Inverso Pinasca

AutoriTron, Daniele
Anno Compilazione1996
Provincia
Torino.
Area storica
Pinerolese.
Abitanti
655 (ISTAT 1991).
Estensione
790 ha (ISTAT 1991); 811 ha (SITA).
Confini
A nord Perosa Argentina, a nord-est Pinasca, a est Villar Perosa, a sud S. Germano Chisone e Pramollo, a ovest Pomaretto.
Frazioni
Tre «centri»: Clot, Fleccia (sede del municipio), Grange; 14 «nuclei». Vedi mappa.
Toponimo storico
In un documento redatto verso il 1020, che descrive tutte le chiese pievane della diocesi di Torino, si parla di «plebs S. M. de Pinoasca» (Caffaro 1903, pp. 87- 88) e, nelle donazioni al costituendo monastero di Cavour da parte del vescovo di Torino Landolfo del 1037, della «plebem in valle Pinairasca» (Il cartario di Pinerolo fino all’anno 1300, p. 18). Nel 1064 riscontriamo nuovamente la forma «medietatem [...] de Villareto Pinoasca» (Il gruppo dei diplomi Adelaidini, p. 319). La forma «villare Pinnasca» appare nel 1072, peraltro unitamente alle altre forme sopra citate (Caffaro 1903, p. 89). Il toponimo «Pinasca ad Inversum» è riportato da Casalis (Casalis 1847), senza indicazioni della fonte e dell’anno di riferimento, che sospettiamo risalire a non prima del XVII secolo.
Diocesi
Pinerolo (prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese, Torino). Va però sottolineato che, per un lungo periodo, l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto, alla fine del sec. XI, l’intera valle del Chisone era stata sottomessa alla giurisdizione dell’abbazia di S. Maria del Verano, presso Pinerolo (Carutti 1893, p. 67).
Pieve
Parrocchia di S. Francesco di Sales (festa patronale 29 gennaio), di costituzione regia, a partire dal 1739 (Caffaro 1903, p. 98). Fino al sec. XVII Inverso Pinasca dipendeva dalla parrocchia di Pinasca, al cui parroco il comune di Inverso Pinasca, ancora all’inizio del secolo XX, corrispondeva 200 lire annue «per decime transatte» (Caffaro 1903, p. 98). Dal settembre 1688, il parroco di S. Germano doveva assicurare un cappellano alle comunità di Inverso Pinasca, «Chenevière» (ovvero Inverso Villar), e talvolta anche di «Turina» (ovvero Inverso Porte), che oggi sono parrocchie autonome (Bounous 1981, p. 10).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Compagnia del SS. Sacramento, rilevata nel 1847 dalla visita pastorale del vescovo Monsignor Charvaz. La chiesa, oltre all’altare maggiore, ne aveva altri due laterali: quello del Rosario e di S. Giovanni Battista, fondato dal curato Crosati (1817-33) (Caffaro 1903, p. 98).
Assetto Insediativo
   
Luoghi Scomparsi
Non esiste attestazione di luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Nel 1325 il principe Filippo di Acaja concede al monastero di Pinerolo «il pagamento annuo di 47 moggia e 3 emine di frumento che le comunità della valle di Perosa avevano accettato di pagare, secondo questa ripartizione: Perosa 28 moggia, Pinasca 8 moggia e 6 staja, Villar 15 staja e 1 emina, Pramollo 6 moggia e 5 staja, San Germano 5 staja e 1 emina, Porte 9 staja e 1 emina» (Statuta Vallis Perusiae 1568; Giolitti 1964, p. 46). Quindi, anche se la nostra non compare (non è ancora separata da Pinasca), a questa data vediamo le comunità della valle già pienamente operanti. Il documento conservato nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia [il Conte Verde, che per circa 3 anni governa le terre degli Acaja] a favore della Comunità della Valle di Perosa [13 aprile 1360; è il primo a essere conservato in copia manoscritta dell’epoca]), ci offre la piena conferma che forme di organizzazione delle comunità di valle fossero a quell’epoca non solo presenti, ma già pienamente consolidate. Con questi «affranchimenti» le «communitates hominum» – in genere al termine di lunghe o lunghissime trattative –, in presenza di un notaio, sancivano con i loro signori la liberazione da determinate servitù, pedaggi, gravami, diritti, ecc. mediante un compenso in denaro: esso veniva liquidato generalmente con una somma una tantum, e con l’erogazione annuale perpetua di un censo in denaro, e talvolta in natura (ad esempio grano, quando si trattasse di mulini). Gli affrancamenti non erano generali, non riguardavano tutte le servitù e gli obblighi, ma solamente quelli in oggetto della specifica transazione: e poiché i diritti signorili da cui ci si voleva emancipare potevano interessare più signori o più soggetti, ognuno con una propria quota percentuale, era necessario iterare più volte l’atto con relative porzioni di pagamento. Cosi vediamo, il 25 novembre 1400, Amedeo d’Acaja vendere alle comunità della valle di Perosa tutti i suoi redditi, cioè: taglie, banni, fitti di prati, censi dell’«affranchimento» del borgo di Perosa, decima della canapa, ecc., in cambio di 3.300 fiorini d’oro (Giolitti 1964, 50; Statuta Vallis Perusiae 1568). Ma si deve giungere a un affrancamento del sec. XVI per vedere le comunità liberarsi, almeno parzialmente, dal peso delle decime ecclesiastiche: il nome della nostra compare tra le altre comunità della valle nel documento datato 11 aprile 1585 (AST, Corte, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11: Affrancamento del cardinale Guido Ferrero abate commendatario di S. Maria di Pinerolo delle terze vendite, successioni etc., alle quali siano soggetti i beni della Perosa, Pomaretto, Pinasca, Inverso Pinasca, Porte, Inverso Porte, Pramollo, Villar Perosa e S. Germano). La dinamica di questo affrancamento è esemplare: gli uomini della valle (a quell’epoca in gran maggioranza professanti la «Pretesa Religione Riformata», come si diceva all’epoca), contestavano i diritti abbaziali relativi alla riscossione delle decime, censi e canoni enfìteutici, di cui rifiutavano il pagamento all’agente dell’abate, adducendo anche l’imposizione fatta loro di recente da Emanuele Filiberto di versare nelle casse ducali annualmente mille scudi d’oro. Le comunità si erano dichiarate disposte a pagare tributi o al duca o all’abate, ma non più a entrambi. L’abate allora le trascinò in giudizio dinanzi al Senato di Torino, la più alta magistratura del Ducato di Savoia, ottenendo una sentenza a lui favorevole, ma gli abitanti ricorsero al duca Carlo Emanuele I, il quale tuttavia emanò lettere patenti in data 22 febbraio 1584, che non solo confermavano i diritti e i privilegi abbaziali, ma ne accordavano di nuovi. Le comunità presentarono allora al cardinale Ferrero un progetto di affrancamento, che prevedeva il pagamento di una somma in denaro, comprensiva delle annualità arretrate, poi stabilita a 12.000 scudi d’oro, più la corresponsione di un canone fisso ripartito fra le varie comunità; in cambio l’abbazia rinunciava ad ogni diritto presente e futuro sugli uomini della val Perosa. Questa transazione, accettata dall’abate, fu successivamente approvata e omologata dal duca, il 7 febbraio 1586, e dal papa Sisto V con bolla del 30 aprile 1587 (Croset-Mouchet 1845; Giolitti 1964, pp. 57-62). Essa resse per più di due secoli: ancora a fine Settecento, le comunità versavano regolarmente la loro quota del canone annuale alla Mensa vescovile di Pinerolo, subentrata all’abbazia nel godimento dei suoi antichi diritti e prerogative (Manno 1895, alla voce delle varie comunità).
Statuti
Degli statuti della valle di Perosa sono rimaste ben tre edizioni a stampa (del 1568, 1610, 1738) e una copia manoscritta del 1451: in tutti i casi, però, il testo che possediamo è il risultato di modifiche più o meno profonde apportate agli statuti originali, perduti; probabilmente essi erano anteriori al 1246, data del passaggio di Perosa sotto casa Savoia (almeno secondo l’ipotesi di Pittavino 1963, p. 41), e in ogni caso anteriori alla lettera patente di Amedeo VI del 1360, che confermava antichi statuti, privilegi, usi, convenzioni, franchigie e immunità, con l’aggiunta di altre concessioni, tra cui quella che gli abitanti non potessero essere tratti in giudizio fuori della loro valle (Giolitti 1964, p. 71). Nel 1451 gli statuti venivano riformati, e portati dai precedenti 65 capitoli ad 89: lo si apprende da una sentenza del 1737: «in causa Comitis Aloysii Piccon Locorum Perusie et Vallis Vassallis contra Comunitate Perusie et Vallis» in cui si parla di una concessione del 4 aprile 1443 in 65 «capitula statutorum» e di un’altra del 21 maggio 1451, «in qua prò confirmatione novorum statutorum supplicaverunt» (Fontana 1907, pp. 237-38); così modificati vennero approvati dal duca Ludovico di Savoia con patenti del 25 maggio 1451. Sotto la Francia, il re Carlo IX, nel marzo 1567 li confermò e «con lettere del 2 maggio dello stesso anno, gli confermò pure tutte le franchigie ed immunità di cui già esso godeva» (Casalis 1847). Subito dopo, senza dubbio in connessione con la conferma regia, gli statuti di Val Perosa vennero pubblicati a Pinerolo da De Rubeis nel 1568 (Statuta Vallis Perusiae 1568) e poi ancora ripubblicati nel 1610 (Statuti, Privileggi, e Concessioni delle Communità di Valle Perosa: con le confìrmationi, e approbationi loro, fatte dalli Serenissimi Duchi di Savoia, Torino 1610; esemplare conservato presso la Biblioteca civica di Pinerolo), una volta ritornata la valle sotto i Savoia. La terza ristampa, fatta in Torino ad opera di Zappata nel 1738 (col medesimo titolo della prima), è senza dubbio da mettere in relazione con la causa svoltasi l’anno precedente fra il conte Piccon (detentore dei diritti signorili) e le comunità della valle. Un’approfondita analisi del contenuto degli statuti è stata fatta da Giolitti (Giolitti 1964).  
Catasti
Il documento catastale più antico è costituito da un libro di mappa della comunità di Inverso Pinasca del 1767 (AC Inverso Pinasca, mazzo 114) corredato da «Atti della linea di circonvallazione del territorio della comunità di Inverso Pinasca» (AC Inverso Pinasca, mazzo 7, f. 4), e da una mappa del 1769 (AC Inverso Pinasca, unità archivistica 115), seguiti da un catasto del 1777 (AC Inverso Pinasca, mazzo 120). Nell’Archivio di Stato di Torino ne è conservata copia, in data 1769 (AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasti, alleg. A, pf. n. 54; D vol. 117); inoltre, sempre ivi, è disponibile l’intera documentazione del catasto Rabbini risalente, per il nostro comune, al 1860. Nell’archivio comunale è inoltre conservato il Catasto della Magnifica Comunità di Chianaviere del 1773 (AC Inverso Pinasca, mazzo 116). Un documento anteriore a tutti quelli citati, risalente al 1686 (AST, Camera dei Conti, art. 557, 2), fornisce per Inverso Pinasca le seguenti notizie: l’universal registro di questo luogo è di lire 14 e soldi diciotto e mezzo, metà in misura e l’altra estimo, e dedotte £. 5.11.10 restano £. 9.7. Dalle notizie avute si ricava che in dette £ 9.7 entrano giornate 200 le quali si dividono come segue, cioè campi giornate 60, in prati giornate 50, in castagneti giornate 10 e in beni comuni registrati giornate 40, in vigne giornate 20 e le altre venti in alteni. Anche riguardo alla minuscola ex comunità di Chianaviere il medesimo documento del 1686 ci informa nel modo seguente: è luogo piccolo, anche disperso, nei beni raccoglie ancora grano, fieno, vino e castagne. L'universalL'universal registro di questo luogo è di lire due, posseduto da religionari. E in detto registro s’ha notizia che possano entrar giornate 96 cioè di prato venti, campo 6, vigna 8, castagneti 18, e boschi giornate 50, oltre qualche pascolo per servizio degli abitanti non registrato.
Ordinati
La serie documentaria è attualmente presente nell’archivio comunale a partire dal 1720, con lacune.
Dipendenze nel Medioevo
Comitato di Torino fino al sec. XI, abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo (dal 1064), conti di Savoia (dal 1246), Principato di Acaia (1295-1418) e poi Ducato di Savoia.
Feudo
Abbazia di Santa Maria di Pinerolo dal 1064 (Il gruppo dei diplomi Adelaidini, pp. 323-332). Per transazione fatta nel 1246 tra questa abbazia e i conti di Savoia, rimase a questi conti tutta la valle Perosa. Sotto i principi di Acaja, fu munita di un forte castello e di un governatore con presidio, contro i Delfini di Vienne. «Gli stessi principi nel 1360 vendettero Perosa e la sua valle ai Provana di Carignano, dai quali, indi a non molto, ne passò la signoria ad Andreone e Pietro, fratelli de’ Solari di Asti. Il duca Carlo Emanuele I onorò questa valle del titolo di contado, e la vendette ad Emanuele Filiberto Goveano presidente della Regia Camera» (Casalis 1847), di cui vediamo infatti l’investitura in data 7 maggio 1619 (Manno 1895, p. 305). Non sappiamo esattamente che cosa si verificò al passaggio del versante orografico sinistro della valle alla Francia nel 1631 e alla creazione del comune di Inverso Pinasca, sito sul versante destro, restato ai Savoia: è sicuro che i diritti signorili dell’Inverso rimasero nelle mani della famiglia Goveano, che infatti, nel 1676, cede parte dei suoi diritti a Gianfrancesco Bergomi da Reggio; il 3 aprile 1685 viene investito Giovanni Tommaso, di Bernardino Boutal (Botallo) compratore dai Goveano; il feudo rimane nella mani di questa famiglia almeno fino al 1774, anno in cui veniva investita Cristina Boutal, moglie del barone Giovanni Agnes des Geneys (Manno 1895, p. 310). Per la piccola ex comunità di Chianavere sappiamo che, il 4 dicembre 1744, venne infeudata a Diego Carlo Giovanni Luigi Carasso (Carassi) e che, il 7 dicembre 1771, ne fu investito il figlio Alessandro Remigio (Manno 1895, p. 386).
Mutamenti di distrettuazione
Il territorio di Inverso Pinasca, ancora facente parte della comunità di Pinasca, passata ai Savoia dopo la dominazione francese del 1536-1574, venne assegnato all’antica Provincia di Pinerolo. Venne creato comunità indipendente nel 1631, in occasione della seconda occupazione della val Perosa da parte del re di Francia, che interessò solo il versante orografico sinistro della valle, mentre tutto l’Inverso restò ai Savoia, essendo la frontiera definita dal percorso del torrente Chisone. Contrariamente a Pinasca, quindi, non mutò di distrettuazione in quell’occasione, rimanendo questa immutata fino alla fine del secolo XVIII. Solo per il breve periodo 1704-1708, sotto il regime d’occupazione delle truppe francesi di La Feuillade, fece parte della «Serenissima Repubblica di Val San Martino, Pomaretto, Inverso Pinasca, e Chianaviere», con capitale a Perrero, nota anche derisoriamente come «Repubblica del sale», perché la prerogativa principale di essa era quella di concedere il sale – monopolio di stato – a due soldi la libbra, un prezzo assai conveniente (Armand Hugon 1945, pp. 10-24). Durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, venne aggregato al cantone di val Perosa e, con la Restaurazione, fece parte del mandamento di Perosa (compreso nel circondario di Pinerolo), rimanendovi fino al 1923, anno di abolizione di questa circoscrizione amministrativa (Casalis 1847, p. 518).
Mutamenti Territoriali
A Inverso Pinasca venne aggregato come frazione, all’inizio del secolo XIX, il piccolo comune di Chianaviere (Chenevière o Inverso Villar), che, nel 1777, contava 66 persone, tutte di religione protestante (Caffaro 1893, p. 661). In epoca fascista Inverso Pinasca venne poi aggregato come frazione al comune di Pinasca nel 1928, ritornando a essere indipendente a partire dal 1948.
Comunanze
Usi civici: totali 307.2718 ha; categoria «A»: 295.5478 ha; categoria «B»: 11.7240 ha (CLUC, Provincia di Torino, cartella 189: Pinasca).
Liti Territoriali
Non risultano liti nell’archivio comunale di Inverso Pinasca, né nell’Archivio di Stato di Torino.
Fonti
A.C.I. (Archivio Storico del Comune di Inverso Pinasca).
A.C.I., m. 7, f. 4; mm. 114, 116, 120; unità archivistica 115.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, art. 557, 2.
A.S.T., Camera dei Conti, Finanze, Catasti, alleg. A, pf. n. 54; D vol. 117.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Corte, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia a favore della Comunità della Valle di Perosa [13 aprile 1360].
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Provincia di Torino, cartella 189: Pinasca.
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Descrizione Comune

Inverso Pinasca

          Le modalità di creazione della comunità di Inverso Pinasca sono un caso di separazione circoscrizionale che possiamo definire come “invenzione amministrativa”, operata dall’esterno e dall’alto: essa fu resa autonoma da Pinasca ed elevata al rango di comunità qualche tempo dopo che le truppe di Richelieu occuparono Pinerolo e tutto il versante destro della val Chisone: la divisione della valle fra due stati, che sembrava, nel 1630, dover essere provvisoria, si rivelava essere invece duratura, ciò che costrinse il territorio rimasto piemontese a organizzarsi in comunità autonoma – ma, si noti – solo per l’aspetto “civile”, non per quello ecclesiastico. La situazione particolare della bassa val Chisone di metà Seicento ci è ben rappresentata da Jean Lèger (Lèger 1669, I, p. 10), quando descrive le chiese riformate de Villar & de S. Germain, jointes ensemble en la Vallée de Peyrouse [...], celle de Pinache & celle de la Chapelle, comprenant les Communautés du Pomaret & du Mean: en ces 3 Églises les Pasteurs demeurent sous le domaine du Roy, quoy que partie de leurs Églises soient sur les terres du Due de Savoye; par ce que par l’accord fait par ce Prince avec le Roy de France l’an 1633 qu’il s’est retenu la moitié de cette Vallée-là, pour avoir le passage libre en sa Ville de Pinerol, fut arresté que l’on n’innoveroit rien pour ce qui regarde l’Écclesiastique: de sorte que les 3 Pasteurs qui les servent, ne laissent pas d’estre membres du Synode des Vallées, & ne peuvent méme estre du Synode du Dauphiné qui est de France. Questa situazione perdurerà fino al 1697, quando Pinerolo e l’intera la val Perosa ritorneranno ai Savoia: il fatto che questo avvenimento non abbia comportato la riunificazione amministrativa del comune è cosa che non può essere spiegata unicamente con il notevole intervallo temporale trascorso (64 anni), che peraltro aveva indubbiamente consolidato poteri e gerarchie locali interessate a mantenere la separazione. Per quanto la questione non sia mai stata studiata, possiamo ipotizzare che anche la struttura della distribuzione spaziale degli insediamenti abbia svolto un ruolo in tal senso. E così in effetti è stato per il nostro territorio e per tutta la val Chisone. A partire dalla seconda metà del secolo XVI, interviene un fattore strutturale profondo: l’avvento della Riforma protestante, in un territorio già fortemente pervaso nei due secoli precedenti da fermenti eterodossi ed ereticali quali il movimento Valdese (Merlo 1977). Questo fenomeno si manifesta in contemporanea alla crisi di rappresentanza dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo, che continuava a esercitare prerogative giurisdizionali e signorili sulla valle: per compensare la diminuzione delle rendite dovuta alla svalutazione monetaria ricorreva al cumulo degli incarichi: a un unico titolare venivano assegnati più benefici ecclesiastici. Il titolare, che non risiedeva sul posto e si limitava a riscuotere e amministrare la rendita delle decime, nei casi migliori si faceva sostituire da vicari, in genere salariati con prebende miserevoli, e aventi una formazione e preparazione culturale piuttosto rudimentale. Essi venivano a costituire una sorta di “proletariato ecclesiastico”, incapaci di far fronte ai nuovi ministri di culto calvinisti preparati e motivati. Fu questa non l’ultima delle cause che favorirono l’impetuoso affermarsi della Riforma verso la metà del Cinquecento, unitamente alla prospettiva per gli abitanti di liberarsi dalle decime e dagli altri balzelli ecclesiastici. Non c’è bisogno di sottolineare la portata delle conseguenze che questo fatto ha comportato sul piano della competizione e del conflitto tra istituzioni differenti (tra le due diverse strutture ecclesiastiche, tra queste e quelle civili a carattere locale e sovra locale, con forze esterne che potevano inserirsi negli equilibri interni, ecc.), a cui ha corrisposto una frammentazione territoriale: basterà qui solo accennare al fatto che l’avvento della Riforma non solo segna una frattura tra Valli valdesi e pianura cattolica, ma interviene anche nei processi di definizione dei singoli territori comunali. Punto di partenza è senza dubbio l’accordo di Cavour del 1561, concluso coi Savoia dopo un fallito tentativo di repressione militare: esso, oltre a porre fine alla prima guerra di religione sancendo una tolleranza di diritto e non solo di fatto per i Valdesi, definì anche i limiti territoriali nei quali era consentito ai sudditi «religionari» possedere beni ed esercitare il loro culto. Tale trattato mirava a confinare la popolazione valdese nelle parti alte delle valli Pellice, Chisone e Germanasca, a volte incapsulando l’intero territorio comunale, oppure tracciando limiti e confini all’interno di una stessa comunità, come nel caso di Pinasca: «sarà permesso a quelli della Parrocchia di Pinacchia della Valle di Perosa, et a quelli che al presente sono fugitivi per causa della detta religione, et solevano andar alle Prediche, Congreghe et altri ministeri di quella Religione, di far il medesimo nel luogo chiamato il Grandobion» (Balmas 1972, p. 129). Nel 1759 la popolazione di Inverso Pinasca era di 112 Cattolici e di circa 300 Valdesi (Caffaro 1903, p. 98), mentre, nel 1777, assommava a 437 anime, divise tra 121 Cattolici e 316 Valdesi (Caffaro 1893, p. 660). Nel 1853, siamo saliti a 865 abitanti (164 Cattolici e 701 Valdesi) (Caffaro 1893, p. 648) e, nel 1881, a 870 anime in totale (Caffaro 1893, p. 660). A Chianaviere, nel 1686, v’era una famiglia Cattolica (“cattolicizzata”) accanto a 13 famiglie Valdesi. Nel 1698 le famiglie risultavano ridotte a 12 e comprendevano 38 persone (Dossetti 1981, pp. 543 e 576). Nel 1777 furono invece censite 66 persone, tutte di fede protestante (Caffaro 1893, p. 661).