno coltivato con una rendita di 30 centesimi di lira;
Compagnia del Suffragio di Santa Maria; 34 are suddivise in quattro appezzamenti, 3 di arativo e 1 di bosco, con una rendita di 37 lire;
Compagnia del Suffragio di San Bononio; 115 are di terreno agricolo, per una rendita di 44 lire;
Compagnia del Suffragio di San Martino; 7 are di terreni, suddivisi in due appezzamenti, un coltivato e l’altro lasciato a gerbido, con una resa di 73 centesi di lira.
 
Anche realtà religiose esterne alla comunità avevano dei beni sul territorio:
Chiesa di Pianceri; due campi coltivati a vigna, per un totale di 17 are e una rendita di 2 lire;
Chiesa del Carmine (Confraternita del Carmine) di Trivero: due campi coltivati a vite, per un totale di 20 are e 6 lire di rendita.

 

Assetto Insediativo
Curino sembra essere il classico esempio di centro insediativo sparso, senza un vero luogo di aggregazione. In realtà ci troviamo davanti ad almeno cinque distinti centri abitati, caratterizzati da una disposizione a fuso di acropoli e collocati principalmente sulla sommità di alture: Santa Maria, San Nicolao, San Martino, Gabella e Romagnacco (San Bononio). Il punto principale di aggregazione in epoca medievale sembra essere stato il colle dell’oratorio di San Giorgio, a controllo dei transiti lungo la via di cresta che dalla pianura di Cossato e dalle colline di Masserano porta in Valle Sessera attraverso il colle della Colma. Santa Maria, Termino, Ronco, Ortovivaro, Vivaro, Colmo e Olzera sembrano in effetti sorti come un unico centro insediativo collocato alla base del colle di San Giorgio; questa era con ogni probabilità il castrum loci Quirini sotto il quale venne a crearsi la Curtem Quirini cum capella et pertinenciis suis, oggi il cantone di Santa Maria. In contemporanea, con dinamiche simili ma del tutto parallele, ebbero origine i centri di Romagnacco, San Martino (Mombello), Gabella e San Nicolao. Nonostante la vicinanza tra i vari nuclei abitati, separati tra di loro anche poche centinaia di metri, difficoltà nelle comunicazioni viarie a causa del tormentato territorio rendevano spesso queste realtà del tutto aliene tra di loro se non per il fatto di appartenere, almeno nominalmente, al loci Quirini.
Luoghi Scomparsi
Non si segnalano luoghi scomparsi sul territorio di Curino, almeno nelle fonti documentarie. Un abitato, preromano e/o altomedievale, aveva molto probabilmente sede sul colle dove oggi si trova l’oratorio di San Giorgio, conosciuto anche con il nome di “Torrazza”, nel cantone di Santa Maria. Sede di una fortificazione distrutta nel corso del XIII o XIV secolo, è plausibile che in precedenza fosse luogo di un insediamento fortificato che in seguito si è espanso verso i pascoli sottostanti. Altri toponimi sospetti sono la regione Castellazzo e Castello presso la chiesa di San Nicolao.
Comunità, origine, funzionamento
Il territorio di Curino è citato nei primi documenti come castrum loci Quirini o curtem Quirini [MGH DD II/2, n. 323, p. 750; BSSS 145, p. 118].
Qui di seguito si sviluppano i seguenti punti: a. Le origini del comune, b. Le magistrature sotto la signoria dei Fieschi, c. Le magistrature in epoca sabauda, d. L’amministrazione francese, e. Magistrature del Regno di Sardegna 1814-1859.
 
a. Le origini della comunità di Curino. La comunità compare per la prima volta il 4 maggio 1243, quando il comune di Vercelli prende possesso della giurisdizione del luogo al posto del vescovo; l’atto di cessione viene registrato nel castello di Curino, molto probabilmente sul colle di San Giorgio, presenti tre consoli e i rappresentati dei vari distretti, segno che il territorio era già stato organizzato su una base cantonale che rimase in uso sino al XIX secolo [Biscioni, Vol. I, p. 140]. Nel 1387 il principale di questi cantoni, quello di Santa Maria sede della parrocchia più antica, è esplicitato in una nota sulle tasse versate al comune di Vercelli; «nomine cantoni et hominibus viciniae de S. Mariae de Quirino» [Barale 2003, p. 31].
 
b. Le magistrature sotto la signoria dei Fieschi. Tra il 1420 ed il 1430 Curino passò dal comune di Vercelli alla signoria dei Fieschi di Masserano. Innocenzo Fieschi, signore di Masserano, era morto nel 1492 lasciando il feudo in eredità ai suoi cinque figli i quali ricevettero l’investitura da papa Alessandro VI nel 1498. I Fieschi decisero di mantenere il feudo integro e con atto del 14 ottobre 1506 stabilirono di affidare il governo e l’amministrazione del feudo e dei diritti sulle altre terre a Lodovico II Fieschi, con indennizzo agli altri, riconosciuti sempre in solido signori del luogo di Masserano. Il 27 novembre 1506 Giulio II elevò il feudo a contea, occasione durante la quale vennero rinnovati i giuramenti di fedeltà e rinegoziati gli statuti. Curino ebbe i suoi primi statuti, che sancivano la struttura della comunità, già nel 1493, ed oggi perduti [citati in una lite del 1750 tra il notaio Nicolao Ternazza, commissario del principe di Masserano, e alcuni agricoltori di Curino conservata in AST, Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 61]. La comunità era costituita da una “Credenza Generale”, formata da tutti i capi famiglia del paese, che si radunava solo nelle grandi decisioni. Per l’ordinaria amministrazione era in funzione il “Consiglio di Credenza” confederato. Curino riconobbe che sul proprio territorio erano situate quattro distinte comunità. Ognuna di queste aveva un consiglio composto da 4 consoli e 24 consiglieri suddivisi come segue: il cantone di San Martino aveva 6 consiglieri e un console; Santa Maria 7 consiglieri e un console; Romagnacco 3 consiglieri e un console; Gabella e Fariale (San Nicolao) 8 consiglieri e un console. Questi consigli di cantone si radunavano quattro o cinque volte all’anno alla presenza di un segretario-notaio che verbalizzava e scriveva nell’ordinato le decisioni prese. Per le decisioni principali del Consiglio di Credenza le riunioni comuni tra tutti e quattro i consigli avvenivano a Santa Maria, mentre la Credenza Generale avveniva all’aperto ai prati di San Martino, sul luogo dove oggi – non a caso – sorge il municipio [AST, Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 25]. In quanto parte del marchesato di Crevacuore, nel XVII secolo Curino era una dei sei consolati (Crevacuore, Postua, Curino, Guardabosone, Ailoche, Flecchia) che formavano il feudo.
 
c. Le magistrature in epoca sabauda. Curino, con tutto il principato di Masserano, passò sotto il controllo della dinastia dei Savoia attraverso due momenti amministrativi, nel 1741 e nel 1753. A parte la necessità dei vari cantoni di inviare due delegati a prestare giuramento al re di Sardegna a Torino, il funzionamento della comunità rimase sostanzialmente invariato. San Nicolao, cresciuto di importanza e sede di una parrocchia, venne a staccarsi da Gabella ed elesse il proprio console, mentre gli altri cantoni, seguendo una usanza messa in atto agli inizi del XVIII secolo, limitarono ciascun consiglio di comunità composto da 1 console e 2 consiglieri eletti o scelti a scadenza annuale [AST, Corte, Paesi, Provincia di Vercelli, Masserano, Mazzo 25].
 
d. L’amministrazione francese. Abolite le “credenze”, furono creati quattro municipi, di Santa Maria, di San Martino, San Nicolao, Romagnacco seguiti dal suffisso “di Curino” [es. St. Nicolao di Curino, in Dictionnaire universel, geographique, statistique, historique et politique de la France, Vol. IV, Paris 1804, p. 620]. Ogni cantone, ora municipio, esprimeva un proprio presidente e due o tre “municipalisti”. L’amministrazione francese decise nel 1801 di riunire il cantone di Gabella a quello di Brusnengo [vd. Mutamenti territoriali].
 
e. Magistrature del Regno di Sardegna 1814-1859. Con la riorganizzazione amministrativa del regno sancita il 10 novembre 1818 fu stabilmente adottato un modello di compartimentazione basato su quello dell'impero napoleonico e organizzato, sempre, su quattro livelli amministrativi: la Divisione corrispondente al dipartimento francese e amministrata da un governatore, la Provincia corrispondente all'Arrondissement, il Mandamento corrispondente al cantone, e il Comune. L’articolo 24 del Regio Editto del 10 novembre 1818 stabiliva «Curino-Gabella, Curino-Romagnacco, Curino-S. Martino, Curino S. Nicolò Comunità annullate, ed aggregate alla Comune di Curino –S. Maria, la quale in seguito all’aggregazione delle quattro sovrascritte Comunità prende il nome di Curino» [Circoscrizione Degli Stati di S. M. in Terraferma Colla designazione Delle Rispettive Autorità Ecclesiastiche, Giuridiche, Civili, Economiche, ed Amministrative. Col confronto della Attuale Popolazione Con Quella Del 1700, 1723, e 1750 ed Elenco alfabetico relativo delle Comuni, Torino 1820, p. 108]. Il comune di Curino diventava parte della divisione di Novara, provincia di Biella, mandamento di Masserano.
Statuti
Da alcune indicazioni documentarie sembra che la confederazione cantonale di Curino abbia avuto uno statuto nel 1493 [AST, Corte, Paesi, Masserano, Mazzo 61]. Parte del feudo di Masserano dal 1431, non è da escludere che gli statuti di questo siano stati allargati alle comunità di Curino, rinnovati ed estesi nel 1461 e nel 1492. Probabilmente in quest’ultima occasione fu accordato uno statuto a Curino oppure, come più probabile, le comunità consideravano propri gli statuti di Masserano. Ad ogni modo non se ne trova più traccia, se non nella consuetudine, dopo la spartizione del feudo nel 1528. L’attuale statuto comunale è del 1999.
Catasti
I catasti del comune di Curino sono suddivisi per cantone e sono stati realizzati, nelle loro forme più antiche giunte sino a noi, nel 1670.
- Catasto antico. Da una lettera conservata all’interno del catasto del cantone di San Nicolao si ricava l’informazione che la creazione di un nuovo registro, certificato dal notaio Gualla di Masserano, si rese necessaria in quanto «l’antichità del catastro non si può a metter in chiaro quanto si deve, salvo si venghi ad un nuovo registro» [AC Curino, Catasto della comunità di San Nicolao, 1670]. Il registro più antico risulta oggi disperso.
- Catasto 1670. Consiste in 5 volumi e 7 registri della mutazioni:
a. Catasto della Comunità di Santa Maria 1669;
b. Catasto della Comunità di San Nicolao 1670;
c. Catasto della Comunità di San Martino 1670;
d. Catasto della Comunità di Romagnacco 1670;
e. Catasto della Comunità di Gabella 1670;
f. Libro delle Mutazioni della Comunità di Santa Maria 1669-1852;
g. Libro delle Mutazioni della Comunità di San Nicolao 1670-1853;
h. Libro delle Mutazioni della Comunità di San Nicolao 1853-1875;
i. Libro delle Mutazioni della Comunità di San Martino 1670-1852;
l. Libro delle Mutazioni della Comunità di San Marino 1852-1875;
m. Libro delle Mutazioni della Comunità di Romagnacco 1674-1852;
n. Libro dei Trasporti della Comunità di Gabella 1773-1852.
 
Nel 1900 viene realizzato un catasto generale diviso in quattro volumi [AC Curino, Catasti].
Ordinati
Gli Ordinati conservati presso l’Archivio Storico del Comune sono, per l’epoca moderna, suddivisi in cantoni così come segue:
Ordinati di Santa Maria: 1782-1800, 1801, 1814-1818;
Ordinati di San Nicolao: 1778-1783, 1801, 1814-1818;
Ordinati di Romagnacco: 1814-1818;
Ordinati di San Bononio: 1793-1801.
Gli ordinati del comune di Curino vero e proprio sono raccolti dal 1824 [AC Curino, Ordinati, Mazzi vari].
Dipendenze nel Medioevo
Il castellum Quirini divenne rivendicato nel corso dell’XI secolo da parte dei vescovi di Vercelli, in particolare dal vescovo Leone che si adoperò attivamente per ottenere la conferma imperiale della signoria territoriale sulla regione, pressoché compatta, compresa tra i fiumi Dora Baltea, Po e Sesia [Manaresi 1944, pp. 285-313; Panero 1979, pp. 25-27]. L’imperatore Corrado II ne diede una prima conferma alle rivendicazioni di Leone, seguito da Federico I nell’ottobre 1152 che garantì al vescovo Uguccione il possesso di «Quirinum, Messaranum, cum omnibus regalibus» [MGH, Diplomata, X, parte I, p. 53, D. 31]. Date le derive prese da alcune comunità, che preferivano non legarsi ai domini vescovili di Vercelli, costrinsero il vescovo Uguccione a procurarsi falsi diplomi per rafforzare la sue rivendicazioni in grado di garantirgli una base giuridica sulla quale fondare le sue rivendicazioni [Panero 1979, pp. 28-29]. E’ il caso del diploma di Ottone III dove è menzionato il castrum Quirini dato in concessione al vescovo per la sua parte attiva nella lotta contro Arduino da Ivrea [Manaresi 1944, pp. 301-304]. Falsificazione che funzionò a dovere, e il vescovo poté acquisire reali diritti sulle terre in questione. Con gli statuti promulgati a Vercelli nel 1234 si cercò di spogliare il vescovo del suo potere comitale. Nel 1243, vacante la sede vescovile, il legato apostolico di Lombardia vendette al comune la giurisdizione civile della chiesa vercellese. Il comune si affrettò a prendere formalmente possesso degli aviti beni vescovili; il 3 maggio 1243 veniva redatto a Masserano l’atto notarile di consegna, seguito il giorno dopo dalle comunità di Curino [Biscioni, I, p. 140].
Feudo
La cessione di Curino e di Masserano al comune venne sconfessata dal nuovo vescovo di Vercelli, Martino Avogadro. Solo nel 1394 il vescovo di Vercelli, Lodovico Fieschi, dell'omonima famiglia genovese, ottenne che Masserano, assieme a Crevacuore, venisse infeudata a suo fratello Antonio da papa Bonifacio IX. Dopo un primo tentativo di occupare Curino manu militari nel 1383, Lodovico riuscì a ottenere, grazie all’alleanza con i conti di Savoia, il possesso perpetuam adherentiam per i luoghi di Masserano Crevacuore, Brusnengo, Curino, Flecchia e Rivò [AST, Corte, Provincia di Vercelli, Mazzo 23]. Il feudo di Masserano, al quale le comunità di Curino erano sottoposte, fu elevato al rango di contea con la bolla di Giulio II del 27 novembre 1506 [AST, Corte, Provincia di Vercelli, Mazzo 23]. La mancanza di eredi maschi provocò una crisi interna alla contea di Masserano. Il feudo pontificio sarebbe dovuto passare ai discendenti di Pietro Luca Fieschi di Crevacuore. L’ultimo detentore del titolo comitale, Ludovico Fieschi, prete, adottò Filiberto Ferrero, come figlio ed erede tramite un contratto di adozione siglato il 7 aprile 1517 e approvato da Leone X il 9 novembre 1517. I Fieschi di Crevacuore contestarono queste decisioni innescando una serie di tensioni e liti di confine tra le varie comunità confinanti. Con un accordo siglato il 5 marzo 1528 il feudo venne infine diviso; Masserano rimase al Ferrero mentre Crevacuore e Curino rientravano nei domini di Pietro Luca Fieschi [AST, Corte, Paesi, Masserano, Mazzo 2]. Il feudo rimase diviso sino al 1577, nonostante i tentativi dei Ferrero Fieschi di riprendere l’intero feudo. Ottennero per il momento il titolo marchionale [bolla di Paolo III del 5 agosto 1547]. Il marchese Filiberto Ferrero Fieschi accusò il rivale Pietro Luca II di aver mancato l’annuale tributo alla Santa Sede, di aver coniato moneta falsa, ecc. Tanto che alla fine il tribunale della Santa Sede decretò Pietro Luca decaduto. La condanna fu ratificata il 27 gennaio 1548. Avviato il ricorso, Pietro Luca Fieschi scelse la politica del “tanto peggio tanto meglio”; vendette il feudo di Crevacuore a Emanuele Filiberto di Savoia al prezzo di 18.000 scudi d’oro [Barale 2003, p. 41]. Alla morte del Fieschi, avvenuta nel 1561, il feudo passò così nelle mani del duca di Savoia. Le comunità di Curino giurarono fedeltà al duca il 16 gennaio 1561. Il feudo fu ceduto il 20 gennaio 1570 a Filippo d’Este. In realtà la situazione giuridica era più complessa: il feudo rimaneva sempre della Santa Sede. Il duca d’Este era solo il rappresentante del duca di Savoia e come tale prestò il giuramento di fedeltà e sudditanza alla Santa Sede e ricevette, come procuratore del duca, il giuramento di fedeltà da parte dei sudditi del feudo. Tale cerimonia avvenne il 24 giugno 1570, alla presenza dei consoli di Curino. Il marchese Besso Ferrero Fieschi nel 1575 fece riesaminare gli atti e le conclusioni dei processi intentati contro Pietro Luca Fieschi dai tribunali ecclesiastici di Roma e alla fine riuscì a dimostrare, anche al duca di Savoia stesso, l’invalidità della vendita del feudo in quanto il Fieschi aveva ceduto un bene che non gli apparteneva più in quanto sottrattogli dalla sentenza del tribunale apostolico. Il duca di Savoia, interessato a portare avanti una politica di riconciliazione con la Santa Sede – in vista di un’eventuale azione contro gli “eretici” calvinisti di Ginevra – preferì scendere a patti con Besso Ferrero Fieschi: cedette al marchese il feudo il quale a sua volta avrebbe lasciato ad Emanuele Filiberto i diritti di giuspatronato sull’abbazia di Fruttuaria, in patronato laicale ai Ferrero Fieschi dal 1477. Il marchese d’Este ebbe al posto di Crevacuore il marchesato di Lanzo. Ottenuta licenza della Santa Sede per questo cambio, Emanuele Filiberto nominò il 2 settembre 1576 suoi procuratori speciali il conte d’Ozasco e il conte di Leinì i quali, il 18 settembre 1576, consegnarono ufficialmente Crevacuore e il suo feudo, compreso i cantoni di Curino, a Besso Ferrero Fieschi. Il papa Gregorio XIII, con breve del 20 ottobre 1576, ringraziò Emanuele Filiberto del suo operato [AST, Corte, Paesi, Masserano, Mazzo 5]. Il feudo pontificio fu riunito, anche se Masserano era rimasto marchesato e Crevacuore contea. Il figlio di Besso, Francesco Filiberto, divenne con bolla del 13 agosto 1598 principe di Masserano e marchese di Crevacuore. Le guerre del XVII secolo e le politiche locali dei Ferrero Fieschi portarono ad una crescente disaffezione nei confronti dei signori di Masserano e Crevacuore, i quali cercarono in varie occasioni (1665) di cedere il feudo ai Savoia. Liti e contestazioni sempre più violente e manifeste nei confronti dei Ferrero Fieschi aumentarono al punto che la Santa Sede, con bolla del 3 gennaio 1741, affidò a Carlo Emanuele III, re di Sardegna, l’amministrazione del feudo. In quel momento al re era affidata di fatto solo l’amministrazione, anche se il 13 febbraio 1742 le comunità di Curino, «col capo scoperto hanno giurato a Dio Onnipotente, toccati li Santi Evangeli [...] di voler essere veri, boni, ligi e fedeli sudditi della S.M. e de’ suoi Reali Successori» [AC Masserano, Mazzo 30]. Lo stesso giorno il re stabiliva che il Senato e la Camera dei Conti del Piemonte esercitassero sulle terre di Curino la piena giurisdizione. Ma solo il 13 luglio 1753 il papa Benedetto XIV ufficialmente passò a Carlo Emanuele III il diretto dominio del feudo. Il principe Vittorio Filippo Ferrero Fieschi, vedendosi estromesso dal feudo, a sua volta vendette i suoi diritti al re di Sardegna per la somma di 400.000 lire, somma incassata nel 1767.
Mutamenti di distrettuazione
Il territorio di Curino, parte del feudo di Masserano, dal 1554 al 1576 fece parte del ducato di Savoia (contea di Crevacuore). In quell’anno ritornò a essere feudo pontificio retto dai Ferrero Fieschi (contea e poi dal 1598 marchesato di Crevacuore). Nel 1742 divenne de facto parte integrante del regno di Sardegna, unione completata in due passaggi nel 1753 e nel 1767. Decaduta la monarchia sabauda nel dicembre del 1798 e proclamata la Repubblica Piemontese, il territorio fu riorganizzato il 2 aprile 1799 dal commissario Joseph M. Musset con la formazione di quattro dipartimenti denominati Eridano, Dora, Tanaro e Sesia; in quest’ultimo era collocato il territorio di Curino. Il 2 aprile 1801 la Repubblica Subalpina fu divisa in sei dipartimenti: Po, Marengo, Tanaro, Sesia, Stura, Dora, a loro volta suddivisi in circondari. Curino venne a trovarsi parte del dipartimento della Sesia: tale maglia amministrativa preannunciava l’annessione alla Francia, ufficializzata l’11 settembre 1802. Anche in seguito alla riorganizzazione del territorio piemontese fu riorganizzato con il decreto imperiale del 17 prativo anno XIII (6 giugno 1805), il territorio di Curino, o meglio i comuni di Santa Maria, San Nicolao, Romagnacco e San Martino, con quello di Brusnengo-Gabella, rimasero nel dipartimento della Sesia, arrondissement di Vercelli, cantone di Masserano. La provvisoria sistemazione territoriale del Regno di Sardegna del 1814 fu realizzata con l'editto di Vittorio Emanuele I del 7 ottobre 1814, poi rivisto con l'editto del 27 ottobre 1815 susseguente all'incorporazione della Liguria, mentre la riorganizzazione amministrativa definitiva fu sancita il 10 novembre 1818, quando venne stabilmente adottato un modello di compartimentazione basato su quello dell'Impero napoleonico e organizzato, sempre, su quattro livelli amministrativi: la Divisione corrispondente al dipartimento francese e amministrata da un governatore, la Provincia corrispondente all'Arrondissement, il Mandamento corrispondente al cantone, ed il Comune. I cinque comuni esistenti vennero inglobati in un’unica realtà amministrativa che passò indenne attraverso l’ordinamento di Carlo Alberto del 27 novembre 1847 che, attraverso il Regio editto per l'Amministrazione dei Comuni e delle Provincie del 27 novembre 1847, espanse il sistema amministrativo piemontese a tutto il territorio sabaudo, concesse la personalità giuridica ai due enti superiori ed istituì consigli elettivi divisionali e provinciali. A seguito del decreto Rattazzi del 13 ottobre 1859 il comune di Curino venne a far parte del circondario di Vercelli, nella provincia di Novara. Nel 1927 Curino divenne parte della nuova provincia di Vercelli [R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 “Riordinamento delle circoscrizioni provinciali” G.U. 11 gennaio 1927, n. 7]. Dal 1992 il comune è parte della provincia di Biella [D.LGS. N. 248 del 06/03/1992 pubblicato sulla G.U. n. 77 del 01/04/1992].
Mutamenti Territoriali
In seguito alla riorganizzazione territoriale della Repubblica Subalpina del 2 aprile 1801, il cantone di Gabella al comune di Brusnengo sotto la denominazione di “Comune di Brusnengo et Gabelle”. I cantoni coinvolti furono quello di Gabella, Montangero e Gianadda. Dopo il 1814 Gabella venne nuovamente scorporata da Brusnengo per ritornare ad essere una realtà amministrativa autonoma sino al 1818 [AC Curino, Ordinati 1798-1818].
Comunanze
Il catasto rustico del comune di Curino [AC Curino, Catasto Rustico, Registro delle partite] segnala all’anno 1900 i seguenti beni civici o “beni della comunità”:
- 65 are di terreno coltivate a gerbido;
- 4 are di terreno corrispondenti alla “corte” del cantone di San Bononio;
- 4 are di “ripa” coltivata a prato.
La rendita di questi terreni era di 40 lire e 20 centesimi.
Liti Territoriali
La prima lite documentata risale alla fine del XV secolo tra il cantone di San Bononio e la comunità di Flecchia riguardo l’uso dei boschi sullo spartiacque tra le cime del Turlo e della Colma. Le due comunità avevano il diritto di raccogliere le castagne, lo strame, le foglie, la legna cedua e di pascolare bestie.
  Ludovico Fieschi cercò di dirimere la questione stabilendo dei confini certi tra le due comunità. La sentenza venne pubblicata nel 1512 in un Summarium che, piuttosto enfaticamente, annunciava che le liti tra i due centri «cessino et de cetero cessare habeant» [AP San Bononio, fogli sparsi]. Sostanzialmente la sentenza confermava l’uso comune dei prati per entrambe le parti in causa. Nel 1690 venne concluso che gli abitanti di Flecchia avessero il diritto di raccogliere i frutti e, soprattutto, le castagne direttamente dagli alberi, mentre i particolari della comunità di San Bononio potevano avere le foglie e il legname a terra [AP San Bononio, fogli sparsi]. I trasgressori, come avvenuto nel 1700, dovevano pagare un’ammenda di uno scudo d’oro, e 25 da parte della comunità.
   Una lite simile, sempre sorta per la raccolta delle castagne, avvenne nel 1650 tra la comunità di San Nicolao e quella di Castelletto-Sostegno. Nell’agosto del 1652 la situazione degenerò al punto che bande armate della comunità, capeggiate dal parroco di San Nicolao, iniziarono a presidiare il confine colpendo i «becchi fottuti di Castelletto». Infine il 30 agosto dello stesso anno «quelli di Cuino portatisi con molte donne nella località Piane di Granone, si posero a furore populi a tagliar e legna e bruco, mentre gli uomini armati stavano di sentinella. Avvisati dagli uomini di Castelletto di cessare l’atto arbitrario, i Curinesi armati presero a sparare delle bone archibugiate rincorrendo quelli di Castelletto sino alle proprie case, gridando nel contempo “ammazziamo questi becchi fottuti di Castelletto che ne vogliono usurpare la nostre Comune». Altre operazioni simili avvennero il 1 settembre e  nonostante l’emissione di patenti ducali a conforto della posizione e delle ragioni della comunità di Castelletto, i tagli indiscriminati continuarono. Il 16 novembre nel corso di un’incursione contro i prati oggetto del contendere, una banda armata proveniente da Sostegno giunse in soccorso della comunità di Castelletto, la quale inseguì gli incursori sino alla chiesa di San Nicolao. Dopo tale fatto non avvennero più assalti ai prati della comunità di Castelletto [Barale 2003, pp. 227-230].
   Nel 1655 si esplicitò una lite tra il cantone di Gabella e quello di San Nicolao sull’uso di alcuni beni civici. I confini dei beni vennero ritracciati per ordine del tribunale di Crevacuore, che ordinò la posa di cippi confinari. Una successiva lite avvenuta nel 1662 fu risolta con la posa di altri termini [Barale 2003, p. 229-230]. Sugli stessi terreni nel 1852 sorse una lite tra il comune di Curino e quello di Roasio. Il giudice di Gattinara si espresse in favore di Roasio [AC Curino, Ordinati, Verbali, anno 1852].
Fonti
ACVV, Archivio della Curia Vescovile di Vercelli
AC Curino, Archivio del comune di Curino
ASC Masserano, Archivio storico del comune di Masserano
AP Santa Maria, Archivio parrocchiale di Santa Maria di Curino
AP San Bononio, Archivio parrocchiale di San Bononio
AP San Martino, Archivio parrocchiale di San Martino
AP San Nicolao, Archivio parrocchiale di San Nicolao
AST, Archivio di Stato, Torino
Biella, Biblioteca Civica, Archivio Bolgaro.
Bibliografia
Fonti edite:
Acta Reginae Montis Oropae, 2 voll., Biella 1945-1948.
Biscioni, I: Biscioni (I), a cura di G.C. Faccio, M. Ranno, Torino 1934, 1939, [BSSS 145, 146].
Circoscrizione Degli Stati di S. M. in Terraferma Colla designazione Delle Rispettive Autorità Ecclesiastiche, Giuridiche, Civili, Economiche, ed Amministrative. Col confronto della Attuale Popolazione Con Quella Del 1700, 1723, e 1750 ed Elenco alfabetico relativo delle Comuni, Torino 1820.
MGH. Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, tomus I, Conradi I., Heinrici I. et Ottonis I. Diplomata; tomus II, Ottonis II. Et III diplomata., Hannover 1879-84.
 
Studi:
Barale 2003: Vittorino Barale, Curino. Pagine di storia e di vita di un piccolo paese tra le Rive Rosse, Curino 2003;
Campana 1943: Emilio Campana, Maria nel culto cattolico, 2 voll., Torino 1943;
Manaresi 1944: Cesare Manaresi, Alle origini del potere dei vescovi sul territorio esterno delle città, in «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», N. 58, 1944.
Orsenigo 1909: Riccardo Orsenigo, Vercelli Sacra, Como 1909.
 
Gazzetta Ufficiale:
R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 “Riordinamento delle circoscrizioni provinciali” G.U. 11 gennaio 1927, n. 7.
D.LGS. N. 248 del 06/03/1992 pubblicato sulla G.U. n. 77 del 01/04/1992.
Descrizione Comune
Curino si nasconde dietro l’aspetto di un classico esempio di centro insediativo sparso, simile ad altri casi presenti nelle vicinanze, quali ad esempio il confinante comune di Trivero. In realtà l’attuale Comune di Curino è il risultato di una recente aggregazione di almeno cinque distinti centri abitati, caratterizzati da una disposizione a fuso di acropoli e situati sulla sommità di alture. I cinque centri, o “Cantoni”, sono Santa Maria, San Nicolao, San Martino, Gabella e Romagnacco (ora frazione San Bononio). Il principale punto di aggregazione, e il centro abitato più importante, in epoca medievale furono la fortificazione il centro abitato – ora scomparso – collocato sul colle dell’Oratorio di San Giorgio, a controllo dei transiti lungo la via di cresta che dalla pianura di Cossato e dalle colline di Masserano porta in Valle Sessera attraverso il colle della Colma. Santa Maria, Termino, Ronco, Ortovivaro, Vivaro, Colmo e Olzera sembrano in effetti sorti come un unico centro insediativo collocato alla base del colle di San Giorgio; questa era con ogni probabilità il castrum loci Quirini sottto il quale venne a crearsi la Curtem Quirini cum capella et pertinenciis suis, oggi il cantone di Santa Maria. In contemporanea, con dinamiche simili ma del tutto parallele, ebbero origine i centri di Romagnacco, San Martino (Mombello), Gabella e San Nicolao. Nonostante la vicinanza tra i vari nuclei abitati, separati tra di loro anche poche centinaia di metri, difficoltà nelle comunicazioni viarie a causa del tormentato territorio rendevano spesso queste realtà del tutto aliene tra di loro se non per il fatto di appartenere, almeno nominalmente, al loci Quirini.
   I punti di contatto tra queste comunità sono molto pochi: in pratica solo il fatto di far parte di una “Comunità di Curino” e di un feudo, il Marchesato di Crevacuore, sembra funzionare da collante. I centri curinesi sono di fatto in un territorio di confine e di transito: da Masserano a Curino per il passo della Colma, l’asse viario principale dei feudi dei Ferrero-Fieschi. I vicini, specie i sudditi del ducato di Savoia, erano ostili e in competizione per lo sfruttamento delle scarse risorse agricole locali. Ciò non di meno ogni singolo centro è intenzionato ad affermare la propria particolarità, fondando una propria parrocchia a suggellare la separazione da un punto di vista amministrativo e religioso. Il “collante”, inglobato il feudo nei domini della corona dei Savoia e, in seguito, decaduto il regno, cessa definitivamente. Le amministrazioni francesi se ne accorgono subito e smantellano l’architettura amministrativa formatasi tra il XVI e il XVIII secolo: abolite le “credenze”, furono creati quattro municipi, di Santa Maria, di San Martino, San Nicolao, Romagnacco seguiti dal suffisso "di Curino". L’amministrazione francese decise nel 1801 di riunire il cantone di Gabella a quello di Brusnengo. Il ritorno di un “Comune di Curino” nel 1815 deve essere visto non tanto come la ricostruzione di una realtà smantellata dai francesi, e quindi da recuperare, quanto dal fatto di voler razionalizzare da un punto di vista dell’organizzazione territoriale un luogo altrimenti troppo frazionato per poter essere gestito in maniera efficace e funzionale. I cantoni di Curino, separatisi tra di loro dopo un processo di allentamento più o meno consenziente sino ad una blanda confederazione di comunità, si ritrovarono nel 1818 ad una forzata convivenza. I numeri delle popolazioni, bassi, e la mancanza di veri antagonisti come nel secolo precedente fecero sì che questa “riunione” forzata giungesse sino ai nostri giorni.