Tronzano

AutoriRao, Riccardo
Anno Compilazione2010
Provincia
Vercelli.
Area storica
Contado di Vercelli.
Abitanti
3602 (Comune, 31/12/2009).
Estensione
4500 ha (Comune, 31/12/2009).
Confini
Bianzè (Vc), Borgo d’Ale (Vc), Alice Castello (Vc), Santhià (Vc), Crova (Vc), Ronsecco (Vc).
Frazioni
Salomino.
Toponimo storico
Torencianum (BSSS 70, doc. 14, pp. 13-15, anno 969); Tronzianum, Troncianum (BSSS 145, doc. 35, p. 118, anno 999); Tronzanum (BSSS 146, doc. 196, p. 26,1256).
Diocesi
Vercelli.
Pieve
Sin dalla prima attestazione dell’insediamento, nel 969, Tronzano dipendeva dalla pieve di Santhià (Caldano, La chiesa romanica, p. 57; cfr. anche l’elenco delle chiese tenute dalle decime prodotto nel 1298-1299, che registra le chiese del luogo sotto tale pieve: ARMO, p. 33). La parrocchiale è dedicata ai Santi Pietro e Paolo (Cfr. anche Ferraris, Le chiese “stazionali”, p. 33; Id., Borghi e borghi franchi, pp. 156; Caldano, La chiesa romanica): essa soppiantò l’antica parrocchiale dedicata a San Pietro (cfr. s.v. Assetto insediativo). Nel quadro documentario vercellese, le testimonianze più antiche relative alla parrocchia di Tronzano risultano particolarmente consistenti e dovevano essere ancora più ricche prima delle recenti dispersioni archivistiche dell’Archivio comunale, che conserva numerose scritture relative all’edificio di culto (si veda l’eccezionale consistenza documentaria menzionata da Bianchi, Le carte degli archivi, ben lontana da quanto sopravvissuto al presente). Nella parrocchiale è conservata la lista dei parroci dal 1201 (Orsenigo, Vercelli sacra, p. 341).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Le scritture tardo-duecentesche e trecentesche di Tronzano menzionano la cappella di San Biagio all’interno del castello e le chiese di San Pietro (l’attuale chiesa romanica di San Pietro al Cimitero: al riguardo cfr. oltre, s.v. Assetto insediativo), San Martino e Santa Maria, che con tutta probabilità corrispondevano rispettivamente agli edifici di culto di Tronzano Superiore, Tronzano Mediano e Tronzano Inferiore (ARMO, p. 33; cfr. anche Caldano, La chiesa romanica, pp. 63-64; cfr. anche s.v. Assetto insediativo). In particolare, la chiesa di Santa Maria pare costituire uno delle principali presenze ecclesiastiche, assieme alla parrocchiale: nel tardo medioevo, è menzionata per una lite con il comune locale per un bene comunale (ABC, Crescentino, Tronzano, Arboro, Santhià... scritture diverse, 1477, dicembre 10). Nel 1601, la visita pastorale del vescovo Giovanni Ferrero ricorda, oltre alla parrocchia, l’oratorio dei Disciplinati o di San Vincenzo, l’oratorio dei Disciplinati del Corpo di Cristo, l’oratorio di San Sebastiano, al di fuori delle mura (“extra et prope loci Tronzani”), la cappella di Santa Marta; la cappella di Canola; la cappellotta dei Galiazzi e le chiese di San Martino e di Santa Maria (ASVc, Visita Giovanni Stefano Ferrero, 19, settembre 1601). La visita effettuata nel 1606 (ivi, 19 ottobre 1606), sempre sotto il Ferrero, menziona anche la cappelletta di Santa Maria o del Zerbo, poco distante dall’omonima chiesa. La visita del 1632 menziona, infine, la chiesa della Natività di Maria (o al Molinetto: ivi, Visita di Giacomo Goria, 1632, agosto 31).
Assetto Insediativo
La principale frattura insediativa nella vita dell’insediamento è costituita dall’affrancamento di Tronzano, istituito a borgo franco dal comune di Vercelli nel 1256: tale iniziativa implicò un importante intervento di sistemazione degli assetti insediativi, con l’accentramento in un unico borgo dei preesistenti abitati di Tronzano Inferiore, Tronzano Mediano e Tronzano Superiore, che scomparvero lasciando tuttavia intatte le chiese parrocchiali (Ferraris, Borghi e borghi franchi, p. 156; Caldano, La chiesa romanica): una simile trigeminazione dell’abitato sembra essere ascrivibile, come in altre località della pianura padana, all’età carolingia e post-carolingia (per esempi analoghi: Settia, Insediamenti geminati; Tronzano Superiore è menzionato sin dalla prima attestazione della località, nel 969).
L’affrancamento fu sollecitato dalle comunità di Tronzano Superiore e Tronzano Inferiore, che, in accordo con i rispettivi signori, richiesero di costruire un nuovo insediamento nei pressi della chiesa di San Martino, ubicata probabilmente in corrispondenza di Tronzano Mediano: il fatto che in altri passi l’area attorno a San Martino venga chiamata contrata potrebbe confermare che al momento della fondazione qui esistesse effettivamente un insediamento abitato, seppure meno popolato rispetto a Tronzano Superiore e Tronzano Inferiore.
È possibile seguire le trasformazioni dell’habitat attraverso la vicenda della chiesa parrocchiale. L’antica chiesa di Tronzano Superiore, dedicata a San Pietro, continuò a costituire la parrocchiale del borgo per tutto il medioevo: nel 1435, essa abbisognava tuttavia di ingenti restauri, che furono messi in atto dal comune, che in tal modo ricevette il giuspatronato dai de Castello (AC Tronzano, mazzo 230, 1435, aprile 1: “Considerans quod iamdicta ecclesia predicta propter diruptionem murorum et edificiorum eiusdem magna reparatione indigebat que facta non fuisset nisi cum magnis expensis quodque comunis et homines loci predicti [...] fecerunt expensas necessarias et utiles pro reparatione dicte ecclesie”. Cfr. anche oltre, s.v. Comunità, origine, funzionamento). Nel Seicento, tale struttura essa si trovava ormai all’esterno dell’abitato (ASVc, Visita Giovanni Stefano Ferrero, 19 ottobre 1606: extra et prope loci Tronzani). Forse tra la fine del Cinque e l’inizio del Seicento fu fondata la nuova parrocchiale, dedicata ai santi Pietro e Paolo, sicuramente documentata nel 1606 (ibidem): la nuova fondazione favorì il definitivo declino della vecchia, dove già secondo la visita pastorale del 1601 non si celebrava più (Caldano, La chiesa romanica, p. 80) e che nel 1632 risultava derelictam et nudam (ivi, Visita di Giacomo Goria, 1632, agosto 31).
Per quanto concerne l’abitato fortificato, l’erezione di Tronzano a borgo franco, nel 1256, menzionava la presenza di più castelli di titolarità delle stirpi signorili di Tronzano Superiore e di Tronzano Inferiore (BSSS 146, doc. 196, pp. 28-29). Sebbene oggi non vi sia traccia di alcun castello, una simile struttura, dotata come si è visto di una propria cappella dedicata a San Biagio (cfr. s.v. Altre presenze ecclesiastiche), è documentata all’interno dell’abitato ancora nel 1630 (AC Tronzano, Catasti, 1630). Esso probabilmente aveva anche funzioni di difesa collettiva: la struttura, infatti, deve probabilmente essere identificata con il “ricetto” documentato in un atto del 1622 (Sabarino, Burbello, Tronzano). Nel basso medioevo, l’abitato era dotato di una circha, probabilmente una canalizzazione difensiva (ABC, Crescentino, Tronzano, Arboro, Santhià... scritture diverse, 1477, dicembre 10): il catasto del 1630 distingue le “possessioni dentro le cerche” da quelle “fuori di detta cerca” (AC Tronzano, Catasti, 1630).
Non risulta sufficientemente dimostrata l’ipotesi di una distruzione dell’abitato nel 1201 (sulla base di un’epigrafe sulla chiesa di San Pietro, tuttavia di età moderna: per il dibattito si veda Caldano, La chiesa romanica, p. 61). Appare più probabile che fossero prodotti rilevanti danneggiamenti negli anni 1246-1248, dedotti da un documento che attesta un rimborso del comune urbano per i danni ricevuti dalla comunità, che non presuppone tuttavia la completa distruzione del luogo (Statuti, doc. 82, p. 504): neppure le devastazioni di Tronzano Superiore e di Tronzano Inferiore menzionate nell’atto di affrancamento del 1256 devono fare pensare, come supposto da alcune ricerche erudite (cfr. Orsenigo, Vercelli sacra, p. 341), che i due borghi fossero stati del tutto spopolati (BSSS 146, doc. 196, p. 26).
Luoghi Scomparsi
Non risultano insediamenti scomparsi di particolare rilevanza.
Comunità, origine, funzionamento
È difficile verificare la struttura della comunità prima della creazione del borgo nuovo nel 1256. Il riordino insediativo comportò la fusione delle comunità di Tronzano Inferiore e Tronzano Superiore: non si può tuttavia stabilire se tali comunità, probabilmente soggette a domini differenti, agissero già attraverso qualche forma di coordinamento o risultassero separate. Di certo, la transazione del 1256 rafforzò notevolmente la neonata comunità, che con la creazione del borgo franco riuscì a emanciparsi dagli oneri imposti dai signori, impedendo a questi ultimi di non costruire ville presso i castelli in loro possesso che potessero sottrarre uomini a Tronzano (BSSS 146, doc. 196, p. 26).
Nel corso del Trecento, il borgo risulta retto da due consoli, a cui poteva affiancarsi, in periodi particolari, un podestà di origine forestiera. Nel 1314, i due consoli furono Vercellino Dal Pozzo e Vercellino de Bulgaro, mentre il podestà fu individuato in Ottone conte di Lomello (AC Tronzano, mazzo 49, 1314, settembre 25): si noti che quest’ultimo proveniva da una stirpe probabilmente titolare di diritti signorili in loco (cfr. s.v. Feudo), ma anche inserita nel circuito funzionariale angioino e guelfo, a cui aderiva in quegli anni Vercelli. Nel 1375, furono invece i consoli Francesco Gamba e Giacomo di Riccardo Clavatura a trattare la sottomissione del borgo ad Amedeo di Savoia (AST, Paesi per A e B, mazzo 22, doc. in data 1375, maggio 22).
Per quanto riguarda la consistenza demografica in tale periodo, è possibile formulare alcune ipotesi sulla situazione di inizio del Trecento sulla base un contratto di locazione dei forni del luogo stipulato dai due consoli del comune e ratificato da 24 tra consiglieri e vicini di Tronzano (1314). È possibile che tale cifra di individui costituisse almeno la maggior parte dei capofamiglia del villaggio. Una clausola dell’atto tutelava il versamento del canone anche in caso di abbandono del villaggio (“vel si contigerit quod propter guerram incendium vel devastationem vel alium quemcumque casum quod locus vel territorium Tronzani in totum vel in partem non habitaretur”). Si ha dunque l’impressione di un abitato di dimensioni medio-piccole, forse in coincidenza con un periodo di difficoltà demografica. Il focatico imposto al momento del passaggio della comunità ai Savoia (1375) offre dati più precisi: esso aveva censito 69 fuochi, più due fuochi nobili (AST, articolo 68, mazzo 1, castellania di Santhià). Tale stima, effettuata a pochi decenni dalle ondate epidemiche del 1348 e del 1361, in un quadro di depressione demografica, restituisce dunque un’immagine in parte differente rispetto a quella del 1314: Tronzano era uno dei maggiori centri della castellania di Santhià, dopo Santhià (300), Borgo d’Ale (195), Buronzo (73), Candelo (75), Magnano (80) e San Germano (173). Nei decenni successivi, sebbene il focatico restasse in vigore, si deve ritenere che la reale consistenza demografica fosse inferiore, come risulta dalla difficoltà di pagamento dell’imposta (AST, articolo 68, mazzo 2, castellania di Santhià, reg. 9/a, 1414-1415).
Un nuovo periodo di depressione demografica si verificò in concomitanza con la peste del 1630 e con le coeve travagliate vicende belliche. Secondo un documento del 1630, una pezza di terra era stata abbandonata assieme a “più grandiosi tenimenti di cascine”: la diserzione era dovuta al fatto che “le replicate mortalità negli uomini e nè bestiami hanno indotto la massima parte delle famiglie a emigrare verso altre zone per così sottrarsi alla crudeltà di tanti disastri in modo che il presente territorio, comecché più di ogni altro esposto a passaggi, alle scorrerie, agli accampamenti, ed alle frequenti e insopportabili contribuzioni, fu ridotto pressoché del tutto senza uomini e senza bestiami” (Sabarino, Burbello, Tronzano).
Nel corso del Quattrocento, il comune risulta dotato di una propria sede: la domus comunis (AC Tronzano, mazzo 230, 1435, aprile 1). A conferma del periodo di solidità della comunità in tale periodo, essa nel 1435 ricevette dalla locale stirpe dei de Castello il giuspatronato sulla chiesa parrocchiale (ibidem): tale diritto dovette tuttavia essere difeso negli anni successivi dalle ingerenze esterne (AC Tronzano, Documenti mostra, I, Pergamene, con particolare riferimento a liti del 1504 e del 1508). È probabile che la titolarità del giuspatronato da parte della comunità avesse favorito, nel corso dell’età moderna, un travaso di risorse dal comune alla chiesa locale. Un simile processo è suggerito da una transazione avvenuta nel 1785 tra la comunità e la parrocchia. La compagnia di Sant’Antonio eretta nella parrocchiale rivendicò il possesso da tempo immemorabile di una pezza di “prato adaquatorio detta di Sant’Antonio posta sulle fini d’esso luogo regione di San Pietro [...] di giornate due e tavole trentacinque, piedi tre”. Ne era sorta una lite con la comunità, che, secondo le testimonianze raccolte, aveva dato il terreno al parroco in veste di patrona della parrocchiale, “anche ad effetto di sollevarsi dal pagamento de carichi per tale pezza” (AC Tronzano, mazzo 47).
Durante il tardo medioevo, la vivace comunità locale sembra tuttavia attraversata da tensioni al suo interno. Si è già visto come il focatico sabaudo (probabilmente in maniera analoga alle precedenti forme di tassazione previste dalla dominazione viscontea) prevedesse una situazione di privilegio per i fuochi nobiliari. Sul finire del Quattrocento un contenzioso divise la comunità dai nobili Sonamonte, che cercarono di dimostrare di non essere tenuti a versare gli oneri assieme al comune (AC Tronzano, mazzo 28, registro s.d.; sui diritti dei Sonamonte a Tronzano si veda anche, oltre alla voce Dipendenza Medioevo, Barbero, Signorie e comunità rurali, p. 478). Un’ulteriore lite contrappose Tronzano ai nobili de Ripis di Salasco (ivi).
A partire dalla sottomissione ai Savoia del 1375, le relazioni con il principe, attraverso suppliche risultano un tratto qualificante della vita comunitaria. In particolare i privilegi del 1375 furono gelosamente tutelati dal comune: essi – pubblicati a stampa in età moderna – furono confermati nel 1384, nel 1393 e nel 1397 (AC Tronzano, mazzo 28; ivi, Documenti mostra, I, Pergamene; per i privilegi ricevuti da parte dei principi nel Cinquecento si veda invece ivi, mazzo 222). Il 7 aprile 1593 un’ulteriore concessione sabauda permise che Tronzano si dotasse di un podestà con poteri analoghi a quello di Santhià, scelto dal Senato Ducale all’interno di una rosa di tre nobili feudatari del territorio (cfr. Sabarino, Burbello, Tronzano). Rispetto al consiglio comunale ancora aperto del 1314, quelli di età moderna risultano assai più ristretti, ormai adatti a ospitare soltanto i segmenti più elevati della società locale: nel 1582 esso “era composto [...] da due Consoli (Fabrizio Combacio e Pietro Barbero), da due Consoli-Procuratori (Rolando Capra e Francesco Naja) e da quattro Consiglieri (Guglielmo Prando, Comino Ternengho, Giovanni Buroco e Antonio Garibano) (Sabarino, Burbello, Tronzano).
Tra Cinque e Seicento la comunità risulta interessata da un importante processo di indebitamento e da una difficoltà a sostenere i carichi fiscali imposti dal ducato. Essa si rivolse in più occasioni al principe per ottenere sgravi: nel 1552 (AST, Paesi per A e B, mazzo 22) e nelle eccezionali circostanze del 1595 (AC Tronzano, mazzo 28: “vorrebbero nel occasione dil presente donativo senz’altre rimostranze poter fare con effetti quanto disiano ma perché si trovano flagellati dalle tempeste, dal passaggio de soldati, dalla fatura del naviglio, ...per quali ristano con molti migliaia di scuti di debiti dalla sterilità et penuria delle terre luoro”: tale anno coincide in tutto il nord Italia con una pesante carestia). La pressione fiscale indusse la comunità a cedere alcuni suoi proventi (si veda anche s.v. Comunanze). È del 1579 la cessione al Conte di Verrua del reddito dei proventi campestri, con facoltà di metterli all’incanto, al fine di saldare precedenti debiti per obblighi militari e mutui contratti, in particolare un prestito con Leone Ebreo di Vercelli, nel 1554 (AC Tronzano, mazzo 49).
Statuti
Tronzano non ha conservato gli statuti medievali.
Catasti
L’archivio comunale presenta i registri dei catasti per gli anni 1547, 1630, 1662, 1680, 1781, 1809, 1816, 1835, 1853, 1862, 1865, 1871, 1880 (AC Tronzano, mazzo 190, libri 1-40; sono invece assenti le mappe catastali).
Ordinati
Presenti dal 1580 (AC Tronzano, mazzi 4-27, fino all’anno 1898).
Dipendenze nel Medioevo
Nel 1256 risultavano essere signori di Tronzano Superiore e Tronzano Inferiore membri delle famiglie – in parte di origine rurale, in parte radicate nell’aristocrazia urbana vercellese – de Tronzano, Bazzano (ereditari di Pietro Bicchieri), Biandrate, Dal Pozzo, Maclabo, Grimaldo, Caleacio, Gastaldo (BSSS 146, doc. 196, p. 26). Nel XIV secolo, sino alla metà del XV secolo, la stirpe dei de Castello di Tronzano fu titolare del giuspatronato sulla chiesa parrocchiale, forse indizio della titolarità di diritti signorili in loco (AC Tronzano, Documenti mostra, I, Pergamene, anno 1360; ivi, mazzo 230, doc. in data 1435, aprile 1). Con maggiore sicurezza, nel tardo medioevo si affermò il dominio signorile dei conti di Lomello (cfr. oltre, s.v. Feudo).
Feudo
Fra Tre e Quattrocento diritti di decima furono investiti in feudo dalla chiesa di Vercelli ai Sonamonte di Vercelli e ai conti di Tronzano, un ramo dei Lomello (BSSS, 85/2, doc. 94, pp. 421-429; BSSS, 73/2, doc. 69, p. 325. Al riguardo cfr. Caldano, La chiesa romanica, p. 62). Tale stirpe, come risulta dagli accordi con il comune del 1339-1340, era titolare di diritti signorili in loco (BSS 189, docc. 519-520: cfr. Barbero, Signorie e comunità rurali, p. 436; la sottomissione ad Amedeo di Savoia del 1427 cita in maniera più generica i domini di Tronzano: ivi, p. 474). La località fu infeudata nel 1609 a Giovanni Tommaso Mignata, nel 1614 a Giangiacomo Alardo e nel 1616 agli Scaglia di Biella – epoca in cui fu eretta in marchesato –, famiglia alla quale il feudo rimase per più di un secolo. Nel 1722, esso pervenne ai Pastoris di Lamporo e Saluggia (Casalis, s.v. Tronzano, p. 346; Manno, Il patriziato subalpino, I, pp. 3, 369).
Mutamenti di distrettuazione
L’abitato, inquadrato nel contado di Vercelli, come borgo franco a partire dal 1256, nel 1375 si sottomise ad Amedeo di Savoia (AST, Paesi per A e B, mazzo 22, doc. in data 1375, maggio 22).
Mutamenti Territoriali
Rispetto ad altre aree della pianura vercellese, le più importanti modellazioni del paesaggio causate dall’affermazione della risicoltura sembrano essere intervenute nel territorio di Tronzano in un’epoca particolarmente avanzata, nel corso dell’Ottocento. Nei catasti del 1781, tale coltivazione risultava ancora scarsamente diffuso (AC Tronzano, mazzo 190).
La costruzione della rete irrigua risulta tuttavia precoce e caratterizzata da importanti iniziative: in particolare la costruzione, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, del Naviglio di Francavilla (AC Tronzano, mazzo 253, anno 1466). Proprio le terre lambite dal canale costituirono le prime aree di irradiazione della coltivazione del riso (Balzaretti, Nobili e borghesi, p. 49).
Comunanze
L’affrancamento del borgo nel 1256 chiariva la titolarità delle comunanze: esse dovevano spettare per due terzi alla neonata comunità sorta dall’aggregazione di Tronzano Superiore e Tronzano Inferiore e per il rimanente ai domini dei villaggi originari (BSSS 146, doc. 196, p. 26). Le due parti di pertinenza della comunità dovevano tuttavia rimanere indivise e aperte alla fruizione dei signori e dei loro famuli: agli homines fu fatto divieto di patrimonializzare la gestione di tali beni attraverso locazioni e alienazioni, se non nella quantità di 1 biolca per celoria (l’aratro piemontese) e di mezza “pro manuali” (forse in riferimento al dissodamento manuale, senza aratro e con vanga). In tal caso un’eguale quantità doveva comunque essere attribuita ai signori (BSSS 146, doc. 196, pp. 26-27).
Sin dal Trecento, la presenza i forni comunali risultano un cespite di assoluto rilievo, determinante nel garantire l’equilibrio delle finanze locali. Nel 1314, il comune dopo avere venduto a Pietro di Tronzano due forni, li ricevette dal medesimo Pietro in locazione, con il patto di versare 49 lire di denari pavesi all’anno. È possibile che la transazione celasse una forma di prestito alla comunità (AC Tronzano, mazzo 49, 1314, settembre 25, documento pervenuto in trascrizione dattiloscritta, l’originale manca).
Anche in età moderna l’incanto dei forni, così come dei mulini, costituì una risorsa importante, oggetto di contrattazione con il principe. Nel 1535 i capitoli ducali emanati a favore della comunità prevedevano l’incanto per tre anni di mulini e forni (AC Tronzano, mazzo 222). Più in generale, l’incanto e la locazione non solo di forni e mulini, ma anche dei terreni comunali, si rivelò decisivo nel frenare il processo di indebitamente del comune (al riguardo si veda anche s.v. Comunità, origine, funzionamento). Gli ordinati fanno ampio riferimento all’incanto e alla locazione annuale delle comunanze (in particolare si veda AC Tronzano, mazzo 4, Ordinati 1580-1683). Per certi periodi la gestione dell’erario locale può essere ricostruita nel dettaglio. Per il 1508, in particolare, si sono conservati capitoli relativi alla gestione dei mulini (AC Tronzano, mazzo 253). Per il 1562, inoltre, l’archivio comunale conserva un libro dei redditi, che riferisce in particolare degli introiti derivanti dai due forni (superiore e inferiore), dall’imbottatura (il dazio sul vino, riconosciuto anche dal consegnamento dei beni della comunità sotto Vittorio Amedeo II, nel 1684: AC Tronzano, mazzo 222) e da altre voci di entrata (AC Tronzano, mazzo 45). L’affitto dei terreni comunali – tra cui spiccano i possessi del Moletto – può essere seguito con una certa continuità tra Sei e Ottocento (AC Tronzano, mazzo 51: in particolare tale mazzo contiene l’incanto di vari redditi, tra cui quelli del Moletto, nell’anno 1614; l’incanto dei forni del 1801 e l’affitto di beni nel 1809; l’affitto delle terre del Moletto tra il 1843 e il 1853, con tipo accluso).
Un momento decisivo di ristrutturazione delle comunanze del luogo avvenne verso la metà del Settecento. Nel 1741, la comunità si accordò con i Savoia per fornire loro 200 delle 500 giornate di pascolo di cui i reali abbisognavano per mantenere nell’area una mandria di cavalli di razza. Il comune cedette i gerbidi necessari ubicati nella regione Molette, dove si concentravano la maggior parte delle risorse collettive del luogo: in cambio il regio demanio non erogò un corrispettivo pecuniario, ma si impegnò a irrigare con due once d’acqua perenne proveniente dal naviglio Francavilla il restante pascolo, di circa 400 giornate (AC Tronzano, mazzo 49).
Come molte comunità del Vercellese, in età moderna Tronzano risulta interessata da consistenti alienazioni di comunanze, per la verità meno massicce che altrove. Ne sono documentate, per esempio, nel 1793, 1827 e nel 1837 (AC Tronzano, mazzo 49; AST, Paesi per A e B, mazzo 22).
Liti Territoriali
Nel 1740, durante la perequazione generale, fu fissata la linea divisionale con i comuni confinanti (AC Tronzano, mazzo 1). Il territorio ai confini con Santhià fu oggetto di un’ulteriore delimitazione nel 1895 (ivi). Le aree incolte ai margini del territorio comunale costituirono in più occasioni un fattore di conflittualità con i villaggi circostanti. Un motivo di tensione per la comunità risulta costituito dal territorio nella regione Moletto, dove si concentravano gerbidi sottoposti al godimento collettivo contesi con la vicina Ronsecco: una transazione al riguardo avvenne nel 1827 (AC Tronzano, mazzo 29; AST, Paesi per A e B, mazzo 22). Sul finire del Settecento sono documentate liti anche con i comuni di Santhià (nel 1738, per 250 giornate di gerbidi di “niun reddito” ) e Crova (nel 1785): AC Tronzano, mazzo 47.
Liti per ragioni di competenza territoriale con privati ed enti ecclesiastici sono documentate nel 1696 con l’abate di Rivalta, commendatario di Santo Stefano di Vercelli (AC Tronzano, mazzo 47), nel 1711 con la commenda gerosolomitana di San Giovanni e Nazzaro di Ivrea per terreni in via del Ronco e Al Bonardino (AST, Paesi per A e B, mazzo 22, 1711, aprile 22), nel 1762 per la cascina dei Fantino di Langosco (AC Tronzano, mazzo 1), nel 1775 con Gioacchino Gianni Maria Angiono, possessore di una cascina denominata “Cascina delle tre colombare”, per una strada che serviva ai massari dell’Angiono e che la comunità voleva usarle per fare passare i bestiami del luogo e portarli al pascolo nei gerbidi comuni (AC Tronzano, mazzo 47).
Fonti
Fonti edite
Acta Reginae Montis Oropae, Biella 1945, 3 voll. (ARMO)
I Biscioni, 1/1, a cura di G.C. Faccio e M. Ranno, Torino 1934 (BSSS 145).
I Biscioni, 1/2, a cura di G.C. Faccio, M. Ranno, Torino 1939 (BSSS 146) .
I Biscioni, 2/2, a cura di R. Ordano, Torino 1976 (BSS 189).
Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, G.C. Faccio, F. Gabotto, G. Rocchi, Pinerolo 1912, vol. I (BSSS 70).
Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, F. Gabotto, Pinerolo 1914, vol. II (BSSS 71).
Le carte dell’archivio arcivescovile di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, Pinerolo 1917 (BSSS 85/2).
Il “Libro delle investiture” del vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi (1349-1350), a cura di D. Arnoldi, Torino 1934 (BSSS 73/2).
Statuti del comune di Vercelli dell’anno MCCXLI aggiuntivi altri documenti storici dal MCCXLIII al MCCCXXXV ora per la prima volta editi e annotati, Torino 1877.
 
Fonti inedite
ABC Vercelli (Archivio Biblioteca Capitolare di Vercelli):
Crescentino, Tronzano, Arboro, Santhià... scritture diverse.
AC Tronzano (Archivio Storico del Comune di Tronzano, Sezione separata):
mazzi 1, 4-29, 45, 47, 49, 51, 190, 222, 230, 253.
Documenti mostra, I, Pergamene.
AST (Archivio storico di Torino)
            AST, articolo 68, mazzi 1 e 2, castellania di Santhià.
            Paesi per A e B, mazzo 22.
ASVc (Archivio di Stato di Vercelli)
Visite pastorali [gli originali, conservati presso l’Archivio della curia arcivescovile di Vercelli, non sono messi a disposizione del pubblico]
Bibliografia
Balzaretti S., Nobili e borghesi alla fine dell’Antico Regime, Vercelli 2005.
Barbero A., Signorie e comunità rurali nel Vercellese, in Vercelli nel secolo XIV, Atti del V Congresso storico vercellese (Vercelli, 28-30 novembre 2008), a cura di A. Barbero, R. Comba, pp. 411-510.
Battù W., Cappellino M., 1256-2006. Tronzano. Settecentocinquantesimo anniversario del Borgo Franco di Tronzano Vercellese, Tronzano Vercellese 2006.
Bianchi N., Le carte degli archivi piemontesi politici, amministrativi, ecclesiastici e di enti morali, Torino 1881.
Caldano S., La chiesa romanica di S. Pietro al cimitero di Tronzano Vercellese. Storia, architettura, restauri, in “Bollettino storico vercellese”, 69 (2007), pp. 53-93.
Casalis G., s.v. Tronzano (Truentianum, Tronsanum), in Id., Dizionario geografico storico - statistico - commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, vol. XXIII, Torino 1853, pp. 344-347.
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Descrizione Comune
Tronzano
     L’affrancamento del 1256, con l’accentramento dei preesistenti abitati, costituì una svolta decisiva, dando un nuovo volto urbanistico, ma anche nuova consistenza alla comunità Da allora, la storia territoriale di Tronzano è caratterizza dalla presenza di una comunità robusta, i cui elementi di solidità possono essere letti su almeno tre livelli. Il primo è quello delle risorse, particolarmente importanti: la titolarità del giuspatronato sulla chiesa parrocchiale; la presenza di comunanze estese, che includevano mulini e forni il cui incanto era in grado di contenere il processo di indebitamento. Il secondo concerne le relazioni con i Savoia, costanti dal 1375 e coltivate con assiduità per incrementare le prerogative comunitarie, fino all’istituzione della fiera da parte di Carlo Alberto nel 1832 (AC Tronzano, Documenti mostra, I, Pergamene). Il terzo, infine, è costituito dalla scarsa conflittualità con i feudatari, la cui presenza risulta, rispetto ad altre comunità dell’area, un elemento secondario nella vita comunitaria.