Penango

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2005
Provincia
Asti
Area storica
Abitanti
492 ]censimento 1991]; 538 [censimento 2001].
Estensione
Ha. 947 [ISTAT] / ha. 919 [SITA].
Confini
Alfiano Natta, Calliano, Grana, Grazzano Badoglio, Moncalvo.
Frazioni
Le fonti ISTAT segnalano la presenza di un “centro”, che raccoglie circa un quarto della popolazione, e di nove “nuclei”, che ne raccolgono complessivamente circa un terzo, mentre poco meno della metà della popolazione risiede in “case sparse”. Vedi mappa.
Toponimo storico
Penangum, Penengum, di etimo incerto, forse derivante da un antroponimo, con suffisso in “-a/engo” di origine germanica [Olivieri 1965].
Diocesi
Vercelli e forse, per le prime dipendenze monastiche, Torino; quindi Pavia, fino alla iscrizione nella diocesi di Casale all’atto della sua istituzione nel 1474. L’inquadramento entro la nuova circocrizione diocesana  fu probabilmente compiuto nel secolo XVI.
Pieve
Penango rientrò in origine nel distretto plebano vercellese di San Pietro di Moncalvo, una circoscrizione probabilmente staccatasi dalla pieve di San Michele di Meda oppure da quella di San Lorenzo di Castrum Turris (luogo oggi scomparso, in cui sorgeva una chiesa pievana intitolata a San Lorenzo, da situarsi presso il castello di Tribecco, non lontano da Cardona, nelle vicinanze di Villadeati).
     Le attestazioni di quell’appartenenza vengono meno, tuttavia, nelle Rationes decimarum della fine del secolo XIII e seguenti, quando la pieve di Penango cum parochia sua, grazie alla bolla o privilegio di Onorio III al vescovo Fulco di Pavia (1217), compariva ormai come “isola”, o enclave, incastonata in area vercellese, ma dipendente dalla diocesi Pavia. Questa circoscrizione pievana minore, seppur ridotta alla sua sola parrocchia, risultava ancora dipendenza pavese negli anni 1270-1280, come attestato dalla decima.
     Il distretto plebano di Penango fu un’area di espansione dei possedimenti del monastero dei Santi Vittore e Corona, poi abbazia di Grazzano, fondata nel secolo X, inizialmente dipendente dal vescovo di Torino, quindi oggetto di crescenti dotazioni, in particolare sul territorio di Penango, da parte dei marchesi di Monferrato nel corso del tardo medioevo [B.U.P., Manoscritti Ticinesi, n.196, in Morando 1997; Durando 1908; Ferraris 1974-75, p. 53, nota 149, p. 55, nota 150, p.60; Laurent 1948, p. 367; Prelini 1890, doc. 31; Forzatti Golia  2002, p. 60 e note 78 e 80; Settia 1991, p. 334; vd. anche scheda Villadeati].
Altre Presenze Ecclesiastiche
La duplice influenza della diocesi pavese e di attive istituzioni monastiche può forse contribuire a spiegare la precoce diffusione sul territorio di Penango (come altrove attorno a Moncalvo) di chiese minori che, in certi casi fin dalla prima metà del secolo XII,  esercitarono funzioni di cura d’anime, innanzitutto l’amministrazione del battesimo. Uno statuto incerto accomunò in questo senso, tra il tardo medioevo e l’età moderna, luoghi di culto quali la chiesa di San Grato di Penango e diversi importanti benefici esistenti sul suo territorio, quali quelli di San Pietro di Grazzano, di San Cassiano, e, più tardi, di Sant’Alessio, ambiguamente dipendenti dalla prevostura di Moncalvo e dotati, segnatamente nei due ultimi casi, di patrimoni fondiari di un certo rilievo (oltre 45 e oltre 30 moggia di terra rispettivamente, le prime quasi del tutto esenti da un punto di vista fiscale). 
     All’atto della istituzione della nuova comunità di Penango nel 1704, l’antica chiesa di San Grato, come quella di San Vittore di Cioccaro e quelle, più recenti, di Santa Croce di Patro e di Santa Maria delle Peschiere, eretta nell’insediamento omonimo agli inizi del secolo XVII, erano capellanie con funzioni di cura d’anime pur senza titolatura parrocchiale. Tra le quattro chiese, dotate di benefici perlopiù modesti (nell’ordine di poche moggia di terra), quella di San Vittore faceva spicco, oltre che per un ingente patrimonio fondiario, pari a oltre 100 moggia di ottime terre fiscalmente esenti, per la dipendenza, in veste di “chiericato”, dal Sant’Uffizio di Casale.
     San Grato, nel minuscolo insediamento del capoluogo, si trovò eletta, nel 1710, a sede parrocchiale della nuova comunità di Penango, grazie allo scorporo dalla prevostura di Moncalvo. All’epoca, la chiesa ospitava, in particolare, un sodalizio devozionale di laici, la Compagnia di San Grato, la cui modesta dotazione di circa 9 moggia e mezza di beni fondiari, ora “aggregata” per un terzo alla nuova parrocchia, fu interpretata come strumento di un potere di gestione della parrocchia conferito alla stessa Compagnia, ai suoi membri e, più in generale, al capoluogo. Tutt’altro che gradita alla rosa di altre frazioni e luoghi di culto, che si vedevano minacciate da un incipiente rapporto di subordinazione, la erezione della nuova parrocchia innescò una diffusa, accesa e crescente competizione cerimoniale, che, nel corso del tempo, assunse toni di aperta intimidazione.
     Nella parrocchia venne ravvisata, in particolare, una minaccia incipiente per di quei gruppi di fedeli che, come i possidenti di Cioccaro sulle terre del Sant’Uffizio o i concessionari definiti “enfiteutici” di Patro su quelle dell’Abbazia di Grazzano, detenevano tradizionali diritti corporativi di possesso sui rispettivi edifici di culto, nonché sulla nomina dei cappellani, vuoi contrattualmente vuoi attraverso i propri sodalizi laici di devozione (a Cioccaro la Compagnia di San Vittore). A Cioccaro, verso gli  anni Settanta del secolo XVIII, i possidenti locali intentarono presso la Curia casalese una causa contro il vicario del Sant’Uffizio, padre Guglielmo Testa, per difendere il proprio diritto di nomina del cappellano. Quando il cappellano da essi stipendiato venne bersagliato da quattro colpi di arma da fuoco nella canonica della chiesa di San Vittore, l’inchiesta che ne seguì sembrò individuare i mandanti dell’attentato nientemeno che nei figli del sindaco di Penango.
     L’apparato della nuova parrocchia andava ricevendo intanto aperto sostegno dal vescovo di Casale, monsignor Radicati. Gia nel 1723 vi era stata autorizzata la fondazione di una Compagnia del Santissimo Sacramento. Nel corso della visita pastorale di monsignor Montiglio del 1765, il parroco descrisse al visitatore la nuova compagnia come “cappata”, giacché i confratelli vestivano, forse come auspicio, un sacco bianco, l’attributo tipico di quelle compagnie di disciplinati che, in altri luoghi, furono il sodalizio simbolico della coesione comunitaria che tanto elusiva appariva a Penango. Nel 1790, si aggiunse una Compagnia del Suffragio. Frattanto, a partire dagli anni Cinquanta, l’edificio di culto aveva intrapreso una grande opera di ricostruzione, emulata peraltro dalla chiesa di San Vittore. Sia pure a distanza, la chiesa di Patro seguì l’esempio di quella del capoluogo, con la fondazione, nel 1823, di una propria Compagnia del Santissimo Sacramento e, più tardi, l’erezione a parrocchia. Quasi in risposta, a partire dalla metà del secolo XIX, si assistette a un’accelerazione delle iniziative di tipo associativo nel capoluogo, dove, in apparente sincronia, nel 1863, furono fondate una Compagnia del Rosario e una delle Umiliate, che si radunava al suono delle campane della parrocchia di San Grato “alla mattina di ogni festa”. Tra il 1890 e il 1908, seguirono le compagnie delle Figlie di Maria e dell’Addolorata. Don Giovanni Bosco in persona non mancò di avvertire il clima di apparente fervore religioso che regnava a Penango, procedendo a fondarvi il Collegio salesiano San Pio V (attivo fino al 1966), al quale  l’amministrazione comunale fornì il proprio sostegno [A.C.P., n. 92, Ricorso del cappellano, priore e sottopriore della chiesa di Santa Maria (1885); n. 102, Atti di lite (1847-51); nn. 118, 752-57, Congregazione di carità (1860-97; 1890-1939); nn. 216-17, Ruoli parziali di pagamento per il cappellano-maestro di Santa Maria (1858-59); n. 350, Chiesa di Penango (1862-1865); n. 357 Festa patronale (1894); n. 411, Opera Don Bosco (1881-96);  n. 759, Legato Manacorda (1911); nn. 1233-34, Confraternite; nn. 1236 sgg., Chiese ed edifici religiosi (1933 e succ.); A.C.V.C., Visite Pastorali, Visita Montiglio (1565), Allemano 1998; 2001; A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4; II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Settia 1991 pp. 333-48; Torre 1999, pp. 13, 25, 31,115-16; Villata 1986; Penango, in “Monferratoarte”, Associazione Casalese di Arte e Storia. Sito web (2013)].
Assetto Insediativo
Nel 1704, al momento della istituzione della comunità di Penango e della sua contemporanea infeudazione, la nuova entità amministrativa descriveva un’ampia mezzaluna di territorio attraverso il quadrante sudorientale del distretto di Moncalvo. La nuova comunità comprendeva una pluralità di assetti territoriali e insediativi eterogenei. Soltanto con uno sforzo di astrazione le “tre case” del capoluogo -- così lo descrisse un osservatore ottocentesco -- avrebbero potuto considerarsi un insediamento centrale. Si aggiungevano alcuni notevoli palazzi, le grandi cascine appoderate dei ricchi proprietari foranei, laici ed ecclesiastici, e un certo numero di insediamenti tra loro nettamente distinti, la cui presenza affondava le radici nelle concessioni definite come “enfiteutiche” dell’Abbazia di Grazzano, confermate dai successivi affrancamenti dei marchesi di Monferrato sullo scorcio del secolo XV.
     La pluralità e il carattere composito degli insediamenti, a cui soltanto la dipendenza da Moncalvo e dai suoi grandi proprietari terrieri aveva fornito un denominatore comune, suscitarono preoccupazione tra le autorità monferrine già alla viglia dello scorporo e dell’erezione del feudo [A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Allemano 2001; Villata 1986].
Luoghi Scomparsi
Non si hanno attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
Soltanto a partire dal 1754, cinquant’anni dopo la sua istituzione, la comunità di Penango potè disporre di “due stanze” per l’ abitazione del messo comunale e per le riunioni del Consiglio di comunità. Indebitata con il conte Magnacavalli e con i cugini Manacorda per le spese di alloggiamenti di truppe risalenti al 1645 e al 1746, la comunità non disponeva né di proventi per la “segreteria civile e criminale” (di giurisdizione signorile), né di una privativa sui mulini, né di un forno (“[P]er esser li cantoni e case delli abitanti disperse”, spiegò la comunità durante una inchiesta settecentesca, “quasi tutti tengono il proprio forno”).
     Nel Consiglio municipale si scontrarono gli interessi inconciliabili di nuclei di popolazione di volta in volta contrapposti sul piano sia economico sia politico e sociale. In ambito più propriamente amministrativo, i problemi principali riguardarono il rapporto tra il capoluogo e le frazioni, in particolare le più piccole, Patro e Santa Maria, che lamentavano una cronica sottorappresezione nel Consiglio. La somma degli abitanti di Cioccaro, Patro e Santa Maria superava di gran lunga la popolazione del capoluogo di Penango, ma senza un corrispettivo “peso” politico nelle istituzioni municipali. Tuttavia, il “peso” e il potere politico delle frazioni entrava in gioco nella ripartizione dei carichi fiscali di ciascun luogo e dei servizi a ciascuno erogati dal comune. Nel secolo XIX, per esempio, le frazioni dovevano contendersi un’unica guardia campestre, un medico condotto e una “levatrice per i poveri”, mentre il capoluogo beneficiava di altrettanti servizi propri. Vigeva, certo, un criterio di “riparto” dei consiglieri tale da dare una voce alle frazioni. A partire almeno dal 1851, la nomina dei consiglieri delle frazioni fu formalizzata sotto forma di “deleghe” da parte del Consiglio.
      A lungo andare, la comunità di Penango finì per lacerarsi, almeno in parte, appunto intorno a simili problemi di rappresentanza [A.C.P., n. 46, Autorizzazione delle frazioni di Cioccaro e Santa Maria-Patro di tenere una contabilità separata dal capoluogo Penango. Decreto regio dato a Monza il 3 settembre 1881 e delibera del Consiglio (1881); n. 51, Verbali di nomina dei consiglieri delegati (1851-90); n. 56, Riparto dei Consiglieri comunali tra le frazioni di Santa Maria e Cioccaro (1872); n. 108, Causa per dissesti sulla strada di Crosetta in Cioccaro nuovamente ricostruita (1874); n. 109 Causa per la nuova strada di Santa Maria (1870-71); n. 111, Lite tra comune e ditta Canova & Vercelli, costruttrice della ferrovia Asti-Casale-Mortara per residuo prezzo di azioni che il comune si era assunte (1876-78); n. 126, Guardie campestri (1885-1898); n. 133, Nomine di sanitari e levatrici, capoluogo e frazioni (1865-1891; 1889-1894); nn. 145-50, Cimitero di Cioccaro (1832-1897); nn. 158-59, Bilanci delle frazioni (1881-97) nn. 174-76, Bilanci di Cioccaro (1881-1897); n. 226, Mandati di pagamento (1868); nn. 247-48, Mandati di pagamento per la maestra della scuola maschile di Cioccaro e nuovo locale scolastico (1889-90); n. 267, Elenco dei contribuenti all’imposta sui terreni appartenenti alla frazione Cioccaro (1885); n. 337, Privativa di Cioccaro (1863-1896); nn. 401, 409, Edilizia scolastica a Patro (1865), Cioccaro (1865), Santa Maria (1884-89); A.S.T., Camerale, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4; II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Corte, Paesi, Paesi per A e per B, P, Mazzo 5].
Statuti
Non sono attestate nuove redazioni di statuti dopo l’infeudazione del 1704, con lo scorporo da Moncalvo e dalla sua legislazione statutaria [A.S.T., Corte, Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4].
Catasti
La necessità di coordinare le registrazioni catastali dei diversi “cantoni” confluiti nella comunità di Penango era vivamente sentita a partire dalla nuova infeudazione al marchese Mossi nel 1717. Già l’anno successivo fu compiuta la stesura di un catasto, che tuttavia si limitò a un semplice scorporo di quello di Moncalvo. Fu l’applicazione, sia pure tardiva, della Perequazione generale sabauda a consentire una prima catastazione omogenea del territorio della nuova comunità, sotto forma di una “misura generale del territorio” che venne condotta a termine entro il 1765.
     Ogni anno le tasse (“i carichi”) degli abitanti venivano ripartite con criteri di proporzionalità sull’insieme delle proprietà iscritte nel catasto, che formavano il “registro universale, allodiale e collettabile”. Sopravvivevano però due tipi di imposte di capitazione, cioè prelevate sulle famiglie, o “sui fumanti”: da un lato, l’imposta (già monferrina, e mai abolita) nota come “terzo delle caserme; d’altro lato le “imposte particolari” prelevate per esigenze specifiche dai “cantoni”. Queste ultime venivano applicate per un terzo ai soli “fumanti” del cantone interessato. I criteri di ripartizione fiscale effettivamente applicati furono forieri di notevoli conflitti. Non mancava una serie di problemi connaturati agli opachi criteri di elaborazione della “misura generale”. Il criterio di valutazione dei singoli terreni venne così descritto dai funzionari statali a un ventennio dalla formazione del catasto: “il riparto dei Carichi, sul Reale non si forma in proporzione di giornate, o Moggia, ma in proporzione d’Estimo dei beni, che in questo Territorio viene piutosto regolato in ragion di Circolo, che della bontà di terreno”. In pratica, il criterio, piuttosto opaco, per cui un dato appezzamento risultava assegnato a un determinato “circolo” altro non era se non quello:

 
L’estimo includeva, dunque, per una superficie di ben 123 moggia circa, tutte “le Case e siti dell’abitato, [e] quelle di Campagna”, che venivano però valutate considerando “soltanto la quantità del Terreno occupato, a cui si è applicato l’estimo dei terreni [agricoli] contigui”. Esso viceversa escludeva almeno 500 moggia di terre ecclesiastiche, fiscalmente esenti, appartenenti a un nutrito elenco di proprietari, quasi esclusivamente foranei, tra cui facevano spicco l’Abbazia di Grazzano (oltre 80 moggia) e, in misura minore, quella di Lucedio; il Sant’Uffizio di Casale per il Chiericato di San Vittore (circa 100 moggia); i conventi e monasteri di San Francesco (minori conventuali) e San Bernardino di Moncalvo, di Santa Maria Maddalena e San Paolo di Casale (complessivamente oltre 200 moggia). Si aggiungevano i gesuiti e il seminario di Casale, l’Ospedale degli infermi di Moncalvo, la Commenda di Santa Maria al Tempio di Moncalvo, le parrocchie di Moncalvo, di Calliano, di Alfiano, nonché una serie benefici e sodalizi devozionali sia di Penango sia di Moncalvo.
     Le principali serie del Fondo catasto (1765-1941) dell’archivio storico del comune di Penango comprendono segnatamente, per il secolo XVIII, la documentazione della “misura generale” del territorio condotta nel 1765, le cui mappe territoriali (la “Mappa Originale, ed anche una Copia autentica d’essa”, rilevate dai funzionari sabaudi nel 1781) non risultano peraltro oggi conservate: A.C.P., n. 1673, Rilievi del territorio del Comune di Penango preliminari alla formazione della mappa catastale (1765); n. 1674, Verbale di ricognizione della mappa catastale del territorio di Penango (1765); n. 1676, Libro figurato (1765); n. 1677, Colonnario (1765). Dall’operazione di catastazione prese avvio la compilazione della documentazione recante il n. 1678, Sommarioni e Catastrino (1774); nonché le registrazioni dei passaggi di proprietà: n. 1679, Libri dei trasporti (1770-1815). Tra il secolo XIX e gli inizi del XX, i volumi dei Libri dei trasporti nn. 1680-88 (1816-1838, 1838-1930, 1838-1934) sono integrati dalle registrazioni nn. 1689-1692, Mutazioni di proprietà (1819-1907). I nn. 1729-44, Libri matricola ed elenchi dei possessori coprono il periodo 1862-1930, e i nn. , nn. 1693-1728, Volture catastali, l’arco di tempo 1882-1924 [A.S.A., Catasti dei terreni e fabbricati del distretto di Asti (1875-1960); A.C.P.; A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Corte, Paesi, Paesi per A e per B, M, Mazzo 17, Atti per la misura del territorio e formazione di un nuovo catasto per li tre cantoni di Penango, Patro, e Chiocaro (1717); Cassetti 1996, pp. 73-74].
Ordinati
La serie dei Deliberamenti e degli ordinati prende inizio momento di costituzione della comunità e comprende: undici volumi di Libri dei convocati (1704-1729; 1730-42; 1748-65; 1766-75; 1775-81; 1781-86 1786-96; 1797-99; 1799; 1799-1800); due volumi di Convocati della Comunità di Penango (1809-14; 1814-20); quattordici volumi di Libri delle deliberazioni di Consiglio e Giunta (dal 1847-49 al 1889-1904) [A.C.P., Sez. I, Convocati, ordinati e deliberazioni, nn. 1-11; 12-13; 21-34].
Dipendenze nel Medioevo
E’ possibile che, nel quadro della distrettuazione carolingia, alcuni dei singoli luoghi presenti sul territorio di Penango, come buona parte delle località comprese nell’odierno Basso Monferrato, facessero parte della iudiciaria torrensis, un distretto minore di cui si hanno indizi in carte risalenti alla seconda metà del secolo IX e ai primi anni del secolo successivo e che avrebbe potuto estendersi, a nord del comitato di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Quest’area risulta comunque avere perso un’autonoma caratterizzazione pubblicistica già intorno alla metà del X secolo, quando fu probabilmente smembrata a favore dei comitati cittadini limitrofi di Torino, Asti e Vercelli, per divenire infine, nel secolo successivo, oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli.
     In seguito, Cioccaro e Penango fecero parte dei possedimenti dei signori di Olivola, pur nella presenza continuativa dell’Abbazia di Grazzano e dei suoi possedimenti. A partire dal secolo XIV, il consolidamento di Moncalvo come centro e sede elettiva di molti atti e funzioni di governo dei marchesi di Monferrato corrispose all’inquadramento di Penango e Cioccaro tra i “cantoni” di Moncalvo e delle sue compilazioni statutarie [A.S.T., Corte, Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, n 1.2; Durando 1908; Sangiorgio 1975, pp. 29, 91-93, 113, 177; Settia 1974; 1975, p. 237, n. 3; 1983, pp. 11-53].
Feudo
L’infeudazione d’ufficio e come gratuità da parte del duca Ferdinando Carlo Gonzaga al marchese Jean Galbert de Campistron, nativo di Tolosa e segretario del re di Francia, riguardò i “cantoni” di Penango, di Patro e di Santa Maria, che vennero scorporati dalla città di Moncalvo nel 1704 e contestualmente eretti in comunità. Si trattò di un possesso transitorio, giacché, nonostante le proteste della città, che chiedeva la disinfeudazione e il riaccorpamento dei “cantoni” di Penango e Patro, nel 1717 il feudo e tutti i diritti giurisdizionali vennero ceduti al marchese Francesco Mossi di Morano, che ne fu l’ultimo e longevo signore.
     Le crescenti difficoltà del marchese nell’esercitare la giurisdizione sull’insieme dei luoghi riuniti nella comunità infeudata, ma privi di efficaci forme di integrazione territoriale, economica e sociale, sfociarono, alla lunga, in una situazione di ingovernabilità, sottolineata dalle azioni giudiziarie intentate dalla comunità contro il marchese non già per le sue ingerenze, ma anzi per presunte inadempienze e per “contumacia” a fronte dei suoi obblighi giurisdizionali [A.C.P., n. 94, Atti della causa tra la Comunità di Penango e il feudatario marchese Francesco Mossi di Morano; A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, nn. 4-5; Guasco 1911, vol. III, p. 1227 (171)].
Mutamenti di distrettuazione
Penango appartenne al marchesato, poi ducato, del Monferrato, dove era classificato fra le terre dello stato “al di qua del Tanaro” o della provincia di Casale [Raviola 2003]. Dopo l’annessione del ducato del Monferrato agli stati sabaudi nel 1708 (riconosciuta internazionalmente con il trattato di Utrecht del 1713), entrò a far parte della provincia di Casale. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province piemontesi attuata nel 1749 e si mantenne perciò fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Sturani 1995].
     Entro la maglia amministrativa francese, Penango seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799) ; quindi, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, appartenne al dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Casale. Vedi mappa.  
     Dopo la parentesi napoleonica, Penango rientrò, nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Casale che, dopo ulteriori instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria nel 1859. [Sturani 1995; 2001; Cassetti 1996; Romano 1998, pp. 15-45]. Nella riorganizzazione postunitaria, Penango fu dapprima staccato dal circondario di Casale Monferrato e aggregato a quello di Asti nel 1885 [Ministero 1889, p. 131], con un corrispondente aggiustamento a livello mandamentale (distacco di Tonco nel circondario di Casale Monferrato e aggregazione al mandamento di Moncalvo (circondario di Asti) nel 1885 [A.C.P., n. 42, Mandamento. Segregazione del Comune di Penango dal mandamento di Tonco ed aggregazione a quello di Moncalvo (1865-1886); n. 43, Richieste della Giunta municipale per l’aggregazione al Mandamento di Moncalvo (1865); Ministero 1900, p. 7; vd. anche scheda Alfiano Natta]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba 2002].
Mutamenti Territoriali
I dubbi sulle prospettive di sopravvivenza di Penango come nuovo aggregato territoriale erano emersi fin dall’epoca della infeudazione attraverso le proteste di Moncalvo contro la separazione dei suoi “cantoni”; esse si rinnovarono a più riprese tra gli inizi del secolo XVIII e il secolo successivo. Così, nel 1819, il timore di possibili richieste da parte di Moncalvo pdi sopprimere Penango e riaggregarlo alla città scatenò un’articolata reazione difensiva: un convocato del Consiglio comunale ai fini di “scongiurare la ventilata unione”, una lettera alla Segreteria di stato per gli affari interni, nonché di una supplica al ministro Prospero Balbo (che però non venne spedita). Alla prova dei fatti, furono i crescenti conflitti interni alla comunità, più che non le temute pressioni poltiche esterne, a provocare il parziale scorporo del comune.
     Nel 1908 vennero staccate le frazioni Patro (pop. 349) e Santa Maria (pop. 292), che furono riaggregate, dopo una parentesi durata due secoli, al comune di Moncalvo. Ancora nel 1928 il podestà di Penango esprimeva formalmente la propria preoccupazione e il proprio parere sfavorevole di fronte alla ipotesi di soppressione di quanto rimaneva del comune di Penango stesso e della sua riaggregazione a Moncalvo [A.C.P., n. 41 (1819); n. 582, Revisione delle circoscrizioni comunali in vista di una eventuale aggregazione di Penango al Comune di Moncalvo (1928); n. 585, Segregazione delle frazioni di Santa Maria e Patro dal Comune di Penango e successiva loro aggregazione a quello di Moncalvo (1905-08); Ministero 1911, p. 3; vd. anche scheda Moncalvo].
Comunanze
La comunità di Penango ebbe scarsissimi beni fondiari di piena proprietà comunale: soprattutto due appezzamenti di incolto (“picciol zerbidi”), per una superficie totale di poco più di un moggio, ai confini con Alfiano (regione Cerrina) e con Grazzano (collina del Bricco a Patro). L’uso del pascolo lungo i bordi, o “ripaggi”, delle strade, insieme alla proprietà di meno di quattro moggia di pioppeti lungo il rivo Valsesio, portavano, verso la fine del secolo, a un calcolo complessivo di 99 moggia di cosiddetti “fondi comunitativi”.
     Di fatto, secondo le dichiarazioni rese dalla comunità verso quell’epoca, “li bestiami vengono pascolati nelle rippe de beni del territorio e fatto il taglio della terza erba; quasi tutti li bestiami vengono pascolati ne prati piu vicini da rispettivi cantoni di minor distanza d’un quarto di miglia”. Il poco legname di proprietà comunale veniva periodocamente appaltato o venduto, anche se le aste andarono deserte nei periodi di massima conflittualità interna alla comunità, vale a dire durante i decenni finali del secolo XIX. Vigevano invece il divieto di pascolo e di raccolta di legna (“boscheggio”) sulle quattro principali estensioni private di bosco ceduo presenti sul territorio comunale: una cinquantina di moggia (nelle regioni Albaduino, Cerrina, Colletto di Patro e Bottoria di Cioccaro), i cui proprietari ricavavano circa 400 “pezzi” per moggio dai tagli effettuati ogni cinque o sei anni. Le tensioni latenti intorno all’apertura dei terreni dei proprietari, ivi compresi i molti grandi proprietari ecclesiastici e laici, al pascolo sulle stoppie entro i vicinati, in una situazione di scarsità complessiva di terre comuni e a fronte dell’uso privatistico del piccolo patrimonio boschivo, rendevano ardua l’emanazione dei bandi campestri destinati a regolamentare i diritti di pascolo. Le esitazioni del marchese Mossi gli valsero, nel 1758, una causa intentata dalla comunità per “contumacia” nell’esercizio della giurisdizione. Qualche anno più tardi, nel 1775, dopo che era stata effettuata la catastazione del territorio, la comunità difese presso l’intendente le proprie prerogative di uso dei beni collettivi contro diversi “particolari”, o proprietari, sia di Penango sia di Moncalvo, per l’abbattimento abusivo di alberi sulla sponda del rivo Valsesio.
     Dopo la liquidazione degli usi civici nel corso del secolo XX, alcune residue proprietà comunali in regione Rocca, classificate come “terreni gerbidi improduttivi” furono oggetto di un rimboschimento nel 1950. Ancora nel 1954 si segnalò, con un ricorso al sindaco, un gruppo di 44 cittadini che lamentavano “l’invasione dei loro prati da parte dei pastori che ai primi di ottobre scendono dai monti per venire a svernare nelle campagne”, e chiedevano regolamenti campestri che vietassero il pascolo “almeno fino ai primi di dicembre”. Nel 1990 il territorio comunale risultava gravato da usi civici su una superificie di circa 2,6 ha. secondo i dati comunali; di 2,78 ha. secondo i dati del Commissariato per la liquidazione degli usi civici [A.C.P., Serie atti di lite, n. 94 (1758); n. 96 (1775); n. 324, (1820, 1840, 1884 e 1885); n. 742, (1954); n. 884 (1950); n. 885, Liquidazione degli usi civici (1930-1949); A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4; II Archiviazione, Capo 26, m. 13, cc. 235r-38v; C.U.C.].
Liti Territoriali
Le controversie territoriali più gravide di conseguenze tra l’età moderna e quella contemporanea ebbero un duplice risvolto: verso l’esterno e verso l’interno. Verso l’esterno, nel 1771 la comunità di Penango mosse lite alla città di Moncalvo in risposta a un’accusa di “indebito caricamento di registro” sulle vaste estensioni di beni di abitanti di Moncalvo che erano stati tassati a Penango; la causa si risolse nel riconoscimento di un errore nella delimitazione dei confini dovuta alla recente opera di delimitazione dei terreni nel nuovo catasto locale. Analoghe dispute, qualche anno più tardi, interessarono il tratto di confine tra la frazione penanghese di Cioccaro e la comunità di Calliano. Verso gli inizi del secolo XIX la compilazione di un nuovo catasto in una comunità confinante, Grana, comportò a sua volta una ricognizione della linea di confine. Una successiva ricognizione, questa volta del confine con Calliano, fu svolta nel 1892-1902, nel quadro delle operazioni di terminazione del territorio comunale in base alla legge sulla perequazione del 1886.
     Tuttavia, furono i contenziosi “interni”, quelli incentrati sulle frazioni minori, Santa Maria e Patro, a mostrarsi, in definitiva, impossibili da ricomporre. Un grave conflitto aveva lacerato la vita religiosa di Penango verso la metà del secolo, contrapponendo non soltanto il municipio alle comunità confinanti, ma ancor più il clero all’amministrazione comunale, e il capoluogo alle frazioni. Era stata la Giunta municipale di Penango, appoggiata da diversi proprietari “forensi”, che possedevano, cioè, beni immobiliari tassabili a Penango pur non risiedendovi, a rifiutare, ricorrendo alle opportune sedi di giudizio, di contribuire a una “imposta speciale” di £400 destinata al mantenimento del cappellano che svolgeva le mansioni di maestro di scuola presso la frazione di Santa Maria. I “forensi”, alleati, di fatto, con l’amministrazione della comunità contro gli interessi di Santa Maria, erano in buona parte abitanti di Grazzano, confinante con Santa Maria. La lite, che si protrasse dal 1847 al 1851, fu portata all’Intendenza di Casale, all’Intendenza generale di Vercelli e fino alla Camera dei conti di Torino, ma i ricorrenti furono condannati in tutti i gradi di giudizio. Qualche anno più tardi, il comune di Penango stabilì una imposta speciale che doveva ricadere sulla frazione di Patro: ancora una volta s’innsecò un conflitto con Grazzano e con Moncalvo, dove risiedevano i proprietari “forensi” che erano stati chiamati a contribuire. Ancora una volta il comune di Penango si appellò alla legge comunale vigente, che impediva di gravare i contribuenti di altri comuni, ma la Prefettura rifiutò di avallare il verbale steso in questo senso dalla Sottoprefettura. Forti dunque di una duplice vittoria spuntata contro la propria amministrazione comunale, alcuni proprietari di Santa Maria presentarono, nel 1869-70, un ricorso alla Giunta municipale perché i possidenti sul territorio di Grazzano fossero obbligati a concorrere anche alle spese per la costruzione della nuova strada di Santa Maria. Una nuova imposta speciale -- ma si era ormai alla viglia della secessione delle due frazioni -- colpì Patro e Santa Maria nel 1901-02, in occasione dell’ampliamento della stazione sulla linea ferroviaria Asti-Mortara, da cui sia la Giunta municipale di Penango che le due frazioni avrebbero dovuto trarre “il maggior beneficio” [A.C.C., Sez. I, fasc. 151, Misurazione dei confini di Calliano con i Comuni di Grana e Penango (1760); A.C.P., n.39 (1777), n. 40 (1811); n. 95 (Moncalvo, 1771); n. 90, Ricorsi ed esposti (1869-70); n. 102, Atti di lite (1847-51); n. 250 (1892-1902); n. 263, Imposta speciale a carico della frazione di Patro (1863-1864); n. 580 (1892-1902); n. 1424 (1901-02); vd. anche schede Calliano, Grazzano Badoglio e Moncalvo].
Fonti
A.C.C. (Arcivio Storico del Comune di Calliano)
A.C.C., Sez. I, fasc. 151, Misurazione dei confini di Calliano con i Comuni di Grana e Penango (1760).
A.C.P. (Archivio Storico del Comune di Penango), con inventario del 2000; Inventari degli anni 1870-1880 e 1890 [A.C.P., nn. 291-92].
A.C.P., Sez. I, Serie:
Amministrazione; Assistenza e beneficienza; Atti di lite; Beni patrimoniali; Causati e bilanci di previsione; Cimitero; Confini territoriali e mappa; Conti consutivi; Deliberamenti, appalti, contratti; Imposte e contribuzioni; Istruzione: collegio salesiano; Istruzione: edilizia scolastica; Mandati di pagamento; Polizia urbana e rurale; Privative e generi di monopolio; Ricorsi ed esposti; Sanità e igiene; Strade e ponti;
A.C.P., Sez. II, Cat. I: Amministrazione, Distacco delle frazioni; Cat.I: Amministrazione, Cl. 6, Cause, liti e ricorsi; Cat. II: Assistenza e beneficienza, Cl.1, Congregazione di carità, opere pie; Cat. V, Finanze, Cl. 1, Proprietà comunali, Sottoclasse 1, Servitù attive e passive, demanio comunale, usi civici; Cat. VI, Governo, Cl. 5, Culto, Sottoclasse 1, Affari di culto; Cat. X, Lavori pubblici, poste, telegrafi, telefoni, Cl. 6, Ferrovie e trasporti pubblici.
A.C.P., Fondo catasto.
A.S.A. (Archivio di Stato di Asti). Vedi inventario. [Cassetti 1996].
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino). Vedi inventario.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Dipartimenti, Mazzo 1, "DÉPARTEMENT / DE / MARENGO / Divise en 3 Arrondisemens / et en 31 Cantons." Carte dei dipartimenti della Dora (n.1), di Marengo (n. 2, 2 bis), del Po (n. 3), della Sesia (n. 4), delle Alpi Marittime (n. 5, 5 bis). Note : In alto: "N.° 101.", "ATLAS NATIONAL DE FRANCE", s.d., [Autore incisioni: P.A.F. Tardieu; autore edizione: P.G. Chanlaire]. Vedi mappa.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e per B, Po, Mazzo 1,"LE / COURS / DU PO / DEDIÉ AU ROY / Par son tres humble, tres obeissant / et tres fidele Serviteur et Sujet, le / P. PLACIDE Augustin Dechaussé, et / Geographe Ordinaire de sa Majesté". Carta Corografica in stampa del Corso del Fiume Po delineata e dedicata a S.M- Cristianissima dal P. Placido Agostiniano scalzo nel 1734. Sulla Scala di 1/253.600 (Note: La carta è formata da 5 fogli giustapposti. Il 1° reca l'indicazione "A PARIS 1704"; il 3° e il 4° sono datati 1703; sul 1° e sul 5° foglio è riportata la data di concessione del privilegio reale, rinnovato per 15 anni nel 1734. Cfr. anche Carte Topografiche Segrete, PO 29 E IV ROSSO, 1703-1734 (ma vd. Note) [Autore disegno originale: P. Placide; Autore incisioni: Berey; Autore edizione: "A PARIS / Chez les Augustins pres la Place des Victoires"]. Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Confini.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, Mazzo 20, Relazione dell'Auditore Peroni sull'Investitura addimandata dal Marchese Gio. Antonio Filippo Pio Mossi de' beni Feudali dal medesimo posseduti 20. Marzo (1703); m. 20, n. 19, Descrizione delle Strade publiche del Monferrato coll’Indice di caduna Terra.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Provincia di Casale, Mazzo 4, n. 4, Memorie circa L'Amozione della Mano Regia à favore del Marchese Gioanni Gualberto Campistroni per li Feudi, o sian Cantoni di Penango, Chiocaro, e Patro con alcuni avvertimenti toccanti i pregiudicij, che S.M. ne Sente dalla Smembrazione de medesimi Cantoni dalla Città di Moncalvo; n. 5, Parere del Presidente Riccardi Soura il raccorso della Città di Moncalvo in Monferrato per la reunione ad essa Città delli Cantoni di Penango, e Pastro. 2. Agosto. (1718).
A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Casale, Mazzo 4, fasc. Moncalvo, n. 5,  Parere del presidente Spirito Giuseppe Riccardi sovra il ricorso della città di Moncalvo per la reunione dei cantoni di Penango e Patro, 2 agosto1718.
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, M, Mazzo 17, fasc. 17,  Atti per la misura generale del territorio e formazione di un nuovo catastro per li tre cantoni di Penango, Patro e Chiocaro, 1717.
A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e per B, P, Mazzo 5, Rettificazione della cifra delle imposte comunali di Penango (1820).
A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, fasc. 4, Un volumetto, in cui sono descritti li beni si antichi, che moderni posseduti dagli Ecclesiastici, e dà Luoghi Pij di detta Provincia; li Moggia de beni di cad.a Città, e Com.tà; li raccolti; la quantità delli moggia de beni feudali, li redditi posseduti da’ Vassalli ed altre memorie diverse (s.d., ma 1746).
A.S.T., Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, Convocati delle città e comunità della Provincia di Casale, in risposta alla circolare del Signor Intendente Generale, in data delli 10 dicembre 1781; Mazzo 17, Tributi. Descrizione delle liti attive e passive delle comunità della Provincia di Casale (s. d., ma dopo il 1782); Mazzo 18, Memorie del Basso Monferrato (s. d., ma 1784/ 1789); Mazzo 18, Comunità della Provincia di Casale che affermano essere necessaria la misura de’ territorj loro (s. d., ma 1786); Mazzo 32, Monferrato, Province di Casale ed Acqui: memorie e stati concernenti la collettazione de’ beni ecclesiastici e luoghi pii (1728-1729); Mazzo 37, Relazione generale dell’operato dal Commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato (1729); Mazzo 38, Relazioni particolari ridotte con ord.e de luoghi ne territorij de quali sono siti i beni eclesiastici del Monferrato, ad effetto di servire a magg.e intelligenza della relaz.e g.le qual è a questa relativa.
B.U.P. (Biblioteca Universitaria di Pavia). Vedi catalogo.
C.U.C. (Commissariato pr la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
Bibliografia
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Villata, Giannamaria, Penango nel Monferrato, Penango, Pro Loco di Penango, 1986.
Descrizione Comune
Penango
     Il tessuto politico, economico e sociale della comunità, fin dalla sua istituzione nel 1704, ebbe un carattere  frammentato. A  un  assetto territoriale quanto mai composito si sommarono  un insieme di  interessi e di relazioni vuoi a carattere estremamente localistico vuoi, al contrario, improntate a un’apertura selettiva di più ampio raggio. In particolare, i territori che confluirono nella comunità di Penango erano caratterizzati da una diffusa presenza di proprietari “forensi”, ossia residenti fuori dei confini, ma con agenti e fittavoli in loco; a questi si affiancavano, o si contrapponevano, concentrazioni di piccoli proprietari in insediamenti di tipo marcatamente “cantonale”, popolati, cioè, da gruppi di agnati in vario grado, soprattutto dove, come a Patro e a Santa Maria, più estesi erano gli antichi possedimenti abbaziali (con nuclei pari a oltre 90 moggia se si includevano quelli dell’Abbazia di Lucedio e del Seminario di Casale).
       Una gestione nettamente privatistica sembrava caratterizzare le estensioni boschive (sia pure di superficie limitate nel suo complesso), il cui legname era tradizionalmente destinato alle falegnamerie di Moncalvo. La gestione dei mulini da grano, la cui proprietà era divisa tra i cugini Manacorda e il beneficio di Sant’Alessio (nella persona del chierico beneficiato Berzera, residente a Moncalvo”), non rispondeva ad alcun coerente bacino di afflusso di cereali locali. La nuova imposizione dei dazi cittadini sui prodotti locali, per esempio sugli “Animali Porchini”, quando venivano condotti al mercato di Moncalvo, suscitò, tra il 1777 e il 1780, una lite con la città (sottoscritta anche dalle comunità di Castellino e Cereseto).
        A Patro, uno dei luoghi aggregati a Penango, un indicatore, sia pure parziale, quale la documentazione dei falegnami iscritti alla Compagnia di San Giuseppe di Moncalvo, suggerisce, da questo punto di vista, il carattere, per così dire, artificioso dei confini imposti alla nuova comunità di Penango: nel 1759, mentre diversi membri della Compagnia risultavano provenire da Patro, nessuno sembrava invece provenire da altre località esterne a Moncalvo. Viceversa, le grandi tenute agricole di altre frazioni, per esempio Cioccaro e Penango, apparivano popolate da influenti agenti e da una manovalanza povera reclutata un po’ ovunque nel basso Monferrato. Un vincolo particolare sembrava collegare, ancora una volta, la frazione di Cioccaro con il Sant’Uffizio dell’Inquisizione (che aveva sede a Casale): una convenzione stipulata nel 1769 tra l’ente ecclesiastico e i soli “particolari di Cioccaro” aveva concesso infatti a questi ultimi di transitare, “a piedi e a cavallo”, per la “strada del Sant’Uffizio” quando volessero recarsi alla chiesa del luogo. [A.C.P., n. 433, Strada del Sant’Uffizio (1877-1911); Libro dei confratelli della compagnia di San Giuseppe dei falegnami (1759), cit. in Torre 1994, pp. 13, 25; A.S.T., Camerale, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4; II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Allemano 2001; Villata 1986].
                Un certo rigoglio che si affermò, in particolare, nel corso del secolo XIX, sul piano della vita religiosa fu espressione di un crescente deterioramento dei rapporti tra il capoluogo e le altre frazioni del comune. A partire dal 1862, l’autorità del parroco di San Grato venne sfidata da accuse di nomina “illegale”, in quanto non preceduta da un “concorso preventivo” aperto ad altri candidati. La questione, oggetto di lunghi ricorsi all’ordinario, restò sostanzialmente irrisolta. I rapporti tra il capoluogo e le frazioni erano stati ulteriormente incrinati negli anni 1847-51, quando si era cominciato a parlare della costruzione di un nuovo locale scolastico a Santa Maria, con una lunga lite intentata dall’amministrazione comunale al cappellano di quella frazione e alla sua tradizionale mansione di maestro della scuola. A partire dagli anni Ottanta, quando a Santa Maria iniziarono i lavori per la costruzione del nuovo locale scolastico, fu tutto il clero della frazione (cappellano, priore e sottopriore) a presentare un ricorso contro l’amministrazione comunale per i “danni arrecati all’abitazione del cappellano”. Il ricorso fu respinto.
         Più tardi, verso la metà degli anni Novanta, mentre al fiorire dell’associazionismo nel capoluogo si aggiungeva una nuova Società Operaia di Mutuo Soccorso, una delibera comunale alterò il calendario festivo tradizionale, spostando, per il solo capoluogo, le celebrazioni della festa patronale di San Grato dalla tradizionale prima domenica dopo San Martino alla prima domenica dopo San Grato. Un segnale forte del malcontento verso l’amministrazione municipale, e verso la stessa stessa unità territoriale del comune di Penango, fu offerto dal parroco di Patro: alla sua morte, nel 1891, egli legò un capitale di £4000 per sovvenire ai poveri, con la duplice clausola, però, che le elargizioni fossero destinate ai soli “poveri di Patro” e che il lascito venisse amministrato dal parroco, senza intervento né dell’amministrazione comunale, né della Congregazione di carità. Non mancò chi si contrappose, come Luigia Occhiale, che, morendo nel 1894, destinò ai soli poveri della parrocchia di San Grato un credito dovutole proprio dal defunto parroco di Patro; o come Stefano Manacorda, che legò semplicemente ai Penanghesi poveri un quintale di pane da distribuirsi per tre anni ogni viglia di Natale [A.C.P., n. 92, Ricorso del cappellano, priore e sottopriore della chiesa di Santa Maria (1885); n. 102, Atti di lite (1847-51); nn. 118, 752-57, Congregazione di carità (1860-97; 1890-1939); nn. 120, 758, Legato Don Bianco (1891-96); n. 121, Legato Luigia Occhiale (1892-95); nn. 216-17, Ruoli parziali di pagamento per il cappellano-maestro di Santa Maria (1858-59); n. 350, Chiesa di Penango (1862-1865); n. 357 Festa patronale (1894); n. 411, Opera Don Bosco (1881-96); n. 759, Legato Manacorda (1911); nn. 1233-34, Confraternite; nn. 1236 sgg., Chiese ed edifici religiosi (1933 e succ.); A.C.V.C., Visite Pastorali, Visita Montiglio (1565), Allemano 1998; 2001; A.S.T., Sezioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4; II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Settia 1991 pp. 333-48; Torre 1994, pp. 13, 25, 31,115-16; Villata 1986].
          Da un punto di vista politico, le tensioni suscitate dal criterio di nomina e delega dei consiglieri videro, in più occasioni, accendersi momenti di conflitto tra le stesse frazioni. Così, per esempio, nel 1868, oltre 23 elettori di Santa Maria inoltrarono un ricorso alla Deputazione provinciale contro il “preteso intento” degli elettori di Cioccaro “di privare Santa Maria dei suoi due Consiglieri”; i ricorrenti presentarono istanza di poter costituire una propria sezione di votazione separata. Nel 1872, il “riparto” dei consiglieri suscitò un nuovo ricorso. Il problema della rappresentanza politica era aggravato dal costo, proporzionalmente maggiore, dei servizi erogati nelle frazioni meno popolate, alle quali potevano venire applicati supplementi d’imposta per coprirne i costi. Per regolamentare il problema, nel 1881, a diversi anni dalla grave lite che aveva contrapposto la Giunta municipale alla frazione Santa Maria intorno al versamento dello stipendio del maestro e all’edificazione di un nuovo locale scolastico, fu introdotto il principio della separazione dei bilanci per Santa Maria, Cioccaro e Patro da quelli del capoluogo. Alcuni indizi suggeriscono che Cioccaro, la frazione più importante, sostenesse di buon grado la separazione. Nel 1885, per esempio, i suoi contribuenti poterono argomentare con successo di avere pagato £4603,08 più del dovuto nella ripartizione della imposta sui terreni, e videro frattanto assegnare alla propria frazione un nuovo cimitero, un locale scolastico, una privativa di sali e tabacchi e una guardia campestre, mentre l’appaltatore del rifacimento della strada della Crosetta fu perseguito con successo per via giudiziaria per il lavoro mal eseguito.
            Rimanevano invariati i criteri di nomina dei consiglieri tra il capoluogo e le frazioni, sulla base dell’argomento secondo cui la separazione dei bilanci non aveva comportato “alcuna modificazione nel numero della popolazione”, con svantaggio, dunque, delle frazioni meno popolose. Finalmente, nel 1890, furono in parte modificati i criteri di scelta dei rappresentanti delle frazioni minori. Né a Patro, né a Santa Maria, tuttavia, gli anni finali del secolo portarono se non un acuirsi dei conflitti: intorno alle spese per le nuove strade in costruzione; per “imposte speciali” gravanti sugli abitanti delle frazioni, con i loro strascichi di contenziosi amministrativi; per il miraggio dei tracciati di nuove linee ferroviarie o tranviarie, dalle quali proprio Patro e Santa Maria avrebbero dovuto trarre beneficio, ma che viceversa precipitarono l’intera municipalità tutta vertenze giudiziarie. Quando, nel 1908, sopraggiunse la riaggregazione di Patro e Santa Maria a Moncalvo, a molti dovette apparire una soluzione liberatoria [A.C.P., n. 46, Autorizzazione delle frazioni di Cioccaro e Santa Maria-Patro di tenere una contabilità separata dal capoluogo Penango. Decreto regio dato a Monza il 3 settembre 1881 e delibera del Consiglio (1881); n. 51, Verbali di nomina dei consiglieri delegati (1851-90); n. 56, Riparto dei Consiglieri comunali tra le frazioni di Santa Maria e Cioccaro (1872); n. 108, Causa per dissesti sulla strada di Crosetta in Cioccaro nuovamente ricostruita (1874); n. 109 Causa per la nuova strada di Santa Maria (1870-71); n. 111, Lite tra comune e ditta Canova & Vercelli, costruttrice della ferrovia Asti-Casale-Mortara per residuo prezzo di azioni che il comune si era assunte (1876-78); n. 126, Guardie campestri (1885-1898); n. 133, Nomine di sanitari e levatrici, capoluogo e frazioni (1865-1891; 1889-1894); nn. 145-50, Cimitero di Cioccaro (1832-1897); nn. 158-59, Bilanci delle frazioni (1881-97) nn. 174-76, Bilanci di Cioccaro (1881-1897); n. 226, Mandati di pagamento (1868); nn. 247-48, Mandati di pagamento per la maestra della scuola maschile di Cioccaro e nuovo locale scolastico (1889-90); n. 267, Elenco dei contribuenti all’imposta sui terreni appartenenti alla frazione Cioccaro (1885); n. 337, Privativa di Cioccaro (1863-1896); nn. 401, 409, Edilizia scolastica a Patro (1865), Cioccaro (1865), Santa Maria (1884-89); A.S.T., Seioni Riunite, I Archiviazione, Provincia di Casale, Mazzo 2, n. 4; II Archiviazione, Capo 26, Mazzo 13, cc. 235r-38v; Corte, Paesi, Paesi per A e per B, P, Mazzo 5].